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Autore: Black Smile    28/08/2009    1 recensioni
Dunque... l'ultima modifica di questa storia risale alla notte dei tempi, almeno sul mio pc. Vi avviso subito che ero leggermente depressa, quando l'ho scritta. Il titolo è insensato, secondo mio fratello. Non aveva idee, gente.. proprio nessun titolo adatto. O forse avrei potuto mettere "Black Smile è depressa". Anzi, "Black Smile sta passando un periodo di depressione", perché ricordatevi che voi non siete la vostra depressione v__v
Basta con questa introduzione sclerotica, spero facciate un salto e che lasciate un commento.. anche solo per dirmi che fa schifo e che mi conviene cancellarla. v__v
Buona lettura,
BS.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Si, dai. Guida tu.”
Qualche ora e poi niente. Non sentivo né vedevo. La vista offuscata, le voci giungevano come un disco girato troppo velocemente. Svenni solo dopo, quando il mio cuore perse un paio di battiti, quando percepii la sensazione di vuoto. Gridai, non so per quanto, a squarciagola, mentre qualcuno cercava di calmarmi. La mia mente si era rifugiata nel buio più assoluto, per sfuggire alla realtà.
“Apri gli occhi, Lù!”
...
“Cazzo!Apri gli occhi, guardami!”
Un sospiro flebile mi aveva fatto recuperare un po’ di speranza.
“Lù, apri gli occhi, guardami e dimmi ancora ti amo!”
Aprii gli occhi solamente io, però. Una luce accecante puntata sopra di me, il chiacchiericcio di gente agitata, di dottori.
“Come stai?”
Chissà perché quelle uniche parole mi fecero impazzire.
“Mi prende per il culo?!”
Chiesi isterica. Quello parve lanciarmi un’occhiata apprensiva. Poi, vidi. Vidi la Zia in lacrime, disperata come non mai. E poi lo Zio, che tentava di darle conforto, inutilmente.
“Una disgrazia!”; “Non si è neanche fermato”; “Povera piccola, deve esserci rimasta...”.
Loro si preoccupavano per me. Mi portarono con una sedia a rotelle dalla Zia. Solo poco dopo mi accorsi di avere tagli ovunque, niente di serio secondo il dottore. Oh, niente di serio in superficie. La zia alzò lo sguardo e io mi sentii uno schifo. Poi una massa di gente si piazzo intorno a noi. Distinsi chiaramente i singhiozzi di Giulia e Martina. Si reggevano l’un l’altra. Poi spostai lo sguardo su Mattia, a testa bassa e occhi gonfi. Mi sono sentita mancare. Improvvisamente mi sono resa conto che qualcosa dentro me mancava.
“Zia... Lù è sveglio, vero?”
Nessuna risposta e gli occhi divennero lucidi automaticamente.
“Zia.. l’ho sentito respirare ed ha anche detto qualcosa!”
Ancora niente. Le prime lacrime scesero a rigare il mio volto, le uniche.
“Lui è vivo, vero Zia?! Giulia? Martina?... Mattia?”
Chiese, esasperata.
“N-no, Katia... non c’è...”
Rispose impercettibilmente Mattia.
“Dov’è?”
Chiesi, senza essere sicura di voler sapere la risposta.
“Stanno... f-facendo... l’autopsia..”
Il cuore manco due battiti e poi prese a rincorrerli furiosamente, cercando di acchiapparli senza mai riuscirci.
“Non possono farla.”
Il dottore mi guardò e mi mise una mano sulla spalla.
“Dobbiamo farla...”
“NON POTETE FARLA!”
Urlai alzandomi troppo velocemente e rischiando di finire a terra.
“Sta calma...”
Allungai una mano verso il camice del dottore, afferrando e stringendolo convulsamente.
“Mi porti da lui.”
“Ma..”
“Voglio assistere.”
“Non può..”
“La prego, mi faccia assistere!”
Lasciai il camice, accasciandomi a terra in preda a singhiozzi violenti. Alla fine, mi negò il permesso perché troppo rischioso per la mia saluta mentale. Abbandonata sulla sedia, con la testa tra le mani e gli occhi chiusi. Mi sono risvegliata nella mia camera, in testa non aveva niente. Quella calma, quel torpore tipico dei tranquillanti o dei sonniferi. Mi sono andata a preparare e poi sono uscita, salutando con un sorriso la Mamma. Lei mi ha guardato strana, mentre mi chiedeva dove stessi andando.
“Da Lù, ovvio!”
Ho risposto tranquillamente, osservando l’espressione cangiante di mia madre: prima curiosa, poi sorpresa e subito dopo addolorata. Mi ha guardata, mi ha baciata e subito dopo mi ha abbracciata sussurrandomi all’orecchio “Lù non c’è più...”
Possibile che avessi dimenticato? Possibile che la mia mente abbia preferito proteggersi dimenticando tutto? Non dissi niente, solamente strinsi la maglia della mamma. Non so per quanto restai così, di sicuro fino al suono del campanello. Osservai i due uomini in divisa.
“Come?”
Chiesi, non avendo capito bene.
“Dobbiamo farle delle domane sull’incidente.”
Scandì quello. Serrai le labbra e mi lasciai accompagnare.
Iniziarono il fiume di domande, a cui risposi senza tono e senza espressione facciale.
“Chi guidava dei due?”
“Io.”
“Come mai non eravate a scuola?”
“Avevamo deciso di andare al centro commerciale e di saltare la scuola.”
“Si ricorda cos’è successo esattamente?”
“Il furgoncino era in controsenso. Ci siamo schiantati... no, Gianluca si è schiantato contro il furgoncino.”
“Perché solo Luca?”
“Io sono saltata giù prima dell’impatto.”
“Poi cos’è successo?”
“Una macchina per evitare il furgoncino è... passata sopra Luca.”
“L’uomo che l’ha soccorso era il conducente della macchina, vero?”
“Si. Il conducente del furgoncino non si è fermato.”
“Lei ha cercato di soccorrere Luca, quindi. Respirava ancora?”
“Molto debolmente. Poi è arrivata l’ambulanza e ci siamo separati. In ospedale ho appreso la notizia.”
Quello sospirò e poi mi fece cenno di poter andare. Ritornai a casa, presi un album e mi buttai sul letto, sfogliando le foto. Mi risvegliai la mattina seguente. Andai in bagno e mi osservai a lungo. Distrutta. Ero distrutta. Serrai ancora una volta le labbra e uscii, questa volta la mamma non disse niente. Andai a casa della Zia e la trovai a consolare Chiara, sussurrandole dolci frasi.
“Chiara, c’è Katia di là..”
La bambina corse ad abbracciarmi, asciugandosi le lacrime sui miei vestiti.
“Chiaretta, perché non vai ad aiutare papà?”
Dopo pochi attimi di silenzio, la donna mi fece segno, invitandomi a sedere.
“Come l’ha presa?”
“E’ da ieri che piange... tu come stai, tesoro?”
“Mhm... ieri mi hanno fatto un sacco di domande.”
Altro silenzio mentre cercavo di combattere contro le lacrime.
“Non è colpa tua, lo sai vero?”
Sussurrò la donna, stringendomi la mano mentre le scendevano silenziose lacrime.
“Se avesse guidato lui, probabilmente ci sarei io...”
“Non dire stupidaggini, cara. Luca non vorrebbe mai una cosa del genere..”
“Lo so, ma non posso fare a meno di ripensarci... l’idea di saltare scuola è stata mia...”
“Lo sai che non è colpa tua, né tantomeno di mio figlio... non ti tormentare.”
Sospirai, ricacciando indietro le lacrime.
“Domani ci sono le esequie...”
“Verrò.”
Salutai Chiara, la Zia e suo marito. Poi andai da Giulia e Martina, successivamente da Mattia. Ritornata a casa nessuno fiatava. Neanche a cena dissero niente. Papà mi fissava, così come Mamma, Anna e Alessio. Stanca di tutte quegli sguardi addosso, posai le posate e li fissai tutti quanti.
“Cosa c’è?”
Chiesi, soffermandomi sulla Mamma.
“N-niente..”
Dissero in coro. Riprendemmo a mangiare, poi mi chiusi in camera. Andai a letto e viaggiai con la mente sulla maledetta strada. Mi risveglia e mi resi conto di aver passato un’altra giornata. Mi andai a preparare e poi andammo tutti al funerale. La chiesa era traboccante di persone. Mi feci spazio nella folla, diretta ad un unico punto: Luca. Mi fermai e smisi di respirare. Lo scrutai e poi inspirai una boccata d’aria, sotto gli occhi di un centinaio di persone. Vestito di bianco, Luca, anche nella bara, era più bello che mai. Tra le mani stringeva la maglia, la sua maglia di pallanuoto. Gli occhi azzurro cielo erano celati sotto le palpebre. Improvvisamente mi resi conto di una cosa: non avrei mai rivisto il suo sguardo sorridente, le sue iridi color cielo, il suo sorriso contagioso. Lo guardai ancora, e ancora e ancora finché la cerimonia non ebbe inizio. Durante la sepoltura silenziose lacrime scesero sul mio volto, le ultime che versai. Poi svenni, ancora. Il troppo caldo e lo stress si fecero sentire.
“Cosa hai detto? Non ti ho sentito...”
Chiesi, allungando la mano per afferrare la sua.
“Grazie e... Ti Amo, Kà.”
Allungai ancora la mano, fino a raggiungere la manica bianca.
“Aspetta, Lù!”
Riuscii ad afferrare la sua giacca bianca, ma appena strinsi si dissolse lasciando nel mio pugno solo soffice e fresca aria.



Spazio BS: Su questa non ho niente da dire, se non che era pronta e salvata sul pc da qualche mese e che spero piaccia almeno un po'. In quel periodo ero un po' depressa, ma voi non dategli troppo peso.. prima o poi tornerò con una comica v__v
Snà,
Black Smile.

  
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