Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Fanny Jumping Sparrow    03/04/2021    1 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Carissimi lettori,
rieccomi ad aggiornare questa storia infinita dopo un imperdonabile ritardo di mesi, di cui mi scuso e mi pento amaramente T_T
Purtroppo impegni contingenti uniti a distrazioni, apatia, mancanza di ispirazione e di concentrazione mi hanno portata a dare priorità ad altro e ad abbandonare nuovamente la scrittura di questa ff che avrei sperato di concludere già l'anno scorso, avendo pronta la scaletta definitiva.
Con mio grande dispiacere mi sono resa conto che più ci si allontana dalla scrittura, più ci si arrugginisce e alla fine anche la scena più semplice, che si ha in mente da tanto tempo, diventa difficile da mettere nero su bianco.
Comunque sia, spero di fare cosa gradita a quanti ancora aspettavano, a quanti avranno voglia di imbarcarsi, e mi auspico vivamente di riuscire poco a poco a continuare a scrivere: tra un contrattempo e l'altro è stato un piacevole diversivo potermi immergere di nuovo in questo universo alternativo.
Con questo nuovo movimentato capitolo mi auguro di non deludere le aspettative e di riuscire ad intrattenervi ancora.
Ringraziando quanti hanno messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate, vi porgo i miei auguri di serene festività, nonostante i tempi difficili.
Buona lettura e al prossimo approdo!)


XXXIV: TROUBLE

Il formicolio alla spina dorsale cominciava a diventare insistente, al pari di quel bell’imbusto che, dal momento in cui l’aveva affabilmente approcciata, si stava dilungando con astratte disquisizioni storico-filosofiche che esulavano dal suo peraltro variegato campo di interesse.
Quello statuario cavaliere di bianco vestito sfoggiava delle magnetiche iridi di un’intensa tonalità ambrata incorniciate da lineamenti scolpiti, era colto, misurato ed elegante nei modi, raffinato nel parlare ed estremamente cortese. Uno di quei tipi perfetti per cui in un’altra vita avrebbe potuto perdere completamente la testa. E forse, se lo avesse incontrato in tutt’altre circostanze, con uno stato d’animo diverso, gli avrebbe dato spago molto volentieri.
Al momento però quel suo innegabile charme rappresentava un impedimento, perché lei aveva parecchia fretta di trovare ciò che stava cercando e di fuggire il più lontano possibile da quel posto per non rischiare di finire a marcire in qualche putrida prigione o, peggio ancora, a penzolare esanime su una forca.
Vedeva quella sua bocca sottile muoversi, ma non riusciva a udire una parola, distratta com’era dal percepire i polpacci irrigidirsi ogni minuto di più e dall’avvertire l’incalzante ticchettio del localizzatore che ciondolava sul suo fianco destro.
- Mi rincresce interrompervi, ma ho davvero bisogno di prendere una boccata d’aria fresca! – lo congedò molto sbrigativamente, esibendo la sua migliore espressione angelica.
L’aitante cavaliere dalla lunga treccia verde rame, dissimulando un leggero moto di contrarietà, si piegò ad eseguire un galante baciamano: - Confido di rivedervi molto presto, mademoiselle – sussurrò mellifluo, un luccichio ambiguo nella dentatura dal candore impeccabile.
Bulma, pervasa da una strana sensazione di disagio, ritrasse le dita su cui sentiva già gemmare le conchiglie, e, abbozzando un sorriso artefatto, si defilò a passo sostenuto, ma, anziché dirigersi a una delle terrazze o in giardino, si addentrò ancora di più tra quel turbinio di crinoline e parrucche, guidata dalle indicazioni suggerite dalla bussola e dall’urgenza di tornare a bordo prima che le sue gambe scomparissero, sostituite da un imbarazzante paio di pinne color smeraldo.
Continuando a seguire scrupolosamente le oscillazioni dall’ago magnetico, si ritrovò in fondo al grande salone, delimitato da una scenografica scalinata ad arco che, aprendosi in due grandi ali simmetriche, racchiudeva al suo interno il sontuoso trono ricoperto da un baldacchino foderato in velluto carminio e sfavillanti inserti dorati.
I suoi occhi blu oltremare brillarono per la meraviglia, accendendosi poi per l’emozione nello scorgere qualcosa risplendere di una luminescenza ben nota.

Due occhi obliqui, intrisi del colore della notte più tetra, avevano intanto osservato con vivo interesse misto ad avversione tutti i suoi movimenti. Una volta rientrato, a mani desolatamente vuote, non era stato difficile per lui individuarla, incupendosi ancora di più nel vederla civettare allegramente con quel narciso dal colorito pallido.
Per quella femmina vanesia e avventata evidentemente era inevitabile perdersi in stucchevolezze, rimasticò, nauseato da uno sgradevole rimescolio, ma lui non era più incline a dover reggere quella stupida e sterile pantomima, né a restare un minuto di più relegato in quello spazio affollato e opprimente. Avrebbe preferito di gran lunga trovarsi su una zattera nel mezzo di una violenta tempesta, piuttosto che in quella babilonia scalmanata e sudaticcia.
Oltretutto aveva visto bazzicare troppa gente che non lo convinceva e cominciava ad avere lo spiacevole sentore di essere braccato.
Scorgendola appartarsi dal resto degli invitati e appostarsi seminascosta dietro il pesante drappo di una tenda in broccato, Capitan Vegeta si fece largo il più furtivamente possibile tra quella massa scomposta di umanità gozzovigliante e pacchiana, raggiungendola con un paio di falcate per impedire che commettesse qualche altra sciocchezza.
- Il tempo per le manfrine è scaduto. Adesso si passa al mio piano – fiatò con scabrezza contro la pelle lattea delle sue scapole esposte, che nell’avvertire il suo sbuffo rabbioso furono scosse da un sussulto rabbrividito.
Bulma lo trafisse con un’occhiataccia, impermalendosi per la sua solita ostentazione di arroganza e malafede; malgrado ciò, trovò quasi salvifico il suo palesarsi e non badò più di tanto alla sua spocchiosa asserzione.
Gli poggiò una mano sul gomito, invitandolo a spostarsi dietro un’imponente colonna di marmo rosso: - Si era detto una parte e mezzo del bottino, giusto? Mi auguro che frattanto i tuoi uomini si siano dati da fare – ironizzò con una strizzata d’occhio, ammiccando furbescamente al buffo individuo impellicciato assiso su un’alta seggiola che gesticolava con uno scettro sulla cui punta scintillava un bagliore molto familiare.
Il ronzio della bussola si era intensificato, e, sbirciando nella propria saccoccia, Vegeta notò che anche le sue due sfere erano diventate significativamente più luminose.
- Ci occorre ideare alla svelta un buon espediente per sottrargliela da sotto il naso senza farci notare – lo esortò la complice, continuando a tenersi attaccata alla sua spalla, in preda alle leggere vertigini che precedevano la sua trasformazione.
Lui si svincolò da quella sgradita confidenza, arricciando un angolo della bocca: - Niente di più facile – asserì con sprezzo, estraendo lentamente la pistola occultata nel farsetto, quel tanto che bastava a posarne la canna metallica nell’incavo del braccio e assumere la giusta inclinazione per centrare l’obiettivo mobile da quella considerevole distanza.
Era indeciso se fargli semplicemente saltare una mano o se invece fargli esplodere le cervella, così da approfittare del terrore che si sarebbe scatenato, ma, proprio mentre stava socchiudendo una palpebra ad aggiustare la mira, Bulma, con un tempismo pessimo, si frappose tra lui e il suo bersaglio, occupandogli la visuale di tiro, facendogli sfumare l’occasione propizia.
Maledicendo gli imprevedibili ghiribizzi di quella scriteriata, Capitan Vegeta rinfoderò la pistola con uno scatto astioso, e, senza capire esattamente né come né perché, la tallonò, approssimandosi anche lui a quel nanerottolo che di regale, a parte il cipiglio sdegnoso e tirannico, aveva ben poco. Semmai, guardandolo da quella prospettiva ravvicinata, gli sembrò più simile ad un giullare di corte, con quella statura rachitica e sgraziata, la grossa testa sproporzionata, la carnagione violacea e un discutibile gusto nella scelta degli abiti, che erano un’accozzaglia discordante di stili e tessuti diversi.
Eppure, chissà per quale fortuita casualità, aveva avuto l’indebita fortuna di possedere proprio una delle magiche sfere del Drago.
- Vostra altezza – scandì con voce leziosa e acuta la Brief, scavalcando senza troppi complimenti gli altri ospiti blasonati che a turno si rivolgevano a lui incensandolo con doni preziosi, sorprendentemente ignari che ne possedesse già uno il cui inestimabile valore superava largamente tutti gli altri tesori del mondo.
Lo stravagante monarca la squadrò con supponenza dall’alto del suo fastoso seggiolone, due rughe marcate gli solcarono la fronte larga e schiacciata da un copricapo simile ad una papalina: - Non ho il piacere di conoscervi … – bofonchiò sfuggente e sgarbato, offendendosi perché, a differenza degli altri ospiti, quell’impertinente dama non recava con sé alcun regalo per lui e non stava neanche inchinandosi con l’ossequio che si aspettava di ricevere.
- Bulma Brief, cartografa, inventrice ed esploratrice – si presentò con baldanza la piratessa in incognito – Per servirvi – aggiunse profondendosi in un incantevole sorriso.  
- Non ricordo che il vostro nome fosse sulla lista degli invitati – s’intromise la guardia personale dell’imperatore, una donna dall’espressione rigida e arcigna velata da una lunga capigliatura incolta che ricadeva con due falde ai lati del viso spigoloso, sfoderando il proprio spadino e puntandolo contro di lei, mentre il cane accoccolato ai piedi del sovrano si drizzò sulle zampe cominciando ad abbaiare minaccioso.
- Mai, mia cara, non essere prevenuta. Nessuno può eludere il nostro efficacissimo sistema di sorveglianza – Pilaf rimbrottò con fare annoiato la solerte soldatessa – A cuccia, Shu – ordinò poi al petulante quadrupede. Era troppo intrigato dalla possibilità di assoldare quella sedicente avventuriera per espandere i confini dei suoi possedimenti, per dare peso alla loro eccessiva diffidenza nei riguardi di qualsiasi estraneo lo avvicinasse.
- Già, è probabile che me ne sia dimenticata. Che sbadata! – farfugliò impacciata la sua guardaspalle con una risatina stridula, smarrendo quell’aura austera.
Bulma allora, confidando nella sua forza persuasiva per ingraziarsi quell’interlocutore che le pareva già bendisposto nei suoi confronti, riprese la parola: - Maestà, dovete sapere che buona parte delle carte nautiche e delle effemeridi che circolano per i sette mari sono opera mia. E vanno letteralmente a ruba per la perizia con cui sono realizzate. Inoltre ho portato qui per voi un prototipo esclusivo, che non ho mai venduto a nessuno. Ecco vedete queste mappe? Sono tascabili! – puntualizzò con vanteria, srotolando alcuni esemplari di pergamena finemente disegnata che tirò fuori da un astuccio di legno cilindrico delle dimensioni poco superiori ad un palmo, nascosto in precedenza in una tasca della gonna.
Quelle speciali invenzioni erano le armi di cui si era premunita per il suo personale assalto, speranzosa di riuscire a mercanteggiare la cessione della sfera senza dover combattere.
Continuava a ciarlare indefessa sotto lo sguardo attonito e insofferente di Vegeta, che, non riuscendo a capire quale cervellotico inganno avesse in mente, mordeva il freno, accarezzando inquieto le proprie armi occultate nel farsetto, cominciando a sudare bile per la smania di agire a modo suo.
L’eccentrico despota tuttavia pareva conquistato dalla sfrontata eloquenza di quell’abile truffatrice: - Affascinante – mormorò, mentre lisciava distrattamente il globo luminescente incastonato sulla sommità del bastone aureo. Solo in quell’istante i suoi occhietti infossati si accorsero dell’ombroso gentiluomo ritto dietro di lei a braccia incrociate, con impresso in volto un cipiglio a dir poco corrucciato: - E lui? È il vostro consorte?
Tentando di nascondere l’entusiasmo di essere ad un soffio dal bottino tanto anelato, la piratessa si voltò indietro, degnando appena di attenzione il compagno di sventura, visibilmente maldisposto: - Ma chi? Quello stoccafisso? Oh, no! Per carità! Sono solo un ospite di passaggio sulla sua nave – si affrettò a negare ogni possibile coinvolgimento, premendo a riportare l’interesse del sovrano su di sé.
A Pilaf, però, quel tipo dall’aspetto bieco che lo fissava in cagnesco cominciava ad incutere una certa inquietudine: - E qual è il vostro nome, signore? – domandò con falsa cortesia, dondolando sul bordo del sedile i calzari gialli con le punte all’insù.
Bulma tentò nuovamente di prevenire una sua risposta, ma Capitan Vegeta stavolta la precedette, scartandola di lato e sorpassandola: - Ne ho abbastanza di questa buffonata! – scoppiò rancoroso, estraendo d’impeto la pistola e rivolgendola contro l’imperatore.
Avvenne tutto in una frazione di secondo.
Il rumore secco e folgorante di uno sparo detonò, una pallottola di piombo attraversò l’aria e lo scettro dorato venne decapitato del suo fulgido gioiello che volò via, schizzando dalla parte opposta della sala, in mezzo alla folla danzante.
Pilaf, vedutosi sottrarre in un battibaleno il simbolo del suo potere, scoppiò a piagnucolare terrorizzato, scuotendo incredulo la mano rimasta miracolosamente illesa, mentre veniva trascinato a forza dietro il trono dai suoi solerti servitori.
Bulma strillando si gettò impulsivamente a terra, rannicchiandosi con la testa tra le braccia, Vegeta invece era rimasto con il braccio teso davanti a sé e l’indice ancora piegato sul grilletto, urtato e scombussolato perché non era stato lui a far esplodere quel colpo andato a segno in maniera tanto netta.
Non poté indulgere oltre in quella riflessione, che altri proiettili deflagrarono e s’infransero fischiando su di loro, obbligandoli a spostarsi sotto la copertura del baldacchino.
L’orchestra posta poco più in là cessò bruscamente di suonare, il brusio delle chiacchiere divenne un boato di urla spaurite e in breve le reazioni d’istinto ebbero il sopravvento, scatenando una precipitosa fuga generale, che si tramutò in caotica ressa per mettersi al riparo e raggiungere le più vicine vie d’uscita.
- Ma dove sono finiti tutti gli altri? – si angosciò la Brief, la voce che, impregnata dall’irritazione e dallo spaurimento, aveva raggiunto oramai tonalità altissime – I tuoi non dovevano coprirci le spalle?
Il pirata, ignorando le sue rimostranze, si liberò con stizza dell’intralciante giacca a coda e sguainò contemporaneamente la sciabola, usandola da scudo per tentare di schivare la forsennata scarica di piombini che lo investì non appena tornò allo scoperto. Il suo sguardo furente saettò sul loggiato posto in cima allo scalone doppio e intercettò il luccichio di una lunga canna metallica occhieggiare tra le colonnine a sostegno della ringhiera.
Dovevano esserci dei tiratori scelti, poiché, dopo aver messo a segno quella prima pallottola ben assestata, ora stavano centrando con gran precisione i bracieri dei lampadari, provocando un'insidiosa tempesta di cera bollente e cristalli. Quegli stessi proiettili stavano crivellando anche gente a caso. Gli fu evidente che quel qualcuno di cui aveva subodorato la minacciosa presenza avesse orchestrato uno strategico attacco dall’alto per intralciare il loro tentativo di furto, creare tafferugli e poter agire indisturbato.
- Me la vedrò io con quei luridi vigliacchi. Tu smettila di frignare e vedi di recuperare quella dannata sfera! – sbraitò Capitan Vegeta all’indirizzo della mezza sirena ancora accovacciata dietro il trono, immobile e tremante. Così dicendo, sobillato dalla propria incontenibile voglia di conoscere e annientare quell’avversario tanto subdolo e accanito, si fiondò a rotta di collo sulla prima rampa di scale alla sua sinistra.
Ma non era stato l’unico a scorgere quel riverbero. Qualcun altro in quello stesso momento si precipitò con altrettanta rapidità su per la scalinata opposta, intenzionato a rendere innocuo l’artefice di quell'agguato.

- Che sta succedendo? Guardie! Come ha fatto tutta questa gentaglia ad entrare nel mio bellissimo palazzo! Dove sono finite le mie guardie?! Vi pago fior di soldoni! Esigo una spiegazione! È il peggior anniversario della mia vita! Branco di lestofanti! Idioti! Buoni a nulla! – Pilaf inveiva e strepitava nella sua vistosa gorgiera che, agitandosi, rischiava quasi di strozzarlo, trattenuto e consolato a stento da Mai e Shu che, aprendo un passaggio segreto sul fondo della parete, lo portarono via dal pericolo incombente.

Imprecando per la fitta all’addome, con ginocchia traballanti Bulma riafferrò saldamente tra le mani la bussola cerca-sfere e si costrinse a lottare contro l’atavica debolezza che cominciava ad opprimere inequivocabilmente i suoi sensi, ogni minuto di più. Lasciando la temporanea copertura, prese un lungo e profondo respiro e si mescolò alla caotica bolgia in cui si era trasformata la festa, pregando di non essere travolta e calpestata.
La sparatoria aveva disseminato un prato di schegge iridescenti, rendendo sdrucciolo e tagliente il piano di calpestio. E già in tanti vi erano scivolati, tagliandosi orribilmente.
Annaspò, avanzando a piccoli passi, paventando di inciampare su qualche coccio di vetro o in qualche ferito, facendosi spazio a gomitate, frastornata e intimorita dalla possibilità di perdere l’equilibrio o di essere centrata da qualche altra pallottola vagante, quando d’un tratto tra quella ridda impazzita adocchiò un brillio pulsante e ambrato.
Squittì di gioia. Doveva sbrigarsi, prima che le gambe la abbandonassero definitivamente. C’era quasi, doveva solo piegarsi e raccoglierla. Proprio mentre stava per sfiorarla, però, venne spintonata, si sentì strappare la parrucca, qualcun altro passando di corsa le rifilò uno sgambetto, facendola crollare sul pavimento con un sonoro tonfo.
La sua visione si offuscò per qualche istante, poi, con sconforto, distinse il tanto bramato oggetto sferico rimbalzare via e allontanarsi inesorabilmente da lei, scalciato di qua e di là, tra tacchi e ghette, pizzi e merletti.

Come un gabbiano che si lanciava in picchiata sulla cresta delle onde per adunghiare la sua ambita preda, Capitan Vegeta piombò a spada tratta sulla balconata dalla quale aveva calcolato provenire l’inaspettata raffica di spari che stava pregiudicando il suo piano d’azione.
Aveva opinato di imbattersi in un piccolo, ben addestrato plotone di esecuzione, armato di moschetti, invece fu sbalordito di appurare che dietro tutta quella furia di colpi ci fosse una sola persona, per l’esattezza un tipo che all’apparenza era poco più di uno sbarbatello.
Uno sbarbatello con un’impressionante abilità di tiro. I lunghi capelli neri e lisci ondeggiavano, sottolineando ogni sua rapida movenza. Accanto a sé aveva una nutrita scorta di pistole a pietra focaia e fucili, meticolosamente allineati, per cui non sprecava secondi preziosi a ricaricare, ed era velocissimo a mirare e colpire con metodica precisione.
A qualche metro dalle sue spalle giacevano i cadaveri sgozzati di quattro guardie del palazzo, che probabilmente avevano miseramente fallito nell’ostacolarlo. Ma lui non lo avrebbe mai lasciato sfuggire tutto intero, non prima di sapere se fosse al soldo di quell’essere immondo di Freezer.
Impugnò il trombone1 e sparò, disarmandolo dello schioppo che stava maneggiando.
Il pallino plumbeo graffiò il dorso del guanto di cuoio di quel tipo smilzo che scattò su sorpreso, scoccandogli due occhi algidi e brucianti: - Fine del divertimento. O forse no … - sbiascicò con sottile compiacimento, mettendosi in piedi, ben esposto.
Vegeta si lanciò ferocemente contro di lui, deciso a passarlo col filo della sua sciabola affilata e appuntita, ma quello fu subito pronto a contrattaccare, opponendogli una daga che si sfilò fulmineamente dalla cintura.
Nonostante la sproporzione tra le due lame e tra le muscolature dei loro rispettivi possessori, il combattimento tra i due divenne concitato, eppure il bellicoso pirata fu ben presto snervato dall’atteggiamento indolente di quel rivale che traccheggiava, limitandosi più che altro ad usare i suoi riflessi scattanti per respingere tutti i suoi assalti, non provando mai ad attaccarlo davvero con degli affondi degni di nota.
Non bastando ciò, forse perché a corto di esperienza o forse soltanto per lo sfizio di provocarlo ancora di più, quel giovane imberbe attuò un paio di finte, facendo pressione con i palmi legò l’acciaio al suo, e, a tradimento, gli assestò una ginocchiata sull’inguine.
Le iridi di carbone di Vegeta rifulsero di cocente rabbia: - Razza di pivello! Non sai fare di meglio?! Piantala con i giochetti e combatti da vero uomo! – lo respinse con spregio, cozzando su di lui con irruenza, aggredendolo con una frenetica serie di mandritti e stoccate, senza dar segno di aver sofferto alcuna conseguenza da quella sleale mossa, che aveva piuttosto sfregiato il suo senso dell’onore.
Il ghigno infingardo che balenava sul volto allungato di Diciassette per un attimo si attenuò, punto dall’inscalfibile furore del saiyan. Saltò indietro e tornò alla carica, estraendo una seconda spada corta da uno stivale, l’altro lo prese in controtempo, obbligandolo più volte a incrociare entrambe le lame davanti a sé per pararsi dai suoi violenti fendenti, a deviare con finte e mulinelli i suoi pressanti tentativi di rompere la sua difesa per raggiungere punti vitali.
Con un'imbroccata2 diritta alla spalla destra, il Capitano riuscì infine a disarmarlo della spada più lunga, facendogliela volare via e approfittò del suo momentaneo intontimento per sferrargli un micidiale pugno sulla mascella che lo sbalestrò: - Parla, moccioso! Chi ti manda? Perché sei qui? – sputò acrimonioso, privandolo con un brusco montante anche dell’altra spada.
- Mi piacciono le feste – lo schernì con invidiabile calma il ragazzo sconfitto, massaggiandosi il labbro contuso.
Il vincitore lo fece indietreggiare, bloccandolo tra il suo torace ansante e il parapetto: - Se non parli, ti ridurrò in brandelli così piccoli che neanche all’Inferno potranno più riconoscerti – lo irrise crudelmente, premendo la punta ritorta e consunta della sciabola sulla sua guancia glabra e tenera come quella di un bambino.
Le palpebre del giovane mercenario non accennarono alcun tremore, anzi un sorriso beffardo si tratteggiò sulle sue labbra sottili mentre faceva scorrere da sotto la manica uno stiletto, drizzandolo e pungolandogli la gola.
Vegeta, stizzito da quell’infida contromossa, strinse il pomo, aumentando la pressione. Avrebbe eliminato quello sfrontato bricconcello senza tanti complimenti, dopotutto era soltanto un burattino manovrato da altri, un tassello irrilevante, un pesce piccolo. L’imminente vendetta che agognava di compiere avrebbe richiesto l’impiego di ben altro sforzo per regolare i conti con il suo vero grande nemico.
- Ci ho ripensato. In fondo non mi servi a nulla vivo – lo tacciò crudamente, pronto a infliggere il colpo fatale, pur avvertendo le prime gocce di sangue solleticargli il collo esposto alla punta aguzza del suo pugnale.
Un terzo lucido acciaio s’incuneò repentino tra le loro lame incrociate, cavandole con un tocco traverso: - Fermi, voi due!  Siete in arresto!
I due contendenti si voltarono all’unisono trovandosi davanti quello che all’apparenza sembrava un giovane e ingenuo soldato, infiammato però da uno sguardo serio e determinato: - Sono il Tenente Son Goku, della Marina dei Sette Regni. E sono qui per assicurarvi alla giustizia – precisò con risolutezza, sollevando la spada sopra di sé, assumendo una posizione di guardia.
Con suo sommo rammarico non era riuscito a salvare tutti i civili presenti, ma avrebbe dato tutto se stesso per impedire che ci fossero altre morti innocenti.
Diciassette con una capriola all’indietro riuscì a svicolarsi per recuperare le sue armi, Vegeta cercò di riprendere la sua pistola per sottrarsi ad un altro evitabile scontro, ma il valente marinaio vanificò le mosse di entrambi, calciando via le daghe del primo e colpendo con uno sgualembro3 il braccio del secondo.
La sua straordinaria prontezza di riflessi lasciò intuire ai due briganti che, nonostante la giovane età e quella faccia onesta e pulita, non doveva trattarsi del primo sprovveduto mandato allo sbaraglio a combattere contro uomini ben più scafati di lui.
Le pupille di Goku si posavano vigili e impazienti, ora sull’uno ora sull’altro furfante.
Superare quel teso stallo era questione di attimi e a cogliere lo sprazzo per sferrare un primo colpo fu proprio il segaligno pirata dagli occhi cerulei che estrasse dalla bandoliera alcune stelle metalliche dentate, scagliandole contro i due avversari che tuttavia le schivarono con pari velocità, rincorrendolo e costringendolo a brandire l’elsa.
Le tre lame collisero, sferragliarono, stridettero, le gambe tracciarono cerchi sempre più stretti, le braccia vibrarono tiri sempre più veementi, volti a trapassare la carne.
Nessuno retrocedeva né mostrava l’intenzione di volersi arrendere.
Un’esplosione assordante proveniente dall’esterno risuonò come un segnale di ritirata per il giovane Diciassette, che balzò a cavallo della balaustra: - Signori, è stato un piacere! Alla prossima! – ridacchiò beffardo, usando il corrimano di marmo come scivolo per scendere al piano inferiore. Gli altri due si erano accorti troppo tardi che quella furba canaglia aveva condotto il duello proprio in quel punto della balconata per poter fuggire alla prima occasione favorevole.
- Maledetto bastardello! Non pensare di farla franca! – lo apostrofò imbestialito Vegeta, preparandosi a inseguirlo.
- Capitan Vegeta, vi dichiaro in arresto per i crimini di pirateria, contrabbando, omicidio e rapimento – lo anticipò il tenente Son, rivolgendo la spada all’altezza del suo sterno.
Non si stupì che quel subalterno conoscesse la sua identità, e, anche se finora si era rivelato meno inetto del previsto, lui non era propenso a battersi ancora con un altro piantagrane:
- Ma davvero? Non ho tempo per queste stronzate! – liquidò la sua irrisoria intimidazione, rimuovendosi l’oggetto contundente di dosso.
Non aveva fatto i conti con l’ostinazione e il senso del dovere del suo altro rivale, che gli si parò davanti, impedendogli di raggiungere la scalinata, fissandolo con atteggiamento di sfida, fermo, impavido, saldo come un albero maestro, istigandolo a sguainare di nuovo la sua sciabola.
Il Capitano della Bloody Wench si tese in avanti e scoprì i denti in un sorriso belluino: - Ne deduco che sei ansioso di conoscere il colore dei tuoi intestini …
Goku contrasse tutti i muscoli e flesse le gambe, portando gli avambracci al tronco, predisponendosi a contrattaccare: - Non illuderti. Non avrai vita facile con me.

Il peggiore incubo da lei paventato probabilmente stava per realizzarsi.
Stentava a controllare gli arti inferiori, ormai stava strisciando affannosamente come una biscia, trascinandosi a forza con i gomiti e con le unghie, tra i resti di quel ricevimento conclusosi in tragedia.
Metà degli ospiti era riuscita a scappare e mettersi in salvo, molti altri rimanevano in attesa di soccorsi, qualche guardia più ligia combatteva ancora gli assalitori e i ladri che stavano dandosi a bisbocce e saccheggi.
Nonostante ciò, Bulma si rifiutava di cedere allo scoraggiamento, sarebbe equivalso ad un viaggio a vuoto, un fallimento che non poteva contemplare.
Anche quell’irriconoscente, dissennato filibustiere si fidava di lei, si erano accordati per dividersi affinché potessero avere maggiori possibilità di riuscita nel ritrovamento di quell’ultima sfera, perciò continuò ad avanzare carponi, sdrucendo lo splendido abito d’organza, scorticandosi i polsi.
Niente e nessuno avrebbe potuto frapporsi tra lei e quel tesoro, sulla cui ricerca aveva investito un decennio della sua esistenza mortale.
Trattenne il fiato trovandosi finalmente a poche spanne, sempre meno distante con solo un’altra piccola spinta di reni.
Ormai c’era. Stese la mano destra, le sue falangi erano divenute palmate e la loro presa poco prensile, così quella biglia capricciosa rotolò ancora via dalle sue dita, anche se non moltissimo.
Ripeté la stessa sequenza di azioni, si allungò, sfiorò la superficie sferica, cercando di calibrare al millimetro lo scarso appiglio di cui disponeva.
La suola di uno stivaletto fermò l’ennesimo sgusciare del globo arancione.
Bulma risollevò la fronte da terra, incontrando il viso inespressivo di una graziosa ragazza bionda abbigliata con abiti maschili: - Questa viene via con me, donna pesce. E anche tu.



Pilaf
1Trombone: pistola dalla limitata precisione che i pirati usavano solo a distanza ravvicinata; come il moschetto, era appoggiato alla spalla, ma la canna corta rendeva il trombone più maneggevole sul ponte della nave, beccheggiante e affollato. A distanza ravvicinata poteva fare letteralmente a pezzi l’avversario.
2Imbroccata: consiste in un affondo portato passando sopra la lama avversaria generalmente quindi questo colpo è indirizzato al petto, alle spalle o al volto dell’avversario.
3Sgualembro: via di mezzo tra un fendente e un tondo, è il classico colpo che viene portato a spalle o braccia dell`avversario
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Fanny Jumping Sparrow