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Autore: ballerina 89    05/04/2021    1 recensioni
Prima di introdurvi questa storia voglio rassicurare tutti i miei lettori dicendo loro che a differenza di alcune storie scritte in precedenza e lasciate purtroppo incompiute, questa storia è stata già portata a termine prima di essere pubblicata. Ho già tutti i capitoli pronti, compreso l’epilogo finale e non aspettano altro che essere letti da voi. E’ per questo che sono sparita per un po’ ma sono pronta a tornare in carreggiata e darvi compagnia.
Bene... dopo questa piccola premessa ecco un piccolo anticipo di quello che stiamo per affrontare.
Emma Swan è una giovane ginnasta che sogna di prendere parte un giorno ai famosi giochi olimpici ma che aimè proprio ad un passo dalla realizzazione di tale sogno è costretta, cause di forza maggiore, a rinunciarvi. Riuscirà a raggirare l’infausto destino e a trovare la strada per il successo o il suo sogno rimarrà per sempre solo ed esclusivamente un sogno?
Scopriamolo insieme.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amore olimpico
Capitolo 10
 

Pov Regina 

Sapevo con esattezza cosa stesse passando nella testa di Emma, era fin troppo scontato che sarebbe successo dopotutto. Come spesso accade, sopratutto nello sport, dopo un infortunio, più o meno grave  che sia, si ha un po’ paura nel riprendere la routine quotidiana e sopratutto si ha paura di rimettersi in pista con quello stesso esercizio che ci ha causato problemi. La soluzione spesso e volentieri è rimettersi in pista subito, senza indulgio, ma delle volte la paura è troppo grande per far sì che questo avvenga. Si consiglia spesso, per chi cade da cavallo ad esempio, di rimontare in sella non appena possibile in modo da abolire subito la paura, per gli incidenti in macchina è lo stesso, prima ci si rimette al volante e meglio è... questo principio vale un po’ per tutto e vale anche per la ginnastica. 

La paura principale di Emma non sono gli attrezzi in se, certo riprendere dopo mesi di stop metterebbe ansia a chiunque volteggiare e fare acrobazie su determinati attrezzi sospesi in aria, il suo problema fondamentale però sono le parallele, l’attrezzo che purtroppo le ha fatto mettere la parola fine alla sua brillante carriera da ginnasta. Da allenatrice le avrei voluto consigliare di ripartire da lì, dall’ostacolo per lei più grande, ma non me la sono sentita di insistere quando pur di non farmi finire la frase aveva risposto indicandomi un esercizio a caso. Aveva capito dove volessi arrivare a parare e nonostante feci finta di non aver capito  il suo corpo aveva parlato per lei iniziando a tremare. 

Non sono mai stata un’allenatrice indulgente, comprensiva, coccolosa nei confronti dei miei atleti: sono sempre stata considerata una vera e propria stronza e vado molto fiera di questo, ma davanti alla paura di Emma non ho putito fare altro che fare un passo indietro anche io. Darle del tempo forse per lei era la soluzione migliore, costringerla ad affrontare le sue paure quando ancora non era pronta a farlo avrebbe di sicuro portato a farla arrendere. 

Decisi quindi di seguire i suoi tempi e di dedicarci nel mentre agli altri attrezzi prima di arrivare ad affrontare il problema per lei principale. 

Purtroppo il fermo forzato e la paura di farsi nuovamente male le avevano causato problemi anche negli altri attrezzi, il corpo libero era quello dove aveva meno problemi, dato il materassino elastico, ma per la trave e il volteggio dovemmo lavorare sodo, partendo prorpio dalle origini, prima di iniziare a  vedere i primi risultati. Non vi era giorno di allenamento in cui non tornava a casa in lacrime o dolorante, si scoraggiava ogni giorno di più tanto che arrivai a credere che non avrebbe resistito più di un altro mese. Fortunatamente sbagliavo, nonostante i continui pianti non mollò e piano piano riuscì ad ottenere risultati soddisfacenti, se non come i suoi soliti ma quasi, in due delle quattro discipline: volteggio, stranamente e corpo libero. 

La trave dopo le parallele era il suo attrezzo di punta, era elegante, leggera, pulita e grintosa allo stesso tempo, le veniva naturale ma a quanto pare era diventato un ostacolo anche quello. Non aveva avuto nessun trauma su di essa, mai un infortunio o una caduta pericolosa, quindi ci misi un bel po’ a capire il vero motivo che la portava  a non avere progressi.  

  • mi spieghi come credi di poter terminare  in maniera corretta gli elementi che presenti se non metti il peso su entrambe le gambe quando atterri da essi?  - le dissi un giorno a mo di rimprovero prestando particolarmente attenzione all’esecuzione dell’esercizio che le avevo chiesto di farmi vedere. - mi sembra di avertelo già detto una volta se non ricordo male... avanti ricomincia dall’inizio. - ingoiò  il boccone amaro del rimprovero e senza far trasparire ciò che provava realmente in quel momento, in silenzio, si mise in postazione per ripetere la sequenza. - no Emma! No!!!! Non ci siamo! Non stai facendo quello che ti dico! Avanti, di nuovo! - persi il conto di quante volte le feci ripetere la sequenza ma ogni volta l’errore commesso era sempre lo stesso. Pretendeva di atterrare su una sola gamba e questo le portava a perdere l’equilibrio e a sporcare l’esercizio. La vidi trattenere le lacrime pur di non farmi vedere che era sull’orlo di scoppiare a piangere ancora una volta, non mi sarei comunque impietosita, lei lo sapeva bene. - Guarda che se non ti concentri e non mi fai questo esercizio come voglio io non ce ne andiamo di qua oggi! Sappilo. Non sto scherzando.- era stremata, stentava a tenersi in piedi ma quelle parole la spinsero a a fare del suo meglio. Pur di interrompere quella tortura  prese un respiro profondo e concentrandosi al massimo eseguì finalmente l’esercito esattamente come avevo richiesto. Cadde dalla trave andando a finire sui tappeti di protezione per accontentarmi ma non mi importava, ero soddisfatta che avesse provato a superare quello che finalmente avevo capito essere il suo blocco mentale. 
  •  Hai visto? Ci voleva così tanto? Brava! - mi avvicinai per darle una mano ad alzassi, cosa che rifiutò.
  • Brava... brava dici??? Sono caduta Regina non so se lo hai notato! - rispose a malo modo seccata dell’ennesimo “fallimento”
  • Non mi interessa che sei caduta, mi interessa che tu abbia finalmente provato ad appoggiare il peso anche sulla gamba compromessa. - era questo il suo problema, l’atterraggio su entrambe le gambe. Aveva paura ad appoggiare il peso sulla gamba infortunata durante l’atterraggio dai salti perché aveva paura di sentire dolore o farsi nuovamente male. Anche con il volteggio  aveva avuto lo stesso problema all’inizio ma come per il corpo libero anche il trampolino aveva una pedana elastica, un materassino per la precisione, per attutire la caduta e a lungo andare si sentì più sicura e superò il suo ostacolo. Per la trave invece non era così, non vi era nulla di elastico tranne la pedana di atterraggio. Tutto l’esercizio veniva svolto su una piccola asse di legno, salti compresi. 
  • E a cosa è servito? A niente! Sono caduta come una pera cotta! Non si può cadere dalla trave Regina, si chiama penalità in gara e se ben ricordo tu odi le penalità.
  • Non ha importanza Emma. Non è questo che voglio farti capire. È vero... oggi sei caduta, domani  cadrai ancora probabilmente, ma piano piano andrà sempre meglio. Fidati... - le sorridi, cosa che durante gli allenamenti  non facevo quasi mai.  
  • Smettila di addolcirmi la pillola, lo sappiamo entrambe che non accadrà mai! - guardò l’orologio sulla parete  e vedendo che avevamo sforaro da venti minuti abbondanti la lezione, prese l’asciugamano, la bottiglia d’acqua e si allontanò per raggiungere lo spogliatoio. 
  • Emma aspetta per favore. Parliamone.
  • Non c’è niente da dire Regina! - continuò a camminare senza nenache voltarsi. 
  • Fermati ho detto! ORA! - esclamai categorica e lei con mia grande sorpresa, era più cocciuta di me quando si ci metteva, lo fece senza ribattere. - vieni a sederti. - obbedì ancora una volta. - È un momento difficile lo so... lo capisco.... ricominciare non è mai semplice ma se non ti affidi a qualcuno che sa  come funzionano queste cose e continui a fare di testa tua come puoi pretendere di superare I tuoi ostacoli è?? 
  • Non sono ostacoli... - mi disse lasciandomi sorpresa: non credevo che si sarebbe convinta a parlarmi così presto senza prima aver insistito un po’. 
  • A no? e cosa sono  secondo te? 
  • Me lo stai davvero chiedendo? Regina mah... mi hai visto? Il programma che hai stipulato per me potrebbe benissimo farlo un ragazzino di dodici  anni ad occhi chiusi. 
  • Non esagerare adesso... 
  • non esagero, dico la verità. sono le stesse cose che facevo appena sono arrivata in federazione. 
  • Vero ma solo perché eri già avanti con il programma Emma! Sei sempre stata avanti con le tue capacità e il tuo pragamma rispettava  le tue esigenze. fidati di me quello stai facendo adesso forse è un po’ semplificato per te ma è perfetto per una ragazza della tua età. 
  • Come hai detto tu però io non sono una ragazza come le altre. Ero molto più avanti Regina... molto! 
  • Lo so e se la domanda è perché non ti sto facendo fare quel tipo di allenamento ti rispondo subito che non è perché non credo nelle tue capacità... anzi! Sono sicura che tornerai a rimetterti a pari con quello che era il tuo programma prima dell’infortunio solo che prima di farlo dovrai riadattarti gradualmente. Tutto qua. 
  • Non è questo il punto...non sono in collera perché hai scelto per me un programma elementare.
  • puoi spiegarmi allora cosa c’è che non va? Non riesco davvero a capire. Se non ti senti risentita per il programma perché....
  • C’È CHE FACCIO SCHIFO REGINA ECCO CHE C’È!!!!!!! Ero brava una volta, davvero brava e ora guardami... non riesco a fare correttamente neanche un esercizio stupido come quello di poco fa! - prese un respiro - tu dici che è solo per riabituarmi alla mole di lavoro se sto facendo un programma semplificato, che tornerò quella di un tempo mah...ma  la realtà è che non tornerò mai ad essere la Emma di un tempo Regina... mai! - con quelle parole si liberó  definitivamente della sua armatura e si mostrò per quello che era in quel momento: una ragazza fragile. Pianse per la prima volta senza vergognarsi  di farlo davanti a me, si abbandonò completamente al suo stato d’animo e buttò fuori tutto ciò che si era tenuta dentro. - sono giorni che siano sempre sulle stesse cose e io non ottengo nessun miglioramento... nessuno. È tutto inutile... non... non...
  • Shhhhh - corsi ad abbracciarla, mi fece una tenerezza assurda vederla in quello stato. Conosco Emma da anni ormai, è una ragazza molto insicura nella sua sfera privata ma non lo è mai stata nella ginnastica. Per arrivare a reagire così doveva sentirsi davvero male.
  • non è vero quello che dici, non è vero che non tornerai la mia perfettina di sempre. 
  • Mah... lo hai visto anche tu che...
  • Shhh lasciami finire. La vera Emma è nascosta da qualche parte dentro di te, devi solo trovarla. -le presi il viso con entrambe le  mani  e la costrinsi a guardarmi  negli occhi - ascoltami...il tuo blocco non è nelle gambe, nelle braccia o nel tuo corpo in generale. Il tuo blocco è nella tua testa Emma e fino a quando non ti convincerai sul serio di poterlo fare le cose non cambieranno. 
  • Io... io... io ci provo, ci provo a darti ascolto... anche prima cercavo di mettere in pratica ciò che mi stavi dicendo mah...
  • Hai paura! Vero? Hai paura di farti male! - annui - immaginavo ma anche questo può essere superato se lo vuoi. Non fare di testa di tua, non tenerti tutto dentro: se hai un timore, un dubbio... se pensi di poterti fare male facendo un esercizio devi dirmelo e insieme troveremo una soluzione per aiutarti ad eseguirlo al meglio. Non ho intenzione di abbandonarti a te stessa Emma, ti ho scoperta io, ti ho voluto allenare a tutti i costi... non ti lascerò andare fin quando non ti avrò riportata ai livelli che eri. - fu lei questa volta ad abbracciarmi. 
  • Grazie... grazie davvero! 
  • Ma ti pare? È la verità! - le sorrisi. -c’è altro? Vuoi parlarmi di altro? - sapevo che c’era ancora la questione delle parallele da affrontare. 
  • No, mi.... mi sento un po’ meglio adesso.
  • Ne sono contenta. - sorrisi  senza mettere il dito nella piaga, non era ancora pronta a riportare a galla le emozioni legate a quel maledetto incidente. 
  • Ora vago a casa però, si sta facendo tardi e non ho avvisato i miei che mi sarei trattenuta più del previsto.... saranno preoccupati! Grazie ancora Regina per le tue parole. ci vediamo dopodomani. 
  • Aspetta ancora un secondo... ho un’idea. - era un azzardo più che un’idea quello che mi venne in mente ma ci provai ugualmente. - Sei psicologicamente stressata ultimamente, caricarti di lavoro in questo momento sarebbe di sicuro contro producente... quindi pensavo... che ne dici se interrompiamo gli allenamenti per un po’?
  • Cosa??? No! Non voglio smettere.
  • Lasciami finire.... la prossima settimana parto come ben sai quindi magari piuttosto che fermarti per sette giorni, come previsto, potresti fermarti per quindici, questa settimana compresa e riprendere direttamente non appena sarò di ritorno. Ti servirà per ripensare alle parole che ci siamo dette questa sera e per ricominciare più  carichi di prima. Allora ci stai? - la vidi far finta di pensarci. 
  • Sei tu la coach! - alzò le spalle poco convinta. Sapevo cosa le passava per la testa, anche in passato, ogni volta che le davo una pausa reagiva in questo modo. Aveva paura  che perdere tutti quei giorni di allenamento potessero avere ulteriore influenza negativa sul suo corpo. 
  • Andiamo non fare così, sai che so fare il mio mestiere. Ti farà bene una piccola pausa vedrai. 
  • Se lo dici tu! 
  • Certo e lo sai cos’altro ti farebbe bene? - non ero sicura fosse una buona idea parlargliene in quel momento... 
  • no, cosa?  
  • Partire per le Olimpiadi con me! -  sganciai la bomba- Che ne dici? Ti andrebbe di farmi da assistente? 

 

Pov Emma. 

Se fino a quel momento un senso di malessere aveva schiacciato il mio povero cuore, quell’ultima frase mi mise a tappeto letteralmente. Sentii un fitta al centro del petto, come se qualcuno mi avesse appena diviso il cuore in due. Non riuscii a dire nulla, non ne avevo le forze per farlo, l’unica cosa che volevo fare era tornarmene a casa il più presto possibile. 

  • credo che possa farti solo che bene. Ti aiuterà a sbloccarti e poi... beh con la scusa di darmi una mano potresti rimettere a posto le cose con zelina. So quanto eravate legate voi due e so che lei soffre molto entrambe  per questa vostra lontananza. - scrollai le spalle come a farle capire che di quella ragazza non mi importava più nulla ormai - non fare così, so che anche per te è lo stesso. Sai cosa mi ha detto l’alto giorno? Che vuole vincere a tutti i costi un titolo, qualsiasi esso sia... per dedicarlo a te, é un bel gesto no? non credi che.... 
  • Non verrò alle olimpiadi con voi! Scordatelo!!!! - mi stupii di me stessa per essere riuscita a parlare senza versare neanche una lacrima, dentro di me si stava scatenando l’inferno, non riuscivo prorpio a capire da dove provenisse quella calma apparente. 
  • Emma mah....
  • No! e ora scusami ma devo proprio andare. -  Raggiunsi di corsa lo spogliatoio onde evitare di essere fermata di nuovo e una volta sola, lontana da occhi indiscreti,  libera di esprimere finalmente i miei sentimenti scoppiai a piangere in maniera incontrollata. Come aveva potuto farmi una cosa del genere? Come aveva potuto anche solo pensare di chiedermi una cosa simile dopo tutto quello che ci eravamo dette fino a poco prima? Mi aveva appena promesso di rimanere al mio fianco fin quando non mi fossi rialzata e poi? Mi pugnala alle spalle con una proposta simile? Come credeva che avrebbe potuto aiutarmi andare con lei alle olimpiadi a guardare le altre ginnaste realizzare il proprio sogno? Non avevo risposta. Rimasi li, per un tempo indefinito, a rimuginare su quanto successo poi lo squillare incessante del mio cellulare mi riportò alla realtà. Era Killian. 
  • Pronto... amore! - mi sforzai di sembrare il più normale possibile.
  • Grazie al cielo sei viva! - esclamó - Amore ma dove accidenti sei!!!! Tuo padre mi ha chiamato allarmato dicendomi che non sei ancora tornata a casa e che non rispondi alle sue chiamate! Tutto bene? È successo qualcosa? - chiese preoccupato.
  • No... io... sto... sto... - la mia voce iniziò a tentennare e lui se ne accorse immediatamente.
    • Emma tesoro... che succede? Mi stai facendo preoccupare. Dove sei? - nonostante provai a far finta di nulla, quel suo fare così amorevole, preoccupato che mi fosse successo qualcosa, mi sciolse al tal punto da far crollare il muro che stavo costruendo per difendermi. Ripresi a piangere rumorosamente e in preda ai sussulti gli chiesi di venire a prendermi. Credo abbia infranto ogni limite di velocità esistente sulla strada pur di raggiungermi  perché in men che non si dica fu da me. Mi trovò seduta a terra con le spalle al muro nello spogliatoio delle ragazze, con la testa poggiata sulle ginocchia in preda ai singhiozzi e incurante che a lui l’accesso fosse vietato corse da me e accovacciarsi alla mia altezza mi strinse a se.  - va tutto bene Emma, ci sono io adesso... - mi sussurrò baciandomi i capelli. - cerca di calmarti... non ti fa bene tutto questo! - niente da fare, per quanto ci provassi non riuscii a far altro che continuare a piangere sempre più forte. Aspettò un po’ ma poi vedendo che la situazione non accennava a migliorare, mi aiutò ad alzarmi nonostante le condizioni pietose in cui versavo e sorreggendomi mi aiutò ad arrivare fino alla macchina. Mi apri la portiera, mi aiutò a sedermi dopodichè tenendomi stretta a lui, mise a moto e mi riaccompagnò a casa. - credo che una dormita sia la cosa migliore da fare per rimetterti in forze. Parlare adesso se non te la senti sarebbe inutile. - mi diede un bacio sulle labbra - dimmi solo che non devo preoccuparmi. Non ti hanno infastidita vero? - Scossi la testa facendogli tirare un respiro di sollievo.  mi avevano infastidita eccome quella sera  ma non nel modo in cui pensava lui. - bene... vuoi che ti accompagni dentro? - scossi la testa. - sicura? 
    • Sicura... Sto... sto  meglio. - mentii. - era solo uno sfogo. - quello almeno era vero. - diciamo che... 
    • Non dobbiamo parlane ora se non ti va. 
    • Non c’è nulla da dire in realtà... mi sono semplicemente scoraggiata durante la lezione di oggi. È difficile riprendere dopo quello che è successo...
    • Mmh... Sicura sia solo questo? - non lo vedevo convinto.
    • Si... ho trattenuto le mie emozioni per troppi giorni e oggi sono esplosa. Mi dispiace averti fatto preoccupare. 
    • Figurati... ma riprendiamo l’argomento domani. Voglio che mi spieghi meglio cosa ti passa per la testa. - Annuìi e dopo avergli dato il bacio della buonanotte lo ringraziai ancora per essere corso in mio soccorso e uscii dalla sua auto.
    • Mia madre centra qualcosa? - mi domandò a bruciapelo prima che  potessi chiudere lo sportello - Non so... Ti ha forse fatto pressione o detto qualcosa per farti reagire così? 
    • Perché me lo chiedi? 
    • Perché conosco il soggetto!!! - rispose accennando un sorrisetto - allora? 
    • Non è per lei se sto così, anzi... mi ha detto anche delle belle parole per consolarmi oggi. - evitai di digli proprio tutto tutto, conoscendolo sarebbe corso da lei e l’avrebbe presa a male parole nonostante l’ora. Non volevo che litigassero a causa mia, avevano da poco ristabilito il loro equilibrio.  Regina poi centrava e non centrava con il mio problema. Era stata lei a propormi la cosa che mi aveva mandato in crisi è vero, avrebbe dovuto risparmiarsela conoscendo la situazione e i miei sogni ormai infranti , ma dubito fortemente che lo fece con l’intento di ferirmi. E poi il mio sfogo non era solo per le Olimpiadi, quella era la goccia che fece rompere il vaso, ma in generale quindi.... - sta tranquillo Killian, con una bella dormita tutto passerà. 

Credevo seriamente che una dormita mi avrebbe aiutata a ricaricarmi ma sbagliavo, quella sera, ma anche le sere a seguire, non riuscii a prendere sonno. Mi giravo e rigiravo nel letto sbuffando e smaniando e alla fine ecco la sveglia suonare le sei e trenta, ora in cui mi alzavo per prepararmi per la scuola. La prima settimana riuscii bene o male a gestire la cosa: vivevo di caffè per cercare di sopperire alla mancanza di energie dovute al poco dormire ma più le cose andavano avanti e più ero stanca, triste, ma sopratutto intrattabile. I miei iniziarono ad  insospettirsi che ci fosse qualcosa che non andava in me ma affrontarono l’argomento solamente quando al mio stato d’animo si aggiunge la mancanza di appetito. Avevo lo stomaco chiuso, riuscivo si e no a fare mezzo pasto al giorno e questo li preoccupò a tal punto  da indire una riunione di famiglia. 

  • Ve lo ripeto... non c’è nulla che non va! Quante altre volte ve lo dovrò dire? - ripetei per la miglinesima volta quel pomeriggio.
  • Fino a quando non risulterai convincente. - rispose mio padre serio. - non siamo nati ieri Emma, siamo stati giovani prima di te. Sappiamo riconoscere uno sguardo triste quando lo vediamo e sopratutto sappiamo riconoscere quando mostra figlia sta male. Abbiamo aspettato a lungo prima di deciderci ad affrontare l’argomento con te, pensavamo fosse una semplice incomprensione con un’amica, con Killian.... ma poi parlando con lui abbiamo scoperto che è preoccupato esattamente quanto noi quindi...
  • avete parlato con Killian? Cosa c’è? Siete andati a chiedergli se mi avesse trattato male??? - non potevo credere che lo avevano fatto sul serio.
  • Certo che no! Abbiamo semplicemente chiesto a lui se sapesse il motivo di come mai fossi così strana....
  • E cosa è venuto fuori dal vostro stupido interrogatorio è? Niente presumo! Tempo perso no? Tze...
  • Che non vi vedete più come prima, che sei molto distaccata anche con lui e che crede che il problema sia la ginnastica. - mi guardò negli occhi. - è così? Ci sono problemi in quel campo? 
  • Ti ho detto che sto bene papà! Lasciatemi in pace una buona volta! - mi alzai dal divano di scatto ma prontamente lo sguardo di mio padre mi ordinò di tornare a mettermi immediatamente a sedere. 
  • Non ti alzerai da qui fin quando non ci spiegherai cosa c’è che ti turba.
  • Andiamo tesoro.... - disse mamma con toni decisamente più amorevoli - siamo i tuoi genitori... a noi puoi dire tutto lo sai. - avevo altra scelta forse? No... mio padre non mi avrebbe seriamente permesso di alzarmi senza prima aver dato loro una spiegazione valida al mio comportamento ma in fondo pensandoci bene non era poi un male... avevo bisogno di alleggerirmi dal peso che mi stava schiacciando. 
  • Ok sono un po’ giù lo ammetto! È un reato?
  •  No certo che no, ma vorremmo saperne di più tesoro, chissà magari possiamo aiutarti.
  • Mamma lo so che lo pensi seriamente ma non puoi aiutarmi... nessuno puó.
  • Posso provare però! Dimmi: centra Killian forse? - ma come... non lo avevano escluso a priori dopo aver chiacchierato con lui? 
  • No.. non è Killian... - mi limitai a rispondere. 
  • la scuola forse? Hai qualche problema ad ambientarti a scuola? - tentò ancora 
  • Mi trovo benissimo nella mia nuova scuola e anche se pretendono molto riesco a stare al passo senza problemi. - la vidi sorrise orgogliosa per quella mia affermazione. 
  • Allora forse ha ragione Killian.. è la ginnastica a darti qualche grattacapo! È forse così? - rispetto alle volte precedenti non risposi, mi limitai ad abbassare lo sguardo. - ho fatto centro... è la ginnastica. - concluse mamma per poi lanciare uno sguardo preoccupato verso papà. - discussioni con Regina per caso? Andiamo Emma sai come è fatta, non devi prendertela. È il suo carattere ma quello che dice lo fa solo ed esclusivamente per il tuo bene. 
  • E quale  sarebbe il mio bene? Qualsiasi rimprovero, consiglio o correzione che mi venga fatta dove mi porterà? Da nessuna parte mamma! Nessuna...
  • amore non dire così...
  • Ma è la verità mamma!!! Amo la ginnastica più di ogni altra cosa al mondo, sono stata disposta a sacrificare tutto per lei e lo farei ancora se solo potessi ma cosa mi è tornato indietro per i sacrifici fatti??? Niente... neanche la tecnica mi è rimasta! non riesco più a fare nulla, non c’è esercizio che mi venga bene... faccio schifo e per quanto provi ad allenarmi ancora e ancora le cose non cambiano. 
  • È per questo che stai così male? Perché non riesci? - annui.
  • Emma tesoro non voglio sembrare cinico credimi - si intromise papà che fino a quel momento aveva deciso di lasciar parlare mia madre - ma forse è il caso che tu prenda consapevolezza di come stanno realmente le cose e provi a voltare pagina. - lo guardai con sguardo glaciale - La ginnastica non può più darti un futuro, lo sai, sei una ragazza intelligente...
  • E con questo? Dovrei mollare la mia passione solo perché non può garantirmi un futuro? Si chiama passione per altri motivi papà, forse dovresti cercare questa parola sul dizionario. 
  • So cos’è la passione e di sicuro non è quella che hai tu in questo momento. La tua passione si è trasformata in fissazione Emma e credimi non è per nulla salutare. Dovresti baciare il terreno su dove cammini per essere ancora qui e non esserti fracassata la testa quel giorno. Devi essere riconoscente per aver ancora la possibilità di camminare e soprattutto devi essere felice di avere ancora la possibilità di poterti allenare nonostante tutto. Sei stata fortunata nella tua sfortuna  ma non lo capisci? Ti stai lasciando andare per colpa di uno stupidissimo sport Emma te ne rendi conto? Ti stai chiudendo in casa, non vedi i tuoi amici, il tuo ragazzo... per cosa????
  • Non mi sto chiudendo in casa. 
  • Poco ci manca peró! Sono stato il primo ad essere felice nel sentirti dire di voler riprendere, ho sempre sperato durante  tua convalescenza di rivederti sorridere mentre fai ciò che ti piace fare ma se deve essere un calvario estenuante, fatto solo di sofferenza, mi dispiace Emma ma credo che tu debba smettere e guardare avanti. 
  • Non smetterò mai di fare ginnastica papà, toglietelo proprio dalla testa! - ero indignata da quelle sue sciocchezze parole, non poteva dire sul serio. 
  • Ma ti rendi conto che stai lottando per il nulla? Ti fai solo del male così! 
  • Ma è la mia vita ok??? Deciso io per me e se accetto di stare così per una cosa che mi piace allora tu non puoi farci niente. Girati dall’altra parte se proprio ti da fastidio vedermi così! - quando è troppo è troppo. 
  • Se avessi anche solo immaginato che la scelta di farti trasferire alla tua giovane età ti avrebbe portata ad essere così superficiale verso di noi ti avrei impedito di partire fin dall’inizio. Sono questi i modi di rivolgerti a tuo padre Emma? - continuó serio ma senza alzare la voce. - dopo averti dato anche l’anima per essere felice mi tratti così? 
  • Tu vuoi privarmi di essere felice! - lo corressi - Io....
  • No, ti sbagli. io voglio proteggerti dal male che ti stai auto infliggendo continuando a rincorrere qualcosa che non esiste più ormai e sono disposto ad andare fino in fondo alla questione se le cose non cambieranno.
  • Cosa vuoi dire?
  • Sai cosa voglio dire...
  • Non puoi farlo! Non... non puoi... - avevo capito cosa volesse dirmi e la cosa mi procurò un enorme nodo allo stomaco. 
  • Hai sedici anni, sei minorenne.... che ti piaccia o no sono io che prendo le decisioni per te quindi cerca di riprendere in mano la tua vita o sarò costretto a farlo io al tuo posto e sai bene cosa significa. - lo sapevo eccome... mi avrebbe tolto la ginnastica.
  • TI ODIO! - gridai con quanta più forza avessi in corpo e alzandomi dal divano, incurante del suo permesso,  corsi in camera mia dove mi richiusi, in maniera assai rumorosa, la porta alle spalle. 

Escluso l’andare a scuola e in bagno per un’intera settimana non uscii dalla mia stanza tanto che mia madre fu costretta, nonostante papà non fosse assolutamente d’accordo, considerando il mio gesto un capriccio, a portarmi il pranzo e la cena in camera pur di farmi mettere nello stomaco qualcosa. Lei era  molto preoccupata per me e per quanto mi dispiacesse vederla così spaventata non feci nulla per farle capire che non doveva preoccuparsi. Come avrei potuto: Mangiavo a stento, quasi niente in realtà, faticavo a dormire, non guardavo la tv, non chattavo con il cellulare e cosa ancor più grave non avevo alcuno voglia di uscire o di incontrare i miei amici. Passavo l’intera giornata a rigirami tra le coperte piangendo silenziosamente. Qualsiasi cosa le avessi detto per rincuorarla non avrebbe di certo funzionato. 

Provó per giorni a spronarmi ad uscire per prendere una boccata d’aria, mi propose anche si andare a fare la spesa insieme non avendo più cose da propormi  ma quando capì che era tutto inutile, ormai neanche le rispondevo più, decise di invitare Killian  a casa con la speranza che  almeno lui riuscisse a fare un miracolo. Avevo preso a sentire meno anche lui è vero ma lei era sicura che la sua presenza mi avrebbe aiutata.

Erano le ore 13:00 di domenica pomeriggio quando sentii bussare alla mia porta. Credendo fosse mia madre con il vassoio del pranzo non mi voltai neanche in direzione della porta. Aspettai che entrasse, poggiasse il vassoio sulla scrivania e uscisse come da routine invece successe qualcosa di diverso. Qualcuno si sedette a bordo del mio letto e di sicuro non era mia madre. Il profumo che emanava l’intruso  lo avrei riconosciuto ovunque.... la persona che era seduta ai piedi del mio letto era il mio fidanzato. 

  • ti ho portato il pranzo... - esordì dopo qualche minuto vedendo che non ero intenzionata a voltarmi - mi correggo, ho portato il pranzo... per tutti e due - specificò. - mi sono fermato da burger king e... beh guarda tu stessa: credo di aver svaligiato l’intero negozio. - si avvicinò in modo per poggiare le buste sul comodino in modo che potessi vederle. Come aveva già anticipato aveva esagerato per davvero. Quattro buste piene di roba campeggiavano accanto a me. - che ne dici... ti va di mangiare qualcosa? Non so tu ma io sto morendo di fame. 
  • Ti ringrazio ma... non ho fame... mangia tu. - fu la prima frase che pronunciai  da quando era entrato.
  • Qualcosa devi pur mangiare, è un peccato sprecare tutto questo ben di Dio e poi... non te lo ha mai detto nessuno signorina che chi mangia da solo si strozza? Che c’è, è una tattica per uccidermi per caso? - provò a buttarla in simpatia visto il clima di tensione che aleggiava nell’aria  e devo dire che riuscì a strapparmi un sorriso. - ti prego, mangia, giusto qualcosina... guarda! Ti ho preso gli anelli di cipolla! - Killian odiava gli anelli di cipolla, gli veniva da vomitare solo a sentirne l’odore  e dovevamo scappare ogni volta che accanto a noi qualcuno li ordinava. Era quasi una fobia la sua eppure  li aveva presi... per me. Dopo il sacrificio fatto sarebbe stato scortese da parte mia ignoralo o declinare l’invito per cui, nonostante avessi lo stomaco completamente chiuso, provai a farlo contento e a stuzzicare qualcosina tenendogli compagnia. 

Fu un pranzo davvero molto silenzioso, non mi fece domande, non mi spronò a parlare, si limitò semplicemente ad apprezzare il cibo e a dirmi che l’odore che emanavano i miei analli di cipolla erano nauseabondi. Ebbe il coraggio di farsi fuori tre panini e non contento estrapolò dalla busta una porzione di patatine fritte. Sorrisi ancora una volta e lui prontamente non se lo fece sfuggire.

  • che c’è? Faccio schifo vero??? - mangiava tanto lo so ma secondo me il volermi far ridere rientrava nel suo piano. Ogni volta che mi trovavo a sorridere lui mi domandava qualcosa. Semplice coincidenza? Non credo. 
  • Il tuo allenatore sarà felicissimo quando ti vedrà arrancare sotto il peso di tutti quei panini. 
  • Il mio allenatore non è qui... occhio non vede, cuore non duole non trovi? E poi non ci crederai ma ho una fame da lupi. Se non ti sbrighi a mangiare quei poveri anelli credo che finiranno nel mio stomaco.
  • Non ci credo! - pur di farmi sorridere mi strappo dalle mani un anello di cipolla e provò a mangiarlo. Per poco non morì sul colpo. Divenne verde per disgusto e  nonostante provò in tutti i modi a mandarlo giù non ci riuscì e corse al cestino sotto la scrivania a sputare quello che lui chiamava veleno. Mi venne da ridere. 
  • Ma come fai a mangiare questo schifo è! - andò a bere la Coca-Cola per togliere il sapore dalla bocca - e non ridere fa davvero schifo! Bleah... 
  • perché sei qui Killian! - dissi improvvisamente prendendolo di sorpresa e cambiando totalmente discorso.
  • Per mangiare con la mia donna! - rispose lui di rimando.
  • Butta giù la maschera! Sincerità per sincerità: perché sei qui! 
  • Sono giorni che vorrei venire a trovarti visto che non mi rispondi neanche più ai messaggi ma mi sono sempre trattenuto dal farlo perché sapevo che eri giù. - come faceva a saperlo? Non avevo raccontato a nessuno della litigata con mio padre. - Ho incrociato tuo padre al supermercato e mi ha raccontato cos’è successo. - rispose come a leggermi nel pensiero. - mi sono subito sollevato sapendo che non eri in collera con me, per giorni mi sono scervellato su cosa avessi potuto fare di sbagliato, ma poi tua madre mi ha chiamato in lacrime dicendomi di venire perché la cosa stava sfuggendo di mano e... eccomi qui.
  • Mia madre esagera! Io sto bene, è tutto sotto controllo. 
  • È per questo quindi che mentre io mi mangiavo la bellezza di tre panini tu hai a malapena toccato solo due anelli di cipolla... perché stai bene! 
  • Che centra ! Non ho fame! 
  • Emma... 
  • ho lo stomaco chiuso Killian non posso farci nulla ok? Smettetela di preoccuparvi tutti solo di questo!  Cercate di capire piuttosto... - dissi iniziando a piangere. Possibile che Killian con due parole riuscisse sempre a toccare i punti giusti? 
  • cosa dobbiamo capire: diccelo! Aiutaci a farlo! 
  • Che sto uno schifo Killian... - mi abbracciò. 
  • Lo so che stai male tesoro credimi, lo so... si vede e anche i tuoi lo vedono ma reagire così non ti farà stare meglio anzi... è passata una settimana dall’ultima volta che ti ho visto e da allora avrai perso come minimo due kg. Non va bene, non va affatto bene. Capisco lo stress, il dispiacere, la tensione in casa ma devi sforzarti a mangiare qualcosa perché altrimenti sai cosa succede. I tuoi non aspetteranno un’altra settimana prima di portarti in ospedale lo sai questo su?Vuoi questo? - scossi la testa. - allora cerca di reagire. 
  • Come.. come si fa a reagire quando tutti ti voltano le spalle è?
  • Nessuno ti ha voltato le spalle Emma e se parli dei tuoi genitori loro non hanno fatto altro che provare a spronarti. Sei la loro figlia, tengono a te in maniera smisurata...
  • Tengono talmente tanto a me che sarebbero disposti a togliermi una cosa senza cui non posso vivere.... bel modo di tenere ad una persona. 
  • Quello per cui tu pensi di non poter vivere senza, ti sta distruggendo dentro però. Io ci sono passato Emma, meglio di me non può capirti nessuno. Anche se per motivi differenti anche io ho dovuto mollare ciò che per me era puro ossigeno e come per te anche per me riprendere è stato snervante, faticoso... quasi impossibile. Mi sembrava di non aver mai tirato di scherma la prima volta che ho ripreso in mano il fioretto e questa sensazione mi ha accompagnato per diversi mesi. Mi sono lasciato sopraffare dalle emozioni e dalle paure di non tornare più quello di prima? No! Mi sono rimboccato le maniche e piano piano ho provato a riprendere il ritmo. Non ho raggiunto ancora i livelli di un tempo, forse mai li raggiungerò ma non mi importa e sai perché? Perché la scherma mi fa star bene a prescindere da quello che faccio e come lo faccio. Se metti degli standard troppo elevati sopra la tua testa non raggiungerai mai nessun obbiettivo, neanche quelli inferiori a quelli che ti eri predisposta. cancella tutto ciò che ti è stato insegnato e ricomincia. Sono sicuro che supererai anche la piccola Emma ginnasta di un tempo. 
  • Forse mah... Non... non è solo questo però! 
  • Cos’altro c’è allora? 
  • Non è il problema di non riuscire a fare le cose che mi sta mandando ai matti, Regina mi ha aiutato molto in questo, la verità è che non lo so neanche io come sia potuto accadere, credevo di aver voltato pagina, che avessi superato lo shock iniziale e accettato la cosa eppure è bastata una semplice frase per riportarmi nello sconforto più totale. Non appena Regina l’altro giorno mi ha proposto di accompagnarla alle olimpiadi mi si è fatto nero davanti agli occhi e tutto è tornato a galla. - sentivo le lacrime uscire due a due dai miei occhi - non so cosa credeva di fare con quella proposta ma di sicuro ha fallito il suo intento. Come avrei potuto accompagnarla e starmene lì a guardare zitta e muta senza battere ciglio tutte quelle ragazze che erano riuscite a realizzare il proprio sogno? Come???? Io ho lottato tanto per entrare in nazionale, mi sono fatta in due per essere sempre la prima in ogni cosa, non mi sono mai accontentata e ho preteso sempre di più da me stessa per cosa???? Per vedere le altre realizzare il mio sogno? Per vedere i miei sogni infrangersi? Perché è successo a me Killian?!?! Percheeee???? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo. - niente da fare, persi il controllo di me e iniziai a singhiozzare tanto da farlo quasi spaventare. Era la prima volta dopo l’incidente che ripensavo a tutto ciò che avevo perso e mi resi conto che per tutti quei mesi avevo semplicemente fatto finta di stare bene. La realtà è che non stavo bene affatto. La ferita era ancora aperta e sanguinava ogni giorno di più. 

Killian in men che non si dica fu al mio fianco: mi strinse a lui, mi accarezzo i capelli ma non disse nulla fin quando a forza di piangere non iniziai a calmarmi da sola. 

  • ti senti un po’ meglio adesso? - mi chiese dolce non smettendo di accarezzarmi i capelli.
  • No... - mi limitai a dire. Era la verità purtroppo, non mi sentivo affatto meglio. 
  • Amore... perché non provi a prendere  in esame l’idea di farti aiutare da qualcuno? Una persona esterna intendo... uno specialista. 
  • Vuoi... vuoi che veda uno strizza cervelli? 
  • Non è stata propriamente una mia idea... prima di venire da te mi sono soffermato a parlare con i tuoi genitori. 
  • Tze... non avevano il coraggio di dirmelo di persona? Hanno dovuto mandare te a dirmelo? Che c’è mi credono pazza forse? -  dissi con rabbia nel sapere che avessero confabulato con il mio ragazzo alle mie spalle. 
  • Non credono affatto che tu sia pazza tesoro! Vogliono solo aiutarti e pensano che una persona qualificata possa essere la cosa migliore per te in questo momento. Tutto qua...
  • E tu? Tu cosa pensi? Sei d’accordo con loro?
  • io sono venuto qui con l’intento di provare ad aiutarti personalmente ma è evidente che non bastano due coccole o prenderti per la gola per aiutarti a voltare pagina quindi si... ritengo che i tuoi non abbiano poi tutti i torti. 
  • Tze... stronzate! Ti hanno fatto il lavaggio del cervello. Cos’è mio padre ti ha minacciato di non farmi più uscire con te se non lo avessi assecondato? Scommetto di sì. È assurdo Killian!!!! Non mi serve uno strizza cervelli per stare bene... mi basti tu! In questi mesi sono stata bene no? 
  • Lo hai detto tu stessa pochi minuti fa che non è così! Credevi di stare meglio ma la realtà è che avevi semplicemente smesso di parlarne. Sono felice di essere in grado di distrarti e di farti sorridere credimi ma  purtroppo a quanto pare non sono in grado di farti voltare pagina. 
  • Mah...
  • No, è la verità! - mi impedì di parlare. - la scelta finale spetta solo a te ma credo che tu debba fare un tentativo. Io non ti abbandonerò di certo, continuerò a riempirti di attenzioni, perché ti amo e perché voglio vederti star bene, ma dovresti provare anche a vedere qualcuno di estraneo alla faccenda. Lavorando in ospedale ho la fortuna di conoscere molte persone in gamba, posso indirizzarti da qualcuno. 
  • non mi piace questa cosa... 
  • perché  hai una visione distorta di questa figura professionale. Non hai problemi mentali Emma, non ti stiamo mandando dallo psichiatra, è diverso... ti stiamo semplicemente consigliando di andare a parlare delle tue difficoltà con un dottore. È questo che fa uno a psicologo... ascolta. E poi provare non costa nulla, nel peggiore dei casi mi sentirai dire che avevi ragione tu. Non ne vale forse la pena? - mi sorrise. - pensaci, non devi rispondermi subito se non te la senti, con calma quando vorrai mi darai la tua risposta ma se ti fidi anche solo un po’ di me e del mio giudizio dovresti provare a darmi ascolto. 
  • mmm... non mi piace questa cosa ma potrei  provare...
  • Davvero? - non credeva alle sue orecchie.
  •  non ti prometto nulla però. Lo faccio più per te che per me sia chiaro, perché vedo che ci credi seriamente a questa cosa, ma voglio dirti anche che... beh... mi hai accennato a delle tue conoscenze in ospedale... beh sappi che ho già visto uno psicologo quando sono stata ricoverata da voi e non ha avuto un gran successo con me.
  • Chi ti ha preso in cura?
  • Ma come? Non conoscevi tutta la mia storia clinica a memoria? - lo provocai giocando. Fu un gesto spontaneo e mi meravigliai di essere riuscita a lasciarmi andare nonostante la situazione. Forse avevo ragione io... mi serviva solamente Killian per guarire. 
  • Sono un essere umano anch’io, mi deve essere sfuggito questo piccolo dettaglio.
  • Il dottor Williams 
  • Per carità! - fece una faccia che avrei voluto immortalare - non lo consiglierei a nessuno quel musone. Davvero ti hanno mandata da lui? 
  • Già...
  • Lo credo bene che tu non ne voglia più sapere - mi sorrise - conosco io una persona in gamba che potrebbe fare al caso tuo. È un mio carissimo amico, ci aiuta spesso nel lavoro e so per certo che sa trattare con i pazienti. Ha solo un difetto purtroppo - lo guardai incuriosita - a detta di tutte le donne dell’ospedale, pazienti e non, è proprio un gran bel ragazzo. - lo vidi alzare gli occhi al cielo. 
  • Quindi è giovane??? - ammiccai sapendo di farlo ingelosire. 
  • È più grande di me ma si.. è molto giovane! 
  • Sembra divertente! Mi hai quasi convinta sai? 
  • Ah ah ah... spiritosa. Sappi Non ti manderei mai da lui se non fosse bravo credimi sulla parola, ma per essere più sicuri credo che se deciderai di andare farò una piccola chiamata per marcare il territorio. - stavo scherzando naturalmente io ma lui sembrò essere molto serio in quell’ultima affermazione.
  • Killian non devi fare nulla credimi... ho occhi solo che per te, lo sai! - mi sentii in dovere di mettere subito in chiaro la cosa. - stavo giocando e poi...  è vero che ho detto che ci proverò ma vorrei pensarci un po’ su se non ti dispiace.
  • Tutto il tempo che vuoi e lo so che scherzavi. Non mi preoccupi tu... mi preoccupano gli altri. Nel periodo in cui sei stata ricoverata tutto il personale maschile under trenta era con gli ormoni in subbuglio a causa tua, non voglio che si ripeta. 
  • Ma davvero??? - mi venne da ridere ancora una volta.
  • Davvero... sei bella, molto bella... sei tu che non te ne accorgi. - mi diede un bacio. - ora cerca di riposare, devo scappare a fare una commissione. - si alzò dal mio letto - ti chiamo appena torno a casa ok? E rispondimi... non ignorarmi. - annui e dopo un ultimo bacio lo vedi dirigersi verso la porta. - ah quasi dimenticavo... sai se per caso se... - lo vidi pensare su ciò che stava per dire - no, niente... lascia stare. A tra poco amore
  • No no aspetta... cosa volevi chiedermi! - captai un ripensamento sospetto e volevo capirne di più.
  • Ma niente di importante....
  • Allora dimmelo! - lo guardai decisa
  • Ok! - sospirò per prendere coraggio - Volevo semplicemente sapere se mia madre fosse tornata. - prese una pausa - non dovevo chiedertelo però... che imbecille! so che stai così per lei...  
  • Tranquillo amore è tutto ok? Comunque non so se sia tornata, ma credo di sì, domani alle undici in teoria ho lezione... perché la cerchi? 
  • Niente di che, è stata fuori così a lungo.... volevo passare per un caffè! Lascia stare dai! Ci sentiamo più tardi! Riposa ok? - Annuìi - ti amo.

Si richiuse la porta alle spalle e ando via. Era stato davvero tenero a passare, grazie alla sua visita e alle sue parole mi sentivo già leggermente meglio ma ero anche leggermente preoccupata. Quella sua uscita di scena così criptica non mi convinceva affatto. Doveva fare una commissione mi aveva detto all’inizio, poi che voleva andare a trovare sua madre. Avevo come la sensazione che la domanda che mi stava per porre gli era uscita per sbaglio. Era come se non volesse che sapessi dove fosse diretto. Mmmh...ma perche?!?! L’unica cosa che mi venne in mente fu che voleva andare da lei per parlargli a quattrocchi di ciò che mi era accaduto con quel suo invito inaspettato. Non ne ero sicura però così cercai di non pensarci più di tanto, in fondo era solo una mia supposizione, anche un po’ campata in aria. mi accoccolai meglio sulle mie coperte e smanettando un po’ il cellulare, per la prima volta dopo un’intera settimana riuscii a prendere sonno e a svegliarmi direttamente l’indomani. 

Erano le sette del mattino quando aprii gli occhi, era ancora molto presto per gli allenamenti e scuola non c’era... sarei potuta rimanere a poltrire ancora un po’ visto che ultimamente il sonno scarseggiava ma non riuscii a restarmene a letto un solo minuto di più. Mi feci una doccia, mi preparai per uscire e anche se in netto anticipo raggiunsi la palestra. Nell’attesa che Regina arrivasse mi sarei scaldata un pochino. Aveva detto che al suo ritorno avremmo iniziato un programma diverso, che avremmo provato ad affrontare gli ostacoli... non ero affatto convinta che riuscisse a farmi riprendere la mia sicurezza ma se volevo anche solo provare pensai che valeva la pena farsi trovare già belli che pronti ad iniziare. Poggiai il borsone nello spogliatoio, presi acqua e asciugamano e mi incamminai nella sala dove ero solita allenarmi. Stavo per entrare ma una voce mi trattenne dal farlo: c’era qualcuno all’interno... qualcuno stava parlando, anzi... discutendo. Mi sentii di troppo ad essere lì e di sicuro non sarebbe stato affatto carino entrare e mettersi a lavorare. Feci dietrofront, pensando di farmi un giro per trovare una sala libera ma prima ancora che raggiungessi la porta della seconda sala sentii una voce famigliare pronunciare il mio nome. Mi voltai per capire da dove provenisse ma nessuno oltre a me era in corridoio. “La devi smettere di fare di testa tua mamma!” La stessa voce che aveva pronunciato il mio nome torno a farsi sentire con una nuova frase e non vi furono più dubbi per capire di chi fosse e sopratutto dove fosse. Killian era a pochi metri da me, esattamente nella sala dove sarei dovuta entrare e a quanto pare stava discutendo con mia madre. Avevo visto giusto allora... era arrabbiato con lei. 

Mi sarei dovuta fare i fatti miei, tornarmene nello spogliatoio e uscire solamente quando fosse il mio turno ma non ci riuscii e stando molto attenta a non farmi beccare mi misi in un angolino accanto alla porta ad origliare la loro conversazione.

  • Ho semplicemente fatto quello che ritenevo fosse giusto... - si giustificò davanti ad un Killian in preda alla rabbia. - Quindi è per questo che sei passato a casa mia ieri... 
  • come fai a sapere di ieri? 
  • Il portiere mi ha accennato della tua visita. Peccato... credevo fossi passato per due chiacchiere e un caffè. Dovevo immaginarlo... - allora avevo ragione... Killian mi aveva chiesto di Regina per andare a parlargli di me.
  • Esatto! Ero passato per dirti questo! Altro che caffè, L’hai distrutta mamma! Sai cosa vuol dire distrutta? Tze... Non credo altrimenti non ti saresti spinta così lontano. I suoi genitori mi hanno chiamato disperati: aveva perso appetito, sonno, voglia di vivere.... tu non ti rendi neanche conto di quello che le hai fatto con la tua subdola proposta. 
  • Menomale è arrivato il cavaliere dall’armarura scintillante allora. Adesso finalmente siamo tutti più tranquilli! Ma falla finita Killian. Conosco Emma da molto più tempo di te, so esattamente come prenderla. Deve essere spronata per guardare al futuro, non le servono di certo coccole e carezze in questo momento. 
  • Scusa la mia ignoranza ma come pensi che l’avrebbe sbloccata la tua proposta? 
  • Semplice.... Se fosse venuta con me avrebbe visto la tenacia, la voglia di non mollare, la determinazione sugli occhi di ogni singolo atleta... avrebbe ripercorso le sue tappe, i suoi successi, le sue aspirazioni future...si  sarebbe immaginata lei stessa correre verso il gradino del podio più alto e la voglia di tornare in pista l’avrebbe fatta finalmente tornare la Emma di un tempo. - prese un respiro - non solo peró... credevo che portarla con la squadra avrebbe in quelche modo aiutato lei e Zelina a fare pace. Andiamo, su questo concorderai con me: è parecchio ridicolo che non si parlino...
  • Io credo che tu non abbia più idea di cosa significhi essere un atleta mamma. L’hai dimenticato non appena sei scesa dalla pedana e ti sei messa a dettare ordini. Non immagini neanche la sofferenza che c’è dentro il cuore di Emma in questo momento: come hai anche solo potuto pensare che il tuo piano potesse avere successo?!? Tralasciamo il fattore amicizia, se Emma è arrabbiata è giusto che lo sia, non sei di certo tu che devi porre rimedio a quella situazione. Volevi spronarla hai detto... volevi farle tornare la voglia di tornare in pista hai detto.... sai quanto è sbagliato vero? 
  • Sbagliato? È perché mai??? - gli chiese
  • Perché la diagnosi purtroppo  è quella che è: Emma non potrà sottoporsi agli allenamenti estenuanti di un atleta professionista senza farsi male di nuovo. Se il tuo piano avesse avuto successo, se Emma fosse partita con te,  si sarebbe convinta a voler tentare di nuovo la scalata verso un posto in squadra e la delusione quando si sarebbe accorta di non essere in grado di poter sostenere tutto quel lavoro l’avrebbe portata nuovamente nel baratro. 
  • Io...
  • Non devi alimentare i suoi sogni mamma... non più ora che sono irraggiungibili. Lei lo sa e sta provando ad accettarlo, va aiutata non mandata in confusione. 
  • Sono la prima che non la rimetterebbe in pista con l’idea di avere un futuro da professionista
  • Davvero??? Non sembra visto quello che hai provato a fare.
  • Non intendevo spronarla al punto di farle credere di avere nuovamente speranza. Credevo semplicemente che vedere l’olimpiade l’avrebbe spronata a fare di meglio. Tutto qua. - ne susseguirono attimi di totale silenzio. 
  • Sai cosa credo invece? Che Tu ci speri più di lei mamma.... ti senti in colpa per ciò che è successo e adesso speri in un miracolo. Posso capirlo, davvero... anche io desidererei che fosse possibile,  ma guarda in faccia la realtà! Emma non sarà più  tua allieva in quel senso purtroppo e prima lo accetterai tu prima lei riuscita ad accettarlo a sua volta. Ora vado, se non sbaglio oggi ha lezione. - lo vidi incamminarsi verso la porta e tentati di nascondermi per far sì che non mi vedesse. Prima che potesse raggiungere il corridoio Regina lo fermò di nuovo. 
  • È un bene per te che la tua fidanzata non sia più in squadra... se fosse ancora un atleta professionista sotto la mia tutela dubito che stareste ancora insieme. Avrei già trovato il pretesto per farvi lasciare.
  • E quale sarebbe stato il pretesto  di grazia? 
  • Semplice: tu non tieni al suo successo! 
  • Ma davvero? Rispondi sinceramente allora... sono io che non tengo al suo successo o tu che non tieni alla sua salute? 
  • Non ti permetto di...
  • Lascia stare, non mi servono le tue risposte già pronte, ho sentito anche fin troppo guarda... ora vado via seriamente, non voglio che mi veda qui. 
  • Paura???? 
  • No, ma non voglio farla rattristare ulteriormente facendole sapere che ho discusso nuovamente con te! Si sentirebbe responsabile e non voglio che questa accada. Ciao mamma.... - e senza guardarsi alle spalle stavolta uscì per davvero. Aspettai che si allontanasse, che fosse lontano dalla mia vista e facendo finta di nulla provai ad entrare. Regina lesse il mio sguardo e in men che non si dica capi tutto.
  • Ci hai sentito immagino! - annuii senza far finta di non sapere di cosa parlasse. - beh... non preoccuparti, sono solo divergenze di opinioni, staremo bene credimi. - annuii ancora. - vuoi che spieghi anche a te il motivo per cui ti ho chiesto di....
  • Ho ascoltato tutto non c’è bisogno che tu ti ripeta. Ti ringrazio per aver pensato che potesse aiutarmi a sbloccarmi, ti ringrazio davvero e mi scuso se ho avuto una brutta reazione ma come ti ha detto anche Killian purtroppo non ha funzionato. 
  • Mi dispiace se sei stata male... era l’ultima cosa che volevo. 
  •  Non sono in collera con te credimi ma ti prego di rispettare il mio dolore e di non prendere più queste decisioni in futuro. 
  • Hai l mia parola!
  • Bene... per quanto riguarda zelina invece... non ho intenzione di perdonarla per il momento e non credo riuscirò mai a farlo. Forse penserai che sono invidiosa, Gelosa... probabile, anzi no... togliamo il probabile: Si, è vero.... lo sono, ma non è solo per questo che ce l’ho con lei. Mi ha mentito... mi ha taciuto questa cosa facendo finta di non sapere cosa stesse succedendo realmente. Era mia amica, sapeva bene quanto tenessi a raggiungere quell’obiettivo.... avrebbe dovuto dirmelo e basta. Forse mi  sarei arrabbiata all’inizio ma poi, in seguito, sarei stata felice per lei. Non l’ha fatto però, mi ha tradita e io non ho più intenzione di avere niente a che fare con lei. 
  • Quindi non ti interessa sapere neanche come sono andate le cose per lei in gara suppongo... 
  • Ho letto i giornali in questi giorni e purtroppo mi sono imbattuta in un articolo che parlava di lei. - a detta delle testate giornalistiche la mia ex amica non aveva fatto per nulla un’ottima figura, se non erro si era classificata oltre il dodicesimo posto, cosa mai successa nella nostra federazione.  - non sto gongolando o cose simili ma posso dire di non essere rimasta sorpresa. Mi dispiace piu che alto per te Regina, per l’impegno che hai messo e per non aver ottenuto i risultati sperati, ma per lei propio no. - la vidi suo punto di replicare ma non lo fece. Si limito ad annuire consapevole di non poter dire nient’altro. Sarebbe stato del tutto inutile.
  • Vogliamo iniziare con l’allenamento che ne dici? - mi propose cambiando totalmente argomento 
  • Non vedo l’ora. 

Come mi aveva promesso cambiammo del tutto approccio, mi aiutò passo passo a riprendere confidenza con determinate acrobazie e quando vedeva che non ero pronta a “rischiare”, per paura di farmi male, mi faceva scendere dall’attrezzo in questione e come eravamo solite fare anni addietro provavamo a ripetere l’esercizio in tutta sicurezza su materassini rialzati.

Era un enorme passo indietro quello ne ero ampiamente consapevole, non utilizzavo strutture di sostegno come minimo da quattro anni, ma si rivelò importante per la mia salute mentale e grazie a questo nuovo metodo e alle parole dello psicologo a cui avevo deciso di dare una  Possibilità in meno di due mesi riuscii a padroneggiare quasi perfettamente tre dei quattro attrezzi ginnici. 

Anche a livello di accettazione della realtà feci molti progressi e a mio malgrado dovetti ammettere che Killian e i miei genitori avevano avuto ragione fin dall’inizio a consigliarmi di farmi aiutare. Le sedute fatte con questo ragazzo furono del tutto differenti da quelle fatte con lo psicologo assegnatomi durante la mia convalescenza. Con quest’ultimo mi sentivo constantemente sotto esame giudicata, costretta a parlare solo e soltanto del mio problema  mentre con simon, l’amico di Killian, mi sembrò tutto diverso. Durante la prima seduta parlò quasi solo ed esclusivamente lui. Si presentò, mi raccontò dei suoi studi, delle giornate passate con Killian a lavoro e solo verso l’ultima  parte dell’ora a disposizione mi chiese se avevo voglia di parlargli di me, concentrandosi più che altro sul mio rapporto con Killian, con i miei genitori e la scuola che avevo deciso di frequentare. Una chiacchierata tra amici insomma. Uscita da lì pensai che non avesse capito nulla del mio reale problema ma decisi di dargli comunque una possibilità e mi resi conto molto presto di aver fatto bene: più le sedute andavano  avanti più senza rendermene conto riuscii a parlargli di tutto ciò che mi turbava nonostante lui non me lo chiedesse. Ero arrivata a considerarlo una sottospecie di amico, visto anche la sua giovane età, e questo si rivelò di fondamentale importanza per il nostro percorso. Killian agli inizi si rivelò  un pochino geloso, mi vedeva uscire dallo studio sempre con il sorriso, ma poi capii che mi sentivo semplicemente meglio e fu anche più felice di me. Restava solo un piccolo problema da affrontare ancora: le parallele e il trauma vissuto cadendo da esse. Sapevo che prima o poi sia in terapia che in palestra avrei dovuto affrontare il problema ma non credevo così presto. Senza rendemene conto il fatitico giorno arrivo e io ero completamente impreparata. Avevano svolto la mia solita routine di riscaldamento e tutta una serie estenuante di esercizi quando Regina, con un sorriso angelico che mai dimenticherò mi chiese:

  • mancano venti minuti ancora, te la senti di provare un nuovo esercizio o sei stanca? - nuovo esercizio non significava di certo “parallele” o “nuovo attrezzo”, credevo che avesse in mente una sequenza nuova alla trave o al corpo libero da provare così senza esitazione gli dissi di sì. - molto bene allora: metti la magniesia, i paracalli e sali sulla parallela più bassa. - quando mi resi conto di ciò che mi aveva chiesto sbiancai di colpo ma cercai di non darlo a vedere e come se fosse la cosa più normale di questo mondo mi avvicinai all’attrezzo che più mi faceva paura. “Non ricordavo che fosse così alta” mi ritrovai a pensare mentre dal basso guardavo quella grande struttura situata davanti a me. Non avevo mai avuto problemi con l’altezza anzi... mi piaceva starmene in alto a volteggiare e a provare salti di ogni genere eppure in quel momento  mi tremavano le gambe al solo pensiero che da lì a poco avrei provato a salire nuovamente li sopra. A differenza di quando si è in gara le parallele sono sistemare al di sopra di una piscinetta piena di cibi di spugna chiamata “para cadute” che come dice anche il nome serve per tutelare il ginnasta in caso di caduta ma nonostante ciò la paura di mettere mano a quellaltrezzo mi terrorizza al tal punto da paralizzarmi sul posto. E pensare che è sempre stato il mio attrezzo preferito. - sei pronta???? - mi spronò Regina vedendomi imbambolata a fissare l’attrezzatura.
  • Emh... si! Un secondo. - risposi correndo a mettere i paracalli e la magnesia. Con la magnesia orami avevo preso una certa congidenza, la usavo sia per il trampolino che per la trave in modo da non scivolare ma per quanto riguarda i paracalli... beh... non li mettevo da quel fatitico giorno e la sensazione fu assai  strana. Una volta infilati immersi le mani nella magnesia più e più volte onde evitare brutte sorprese. Di sicuro come prima volta Regina non mi avrebbe chiesto salti mortali ma era meglio non rischiare. 
  • Bene... se sei pronta sali e prova a fare una decina di oscillazioni. - le oscillazioni sono la cosa più elementare di questo elemento, se non riesci a sostenere il tuo peso sulle braccia e oscillare avanti e indietro allora non sei pronto a fare altro. Per me che sono stata una ginnasta di serie A non ci sarebbero dovuti essere problemi ad eseguire quell’esercizio eppure non appena impugnai le parallele un brivido di terrore mi percorse la schiena tanto che non riuscii neanche a staccare i piedi dalla pedana per iniziare. Presi a respirare velocemente... troppo velocemente tanto che Regina corse subito in mio soccorso.
  • Siediti un secondo e respira piano... piano Emma! - ci provai - più  piano ancora... ecco brava così! - stavo per avere un attacco di panico ma fortunatamente Regina riuscì ad evitarlo per tempo. - basta così per oggi. Se te la senti ci penseremo dopodomani  ok? - annuii delusa da me stessa - Emma non preoccuparti, è tutto nella norma. 

Tornai a casa arrabbiata, demotivata, sconfitta... non essere riuscita neanche ad impugnare quelle maledette parallele mi mandava in bestia ma allo stesso tempo mi faceva sentire una nullità. Avrei tanto voluto piangere o sfogarmi con qualcuno quella sera tanto era il mio sconforto ma non lo feci... sapevo che facendolo si sarebbero preoccupati ulteriormente per me e per la mia situazione  e la cosa non mi piaceva affatto. Per quanto fosse difficile decisi di provare a far finta di nulla  sperando vivamente che il secondo approccio con il mio attuale problema fosse decisamente meno fallimentare del primo. Attesi il giorno dell’allenamento con impazienza ma quando finalmente arrivò non sapevo se essere felice o spaventata a morte. Per tutta la mattinata a scuola  non feci altro che pensare al pomeriggio che mi attendeva e per un paio di volte venni anche ripresa dai miei insegnanti per il fatto di avere la testa tra le nuvole. Quando finalmente la campanella suonò annunciando la fine delle lezioni corsi per le scale fino a raggiungere i cancelli della scuola, avevo fretta di prendere la metro e recarmi in palestra. 

  • ciao amore mio! Andata bene a scuola? - Con mia grande sorpresa trovai Killian appoggiato al muretto proprio davanti il cancello d’ingresso. 
  • Amore ciao... - risposi dopo averlo salutato con un bacio sorpresa e felice allo stesso tempo di vederlo. - cosa ci fai qui? Non avevamo appuntamento....
  • Vero, ma un fidanzato non può portare la sua donna a pranzo fuori di tanto in tanto? Avanti vieni, ti porto in un posto che di sicuro ti piacerà. 
  • Killian mi piacerebbe davvero mah.... ho lezione con Regina e se non prendo la metro adesso non riuscirò a beccare la coincidenza con l’autobus e di conseguenza non arriverò mai per tempo. Sai che Regina è pignola... se faccio tardi....
  • Pranziamo insieme e ti accompagno io, con la macchina ci mettiamo di sicuro meno tempo e sarai super puntuale. Con la scuola mi siederò in un angoletto e mi godrò i tuoi allenamenti. - lo guardai poco convinta. - che c’è? Non ti va di passare un po’ di tempo in mia compagnia o non vuoi che assista ai tuoi allenamenti? - chiese non capendo il mio sguardo. 
  • Niente di tutto questo anzi... mi fa piacere che sei qui solo che.... non devi lavorare? - come facevo a dirgli che non era affatto una buona idea accompagnarmi e assistere alla lezione? Regina non ha mai voluto intrusi in sala per suo figlio non avrebbe di certo fatto eccezione visto i trascorsi 
  • Oggi no! Andiamo forza, sali in macchina. - feci come mi chiese e andammo a pranzare in un ristorantino poco distante dalla palestra in modo tale che anche se avessimo ritardato qualche minuto sulla tabella di marcia saremmo comunque arrivati puntuali a lezione. Killian ordinò di tutto ma io riuscii a mangiare poco e niente visto l’ansia che avevo in corpo. Misi la scusa che non ero solita mangiare molto prima di un allenamento, cosa tutto sommato vera, ma la verità è che me la stavo facendo sotto dalla paura. Terminato di mangiare pagò il conto e a piedi, né approfittammo per fare una passeggiata, ci recammo in palestra. 
  • Sicuro sicuro che voii provare a chiedere a tua madre di farti assistere agli allenamenti? La conosci meglio di me, non gli piace avere pubblico mentre detta ordini.
  • Sono suo figlio, non avrà problemi vedrai!
  • Dopo la discussione che avete avuto l’alto giorno sinceramente ho i miei dubbi. - mi resi conto troppo tardi di aver parlato a sproposito. Killian non sapeva nulla che avessi ascoltato la loro discussione. Avevo preferito non dirglielo.
  • Cosa??? Tu lo sai? Tze... non posso crederci... alla fine te l’ha detto???? - maledetta me e quando non mi faccio i fatti miei. - mi ero tanto raccomandato di non dirti nulla e lei cosa fa? Corre da te a fare l’esatto opposto non appena volto le spalle? Non ho parole guarda. 
  • No Killian non è come pensi. Non mi ha detto nulla Regina.... 
  • ah no? E chi te l’ha detto allora? C’eravamo solo io e lei in stanza. 
  • Non è proprio del tutto vero questo. C’ero anch’io, non in stanza... in corridoio e ho origliato la vostra conversazione.... lo so lo so... è sbagliato e non ne vado fiera ma credimi se ti dico che mi ci sono imbattuta per caso.  -scrollai le spalle. - ero arrivata prima per potermi scaldare con calma e vi ho sentiti. 
  • Perché non me ne hai parlato? - chiese in toni gentili - perché non mi hai detto che lo sapevi. 
  • a cosa sarebbe servito? A nulla! - gli baciai una guancia. - andiamo adesso o facciamo tardi.
  • Aspetta un attimo - mi afferrò per un braccio. - lo sai che tu non hai nessuna colpa se abbiamo avuto quella discussione vero??? Tu non.... - lo zittii con un bacio. 
  • Va tutto bene Killian, ora andiamo. 

Lo trascinai in sala con me, Regina era già li ad aspettarmi da qualche minuto ma non si scompose minimamente quando vide Killian entrare a mio seguito. Lo salutò sorridendogli e lui ricambio allo stesso modo. 

  • avete fatto pace voi due? - chiesi incuriosita: avrei scommesso che non si sarebbero neanche guardati in faccia. 
  • Hai tre minuti di ritardo signorina perché piuttosto che fare domande non inizi a scaldarti un po’? Lasciati la tuta e inizia a corre. - obbedii ma mentre facevo i miei giri di campo e a seguire delle sequenze di riscaldamento per braccia e gambe lanciai qualche occhiata verso di loro per capirci qualcosa di più. Stavano chiacchierando tra di loro in maniera fitta fitta e non sembravano minimamente prestarmi attenzione. Non che mi dispiacesse ma era strano, molto strano, sopratutto per Regina. Continuai a scaldarmi come meglio poteii anche dopo aver finito le mie sequenze fino a quando Regina non mi disse si andare in spogliatoio a cambiarmi e a mettermi il body per poter iniziare. Mi allontanai giusto due minuti, il tempo di togliere la tuta, ma quando tornai in sala non trovai più Killian. Lo sapevo... aveva aspettato che mi allontanassi per mandarlo via. 
  • allora Emma... sei pronta? - mi disse non accennando minimamente all’improvvisa assenza di suo figlio. 
  • La verità? No! - risposi anch’io facendo finta di nulla. 
  • E se ti dicessi che penso di aver trovato un modo per aiutarti ad avere più sicurezza durante l’esercizio?
  • Direi che sarebbe grandioso ma non ci sperare tanto nella riuscita: credo di essere totalmente pietrificata dalla paura che servirà un miracolo per sbloccarmi. 
  • Vedremo! Ora vatti a preparare per eseguire lo stesso esercizio della volta scorsa: dieci oscillazioni dalla parallela più bassa. 
  • Ho già i paracalli e ho messo già  la magnesia - gli mostrai le mani. - sono pronta. 
  • Molto bene allora, vai direttamente alle parallele. - feci un respiro profondo e mi incamminai fingendo sicurezza. Quando arrivai in postazione trovai con mio grande stupore una sorpresa ad attendermi. Sopra la pedana d’assistenza c’era niente di meno che il mio uomo. 
  • Killian! Co.. cosa...
  • Cosa ci faccio qui sopra? Sono appena stato promosso ad assistenze. - lo guardai non capendo per poi guardare Regina. 
  • Ho pensato che forse, con lui che ti fa assistenza, potessi sentirti più tranquilla.  Gli ho già spiegato tutto, sa perfettamente come muoversi e come fare per non farti cadere. Vuoi tentare? - non risposi, non sapevo cosa dire in realtà, ma mi misi subito in postazione. Posai entrambe le mani sulle parallela e chiudendo gli occhi saltai andandomi ad appendere ad esse. 
  • Bene Killian: una mano sull’addome e una dietro la schiena. Appena si sente pronta Accompagnala nelle oscillazioni e se senti che sta cedendo aiutala a restare su. - non credevo che avrebbe funzionato sul serio e invece dovetti ricredermi perché senza il minimo sforzo, accompagnata dalle forti braccia del mio uomo, riuscii ad eseguire l’esercizio al primo tentativo senza lasciare la presa. - molto bene... adesso Emma, quattro oscillazioni dopodiche epurazione e verticale ok? Non pensare a niente, fallo e basta: se perdi l’equilibrio c’è Killian che ti tiene. - “fallo e basta” più facile a farsi che a dirsi. Un conto erano le oscillazioni, un conto era rimanere a testa in giù in equilibrio. Avevo le mani che mi tremavano e il cuore che tamburellava senza controllo ma ci provai ugualmente. Non riuscii ad eseguire la sequenza  al primo colpo come l’esercizio precedente ma provando e riprovando riuscii quantomeno ad ottenere una verticale più o meno decente. 

Continuai ad allenarmi per tutta la lezione solo su quei due esercizi fino ad arrivare a farli completamente da sola, senza alcuna assistenza. Il metodo di Regina a quando pare aveva funzionato alla grande, Killian come assistente era stato a dir poco fantastico. Mi sentivo sicura con lui al mio fianco e anche se provavo a fare l’esercizio senza il suo aiuto sapevo che in caso di necessità Lui sarebbe intervenuto per tempo. 

La sua presenza ai miei allenamenti iniziò ad essere sempre più frequente e contro ogni mia aspettativa già  dopo un paio di mesi iniziai a riacquistare anche un po’ della mia sicurezza. A lungo andare  salire sulle parallele e volteggiare qua e là non era più  un problema ma c’era ancora un ostacolo da superare: il famoso salto che mi aveva sconfitta. Nella mia mente non c’era proprio il desiderio di voler tentare ancora una volta l’esercizio che mi aveva stroncato la carriera e sinceramente credevo che anche per Regina fosse lo stesso. Purtroppo però sbagliavo. Un giorno, dopo aver ripetuto tutti gli esercizi su cui stavamo lavorando,  mi chiese se ero pronta a dare la svolta definitiva alla mia situazione di stallo. Non capivo cosa volesse dire con quelle parole ma quando mi spiego a cosa si riferiva per poco non ebbi un attacco di cuore.

  • cosa???? Vorresti che io... NO!!!! No, no e ancora no! Scordarmelo Regina! Non se ne parla! - dissi con convinzione. Era forze impazzita? 
  • Andiamo Emma non fare così! Hai fatto passi da gigante fino ad ora non vorrai mica fermarti ad un passo traguardo finale.   
  • Non puoi parlare sul serio. Chiedimi tutto quello che vuoi Regina, tutto ma non questo! Non mi sono uccisa per miracolo l’ultima volta, non sfiderò ancora la sorte. 
  • È un ragionamento che non sta né in cielo né in terra e tu lo sai bene! Quante volte nella tua vita hai sbagliato un esercizio? In prova intendo.
  • Moltissime mah...
  • Ti sei mai fatta male? Sempre in prova dico. 
  • No mai! 
  • Hai una vaga idea del perché? - sapevo già dove voleva andare a parare - allora??? Vuoi rispondermi? 
  • Perché ci sono tutte le precauzioni del caso! 
  • Esatto, c’è il materassino, la buca para Cadute, la rete, il tappeto elastico e chi più ne ha ne metta. È assolutamente impossibile farsi male.
  • Forse mah...non ce la faccio! Non me la sento e tu non puoi costringermi.
  • Ma perché Emma! Perché non vuoi tentare. Ci siamo noi con te, non succederà nulla! 
  • Ma cosa  te ne viene in tasca è? Cioè... non devo più fare gare, non mi serve più preparare elementi difficili per ottenere un maggiore punteggio...  che io ci provino no a te non cambia nulla! 
  • voglio semplicemente che tu superi le tue paure. Andiamo che ti costa... una volta! Una sola volta. 
  • No! 
  • Per favore! 
  • HO DETTO DI NO!!!!! - e con le lacrime agli occhi corsi a rifugiarmi in camerino. Non ricordo esattamente per quanto temo me ne rimasi in disparte a singhiozzare, so solo che quando uscii per tornarmene a casa trovai davanti la porta d’ingresso, ad aspettarmi, sia  Killian che Regina. 
  • Ho esagerato ad insistere me ne rendo conto solamente adesso ma credo seriamente a quello che ti ho detto poco fa. È importante che tu superi le tue paure Emma, a prescindere da tutto, gare o non gare. - mi disse guardandomi dritta negli occhi - Detto questo però hai ragione tu! Non posso costringerti a fare qualcosa che non vuoi.  Hai la mia parola Emma.... non succederà più!  non mi permetterò mai più di chiederti una cosa del genere. Sarai tu, quando vorrai provare, semmai vorrai farlo, a venire da me e chiedermi aiuto. - prese un respiro - Ho capito che io posso solo indirizzarti la via per stare meglio, nulla di più! Il passo spetta a te!  - Mi colpirono molto le sue parole ma mi colpì di più la sua espressione affranta sul volto. Avrei voluto dirle qualcosa per consolarla, lei aveva insistito è vero ma io le avevo risposto malissimo,  ma non ci riuscii: rimasi li, ferma come una statua, a guardarla andare via.

Durante il tragitto in macchina chiacchierai un po’ con Killian di quanto successo e anche lui si rivelò d’accordo con Regina. “Hai fatto trenta... perché non provi a fare trentuno?” 

Loro avevano ragione, lo sapevo bene, ma un conto è dare fiato alla bocca e parlare, l’altro è agire. Siamo tutti bravi a razionalizzare i problemi degli altri ma quando si tratta dei nostri problemi facciamo tutti schifo. Se non me la sentivo non me la sentivo... punto! Dovevano accettare la cosa e farsene una ragione. 

Tornai a casa stravolta quella sera ma cercai modo e maniera di fingere davanti ai miei genitori che andasse tutto bene o avrei passato come minimo un’altra ora a sentirmi giudicata. Dissi loro che avevo semplicemente un gran mal di testa, cosa non del tutto falsa e chiesi il permesso di poter cenare in camera mia. Fortunatamente la mia faccia parlava da sola per cui non di difficile ottenere il loro consenso. Cenai a letto e non appena ebbi finito mi misi sotto le coperte e chiusi gli occhi nella speranza di prendere subito sonno. Macchè... alle tre del mattino ero ancora con gli occhi spalancati in preda ai miei pensieri. Se non avessi trovato a breve una soluzione sarei di sicuro  impazzita ma fortunatamente qualcosa mi baleno alla mente e senza pensarci due volte presi il telefono e scrissi un sms alla persona che più di tutte mi avrebbe capita in quel momento. 

 

“ non credo di poter resistere fino alla prossima settimana. Mi serve un appuntamento subito... il prima possibile. So di chiederti troppo ma ne ho davvero bisogno.” 

 

Ebbene sì... scrissi prorpio a lui, il mio psicologo. Incredibile vero? Stento a crederci persino io ma ero troppo fuori di me quella sera per non farlo. Naturalmente avendogli scritto in piena notte non mi aspettavo di certo che rispondesse subito ma mi stupì e dopo neanche cinque minuti ecco arrivare la sua risposta.

 

“Domani alle 14:00 potrebbe andare?!?! So che è un orario scomodo ma purtroppo è l’unico buco che ho” 

 

Naturalmente, come immaginerete, alle  due del giorno seguente mi presentai in studio e senza tanti giri di parole mi ritrovai a spiegargli tutto ciò che era successo il giorno prima per filo e per segno confidandogli anche i miei sentimenti e pensieri al riguardo. Mi fece parlare e sfogare per tutto il tempo che ne ebbi bisogno e solo quello mi aiutò a sentirmi meglio. Decise che era arrivato il momento di vederci più spesso e non chiedetemi come ma anche questa volta trovò il modo di razionalizzare le mie paure tanto che un pomeriggio mentre ero in palestra andai da Regina, che stava parlando con Killian, e gli dissi di essere finalmente pronta a tentare il tutto per tutto. 

  • dici sul serio??? - mi guardò come se fossi improvvisamente impazzita.
  • Se mi ci fai penare ancora un po’ potrei cambiare idea quindi... - si alzò in piedi con un balzo, fece cenno a Killian di seguirla  e corse in direzione delle padelle. Gli spiegò in breve cosa avrebbe dovuto fare dopodiche mi chiese di salire sulla parallela più alta. 
  • Non c’è bisogno che ti dica come procedere, tu sai già. Quello che ti chiedo è di non staccare il contatto visivo dallo staggio. Avanti! Io so che  puoi farcela. - annui dopodiche  mi misi in posizione, presi un respiro e mi lanciai nella mia folle avventura suicida. Volteggiai un paio di volte per prendere la velocità necessaria  dopodiche provai a staccare le mani e provare a fare la mia piccola acrobazia. Non appena mi sentii in aria ancorata praticamente al nulla persi completamente il controllo del mio corpo tanto che i tentativi di Killian di riprendermi al volo furono praticamente nulli. Cademmo entrambi dentro la buca con i cubi di spugna. 
  • Stai bene???? - mi chiese preoccupato e io annuii anche se bianca come un cencio. - forse è meglio aspettare ancora un po’ non credi? 
  • No! Riproviamo subito! - uscii dalla buca in preda ad un raptus di coraggio improvviso  e mi arrampicai nuovamente per raggiungere la parallela. Fallii tutti i tentativi di quella sera e anche quelli di tutta la settimana successiva, ma non mi arresi. No! Provai e riprovai ancora fin quando, non so neanche io come, riuscii nell’interno. Nel momento esatto in cui dopo la mia acrobazia le mie mani tornarono ad ancorare saldamente lo staggio permettendomi di eseguire altri volteggi un urlo di gioia da parte di Regina e di Killian si alzò in aria tanto da far correre  in sala anche il proprietario della palestra. Io a differenza loro mi limitai a piangere dalla gioia.
  • Emma c’è l’hai fatta! Ci sei riuscita! - mi disse Regina correndo ad abbracciarmi. 
  • Sono orgoglioso di te amore mio! Hai vinto... hai vinto tu! - continuó Killian per poi baciarmi. 

Li abbracciai entrambi continuando a piangere come una bambina. Ero felice, felice come forse non lo ero mai stata in tutta la mia vita. Eseguire gli elementi per me era sempre stato un gioco da ragazzi mai uno ostacolo, una difficoltà. Fino al giorno dell’incidente non avevo la minima idea di cosa significasse sforzarsi ancora e ancora per raggiungere la perfezione ma ora iniziavo a capire e devo dire che la cosa  non mi dispiaceva affatto.

Finalmente ero arrivata alla fine del tunnel, avevo trovato la luce che mi avrebbe condotta fuori e potevo finalmente considerarmi guarita.

  
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