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Autore: Dalybook04    07/04/2021    1 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Tema di italiano. Descrivi la tua famiglia in meno di 800 parole.

La mia famiglia è davvero strana, sapete?
Intanto ho due papà e nessuna mamma. Potrà sembrare la cosa più strana, invece è la più normale tra tutto il resto.
Papà Lovino fa il prof, insegna italiano e latino e a volte anche filosofia a quelli più grandi. Ma ha iniziato da poco, prima lavorava in una biblioteca, quindi è solo un supplente per ora, perché ha dovuto laurearsi e tutto il resto. Ha anche scritto un libro che ha avuto tanto successo, forse l'avete letto, e ora ne sta scrivendo un altro. A prima vista può sembrare quello più antipatico, ma è una cosa stupida, perché in realtà è il più dolce, mi spiega sempre tante cose e mi riempe sempre di bacini e di libri bellissimi.
Papà Antonio fa il dottore, aiuta le persone che stanno male a guarire. È sempre sorridente e spesso fa regali a me e a papà senza motivo, perché dice che gli piace vederci felici. Prima faceva il dottore normale, poi ha preso una specializazzione e ora fa il chirurgo, però non parla spesso del suo lavoro (papà Lovino si impressiona). I miei papà si amano tantissimissimo, sperò di trovare un amore come il loro un giorno.
Ho un fratellino di nome Cesare. In realtà è il nostro gatto, ma per me è come un fratello. Litiga spesso con papà Antonio perché sono gelosi di papà Lovino, sono buffi.
Poi c'è nonno Roma. Non si chiama veramente così, si chiama Romolo, però papà Lovino da piccolo lo chiamava così ed è rimasto come soprannome. In realtà Romolo è il mio bisnonno, però lo chiamo nonno per far prima. Ha cresciuto lui papà e zio Feli, perché la loro mamma era morta e il loro papà non c'era. È sempre affettuoso con me e mi insegna sempre tante cose sull'antica Roma.
Zio Feli è il fratello più piccolo di papà Lovino e fa l'artista. I suoi quadri hanno un sacco di successo, ora è in viaggio per delle esposizioni. Zio Feli è sempre allegro e mi riempe di caramelle, per Navidad mi ha regalato un set di matite bellissimo! È fidanzato con zio Ludwig, che invece è sempre serio ma in fondo è buono come il pane e mi aiuta sempre in matematica quando glielo chiedo. Il fratello di zio Ludwig è zio Gilbert, che è un casinista ma è tanto simpatico e mi quando ero piccola mi dava i dolcetti di nascosto quando i papà non guardavano. Zio Gilbert e zio Francis non sono i miei veri zii, sono i migliori amici di papà Antonio, però è come se fossero degli zii. Zio Gilbert sta è fidanzato con zia Eliza, che è superforte. Ha una palestra dove insegna a combattere e tutte quelle cose fighissime e mi dà lezioni gratis quando voglio! A papà Lovino però non piace che faccia quelle cose, perché dice che mi faccio male. Zio Francis invece è uno stilista, ogni tanto mi regala dei vestiti stupendi fatti da lui. È fidanzato con zio Arthur (anche se a papa non piace che lo chiami zio) e litigano sempre, ma si amano quasi quanto si amano i miei papà (loro si amano più di tutti!)
Poi ci sono zio João e nonna Isabella, il fratello e la mamma di papà Antonio.
Zio João è sempre tranquillo, non sembra vero che sia il gemello di papà. Però lo vedo poco, perché viaggia tanto per lavoro, ma quando torna mi porta sempre dei regali strani dai posti che visita ed è super interessante.
Invece nonna Isabella la vedo spesso, quando entrambi i papà devono lavorare mi lasciano da lei o da nonno Romolo, e lei mi cucina sempre tante cose buone (anche se papà Lovino rimane il migliore a cucinare).
Due giorni fa abbiamo rivisto il video del matrimonio di papà e papà, dove ho conosciuto nonna Isabella per la prima volta. Non so perché, ma mi sono commossa. I papà quindi mi hanno abbracciata e poi papà Lovino mi ha fatto la cioccolata. I miei papà mi abbracciano sempre, papà Lovino dice sempre che l'unica differenza tra papà Antonio e un polpo è che il polpo ha otto tentacoli ed è più carino, ma in fondo anche lui è molto coccolone.
So di essere fortunata, ho due papà fantastici che mi vogliono un mondo di bene e mi abbracciano sempre se ne ho bisogno e sono sempre lì per me, e ho una famiglia grande che mi riempe di coccole e giocattoli. Proprio non capisco perché sia considerata una famiglia strana, ci vogliamo bene e basta, cosa c'è di strano?

Mia uscì da scuola con lo zaino in spalla, chiaccherando con una sua compagna di classe. Quella le strinse la mano.
-stai bene? Mi sembri triste.
-no, è solo che è il mio compleanno e papa è a lavoro fino a tardi...
-oh... se vuoi puoi venire da me. Chiedo a mia madre.
Mia sorrise e le stampò un bacio sulla guancia -certo! Dopo chiedo a papà- le stampò un altro bacio -grazi... papa!- vide Antonio aspettarla fuori dal cortile e salutarla con la mano. Si girò verso l'amica -ti chiamo dopo, va bene?
-certo- con le guance rosse la baciò sulla guancia -ecco... tanti auguri Mia.
Mia si sentì avvampare -uhm... grazie...- arretrò e si girò per correre dal padre, fiondandosi tra le sue braccia spalancate -papa! Pensavo fossi a lavoro!
-ho preso un permesso, niña- la strinse forte, facendola ridere -mica tutti i giorni la mia bambina compie undici anni. Non potevo perdermi una giornata così importante, no?
Mia lo baciò sulla guancia -grazie papa!- si guardò intorno -e papà? Dov'è?
-a casa- le fece l'occhiolino -qualcuno doveva pur pensare al pranzo, no?
Mia si illuminò -lasagne e pizza?
-non dovrei dirti nulla ma...
-sì!- salì in macchina, dietro perché non era ancora abbastanza alta per stare davanti, e tirò fuori dallo zaino un pacchettino con attaccato un biglietto a forma di cuore. Antonio la osservò dal finestrino e inarcò un sopracciglio, mettendo in moto -e quello chi te l'ha dato.
-una mia amica- mormorò, nascondendo il pacchetto nella tasca della giacca.
-quella di prima?- la bambina annuì -oooh. È la tua ragazza?
Mia arrossì fino alla punta delle orecchie -no!
-sicura? Mi sembravate molto...
-siamo solo amiche!
-lo diceva anche Lovino, e ora...
-concentrati a guidare- brontolò Mia, nascondendo il viso rosso dietro la cartella. Antonio abbozzò un sorriso, tutta suo padre.
Arrivati a casa, Mia scese dalla macchina non appena quella si fu fermata e corse dentro, aprendo la porta con le sue chiavi e sentendo il profumo del ragù invaderle le narici. Corse in cucina.
-eccola la mia bambina- Lovino venne investito dall'abbraccio di un tornado e rise, ricambiando la stretta -tanti auguri tesoro.
-grazie papà!
-e io non esisto?
-zio Feli!- Mia corse ad abbracciare anche lui -pensavo fossi ancora in giro!
-sono tornato ieri- le spettinò i capelli -non potevo perdermi il compleanno della mia nipotina preferita.
-c'è anche zio Ludwig?
-è ancora a lavoro, dovrebbe arrivare tra poco.
Lovino roteò gli occhi, ormai s'era rassegnato a "zio" Ludwig. Si sentì abbracciare da dietro e abbozzò un sorriso, il bastardo era sempre il solito. Sentì un bacio sulla guancia -hola.
-ciao- si lasciò baciare. Fece per dire qualcosa, ma suonarono al campanello. Sbuffò -così puntuale è di sicuro uno dei due crucchi.
-magari è Francis- suggerì Feliciano, mentre Mia andava ad aprire.
-hai mai visto Francis arrivare puntuale?
Feliciano non rispose. Mia posò lo zaino per terra e uscì dalla cucina, andando ad aprire la porta.
-controlla chi è- le ricordò Lovino -e dopo porta lo zaino in camera tua!
-sì sì- Antonio approfittò dell'assenza della figlia per far girare Lovino e baciarlo contro il mobile della cucina, schiudendogli le labbra senza troppi complimenti. Sentì Feliciano ridacchiare alle sue spalle, ma non ci diede peso, non quando aveva una mano di Lovino tra i capelli e Lovino stesso tra le braccia. Fu però lui a interrompere quella breve distrazione, posandogli una mano sulla bocca.
-dopo- promise. Antonio annuì, baciandogli il palmo.
Un'incintissima Eliza sbucò dalla porta -interrompo qualcosa?
-Eliza!- Feliciano corse ad abbracciarla, stando attento alla pancia -ma dai, me ne vado qualche mese e metti su così tanto peso?- scherzò, ma la donna lo ammonì con lo sguardo.
-non me ne parlare guarda. Questi due sono come il padre: non riescono a stare fermi un attimo.
-due?!- Feliciano sgranò gli occhi -sono gemelli?
-a quanto pare- indicò Antonio con un cenno del mento -è lui il dottore che mi sta seguendo. Dev'essere la maledizione dei Carriedo.
Gilbert sbucò dal corridoio -liebe, vieni a sederti.
Eliza alzò gli occhi al cielo -sono incinta, Gilbert, non ho perso le gambe.
-non devi affaticarti...
-stare in piedi non è una gran fatica.
-ma...
L'occhiata perentoria della sua dolce metà zittì l'albino meglio di qualsiasi altra cosa. Eliza sorrise e gli stampò un bacio -bravo. Così ti voglio.
Gilbert brontolò qualcosa -almeno dammi la giacca. Te la metto a posto io.
Quella sbuffò e lo lasciò fare -rompicoglioni.
-ti amo anch'io- le stampò un bacio sulla guancia e tornò in ingresso. Eliza sbuffò di nuovo.
-è da quando gli ho detto che ero incinta che mi tratta come se fossi di porcellana- brontolò -se non fosse il padre dei miei figli lo avrei già fatto fuori mentre dormiva.
-Mia dov'è?- intervenne Lovino, scrutando l'ingresso dalla porta aperta alla ricerca della figlia.
-ha detto che doveva chiamare non so che sua amica ed è corsa via.
Antonio schioccò le dita -quelle due si metteranno insieme, lo so.
-ma va? Sono settimane che flirtano.
-e non mi hai detto nulla?
Lovino roteò gli occhi -sei un bastardo geloso- lo allontanò da sé, ignorando le sue proteste -ora fuori dai coglioni, devo finire di cucinare.
-hai mica del gelato?- intervenne Eliza.
-del... gelato? Ma è dicembre.
-e io sono incinta. Si chiamano voglie.
-ieri notte sono dovuto andare a prenderle del sushi- intervenne Gilbert.
-è colpa tua se sono così- ringhiò Eliza -mi pare il minimo.
Gilbert la abbracciò da dietro, allacciando le mani sul pancione. La baciò sulla guancia -hai ragione amore. L'ho fatto volentieri.
Eliza sospirò, appoggiandosi a lui.
-odio gli sbalzi d'umore- si lamentò -sono troppo sensibile, mi arrabbio di continuo e cambio idea ogni cinque minuti- stampò un bacio al compagno -non so come tu faccia a sopportarmi.
Gilbert la baciò di nuovo -è perché ti amo- le accarezzò la pancia -e perché già amo questi due piccolini, anche se ancora non sono nati.
Eliza aveva due occhi sognanti.
-più o meno è come Lovino ogni giorno- commentò Antonio, divertito. Gli arrivò un coppino dritto sulla nuca -ahio.
-stronzo.
-scusa amore.
-stanotte dormi sul divano.
-dai, scherzavo.
-io no.
-ma querido...
-ho detto tutti fuori dai coglioni. Tranne Feli, lui mi serve- la sua espressione si addolcì -Eliza, guarda pure nel frigo se c'è qualcosa che ti va.
-vedi? Questo è un gentiluomo- si allontanò da Gilbert e andò verso il frigo, spalancandolo senza troppi complimenti.
Suonarono di nuovo al campanello. Feliciano si illuminò -forse è Luddi. Vado io- e, senza aspettare una risposta, corse ad aprire. Lovino sbuffò.
-ho detto che ho bisogno di una mano qui.
-ti aiuto io- si offrì Antonio, con un sorriso sornione.
-tu fai cagare in cucina.
-la mia paella è buonssima.
-grazie al cazzo, sai fare solo quella- gli puntò contro il mestolo -apri il forno e controlla a che punto sono le lasagne.
-agli ordini!
-amore...- chiamò Eliza.
-dimmi, küken.
-credo di star per vomitare.
Gilbert impallidì e la accompagnò di corsa al bagno.
Il gridolino di Feliciano lasciò intuire che sì, si trattava del suo ragazzo. Lovino sbuffò -perfetto, adesso non si staccheranno più.
-ci sono io a darti una mano.
-continuo ad avercela con te.
-daaaaai- gli fece due occhioni così, ai quali Lovino distolse lo sguardo, indicando l'enorme pila di pentole sporche nel lavandino.
-pulisci. Poi forse valuterò il tuo perdono.
-agli ordini!
Suonarono ancora al campanello. Qualche minuto dopo sbucò Francis dalla porta e indicò Antonio -vieni un attimo.
Antonio, con una pentola in mano, esitò -è urgente?
-urgentissimo. Riunione del trio.
-se riesci a staccare Gilbert da Eliza...- guardò il marito, con una pentola in mano -stasera lavo io i piatti.
-tutti?
-tutti. Promesso.
-mh. Va bene, vai.
Antonio gli stampò un bacio -grazie amore.
Francis lo trascinò via.
-quindi? Che c'è?
-te lo dico quando c'è Gilbert- bussò al bagno -Gil? Sei qui?
Ne uscì Eliza, verdognola in viso -avete bisogno dell'idiota?
Francis le sorrise -oui, ma cherie- la baciò su entrambe le guance -sei radiosa.
-come no- alzò gli occhi al cielo, scostò il francese e andò verso il salotto -Feli, mi abbracci?
Gilbert sbucò dal bagno e abbracciò l'amico -Francis! Quanto tempo! Com'è andata la sfilata a Parigi?
-bene, bene- era radioso -mi era mancata Parigi, anche se è cambiata tanto. Tu? Con Eliza come va?
Gilbert sospirò -è... mutevole. Però ne vale decisamente la pena.
-a che mese è?
-sesto. Tra tre mesi sarò papà!- era euforico.
-bene. Ora che abbiamo fatto i convenevoli...- trascinò i due amici in bagno e chiuse la porta. Aveva un sorriso enorme -io e Arthur abbiamo fatto l'amore!
Gilbert aggrottò la fronte -non... l'avevate già fatto?
-non tutto. Avevamo fatto delle cose. Però ieri sera... siamo andati fino in fondo.
-devo picchiarlo?
Francis roteò gli occhi -no, Antoine, non devi picchiarlo.
-come ti senti?- intervenne Gilbert, stringendo la mano dell'amico. Francis aveva un sorriso enorme.
-bene. L'ho voluto io, ed è stato...- sospirò -magico. Arthur è stato così dolce!
-sono felice per te, amigo!- Antonio lo abbracciò -te lo meriti.
-mi associo- Gilbert si unì all'abbraccio -ma se ti fa del male, basta chiamarci e lo rispediamo a Londra a calci in culo.
Francis roteò gli occhi, divertito -siete troppo apprensivi.
-non si sa mai.
-siete caduti nel cesso?- questo delicato interrogativo annunciò la presenza di Lovino fuori dalla porta -muovete il culo, è pronto. Oppure restate qui e crepate di fame, non mi importa- dei passi pesanti, invece, confermarono il suo ritorno in salotto. Gilbert si allontanò dall'abbraccio.
-è sempre così delicato, vero Antonio?- rise, uscendo dal bagno.
-è per questo che l'ho sposato- confermò quello, seguendolo fuori -per la sua finezza e la sua proprietà di linguaggio.
-ha parlato Umberto Eco- fu il commento proveniente dalla cucina -vieni qua a darmi una mano con il cibo, bastardo.
-arrivo querido- e superò l'amico, correndo in cucina.
Gilbert scosse la testa, esasperato -si fa decisamente comandare troppo dal suo uomo.
-senti chi parla- Francis rise, andando a sedersi affianco ad Arthur.
Gilbert posò le braccia sulle spalle di Eliza, abbracciandola da dietro. Le stampò un bacio sulla guancia -avanti, lei è troppo bella per non farsi comandare a bacchetta.
-sottone- urlò Lovino dalla cucina.
-e non è vero che ti comando a bacchetta- si lamentò Eliza, con tono da bambina. Gilbert la baciò sulla tempia.
-certo- e si sedette affianco a lei, stringendole forte la mano. Aveva due occhi innamorati tanto quanto quelli che aveva da ragazzo, la prima volta che si erano baciati, ma anche prima a dir la verità. Le baciò il dorso della mano -ti amo.
-ti conviene. Con tutto quel che mi fan passare i tuoi figli.
-nostri.
-stessa cosa.
-ecco le lasagne- annunciò Antonio entrando in sala da pranzo. Si guardò intorno -Mia dov'è?
La ragazzina sbucò da camera sua -eccomi! Scusate. Papà, stanotte posso dormire da Ashlinn?
Antonio fischiò -quindi si chiama Ashlinn.
-sappiamo che nomi scrivere sugli inviti delle nozze- aggiunse Lovino. Mia li ignorò.
-quindi?
-se dormite veramente sì.
Lei arrossì fino alla punta delle orecchie -certo che sì! Ma cosa vai a pensare papà?
Antonio alzò le spalle -non si sa mai.
-bene. Dopo la richiamo- si sedette al suo posto -vengono anche i nonni?
-più tardi. Vai a lavarti le mani.
-sì, sì.
I due padri si scambiarono un'occhiata. Abbiamo casa libera.

Antonio uscì dal loro bagno fischiettando.
-la vasca è pronta, querido.
-uhm sì, arrivo.
Lo spagnolo abbracciò da dietro suo marito, baciandolo sulla spalla nuda -quei boxer sono miei o sbaglio?
-li ho presi a caso- replicò Lovino, lasciandosi abbracciare. Aveva lo sguardo fisso nello specchio a figura intera della loro camera, con la fronte corrugata -pensi che sia ingrassato?
Antonio inarcò un sopracciglio -ingrassato? Querido, sei magro come un chiodo.
-forse non avrei dovuto mangiare la terza fetta di pizza- brontolò, sfiorandosi lo stomaco.
-mi stupisce che tu ne abbia mangiate solo tre- lo baciò sulla guancia -non sei grasso. Sei stupendo.
-non sei affidabile- brontolò Lovino -per te sono bello anche con un sacco della spazzatura addosso.
-perché sei bello e basta- lo baciò sulla guancia -cos'è che ti preoccupa?
-cosa ne sai che mi preoccupa qualcosa?- abbozzò un sorriso -è che stare accanto a te in spiaggia mi fa sfigurare.
-non te n'è mai fregato niente del peso- posò le mani sulle sue, stringendolo forte tra le braccia -perché all'improvviso sì?
-no, niente...- sospirò -solo... Mia è così grande ormai. Non voglio arrivare all'ultima fase dei genitori a meno di trent'anni.
-l'ultima... fase?
Lovino annuì -sì. Lo vedo sempre durante i colloqui. Quando il figlio ormai è grande e i genitori o cercano di fare gli amiconi o si concentrano su se stessi e si mettono ad andare in palestra, eventualmente si fanno l'amante perché ormai non scopano con il marito o la moglie da così tanto che neanche si ricordano come si faccia, si vestono di merda credendosi giovanili e si fanno delle tinte orribili cercando di evitare di sembrare vecchi, con il risultato di sembrare ancora più vecchi.
-intendi la... crisi di mezz'età?
-una cosa del genere- sbuffò -Mia sta diventando grande... la settimana scorsa le è venuto il primo ciclo, insomma... è quasi una donna. Mi sento vecchio. Cioé... tecnicamente può avere dei bambini, ti rendi conto? La nostra bambina potrebbe fare un bambino.
-intanto se si fa mettere incinta a undici anni la uccido.
-be' certo. Era per dire.
-e poi ha undici anni, non è adulta.
-quasi.
-appunto. Quasi- lo baciò sulla guancia -possiamo godercela ancora qualche anno.
-quando sarà maggiorenne avrò trentadue anni- brontolò Lovino -è come se Gesù fosse morto con una figlia diciannovenne.
-be', l'abbiamo adottata che eravamo molto giovani- gli ricordò Antonio -è normale.
-lo so- mugugnò Lovino -ma mi sento vecchio comunque.
Antonio rise contro il suo orecchio -e comunque non è vero che non facciamo mai l'amore- gli sussurrò, accarezzandogli i fianchi lentamente -l'abbiamo fatto poco fa. E lo faremo tra poco. E lo faremo per sempre.
-infatti non parlavo di noi- si girò tra le sue braccia per baciarlo, spingendolo verso il letto.
Antonio, però, dovette allontanarlo, a malincuore -aspetta.
-mh?- scese a baciarlo sul collo -cosa c'è?
-devo parlarti di una cosa.
-non puoi rimandare?
-è importante.
Lovino sbuffò, allontanandosi da lui e incrociando le braccia al petto -importante della serie "te ne parlo dopo ora vieni qui che ti scopo" o della serie "è davvero importante e non possiamo rimandare di qualche ora"
Antonio abbozzò un sorriso -tempo rientri nel secondo caso.
-che due palle- si allontanò da lui e andò a sedersi sul letto, facendogli cenno di fare lo stesso. Antonio gli strinse la mano, cercando le parole giuste.
-ecco...
-mi hai tradito?- chiese Lovino a brucia pelo, con lo sguardo basso. Antonio sgranò gli occhi.
-cos... no! Perché avrei dovuto?- appoggiò la testa sulla sua spalla, abbracciandolo -dovrei essere completamente scemo per tradire l'uoml più incredibile del mondo.
-ma tu sei scemo- replicò Lovino, appoggiandosi al suo petto.
Lo spagnolo lo baciò tra i capelli -non così tanto.
-mh. Quindi che mi devi dire?
-ecco...- si morse il labbro -ti ricordi la settimana scorsa? Giovedì?
-oh...- gli prese il viso tra le mani, posando la fronte contro la sua -è successo qualcosa a lavoro?
Antonio annuì, accarezzandogli la guancia con un sorriso triste -sì... qualcosa sì.
La settimana prima c'era stato un incidente, di quelli grossi, e i feriti erano stati mandati tutti all'ospedale più vicino, ovvero quello dove lavorava Antonio, che era rimasto lì per un giorno intero prima che Lovino riuscisse a riportarlo a casa per farlo riportare a casa. Ogni tanto capitava. C'era troppa gente da gestire, e allungavano i turni. Antonio, poi, era troppo di buon cuore, e tendeva ad affezionarsi a ogni paziente. La prima volta che uno di loro era morto... merda, Lovino l'avrebbe ricordata per sempre. Stava ancora facendo l'apprendistato, era morta una donna di tumore. Era già segnata da diversi mesi, ma Antonio non si era dato pace fino alla fine. Dopo la sua morte, non c'era stato verso di farlo alzare dal letto per tre giorni, se non per le cose più essenziali.
Per questo Lovino tendeva ad essere abbastanza iperprotettivo quando si trattava di "problemi sul lavoro". Se c'era uno che sapeva quanto fosse brutto sentirsi responsabile per la morte di qualcuno, quello era lui.
Gli strinse le mani con delicatezza -e cosa è successo?
Antonio inspirò profondamente -c'era un... un uomo. Era gravemente ferito, aveva diverse schegge nell'addome e... e non... non sono riuscito a salvarlo.
Lovino lo abbracciò, forte, accarezzandogli i capelli. Antonio nascose il viso contro la sua spalla, chiudendo gli occhi.
-non è stata colpa tua- chiarì Lovino -a volte capita, va bene? Non sei infallibile, è normale.
-lo so, non è di questo che ti volevo parlare- si asciugò distrattamente gli occhi e si allontanò da lui, prendendogli le mani -lui... ecco... quest'uomo ha... aveva... un figlio.
-un figlio?
Antonio annuì -un figlio piccolo. La madre non c'è e...
-ah, fermo, ho capito dove stai andando a parare. Vuoi adottare questo bambino.
-be'... sì.
Lovino sospirò, stropicciandosi gli occhi -Antonio, senti... un bambino non è un cane. Già quando abbiamo adottato Mia l'abbiamo fatto troppo in fretta, ma era appena finita la guerra ed era un periodo delicato. Quanti anni ha questo bambino?
-due.
-due- ripeté -ha ancora il pannolino. Tu sai come si cambia un pannolino? Io no. E il latte, come cazzo si fa il latte in polvere? Non ne abbiamo la minima idea.
-possiamo imparare, nessun genitore nasce perfetto.
-sì- concordò Lovino -ma spesso e volentieri passi giornate intere in ospedale. E mi va bene, è il tuo lavoro, lo sapevamo entrambi, ma metti che lo stesso giorno io abbia un consiglio di classe. Mia può stare da sola, ma lui no, e non posso certo portarmelo dietro.
-ci sono i nonni che...
-tua madre non ce la fa a tenere un bimbo piccolo, mio nonno neppure. Mia era già grande, lui non so neanche se cammina.
-possiamo prendere una tata. Come soldi ce la facciamo.
-sì ma...- sospirò -non è quello il punto. Sto dicendo che un bambino piccolo è una responsabilità gigantesca e... e non so se mi sento pronto, ecco.
Antonio gli strinse le mani -lo so. Per questo ne stiamo parlando, e neanch'io avevo pensato di adottare un altro bambino prima. Solo che quando l'ho visto ho... ho sentito questa sorta di fortissimo senso di... non so come spiegarlo- gli rivolse un piccolo sorriso imbarazzato -ma volevo... voglio proteggerlo, tanto quanto Mia.
L'espressione di Lovino si addolcì. Gli accarezzò la guancia -lo capisco. è quello che ho sentito quando ho visto Mia la prima volta- espirò -possiamo provarci.
Antonio si illuminò -davvero?
-sì... cioé vediamo. Potrei... vedere questo bambino?
-certo! è ancora in ospedale per degli accertamenti.
Lovino sgranò gli occhi -era nell'incidente?!
-sì... è nel reparto per i bambini, non posso occuparmene io- sembrava scocciato -non ha niente di grave da quel che so.
-meglio. Però Mia dev'essere d'accordo.
Antonio si morse il labbro, con un sorrisino -non credo sarà un problema.
Lovino si insospettì -che intendi?
-potrei... averle accennato qualcosina...- ammise -e lei potrebbe essere un... tantino entusiasta all'idea.
-avete tramato alle mie spalle!- gli tirò una cuscinata -sei uno stronzo!
Antonio scoppiò a ridere, abbracciandolo -scusa.
-lasciami, stronzo, devo picchiarti!
Antonio lo baciò sulla testa -ti amo.
-sei un bastardo.
-lo so. Un bastardo che ti ama.
-non ti ho detto di sì- gli ricordò -ho detto "proviamoci".
-ti amo comunque- lo baciò -e poi è così adorabile che non puoi non amarlo.
-come si chiama?
-Carlos.
-Carlos- ripeté -è un bel nome.
Antonio lo baciò -ti amo. Ti amo così tanto che c'è lo spazio per un'altra persona, no? Un amore diverso, ovvio, ma sempre amore.
-uhm...- tornò a baciarlo, sdraiandosi nel letto e tirandoselo dietro -lo sai che con un bambino piccolo si scopa meno?
-lo so- scese a baciarlo sul collo, lasciando scorrere le mani un po' ovunque sul suo corpo -ne approfittiamo ora? Che ne dici?
-sei un maiale- se lo tirò addosso, lasciandosi baciare sul collo -dici che il bagno è ancora caldo?
-non lo so. Vado a vedere.
-sbrigati- lo baciò ancora -ti voglio...
Antonio corse in bagno, facendolo ridere.

Francis uscì dal bagno, avvolto in una nuvola di vapore. Andò verso l'armadio, si tolse l'asciugamano dai fianchi e si infilò dei vestiti comodi. Sentì uno sbuffo.
-sbaglio o quei vestiti sono miei?
-quel che tuo è mio e quel che mio è mio, mon amour- si infilò sotto le coperte e si appoggiò alla sua spalla, abbracciandolo. Lo baciò sulla spalla -cosa leggi?
-Shakespeare.
-ew. È così inglese...
Arthur roteò gli occhi, girando pagina. Francis provò a leggere qualcosa, visto che stava provando a imparare l'inglese, ma rinunciò quasi subito. Baciò il suo ragazzo sulla guancia -che libro è?
-Romeo e Giulietta.
-allegro- si sistemò meglio e lo baciò sul collo, accarezzandogli lentamente il petto -che ne dici di fare qualcos'altro?
-dici che è meglio leggere Virginia Wolf? Perché ero indeciso, ma...
-sei un idiota- gli fece girare il viso e lo baciò, scendendo con la mano lentamente -pensavo a qualcosa di più... divertente.
-vedere due innamorati morire tragicamente è divertente- mormorò Arthur contro il suo orecchio.
-allora vado ad avvelenarmi...
-fermo lì- lo baciò sulla bocca, posandogli una mano dietro la nuca per tenerlo fermo. Francis rise contro le sue labbra, seppellendogli una mano tra i capelli.
-prima eri strano- gli sussurrò Arthur -a pranzo da Lovino. Cosa è successo?
-no, niente- lo baciò -stavo solo pensando che tra i miei amici sono l'unico che non è padre.
-mh. Sinceramente dopo Alfred e Matthew ne faccio anche a meno.
-non ho detto che voglio esserlo. È solo una constatazione- sbuffò -i bambini piangono urlano e vomitano. Rovinerebbero il mio armadio, e senza le mie otto ore di sonno sono un mostro.
Arthur ridacchiò -sei proprio una drama queen- tornò a baciarlo

Feliciano scese dall'aereo di corsa, con il suo trolley stretto in mano. Era appena finito il suo tour in giro per quella che era stata l'Europa, e ora voleva solo tornare a casa.
Quando lo vide gli saltò addosso. Letteralmente.
Il trolley era caduto a terra, ma non importava. Importava solo che Ludwig lo stava stringendo e baciando e cazzo se gli era mancato. Non ci fossero state altre persone intorno, lo avrebbe preso e trascinato al primo bagno disponibile.
Un'ora dopo sono a casa, casa loro, e Feliciano ha giusto il tempo di accendere la luce in ingresso prima di sentirsi sbattere al muro.
Il mio povero trolley dovrà rimanere per terra un altro po', pensò, trascinando il suo ragazzo in camera.
Il suddetto povero trolley venne ripreso solo dopo un bel po', dallo stesso Feliciano, che non voleva rovinare troppo i suoi vestiti. Lo riportò in camera e lo aprì, sistemando i vestiti nell'armadio.
Sentì un mugugno provenire dal letto e abbozzò un sorriso, Ludwig era adorabile mentre dormiva. Afferrò un paio di calzini e andò verso la cassettiera, sperava di non aver lasciato nulla in alberg...
Un attimo.
Che cazzo era quella cosa?
Scostò un paio di mutande di Ludwig e sollevò una scatolina scura, con un sospetto.
No dai.
Non era...
O forse sì?
Si girò verso il letto e scrutò la schiena di Ludwig, rigirandosi la scatoletta tra le mani.
Non è difficile aprire una scatola, no? È un gesto quotidiano. Niente di assurdo.
Però non ci riusciva. Non sapeva cosa augurarsi.
Da un lato, aveva paura che lì dentro ci fosse stato qualcosa di diverso da quello che si aspettava. Sarebbe stata una delusione, ecco.
Dall'altro, il logo della gioielleria lasciava pochi dubbi.
Ma magari era qualcosa di Ludwig, dei gioielli da polso o qualcosa del genere. Non era detto che...
...
Va bene, no, era un anello. Si coprì la bocca con le mani.
Un anello. Un fottuto anello d'oro, con un brillante al centro. Sobrio, semplice, in tipico stile Ludwig.
Forse non era per lui e si stava solo illuden...
...
C'era il suo nome inciso dentro.
Inspirò profondamente.
Non poteva più obbiettare.
Vuole farmi la proposta espirò. Sulle guance gli scivolarono due lacrime.
Ludwig si risvegliò da solo. Allungò il braccio alla ricerca di Feliciano, ma il suo lato del letto era vuoto. Aprì gli occhi e si guardò intorno. C'era la valigia del ragazzo aperta, con metà dei vestiti nell'armadio aperto e metà fuori. Aggrottò la fronte e si alzò, quello era strano.
La cassettiera era chiusa. Sospirò, doveva ancora trovare il modo di chiederglielo. Era un disastro con quelle cose.
Trovò Feliciano in cucina, a farsi un caffé. Lo abbracciò da dietro e lo baciò sulla guancia -sei sparito- mormorò, osservando la caffettiera -mi sono spaventato.
-scusa- si girò e lo baciò, con le mani sulle sue guance. Aveva un sorriso enorme.
-perché hai gli occhi rossi?- gli accarezzò la guancia, preoccupato. Feliciano scosse la testa.
-non è niente. Solo... ho trovato una cosa- tirò fuori la scatola dalla tasca, lentamente. Ludwig sgranò gli occhi.
-ah- panico. Panico panico panico.
-è... è quello che penso che sia?- stava sussurrando.
-avrei dovuto nasconderla meglio- mormorò -ma di solito non metti mai a posto le tue cose, quindi pensavo che...
Feliciano lo baciò, interrompendolo.
-se è quello che penso che sia- gli disse, togliendolo dall'impaccio. Gli brillavano gli occhi -il mio è un "sì, ora portami in camera e sbattimi sul letto prima che scoppi a piangere di nuovo".
Ludwig non riuscì a non sorridere. Gli strinse la mano -è quello che pensi che sia- gli prese la scatola dalle mani e si allontanò -forse però dovrei fare le cose come si deve.
-no ti prego, sto già per piangere e...- Ludwig si allontanò e si inginocchiò davanti a lui. Feliciano sbuffò -bene. Piangerò, perfetto.
-Feli- iniziò. Decise di farla breve. Aprì la scatola -vuoi sposarmi?
Feliciano rise, con le lacrime agli occhi per la gioia -conciso- inspirò profondamente -sì. Sì, sì, sì!- neanche gli diede il tempo di rialzarsi: gli si gettò addosso e lo baciò, stringendogli il viso tra le mani. Ludwig si allontanò da lui il tempo di infilargli l'anello, prima di venire di nuovo travolto da Feliciano e gettato a terra, oltre che baciato con tutto l'amore possibile.
-aspetta. Ne hai parlato al nonno e a Lovi, vero? Perché sennò ti ammazzano, e non mi va di restare vedovo.
Ludwig annuì, stringendogli le mani -sono stati i primi a saperlo, dopo mio fratello.
Feliciano sospirò di sollievo -meglio- rabbrividì -Lovino me la farà pagare per il suo...- si alzò in piedi, tirandoselo dietro -letto. Subito.
Ludwig spense i fornelli e lo prese in braccio -se proprio devo...

Feliciano strinse la mano a Ludwig sul divano, mentre gli altri parlavano.
-e comunque non per dire, ma zitto zitto qui dentro quello che ha visto più tette è Antonio- esclamò Gilbert.
Lovino roteò gli occhi -sono piuttosto sicuro di non averne.
-non dico per piacere, anche perché è così gay per te che, se una iperfiga si mettesse a provarci con lui, si metterebbe a parlarle di te. Ma con il lavoro che fa ne avrà viste.
Antonio rise -di solito se vedo una donna senza maglia devo aprirla con un bisturi, quindi non so quanto possa valere.
Lovino gli tirò la guancia -abbiamo appena finito di mangiare. Evita.
-ciao papà, io esco!- Mia attraversò l'ingresso di corsa -ciao zii, ciao nonni, ci vediamo dopo.
E uscì. Lovino sbuffò -da quando le abbiamo dato il permesso di andare da sola dai suoi amici è sempre fuori- brontolò. Antonio lo baciò sulla guancia.
-su, Lovi, le hanno organizzato una festa. Sono stati carini.
Quello non rispose.
Eliza, con un barattolo di gelato alle nocciole in mano, riavviò la conversazione -e comunque non sono così sicura che sia Antonio.
Gilbert alzò le mani -non ti ho mai tradita, giuro!
-lo so. Non parlavo di te.
Romolo sospirò -ah, ai miei tempi ne ho viste di donne...- Lovino diede un coppino al nonno.
-non ci interessa.
-come sei pudico.
Eliza nascose il suo sorriso dietro un cucchiaio di gelato. Gilbert si insospettì.
-aspetta, a chi ti riferisci?
Quella scrollò le spalle -pensi che non abbia avuto relazioni prima di te?
-hai detto che ero il primo!
-il primo maschio.
Gilbert era a bocca aperta -cosa... quante?
-non vuoi davvero saperlo- gli chiuse la bocca con una mano -e comunque, da quando sto con te non sono più andata con nessun altro, tranquillo.
-voglio sapere quante.
-no, non lo vuoi sapere. Fidati.
Feliciano rise -davvero non lo sapevi?
-no!
Francis diede qualche pacca sulla spalla dell'amico -benvenuto nel club dei cornuti.
-ti ho detto che non so neanche come si chiamasse quella ragazza- sbuffò Arthur.
-ti stava sorridendo!
-era una cameriera. Sorrideva a tutti i clienti.
-ti stava sorridendo più che agli altri.
Arthur alzò gli occhi -e se anche fosse, cosa me ne dovrebbe fregare?
-mi dà comunque fastidio che...
Eliza sbuffò -Francis. Basta.
-ma...
-basta.
Ludwig strinse la mano al suo fidanzato, chiedendogli conferma con gli occhi. Feliciano annuì e si rivolse agli altri -ecco... dovremmo dirvi una cosa.
Lovino e Romolo si scambiarono un'occhiata complice. Gilbert ghignò.
-io e Luddi ci sposiamo.
A quelle cinque parole scoppiò il putiferio. Eliza strillò, Lovino si alzò di scatto urlando che al menù avrebbe pensato lui, Cesare cadde a terra per colpa del movimento del suo padrone e si teletrasportò via soffiando infastidito, Romolo si mise a dare delle sonore pacche sulle spalle a Ludwig, Gilbert si mise a vaneggiare su quanto il suo fratellino fosse cresciuto e quanto il loro nonno sarebbe stato fiero di lui, Francis cominciò a parlare a manetta dei vestiti e Antonio si mise a cercare di calmare suo marito, invano.
-e comunque era anche l'ora, crucco!- Lovino attirò il suo fratellino in un abbraccio -sono mesi che te la meni con questa storia.
-mesi?- Feliciano strinse forte suo fratello e guardò il suo fidanzato con un sorrisino -davvero?
-non trovavo il momento giusto...- brontolò Ludwig, con le guance rosse.
Eliza afferrò la mano di Feliciano, con gli occhi che brillavano -tu mi devi raccontare tutto, intesi? Sia a me che a Kiku, appena tornerà qui.
-il mio fratellino è un uomo!- Gilbert abbracciò il suddetto fratellino, con le lacrime agli occhi -mi sento vecchio.
-non oso immaginare se uno dei nostri bambini si sposerà- commentò Eliza, accarezzandosi la pancia.
-infatti non si sposeranno. Nessuno sarà mai degno dei nostri magnifici figli.
Eliza roteò gli occhi -sì, certo. Comunque- tornò a stritolare la mano di Feliciano -quando lo fate? Dove? Te lo organizziamo noi l'addio al celibato, sia chiaro.
Lovino ghignò -ovviamente.
Feliciano rise e li abbracciò entrambi, con le lacrime agli occhi. Era così felice...
-pischellè, sia chiaro- intervenne Romolo, osservando i nipoti abbracciati -comportati bene con mio nipote.
Ludwig annuì -sì signore.

Gilbert stava facendo avanti e indietro per i corridoi dell'ospedale da due ore, e non accennava a fermarsi.
Non l'avevano fatto entrare in sala operatoria. Perché non l'avevano fatto entrare in sala operatoria?!
Quella notte a Eliza si erano rotte le acque. Perfetto, era andato nel panico ma era riuscito a chiamare l'ambulanza. In sala parto l'avevano fatto entrare e aveva stretto la mano alla quasi mamma per tutto il tempo, ma dopo ore e ore di travaglio i bambini non venivano fuori e c'era stato bisogno di un cesareo. E non l'avevano fatto entrare.
L'unico motivo per cui non era ancora andato del tutto nel panico, anche se c'era molto, molto vicino, era che del cesareo se ne stava occupando Antonio, e di lui si fidava. Più o meno. Più di quanto si fidasse di uno sconosciuto, ecco.
Fatto sta che era quasi l'alba e ancora non erano nati. Sbuffò esasperato -ma quanto cazzo ci vuole?!
-stai tranquillo. Non è la prima volta che Antonio fa un cesareo- intervenne Lovino. Lui e Mia erano stati i primi ad arrivare, visto che... be', erano arrivati insieme ad Antonio, che in teoria non era di turno ma era venuto comunque, svegliato dalla chiamata agitata al limite dell'infarto del suo migliore amico.
-sì ma quelli sono i miei figli e quella è mia moglie- si passò per la milionesima volta una mano tra i capelli -e ci stanno mettendo decisamente troppo.
Ludwig, il secondo ad arrivare con Feliciano, gli strinse la mano per farlo fermare -sono i tempi standard di un cesareo. Non è niente di strano.
-be', i tempi standard sono troppo lunghi!

Quando Eliza aveva scoperto di essere incinta, era nella sua palestra. Il ciclo era in ritardo, così aveva comprato un test di gravidanza andando a lavoro e, già che c'era, per placare la curiosità lo aveva fatto lì. Gilbert non ne sapeva niente, non le andava di illuderlo, e quella era una cosa che voleva fare da sola.
Il quarto d'ora di attesa durò più di tutti i nove mesi successivi.
Due lineette. Era positivo.
Si sedette a terra, con il test stretto tra le mani.
Era incinta.
Scostò il tessuto della sua camicetta e si sfiorò la pancia ancora piatta, quasi timorosa. Poi sorrise.
Era incinta!

Antonio uscì dalla sala operatoria, togliendosi i guanti. Gilbert gli fu subito addosso.
-allora?!
Antonio gli posò una mano sulla spalla, senza dire niente. Poi sorrise -tutto a posto, papà.
Gilbert si sentì svenire. Dovette appoggiarsi a lui per non cadere.
-dove sono? Stanno bene? Posso vederli, vero?
Antonio annuì -certo. Stanno tutti bene. Eliza è in sala post-operatoria, forse si è già riaddormentata, ma puoi stare comunque lì quanto vuoi. Adesso stanno lavando i bambini, ma dovrebbero riportarli da lei tra poco.
Gilbert annuì ripetutamente -e dov'è la...
-vieni, ti accompagno.

Quando Gilbert era tornato a casa, non c'era stata Eliza ad accoglierlo come al solito. Strano, di solito a quell'ora era già a casa.
Sistemò la giacca sull'appendiabiti -küken? Dove sei?- nessuna risposta. Iniziò a preoccuparsi e andò a cercarla -Eliza?- niente in salotto o in cucina. Raggiunse la loro camera -se è uno scherzo non...- notò qualcosa sul suo comodino, una specie di termometro. Lo strinse tra le mani e finalmente capì di cosa si trattava.
-sono incinta- si girò ed eccola lì, Eliza, con addosso una sua maglia troppo lunga che stava tormentando con le mani e un paio di pantaloncini. Gilbert sentì gli occhi inumidirsi per le lacrime e le si avvicinò, lentamente, quasi con il timore di farle male. Le posò una mano sulla guancia, non riusciva a parlare. Eliza aveva gli occhi lucidi.
-sei... sei incinta- ripeté, cercando di realizzare -incinta di... di un bambino?
-no, Gilbert, di un carciofo. Certo che è un bambino. O bambina. Non lo so.
Gilbert rise e la baciò, sollevandola da terra per la foga.
-sei incinta! Avremo un bambino!- la baciò ancora, stringendola tra le braccia -oh mio... è una cosa fantastica!- la baciò ancora, ancora e ancora -ti amo. Vi amo. Mio... non... non sono mai stato così felice- la baciò, asciugandole le guance -perché piangi, amore? È la notizia più bella che tu potessi darmi!
-non... non lo so- gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò -sono gli... gli sbalzi d'umore, credo. Non lo so. Abbracciami.
Gilbert la sollevò, portandola fino al letto. Si sdraiò accanto a lei e la strinse tra le braccia, accarezzandole i capelli e la schiena e asciugandole gli occhi -sarai mamma e io sarò papà- la baciò sulla fronte.
Mezz'ora dopo non si erano ancora alzati dal letto, avevano solo cambiato posizione. Gilbert si era abbassato e aveva posato la guancia sul ventre nudo di Eliza, parlando piano mentre lei gli accarezzava i capelli.
-ciao, tesoro. Sono il tuo papà. Non so se mi senti, ma sappi che ci sono e ti amo già da morire.
Eliza sospirò -non penso ti possa già sentire. Ora come ora è un gruppetto di cellule.
Gilbert posò un bacio poco sotto il suo ombelico -è un gruppetto di cellule magnifico- ci posò un altro bacio -e poi avevo letto che fa bene parlare al bambino. Credo. Non lo so. Nel dubbio lo faccio- lo baciò ancora -mi senti, amore? Sono qui, sono il tuo papà e ti staremo sempre vicini, sia io che la tua mamma. La tua mamma è bellissima, lo sai? E bravissima e fortissima e fantastica- sollevò lo sguardo -küken, perché piangi?
Eliza si asciugò gli occhi -fanculo- rise -dici queste cose e pretendi che non pianga?
-non ho detto questo- si sollevò per baciarla, con una mano ferma sulla sua pancia -sono solo così felice...

Eliza era bellissima. Devastata, distrutta, sul punto di addormentarsi, sudata, spettinata e assolutamente bellissima. Gilbert corse da lei -küken, come stai?
-una merda- si lasciò abbracciare e gli afferrò la mano -non faremo più bambini. Col cazzo che partorisco di nuovo. Fai scorta di preservativi, perché senza non ti tocco neanche per sbaglio.
Gilbert le accarezzò i capelli con la mano libera, ridacchiando -come vuoi tu, amore. I bambini...?
-li ho visti prima, ma male- brontolò, aggrappandosi alla sua maglietta -però piangevano. Entrambi. Quindi stanno bene.
-meno male- la baciò sulla testa. Un'infermiera bussò alla porta ed entrò, con un passeggino. Sorrise ai due genitori.
-vi lascio un po' da soli. I bambini stanno benissimo- e uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Eliza allungò le mani e si avvicinò la culla, scrutando i due bambini all'interno. Gilbert non riusciva a staccare gli occhi da loro, che li osservavano curiosi. Uno aveva gli occhi azzurri, ma spuntavano dei ciuffi castani come quelli della madre, mentre l'altra aveva dei ciuffi bianchi e gli occhi rossi come il padre.
-è albina- mormorò -speravo l'avessero scampata.
-non importa- Eliza gli strinse la mano -però è strano che lui abbia gli occhi azzurri.
-tecnicamente li avrei anch'io. Solo che essendo albino non si vede- stava temporeggiando. Aveva paura di toccarli, non voleva ferirli in qualche modo. Eliza gli strinse la mano, e fu abbastanza per dargli coraggio. Si avvicinò alla culla e si sforzò di sorridere.
-ehi, piccolini. Sono il vostro papà- la piccola allungò le manine verso di lui, mentre l'altro lo osservava. Gilbert le sfiorò le mani, mentre delle lacrime di gioia gli cadevano lungo le guance -ah, quindi mi riconoscete. Parlarvi tanto vi è servito.
La bambina gorgogliò qualcosa che sembrava una risata e gli strinse un dito, curiosa. Il bambino sbatté le palpebre, studiando il padre in silenzio. Gilbert gli accarezzò i capelli con la mano libera.
-tu sei più silenzioso, eh?- prese in braccio la piccola e la passò a Eliza, che la strinse con fare protettivo, e poi prese anche il bambino, tenendolo in bracciò. Quello si appoggiò a lui, facendo dei versetti che in qualche modo dovevano avere senso. Gilbert rise, continuando a piangere -questa è la vostra mamma. Vi ho parlato di lei, ricordate?- si sedette sul bordo del letto, mentre la bimba sembrava alla ricerca del latte della madre.
-ha già fame- commentò Eliza.
-sono così piccoli- sussurrò Gilbert -ho quasi paura di romperli- guardò la moglie, con gli occhi lucidi -sono bellissimi.
-sì- Eliza sollevò la piccola e se la mise davanti al viso, sorridendole. Sfregò il naso contro il suo -vero, piccola?
Quella agitò le manine, contenta.
Gilbert abbassò lo sguardo sul bambino, che si stava addormentando. Lo cullò lentamente, canticchiandogli una ninna nanna in tedesco.
-come li chiamiamo?- potrà sembrare stupido, ma non ci avevano ancora pensato. Non avevano voluto parlarne fino a che non li avessero avuti lì, tra le loro braccia.
-non so- coccolò il piccolo -per lei mi piaceva Julchen.
-carino- Eliza coccolò la piccola, cercando di farla addormentare.
-per questo angioletto invece?
-uhm... Daniel?
-mi piace. Daniel e Julchen, i nostri pulcini.
Eliza sospirò -chi c'è fuori?
-Ludwig, Feli, Lovino, Mia e Antonio. Non so se possono entrare.
-non me la sento, sinceramente. Sono stanca morta.
-certo, küken, non preoccuparti- la baciò sulla fronte -riposati, mh? Penso io ai piccoli- sistemò Daniel nella sua culla e fece lo stesso con Julchen, il più delicatamente possibile per non svegliarli.
Eliza annuì e si sistemò meglio nel letto, abbracciando il cuscino.
-'notte- mormorò, addormentandosi di botto, con una mano protesa verso i piccoli. Gilbert sorrise e sospirò.
Si poteva essere più felici di così?

Suonarono al campanello. Alfred sbuffò -Matt! Vai tu, devo finire il livello!
Ignorò le proteste del fratello e aspettò. Suonarono di nuovo, Alfred schivò il nemico, Matthew andò ad aprire imprecando in francese.
Alfred sentì distrattamente qualche parola sottovoce, poi Matthew urlò un -vieni giù, c'è il tuo ragazzo- che lo fece sobbalzare e gli fece perdere la partita.
Tecnicamente Alfred non aveva un ragazzo. Non l'aveva mai avuto. Ma da anni a quella parte aveva una trascurabilissima, mastodontica cotta per Ivan. Ci aveva anche provato, ma quello lo aveva respinto con la scusa del "sei troppo piccolo". Però erano rimasti in contatto, e Matthew li prendeva in giro riferendosi a loro come fidanzati.
Alfred lanciò il controller della sua console sul letto e si fiondò verso l'ingresso. Un attimo prima di girare l'angolo si controllò allo specchio. Pantaloncini da basket, felpa della Marvel e calzini lunghi fino a metà polpaccio. Irresistibile proprio. Si sistemò i capelli, raddrizzò gli occhiali e si sforzò di non far notare la sua agitazione.
-Matt, ti ho detto che non è il mio ragazzo- imbastì un sorriso -ciao, Big Noise.
Si fermò. Ivan era distrutto. Aveva gli occhi arrossati, le spalle chine, i capelli spettinati e fissava insistentemente un punto nel pavimento. Lo raggiunse in due passi e gli prese la mano -tutto ok?
Matthew ebbe la fantastica idea di tornare in camera sua e chiudersi dentro.
Ivan scosse la testa -scusa- si passò una mano tra i capelli e infilò l'altra in tasca -non... non sarei dovuto venire qui. Scusa. Vado a... vado- cercò di allontanarsi e tornare verso l'ascensore, ma Alfred gli afferrò la mano.
-non andrai a sfondarti di vodka- lo interruppe -quindi vieni dentro, ci prendiamo una cioccolata o qualcosa e mi dici cosa c'è che non va.
Ivan non sembrava d'accordo, ma non gli lasciò la mano -non è stata una buona idea venire qui.
-e perché? Non c'è niente di male nel chiedere l'aiuto di un amico.
Gli occhi di Ivan erano distrutti -perché non so quanto rispondo delle mie azioni e non voglio farti del male.
Forse qualcuno si sarebbe spaventato. Alfred si irritò.
-non ricominciare con la storia del ragazzino, ti prego- lo trascinò in casa e chiuse la porta. Erano vicinissimi -non sono più un ragazzino. Sono adulto ora, e se mi va di andare a letto con te ci vado, se non mi va non ci vado. Quindi smettila con questa stronzata e dimmi cosa c'è che non va.
Le labbra di Ivan erano bianche. Pallide, sottili e spezzate da tutte le volte che il russo stesso se le era morse.
-mia sorella è morta.
Alfred perse completamente la sua spavalderia. Non pensava fosse qualcosa di così grave.
-oh...- lo abbracciò. È così che si fa in queste occasioni, no? -mi dispiace- ed era sincero.
Ivan lo strinse forte, facendogli quasi male, e scoppiò a piangere. Fu silenzioso, in realtà. Alfred se ne accorse solo perché le sue lacrime gli inumidirono la felpa.
-era... era malata- balbettò contro il suo orecchio -e... e io non...
-shh- gli accarezzò la schiena, lentamente -tranquillo. Dopo me lo spieghi, mh? Ora sfogati e basta.
E Ivan non se lo fece ripetere di nuovo.
Mezz'ora dopo erano sul letto di Alfred, ancora stretti l'uno all'altro, e il russo sembrava aver ritrovato l'abilità di parlare.
-hai presente il potere di Lovino?- mormorò contro il suo orecchio. Alfred rabbrividì per la sua voce roca.
-sì.
-mia sorella aveva un potere opposto. Lovino non poteva toccare le persone, lei non poteva farsi toccare- si asciuga gli occhi -sentiva questo... questo dolore immenso e... e ho fatto di tutto, di tutto per aiutarla, ma non...
-non è colpa tua.
-invece sì- come poteva una persona essere così vicina a spezzarsi? -ai tempi credevo ancora nella Restaurazione. Lei era una ragazzina e... e pensavo di farle un favore. Avevano trovato un gene nel suo dna, l'ho convinta ad attivarlo e...
-non potevi saperlo.
-potevo evitarlo.
-non puoi evitare qualcosa che non sai. La stavi aiutando.
-ma l'ho uccisa.
-no- gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi -ascoltami, you damned hot commie. Non è stata colpa tua. Hai fatto quel che potevi per aiutarla, se non era sufficiente non è colpa tua.
Ivan rimase in silenzio. Poi -è grave se ho voglia di baciarti?
Alfred si impedì di tremare. Non poteva farci nulla: nel russo c'era qualcosa che lo attirava e gli strizzava lo stomaco di continuo -sì, perché sono un capitalista coglione.
-un capitalista coglione che riesce a essere bello anche con una felpa stupida e dei pantaloni che non c'entrano nulla- abbassò lo sguardo -e con delle calze assurde.
Alfred si impose di non sciogliersi completamente tra le sue braccia -rimango un capitalista coglione- posò la fronte contro la sua -e tu rimani uno che deve sfogarsi invece di cambiare argomento.
-non... che ti dovrei dire? È morta, devo elaborare il lutto, e cambiare argomento mi aiuta.
-parlare delle mie calze e della mia felpa, che non è stupida, ti aiuta a elaborare il lutto?
-sì.
-e...- Alfred si morse il labbro -e togliermeli? Ti aiuterebbe?
Ivan non disse niente per un po'. Sospirò -lo sapevo che non era una buona idea.
-non stai rispondendo alla mia domanda.
-distruggo tutto ciò che tocco- replicò Ivan -mia sorella è morta, l'altra mia sorella è impazzita ed è sparita chissà dove. Non voglio rovinare anche te.
Alfred alzò gli occhi al cielo -quindi è questo il motivo? Pensavo di essere io quello stupido- lo baciò. Sulle labbra. Minchia, anni e anni per un bacio. Il ragazzo sentì i fuochi d'artificio -io sono già pazzo. Non puoi rovinarmi e non puoi decidere per me. E ora sono maggiorenne, vivo da solo, quindi senza Arthur in mezzo alle scatole, e Matthew non dirà niente perché ci shippa da anni. Non hai più scuse, big noise. Se mi vuoi dillo, altrimenti dillo e basta.
Ivan sospirò, tirandoselo contro e acchiappandogli le labbra in un bacio da mozzare il fiato.
-odio quando diventi intelligente.

Hercules osserva la tomba di Sadiq. Non ha fiori, né ha intenzione di portarglieli.
Si siede ai piedi della tomba e prende un libricino dalla tasca.
-ciao. Questa volta ti ho portato il Simposio di Platone, penso che ti piacerà.
La tomba non risponde. Ma d'altronde è una tomba. Sarebbe preoccupante il contrario.
-sai, sono tutti felici. È un bel finale per una storia, no?- apre il libro e si mette a cercare la pagina giusta -io? Sto bene così. La felicità è faticosa, e lo sai che sono pigro. Aspettare la felicità invece mi piace di più- sfiora la foto con due dita. Solo due. Le altre pendono verso il terreno -sei stato uno stronzo, e un gran bastardo. Non credo a Paradiso e Inferno, ma tu devi essere all'Inferno. Però continuo a sperare di rivederci, un giorno. È stupido. Io andrei nelle Praterie degli Asfodeli, esisto e basta, non sono lodevole per nulla. Tu invece devi essere nei Campi della Pena. Se fosse così, neanche mi ricorderei di te. Però continuo a sperarci- gira pagina -aveva proprio ragione Pandora. La speranza è l'ultima a morire, no? Però se muore dopo che sarò morto io è un problema, perché non avrei speranza con me nell'aldilà. Sto filosofando troppo? Però mi piace filosofare. A te dava fastidio quando partivo per la tangente, ma sei stato stronzo, quindi ti tocca ascoltarmi mentre filosofeggio- chiude il libro, non ha più voglia di leggere -l'altro giorno ho visto Lovino. Non so se mi senti davvero, qui sotto non c'è il tuo vero cadavere, di te c'era solo polvere quindi... non so cosa ne pensi di Lovino, comunque, visto che ti ha ucciso, anche se eri consenziente, ma a me piace, è un bravo ragazzo e parlare con lui è facile. Ha una figlia, ora. Ha detto che stanno per adottarne un altro. C'ero al suo matrimonio, è stata una giornata carina. Però mi chiedo... a volte mi chiedo come sarebbe stato se tu non fossi stato uno stronzo e non fossi morto. Forse mi sarei innamorato davvero di te. Forse avremmo avuto una giornata carina come quella di Lovino e Antonio e avremmo avuto una bambina e staremmo progettando di adottarne un altro. Però no, non ti ci vedo a crescere un bambino, e tanto meno ci vedo me. A volte mi sembra un'idea carina, poi cambio idea, poi mi dico che rifletterci è stupido perché tanto non succederà perché sei morto. Ma forse, e dico forse, mi ero già innamorato di te. Forse. Non lo so e non potrò saperlo, perché tanto sei morto e quindi pace. E poi l'amore è faticoso e io sono pigro. Aspettare l'amore, invece...- scuote la testa -non so perché ti sto parlando. Non sei una persona, sei un pezzo di marmo conficcato per terra. Però mi piace parlarti, perché finalmente hai imparato ad ascoltarmi- si asciuga la guancia -se l'avessi fatto prima forse non sarei qui e tu saresti vivo. E invece sei morto. Perché sei stato uno stronzo, un bastardo e un idiota e io ti odio così tanto perché mi manchi e non so cosa farci ed è stupido perché sei stato un idiota stupido e stronzo e dovrei smetterla di pensarti perché ormai sei morto ma continuo a pensarti e mi odio e ti odio e ti amo.
-e così sei innamorato di me.
Hercules si gira di scatto.
Sadiq è lì, con le mani nelle tasche del giaccone pesante.
-sarebbe stato carino saperlo prima.
-sei uno stronzo.
-lo so- allarga le braccia -adesso mi abbracci o devo farmi ammazzare di nuovo?
 

Ringraziamenti:
Ciao. Mi sembra doveroso fare questa cosa, anche se è la prima volta che ci provo.
Questa storia per me ha significato tanto, perché, l'ho già specificato, è la prima storia davvero articolata che scrivo. Ho avuto un lungo periodo di blocco tra la prima e la seconda liceo (grazie, sistema scolastico italiano) e, per qualche oscura ragione, durante la quarantena mi sono sbloccata e, dopo varie oneshots, ho scritto e pubblicato su efp due storie di otto e quattordici capitoli, l'una il seguito dell'altra, però erano due storie d'amore (Spamano e Gerita, con varie imprecisioni storiche per altro), non molto complicate a livello di trama.
Poi, intorno a fine agosto/inizio settembre, mi è venuta l'idea per questa storia, inizialmente come semplice storia da mandare ad alcuni amici su whatsapp, poi, una volta pronti abbastanza capitoli, ho iniziato a pubblicarla. Inizialmente avevo ipotizzato una trentina di capitoli, poi una quarantina, e come potete vedere siamo arrivati a cinquanta (48+prologo ed epilogo, il quale è oscenamente lungo). Sicuramente ci saranno dei buchi di trama da qualche parte, non sarà una storia perfetta, ma ci ho provato (mi è decisamente scappata la mano verso la fine... troppi capitoli di conclusione, lo ammetto).
Però questa parte si chiama ringraziamenti, quindi finiamo questa pappardella inutile e ringraziamo un po' di gente: iniziamo da Eikõ, aka caccia22, Gin e Kris (leggi bagascio), che hanno assistito alla nascita di questa storia (e Eikõ mi ha aiutato con il titolo). Poi ringrazio _Meliodas_Sama_, che sopporta i miei scleri, AmateCanadaluridi, cristalmagic278, enifStar24, Supermaty_ e spero di aver nominato tutti (se ho dimenticato qualcuno ditemelo che correggo!), che su Wattpad hanno letto e commentato, e su efp MikoKagome96, Congiu Walter, R_Kim56, Viki Perri e Giuki Moon che hanno recensito.
E, uhm, basta credo? Non dovrei aver dimenticato nessuno (perdonatemi in caso!)
Ringrazio... il mio cane? Sì, ringrazio anche lui nel dubbio.
Questa storia è finita, ma ciò non significa che mi fermerò qui a scrivere (_Meliodas_Sama_ tu sai), anzi.
Sto già lavorando a un progettino... questa volta ambientato nell'universo di Game of thrones. Pubblicherò il primo capitolo mercoledì prossimo (ormai è tradizione)
Il titolo è: canto di lupi, leoni, vigliacchi ed eroi, ho già pronta una dozzina di capitoli :)
Bene... alla prossima allora.
~Daly

   
 
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