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Autore: Miki89    28/08/2009    1 recensioni
Amber si sentiva stranamente combattuta: se una parte di lei le urlava di darsi una mossa e scappare da quel vicolo, l’altra la spingeva irragionevolmente ad andare avanti.
Stava quindi per fare un passo avanti, quando una voce la fece sobbalzare.
«Non penso sia una buona idea. Fossi in te, tornerei indietro.»
Sconcertata, Amber andò a fissare il giovane. Indubbiamente era stato lui a parlare, ma non sembrava essersi minimamente mosso.
Teneva ancora gli occhi chiusi, ma era come se fosse stato perfettamente a conoscenza di tutto ciò che Amber aveva appena fatto o intendesse fare. «Come scusa?»
Finalmente il giovane si mosse, puntando due occhi di un castano sorprendentemente chiaro su di lei. «Ho detto,» ripeté, scandendo bene la parole come se stesse parlando con una bambina di cinque anni. «che non è una buona idea. Credo proprio che dovresti tornare indietro.»
Cosa faresti se in una giornata di neve, vedessi all’improvviso uno sconosciuto talmente leggero da non lasciare impronte sulla neve? Lo ignoreresti? Oppure, proprio come fa Amber, potresti decide di seguirlo, e tentare così di scoprire chi possa essere… In questo caso, forse potresti dare un’occhiata e vedere come potrebbe andare a finire
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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20 Decisioni da prendere e geni da portare indietro

20

Decisioni da prendere e geni da riportare indietro



Davanti a noi i nemici e dietro lo spavento,
Il nostro letto sarà sotto il cielo e nel vento,
Fino al giorno in cui con la stanchezza in volto,
Il viaggio sarà finito e il compito svolto.
Dobbiamo andare! Dobbiamo andare!
Prima che l'alba incominci a spuntare!

[J.R.R.Tolkien - Il Signore degli Anelli]



 «Amber? Amber! Ma mi stai ascoltando?!» la voce scocciata di Edith, riportò la ragazza con i piedi per terra.
Si riscosse, smettendo di fissare con sguardo perso fuori dalla finestra per andare a puntarlo sul volto contrariato dell’amica.
 «Scusami, Edith. Mi sono distratta.» rispose, cercando disperatamente di ricordare quale fosse l’argomento della loro conversazione.
 «Insomma, si può sapere che cosa ti sta succedendo?» domandò l’altra, il tono severo. «Sei distratta, con la testa tra le nuvole… Sembra sempre che tu stia pensando ad altro.»
Amber le rivolse un debole sorriso, nel tentativo di placarla.
Edith non poteva certo sapere quanto la sua affermazione si fosse avvicinata alla realtà.
Da due mesi a quella parte, non passava giorno senza che Amber si chiedesse cosa stesse succedendo ad Alfheim.
Con suo grande disappunto, le notizie che riusciva ad ottenere tramite Alasteir erano confuse e frammentarie; l’unica cosa certa era che quel mondo stava rapidamente scivolando nel caos.
E tutto per colpa di quella maledettissima strega!
Ancora le venivano i nervi al solo pensiero.
Non che dalla sua parte le cose andassero meglio, intendiamoci!
Nonostante la partenza dell’Adhal, la neve continuava a cadere imperterrita, concedendo brevi tregue di qualche giorno, puntualmente foriere di speranza. Speranza che moriva non appena spuntava l’ennesimo fiocco di neve a preannunciare nuovi periodi di freddo intenso, scarsa visibilità e incidenti a volontà.
L’unica ragione per la quale la città ancora non si trovava preda del più totale scompiglio era costituita dal livello della neve: nonostante continuasse a cadere non sembrava depositarsi sul compatto strato già esistente.
Fenomeno che, per quanto accolto con sollievo generale, rimaneva inspiegabile.
Così come nessuno era in grado di spiegare le pesanti nuvole che costantemente oscuravano il sole e spargevano il loro carico sull’infelice centro abitato, senza che alcun vento riuscisse a spazzarle via.
I meteorologi ne erano rimasti sconcertati.
O meglio, inizialmente ne erano rimasti sconcertati. Con il passare del tempo erano riusciti ad attraversare vari stadi emotivi – tra i quali l’allegro ottimismo, una sempre meno fiduciosa speranza, un progressivo avvilimento – tutti giunti inevitabilmente alla disperazione. Poco ci mancava che si mettessero a piangere ogni qualvolta dovevano fare una previsione per Huddersfield e dintorni.
I più disperati, nel tentativo di dare una spiegazione logica ad un fenomeno che di logico non aveva un bel niente, avevano attribuito la colpa di tutto a qualche satellite in avaria: ovviamente le nubi che stazionavano sopra la zona non potevano essere sempre le stesse a distanza di settimane! Era scientificamente impossibile.
Al che, erano arrivate presso le varie redazioni centinaia di lettere di risposta in cui si affermava che di certo il fenomeno sarà anche stato scientificamente impossibile, ma che lì nevicava da più di tre settimane di fila e il sole stava diventando ormai un’entità sconosciuta. Quindi checché ne dicessero loro, quelle nuvole erano sempre le stesse e non accennavano a spostarsi di un millimetro; e se non lo sapevano loro che le stavano sopportando da quasi un mese non poteva saperlo nessun altro, tante grazie.
Da quel momento, nessun meteorologo si era più azzardato a dire alcunché.
Ovviamente Amber avrebbe potuto fornire loro la risposta a quegli interrogativi – spiegando che nuvole e neve erano frutto di un incantesimo di una creatura pericolosa e poco incline a simpatizzare con gli sfortunati che ne subivano le conseguenze – ma aveva preferito soprassedere.
Una visita al più vicino reparto di psichiatria non rientrava tra i suoi programmi.
 «Amber!» per la seconda volta, l’esclamazione esasperata di Edith la riscosse dai suoi pensieri. «Non posso crederci. L’hai fatto di nuovo! Ma che ti prende? Mi vuoi dire che cosa ti passa per la testa?»
Amber sospirò appena.
Come poteva spiegarle a cosa stava pensando?
L’amica l’avrebbe di certo presa per pazza… senza contare il fatto che, in ogni caso, era costretta per cause di forza maggiore a tenere la bocca rigorosamente chiusa.
Anche se i Portali erano stati chiusi non si poteva mai sapere: preferiva non pensare a che cosa le sarebbe potuto capitare se avesse infranto un ordine diretto del Consiglio! Anche perché lei ormai poteva essere considerata a tutti gli effetti al pari di un nativo di Alfheim, con tutto quello che ne derivava.
Già. E che cosa ne derivava, per lei?
Niente. Assolutamente niente.
Il nulla più completo!
E tutto perché un certo Controllore dei suoi stivali aveva chiuso i Portali senza prendersi la briga di farglielo sapere in anticipo!
Naturalmente lei non avrebbe mai scelto di trasferirsi ad Alfheim – così come non l’aveva fatto neanche Alasteir – ma avrebbe preferito essere lei a deciderlo, invece di venirlo a sapere una settimana dopo, quando ormai non si poteva tornare indietro!
Come al solito Ed faceva sempre di testa sua!
Maledetto Ed!!!
Anche a distanza riusciva a farle saltare i nervi.
Come se di suo non avesse già abbastanza cose di cui preoccuparsi.
Primo fra tutte, tentare di tenere sotto controllo la rabbia. In caso contrario avrebbe passato un bel po’ di guai.
Ci mancava pure quello!
E dire che era iniziato tutto in maniera piuttosto normale…
Fin da piccole, Amber e Maggie avevano sempre trovato la maniera di punzecchiarsi e infastidirsi reciprocamente. Una cosa normale tra sorelle. Era un modo come un altro per passare il tempo, soprattutto da quando Maggie era diventata abbastanza grande da poter badare alla sorella minore durante le lunghe e sempre più frequenti assenze dei genitori.
Ormai andavano avanti per abitudine, lanciandosi frecciatine da una stanza all’altra per le cose più insignificanti. A volte riuscivano a farsi saltare i nervi a vicenda, ma l’arrabbiatura non durava mai più di un giorno e le cose tornavano rapidamente alla normalità.
In fin dei conti, qualche sfuriata di quando in quando non poteva fare che bene.
O almeno era quello che aveva sempre pensato Amber… fino a qualche settimana prima…

*°*°*°*°*°*°*

 «Maggie! Accidenti a te! Cosa non hai capito della frase: “Sono in ritardo”?!» nel corridoio davanti al bagno, Amber urlava contro la porta chiusa.
«Non sei l’unica!» la voce della sorella giungeva soffocata dall’altra parte. «Almeno cinque minuti per farmi la doccia me li concederai?!»
«Cinque minuti!» l’esclamazione della ragazza aveva assunto una sfumatura sarcastica. «Sei lì dentro da almeno un quarto d’ora!»
 «Il tuo orologio va troppo veloce.»
Amber cercò di controllare l’irritazione.
Ecco come cominciare in bellezza la giornata!
 «E il tuo va a rilento come al solito!» sbottò quindi. «Muoviti!»
 «Non mi mettere fretta!»
 «Te la metto eccome! Sono in ritardo! Ri-tar-do! Capisci il significato della parola? Ritardo!! Datti una mossa!»
Sentì lo scrosciare dell’acqua. La risposta di Maggie non si fece attendere.
 «Che ti serva da lezione. Così la prossima volta ti ricorderai di comprare una sveglia nuova.»
Amber si trattenne dal prendere a calci il mobiletto nel corridoio.
Già. La sua povera sveglia si era fracassata contro il pavimento solo qualche settimana prima.
E tutto perché un certo Edward Lionel Walker si era introdotto senza permesso nella sua stanza alle due di notte!
Come al solito, era sempre tutta colpa sua!
Amber sorvolò tranquillamente sul fatto che se Ed non fosse entrato nella sua stanza, niente avrebbe impedito all’Adhal di farlo a sua volta!
Ma in quel momento la ragazza non si sentiva dell’umore adatto per riflettere in maniera logica: era molto più facile prendersela con il giovane Controllore, cosa che, tra l’altro, le permetteva in una certa misura di sfogarsi.
 «Maggie! Maledizione!»
 «Vai a fare colazione, nel frattempo.» le rispose la voce imperturbabile della sorella.
Amber cercò di non pensare a quanto si sarebbe sentita meglio se avesse potuto prendere a pugni qualcuno. Era incredibile come nelle ultime settimane anche la più minima e insulsa stupidaggine riuscisse a farle saltare i nervi con estrema facilità.
Maggie le aveva fatto notare come più di una volta fosse stata sul punto di scoppiare, cosa che, aveva aggiunto, non era da lei.
Ovviamente aveva ragione. Sembrava quasi che tutta la rabbia accumulata durante i due giorni del Consiglio non fosse scomparsa ma, al contrario, si fosse solo rintanata da qualche parte dentro di lei in attesa di saltare fuori non appena se ne presentava l’occasione.
Come stava avvenendo in quel momento.
 «L’ho già fatta!» sbottò quindi, tentando di controllarsi. «E sono già vestita! Non devo fare nient’altro se non aspettare che tu esca da quel maledetto bagno!»
 «E allora aspetta.»
Amber non poté fare a meno di infuriarsi di nuovo.
 « Ancora un po’ e inizierò a prendere a calci questa dannata porta!!»
 «Sei la solita esagerata.»
 «MAGGIE!»
A quel punto, il vaso sul mobiletto del corridoio scoppiò in mille pezzi.
La ragazza rimase a fissare ciò che ne rimaneva, gli occhi sgranati per lo stupore e lo spavento.
La porta si aprì di colpo mentre Maggie si catapultava fuori allarmata.
 «Amber! Cos’è successo?!» poi si bloccò, accorgendosi dei cocci sparsi per tutto il pavimento del corridoio. «Che cosa hai fatto?»
Amber puntò sulla sorella uno sguardo disorientato.
 «Io non ho fatto niente…» balbettò, ancora incapace di realizzare cosa fosse accaduto. «Non l’ho neanche toccato.»
Maggie stava per replicare quando notò una sottile striscia rossa sulla guancia della sorellina.
 «Accidenti, ti sei ferita!» afferrandola per un braccio la tirò dentro il bagno. «Ma come hai fatto a tagliarti lì?!» domandò, cercando la scatola dei cerotti.
Amber si portò una mano alla guancia, troppo scossa per cercare di rispondere. Maggie non si era resa conto di quello che era successo davvero: pensava chiaramente che il vaso si fosse rotto cadendo per terra; in realtà l’oggetto era illogicamente scoppiato sul posto, e quello spiegava come Amber si fosse procurata la ferita: un frammento del vaso l’aveva colpita di striscio, proiettato in avanti dalla forza dell’esplosione.
Ma Amber si guardò bene dal dirlo alla sorella.

*°*°*°*°*°*°*

Ed è stata la decisione migliore che potessi prendere, rimuginò la ragazza tra sé, ripensando a quell’avvenimento.
Soprattutto considerando il fatto che la storia non era finita lì: quello era stato solo il primo di una lunga serie di fenomeni… bizzarri.
Muri che si crepavano, quadri fino a quel momento normalmente appesi alla parete che si schiantavano per terra, finestre che si frantumavano senza alcun motivo… l’ultima della lista era stata la radio in cucina: era saltata in aria all’improvviso, per poi rimanere a fumare sul pavimento sotto lo sguardo sconvolto di Amber e Maggie.
Quest’ultima aveva preso la cosa con filosofia, dichiarando che probabilmente quella radio aveva tirato avanti anche troppo a lungo; erano anni che pensava di comprarne un’altra e finalmente ne avrebbe avuto l’occasione.
Amber aveva ringraziato con tutto il cuore qualsiasi potere superiore fosse riuscito ad impedire alla sorella di ricollegare gli strani eventi che da un po’ si verificavano in casa e di trarne le debite conclusioni.
Cosa che invece lei aveva fatto.
Era rimasta scossa nel constatare come quei fenomeni si verificassero solo quando lei si trovava preda di particolari stati d’animo. Il vaso che scoppiava e le finestre che si frantumavano erano avvenuti in concomitanza con una discussione accesa tra le due sorelle; mentre muri crepati e quadri che cadevano per terra senza una spiegazione logica si erano presentati mentre lei si sentiva irritata o spazientita…
In ogni caso, la sua presenza era stata una costante durante tutti quei fenomeni… troppo perché potesse trattarsi di una mera coincidenza.
Era quindi giunta ad una conclusione: ogni volta che si arrabbiava, le saltavano i nervi o perdeva le staffe qualcosa scoppiava, saltava in aria, si rompeva o si schiantava per terra.
Indi per cui, era tutta colpa sua.
Non si era trattato di un pensiero particolarmente rassicurante…
Nel momento in cui l’aveva formulato si era vista costretta ad impedire alla sua mente di immaginare cosa sarebbe potuto succedere se la sua rabbia repressa si fosse scagliata contro la sorella invece di accanirsi su oggetti inanimati!
Il terrore che questo potesse verificarsi l’aveva spinta ad irrompere come un tornado nel negozio di Alasteir, appena prima che quest’ultimo lo chiudesse per la pausa pranzo…

*°*°*°*°*°*°*

 «Alasteir!»
Amber entrò nel negozio spalancando la porta con veemenza, i fiocchi di neve che le vorticavano intorno furiosamente.
Uno sguardo all’espressione sconvolta della ragazza bastò allo Stregone per capire come qualcosa non andasse; il panico puro che trapelava dalla sua voce non fece altro che confermare i suoi sospetti.
 «Amber, calmati. Che cosa succede?» domandò quindi, chiudendo la porta.
Ma lei non sembrava incline a seguire quel suggerimento. Al contrario, la sua agitazione cresceva di minuto in minuto.
 «Alasteir, devi assolutamente aiutarmi! Se dovesse succedere di nuovo…! Non potrei mai perdonarmelo!» esclamava, apparentemente ignara dello Stregone che tentava di farle salire le scale. «Al diavolo i vasi! Posso anche romperli tutti fino all’ultimo, ma se le dovesse capitare qualcosa…!»
 «Amber! Basta!»
Cogliendo la nota perentoria nella voce dell’uomo la ragazza ammutolì, lo sguardo ancora sconvolto.
Tra una cosa e l’altra, Alasteir era finalmente riuscito a condurla nella grande sala circolare, per poi depositarla su una delle solite poltrone di seta rossa.
Quando anche lui si fu accomodato esalò un profondo respiro preparandosi ad affrontare la tempesta imminente.
 «Adesso raccontami quello che è successo, con ordine ma soprattutto con calma!» affermò quindi.
Amber aprì la bocca… e partì in quarta.
 «Tutto questo non ha senso! Perché devono capitare tutte a me?!! Tra un po’ basterà un solo sguardo e farò saltare in aria tutto quello che mi circonda! Scommetto che è stata tutta colpa dell’Adhal! Quella megera! Gliela farò pagare! Il vaso è scoppiato e pure la radio! Ero affezionata a quella radio, maledizione! E il quadro in soggior…»
 «Amber!» lo Stregone alzò di nuovo il tono di voce, introducendosi in quel monologo apparentemente senza fine. «Avevo detto con calma! Avanti, fai un bel respiro…»
Suo malgrado, la ragazza ubbidì.
 «Brava. E ora comincia dal principio… e vai piano!»
Così, un poco alla volta, tutta la storia saltò fuori.
Quando alla fine Amber smise di parlare, Alasteir si appoggiò meglio contro lo schienale, l’espressione pensierosa.
 «Questa faccenda mi lascia perplesso.» esordì, lasciando trapelare il suo sconcerto. «Non credo di aver mai sentito prima di una cosa del genere…»
 «E’ una scocciatura!» sbottò Amber, che sembrava essersi ripresa. «Una scocciatura che porta solo guai! Come faccio a controllarmi? Io mi arrabbio come minimo una decina di volte al giorno! E nessun oggetto era mai scoppiato prima d’ora!»
Alasteir sorrise divertito nel notare l’espressione imbronciata di lei.
 «Oserei dire che sarebbe un ottimo esercizio per te. Ti aiuterà a tenere sotto controllo gli attacchi di rabbia…»
 «Eeeeh?!»
 «Arginando la tua collera le varie esplosioni incontrollate dovrebbero come minimo ridursi, no? Se come dici tu sono collegate…»
 «Ma sarà un’impresa titanica!» protestò la ragazza, il tono lamentoso.
 «E’ l’unica soluzione che sono in grado di proporti, al momento. In ogni caso, dovresti cercare di dirottare la tua rabbia verso un oggetto, in modo da incanalarla… diciamo a scopo preventivo.»
 «Prevedo tempi duri.» borbottò Amber, scontenta. «E ancora non capisco quale sia la causa di tutto questo…»
Alasteir prese a tamburellare le dita sul bracciolo.
 «Su due piedi non sono in grado di darti una spiegazione plausibile… anche se dubito che possa essere stata l’Adhal…»
 «Maledetta strega!» esclamò Amber, giusto per sfogarsi un po’.
Dalla stanza attigua la sala circolare giunse un sonoro schianto.
Amber assunse immediatamente un’aria allarmata.
 «Non sono stata io! Ti assicuro, Alasteir… sono sicura di non aver fatto niente…!»
Ma lo Stregone aveva preso a scuotere la testa con aria rassegnata prima ancora che la ragazza avesse aperto bocca.
 «Rilassati, Amber. So che non sei stata tu. Ho già una mezza idea di chi sia il colpevole…» si passò una mano sul volto. «Che hai combinato questa volta, Karim?!» domandò, alzando il volume della voce così da farsi sentire anche nell’altra stanza.
 «Assolutamente niente!» giunse la risposta, mentre Amber spalancava gli occhi riconoscendo la voce.
 «Karim? Ma… che ci fa lui qui?» chiese, non riuscendo a capacitarsi. «Dovrebbe essere ad Alfheim!»
 «Non dirmelo.» sospirò Alasteir con profondo avvilimento. «E’ qui da meno di una settimana e già non lo sopporto più…»
La ragazza gli scoccò un’occhiata sorpresa, non aspettandosi un commento del genere da parte dello Stregone.
 «Cerca di capirmi, Amber.» replicò lui, cogliendo lo sguardo. «Da quando è arrivato non c’è più un attimo di pace in questa casa. Libri che levitano ad ogni ora del giorno, oggetti delicati che si frantumano per terra… è persino riuscito ad infastidire i miei gufi! E poi non sta mai zitto! …neanche mezzo secondo!»
Lei lo osservò per qualche secondo, pensando che lo Stregone non le era mai sembrato così snervato come in quel momento.
Anche di un’enorme pazienza come quella di Alasteir, prima o poi, si intravedeva la fine…
E Karim sembrava in grado di portare al punto di rottura anche un santo.
L’interessato entrò svolazzando nella stanza.
 «Amber! Mi era sembrato di sentire la tua voce!» esclamò, chiaramente entusiasta di vederla.
 «Ciao Karim.» rispose aprendosi suo malgrado in un sorriso. «Cosa ci fai da questa parte?»
 «Sono passato per il Portale appena prima che Ed lo chiudesse.» spiegò il bambino, chiaramente orgoglioso di se stesso. «Avresti dovuto vedermi Amber! Non se n’è neanche accorto!»
 «Credo che al momento avesse altro di cui preoccuparsi, che non di un genietto impertinente sempre pronto a causare guai.» intervenne Alasteir, il tono bonario. Lo Stregone era evidentemente rapido al perdono.
Non altrettanto lo era Amber, però.
Solo al sentire il nome di Ed, l’ormai familiare rabbia cominciò a crescere velocemente, pregiudicando qualsiasi pensiero logico stesse tentato di nascere nella sua mente.
Memore delle parole dello Stregone, tentò di arginarla.
Ma sarebbe stato come tentare di invertire la corrente di un fiume per farla risalire alla sorgente…
Impossibile.
Un bicchiere posato sul tavolo della sala si frantumò con gran fracasso.
Due paia d’occhi vennero puntati sul volto in fiamme della giovane.
 «Ehm… temo di essere stata io… questa volta.» esordì alla fine, l’espressione colpevole.
 «Sarebbe anche potuta andare peggio.» considerò Alasteir, fissando con aria pensierosa quello che restava del bicchiere. «Non credevo che il semplice menzionare il suo nome potesse farti questo effetto...»
 «Non ho la minima intenzione di perdonarlo.» borbottò lei, il tono scontroso.
 «E chissà cosa succederebbe se te lo trovassi davanti!» intervenne Karim, vociando allegro, senza sembrare troppo colpito dagli ultimi eventi.
 «Probabilmente non ne troveremmo i resti.» rispose Alasteir. «Ringrazio il cielo che ci sia l’intera cinta dei Portali a separarvi, altrimenti sarebbe la fine!»
 «Quella di Ed di sicuro!» confermò la ragazza. «Ma cosa sarebbe questa… “cinta”? Pensavo che tutti i Portali fossero scomparsi…»
 «Chiusi.» precisò l’altro, ignorando Karim che volteggiava spensierato per la sala. «Non scomparsi. C’è una bella differenza tra le due cose. Il muro di energia che separa i due mondi esiste ancora; solo non può più essere attraversato da nessuna delle due direzioni.»
 «Capisco. Quindi i passaggi potrebbero essere ripristinati in qualsiasi momento…» osservò la ragazza.
 «Indubbiamente. Ma solo quando ogni Controllore ne riceverà l’ordine.»
Quell’affermazione ridusse Amber al mutismo per qualche minuto.
 «Quindi…» iniziò poi, appena titubante. «…non è stato solo… Ed… a chiudere i Portali.»
 «Certo che no.» si affrettò a confermare Alasteir. «Lui poteva chiudere soltanto i Portali che rientravano nella sua zona d’influenza. Gli altri competono ai rispettivi Controllori.»
Si fissarono in silenzio, uno con espressione distesa, l’altra con aria decisamente imbronciata.
 «Non lo perdono comunque!» sbottò lei alla fine, intuendo l’occhiata che le veniva rivolta.
 «Certo, Amber.» rispose lo Stregone con voce serena. «Si tratta di una tua decisione.»
 «Precisamente.» borbottò la ragazza. «E tanto cosa vuoi che gliene importi se sono arrabbiata con lui…!»

*°*°*°*°*°*°*

A due settimane di distanza da quella conversazione, Amber era ancora preda di un umore tempestoso.
Tuttavia, grazie al consiglio di Alasteir, gli incidenti domestici si erano notevolmente ridotti: erano andati in pezzi solo un paio di bicchieri e si era bruciata una lampadina. Nulla di che rispetto alle precedenti esperienze.
Non che le sue preoccupazioni fossero finite!
Ovviamente ottenere un po’ di pace, una volta ogni tanto, sarebbe stato chiedere troppo!
Quindi, come se l’arrabbiatura nei confronti di Ed e il rischio di far saltare in aria la casa ad una sfuriata di troppo già non bastassero, ora doveva anche preoccuparsi di quella maledettissima neve che, non solo non accennava a smettere, ma che stava anche lentamente allargando il suo campo d’azione!
Già!
Le nuvole scure si erano moltiplicate, iniziando a coprire una maggiore superficie, invadendo lo spazio aereo di altre città.
Un fenomeno a dir poco inquietante.
Quella maledetta vacca!, pensò Amber di malumore, prestando scarsa attenzione alla lezione in corso. Ci vedo il suo zampino lontano un miglio!
Doveva essere stato per forza intenzionale. Chiunque altro avrebbe levato quello stupido incantesimo, una volta raggiunto il proprio obbiettivo!
Ma lei no!
L’aveva lasciato attivo, libero di seminare panico e confusione a destra e a manca!
Tipico di quella donna! Di sicuro ha qualcosa in mente, rifletté, fingendo di prendere qualche appunto tanto per non destare troppa attenzione. Mi ci gioco la testa!
E il fatto che Alasteir non fosse riuscito in alcun modo a spezzare l’incantesimo dava da riflettere.
Incantesimo impossibile da annullare uguale a guai a non finire!
Era matematicamente certo.
E poi quelle maledettissime nuvole che se ne andavano a spasso a seminare neve ogni due per tre!
Andando avanti di quel passo e presto l’intero paese si sarebbe trovato ricoperto da una spessa coltre bianca.
Guardando i disagi che aveva provocato in una cittadina come Huddersfield non sarebbe stato difficile immaginare le conseguenze a portata nazionale.
O a portata mondiale!
Amber odiava essere melodrammatica, ma era sicuro che da lì a qualche mese le nubi si sarebbe stancate di vedere solo la Gran Bretagna…
Quante partite ha intenzione di giocare quella donna?
E se l’obbiettivo dell’Adhal restava un mistero, una cosa Amber la sapeva di sicuro: non le avrebbe permesso di fare il bello e il cattivo tempo a suo piacimento!
Sua era la colpa e suo era il dovere di rimediare!
Sarò il classico bastone tra le ruote! considerò con una certa soddisfazione.
Era da un po’ che ci stava pensando e l’idea si era formata quasi per caso. La ragazza l’aveva lasciata lì nella sua mente, permettendo che germogliasse e si facesse strada passo dopo passo fino a diventare una decisione.
Sarebbe tornata ad Alfheim.
Non sapeva ancora bene né come né quando, ma l’avrebbe fatto.
Alcuni particolari erano ancora da sistemare, ma aveva già ben chiara la prima mossa.
Fu così che, terminate le lezioni, Amber si avventurò all’esterno dirigendosi velocemente verso l’ospedale.
Quello sarebbe stato il punto di partenza.
Da lì, sperando nell’efficienza della sua memoria, avrebbe cercato di raggiungere il luogo in cui per la prima volta aveva aperto un Portale.
Fu più facile del previsto. Nonostante quella volta non avesse prestato molta attenzione alla direzione presa una volta uscita dall’ospedale poiché impegnata a parlare con Loxias, quest’ultimo era sempre andato, tranne qualche eccezione, in direzione retta.  
Ben presto si trovò di fronte a quel muro che un tempo aveva sperato ardentemente di poter attraversare per sfuggire all’Adhal.
Ma ora arrivava la parte più complicata: non aveva la minima idea di come fare ad aprire il Portale. Ricordava troppo poco della volta precedente per sapere che cosa avesse fatto con esattezza l’Adhal nella sua mente.
Ma non si sarebbe certo arresa per così poco!
Chiuse gli occhi, iniziando ad estraniarsi da tutto quello che la circondava; scomparvero i rumori e il suoni di voci, lasciandola sola in mezzo alla neve che vorticava: quella era l’unica cosa che ancora percepiva.
Lasciò la sua mente libera di vagare senza controllo, mantenendo come unico appiglio il pensiero dei Portali. Quello era l’obbiettivo da raggiungere, l’unica cosa che avrebbe impedito alla sua coscienza di andare alla deriva.
Qualcosa le suggeriva che più avesse cercato di afferrare quella parte della sua mente in cui risiedeva la sua nuova capacità, e più questa le sarebbe sfuggita. Doveva arrivarci con calma, delicatamente e senza forzature.
La consapevolezza arrivò talmente all’improvviso da farle rischiare di perdere tutto. Si costrinse a rilassarsi nel tentativo di riafferrare la sensazione che l’aveva invasa un istante prima. Ora non c’era più la calma piatta del nulla: le sembrava di essere immersa in un flusso ininterrotto di energia, all’interno ma allo stesso tempo estranea da esso.
Com’è che l’aveva chiamato, Alasteir?
La cinta dei Portali.
Ma non c’erano passaggi, al momento. Solo un’unica infinita barriera che separava i due mondi.
Amber tentò di non scoraggiarsi. Era un’Émeldrys, in fin dei conti. Doveva pure contare qualcosa!
Si sforzò di mantenere costante la sua concentrazione. Era talmente vicina!
Poi, quasi per caso, notò delle increspature – quello fu il termine che le balzò alla mente – nel flusso.
Erano lì, come in attesa di essere notate.
In seguito Amber non sarebbe stata in grado di spiegare per quale motivo esattamente avesse portato la mano in avanti. Istinto, probabilmente.
Funzionò. Le dita della ragazza sfiorarono una delle increspature, afferrandola delicatamente.
Provò a tirarla di lato, piano. Il flusso di energia cambiò impercettibilmente; Amber fu sommersa dalla consapevolezza che se fosse andata avanti a tirare sarebbe riuscita a ristabilire un passaggio tra il suo mondo e Alfheim.
Scioccata, aprì gli occhi. Il contatto svanì mentre intorno a lei tornavano suoni e presenze.
Ce l’aveva fatta.
Posso tornare ad Alfheim, realizzò, quasi incredula.
Un sorriso di esultanza comparve sul suo volto.
 «La partita è ancora aperta, strega.» ghignò, voltandosi per tornare indietro.

*°*°*°*°*°*°*

 «Per favore, potresti ripetere?­» domandò Alasteir, lasciandosi cadere sulla poltrona con espressione sbalordita.
 «Sono in grado di aprire un Portale.» l’affermazione trionfante di Amber portò nella sala il più completo silenzio.
Alasteir non sembrava essersi ancora del tutto ripreso dallo shock.
 «Ma come…? Dovrebbe essere assolutamente impossibile!»
 «Lo credevo anch’io, all’inizio.» ammise la ragazza. «Ma poi ci ho riflettuto sopra per un po’ e mi son detta: “Essere un’Émeldrys dovrà pur significare qualcosa, no?”… e così ho fatto un tentativo.»
 «Sbalorditivo.» commentò lo Stregone, iniziando a realizzare tutte le implicazioni di quel gesto. «E in effetti hai ragione: essere una Scopritrice di Porte ti da di sicuro qualche vantaggio in più…»
 «Contavo proprio su quello.»
 «Ma per quale motivo hai voluto fare questa prova?» domandò l’uomo, corrugando le sopracciglia.
 «Per lo stesso motivo per cui ora mi trovo seduta di fronte a te.» rispose lei con un sorriso, pronta ad affrontare la mossa successiva. «Ho bisogno di un favore.»
«Sentiamo.»
 «Ti ricordi l’incantesimo che Ed ti ha chiesto di realizzare qualche tempo fa? Quello che cancellava la memoria a chiunque mi conoscesse.» chiese lei.
 «Sì, certo.» rispose lo Stregone con un mezzo sorriso. «C’è stata una discussione piuttosto accesa, riguardo a quell’incantesimo. Perché?»
«Vorrei chiederti di rifarlo.»
Alasteir inarcò un sopracciglio, giustamente perplesso.
 «E perché mai?»
 «Perché voglio andare ad Alfheim. E non sapendo quanto tempo dovrò restare là, questa mi è sembrata la soluzione migliore.» spiegò la ragazza. «Oltretutto si tratta di un espediente già collaudato…»
«So che sto per ripetermi, ma… perché?!»
 «Continua a nevicare, Alasteir! Non smette da settimane. La situazione sta diventando insostenibile: continui incidenti, difficoltà negli spostamenti, nelle comunicazioni… non si può andare avanti in questo modo. Sono ormai più di due mesi che l’Adhal se ne è andata, eppure…»
Alasteir aggrottò la fronte.
 «E tornare ad Alfheim sarebbe la soluzione?»
 «Forse no.» ammise Amber. «Ma non ho intenzione di aspettare qui senza fare niente!»
 «Non sono sicuro che sia una buona idea, Amber…» obbiettò l’altro. «Anche Alfheim può rivelarsi un luogo pericoloso… e tu non lo conosci per niente!»
 «Ci ho già pensato. Ma ho già preso la mia decisione e non ho intenzione tornare indietro. In fin dei conti, si tratta di una mia libera scelta.»
 «Immagino di sì.» sospirò l’uomo.
 «Quindi non mi fermerai?» domandò lei, guardandolo speranzosa.
 «Non ti fermerò.» confermò lui, pur non sembrando minimamente soddisfatto.
 «Grazie, Alasteir.»
 «Edward non sarebbe d’accordo.» fece presente lo Stregone, forse sperando che questo potesse farle cambiare idea.
Come al solito Amber iniziò ad inalberarsi solo a sentire il suo nome.
 «Non ho la minima intenzione di farlo sapere a Mister chiudo-i-portali-senza-dir-niente-a-nessuno!»
 «Quindi vuoi che rimanga all’oscuro di tutto questo?»
 «Assolutamente sì!»
Alasteir si appoggiò meglio contro lo schienale della poltrona.
 «Allora lo saprà Jack.»
La ragazza scosse la testa.
 «No. Jake lo andrebbe subito a dire a Ed. Il risultato sarebbe lo stesso…»
 «In questo caso abbiamo un problema.» commentò l’altro serenamente.
 «Alasteir!»
 «Jack lo deve sapere. Questa è la mia unica condizione.»
La ragazza sbuffò, irritata. Mai che le cose andassero lisce come l’olio.
 «D’accordo.» concesse alla fine, dopo averci pensato su. «Ma voglio… una settimana di vantaggio.» precisò. «Potrai dirlo a Jake solo fra sette giorni.»
 «Due giorni.» ribatté Alasteir.
 «Quattro.» rispose lei con tono di sfida.
Si fissarono per qualche istante.
 «Vada per quattro.» accettò lo Stregone, certo di non poter ottenere di meglio. «E in realtà avrei un’altra condizione da porre…»
Amber assottigliò lo sguardo, sospettosa. «Sentiamo.»
 «Porta Karim con te.» proferì Alasteir con espressione quasi implorante.

*°*°*°*°*°*°*

 «Non voglio entrare nella lampada!» protestò Karim con quell’aria imbronciata che solo i bambini erano in grado di assumere.
 «Poche storie.» lo rimproverò Amber, la pazienza ormai agli sgoccioli. «Solo il tempo di attraversare il Portale e sarai di nuovo all’aria aperta!»
 «Ma perché?!»
 «Perché non sono del tutto sicura di quello che potrà capitare durante l’attraversamento del passaggio ed è meglio che tu stia al sicuro nella tua lampada.»
 «Al sicuro ma scomodo.» borbottò il genietto, ancora scontento.
Ignorandolo, Amber continuò a parlare.
 «Inoltre non ho la minima idea di dove andremo a finire. Quindi potremmo capitare chissà dove e in chissà quale situazione. Averti subito intorno sarebbe una pericolosa fonte di distrazione.»
Quello era stato uno dei pochi problemi che Amber non era riuscita a risolvere. Era sì in grado di aprire un Portale, ma non di controllarne la direzione. Come aveva appena detto a Karim, sarebbe potuti finire in qualsiasi posto.
 «Avanti! Prima entri, e prima potrai uscire di nuovo.»
Continuando a tenere il muso e borbottando tra sé frasi del tipo: «Ma io mica voglio tornare ad Alfheim!», Karim sparì con un sbuffo di fumo azzurro all’interno della lampada.
Emettendo un sospiro di sollievo, Amber la ripose al sicuro nella borsa a tracolla che si era portata da casa; dentro aveva sistemato un cambio d’abiti – anche se non era del tutto sicura di poterli utilizzare – fiammiferi, bende e cerotti per un rapido pronto intervento e qualche provvista.
Alasteir era stato particolarmente severo nel decidere quello che Amber avrebbe potuto portare dall’altra parte. Esistevano norme precise ad Alfheim: era assolutamente proibito portare con sé armi di quel mondo, medicinali, strumenti tecnologici e parecchia altra roba, e questo valeva sia per gli abitanti di Alfheim, sia per i pochi che decidevano di trasferirsi lì definitivamente.
Amber aveva suo malgrado dovuto adeguarsi, anche se rinunciare a prendere con sé medicinali l’aveva un po’ inquietata.
Speriamo di poterne fare a meno.
Era arrivato il momento di partire.
La ragazza controllò intorno a sé per accertarsi che nessuno stesse guardando nella sua direzione. Ma a quell’ora del mattino c’era ancora poca gente in giro, e lei si trovava in un luogo piuttosto riparato – probabilmente era stato per quel motivo che Loxias l’aveva scelto.
Concentrandosi intensamente, Amber tornò ad immergersi nel flusso d’energia che separava i due mondi. Individuata una delle increspature, l’afferrò delicatamente iniziando a tirare.
Il flusso cambiò: quando percepì che parte di esso aveva smesso di scorrere nella solita direzione, venendo invece risucchiato da qualche parte vicino all’increspatura, si azzardò ad aprire gli occhi.
Davanti a lei, un Portale occupava gran parte della superficie del muro di mattoni.
Amber rilasciò lentamente il respiro.
Ormai non si poteva più tornare indietro.
Volevi la bicicletta?
Adesso è arrivato il momento di pedalare!
Un passo dopo l’altro, Amber entrò nel passaggio.
Pochi istanti dopo e il Portale svanì con lei.


Dietro è la casa, davanti a noi il mondo,
E mille son le vie che ci attendon, sullo sfondo
Di ombre, vespri e notti, il brillar delle stelle
Davanti allor la casa, e dietro a noi il mondo,
Tornar potremo a casa con passo infin giocondo
Ombre e crepuscolo, nuvole e foschia
Sbiadiranno via! Sbiadiranno via!
Fuoco e luce, da bere e da mangiare,
Così tutti a letto poi potremo andare!




L L L



Eccomi di nuovo!
E così anche il capitolo 20 è andato. E’ strano pensarci: non avrei mai creduto di poter arrivare fino a questo punto… anche perché d’ora in avanti le cose si complicheranno!
Comunque, qualche breve commento. Inutile dire che anche questo capitolo non è stato facile da scrivere: dovevo trovare il modo di riempire un arco temporale di due mesi. Inizialmente avevo pensato di farlo raccontare tutto ad Amber in terza persona; ma poi ho realizzato che sarebbe stato difficile da scrivere per me e probabilmente noioso da leggere per voi. Così ho deciso di proporre gli spezzoni più importanti intervallati al presente.
Avrei anche voluto descrivere la reazione di Amber alla notizia della chiusura dei Portali, ma ho dovuto rinunciare: c’erano così tante cose da scrivere in questo capitolo, che sarebbe diventato davvero troppo lungo. E comunque la reazione non è difficile da immaginare: sarà stata come al solito teatrale e molto rumorosa.
Passo a ringraziare Meirouya che ha commentato il capitolo precedente. Fai bene a limitare i complimenti, almeno riesco a rimanere con i piedi per terra ^.^ Per quanto riguarda la lunghezza della recensione… No problem! Più sono lunghe e più fanno la mia felicità! Ultima cosa… Jack mi ha detto che di valigie ne ha piene le tasche, ma che non rinuncia mai a mandare un saluto ad una sua fan. Quindi se un’ombra scura entra dalla tua finestra, non chiamare la polizia. È solo un certo licantropo di nostra conoscenza… e di più non voglio sapere! >.<
Alla prossima



  
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