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Autore: IndianaJones25    09/04/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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XXVIII.
CHICAGO, ILLINOIS, GIUGNO 1925

   «Henry Jones, Jr., in virtù dei poteri conferitimi dal rettore dell’Università di Chicago, io la proclamo dottore in archeologia.»
   L’ultimo anno era stato parecchio faticoso.
   Indy lo aveva trascorso quasi per intero chino sui libri e con la penna in mano, compiendo mille sacrifici per terminare tutti gli esami che ancora gli mancavano. Per mesi interminabili - specialmente quando fuori dalla finestra splendeva il sole - aveva vissuto con la compagnia costante dell’emicrania che non mancava mai di presentarsi puntuale quando i suoi occhi vagavano troppo a lungo sulle pagine stampate, sugli schemi degli scavi e sugli appunti scribacchiati a mano.
   Era stato Abner a mettergli una certa fretta; senza parlare troppo velatamente, gli aveva fatto capire che, prima si fosse laureato, e prima le cose sarebbero migliorate per tutti: per Indy, che senza più il pensiero degli esami avrebbe potuto intraprendere per davvero la propria carriera; e per Abner stesso, che non avrebbe più avuto alcun motivo per restare legato all’Università e avrebbe così potuto mettere in pratica i propositi che rimuginava da anni.
   Una fretta che, però, anziché pesargli addosso, era servita da sprone a impegnare tutto se stesso in quell’impresa. Vi si era buttato a capofitto, senza più nessun timore, proprio come aveva fatto negli anni passati, quando aveva partecipato alle imprese eroiche della Grande Guerra.
   E, alla fine, aveva dovuto riconoscere che affrontare nidi di mitragliatrici e nemici assetati di sangue si era rivelata un’impresa molto più semplice che imparare tutte le nozioni necessarie per superare gli esami che, negli anni, reputandoli troppo pesanti, aveva lasciato da parte. Ma la soddisfazione che ne era derivata era anche maggiore.
   Il più arduo da superare fu quello di letteratura medievale. Non che non fosse preparato, in merito. Anzi, a riguardo aveva conoscenze profondissime, che affondavano le radici ai tempi lontani della sua infanzia. Probabilmente, di quella materia ne sapeva più lui dell’anziano e scorbutico professore che lo aveva interrogato - chissà perché, i docenti di letteratura medievale erano tutti uguali. Ma quell’esame gli aveva rammentato momenti spiacevoli e dolorosi del passato che avrebbe preferito dimenticare per sempre, e forse anche per questo motivo fu l’ultimo che affrontò prima della tesi.
   Comunque, ce l’aveva messa tutta, senza lasciarsi fermare da nulla, superando una per una tutte le difficoltà che gli si erano parate di fronte.
   Aveva studiato, aveva scritto la tesi, si era preparato per la discussione finale. Indiana Jones si era dedicato ai libri come mai aveva fatto in vita sua e, oltre ai perenni mal di testa, aveva sperimentato la spiacevole sensazione dei crampi alla mano dovuti all’aver impugnato troppo a lungo la penna. In una delle prime lezioni, Abner aveva dichiarato che la maggior parte del lavoro di un archeologo si svolge in biblioteca. All’epoca pensava che scherzasse. Adesso si rendeva conto che era tutto dannatamente vero.
   Per un anno e tre mesi, da quando cioè aveva fatto ritorno dalla Scozia, non aveva più abbandonato Chicago, deciso a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo. E, grazie all’aiuto di Harold e di René, alla vicinanza gradita di Abner e a quella sempre più ambigua di Marion, era riuscito ad andare fino in fondo. Era stato un tormento, per uno come lui, rimanere relegato nel campus, un vero e proprio strazio; rinunciare tanto a lungo a nuovi viaggi e a nuove emozioni gli era costato tantissimo, ma adesso doveva riconoscere che era servito per davvero. Un sacrificio di cui sarebbe stato grato per il resto dei suoi giorni.
   Indy sorrise e strinse la mano al professor Ravenwood, che si trovava a capo della commissione di laurea. Al di sotto dello sguardo arcigno, il ragazzo lesse fierezza e felicità. Abner Ravenwood, in quegli anni universitari, era stato come un padre, per lui. E, esattamente come un padre, si sentiva orgoglioso dei successi del proprio figlio.
   Ce l’aveva fatta, infine. Nonostante tutte le difficoltà in cui era incorso in quegli anni, alla fine era riuscito a coronare il suo antico sogno di diventare archeologo. Quel suo desiderio che aveva maturato tanti anni prima, come un gioco fanciullesco dinnanzi alla sacralità delle opere antiche, era infine divenuto la realtà. Adesso quella era sul serio la sua vita. Aveva trovato un vero posto nel mondo, proprio lui che lo aveva attraversato con fare irrequieto verso tutte le latitudini. Quasi non gli pareva possibile, come se stesse soltanto sognando, ma le mani dei membri della commissione che stringevano la sua e le loro congratulazioni erano lì apposta per rammentargli che era tutto reale, concreto, che non se lo stava semplicemente immaginando.
   Qualche cruccio a rovinare quel momento di festa, a dire il vero, lo aveva. E non erano cose da poco.
   Per esempio sospettava che René, che aveva conseguito la laurea con qualche mese di anticipo rispetto a lui, si fosse impadronito della sua tesi inerente la stratigrafia. Non aveva voluto farne parola con nessuno, nemmeno con Harold, che certo avrebbe saputo come aiutarlo o quale consiglio dargli per provare a fare luce per intero sulla strana vicenda. Aveva preferito scacciare quel sospetto, dicendosi che i risultati ottenuti da René fossero il semplice frutto delle lunghe ore trascorse a discutere insieme riguardo a quegli argomenti.
   Si voltò all’indietro, volgendo lo sguardo verso i suoi due amici, che sedevano al capo opposto dell’aula, in mezzo agli altri invitati.
   Erano entrambi sereni e i loro sorrisi erano sinceri. Negli occhi di ambedue, poi, brillava una comprensione sull’avvenire: ora che erano tutti e tre archeologi - Oxley si era laureato un anno e mezzo prima ed era già diventato celebre grazie ai suoi brillanti articoli e ai numerosi libri inerenti le civiltà mesoamericane, che scriveva con un ritmo a dir poco maniacale - nulla più avrebbe impedito loro di partire alla ricerca di Akator. Quel proponimento che li accompagnava sin dal primo anno stava finalmente per concretizzarsi. Avevano già messo mano ai loro risparmi e avevano panificato ogni cosa: di lì a venti giorni, ai primi di luglio, si sarebbero imbarcati dal porto di New York per l’America meridionale, verso quella che si preannunciava come una grande avventura.
   Accanto a Oxley c’era Marion. Sorrideva, radiosa e serena. Si stava facendo sempre più bella, non poteva non riconoscerlo. La bambina che aveva incontrato il primo giorno in cui aveva messo piede in Università, tenuta per mano dallo scontroso padre, era sbocciata come un fiore di meravigliosa bellezza, impreziosito da quegli occhi incantevoli che avevano tutte le sfumature del mare. Stava diventando una donna, ormai, e questo in qualche modo lo spaventava, gli faceva seccare il palato; e, quel che era peggio, era che non avrebbe saputo spiegare a nessuno, nemmeno a se stesso, perché provasse simili sensazioni quando la figlia di Abner era nei paraggi…
   Indy girò la testa e incrociò lo sguardo di Marcus Brody, che batteva le mani insieme agli altri presenti, congratulandosi per l’ottima discussione appena conclusa. Brody sorrideva, eppure i suoi occhi apparivano offuscati da un velo di tristezza. Il neolaureato archeologo sapeva perfettamente a che cosa fosse dovuto e pregò vivamente di non avere addosso i sintomi manifesti della medesima malinconia.
   C’erano moltissime persone, in quella vasta e soffocante sala dalle alte vetrate ad arco che, in un certo senso, gli rammentava una versione più spaziosa - ma non per questo meno opprimente - dell’aula della sua scuola elementare a Princeton; decine di volti, conosciuti e sconosciuti, maschili e femminili, vecchi e giovani, che si complimentavano con il nuovo dottor Jones. Eppure, in mezzo a loro, Indy e Marcus avevano notato l’ingombrante assenza dell’unico che si sarebbe davvero dovuto trovare lì.
   Henry Senior non aveva voluto assistere alla laurea di suo figlio. Anzi, dire che non avesse voluto era sbagliato. Se n’era semplicemente disinteressato, senza nemmeno prendersi la briga di addurre una scusa qualsiasi per giustificare la sua assenza da quel momento tanto importante, fondamentale, nell’esistenza dell’unico erede. Non aveva scritto - le lettere con cui aveva tempestato il figlio agli inizi, per indurlo a tornare sui suoi passi, col trascorrere del tempo si erano diradate fino a interrompersi del tutto - e non si era presentato. Indy lo aveva inutilmente atteso fuori dalla porta fino all’ultimo secondo, quando l’usciere era venuto a convocarlo per la terza volta, sollecitandolo a sbrigarsi e dicendo che mancava solo lui.
   «No, io ci sono» aveva mormorato Indy, seguendolo. «Io ci sono…» Si era dovuto sfregare un occhio, umido e bruciante. Forse vi era entrato un granello di polvere.
   Ma quella era una giornata di festa. Non poteva lasciarsi avvinghiare dai rimpianti. Se un capitolo della sua vita si era infine chiuso, un altro se ne stava aprendo. Un capitolo enorme, lo sentiva. E a lui interessava guardare soltanto a quello, mentre del passato avrebbe conservato solo i ricordi più dolci, racchiusi nel fondo del suo cuore. Tutto il resto, le cose inutili e brutte, le avrebbe gettate vie.
   Aveva raggiunto il suo scopo. Aveva ottenuto ciò per cui aveva faticosamente lottato per anni. Aveva seguito la sua strada, come si era sempre ripromesso, e aveva raggiunto e superato la prima tappa; ora lo attendevano molte altre mete, non meno facili di quella, da affrontare con lo spirito indomito di sempre.
   La prima, però, era conquistata, era sua, e nessuno gliel’avrebbe più sottratta.
   Indiana Jones era diventato un archeologo.
   
 
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