La
trovò
seduta nell'aula del teatro – la si trovava costantemente
lì, tanto che si era
portata dietro pure i piattini con i gattini in quella stanza
– a sorseggiare
una tazza di tè e a leggere con avidità un paio
di lettere.
“Chi
le
scrive, il belloccio mezzo italiano?”
Dolores
sollevò lo sguardo, e l’attimo di smarrimento si
tramutò ben presto in un
sorriso in qualche modo divertito.
“Ehm
ehm,
si riferisce forse a Joseph? È un mio caro amico, ma ormai
il suo ruolo di
rilievo per la comunità italiana si è esaurito e,
ovviamente, per tenermi al
passo con le informazioni sto riallacciando i miei rapporti con Marius
Dragons,
il nuovo diplomatico di spicco. Le piacerà sapere che chiede
a me un parere
e... Ehm ma a lei cosa interessa della politica?” Smise di
parlare con una
risatina finta, lanciandogli un’occhiata di sufficienza.
“Piuttosto si può
sapere perché non si è presentato negli scorsi
due giorni di lezioni?” chiese
poi in tono palesemente più freddo.
Moody
arricciò le labbra e poi si lasciò goffamente
cadere sulla sedia accanto a
quella di lei. “Ero impegnato, questo stupido musical non
è la priorità”.
“Non
è la
priorità? Le ricordo che lei non è soltanto il
mio aiuto-coordinatore, è anche
uno dei protagonisti e ehm abbiamo provato il finale
e—”.
Improvvisamente
l'uomo scoppiò allegramente a ridere “So tutto del
finale! Non si preoccupi, mi
sono tenuto aggiornato e ho anche provato tra me e me la
parte”.
“Bene,
lo
spero perché questo musical dovrà essere un
successo... Come dice il mio amico
ehm ehm whatever it takes!”
~
Harry non
conosceva se non di nome il romanzo di Hugo, prima di venire costretto
in una
parte che non aveva mai desiderato. Vista la piega degli eventi,
tuttavia, aveva
deciso di recuperarlo (anche perché gli serviva qualcosa da
fare la sera in
dormitorio, finché Ron non gli parlava).
Aveva
saltato qualche parte più noiosa e descrittiva, ma si era
appassionato alle
pene di Marius per Cosette – in cui si rivedeva molto:
provava qualcosa del
genere quando incrociava lo sguardo di Hannah Abbott, una Tassorosso da
poco
unitasi al musical come sostituta di Grantaire – e gli dava
fastidio pensare
che venisse interpretato proprio da Malfoy. Anche Javert gli piaceva,
comunque,
con il suo inamovibile senso di giustizia. Era rimasto un po’
deluso nel
leggere la sua fine, in effetti, per quanto le accuse sul capo di
Valjean gli
paressero ridicole.
Quando la
Umbridge aveva annunciato quale finale avrebbero messo in scena, per un
attimo
aveva dimenticato le lezioni triplicate e aveva sorriso: guardare
Malfoy
chiedere perdono in ginocchio avrebbe potuto essere l’unica
cosa buona di quel
musical. Finite le prove era corso nella Sala Comune di Grifondoro per
dirlo a
Ron, lasciandosi indietro anche Hermione e i suoi borbottii di
protesta, ma era
successo qualcosa di strano. Ron aveva annuito distrattamente, come se
la
futura umiliazione di Malfoy davanti a tutta Hogwarts fosse un
argomento che
non reputava interessante. Non era sembrato nemmeno irritato per la sua
esclusione dal musical, solo… con la testa da
un’altra parte.
Da quel
momento erano passati due giorni, e gli atteggiamenti scostanti di Ron
si erano
moltiplicati. Inoltre, l’aveva visto spesso confabulare con
Lavanda Brown, e
quando gli aveva chiesto di che parlassero lui aveva sviato
l’argomento.
Era
strano, molto strano.
Ma tra i
compiti – Piton assegnava temi lunghissimi in quel periodo
–, le triplici prove
del musical e le lamentele di Hermione sull’inaccettabile e
assurdo finale
imposto dalla Umbridge, non era riuscito a trovare il tempo di indagare
su
quelle stranezze.
“Lavanda...
Tutto a posto?”
Ron,
così
distratto con i suoi amici – neanche la vicinanza al Ballo
aveva ricucito del
tutto I rapporti con Harry –, era invece completamente
attento quando si
trattava di quella compagna di casa alla quale non aveva prestato mai
fino a
quel momento la minima attenzione. Era con lei del resto che aveva
ritrovato un
suo ruolo nelle dinamiche della scuola, sentendosi finalmente
speciale... E poi
c'entrava proprio lei: si sbagliava o gli sorrideva molto? Adesso
però non
sorrideva; al contrario sospirava rumorosamente e sembrava avere gli
occhi
lucidi.
“Oh,
RonRon, questo copione è romanticissimo!”
esclamò alla fine, stringendosi le
pergamene top secret del finale alterato al petto. “Chi
l'avrebbe mai detto che
il professor Moody sarebbe stato capace di esprimere parole
così dolci e
tenere?”
Ron
apparve confuso e si limitò ad annuire lentamente.
“Sì... Suppongo di sì”.
“Ma
non
capisci?” insisté lei afferrandogli con calore le
mani. “Siamo i custodi del vero
finale del musical, uno più bello di quello scritto da Hugo,
uno più bello di
quello pensato dalla Umbridge! E questo finale speciale ce lo abbiamo
solo noi:
siamo la chiave di tutto!” Sospirò ancora una
volta, passandogli il copione.
Il
ragazzo andò direttamente alle pagine finali, quelle che lo
interessavano, e
gli diede una rapida occhiata. Fu sufficiente per notare che non era
previsto
nessun Malfoy inginocchiato come aveva blaterato Harry, né
una parte importante
per nessun Grifondoro.
“Perché
non proviamo le parti? Solo tra noi, Ron-Ron... Giusto per provare che
saremmo
stati degli attori ma-gni-fi-ci”.
Batté
le
mani entusiasta e iniziò a intonare le prime note stonate e
sbagliate del Javert's
Unsuicide.
Venti
minuti dopo erano sul divano della vuota Sala Comune a sbaciucchiarsi.
Galeotto
fu il copione sbagliato e il Malocchio che lo scrisse.
~
“Si
può
sapere che stai facendo, Lov— Luna?”
Aveva
evitato di chiederlo subito, ma dopo averla osservata girargli intorno
per due
minuti con occhi stralunati non aveva più resistito.
“Cercavo
dei Gorgosprizzi, ma non sembri averne in testa. Allora
perché non ti piace più
provare lo spettacolo, Draco?”
Rimase
così stupito dall’affermazione improvvisa e
insensata – e che tuttavia di senso
ne aveva fin troppo – che non rispose subito. Per un attimo
squadrò con
sospetto la ragazza davanti a lui: e se fosse stata una spia e lo
stesse
testando per conto della Umbridge?
Poi si
rese conto dell’assurdità della cosa –
un compito del genere sarebbe stato
perfetto per lui, non certo per Luna Lovegood.
Scacciando quel pensiero
assurdo, decise che poteva concedersi un po’ di
onestà (ma senza esagerare).
“Mi
piacerebbe provare, se il finale avesse senso!”
sbottò, lasciando trapelare
l’irritazione che provava ormai da una settimana.
“È semplicemente ridicolo,
invece, e rovina del tutto il mio personaggio… è
inammissibile che io reciti
una simile parte davanti a tutti, assolutamente no. Mio padre non
sarebbe mai
d’accordo”.
Lo
sguardo di Luna, che si era finalmente fermata, si era fatto attento.
“Se la
pensi così, dovresti dirlo alla Umbridge! Mi è
sempre sembrato che le piacessi
molto”.
Draco
sbuffò. “Sì, certo. Mi sembra chiaro
invece che le interessi solo della parte
che interpreta lei…” Notando lo sguardo sorpreso
di Luna, tossicchiò. “E a te
non dispiace che abbia tagliato il nostro matrimonio? Era una bella
scena”.
“Oh,
sì,
lo era” assentì Luna, sognante.
“Perché non la proviamo? Anche se la scena
sarà
tagliata, così, per divertirci”.
Draco
inarcò un sopracciglio. E se la Umbridge li avesse sentiti e avesse deciso di
interpretarlo come un atto sovversivo? Scosse la testa, decidendo che
non gli
importava poi molto di che cosa pensasse l’insegnante rosa.
Avrebbe dovuto
accontentarsi di prendersela con Potter e i Weasley, senza cercare di
rovinare
la sua parte da protagonista.
“Ma
sì”
accettò, ghignando. “Chiamiamo anche Diggory e
Chang”.
Luna sorrise. “Forse vuole partecipare anche il professor Moody” disse, muovendosi verso la porta dell’aula. “È un po’ ormai che ci ascolta”.
La porta si
aprì; era vero, Alastor Moody li stava ascoltando.
Entrò nell'aula, chiudendo
secco la porta dietro di sé, come se non fosse affatto
imbarazzato a essere
stato sorpreso in quel modo.
Nessuno di loro
aveva tuttavia notato la figura in fondo al corridoio: Pansy Parkinson
osservava la porta chiusa con occhi di fuoco.