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Autore: Sanae77    15/04/2021    6 recensioni
Si fanno scelte nella vita che spesso coinvolgono gli altri.
Altre volte, senza esserne coscienti, sono le tue scelte a portare conseguenze.
Ma indipendentemente da ciò che scegliamo... il nostro destino è già scritto?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koshi Kanda, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yukari Nishimoto/Evelyne Davidson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati altri dodici mesi e la storia con Koshi continua indisturbata. Anche se devo ammettere che sta diventando forse troppo petulante, ha iniziato a dire che la mia presenza come manager è superflua e che potrei accompagnarlo nelle gare di boxe. Non riesco a capire se questa condizione sia dettata da una gelosia che tiene nascosta, o davvero un desiderio di passare ancora più tempo insieme. Ho subito chiarito che adoro fare la manager per la squadra di calcio, che lo faccio fin da bambina e che non potrei vivere senza. Un giorno abbiamo anche polemizzato su Ozora, poi gli ho fatto capire quanto fosse assurda e inutile la sua diatriba visto che il capitano è a migliaia di km di distanza. Si è scusato e poi mi ha baciata come sempre. È stato proprio il pomeriggio di questa micro litigata che quando sono arrivata al campo ho scoperto esserci una notizia inattesa.
 
Quando Yukari mi ha detto che bisognava presenziare come manager alla partita contro l’Olanda della nazionale giovanile mi sembrava impossibile. In un primo momento sono stata colta dal terrore.
Avrei rivisto il capitano.  La prima sensazione è stata proprio di panico.
Poi Ryo ha smorzato ogni mio sentimento dicendo che Ozora non sarebbe potuto venire ed io ho tirato un respiro di sollievo. Immagino che sappia che sono fidanzata, figuriamoci se quel pettegolo di Ishizaki non glielo ha detto, ma allo stesso tempo mi sarei sentita in difficoltà ad averlo di fronte.
 
 
Ora siamo qua con la squadra per disputare l’incontro, ma in campo sta facendo veramente schifo. Il primo tempo è finito e sono sotto di parecchi goal. Con le ragazze decidiamo di lasciare un attimo gli spalti per raggiungere gli spogliatoi; sia mai che abbiano bisogno di qualcosa, ma quando avvicinandoci sentiamo i rimproveri del mister ci guardiamo bene da interrompere la ramanzina.
 
Una volta finita la predica, a voce sostenuta, vediamo la squadra che silenziosamente entra in campo in fila indiana. Le ragazze si sono avviate ai loro posti mentre io resto un attimo bloccata nel vedere Katagiri uscire dallo spogliatoio pensieroso. Mi sta osservando quindi in segno di rispetto faccio un leggero inchino e lo saluto; ed è in quel preciso istante che dei passi concitati, che stanno assumendo sempre più i connotati di una corsa, si avvicinano velocemente per poi superarmi. Un’ombra passa come un fulmine tra me e Katagiri, ne avverto anche un leggero spostamento d’aria, ed è quando questa sfumatura entra nella mia visuale che il sangue si ferma e il basso ventre si attorciglia. Perché riconoscerei quella sagoma in mezzo a milioni, che dico miliardi, di persone. Perché conosco quella corsa, quel passo, quel modo di muoversi; e anche se la struttura, la stazza e la statura sono cambiate, riconoscerei il mio capitano in mezzo a chiunque.
 
Ancora con il cuore a mille, la faccia inebetita e dei passi incerti, raggiungo le altre manager sulla tribuna. Subito mi guardano stranite riempiendomi di domande.

“Che ti succede, Sanae?”
“Perché sei pallida in viso? Sembra che tu abbia visto un fantasma.”
“Noi vinceremo – rispondo ancora incredula – Il Giappone vincerà!”
 
Le mie amiche si guardano perplesse senza capire; ma quando il presentatore annuncia l’ingresso di Tsubasa Ozora in campo è Kumi a comporre le prime parole: “Senpai, lui…” scioccata senza riuscire a proseguire mi guarda e io annuisco… mentre alle sue spalle Yukari ha un’espressione indecifrabile. Non sono sicura di usare l’espressione giusta nel definirla terrorizzata o scioccata. Sicuramente è preoccupata per me, sa quante paranoie mi sono fatta prima di sapere che non sarebbe venuto… e invece.
 
Invece è qua, insieme a tutti i sentimenti che non sono scomparsi e non si sono neppure affievoliti come ho pensato… o sperato?
 
La mente continua a vagare come Tsubasa in campo in uno stile che riconosco e che è notevolmente migliorato… per non parlare di quanto sia cresciuto. Il nodo che si è creato all’altezza dello stomaco è lì e non accenna minimamente a sciogliersi mentre lo vedo ancora in sintonia, dopo due anni che non gioca, con Misaki. Dopo un primo passaggio impreciso hanno ripreso la vecchia complicità di una volta.

La loro danza in campo è unica: come loro.
 
Come immaginato e predetto, appena seduta sugli spalti per osservare il secondo tempo, il Giappone ha vinto e ora che siamo nei corridoi, che conducono agli spogliatoi, mi trovo faccia a faccia con lui. Lui che mi sorride nonostante tutto. Nella confusione dell’ilarità per la vittoria avverto distintamente il tentativo delle mie amiche e dei suoi compagni di squadra di lasciarci soli.
 
Lui è imbarazzato e lo capisco dalla mano dietro la nuca.
Io?
Io vorrei semplicemente sprofondare almeno dieci metri sotto terra o comunque essere in qualsiasi altro luogo, ma non qua. Sono solo una codarda.
 
“Sanae.” Pronuncia il mio nome regalandomi un tenero sorriso, che non merito. Vedo di ricacciare l’ultimo pensiero perché non ho fatto niente di particolare se non proseguire la mia vita, come lui del resto ha proseguito la sua. E come mi ha detto di fare… alla fine.
“Ciao.”
“Come va?”
“Tutto bene grazie. Te?”
“Bene, abbiamo vinto.”
“Già.”
“Ti va di aspettarmi? Ho una mezz’ora prima di partire per il Brasile, magari mi racconti che cosa hai fatto in questo periodo.”
Mi verrebbe da mandarlo al diavolo visto che non è esattamente un periodo ma ben due anni.
Fanculo!
Lo penso, ma non lo dico.
“Ok.” 
 
 
I primi passi che facciamo in questo parco sono nel più totale silenzio. Non so che dire e neppure come dirlo, non che abbiamo mai brillato in grandi conversazioni ma questi due anni ci hanno cambiato profondamente… me ne rendo conto anche solo dal fisico. Non siamo più dei bambini. Con la coda dell’occhio cerco di sbirciare senza che se ne accorga. È almeno una ventina di centimetri più alto di me adesso, non riesco a vedere per bene il suo viso. Viso che sicuramente ha perso i tratti del bambino che è stato. Ma prima che possa approfondire lo sguardo lo sento prende un profondo respiro e finalmente parlare.
 
“Dimmi un po’? Come va con la nuova scuola?”
 
La voce non la riconosco più. Adesso ha un tono più profondo e cupo. Il lieve accenno di barba, rasata, che noto ai lati del viso me lo fanno sembrare molto grande. Mi soffermo sull’idea che anche Koshi ha la barba forse addirittura più di lui, ma su Tsubasa mi fa effetto perché non ho vissuto il suo cambiamento e praticamente me lo ritrovo già uomo.
 
“Tutto bene, c’è da studiare molto di più, ma non è un problema.”
“Nel tempo libero resti impegnata come prima manager ho visto: mi fa piacere.”
 
Mentre camminiamo metto le mani intrecciate sul basso ventre e stropiccio il bordo della casacca. Sono nervosa.
 
“Sì, è una vita che bazzico gli spogliatoi e non andarci mi sembrerebbe strano.”
“Vero, e poi come faresti senza dar noia a Ryo?”
 
Voltandomi incontro il suo sorriso sereno, mentre il cuore perdere un paio di battiti. Faccio finta di niente e rispondo: “Già, se non ci fossi io a metterlo in riga salterebbe gli allenamenti e si abbufferebbe come un tacchino.” Ribadisco scherzando come se non conoscesse Ishizaki. 
“Uscirete qualche volta anche a divertivi no?”
“Certo – ma non mi va di affrontare l’argomento Kanda, quindi è il mio momento per chiedere a lui cosa faccia in Brasile, non so nulla di lui, praticamente, potrebbe essere fidanzato e io essere all’oscuro di tutto; anche se Ryo non regge un segreto che sia uno e forse avrebbe attaccato manifesti ovunque, ma resta il fatto che non so concretamente nulla di lui – ma dimmi, come te la passi in terra straniera?”
 
Prende un profondo respiro, è evidente che era pronto per questa domanda. Mi pare scontato visto che è la classica domanda che due persone si pongono dopo tanto tempo che non si vedono, quindi la riposta è ferma e decisa: “Non posso lamentarmi, all’inizio è stato difficile, la diffidenza dei miei nuovi compagni, la competitività era veramente tanta… ma lo sai, IO non mi arrendo mai!”
 
E l’ultimo pezzo di frase me lo ha detto guardandomi negli occhi cambiando addirittura l’intonazione vocale, come a sottintendere altro
Immobili in mezzo a questo parco ci fissiamo un attimo.
Ho sicuramente le traveggole e non stiamo parlando di altro, ma di calcio, come sempre, anche se…
Scuoto leggermente la testa per far uscire i mille pensieri che si sono annidati senza che qualcuno li avesse autorizzati a star lì, cercando pertanto di riprendere il filo di un discorso normale.
 
“Non ho dubbi sulle tue capacità e sono certa che ti sei fatto valere e benvolere da tutti capitano.”
 
Un fugace sguardo deluso passa nelle sue iridi come un’ombra. Ma non ne sono più così certa dopo il sorriso che mi regala, nonostante avverta la frustrazione papabile, forse, per aver usato l’appellativo ‘capitano’ al posto di Tsubasa. In una sorta di distacco né voluto, né cercato, ma di difesa; perché Koshi è ancora presente nella mia vita, molto presente e per ora mi va bene così. Sono due anni che non si fa sentire e non posso certo fargliela passare così liscia.
Ci pensa il cellulare a riportarmi con i piedi per terra. Squilla e quando lo tolgo dalla tasca della felpa il nome di Koshi compare sul display.
 
“Scusa” dico voltandomi un secondo.
“Fa pure.” Risponde allontanandosi di un passo illudendomi di una privacy praticamente inesistente, visto che siamo soli e potrà sentire tutto quello che mi dirò con il mio ragazzo… e come un sottile piacere che s’insinua sottopelle ho voglia di farlo soffrire un pochino come ho sofferto io in questo periodo. Non ho certo intenzione di nascondere la mia relazione.
“Ciao, Koshi… Ah, sì per stasera… no, no non avevo scordato che usciamo a cena fuori… non preoccuparti porto la felpa per la moto… non prendo freddo, non temere… sei sempre così premuroso… ok, a stasera… Ah, scordavo Yukari stasera mi regge il gioco.” Ultima frase la esterno con un tono molto caldo e passionale, dopo ridacchio nel microfono e poi saluto. Lo so che l’ultima frase la possiamo capire solo noi, ma mi regala una soddisfazione immensa questa complicità che ho con lui e che posso sfoggiare davanti al capitano. Che abbia sottointeso o no francamente non m’interessa, come lui non si è interessato per due anni di me.
Voltandomi vedo Tsubasa come un marmo, ha uno sguardo fisso e statico senza alcuna espressione. Inarco le sopracciglia cercando di decifrare questa sua immobilità. Mi ha spiazzata.
 
“Tu-tutto bene?”
Pare risvegliarsi e tornare sulla terra.
“Sì, tutto ok, scusa è che mi fa strano sentirti così disinvolta al telefono.”
 
Abbasso lo sguardo in un’ultima ondata di pudore che con Koshi avevo quasi dimenticato in questi ultimi mesi.
 
“Sai… stiamo insieme da tanto ormai e… abbiamo tanta confidenza” parlo in serenità perché sono certa che Ryo lo aveva messo al corrente della mia situazione sentimentale.
“Ovviamente, anzi scusa se mi sono intromesso è che… un conto è quando ti viene raccontato un conto è viverlo, comunque sono felice per te Sanae; sono felice che tu sia felice.”
“Grazie.”
Prende il cellulare dalla tasca e controlla l’ora. Siamo arrivati alla fine è tardi, lo capisco, e la sensazione che ho provato all’inizio della giornata si ripresenta ancora più violenta. Se non avessi lui qua di fronte potrei accartocciarmi a terra per il mal di pancia che improvvisamente mi ha colto. 
 
“Si è fatto tardi, devo andare.” Un leggero inchino chiude questa mezzora che mi aveva concesso. 
 
Sia mai che mi avesse dedicato troppo tempo dopo due stramaledetti anni. 
 
I miei pensieri sono ancora molto arrabbiati nei suoi confronti e non solo loro. 
 
“Buon viaggio capitano.” Ancora quel tentativo fallito di tenere un distacco che non potrà mai esserci.
 
Imbocca il vialetto di uscita dal parco, mentre io resto lì immobile a osservarlo andar via, proprio come fu alla fermata dell’autobus, mi sembra di rivivere la medesima scena di due anni fa e mi sembra di riviverla a rallentatore esattamente come due anni fa. Mi salgono le lacrime agli occhi, li stringo perché non devo piangere.
Non farò come due anni fa.
Assolutamente, no!
Ma non è il remake di due anni fa e me ne rendo conto quando Tsubasa si volta e solleva un braccio in segno di saluto per poi dirmi: “Tornerò Sanae e sai che io non mi arrendo mai!”
 
Le palpebre si allargano a dismisura per il palese doppio senso di questa frase. Pochi attimi dopo ho già la sensazione che non sia vero quello che ho sentito. Ma la nuova intonazione di voce da adulto di Tsubasa mi fa capire che non è più un remake, ma il presente e forse anche il futuro. Ancorata al desiderio di non versare più neppure mezza lacrima per il mio capitano; tiro su col naso e alzo il braccio per contraccambiare il saluto come se nulla fosse.
Ma è impossibile far finta di nulla perché sono consapevole che Ozora mi è entrato sottopelle e non andrà mai via.
 
Quando raggiungo le ragazze non ho voglia di parlare lo sguardo d’intesa con Yukari le fa capire che dinanzi a Kumi non ho assolutamente intenzione di affrontare l’argomento Ozora. Quindi il viaggio di ritorno verso casa si compie tra gli schiamazzi dei ragazzi che ancora decantano le prodezze di Tsubasa. E se solitamente il suo nome è sulle loro labbra per una decina di volte al giorno, adesso lo sarà per mille volte al giorno visto il risultato contro l’Olanda. In un barlume di disperazione trovo la proposta di Koshi quasi realizzabile, così magari mi tolgo di testa il capitano. Lasciare il compito di manager potrebbe davvero essere la soluzione.
 
Ma potrò mai realmente togliermelo dalla testa? Non credo proprio. Scuoto il cranio mentre le figure esterne si susseguono veloci al passaggio del bus.
 
“Tutto ok?” Yukari alla mia sinistra mi stringe un braccio in segno di conforto.
“Diciamo di sì.” Rispondo voltandomi e sorridendo.
“Ti ha fatto tanto effetto rivederlo?”
“Vediamo… hai presente un cazzotto allo stomaco?”
“No, ma vedo Kazuo come si accascia quando ne riceve uno quindi…”
“Ecco, più o meno.”
“Ahi, allora: No buono!”
“Già, no buono… e poi confesso di aver fatto pure la stronza.”
“In che senso?”
“Ha chiamato Koshi e ne ho approfittato spudoratamente per fargli capire che in questi due anni senza di lui me la sono cavata alla grande – abbasso il tono della voce voltandomi ancora verso il finestrino- o quasi.”
“E il capitano come l’ha presa?”
“Aveva una maschera sul viso di imperturbabilità. Pareva un marmo inespressivo.”
“Hai mai pensato che anche lui possa aver sofferto in questi anni?”
 
Torno a guardarla perplessa, credo che la mia espressione interrogativa stia stupendo anche lei, forse un discorso così profondo e adulto non lo abbiamo mai fatto, ma dopotutto non siamo più le ragazzine di due anni fa.
 
“Forse, anche se ha uno strano modo di dimostrarlo visto che non mi ha mai cercata.”
“Magari, conoscendo la proverbiale timidezza di Tsubasa, aveva difficoltà oppure soffriva ancora di più nel sentirti… chi può dirlo.”
La guardo inarcando un sopracciglio verso l’alto e in tono scherzoso chiedo: “Da quando sei diventata così profonda Yukari?”
“Da quando vedo la mia amica che non sta proprio al 100% dopo averlo rivisto… forse Kanda non era la soluzione e chiodo non scaccia chiodo.”
“Non potremo mai saperlo, sicuramente Koshi è comunque una bella parentesi che mi aiuta molto.”
“Non ti ha detto nient’atro Ozora?” 
La mia espressione tradisce la frase che sto per dire infatti la mia amica mi precede e puntualizza: “niente cazzate Sanae che ti ha detto il capitano?”
“Giuro nulla di che, solo che l’ultima frase calata nel contesto dell’incontro mi ha fatto uno strano effetto.”
“E cosa ti avrebbe detto?”
“Ha detto che: Tornerò Sanae e sai che io non mi arrendo mai!” replico tentando di imitare la nuova voce. Infatti Yukari non capisce e aggrotta le sopracciglia perplessa. Quindi tento di spiegare…
“Vedi è stata solo una sensazione perché è accaduta dopo la telefonata con Koshi, prima mi aveva raccontato della vita in Brasile e che lui non si arrende mai… poi la stessa frase la piazza quando ci salutiamo quasi…”
“Quasi?” Domanda incuriosita la mia amica sporgendosi sempre più verso il mio sedile.
“Sembrava quasi una sfida a Kanda, ma non temere: sono io che mi faccio sicuramente troppe seghe mentali e ci vedo soluzioni improbabili. Sicuramente si riferiva al calcio.”
“Hm… effettivamente era ambigua; è anche vero che lui in Brasile è solo e non ha mai trovato una ragazza, questo potrebbe essere un segnale.” Yukari perplessa si massaggia il sottomento con le dita con espressione risoluta e pensierosa.
“E tu come lo sai scusa?”
“Che domande? Basta origliare i ragazzi nello spogliatoio no, non sai che sono dei pettegoli allucinanti?”
“Yukari!” l’ammonisco prima di scoppiare a ridere.
 
Lei per tutta risposta mi spintona una spalla con la mano sghignazzando al mio fianco. Nonostante l’incontro con Tsubasa mi abbia profondamente turbata sono felice di avere vicino la pazza della mia amica.
 
Mi volto a guardarla e poi le parlo: “Grazie Yukari.”
“E di cosa scusa?”
Scuoto la testa sorridendo. “Di esserci sempre.” E l’abbraccio. Restiamo così per qualche istante mentre una lacrima riesce comunque a solcare la guancia e infrangersi sul sedile.
La mia amica mi massaggia la schiena per conformarmi.
“Voglio solo che tu sia felice, nient’altro.” 
E mi stringe ancora di più per farmi capire che lei ci sarà sempre. Sono grata agli dei per questa amicizia meravigliosa, così mi lascio avvolgere senza protestare, ho bisogno di conforto in questo momento, e Yukari riesce a darmelo.
   
 
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