Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: J Stark    15/04/2021    1 recensioni
Cosa succederebbe se inaspettatamente ti ritrovassi nel mondo dell'Attacco dei Giganti? Conoscendo la storia agiresti per cambiare gli eventi o lasceresti che facciano il loro corso? Assisteresti da spettatrice/spettatore alla morte dei tanti personaggi o cercheresti a tutti i costi di salvarli?
Ti invito a scoprirlo unendoti all'avventura di Carol, la protagonista di questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Quando Carol riaprì gli occhi si trovò distesa sull'erba, sopra di lei un cielo azzurrissimo, tanto che dovette schermarsi dalla luce solare. Nel rialzarsi provò una leggera nausea e non poté credere a ciò che stava vedendo: di fronte a sé si stagliava un paesaggio verdeggiante, idilliaco, dove le colline in lontananza lasciavano il posto a montagne dalle vette innevate.

Come cavolo era arrivata in quel posto?

E soprattutto, DOVE si trovava esattamente?

Poi le tornò in mente, fulmineo come un flash, il ricordo di quella luce accecante emessa dalla spilla e notò che la stava ancora stringendo in mano. Mentre era immersa in queste elucubrazioni avvertì la terra tremare sotto i propri piedi ed un orrendo presentimento si fece largo nella sua mente. Si voltò trovando conferma dei propri timori nella figura titanica che stava avanzando a grande velocità verso di lei, con quella tipica andatura barcollante e le mani già protese per afferrarla.

<< NO... >>  sussurrò con la voce strozzata da un terrore viscerale, le gambe improvvisamente incapaci di reggerla in piedi ed il sangue raggelato nelle vene.

<< Dannazione, riportami indietro! >> inveì contro la spilla, cercando di riattivare qualunque meccanismo o magia fosse stata a portarla lì.

Ma niente, sembrava un normale gioiello.

Ormai il gigante era troppo vicino, non c'era possibilità di sfuggire a quell’orrendo destino.

Carol chiuse gli occhi, calde lacrime già le rigavano il viso mentre si arrendeva all’inevitabile.
 
<< Papà, mamma, vi voglio bene. >>
 
In quel momento udì un rumore familiare, come di una fune metallica sottoposta ad una veloce trazione ed una folata d'aria le scompigliò i capelli.
Spalancò gli occhi e la prima cosa che vide fu lo stemma del Corpo di Ricerca che cappeggiava sul mantello verde del soldato giunto in suo soccorso.

Quasi le mancò il fiato quando riconobbe l'identità di quella figura che, con un solo e letale colpo, aveva atterrato il gigante.

I capelli corvini dal taglio militare, la bassa statura, le movenze eleganti e micidiali non lasciavano dubbi.

Era il Capitano Levi.
 






 
Erano di ritorno dall'ennesima spedizione di ricognizione che era stata più fruttuosa delle altre e fortunatamente senza caduti.
Levi però non poté trattenersi dal sospirare seccato, era stanco e non ne poteva più di quella situazione.
I preparativi per l'imminente operazione di riconquista del Wall Maria stavano procedendo bene, ma ciò non gli impediva di essere preoccupato per i propri sottoposti, e per Erwin.
Reiner, Bertholdt e quella Bestia che aveva attaccato il castello di Utgard avrebbero sicuramente teso loro un'imboscata a Shiganshina, prospettando così una missione che per la maggior parte dei soldati non avrebbe garantito molte  possibilità di sopravvivenza.
Aveva detto ad Erwin di restare in disparte almeno questa volta, lo aveva addirittura minacciato di rompergli entrambe le gambe. Ma era tutto fiato sprecato, quelle minacce gli erano scivolate addosso come acqua. 
Perché quando c'erano di mezzo il suo sogno e quella dannata cantina il biondo non ammetteva ragioni ed era più cocciuto di un bambino petulante.

<< Forse un soldato ferito dovrebbe stare lontano dal fronte. Ad ogni modo, quando finalmente capiremo la verità di questo mondo,io voglio essere presente lì con voi >>.

<< Tsk, tutti a me quelli particolari >> bofonchiò tra sé mentre cavalcava alla sinistra di Hange.

All'improvviso udì delle grida provenire da non molto lontano, si guardò intorno e riconobbe un gigante che avanzava a passo svelto. Un altro soldato doveva essersene accorto, perché l’azzurro del cielo fu solcato dall’inconfondibile scia di un fumogeno rosso.  Il Titano però non sembrava interessato a loro ed aguzzando la vista Levi ne comprese il motivo; captò infatti una piccola figura proprio nel raggio di traiettoria di quel mostro.

<< Merda >> sibilò a denti stretti estraendo le lame.

 << Hange me ne occupo io, tu mantieni la formazione >>.

La caposquadra annuì, intimando poi i soldati di proseguire.

Il Capitano spronò il proprio cavallo in direzione del gigante e quando fu alla giusta distanza azionò il dispositivo di manovra tridimensionale arpionando la nuca di quell'essere. Con un colpo ben assestato gli fece saltare la collottola, atterrandolo.
La carcassa stava già iniziando ad emettere il caratteristico vapore fetido e bruciante quando Levi spostò lo sguardo sulla figura che lo stava fissando, immobile e a bocca aperta.

Non si trattava di un soldato ma di un semplice civile, una ragazza.
Eppure tanto normale non era, se si trovava fuori dalle mura.
Man mano che le si avvicinava la sua curiosità aumentava esponenzialmente, c'era qualcosa in lei che non riusciva a decifrare, un alone di mistero che lo intrigava. Doveva avere poco più di vent’anni, era magrolina, leggermente più bassa di lui e con un viso dai lineamenti delicati.

Era bella, pensò Levi osservandone i brillanti occhi verdi ed i lunghi capelli biondi.

<< Ohi, mocciosa, ma che ci fai fuori dalle mura? Volevi farti ammazzare? >>

La bionda era molto pallida, sembrava sotto shock e boccheggiò un << Io...io...non so cosa ci faccio qui >> prima di svenire tra le braccia del Capitano.





 
Quando Carol riprese i sensi si trovò in un letto di una stanza che, a giudicare dall'odore di disinfettante che aleggiava nell'aria, sembrava appartenere ad un'infermeria.
Accanto a sé scorse una figura familiare seduta a braccia conserte su una poltrona.

<< Ben svegliata, come ti senti? >> le chiese il Capitano Levi con un tono che voleva essere indifferente, ma che ad un orecchio attento tradiva una punta di curiosità.

Carol arrossì immediatamente, tutto si sarebbe aspettata dalla vita ma mai di ritrovarsi di fronte ad uno dei suoi personaggi preferiti. La versione in carne ed ossa di Levi metteva ancora più soggezione ed era, se possibile, incredibilmente più bella. La voce era la stessa che tanto amava, profonda, tagliente e la giovane si sorprese di riuscire perfettamente a comprenderla pur non conoscendo una parola di giapponese.

<< S-sto meglio, la ringrazio per l’interessamento Capitano >> rispose lei, la gola improvvisamente secca.

L’uomo intuendo la sete della ragazza prese la brocca dal comodino e le versò dell'acqua in un bicchiere, porgendoglielo con attenzione. Carol l'afferrò con entrambe le mani sorridendo debolmente al soldato in segno di ringraziamento, e lo vuotò in pochi secondi.
Rimase a fissare il fondo trasparente del bicchiere in preda allo sconforto, sentendo su di sé lo sguardo indagatore di Levi per niente pronta ad affrontare le domande che, era certa, sarebbero arrivate.

<< Come ti chiami? >> fu il corvino a rompere quel silenzio, con il tono freddo che tanto lo contraddistingueva.

<< Carol Evans >>

Ma la domanda che più temeva doveva ancora esserle posta e poteva sentire il proprio cuore scandire quei dannati secondi, martellandole furiosamente nel petto.

<< Da dove vieni? >>

La giovane deglutì il nulla, la salivazione di nuovo completamente azzerata.

In quella manciata di minuti trascorsi dal suo risveglio aveva continuato a far lavorare a pieno regime le proprie meningi, vagliando le possibili alternative. Alla fine era giunta alla conclusione che non poteva mentire perché non aveva idea di cosa inventarsi e non c'era scusa che avrebbe retto, a maggior ragione con lui.
Ormai il battito sordo del cuore le rimbombava persino nelle orecchie.

Fece un bel respiro e con tutto il coraggio che possedeva sollevò il capo, incontrando le iridi blu di Levi.

<< Temo che non mi crederebbe, a dire il vero nemmeno io lo farei al posto suo. Voglio rispondere sinceramente alla sua domanda, Capitano, e lo farò. Ma credo sia meglio che anche il Comandante Erwin ed il Caposquadra Hange ascoltino il mio racconto. >>

Gli occhi del suo interlocutore si ridussero a fessure mentre ponderava quanto aveva appena udito, probabilmente indeciso se credere a quelle parole oppure prenderla a calci reputandole uno scherzo di pessimo gusto.
Cercò meticolosamente nel volto di Carol un tentennamento, un’indecisione, qualcosa che gli confermasse che la ragazza stesse mentendo.
Ma in quello sguardo stanco e rassegnato non colse l'ombra della menzogna, solo tristezza.

<< Questa sera, nell'ufficio di Erwin. Vengo a prenderti io >> proferì atono, prima di uscire chiudendosi la porta alle spalle.

Una volta rimasta sola Carol si concesse di respirare, poi si mise a piangere nascondendosi il volto tra le mani.
Pensò alla propria famiglia ed all’assurda situazione in cui si trovava, vittima di un evento inspiegabile e con troppe emozioni da metabolizzare. Probabilmente era così che si era sentita Claire Beauchamp, la protagonista di Outlander, quando era stata trasportata nella Scozia del ‘700. A differenza sua però Carol sembrava non poter far ritorno nel proprio mondo con la stessa facilità, poiché il suo passaggio sembrava non avere alcuna intenzione di riaprirsi. 
E a proposito di portali, si rese conto di non avere più tra le mani la spilla.
Frugò nelle tasche dei pantaloni ed emise un sospiro di sollievo quando i suoi polpastrelli incontrarono il freddo metallo del gioiello. La prese tra le dita e nel lucido riflesso delle pietre le sembrò di scorgere il volto dell’anziano libraio che le sorrideva bonariamente.

<< Dannato vecchio, quando parlavi di viaggi non credevo intendessi salti di dimensione >> disse sconfortata.

Non sapeva cosa pensare, se il passaggio non voleva attivarsi un motivo doveva esserci. 
Più volte aveva fantasticato sul viaggiare in quel mondo e diventare un soldato del Corpo di Ricerca, ma ora che in quell’universo ci era davvero finita non la trovava più una prospettiva così allettante.

“E chissà che tu non riesca a riportare speranza”

Le parole del Signor Eldar le risuonarono in mente, forti e chiare come se il libraio fosse lì con lei.

Riportare speranza…

Forse era stata mandata lì per modificare il corso degli eventi.
Che fosse questa la chiave per riattivare i poteri della spilla? Ma in che modo?
Certo, se fosse stato per lei avrebbe riportato in vita molti personaggi ed evitato la spaventosa strage degli ultimi capitoli, ma gli avvenimenti del manga dipendevano dalla fantasia e dal volere di Isayama. Tuttavia, pensò Carol, il paradosso in cui si trovava era la prova che i due universi fossero connessi, e se gli accadimenti del proprio mondo influenzavano quelli dell’Attacco dei Giganti forse poteva valere anche il contrario. In tal caso se lei avesse operato qualche cambiamento in quella realtà allora il fumetto si sarebbe adattato di conseguenza.
Ma non c’era modo di esserne sicuri e forse avrebbe finito con il complicare ulteriormente le vite dei personaggi, per quanto faticasse a credere che la storia potesse assumere una piega più tragica di quella attualmente presa nel manga. Senza contare che mancava ancora un capitolo alla conclusione della vicenda, sarebbe stato davvero un azzardo interferire con il corso degli eventi prima di conoscere la soluzione narrativa di Isayama.
Inoltre tutti i libri, film e serie tv sull’argomento “viaggio nel tempo” giungevano alla medesima conclusione: ciò che è già scritto o avvenuto non può essere cambiato.

Eppure se quello era l’unico modo per riattivare il portale, per quanto assurdo doveva tentare. E la prospettiva di aiutare quei personaggi a cui era tanto affezionata le accendeva ulteriormente l’animo.

Carol strinse i pugni, a testimonianza della propria ritrovata speranza.

Avrebbe cercato di salvarli.

E sarebbe tornata a casa.
   
 
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