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Autore: Dalybook04    21/04/2021    0 recensioni
Il vasto impero dei Vargas un tempo si estendeva su metà del globo. L'intero Westeros, da Grande Inverno al mare, era proprietà di un unico uomo.
Romolo Augusto Vargas. Un re che, con le sue forze e la sua intelligenza, era riuscito ad assogettare tutto il mondo conosciuto, ad eccezione giusto della sconfinata Essos.
Un uomo che poi era stato brutalmente ucciso dal suo stesso amante, insieme a tutta la sua famiglia.
Tutta la sua famiglia, tranne due bambini, che furono portati via, lontano, dove neanche il loro nonno grande e forte era riuscito ad avventurarsi.
Ora il maggiore dei due fratelli si ritrovava sulle sue spalle di giovane uomo appena sedicenne il compito di riprendersi ciò che era suo. E per farlo doveva fare dei sacrifici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Svegliarsi con qualcuno al proprio fianco fu una novità, ma Antonio sperava di farci l'abitudine.
Mentre dormiva, Lovino sembrava quasi un angelo (o almeno, lo sarebbe sembrato se loro avessero avuto la concezione di angelo). Era più tranquillo, dimostrava la sua vera età. Senza tutto quel trucco, poi, era più reale. Il giorno prima era perfetto: bello sotto ogni punto di vista, quasi divino. Così, con i capelli scarmigliati, le labbra screpolate, delle leggere occhiaie e un piccolo neo sulla guancia, appena sotto l'occhio sinistro, era più vero, e secondo Antonio anche più bello.
Prese ad accarezzargli la schiena nuda con la punta delle dita, lentamente, cercando di non svegliarlo, ma Lovino mugugnò qualcosa, infastidito, e si girò dall'altra parte. Il capoclan si lasciò sfuggire una piccola risata e lo baciò sulla spalla, stringendoselo maggiormente contro.
-mh...- lo spinse debolmente via, senza crederci veramente -lasciami dormire, bastardo.
-scusami, mio sole e stelle, ma è tardi. Dobbiamo metterci in viaggio entro questo pomeriggio, e bisogna preparare tutto.
-che due coglioni...- sospirò e tornò a girarsi verso di lui, nascondendo il viso contro il suo petto -che ore sono?
Antonio cominciò ad accarezzargli i capelli -è ancora presto, il sole è sorto poco fa.
-e allora perché mi hai svegliato?- protestò, con tono infantile. Suo marito rise sottovoce.
-non l'ho fatto a posta, scusa.
Lovino mugugnò qualcosa e sollevò il viso verso di lui, con un leggero broncio. Era adorabile -almeno dammi un bacio, stronzo.
E Antonio fu ben felice di accontentarlo, con una mano sul suo fianco e una dietro la sua nuca. Lovino gli posò le mani sulle guance per tenerselo vicino, premendosi di più contro di lui.
-perché?- gli chiese, interrompendo il bacio. Antonio aggrottò la fronte.
-perché cosa?
-perché sei così dolce con me?
Antonio aggrottò la fronte, confuso -sei mio marito.
-sai benissimo che non significa niente. Ho visto mariti essere più dolci con il cane che con la moglie.
Antonio alzò le spalle -mi piace essere dolce- ridacchiò, baciandolo sulla fronte -siamo sposati da un giorno e vuoi già il divorzio, querido?
Lovino arrossì, bofonchiando un -non fare il coglione- e nascondendosi di nuovo contro il suo petto. Antonio rimase in silenzio per un po', accarezzandogli la schiena. Poi sospirò.
-mio padre era un uomo violento. Non voglio essere come lui.
Lovino sollevò il viso e lo osservò, stupito. In quei due giorni aveva visto suo marito sorridere sempre, era arrivato a pensare che fosse un qualche tipo di paralisi facciale. Ora che però non vedeva più il suo sorriso, si ritrovò a sentirne la mancanza. Roteò gli occhi -ma per chi mi hai preso? Secondo te lascerei che tu mi faccia del male? Mi hai regalato una dozzina di lupi assassini, idiota.
Antonio ridacchiò, gli prese la mano e gli baciò le nocche -certo. Scusami, mi amor. Ma comunque, voglio essere il marito più amorevole possibile- lo baciò -te lo meriti.
-e tu che ne sai?- avrebbe voluto essere più aggressivo, ma gli uscì una specie di mormorio. Sentiva qualcosa di strano agitarsi nello stomaco, e non voleva sapere cosa fosse -mi conosci da meno di due giorni.
Antonio sembrò imbarazzato -be'... conosco la tua storia, e non mi sembri cattivo, tutt'altro.
-bah. Se lo dici tu- scrollò le spalle, e gli ci volle qualche secondo per accorgersi di un dettaglio -io però di te non so nulla.
-mh?
-la tua storia, il tuo passato... non so nulla.
-oh. Pensavo ti avessero detto qualcosa.
Lovino alzò le spalle e imitò la voce del suo mentore -"quello che ti serve sapere è come compiacerlo".
-che stronzata.
Lovino trattenne un sorriso -già- gli scostò una ciocca di capelli dal viso, e cominciò a rigirarsela tra le dita -quindi...
-sono nato a Westeros- iniziò Antonio, e già questa fu una sorpresa. Notando la sua confusione, quello rise e lo baciò sulla fronte -non te lo immaginavi, vero? Sono nato a sud, vicino a roccia del drago. Sai... una volta ho visto tuo nonno. Stava passando per il mio paesino per andare da non so quale lord, e sai cosa mi stupì?- gli sollevò leggermente il viso con una mano, e poi lo baciò -qualche volta capitava che passassero di lì dei nobili, non era così strano, ma tuo nonno...- scosse la testa con un sorriso, come a dire "mecojoni" -lui mi rimase impresso, e non perché era il re. Tua madre, tu e il tuo neonato fratello erano in una carrozza dorata, e gli altri vassalli seguivano in delle carrozze poco più indietro. I cavalieri e i soldati circondavano le carrozze, per proteggervi. Ma tuo nonno non era nella carrozza, come ci si aspettava. Era davanti a tutti, in cima alla fila, a cavallo della sua lupa, e incuteva più terrore di tutti i soldati messi insieme.
Lovino annuì -il nonno diceva che era da vigliacchi nascondersi dietro i cittadini che avrebbe dovuto proteggere, e che nessun re onorevole dovrebbe farlo, o non si meriterebbe la corona.
Antonio annuì, accarezzandogli le labbra con il pollice -mi fece venire i brividi...- scosse la testa, tornando alla realtà -mio padre morì durante la guerra. A quel punto io, mia madre e mio fratello, rimasti senza niente, scappammo qui e ci unimmo a questa tribù- prese ad accarezzargli il dorso della mano -mia madre era una tosta, sai? Divenne capo tribù in un paio d'anni.
-una donna?
-una donna. Qui il genere non conta molto: il più forte è il più forte, fine, e mia madre era forte- lo baciò sulla fronte, con un sorrisetto, prima di continuare -è morta l'anno scorso, e lì è sorto un problema per la successione.
-pensavo che non fosse ereditario il potere qui.
-infatti. Ma alla morte di un capo il figlio maggiore, se vuole tenere il potere, può sfidare l'intero villaggio. Dall'alba al tramonto chiunque può combattere contro di lui: se qualcuno lo batte, fino al tramonto chiunque appartenente alla tribù può sfidarlo e prendere il potere, e così via.
-e allora dov'era il problema?
-mio fratello- esitò un secondo -siamo gemelli.
-ah.
-già. Lui sosteneva di essere nato prima, ma in duello l'ho battuto. Quindi la tribù si divise in due: chi sosteneva me e chi sosteneva lui, e ci siamo divisi i territori. Siamo in guerra di continuo da allora.
-oh...- non rimase molto stupito, in realtà. Anche suo nonno era stato costretto a uccidere suo fratello per avere il potere. Si sistemò meglio contro il cuscino -e poi?
-ho comunque lanciato la sfida a quello che restava della tribù.
Lovino annuì, rotolò via dal suo abbraccio e si sedette a cavalcioni su di lui. Lo baciò, gli prese le mani e se le mise sui fianchi. Suo marito rise sottovoce e scese con le mani, facendolo gemere a bassa voce. Appoggio la fronte contro la sua, mentre le mani di Antonio gli facevano venire i brividi su tutta la schiena -e com'è finita?- si sentiva stupido a chiederglielo, o forse più a sussurrarglielo. Se era lì l'esito era palese, ma voleva sentirglielo dire.
-li ho sconfitti tutti- disse in risposta, e a quel tono Lovino sentì la pelle d'oca. Lo baciò ancora, con foga, senza riuscire a trattenersi. Tra un bacio e l'altro, il capoclan ripeté, direttamente contro il suo orecchio -li ho sconfitti tutti-, e Lovino sentì quel nodo allo stomaco esplodere.

-padron Arthur, vostro padre vi vuole parlare.
Arthur Kirkland odiava svegliarsi in quel modo. Si girò, dando le spalle al servo, e si coprì la testa con il lenzuolo -digli che arrivo.
-è urgente- insisté quello.
-se non vuole vedere di persona quanto è cresciuta la mia capacità di far figli da quando sono uscito dalla pancia di quella povera donna di mia madre, gli conviene darmi almeno il tempo di mettermi un paio di pantaloni- replicò, acido, coprendosi la testa con un cuscino. Il servo annuì e uscì di corsa, chiudendola porta.
Arthur rimase qualche secondo così, fermo, valutando l'idea di tornare a dormire. Poi si alzò, sbuffando, e andò a vestirsi (citando le sue stesse parole: un suddito di sua maestà, per quanto quest'ultimo sia un bastardo senza eguali, deve essere sempre presentabile) e scese di sotto, borbottando imprecazioni.
Sul suo rapporto con suo padre potrei scrivere un libro intero, ma posso riassumerlo con poche parole, dette dallo stesso Arthur. Una volta, suo fratello (uno dei tanti) gli aveva chiesto cosa ne pensasse di tutti i sicari mandati a uccidere loro padre. La risposta, lapidaria, di Arthur era stata: hanno la mia benedizione.
Penso che basti per farvi capire che famiglia felice fosse, no?
La sala del trono da bambino gli faceva paura, alta e imponente com'era. Ora che aveva vent'anni, neanche ci faceva più caso.
Raggiunse il trono di spade, la sedia più scomoda del regno. Una leggenda diceva che fosse stato creato dal fuoco di drago, mille anni prima che quelli si estinguessero. Secondo Arthur, era solo lo scherzo di qualche fabbro troppo ubriaco. E seduto lì, con l'espressione di uno che aveva preso una delle suddette spade in un luogo poco piacevole, c'era suo padre. Arthur fece un profondissimo inchino, che nella sua testa era colmo di sarcasmo e odio.
-tirati su, figliolo. Un Kirkland non si piega davanti a nessuno tranne che ai Sette Dei. È per questo che noi siamo qui, e Vargas è sotto terra.
"No" avrebbe voluto dirgli Arthur "Vargas è sotto terra perché lo hanno pugnalato a tradimento, e tu sei lì perché lo stronzo che l'ha pugnalato credeva che saresti stato un re saggio", ma si morse la lingua e tornò al punto.
-di cosa volevate parlarmi, padre?- sì, quella parola aveva davvero un saporaccio.
-Carriedo si è sposato.
-e questo tizio che non conosco non mi ha invitato? Allora si merita tutte le mie congratulazioni.
-Antonio Fernandez Carriedo è il capo di una delle tribù più influenti di tutta Essos, ed è colui che possiede la più grande quantità di territori. Inoltre è il fratello del capo della seconda tribù più influente di tutta Essos, e se si unissero possederebbero praticamente tutta Essos.
Arthur inarcò un sopracciglio -okay. E quindi?
-si è sposato con il nipote di Vargas.
-il?
Suo padre grugnì -hanno usanze strane lì.
Meglio non dirgli che anche suo figlio aveva delle usanze strane.
-okay. E quindi?
-e quindi il nipote di Vargas si è sposato con un uomo che potenzialmente potrebbe controllare mezzo mondo.
-mh. E questo non ti va bene, quindi dobbiamo assolutamente rompere i coglioni e rovinargli ancora la vita, giusto?
-esatto.
-fantastico, buona fortuna. Se è tutto qui io allora andr...
-non ho finito- lo interruppe. Arthur si trattenne dal roteare gli occhi -dobbiamo fare una mossa politica che ci assicuri il successo in caso di guerra.
-agli abitanti di Essos non è mai fregato niente di noi. Non hanno praticamente mai attraversato il mare.
-e questo secondo te esclude che possano farlo? Non fare lo stupido. Sai quanto me che Vargas vuole vendetta.
Arthur inarcò un sopracciglio -e avrebbe torto? Avete sterminato tutta la sua famiglia.
-suo nonno era un tiranno.
-suo nonno. Bastava far fuori lui ma nooo, i Kirkland fanno le cose per bene e uccidono anche donne e bambini.
-veramente abbiamo lasciato in vita i bambini- brontolò il re -Bonnefoy ha insistito che gli innocenti andassero risparmiati- ah, se si parlava di Bonnefoy nessuno ne sapeva più di Arthur -e ora ci ritroviamo quei due stronzetti tra capo e collo.
-e puoi biasimarli?
-no, ma dobbiamo tenerci preparati.
Il figlio sospirò -come vuoi. Allora cosa hai intenzione di fare?
-ho già mandato dei sicari a cercarli. Si muovono di continuo, ma qualcuno li troverà.
-okay. Allora ho tanto da far...
-ma c'è dell'altro- quel luccichio nei suoi occhi azzurri non gli piaceva per niente -è tempo che tu ti sposi, figliolo.
Un pugno allo stomaco sarebbe stato meglio -cosa? Ma perché io?! Ho dei fratelli maggiori!
-sai bene quanto me che Allistor è la persona meno adatta a governare che gli dei abbiano mai creato- quanto avrebbe voluto dargli torto... -Dylan si è fatto sacerdote e James è dai guardiani.
-allora dai tutto ad Alfred! Lo sai che non vede l'ora di...
-tu affideresti un regno ad Alfred?
Arthur non riuscì a controbattere. Non avrebbe affidato neanche un cane ad Alfred.
Sospirò, cercando di restare calmo -con chi?- gli uscì praticamente un ringhio, ma se ne fregò.
-Belle Tyrell. Ho già parlato con il fratello. È una cugina dei Bonnefoy, fa parte della seconda casa più ricca del regno...
-dopo i Bonnefoy.
-...ed è una lady esemplare. Andrete d'accordo. Vi sposerete qualche mese, il tempo di ultimare i preparativi.
Tipico di suo padre. Dare in sposo suo figlio senza neanche chiedergli il permesso.
-immagino di non avere modo di oppormi.
-esatto.
-allora, se non avete altro da dirmi, mio signor sommo stronzo, io vado.
-dove?
-in un bordello. Se devo sposarmi, tanto vale approfittarne ora.

Non andò in un bordello, anche se spesso scherzava dicendo al suo amante che si sarebbe venduto senza problemi per una collana abbastanza bella (e quello di solito replicava dicendo che no, non si sarebbe venduto per una collana, ma per un vestito o un paio di scarpe...).
Era piuttosto sconvolto, capitelo. E così, visto che quello era in città, ne aveva approfittato ed era corso dall'unica persona in grado di farlo incazzare e calmarlo allo stesso tempo.
E finalmente lì, su quel letto dalle lenzuola spiegazzate, con la testa boccolosa del suo amante sul suo petto, Arthur si concesse di respirare.
-ti devo dire una cosa- interruppe così il silenzio.
-lo so. Mi è arrivato l'invito stamattina- rispose quello, osservando le loro mani intrecciate. Non riusciva a guardarlo in faccia.
-l'hanno saputo tutti prima di me eh?- sospirò, stringendogli la mano -Francis, ascolta...
-lo so. Non ce l'ho con te- e ancora non lo guardava in faccia.
Arthur inarcò un sopracciglio -non sei arrabbiato?
-oh no, sono furioso- ridacchiò, si girò sulla pancia e premette il viso contro il suo petto, cercando di non urlare. Arthur cominciò ad accarezzargli i capelli biondi, per farlo rilassare -ma non con te- la sua voce era smorzata dal busto del suo amante, ma Arthur sentì lo stesso -con tuo padre. E con il mio. E con il resto del mondo, credo. E mi dà così fastidio pensare che qualcuno, tra un mese, sarà con te come lo sono io ora...
-dormiremo in letti separati, se ti rassicura. Mio padre non ha mai dormito con mia madre.
Francis sollevò lo sguardo su di lui, finalmente, ma, alla vista di quei due occhi azzurri così lucidi e arrossati, Arthur si ritrovò a desiderare che non lo avesse mai fatto. Faceva male vederlo così -ma dovrai andarci a letto. Dovrai fotterla.
Arthur sospirò -be', non impazzisco all'idea, lo ammetto, ma...- scrollò le spalle, e prese ad accarezzargli la guancia -vedila come un lavoro. Non è un qualcosa che farò per piacere, assolutamente, è più un dovere.
-ma a te piacciono le donne- replicò Francis, socchiudendo gli occhi alle sue carezze. Una lacrima gli corse lungo la guancia, prontamente asciugata da un dito gentile.
-a me piaci tu, cretino.
-sei così romantico, mon amour.
-lo so, darling- lo baciò sulla fronte. Poi aggrottò la sua -aspetta, ti hanno invitato?
Francis annuì, sovrappensiero -hanno invitato tutta la mia famiglia. Belle è mia cugina, in fondo.
-Kirkland e Bonnefoy allo stesso matrimonio? Ci sarà da divertirsi. Magari nel casino riusciamo a svignarcela.
-non ci sarò- replicò, abbassando lo sguardo -mio padre mi ha ordinato di andare al nord per degli affari.
-degli affari?
-una scusa per tenermi lontano dal matrimonio. Sa che ho un debole per te- gli diede un buffetto sulla guancia, scherzosamente -però voglio tutti i dettagli. Voglio sapere anche quante occhiatacce si lanciano i nostri infami padri. Il numero preciso.
Arthur ridacchiò -va bene- lo baciò sulle nocche -tanto lo sai che la più grande scocciatura della mia vita resti tu, no? Una scocciatura con dei lati positivi, pochi, ma pur sempre una scocciatura.
Francis ridacchiò, lo baciò e Arthur lasciò vagare una mano sulla sua pelle nuda, senza più remore, facendolo ridere.
-e tu resterai sempre la persona più noiosa che conosca- sussurrò Francis sulle sue labbra, infilandogli una mano tra le gambe.
-ti odio, darling.
-ti odio anch'io, mon amour.

Forse vi starete chiedendo: ma che cazzo ho appena letto? Cioé questi sembrano innamorati, scopano e nel mentre si insultano... ma che problemi hanno?
Ed è una domanda legittima, miei cari lettori, e la spiegazione risiede nel legame... particolare che lega questi due personaggi.
In breve si amavano, penso che l'abbiate intuito, ma avevano un modo tutto loro per dimostrarselo.
Francis e Arthur si erano conosciuti da bambini, durante la guerra tra i loro papà (bastardi) e Romolo Augusto Vargas. Ma occorre fare un ulteriore passo indietro, parecchio indietro.
Le casate Kirkland, a cui apparteneva Arthur, e Bonnefoy, a cui apparteneva Francis, si odiavano dall'alba dei tempi. Una leggenda, a cui entrambi i ragazzi credevano, diceva che, mentre i draghi fondevano le spade per creare il trono, quindi vi parlo di almeno duemila anni fa, affianco c'erano un Kirkland e un Bonnefoy che litigavano per chi dovesse mettere per primo la propria spada nel mucchio. Risultato: nessuno dei due la mise. Era una leggenda, e può sembrare campata per aria, ma... be', basta passare un quarto d'ora con  un esponente delle due famiglie per capire che, forse, così campata per aria non lo è.
Quindi. Tornando a noi.
Queste due creature ancora pure e innocenti si erano incontrate nel bel mezzo di una sanguinosa guerra civile, causata da un imperatore così folle da riuscire a riunire le due famiglie che più si detestavano al mondo sotto uno stesso partito. Un ottimo inizio per una storia d'amore, no?
Da bambini litigavano sempre. Erano il terrore di tate e babysitter. Potevano andare avanti ore ed ore ed ore ed ore... finché qualcuno non perdeva la pazienza e dava un bel pattone sul sedere a tutti e due, zittendoli, di solito uno dei fratelli maggiori di Arthur. I loro padri, con la scusa di essere "troppo occupati con la guerra per occuparsi di due mocciosi", tacitamente approvavano su tutta la linea l'odio tra quei due bimbi alti un metro e un grammo di pazienza (senza rendersi conto che così finalmente avevano trovato qualcosa su cui concordavano), cosa che li spingeva a continuare. Alla fine, tra un insulto e un pugno, si affezionarono, e in qualche modo assurdo e contorto finirono a stringere persino una qualche strana sorta di amicizia (che però avrebbero ripudiato all'istante se qualcuno ne avesse parlato ad alta voce).
Tuttavia la guerra finì. Kirkland padre divenne il re, offendendo a morte (come se fosse una novità... Bonnefoy si definiva "offeso a morte" almeno tre volte al giorno. Arthur sospettava che Francis avesse preso dal padre tutta quella voglia di fare scenate isteriche) Bonnefoy padre, e i due bambini non si videro più per anni.
Saltiamo a qualche anno dopo, hanno entrambi sedici anni (che età magica eh?). Ad una festa di fidanzamento, qualcuno ha avuto l'ardire di invitare sia un Bonnefoy che un Kirkland (evento che rasentava l'allineamento dei pianeti in quanto a rarità e a presagio di sventura), ovvero Francis e Arthur, l'uno amico della promessa sposa e l'altro amico del promesso sposo. Venendo a sapere della presenza dell'altro, i due avevano speso giorni a pensare agli insulti migliori e alle offese più sagaci. Arthur si fece fuori mezza bottiglia di gin per lubrificarsi l'ugola e Francis fece le prove davanti allo specchio.
Peccato che, vittima di un qualche delirio ormonale (o, più semplicemente, i sette dei si erano rotti i coglioni di vederli litigare senza combinare nulla), i due, invece di urlarsi addosso, finirono a perdere la verginità sul letto della promessa sposa, nella maniera meno consona e decente possibile. Forse penserete che, in seguito a questo incidente ("è colpa dell'alcool e della scarsa luce se ora mi sembri bello"), entrambi se ne fossero pentiti, avessero deciso, per una volta d'accordo, di dimenticare tutto e di andarsene per la propria strada. In fondo si odiavano, no?
Vi rispondo così: mentre fuori ballavano e si divertivano, loro fecero sesso quattro volte di fila, intervallati giusto da pause di pochi minuti per riprendere fiato e insultarsi a bassa voce, tornando a baciarsi subito dopo.
Quella relazione clandestina, ormai di quattro anni, era intervallata da talmente tanti litigi che non litigavano mai veramente. Si dicevano le peggio cose, e poi finivano a letto. Anzi, spesso si dicevano le peggio cose mentre erano a letto, il che ci porta a tutt'altro livello di disagio.
Nonostante vivessero distanti, si vedevano più volte che potevano ed erano assolutamente fedeli. Si amavano, non dubitatene, davvero. Avevano solo un modo tutto loro di dimostrarselo.
E così, mentre Bonnefoy padre insultava a tavola i Kirkland perché gli avevano rubato la corona e Kirkland padre insultava i Bonnefoy perché avevano un po' troppi soldi e pagavano un po' troppe poche tasse, i loro figli pensavano a quando si sarebbero rivisti e avrebbero condiviso di nuovo il letto.
A questo proposito: i Bonnefoy non erano così ricchi, a dirla tutta. Possedevano le terre più ricche e fertili di Westeros, certo, e l'evasione fiscale era di casa, ma avevano il brutto vizio di sperperare soldi in cose inutili. Francis in questo era un maestro: bei vestiti (soprattutto da donna. Amava quegli abiti!), bei gioielli, belle scarpe, bei mobili, begli accessori... in generale, Francis amava le cose belle, e Arthur non riusciva proprio a rimproverarlo quando quello indossava certi indumenti fatti proprio per provocarlo, di solito perché la sua saliva finiva in posti dove non avrebbe dovuto essere e, soprattutto, in breve, molto breve, tempo si ritrovava la lingua occupata a fare ben altro che parlare.
Non che Francis se ne approfittasse... figuriamoci...
Osservando Arthur che dormiva, Francis cercò di un piangere. Si sentiva in colpa a mentirgli, ma non poteva dirgli tutto. Sì, sarebbe andato al nord per degli affari, e sì quella era in parte una scusa di suo padre per tenerlo lontano dal matrimonio, ma c'era dell'altro.
Sospirò, si alzò dal letto e si rivestì silenziosamente. Prese un foglio e scrisse due rapide righe per Arthur, poi gli lasciò il bigliettino piegato nella tasca della giacca, dove teneva la sua fiaschetta e dove sapeva che avrebbe infilato le mani non appena l'avesse indossata, più per abitudine che per un reale motivo.
Sospirò, stampò un bacio sulle labbra del suo amante e poi uscì, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.

   
 
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