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Autore: Il cactus infelice    26/04/2021    5 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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ERA ORA


Harry si era svegliato con un mal di testa martellante. Certo, aveva esagerato con l’alcol l’altra sera, e i ricordi erano un po’ offuscati. Si ricordava vagamente di Ron ed Hermione che gli controllavano le tasche, e di aver biascicato qualcosa a proposito di James.
James…
Il pensiero di lui gli stringeva il cuore in una morsa. Sentiva che ogni minuto che perdeva era un minuto prezioso in cui suo figlio stava rischiando la vita - se non era già morto - e lui lo stava deludendo. 

Ubriacarsi non era la soluzione. Cercare James era la soluzione perché almeno quello l’avrebbe portato prima o poi a una pista, il fondo di una bottiglia no. 

Ma Sirius l’aveva chiamato a un orario immondo quella mattina e l’aveva buttato giù dal letto dicendogli che forse lui aveva trovato una soluzione.
Non gli aveva spiegato nulla di più, ma ad Harry era bastato per buttarsi giù dal letto. Si sarebbe aggrappato a qualunque speranza.
E quindi ora era con Ginny a preparare il caffè in cucina, entrambi in silenzio, entrambi con due facce che sembravano essere stati investiti da una mandria di Thestral. 

Il campanello suonò sconquassando quasi le pareti della casa e peggiorando i martellamenti nella testa di Harry. 

Il mago si precipitò ad aprire e si trovò davanti i due fratelli Black e persino Ron con in mano un sacchetto.
“Hermione mi ha detto di darti questo”, disse il rosso piantandogli il sacchetto in mano. “E’ una Pozione anti-sbornia”.
Harry ringraziò mentalmente l’amica; come sempre lo salvava dalle situazioni di merda in cui si metteva lui stesso. 

“Il caffè è pronto”, disse Ginny prendendo delle tazze senza usare la bacchetta. Entrambi i coniugi erano in camicia da notte, spettinati e gli occhi gonfi dal sonno - o dal pianto; insomma, nessuno era proprio nella situazione di accomodare degli ospiti, ma ai tre arrivati non fregava poi molto. 

“Allora, Sirius. Qual è questa soluzione?” 

“Te lo farò raccontare da Regulus. Lui ha avuto l’idea”. 

Harry spostò lo sguardo sul più giovane dei fratelli con un sopracciglio alzato. Be’, quello era decisamente inaspettato. 

“Ecco…”, cominciò Regulus parendo un po’ a disagio. Si sentiva troppi sguardi addosso e non era abituato ad essere lui quello osservato. “Non so se lo sapete, ma sono un Legilimante”.
Sì, Harry lo sapeva, qualcuno in passato glielo aveva detto. Voleva solo che Regulus si sbrigasse a dire quello che aveva da dire. Sentiva di star perdendo tempo. Ancora. 

“E uno di quelli bravi anche”. 

“E modesto”, commentò Ron in tono ironico, ma Harry lo fulminò con lo sguardo. 

Regulus lo ignorò. “I Legilimanti riescono a leggere nella testa delle persone, a vedere quello che pensano o guardare i loro ricordi”. 

“Sì”. 

“Be’, ci sono anche quelli che sono in grado di prendere possesso della mente di qualcuno… A distanza”. 

“Cioè, qualcuno che non si trova nella stessa stanza?” chiese Ron.
“Esatto. Ovviamente la distanza non deve essere troppa. Parliamo di qualche decina di chilometri”. 

“Questo cosa vorrebbe dire?” domandò Ginny, l’unica seduta al tavolo. 

“Che posso provare a entrare nella testa di James. Prendere possesso della sua mente e vedere dove si trova”. 

“L’hai mai fatto?”
“Solo una volta”. 

E non per scopi buoni, ma questo Regulus evitò di dirlo. 

Harry lanciò un’occhiata alla moglie come se volesse scambiare con lei un commento muto, poi tornò a guardare Regulus. Non aveva mai sentito di quel potere, ma ora come ora gli interessava poco polemizzare.
Era pericoloso? Regulus era affidabile? Avrebbe funzionato? Erano tutte domande lecite e se si fosse fermato a pensarci troppo avrebbe perso ancora più tempo. A quel punto, che male poteva fare?
“E come funziona? Cosa devi fare?”
“Mi serve solo qualcosa che appartiene a James. Magari qualcosa di personale, dove ci sono le sue impronte, il suo odore…”. 

“Okay, te lo possiamo procurare”. 

“Non ho mai sentito di questo potere. Sei sicuro funzionerà? E quali sono i rischi? A James farà male?” fece Ron parlando con una certa severità nel tono. Non voleva fidarsi troppo. E se Harry non aveva intenzione di chiedere più spiegazioni, ci avrebbe pensato lui al posto suo. 

Regulus ebbe un guizzo nello sguardo, ma cerco di mantenersi calmo e paziente. Era normale che quelle persone non si fidassero. “Non posso garantire al cento per cento che funzionerà, ci sono molte variabili. Se, per esempio, James si trova in un altro continente non potrei rintracciarlo. Sarebbe troppo lontano. E... “, esitò, “... Se è morto ovviamente non funzionerà. Posso rimanere solo per qualche secondo dentro la sua testa, altrimenti rischio di danneggiarlo. Questo significa che non lo posso aiutare a liberarsi o a scappare, ma posso vedere dove si trova. E no, James non sentirà dolore. Probabilmente nemmeno se ne accorgerà”. 

“Non ho mai sentito parlare di questo potere. Prendere possesso della mente altrui… Pensavo che i Legilimanti potessero solo leggere la mente di qualcuno vicino…”. 

“E’ un potere molto difficile da acquisire. Anche i più abili Legilimanti non ci riescono il più delle volte”.

“D’accordo, d’accordo”, interruppe Harry impaziente. Non voleva che qualcuno interrompesse ulteriormente. “Ginny, puoi andare a prendere qualcosa nella stanza di James?”  

Ginny obbedì in silenzio, alzandosi e dirigendosi piano verso le scale, senza guardare nessuno. Sembrava improvvisamente invecchiata di qualche anno. 


Ginny entrò nella stanza del figlio strascicando i piedi infilati nelle pantofole. Da quando era scomparso aveva faticato ad entrare nella stanza; si era limitata ad osservarla da fuori, a guardare i trofei sugli scaffali, i ninnoli e gli oggetti di James dalla soglia della porta, come se la camera fosse un mostro gigante che l’avrebbe inghiottita non appena ci avesse messo il piede dentro.
I suoi figli lasciavano le loro stanze vuote per gran parte dell’anno mentre erano ad Hogwarts, ma quel vuoto lasciato da James ora era devastante, quasi tombale.
Si guardò un po’ attorno per decidere quale oggetto del figlio portare a Regulus, cercando di farlo più in fretta possibile per andare via da lì. Non capiva perché provasse tutto quello, perché sembrava che la stanza di James le facesse così paura da averne un rifiuto, ma sapeva anche di non poterci pensare ora. Quando tutto fosse tornato a posto e Jim fosse di nuovo stato tra le sue braccia, le cose si sarebbero sistemate da sole. 

Poi gli occhi le caddero sulla sua felpa da quidditch che aveva lasciato su una sedia. C’era ancora la macchia di sangue perché non se l’era sentita di lavarla dopo che gli Auror gliel’avevano restituita. Quella sarebbe andata bene per Regulus.
La prese in mano e si sbrigò ad uscire ma poi, tenendo la felpa in mano, si bloccò proprio vicino alla porta. La sollevò all’altezza degli occhi, guardò la macchia di sangue e il nome Potter scritto sulla schiena e infine se la appoggiò contro il viso, affondandoci il naso per sentire l’odore di James che ancora permeava il pezzo di stoffa. Forse era per quello che non l’aveva voluta lavare.
Era la felpa preferita di James, la indossava più che poteva, dentro e fuori il campo da quidditch. Avere il cognome inciso sulla schiena lo rendeva orgoglioso. 



Ginny scese le scale con la felpa ancora stretta contro il petto e, anche se qualcuno può aver storto il naso di fronte a quella felpa macchiata di sangue, nessuno disse niente.
“Questa può andare?”
“Sì, va benissimo”. 

Regulus la prese in mano e si sedette sul divano, cercando di concentrarsi. 

“Ti serve…”. 

“Mi serve che facciate silenzio. Ho bisogno di concentrazione”. 

Tutti i presenti si ammutolirono, nessuno fiatava né osava muoversi. Fissavano Regulus da dietro le sue spalle, perplessi ma anche tesi e trepidanti. L’unica cosa a cui riuscivano a pensare era che forse avevano finalmente una pista e la speranza che James fosse ancora vivo, che fosse vicino a loro e che potessero salvarlo. 

Certo, si trattava pur sempre di Regulus Black, un Mangiamorte, qualcuno di cui sapevano molto poco, ma era anche il fratello di Sirius, colui che aveva avuto il coraggio di disertare e che aveva cercato di distruggere uno degli Horcrux di Voldemort.
Regulus chiuse gli occhi, strinse tra le dita la felpa e cominciò a pronunciare delle parole incomprensibili tra sé e sé. Sembrava quasi un rito macabro, poteva facilmente essere scambiato per Magia Oscura e forse lo era, la Legilimanzia dopotutto non era ben vista da chi praticava solo Magia per il Bene, ma alla fine che cambiava se li avrebbe portati al loro scopo? 



Regulus aprì gli occhi di colpo, come risvegliandosi da un profondo stato di incoscienza, annaspando in cerca d’aria.
Realizzò subito di non essere nel salotto dei Potter. Era in una stanza puzzolente e fredda. Pareti ammuffite, una piccola finestrella su un lato, troppo lontano per vedere bene fuori. Si mise seduto e si accorse subito di essere legato al letto con delle catene che gli avevano lasciato dei segni rossi sui polsi. Ma quelli non erano i suoi polsi. Non erano le sue mani, non erano le sue dita.

Era nel corpo di James. Ce l’aveva fatta! Ci mise un po’ a realizzare che in tutto il corpo sentiva un dolore attutito ma persistente, con una pressione più forte sul lato sinistro. Dolore da taglio, forse… E quel tipo di dolore era tipico di ripetute Cruciatus. 

Qualsiasi cosa gli fosse capitata, James non se la stava passando affatto bene. Però almeno era vivo e vicino, altrimenti non sarebbe riuscito a entrare nella sua mente.
Ora doveva solo scoprire dove si trovava esattamente, che posto fosse quello. Ma era difficile se non poteva uscire dalla stanza. Sperò che entrasse qualcuno così almeno avrebbe avuto una faccia da descrivere, o chissà, da riconoscere.
Si guardò attorno, cercò di ascoltare dei suoni, rumore, quando un quadro attirò la sua attenzione: era proprio lì, di fronte al letto, il quadro di una donna giovane ma non molto bella, coi capelli lunghi e neri, gli occhi scuri come pozzi profondi e la pelle olivastra. Era un quadro statico, quindi Babbano.
A Regulus accese immediatamente un campanello d’allarme, una sorta di familiarità ma non riuscì assolutamente a richiamare la memoria. Era come avere una parola sulla punta della lingua ma non riuscire in alcun modo a ricordarselo. Era frustrante. 

Doveva uscire assolutamente da lì o avrebbe danneggiato irreparabilmente il cervello di James. Si sarebbe fatto bastare quelle poche informazioni lì, era pur sempre qualcosa. 



Regulus riaprì nuovamente gli occhi, questa volta nel conforto della casa dei Potter e non più in quella macabra stanza dalle pareti ammuffite. 

Girò la testa verso i suoi spettatori che ancora lo fissavano immobili. 

“Allora? Ha funzionato?”
“Sì, ha funzionato”. 

“E allora? James è vivo? Sta bene?” 

“Sì, è vivo”. 

Regulus non si sbilanciò nel comunicare anche il suo stato di salute. Certo, era vivo e bastava per tenere alte le speranze, ma se non l’avessero tirato fuori di lì il prima possibile, probabilmente non sarebbe sopravvissuto. L’ex Mangiamorte non aveva avuto il tempo di controllare tutte le ferite che aveva, ma era abbastanza sicuro che quei dolori fossero residui di maledizione Cruciatus - ne aveva subita abbastanza anche lui per saperlo - e di certo i suoi rapitori non si sarebbero fermati lì. Ma questo significava anche che chi lo aveva rapito non era un fanatico di Harry Potter o uno che voleva un riscatto. Non era un cattivo da quattro soldi. 

C’era sicuramente qualcosa di molto molto pericoloso in tutto ciò. 

“Lo tengono prigioniero in una stanza, legato al letto. Non ho potuto vedere molto, ma c’era un dipinto in quella stanza. Un dipinto Babbano, di una donna dai capelli e gli occhi neri. Mi è familiare ma non riesco a ricordare dove l’ho visto. E la stanza sapeva di muffa, c’era solo una piccola finestra aperta, con le grate. Penso che sia in una casa molto vecchia, forse un po’ cadente”. 

Harry sospirò. “Questo non ci dà molte informazioni però. Ma almeno sappiamo che James è vivo”. 

“E ora che facciamo, Harry?” domandò Ron. 

“Be’, comunichiamo queste informazioni agli altri Auror e vedremo di far controllare tutte le case vecchie o le catapecchie di Londra. Non sai in che zona possa essere?”
“No, mi dispiace”.
Eppure Regulus sapeva di sapere. Quella stanza non gli era sconosciuta, e nemmeno quel quadro. Ma era come se ci fosse un blocco nella sua testa, una sorta di cassaforte chiusa a chiave che teneva custodita quella informazione fondamentale. 

“Vado in ufficio. Ron, Sirius, venite con me?” 

“Sì”. 

“Riesci a tornare a casa da solo?” chiese Sirius guardando il fratello. 

“Ma sì, non ti preoccupare”. 



Dopo essere passato al Ministero per parlare con gli Auror, Harry era andato ad Hogwarts per vedere come se la cavavano Albus e Lily. Erano preoccupati per James, ma cercavano di tenere botta.
Harry disse loro che con l’ultima scoperta che avevano ottenuto grazie a Regulus avevano più possibilità di ritrovare il fratello maggiore e che non dovevano preoccuparsi se non di andare a lezione e vivere le loro vite.
Ma i suoi figli non erano stupidi e, per quanto Harry cercasse di fingere bene, non era convinto che fossero cascati nella positività che aveva cercato di mostrare.
Sapere che Jim era vivo faceva sì che lo dovessero trovare il prima possibile, ma trovarlo era come cercare un ago in un pagliaio. 

Una volta lasciati i suoi figli per andare a lezione, Harry si trovò a vagare da solo per i corridoi di Hogwarts; quel posto gli faceva sempre venire un po’ di nostalgia, ma adesso l’unica cosa che riusciva a provare era l’ansia per suo figlio maggiore.
Le ampie vetrate di quella parte del Castello davano sul Lago Nero e proprio lì, in un punto della sponda, Harry notò qualcosa che attirò la sua attenzione. 



Veronica era stanca. Di cosa, non lo sapeva. Era stanca in generale. Della vita, delle persone, delle situazioni di merda in cui capitava sempre. 

Aveva già capito che Hogwarts non avrebbe avuto un ricordo piacevole per lei, non interamente almeno. Non si sarebbe portata dietro amicizie né rapporti significativi, e le andava bene così. In fondo mancavano meno di due anni, doveva resistere solo un altro po’. 

Ma diventava sempre più difficile sopportare tutto. Si sentiva sguardi addosso ovunque andasse, vedeva persone sussurrarsi qualcosa all’orecchio guardandola storto, qualcuno ancora la chiamava Bocca Calda.
James per un po’ era stato la sua salvezza, la sua distrazione da tutto quello. Le aveva fatto capire che era valida nonostante tutto e che non era colpa sua se un deficiente le aveva fatto un video mandandolo in giro senza subire conseguenze.
A Hogwarts era difficile trovare un posto dove stare da soli, tutto era in condivisione e c’era sempre qualcuno. Per cui avere un po’ di privacy per versare qualche lacrima sembrava essere un’impresa titanica. 

Perciò aveva deciso di saltare la lezione di Trasfigurazione e rifugiarsi al Lago Nero, in compagnia della Piovra Gigante. Le balenò per la testa persino l’idea di tuffarsi, anche se faceva freddo, e chissà, forse la Piovra l’avrebbe divorata ponendo fine alle sue sofferenze. Oppure avrebbe potuto fare come la sua scrittrice Babbana preferita, Virginia Woolf, e riempirsi le tasche di sassi lasciandosi andare sul fondo. Ma si riscosse non appena sentì qualcuno sedersi accanto a lei sull’erba. 

Veronica girò lo sguardo e vide niente poco di meno che Harry Potter che fissava il Lago scuro. 

“Mia moglie fa degli ottimo waffle. Ti andrebbe di fare un salto a casa mia?” le chiese senza distogliere gli occhi dall’orizzonte. 

Veronica inarcò le sopracciglia perplessa a quell’offerta, ma immaginava che fosse comunque meglio che contemplare il suicidio. 



“Little Hangleton!” urlò Regulus nel silenzio della casa.
Ci aveva rimuginato tutto il tempo e finalmente aveva sbloccato quel ricordo. Chissà come aveva fatto a non ricordarsi immediatamente di quella vecchia e fatiscente casa, con quell’orribile dipinto di Merope Gaunt. Probabilmente perché erano passati molti anni e la morte sicuramente non aiuta a tenere a galla i ricordi, men che meno così traumatici. 

Ma poco importava. Ora doveva comunicarlo a Harry e Sirius e tutti gli altri. 

Little Hangleton. Ricordava benissimo dove si trovava.


*** 


Buonsalve, rieccomi con il solito aggiornamento del Lunedì. Arriviamo finalmente alla resa dei conti, i prossimi capitoli saranno più d’azione e avvincenti.
Non ho molto da dirvi se non ringraziarvi per i commenti meravigliosi che mi lasciate e per essere ancora appassionati di questa mia piccola storia dopo ben 80 e passa capitoli.
Specifico solo che il potere che Regulus ha qui è di mia invenzione. Nel canone i Legilimanti non sono davvero in grado di entrare nella testa delle persone per prendere possesso del loro corpo. Ma ho pensato potesse essere una cosa carina e interessante e soprattutto far sì che fosse Regulus l’asso nella manica per il ritrovamento di James.


Grazie mille e mi raccomando, commentate! ;)
A presto,


C.

   
 
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