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Autore: heliodor    26/04/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Fuga
 
Quando la porta si aprì per la seconda volta, Valya era distesa sul giaciglio e stava fissando il soffitto. Alzò la testa di scatto quando sentì la serratura scattare ed ebbe un tuffo al cuore quando la porta si aprì.
Vengono a interrogarmi di nuovo? Si chiese.
Aveva ancora le guance doloranti dopo l’ultima volta e la paura che le avrebbero fatto di peggio se non collaborava non la faceva dormire la notte.
Dall’interrogatorio erano passati almeno tre giorni perché aveva ricevuto nove pasti in totale, ma non ne era certa.
O forse mi porteranno al processo di cui avevano parlato, pensò. E se quel processo l’avessero invece già fatto e stessero venendo a prendermi per impiccarmi sulle mura?
Il ricordo del corpo visto al suo arrivo a Ferrador con suo padre la tormentava. Mai avrebbe pensato di finire anche lei in quel modo.
Morire era già terribile. Farlo in maniera così umiliante l’atterriva del tutto e le impediva di pensare in maniera chiara.
Se almeno avessi la mia spada, si disse. Con quella avrei tenuto testa a Ballard, altro che farmi schiaffeggiare.
Si aspettava di vedere comparire Donn Ballard sulla soglia, invece rimase sorpresa quando riconobbe il viso di Ferg Abbylan.
Portava gli stessi baffi dell’ultima volta che lo aveva visto, quando gli aveva porto le sue condoglianze per la morte di suo fratello.
Solo l’espressione era tesa, come se temesse da un momento all’altro di essere sorpreso a fare qualcosa di sbagliato.
“Ferg” disse Valya con voce incerta. Le lacrime tentarono di assalirla ma lei le ricacciò indietro. Non voleva mostrarsi debole con lui.
“Vieni con me, svelta” disse lui arretrando di un passo verso l’uscita.
Valya si alzò barcollando e lo raggiunse. “Hanno mandato te?”
Ferg lanciò una rapida occhiata al corridoio fuori dalla cella e tornò a guardarla. “Stare in cella ti ha fatta diventare più stupida di prima?”
Valya lo fissò interdetta.
“Non mi ha mandato nessuno, Valya Keltel. Sono venuto io da te e nessuno deve saperlo. Ora ti vuoi muovere a venire con me? Abbiamo poco tempo.”
“Dove?” chiese Valya intontita.
“Ovunque” rispose Ferg spingendola fuori dalla cella. “Dove non ti potranno fare del male.”
 
Valya seguiva Ferg muovendosi a scatti, come frastornata. Tornare a camminare per i corridoi del palazzo le dava una strana sensazione. Fino a pochi giorni fa lo aveva fatto senza alcuna paura, spinta solo dalla curiosità di esplorare quel posto.
Adesso a ogni passo, a ogni rumore, a ogni ombra fugace il suo cuore perdeva un battito o le martellava nel petto. Ferg la precedeva di qualche passo, lo sguardo fisso davanti a lui.
A un tratto le fece cenno di fermarsi. “Aspetta qui.” Avanzò fino all’incrocio successivo, gettò una rapida occhiata in entrambe le direzioni e le fece cenno con la mano di raggiungerlo.
Valya ubbidì. “Dove stiamo andando?”
“Te lo dirò quando ci arriveremo” rispose lui.
“Ma io voglio saperlo” insisté Valya.
Lui sbuffò. “Nemmeno stare in cella tutto questo tempo ti ha cambiata. Ti sto portando via dal palazzo.”
“Il processo…”
“Non ci sarà nessun processo, Valya Keltel. Tu sei già stata giudicata e condannata.”
Valya deglutì a vuoto. “Ma Dalkon ha detto che la governatrice…”
“Ti ha mentito. Possibile che tu sia così ingenua?” Scosse la testa. “Scusa. Non puoi sapere come funzionano qui le cose.”
Vorrei tanto impararlo, pensò Valya. Ma è vero. Sono una stupida e ingenua ragazzina di campagna. Ho provato a diventare qualcosa di più e invece avrei dovuto accontentarmi di quello che avevo. Se almeno potessi stringere di nuovo la spada tra le mie dita…
Quel pensiero la colpì.
La spada, si disse. Non posso lasciarla qui.
“Devo prendere una cosa.”
Ferg le rivolse un’occhiata stupita. “Non c’è tempo.”
“Ma io devo.”
“No.”
“È importante” disse lei con tono supplice.
“Più della tua vita? E della mia?”
Valya annuì decisa.
Ferg scosse la testa. “Cosa c’è di tanto importante per te in questo palazzo?”
 
La sala d’armi era deserta. Dalle finestre che davano sul cortile esterno filtrava la tenue luce delle torce che ardevano illuminandolo. Valya però non aveva bisogno di molta luce per orientarsi in quel posto. Ci aveva trascorso tanto di quel tempo da aver memorizzato ogni particolare, ogni fregio e arma o scudo appesi al muro.
Compreso quello dietro il quale aveva nascosto la spada.
“Spero davvero che ne sia valsa la pena” disse Ferg.
Valya salì su di una sedia ed estrasse la spada dai supporti. Subito sentì il potere scorrere dentro di lei, ridandole le forze che temeva di aver perso durante la prigionia.
“Volevi quella vecchia spada? Potevo darti la mia” disse Ferg.
“Questa è la mia spada” disse Valya. “Lo è sempre stata.”
Lui la guardò interdetto. “Sei una strana persona, Valya Keltel.”
“Ora possiamo andare” rispose lei.
Uscirono sul cortile, che in quel momento era deserto.
“Ci sono le guardie all’ingresso” disse Valya allarmata. “Ci vedranno.”
“No” rispose Ferg. “Se passiamo per uno di quelli secondari non ci sarà nessuno. Fidati.”
L’ultima volta che l’ho fatta sono finita in una cella buia e puzzolente, si disse.
Guardò verso le stalle. “Bel” sussurrò.
“Che c’è ancora?”
“Il mio cavallo.”
“Devi lasciarlo qui. Non possiamo portarlo con noi, potrebbe fare rumore e attirare l’attenzione.”
“Non ho potuto nemmeno salutarlo” disse Valya triste. “Penserà che l’ho abbandonato.”
Ferg dovette spingerla fino all’ingresso secondario, un arco di pietra alto il doppio di una persona. Come aveva detto, non c’era nessuno a sorvegliarlo.
“I soldati?” chiese Valya passando sotto l’arco.
“Svelta. Non possiamo perdere altro tempo.”
Lui la guidò attraverso le strade della città, nel buio appena rischiarato di qualche torcia accesa agli angoli e di quella che filtrava dalle poche finestre aperte.
Ferg si muoveva a testa bassa, il busto proteso in avanti e a passi lunghi e regolari. Valya faticava a tenere il suo passo dopo tanto tempo passato in cella.
Lui si voltò verso di lei. “Accelera. La via non sarà aperta ancora per molto.”
Raggiunsero una piccola piazza lasciandosi alle spalle la statua di una donna a cavallo e poi girarono attorno a quello che restava di una fontana. Qualcosa sembrava averla sollevata di peso e scagliata in alto, per poi farla finire a pezzi quando era ricaduta. Alcuni detriti, quelli più piccoli, erano stati ammucchiati agli angoli della strada, vicino alle case dai muri sventrati. Passandoci vicino gettò una rapida occhiata all’interno. Vide tavoli e sedie distrutti, focolai divelti e i cocci di piatti e brocche sparpagliati in giro.
Rallentarono solo quando arrivarono in vista di un cancello nelle mura. Era piccolo e chiuso da una grata di metallo sollevata a metà.
Ferg accelerò ancora di più il passo distanziandola e lei dovette correre per raggiungerlo.
“Di qui” disse indicando il cancello. “Entra.”
Valya entrò senza esitare seguita da Ferg e solo allora le venne in mente che poteva essere una trappola. Forse la governatrice aveva voluto metterla alla prova dandole la possibilità di fuggire e lei ne aveva approfittato, dimostrandosi colpevole con quel tentativo.
Fu tentata di tornare indietro ma Ferg le sbarrò il passo.
“Che vuoi fare?” le chiese. “L’uscita è dalla parte opposta.”
Valya deglutì a vuoto. “Non ho fatto del male a Doryon” disse.
Lo vide sorridere nel buio. “Lo so.”
“Come?”
“Sei stupida e sei una pessima allieva, ma non sei un’assassina. Non saresti stata nemmeno capace di concepire di uccidere Doryon usando il veleno. Credo che se avessi voluto davvero farlo, avresti usato la spada.”
“Lui sta bene? È guarito?”
“Non ne ho idea, ma la governatrice lo ha fatto sparire.”
“Dove?”
“Dicono che lo abbia fatto portare in un luogo più sicuro, dopo quello che è accaduto.”
“Spero che stia bene” disse Valya.
“Proseguiamo” fece Ferg indicandole la direzione opposta.
Alla fine di un tunnel scavato nella pietra, c’era un secondo cancello con la grata aperta a metà.
“Fil è stato di parola” disse Ferg.
“Fil?”
Lui annuì. “Gli ho detto di tenere aperte le due estremità del tunnel fino al mio segnale e non mi ha deluso. E mi costerà ben più di una cassa di vino” aggiunse con tono di rimprovero. “Facendo due calcoli, ho già bruciato metà della mia paga annuale.” Scrollò le spalle. “Poco male, avrei certamente fatto un cattivo uso di quelle monete. Almeno non sono andate sprecate.”
“Mi dispiace” disse Valya affranta. “Ripagherò il debito, quando ci rivedremo.”
“No, Valya Keltel. Una volta che ci saremo separati tu non dovrai mai più tornare a Ferrador. Anzi, ti consiglio di andare il più lontano possibile da qui. Trova tuo padre. Lui saprà cosa fare.”
“Non so dove sia” esclamò disperata.
“Allora trova qualcuno che possa proteggerti dalla governatrice e da Dalkon. Quando scopriranno che sei scappata ti faranno dare la caccia come a un rinnegato.”
“Chi proteggerebbe una rinnegata?” si chiese Valya ad alta voce.
“Qualcuno che non è amico dei Talmist” suggerì Ferg.
“Zane” disse Valya. “Lui potrebbe proteggermi. È un Lormist.”
“Io non mi fiderei molto di lui, ma puoi fare un tentativo. La sua armata si è messa in viaggio mentre eri prigioniera. Potresti raggiungerli se non sono troppo lontani.”
“Sono partiti? Per dove?”
“Cadrik. Almeno così ho sentito dire da alcuni soldati. È una fortezza a oriente, quasi al confine.”
“Non ho idea di dove sia.”
“Dovrai chiedere informazioni quando potrai fermarti, ma sii prudente e non dire troppo.”
Fuori dal tunnel c’era un cavallo legato a un palo infisso nel legno. Ferg indicò una borsa fissata alla sella. “Ci sono provviste per dieci giorni di viaggio e acqua per altrettanti, poi dovrai arrangiarti con quello che troverai. Nella borsa più piccola troverai cento monete, ma non mostrarle alle persone sbagliate. Sono tempi brutti e ti scannerebbero per molto meno.”
Valya montò in sella. “Grazie” disse porgendogli la mano.
Lui la strinse e la sua presa calda e sicura la rinfrancò. “Che la tua via sia dritta, Valya Keltel. Ora vai e non fermarti finché non avrai messo qualche centinaio di miglia tra te e Ferrador.”
Valya annuì e fece schioccare le redini. Il cavallo partì al piccolo trotto. Mentre si allontanava si voltò una sola volta e vide la figura di Ferg che la fissava da lontano.
 
Cavalcò fino all’alba, quando fece una sosta per far riposare il cavallo e dissetarsi. L’animale era docile e sembrava resistente, ma non aveva idea di quanto vantaggio avesse l’armata di Lormist su di lei.
Se è partita da qualche giorno, si disse, non può essere più lontana di duecento miglia, forse anche di meno. Posso raggiungerli prima di finire le scorte di cibo.
Ogni tanto si girava temendo di essere inseguita dalle guardie di Ferrador, ma non accadde nei primi tre giorni di viaggio e iniziò a sentirsi più tranquilla.
Viaggiava di notte e cercava un posto riparato dove fermarsi di giorno e riposare. Solo una volta incrociò una carovana di mercanti che si dirigeva verso Ferrador.
Fu tentata di fermarli e comprare del cibo con le monete di Ferg, ma rinunciò per paura che raccontassero di averla incontrata lungo la via per la fortezza di Cadrik. Rimase nascosta finché non furono passati e solo allora si rimise in viaggio.
All’alba del sesto giorno trovò una pozza d’acqua dove potersi dissetare e lavare il collo e il viso. A Ferrador si era abituata a fare un bagno ogni tre o quattro giorni e ora iniziavano a mancarle quelle comodità.
Anche il morbido letto e le lenzuola sempre in ordine e profumate erano un ricordo struggente. La carne e la frutta secca procuratele da Ferg, anche se buone, erano dure e insapori rispetto ai piatti che venivano cucinati a palazzo.
E, anche se faticava ad ammetterlo, le mancava persino Olethe con i suoi modi decisi ma con la capacità di farla sentire in qualche modo sicura.
Prima di rimettersi in marcia si chiese se l’avrebbe mai rivista e se avrebbe mai rivisto qualcuno degli abitanti del palazzo.
All’ottavo giorno, quando l’acqua era ormai finita insieme alla carne secca, avvistò quella che era la retroguardia dell’armata di Lormist, una fila di trenta carri che si snodava come un serpente lungo la strada.
“Eccoli” disse a voce alta. “Li ho trovati.”
“E noi abbiamo trovato te” esclamò una voce dietro di lei.
Si voltò di scatto un per vedere apparire una figura umana alle sue spalle. Sembrò formarsi dall’aria stessa, come se un velo che l’aveva coperta fino a quel momento.
Mentre la sua forma si completava, la mano di Valya corse alla spada ancora infilata nel fodero.
“Se fossi in te non lo farei” disse una seconda voce, stavolta sopra la sua testa.
Qualcosa di pesante le piombò sulla schiena togliendole il fiato e scaraventandola a terra.

 
  
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