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Autore: Gaia Bessie    27/04/2021    7 recensioni
«Lo hai detto a qualcuno?» sussurra, giocherellando con il vetro che la circonda. «Che ha ripreso a bruciare».
Lui scuote il capo, le guarda le mani bianche come quell’anima che non conosce macchia – s’è tagliata con un pensiero e nemmeno se n’è resa conto.

In un improvviso dilagare dei neo-Mangiamorte, Hermione Granger trova un inaspettato alleato in Draco Malfoy.
[Draco/Hermione | Accenni di Draco/Asteria e Fred/Asteria | Seconda classificata e vincitrice del premio per il miglior stile al Contest “Revival – A volte ritornano” indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Il dolore che hai addosso non passa più
 
«Per tanto tempo ti ho incolpato per avermi spinta nel buio, ma mi sbagliavo. Ero io a scatenare il tuo lato oscuro».
(Blair Waldorf, 5x09, Gossip Girl).
 
Non ti togliere le All Star
Che per terra c'è del vetro
 
Il giorno in cui Hermione trova Draco Malfoy steso sul pavimento del bagno di Mirtilla Malcontenta, è un mercoledì e la McGranitt ha appena deciso che tutta la scuola dovrà dotarsi di tesserini identificativi magici, per garantire una sicurezza che i neo-Mangiamorte hanno tolto a tutti quanti. Quel giorno, lei ha solamente voglia di mettersi a piangere – tutti i suoi, i loro, sforzi disciolti nel tentativo di una banda di ragazzini di resuscitare Lord Voldemort – ma, quando entra nel bagno, l’unico a piangere è solamente lui.
Circondato da un’aureola di vetri infranti, Draco Malfoy piange senza pudore, singhiozzando con la testa nascosta tra le ginocchia. Non si rende nemmeno conto che lei e lì, e lo sta guardando sgomentata.
Non ha la forza di dirgli nemmeno una parola di conforto – d’altronde, l’ha disprezzato per così tanti anni che adesso non saprebbe come disimparare a farlo – ma non riesce nemmeno ad andare via, finché Malfoy non alza lo sguardo e la fulmina con un’occhiata carica di risentimento, come se la colpa d’averlo sorpreso in quello stato fosse sua e di nessun altro.
«Attenta ai piedi, Granger» le sussurra, con la voce crepata dalle lacrime. «A terra c’è del vetro».
«Hai tirato un pugno allo specchio?» domanda lei, osservando i vetri altrettanto crepati sul pavimento. «Malfoy, sei forse impazzito?».
Lui ride, mostrandole le mani, entrambe intonse. «Non sono un Babbano, Granger» sibila, alzando il capo con aria fiera. «Ho solamente lanciato un Bombarda, niente di che».
Lei vorrebbe solamente fargli una predica sulla responsabilità e su quanto sia irrispettoso danneggiare una proprietà della scuola ma, di fronte a quello sguardo perso e sconsolato, semplicemente non riesce più. Perché lui la osserva come se l’aspettasse, quella sfuriata che semplicemente non arriva, e allora a Hermione mancano le parole.
«Perché avresti rotto uno specchio?» domanda, quindi, sentendosi una sciocca. «A parte gli anni di sfortuna, intendo».
Lui ride, un suono forzato e amarissimo che sembra spezzargli in due il cuore e, forse, lo fa per davvero. Perché Draco Malfoy, nella luce filtrata dalla finestra, sembra davvero amaro e spezzato come il suono da lui emesso, un vaso pronto a collassare in cocci al minimo tocco – e non vuole essere lei, l’ultima a toccarlo.
«Immagino che sia lo stesso motivo per il quale tu sei corsa qui, fregandotene della lezione di Incantesimi» commenta lui, scrollando le spalle. «A meno che tu non stia macchinando qualcos’altro, Granger, lo sa Salazar cos’hai in quella testa».
Lo dice con un disprezzo tale da paralizzarla, per un momento, facendola tornare la bambina di dodici anni che piangeva per esser stata chiamata Sanguesporco. Ma, a volte, il disprezzo è solamente la miglior arma per non creparsi ulteriormente, e allora lei scuote il capo e quel pensiero le scivola addosso come acqua piovana.
C’è qualcosa di strano, in Draco Malfoy, Hermione se ne rende conto in quel momento – e non perché abbia sentito l’esigenza di distruggere uno specchio nel bagno di Mirtilla Malcontenta, ma perché si sia messo a piangere subito dopo.
«Vuoi che ti chiami qualcuno della tua Casa?» gli domanda, quindi, con calma serafica. «La Parkinson, Nott, chi vuoi?».
Lui ride nuovamente, rischiando di spezzarsi una costola in quello sforzo non voluto e insensato, scuotendo il capo con i capelli biondissimi che gli s’infrangono sulla fronte come ombre nella mente. Chissà che campi mal illuminati avrà lì dentro, pensa Hermione, dove ogni cosa diviene oscura non per volontà, ma per obbligo – il sangue non mente, ma a volte sì. A volte sì.
Che sia la volta di Draco Malfoy, mentre s’asciuga le lacrime senza boria e senza orgoglio, ma con la tiepida accettazione di chi è troppo disperato per sindacare sull’esistenza di quei segni che si è inciso sul volto con lo sbattere di una palpebra?
«Nessuno, Granger» la liquida, con un gesto altero della mano. «Non ho bisogno di nessuno».
Lei scivola a sedere sul pavimento, sospirando con aria esausta, incurante dei vetri che la circondano come una maledizione – come la sua stessa anima, infranta e a pezzi, da quando ha scoperto di non poter far tornare la memoria ai suoi genitori. E Obliviarsi da sola è impossibile, così che deve convivere con questa consapevolezza ogni giorno.
«E a me non dirai cosa succede» commenta lei, giocherellando con un frammento di specchio. «Perché io sono io e tu sei tu, e per quanto si possa cambiare faccia, alcune cose rimangono quelle che sono. No?».
Draco Malfoy la guarda, soppesando le parole – ma non ne ha, le ha perse tutte da quando la guerra è finita e lui s’è dovuto cavar via un grazie per Harry Potter e, da quel momento, a tutti è sempre parso muto. Ma, dentro di sé, è un covo di parole in tempesta, una tempesta di vetri taglienti come quello che giace immobile tra le mani di lei.
«Non siamo amici, Granger» sibila, lui, con calma glaciale. «Perché dovrei dire a te che succede, chi sei, mia madre?».
Lei ride, anche il suo un suono dal retrogusto amaro, e gli porge il coccio dello specchio che ha raccolto da di fianco alla sua coscia.
«Perché qui ci sono io, Malfoy» commenta, calma. «E tu non hai nessun altro a cui dire quello che ti stai tenendo dentro. Per cui, se vuoi, io ti posso ascoltare: cos’hai da perdere?».
Lui inizialmente non le risponde. Nel frammento dello specchio nera è la sua anima, sembra volergli uscire come lacrime dagli occhi.
Ma poi ricambia lo sguardo di lei, e s’alza lentamente la manica della camicia, fino a scoprire il Marchio Nero – annerito come quell’anima che ha pensato, e dunque esiste, e arrossato come fosse infetto.
Hermione si copre la bocca con le mani, spalancando gli occhi castani, piena di doloroso stupore.
«Lo hai detto a qualcuno?» sussurra, giocherellando con il vetro che la circonda. «Che ha ripreso a bruciare».
Lui scuote il capo, le guarda le mani bianche come quell’anima che non conosce macchia – s’è tagliata con un pensiero e nemmeno se n’è resa conto.
 
***
 
Non hai fatto l'università
Perché odi tuo padre
La tua tessera d'identità è ridotta proprio male
 
Ha mantenuto il segreto.
Nel proprio silenzio, Draco Malfoy è sfiorito e s’è accartocciato come il petalo di una rosa lasciata senz’acqua. L’ha trovato altre volte a piangere nei punti più impensabili del castello, ma mai s’è sognata di avvicinarlo – Malfoy ha un lato oscuro che lei non comprende, ma che ormai s’aspetta come s’aspetta solamente disprezzo e insulti, da lui. Che non arrivano più.
Perché Malfoy a stento la guarda, e dalla sua pelle crepata ne esce solamente vapore e parole lontane. Lei muore dalla voglia di dirgli qualcosa, ma non sa che cosa: è curiosità, la sua, voglia di fare qualcosa – Harry e Ron lavorano al caso dei neo-Mangiamorte, mentre lei è bloccata a Hogwarts per completare quell’istruzione di cui ha bisogno, ma è la voglia a mancarle.
Il lato oscuro di Malfoy, che è solamente un grigio illuminato male, la chiama come una ballata dalla melodia stonata, e lei vorrebbe soltanto imparare a ballare. Così, lo ferma, sulla scalinata per scendere dalla torre di Astronomia, tirandolo per una manica – quella sbagliata, e facendolo sobbalzare per il dolore.
«Hai un’ora buca, e anche io» gli comunica, con ovvietà. «Vieni con me».
«Non sapevo che anche il mio orario fosse materia per i M.A.G.O., Granger» commenta lui, acido. «Hai studiato bene».
Ma non si rifiuta di seguirla per i corridoi, finché non lo porta nel bagno di Mirtilla Malcontenta: ha riparato lo specchio ma, controluce, le cicatrici permangono. Lei si volta, guardandolo finalmente negli occhi, e trovandogli dentro ombreggiature di cui non avrebbe mai immaginato l’esistenza in un prima che, nello spaventoso adesso che si dirama davanti come inevitabile, non conta più niente: avrà avuto delle oscurità, Draco Malfoy, ma sono esse imperdonabili?
Hermione, che di perdono è campionessa grazie all’involontario aiuto di Ron, pensa di no – gli si potrà perdonare un brandello di oscurità.
Ma è lui il primo a non sapere perdonare, si dice lei osservandolo passare l’indice sulle crepe nello specchio, è il primo a non riuscire a dimenticare – che ha un brandello di oscurità che gli germoglia dentro e si nutre delle sue crepe.
«Malfoy» lo chiama, incerta. Tu non sei coinvolto con i neo-Mangiamorte, vorrebbe domandargli, ma non le vengono le parole: così rimane a guardarlo, disorientata.
«No, Granger» risponde lui, interpretandone i pensieri. È tutta un’interpretazione un po’ imperfetta, la sua, così scuote il capo e si guarda le scarpe, a disagio. «Non ne ho idea, di chi si tratti, ma mi lusinga che tu pensi che io possa averci qualcosa a che fare».
«Non era quello che intendevo dire» si difende lei, piccata. «Io… penso solamente che hai più probabilità di me, di saperne qualcosa».
«Ho più probabilità anche nell’essere morto, eppure sono qui» risponde Malfoy, con tono amaro. «Ci pensi, a come io mi sia semplicemente fottuto ogni futuro possibile?».
«Avresti potuto facilmente entrare al Ministero» commenta Hermione, atona. «Sarebbe bastato fare il nome di tuo padre, e qualche porta ti si sarebbe aperta».
«Odio l’idea di vivere all’ombra di mio padre» sibila lui, con finta noncuranza, ma quelle parole l’hanno ferito, in qualche modo che lei non comprende. «Ma non siamo destinati a essere la persona che più odiamo al mondo?».
Lei pensa che Draco Malfoy non ha un lato oscuro – è tutto un’oscurità che divora e non lascia scampo, un germoglio amaro che emerge dalla terriccio sanguinolento e nell’aria lascia traccia nerastra. Nero più nero del nero, è così quell’ombra che gli sfregia il viso, mentre scivola sul pavimento, incrociando le gambe sulle piastrelle.
E non sa cosa rispondergli, Hermione, mentre lui giocherella con il proprio tesserino identificativo – un pezzo di pergamena, ha scelto, logoro e stracciato dove ha tracciato frettolosamente il proprio nome. Non ha scelto un Galeone o un altro oggetto: sarebbe stato troppo squallido, l’oro o qualunque cosa più preziosa della pergamena, per il nome che doveva portare.
«Il tuo tesserino è messo male» commenta, quindi, cercando di distoglierlo dai suoi pensieri. «Potevi scegliere qualcosa di più duraturo della pergamena».
«Tu conosci qualcosa che duri di più?» domanda lui, laconicamente, ficcandosi in tasca il frammento di cartastraccia.
Lei non lo saprà mai – lui non glielo dirà nemmeno sotto tortura – ma quel frammento di pergamena proviene da una delle ultime lettere di Asteria Greengrass. È stato quello, il momento.
Quando Draco ha cominciato a camminare con i mostri, fregiandosi di un’oscurità che mai gli era appartenuta (se mai è stato in grado di discernere cosa fosse, oscuro e silenzioso come i suoi pensieri).
«No» ammette infine lei. «Non penso di conoscere niente che duri di più».
«L’oscurità» risponde lui. «Da due anni, è sempre notte».
È ancora notte, vorrebbe dirle, a rischio di sembrarle patetico, ma non ha il coraggio di pronunciare quelle parole – lei le ha già comprese, comunque, anche se non sa che quell’oscurità ha un nome e un cognome.
Un viso da elfetto, capelli biondi che volteggiavano assieme alla gonna della divisa quando Asteria Greengrass si è lasciata scivolare sulle rotaie del binario nove – ha tinto di rosso la notte, ma sempre notte era.
Asteria Greengrass è morta guardandolo negli occhi, mentre lui allungava una mano per afferrarla (tardi, troppo tardi) e lei semplicemente cadeva. Muto, il grido che ha squarciato l’aria.
«Stai piangendo» nota Hermione, una punta di perlacea compassione nella voce. «Perché?».
Draco scuote il capo, con aria rabbiosa: notte è anche quando piangi e a stento sai perché.
 
***
 

Io per te ci morirei
(…)
Perché ridi se dico così?
 
«Io non ho un lato oscuro, io sono il mio lato oscuro» le dice un giorno, atono. «E guardami dentro, e anche tu farai la mia stessa fine».
Lei rimane senza parole – quand’è che gli ha dato l’impressione di volergli guardare dentro? – e non risponde, ma silenziosamente quel nero comincia ad attaccarle l’anima. Le è scivolato addosso come una macchiolina d’inchiostro e ha messo radici dentro di lei: pensava di essere luce, Hermione, e oggi si riscopre anch’ella tenebra. Gli ha guardato fin dentro l’anima per riscoprirlo immutato, c’è ancora qualcosa di luminoso dietro gli stradi di cenere calcificata, c’è ancora qualcosa per cui sperare, in Draco Malfoy.
«Non siamo amici, Malfoy, perché dovrei guardarti dentro?» domanda lei, laconicamente. «Non ti detesto, questo sì, ma al momento mi stai abbastanza indifferente».
Lui ride.
Per la prima volta, è un suono cristallino e ben lontano dal preservare quella consistenza amara che lo ha sempre caratterizzato. Ma ha qualcosa di nero che gli cola dai denti sul collo, una sostanza appiccicosa, forse catrame, e insozza tutti i punti che lei ha cercato di pulire con un sorriso sincero e gentilezza disinteressata. O quasi. È che lei è profondamente curiosa e lo vuole comprendere, sviscerare come fosse una poesia o un incantesimo nuovo da provare, e poi decidere se può rivalutarlo. Se c’è davvero la luce, dietro tutto quel nero, o è solamente un riflesso che le ha giocato un abbaglio.
«Mi prendi in giro, Granger?» le domanda, torcendosi le mani. «Sei diventata la mia ombra, eppure…».
Eppure non sai niente di me, vorrebbe dirle, ma improvvisamente quelle parole gli suonano come troppo crudele – gentile, forse, ma crudele – e allora china il capo e tace, domandandosi da quand’è che ha smesso di desiderare d’essere crudele con lei.
«Eppure non so niente di te» completa lei, calma. «Sei sempre in tempo a raccontare, Malfoy, non credi?».
Lui si scotola via un brandello di cenere dal maglione, non gli vengono le parole – in verità, non sa cosa dire e, le prime parole che gli affiorano sulle labbra, sono.
«Ti è mai capitato di amare un’ombra?».
Lei ci riflette, con la serietà che l’ha sempre contraddistinta, e si passa una mano tra i capelli con aria pensierosa – vuole chiedere ma, per una singola volta, è lei a non avere il coraggio.
«Dipende cosa intendi» mormora, infine. «Forse, a volte, ci rimane qualcosa persino delle persone che amiamo senza averle mai conosciute».
«Ma io la conoscevo» sussurra lui, impulsivamente. «Lei mi ha guardato, prima di cadere, Granger, come se sapesse che io…».
Che per lei forse si sarebbe gettato sulle rotaie per toglierla via di lì, se solamente ne avesse avuto il coraggio – la prontezza, ma soprattutto il coraggio – e allora china il capo e si rimangia quelle parole. Certo che sì, vorrebbe dirle guardandola negli occhi, si può amare un’ombra: ombre noi stessi1, Granger, per quanto possiamo provare a dimenticarcene.
«Magari aveva un mondo dentro e tu non potevi saperlo, Malfoy» sussurra lei, stringendosi le mani tra di loro, con fare nevrotico. «Non la conoscevi».
Era solamente la sorella di Daphne, sembra dirle lei, anche se ha la delicatezza di non dar suono a quelle parole – ma lui lo comprende comunque e le lancia uno sguardo silenzioso, disorientandola.
È possibile amare un’ombra, si dice lei con convinzione, perché lui stesso è ombroso e muto quando la guarda e non ha più parole per dirle quanto semplicemente sia stato privato di ogni speranza, fino a diventare un rovo proiettato sui muri.
«La conoscevo» ribadisce lui, serrando la mascella. «Lei era come me».
«Era disposta a morire per la persona che amava» commenta Hermione, come se conoscesse qualcosa che a lui sfugge. «Tu lo saresti?».
Lui vorrebbe dirle che non può saperlo – ma, dentro di sé, chiara è l’immagine di Asteria che cadeva avvolta in un maglione con su ricamata una F sopra.
«Certo che sì, Granger» mente, il viso arrossato leggermente. «Non pensi che per te morirei?».
Lei ride, facendogli alzare un sopracciglio.
«Tu non mi conosci nemmeno» risponde, con un gesto della mano. «Non prendermi in giro, Malfoy, non è divertente».
Lui china il capo e tace – ombre noi stessi – mentre s’irrigidisce per una scarica di dolore lungo il braccio del Marchio. Hermione alza una mano, come se volesse toccarlo ma cambia idea a metà di quel tentativo, e allora semplicemente la mano le penzola lungo il fianco, inutile.
«Li prenderanno» sibila, indignata. «Non ci saranno altre morti, qui a Hogwarts, la McGranitt…».
«Non è una ragazzata, Granger, se riescono a usare il Marchio» risponde Draco, guardando il serpente strisciargli lungo l’avambraccio. «Potter e Weasley devono sbrigarsi, a fare il loro lavoro».
«Ce la mettono tutta» li difende Hermione, con fierezza. «Ma mancano troppi Mangiamorte all’appello, per poter dire con certezza chi sia il colpevole di tutto questo».
«E a te sta bene?» risponde lui, provocandola con uno sguardo tagliente come vetro frammentato. «Essere lasciata qui, mentre loro giocano a salvare il mondo ancora una volta».
Lei sospira – non abbocca – e scuote il capo pieno di elettricità statica, facendo crepitare scintille in quella mente troppo viva per essere lasciata ad assopirsi lentamente.
Ha toccato un tasto dolente, Malfoy, e lo sa: ma la guarda silenziosamente raccogliere le parole che le rimangono e alzare il mento, fiera della propria scelta di tornare a Hogwarts.
«Posso indagare, studiare, io…» sussurra, febbrilmente. «Posso ancora rendermi utile, Malfoy, anche se sono qui e con me ci sei solamente tu».
Lui ride e lei nemmeno sa il perché.
 
***
 
Lo so son fuso, fuso di te
Fuso, fuso di te
Svelta o poi ci beccano
 
Hermione non si arrende: da quel giorno studia, pensa, fa collegamenti, li espone e finalmente comprende.
«Tu l’hai sempre saputo, non è vero?» gli sussurra, un giorno che sono a vagare per Hogsmeade senza avere una meta reale, e fa solamente un freddo fottuto e Draco non ha voglia di discutere. Ma, quando lei pronuncia quella frase, un po’ gli occhi gli si illuminano.
«Parla chiaro, Granger» le risponde, indicandole con la testa i Tre Manici di Scopa. «O pensi che sappia leggerti nel pensiero?».
Lei sospira, ma non si lascia sopraffare dall’irritazione che solamente lui è in grado di scatenarle dentro. È insofferente, quel giorno, ma decisa a non mostrarglielo – l’inverno sta arrivando, a Hogwarts, e lei è già stanca di non poter respirare senza doverlo vedere, quel singolo respiro che danza nell’aria come una ballerina.
«Tu sai che sono a Hogwarts» lo accusa lei, la voce piena di delusione. «Che c’è un Mangiamorte infiltrato tra di noi».
«Abbassa la voce» le impone lui, tirandola verso un tavolino più appartato. «Lo sospettavo, Granger. Ma pensavo, o temevo, che fossi tu quella intelligente dei due».
«E allora?» domanda Hermione, piccata. «A cosa mi serve, l’intelligenza, se quando l’intuizione l’hai tu a me non la dici?».
«Quand’è che ho iniziato a dirti le cose?» domanda Draco Malfoy, laconicamente. «Era divertente, vederti pensare».
Lei sospira, voltandosi verso Madame Rosmerta e facendole segno di portare a entrambi un calice di Burrobirra.
«E immagino vorrai anche sapere a che conclusione sono arrivata» commenta, ironica. «Prima di dirmi che era tutto sbagliato, tutto da rifare?».
Draco annuisce leggermente, distratto da qualcosa – forse sta rivedendo Asteria Greengrass mentre sorseggia un’Acquaviola, senza ciliegina per favore, con un misterioso uomo dai capelli rossi, seduta lì in un angolo.
«Rodolphus Lestrange» sussurra la Granger, poco prima che Madama Rosmerta depositi davanti a loro le due Burrobirre. «Pensaci, non lo abbiamo mai trovato. E se fosse tra di noi?».
Improvvisamente, ma senza farsi notare dagli altri clienti, Hermione gli punta la bacchetta addosso, mormorando una formula incomprensibile – non accade nulla, e Draco alza il sopracciglio, con aria perplessa.
«Controllavo che non fossi tu» spiega lei, scrollando le spalle. «Penso sia chiaro che Lestrange, o chi per lui, è riuscito a infiltrarsi tra di noi, magari con la Polisucco».
Lui sorride leggermente, come se il pensiero della poca fiducia che lei gli riserva avesse il potere di divertirlo.
«E non sono io» commenta, con tono pieno di rancore. «Immagino sia deludente, Granger, sapere che a questo giro sono esente da ogni peccato».
«Dovevo verificare» si giustifica Hermione, calma. «Ti ricordo che è già successo, e Barty Crouch ci ha fregati tutti quanti: potevi essere tu, come potrei essere io, come…».
«Ho capito» sibila Draco, con calma glaciale. «Ma non puoi puntare una bacchetta addosso a ogni studente che incontri per Hogwarts, cercando di capire se si tratta di un Mangiamorte infiltrato nella scuola».
Lei pensa che, dietro quella maschera di rancore, Draco Malfoy nasconda una punta di luce minuscola, ma sufficiente per trapassare gli strati di cenere e lacrime che si è impastato addosso, in una corazza di sale impossibile da penetrare. O quasi.
«Dobbiamo infiltrarci negli altri dormitori, per perquisirli» conclude Hermione, calma. «Puoi perquisire i Serpeverde, io i Grifondoro. Ma come facciamo per Corvonero e Tassorosso?».
«Usiamo la stessa arma, Granger» sussurra Draco, gli occhi che paiono liquidi, di fronte a quell’intuizione. «Tu sai preparare la Polisucco. Io… non sono il miglior Pozionista della scuola, ma cercherò di aiutarti».
«Malfoy» sibila lei, forzandosi nel dipingersi addosso un’espressione indignata. «Lo sai che è totalmente illegale? Se dovessero beccarci, sarebbero…».
«Cazzi amari» completa lui, ridendo leggermente. «Da quando sei diventata di nuovo la paladina del rispetto delle regole?».
«Da quando sei diventato quello che vuole infrangerle per forza, le regole?» risponde Hermione, acidamente. «Le persone cambiano, Malfoy. Tu sei cambiato, e lo sai».
Draco sospira, passandosi una mano tra i capelli così biondi da sembrare bianchi, prima di rivolgerle uno sguardo quasi denso e per questo tangibile – potrebbe allungare la mano, lei, e toccare quel sottinteso che lui dolcemente le rimanda: una ragazzina che volteggia a King’s Cross, prima di cadere nel vuoto. Se la meritava, Asteria Greengrass, una seconda possibilità dalla vita. E lui?
«Faremo in fretta» sussurra lui, cercando di convincerla con un sorriso e un brandello di cortesia. «Non ci beccheranno mai, Granger. Andiamo, tu non vuoi tornare a essere l’eroina che questo fottuto mondo merita?».
Lei – volente o nolente – ride, facendolo ridere a sua volta.
Draco pensa che è davvero fottuto, il mondo: anni passati a pensare che la Granger sia tutta luce, prima di scoprire che anche in quel sorriso può dimorare un brandello di oscurità. Quando lei gli porge la mano piccola, delicata, e lui la stringe – ecco, l’ha contaminata: perché Hermione Granger gli sorride, come se non avessero passato anni a disprezzarsi e lui semplicemente si fonde di fronte a quel sorriso.
È possibile amare qualcuno senza sapere se riuscirai a conoscerlo realmente?
Ma certo, gli suggerisce il sorriso della Granger, porgendogli altri brandelli di cenere: è possibile, non lo sai?
Ombre noi stessi.
 
***
 
Questa notte la città
Non ci prenderà sul serio
Giovani in cattività
Che non parlano nemmeno
 
Capisce che ha cominciato quando Hermione Granger smette di parlare, e allora vuol dire che è semplicemente passata ai fatti – e il bagno di Mirtilla Malcontenta torna a essere alcova di un’eccellente Pozionista e, talvolta, di un aiutante un po’ mediocre, ma che sicuramente si impegna al massimo che le sue capacità gli consentono.
Ci vuole tempo, concentrazione – massimo silenzio – e un pizzico di fortuna che Draco domanda a un cielo in cui non crede, a un velo che si è squarciato per accogliere Asteria Greengrass alla stazione di King’s Cross. Forse, sta pregando che lei lo guardi dal cielo in cui è precipitata e, basterebbe anche solamente un momento, che lei gli sorridesse per imporgli sulla fronte una benedizione che è silenziosa, ma effettuale. Ed è così quando, un giorno, la Granger rompe il proprio regime di mutismo per fargli scivolare qualcosa nella tasca.
«Pronta» sussurra. «Mancano solamente i capelli. Ci vediamo dopo lezione al…».
«Lo so» la interrompe lui, annuendo. «Al solito posto».
A lei viene da ridere, nel pensare come Malfoy in pochi mesi sia diventato controvoglia il suo partner in crimes, sostituendo parzialmente Harry, sostituendo Ron. S’incontrano dopo cena nel bagno di Mirtilla Malcontenta, e lei ha troppe parole che le si sono assopite nella bocca, costringendola a vomitargliele addosso – quieto, lui, la lascia parlare.
Draco sembra ingabbiato in una quiete stentorea e innaturale, non parla nemmeno lui – la guarda, come se Hermione Granger fosse in grado di rivelargli una verità esistenziale, profondissima, che però non arriva mai.
Finché non se ne rende conto, in un lampo di comprensione istantanea, che quella verità gli è fiorita davanti agli occhi come un raggio di luce quando il sole tramonta: li ha sempre accusati tutti d’averlo spinto nel buio, d’averlo costretto a scegliere da che parte stare, in una guerra che non desiderava combattere.
Ma adesso lei lo guarda e ha una certa ombrosità nello sguardo, una macchia che il Prescelto non conosce, forse, e che Weasley ignora – l’ha annaffiato lui, quel bocciolo di oscurità, l’ha coltivato finché non le è ramificato nell’anima: e adesso la Granger sorride, ma anche a lei cola l’anima tra i denti, nera e appiccicosa, e la giustizia imposta dagli altri semplicemente non le basta più.
L’oscurità della Granger non è quella di un Mangiamorte – la sua, si deve ricordare Draco guardandosi l’avambraccio sfregiato, la sua – ma è un’ombrosa e inquieta insoddisfazione che come sangue le ribolle nelle vene, ustionandole.
Ed è lei a rompere quel silenzio asimmetrico che s’è stabilito tra di loro, frantumandolo con un sospiro.
«Dobbiamo procurarci i capelli» sussurra, torcendosi le mani. «Io forse posso prenderne qualcuno a Luna, ma…».
Draco la guarda – silenzio che gli mastica il cuore, rendendolo l’ennesima poltiglia inutilmente informe con cui avrà a che fare (dopo la sua anima e il suo amore per… no, Draco. No) – e sospira anche lui.
«Devi prestarmi una tua divisa» le dice, infine. «La ragazza di Theo è una Tassorosso del quinto, dovrei riuscire a prendere qualcuno dei suoi, di capelli».
«La rimpicciolisco e te la porto domani» risponde lei, sottovoce. «Non sapevo che fosse una tua ambizione, vestirti da donna».
«Non sapevo che fosse una tua ambizione, diventare Lunatica Lovegood» commenta Malfoy, laconicamente. «Ma ti cedo volentieri il ruolo».
«Ti prendi troppo sul serio, Malfoy» gli sussurra Hermione, divertita. «Te lo hanno mai detto?».
Lui ride, non risponde – non ce n’è bisogno: lo sguardo ironico che le lancia è più che sufficiente, e lei tace ancora una volta.
«Oh, smettila» sibila lei, intuendone i pensieri. «Io non mi prendo così tanto sul serio, non guardarmi così».
Ma Malfoy, in verità, la guarda semplicemente come se potesse leggerle l’anima in un sussurro insensato e innaturale – Morsmordre – che le sfregerebbe ogni convinzione preesistente: lei si fida di lui. In maniera che è priva da ogni logicità, ma gli ha teso la mano e gli ha detto facciamolo, io Corvonero e tu Tassorosso. Le parti di loro che nessuno avrebbe voluto mettere in luce.
Hermione s’è sacrificata per un’intelligenza che verrà sempre dopo il suo coraggio.
Draco ha sempre rifiutato una bontà d’animo che in sé non vede, perché oscurata da ambizioni e da (codardia) orgoglio.
«Non ti sto guardando» mente lui, con una calma che non riesce a provare. «Ci troviamo qui tra un’ora, Granger».
Lei annuisce – un rovo pieno di spine nere le esce dai denti, per pungerlo a morte.
Draco sospira.
 
***
 
Con in faccia un occhio nero
Stanotte
 
Quando si rincontrano nel bagno di Mirtilla, Hermione ha di nuovo indosso la divisa dei Grifondoro e, seppur con qualche ciocca da un biondo sbiadito sta tornando castana, è sempre lei – e spalanca la bocca nel vedere che Malfoy, seppur sé stesso, ha un occhio nero e tumefatto.
«Per Godric, Malfoy» sussurra, avvicinandosi a grandi passi. «Cosa ti è successo?».
Lui sospira, passandosi una mano tra i capelli – è chiaro che muoia dalla voglia di lamentarsi del dolore e del fatto che sia stato colpito in una maniera così Babbana, ma lo sguardo preoccupato di lei lo congela, stordendolo.
«La fidanzata di Nott» esala, osservandosi in tralice in uno specchio. «Quando mi sono avvicinato da soppiatto e le ho preso i capelli, pensando Salazar sa cosa, si è girata e mi ha dato un pugno».
Hermione non riesce a non ridere, mentre gli appoggia delicatamente la bacchetta sulla pelle tumefatta, borbottando un incantesimo di guarigione.
«Lo vedo che sorridi, Granger» sibila lui, posandole una mano su quella con cui gli punta la bacchetta addosso. «Io non ci trovo nulla di divertente».
«Scusami» sussurra lei, rimanendo con la bacchetta posata lì, sul confine fragile della pelle ormai guarita. «Io…».
Lui pensa che non può provare rancore – fa male al petto, quando ci ripensa, e ancora ci spera: che lei cambi idea, dicendogli che non basta, che lo vuole almeno la metà di quanto lui non si sia accorto di volere lei.
È un’ammissione di colpa che fa un male del diavolo, ma che andava ammessa per giustificarsi quando le tiene la mano e lei non cerca di liberarsi, ma si limita a guardarlo con… attesa, aspettativa, forse.
«Dobbiamo parlare, Granger» soffia, lui, passandole una mano sulla schiena e avvicinandola leggermente a sé. «Io… forse so come hanno fatto».
Lei vorrebbe incitarlo a dirglielo – con la consapevolezza che, qualunque sia quel rapporto storto e oscuro e asimmetrico che hanno creato, finirà nel momento in cui Draco Malfoy farà il nome dell’infiltrato.
«Domani» sussurra lei, in maniera del tutto irrazionale. «Domani ci pensiamo, ormai è tardi e dovremmo andare a letto e… Merlino, Malfoy. Dimmi qualcosa».
Lui ricambia il suo sguardo – disperatamente, la sta stringendo a sé come se temesse che, lasciandola andare, le permetterebbe di sciogliersi in frantumi. E forse non è perfetto ma desiderato, quel bacio che le ruba dalle labbra e cui lei, lasciando cadere la bacchetta sul pavimento, s’aggrappa con tutta sé stessa.
«Domani» conviene Malfoy, senza riuscire a lasciarla andare. «Però…».
Hermione lo guarda, in attesa di una specifica che non arriva – Draco s’è bloccato su quel però, incapace di proseguire e la guarda spaesato, come se l’avesse inghiottita lei, quella parte di frase. Così scuote il capo, e capelli biondissimi gli feriscono la fronte come sangue argenteo, prima di guardarla negli occhi e dirlo.
Parole che le s’incidono dentro e lasciano una traccia tangibile e quindi incancellabile, così che lei si trova ancora una volta ancorata a lui come se stesse annegando – e la notte è ancora in corso d’opera.
«Però, rimani».
 
***
 
Grazie a Dio l'amore è cieco
Perché al quinto shot di bleah
Sono storto e non ti vedo
 
La mattina dopo, Draco puzza del Whiskey Incendiario che sua madre gli ha regalato per Natale, e ha gli occhi cerchiati da una nottata insonne – quando Hermione lo vede, le tremano le mani.
Le trema anche il cuore nel vederlo camminare, trascinandosi verso di lei come se non comprendesse il senso di quel rumore di passi che lo accompagna nei corridoi mezzi vuoti, e finalmente Malfoy la guarda e. E non ci sono più parole, da dire, quindi quando le tende la mano e ha gli occhi liquidi come mercurio.
Lei insinua la sua mano in quella di lui, intrecciando le dita – Hermione lo guarda, silenziosamente, prima che finalmente le vengano le parole.
«Puzzi di Whiskey, Malfoy» commenta, arricciando il naso. «Hai bevuto?».
«Perché l’amore è cieco, Granger» sibila lui, con aria divertita. «E forse è meglio che io non ti veda: sono le otto di mattina e tu…».
Hai già dei capelli impossibili e le occhiaie, vorrebbe dire, ma di fronte al suo sguardo ammonitore cede e tace.
«Grazie a Merlino, Malfoy» risponde Hermione, tirandoselo verso l’ufficio della Preside. «Cammini storto e ho il sospetto che, se mi guardassi per davvero, non riusciresti a vedermi».
«Signorina Granger, Signor Malfoy» la Preside McGranitt si stupisce, di vederli entrare nel suo ufficio, con lei che trascina un recalcitrante lui. «Si può sapere perché non siete a lezione?».
Hermione lascia andare Draco, costringendolo ad appoggiarsi su una sedia, fingendo una sobrietà che non gli è propria, e sorridendo melliflua alla sua ex insegnante di Trasfigurazione.
«Sono nella scuola, professoressa» sussurra. «I neo-Mangiamorte. Sono tra di noi».
La McGranitt si torce le mani, sentendo quelle parole, e lancia un’occhiata perplessa a un barcollante Malfoy.
«Non vi chiederò cosa avete combinato» commenta, calma. «Ma spiegatemi tutto quello che sapete. Ho bisogno di nomi, di fatti e…».
E Draco la guarda dritta negli occhi, ridendo leggermente. «Rodolphus Lestrange è Theodore Nott, la sua ragazza è Rabastan» sussurra, la voce crepata dalla paura. «Sono stati loro, professoressa».
La McGranitt si volta verso Hermione, in cerca di una spiegazione che da Draco Malfoy non proviene, perché un singhiozzo lo squarcia dolorosamente – ed è la Granger a prendergli la mano, mentre silenziosamente confessa alla Preside ciò che spacca Malfoy a metà, dilaniandolo in una cascata di sangue.
«A inizio anno, al binario» sussurra Hermione, guardando negli occhi Draco. «Lo hai capito per questo, non è vero? Sono stati loro».
Lui le risponde con un singhiozzo soffocato da un pugno, con i denti che penetrano nella carne debole, indifesa, della mano.
«Hanno lanciato la maledizione Imperius su Asteria Greengrass» dice lei, in un filo di voce. «I Greengrass avevano tradito, non è vero?».
Draco annuisce – non ha la forza di dire niente: sta cercando di sputare un grumo di foglie nerastre che gli si abbozzolano tra le corde vocali.
«E avete delle prove?» si schiarisce la voce la McGranitt, guardando la propria alunna preferita, piena di apprensione. «Per sostenere che Theodore Nott e la signorina Clarke siano stati sostituiti dai fratelli Lestrange?».
Hermione osserva Draco, e la risposta le sale sulle labbra spontaneamente, come se gliel’avesse letta lì – sul viso, appena dietro il confine labile della pelle.
«Ha trovato il maglione di Fred Weasley» sussurra, più a lui che alla preside. «Non è vero? Nel baule di Nott».
Lui non risponde, ma le lacrime gli stanno sbavando quell’anima inchiostrata, tingendogli un po’ più di nero il volto.
 
***

Ti han parlato un po' di me
Se l'han fatto non è vero
Tu che credi che già alla tua età
Ti possa innamorare
 
Poche ore dopo, Malfoy non si trova più da nessuna parte – e lei, che sciocca non l’è stata mai, sa perfettamente dove sia finito.
Steso sul pavimento del bagno di Mirtilla Malcontenta, con un braccio a coprirne gli occhi dalla luce del sole, Draco Malfoy è circondato da un alone di vetri rotti.
«Malfoy» sibila lei, scivolando al suo fianco. «Devi davvero smetterla di prendere a pugni gli specchi».
Lui ride, mostrandole le mani totalmente intonse. «Non so cosa ti abbiano detto di me, ma non sono un Babbano, Granger» ripete, calmo. «Ma, spaccare specchi, inizia a piacermi».
Lei ride.
«Dovresti smetterla» ribadisce lei, divertita. «Prima o poi sarai tu, quello che non si accorge che a terra c’è del vetro».
«Ma tu ti sei già tagliata» constata lui, indicandole una caviglia graffiata e sanguinante. «Te lo avevo detto, che ti saresti fatta male, a venire qui».
«E io sono venuta lo stesso» ribatte Hermione, con tono caparbio. «Ci puoi fare qualcosa?».
Draco sospira, con aria stremata, lanciandole uno sguardo che è gelido – e per questo tangibile e, se tangibile, indimenticabile.
«Solo perché pensi che alla tua età tu ti possa innamorare di nuovo» sussurra, calmo. «E non pensi che sia già tutto perduto, tutto da dimenticare».
Hermione sorride – non riesce a fare altro.
«Non ci prenderanno sul serio, no?» sussurra. «Ma abbiamo così tante cose da fare».
Draco Malfoy sorride, per la prima volta da mesi. Tra le mani, un coccio di specchio gli sanguina – sangue sporco – tra le dita.
«Tantissime» sussurra, stringendo quel frammento e tagliandosi l’anima.
 
 
Questa notte la città
Non ci prenderà sul serio
 
(Irama, Stanotte)



Il titolo è preso dalla canzone di Irama "La ragazza con il cuore di latta".

1Montale, Tuo fratello morì giovane


Grazie a chi mi leggerà, spero che questa storia vi sia piaciuta.
Un bacio,
Gaia
   
 
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