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Autore: _Garnet915_    28/08/2009    4 recensioni
Guarigione. Un concetto che può apparire tanto semplice. Ma per alcuni è una ripida strada di montagna che sembra non offra alcun sentiero sicuro. Percorrerla da soli sembra una tortura. Ma forse con qualcuno accanto, una sicurezza può essere trovata. {NOTA: il titolo della storia è lo stesso di una canzone incisa in Giappone e dedicata al pairing Inuyasha/Kagome - lo stesso principale di questa fic - Questo, però, non significa che la storia sia una sorta di song-fic}
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Sango
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10. Kuraki kouya tsukinukete ~ Breaking trough the dark wild lands


Il tuo mondo è questo.


Sai cosa ti attende.


Quanto più fuggi…


Quanto più quelle mani viscide ti raggiungeranno…


E ti sporcheranno, ti insudiceranno…


Ti prenderanno il cuore, lo stritoleranno e lo ridurranno a pezzi…


Lotti per qualcosa a cui non credi fino in fondo…


Che tu fugga o meno…


Il tuo destino è questo…


Non dimenticarlo…


Non dimenticarlo mai…






La sua voglia nel fare i compiti calò drasticamente, ma non aveva altro da fare per distrarsi là dentro. Tra l’altro, suo nonno si era dimenticato che la sua vita era fatta anche di svago oltre che di studio. Le aveva solo portato i compiti, non le aveva lasciato nemmeno mezzo libro da leggere.


Sbuffò. Il pomeriggio precedente aveva avuto una sorta di pacifica discussione con Jii-chan che l’aveva infastidita non poco.





“Kagome non vuoi che qualcuno rimanga qui, stanotte?” disse l’anziano, preoccupato per la nipote.


“No, no… Tanto se ho bisogno c’è l’infermiere di turno. Il campanello per chiamarli sta proprio accanto al letto, appeso al comodino. Te ne sei già scordato?” ridacchiò.


L’uomo rimase in silenzio, non sapeva cosa dire dopo aver visto lei e la madre litigare come due furie incallite per poi non rivolgersi più la parola. Non era la prima volta che litigavano, ma in quell’occasione erano volate anche parole pesanti. Da parte di entrambe. Non se la sentiva di colpevolizzare le due, voleva fare da paciere. Senza sapere da che parte iniziare.


“Che c’è, nonno?” Kagome lo vide preoccupato


“Tua madre non spiccica mezza parola da quando è tornata a casa. Prima di venire qui l’ho sentita piangere nella sua stanza. Kagome… non credi di esagerare continuando questa guerra del silenzio? Tu hai sbagliato, ma anche lei. E lei sa di aver sbagliato. E’ pur sempre tua madre, ti vuole bene” si schiarì la voce, teso.


Kagome non seppe cosa rispondere.


Quella strega sa anche piangere, adesso? Ma fatemi il favore!


Strinse le lenzuola con le mani fino a far diventare bianche le sue nocche, evidentemente irritata.


“Tua madre ama ancora tuo padre”.


Bingo. Aveva azzeccato in pieno il nodo focale della questione.


“Ma lo so…” ribatté stizzita


“Anche se non va a trovarlo, io lo so. Non sono mica scema, ho visto le foto di papà in camera sua.”


“Allora perché continui a fare così? Perché la odi così tanto?”


“Io…” non sapeva come rispondere


“Io… non la odio…”


Non dire stronzate.


“Non la odio veramente…”


Certo che la odi! E sai anche il perché!


“Però… anche se so che non è giusto, che non dovrei occuparmene io, non posso abbandonare papà a sé stesso…” trattenne a stento un singhiozzo.


Ricorda cosa disse tua madre…


“Kagome…”





Scrollò la testa, riportando la sua mente al tempo presente. Era in camera, con il libro di inglese minacciosamente aperto su una traduzione che aspettava solamente di essere svolta.


“Allora…” lesse la prima riga del testo, con una tremenda voglia di fermarsi alla prima riga: il testo era molto difficile e le provocava più noia che voglia a continuare.


Fu, con sua grande gioia, interrotta da un infermiere appena entrato nella stanza che, con una mano, trascinava una piantana di metallo e, con l’altra, reggeva una boccetta di plastica trasparente e un quadrato di carta bianca.


“Ciao Kagome!” squillò allegro


“Sei già qui? Dì la verità, ti mancavamo eh? E scommetto che ti mancava pure il servizio offerto dal Grand Hotel Istituto!


La ragazza ridacchiò.


“Eh, sì, tantissimo! Non puoi neanche immaginare quanto io soffrissi senza vedere questo posto a cinque stelle! Mi mancava troppo!” replicò, mentre sollevava appena la maglietta del pigiama per far sì che il tubicino trasparente e bianco del cvc sbucasse da sotto la stoffa.


L’infermiere fermò la piantana accanto al letto e vi appese la boccetta trasparente che teneva in mano, per poi stendere e aprire sul materasso il quadrato di carta, contenente un paio di guanti sterili, delle garze disinfettate, un pezzo di cerotto gommato e un paio di siringhe (tutte queste robacce servono per “attaccare” il cvc alla flebo. Per spiegazioni migliori vi rimando alle note in fondo. NdA).


Kagome non fece nemmeno in tempo a dire “bé” che la flebo fu attaccata.


“Bene, ragazza mia! Questa cosetta simpatica dura un’ora. E’ piuttosto veloce, quindi non è necessario utilizzare la solita macchina casinista. Quella la teniamo per la parte rognosa, ok?”


“D’accordo!” e ridacchiò ancora, mentre l’infermiere lasciava la stanza.


Rimasta nuovamente da sola, fissò a lungo la piantana, la boccetta trasparente, il liquido incolore che, goccia dopo goccia, proseguiva lento verso di lei attraverso il tubicino trasparente.


Le tornarono in mente le parole del dotto Suzuki.


Se questa terapia funziona, allora potremo iniziare la chemio.


Come se lei ci tenesse tanto a iniziarla!



Sbuffò.


La terapia durerà un’oretta!


Arraffò il cellulare, posto accanto al libro di inglese, quasi a volerlo salvare da quell’inferno di carta.


Osservò il display.


Non mi deciderò mai a comprare un orologio da polso!


Erano le nove e mezza. Tra un quarto d’ora avrebbe avuto una seduta con lo psicologo del reparto.





Stava con la schiena piegata, le mani chiuse a pugno sulle ginocchia e la testa appena sollevata. Lui, invece, era seduto con il busto eretto e un braccio appoggiato contro la scrivania accanto, piena di scartoffie. Uno di fronte all’altro: Kagome da una parte, il dottor Honda, lo psicologo, dall’altra parte. La ragazza aveva appena finito di raccontare cos’era da poco successo con la madre, senza nascondere una grande fatica nel raccontare e la rabbia che ancora covava verso la donna.


“Non sei proprio riuscita a trattenerti, eh?” le domandò.


“… No, non ce l’ho fatta, non ho potuto farne a meno…” esitò, senza più sapere improvvisamente che altro far uscire dalla sua bocca.


“C-cioè… sì, forse potevo farne a meno… cioè, no… o forse…”


Non cercare di giustificarti, stupida…


“Che cosa ti ha scatenato? … Anzi, scusa, riformulo la domanda: che cosa ti ha fatto arrabbiare?


Tu non sei arrabbiata. Lo sai… e anche lui lo sa, sta solo cercando di condirti via…



“Io… i-io non lo so…” disse, strizzandosi gli occhi, infastidita all’improvviso dalla luce che filtrava dalle sottili tende bianche in cotone della stanza; portò una mano alla tempia, ancora pulsante per il dolore:


“Non lo so…” tossì


“Forse… Forse lo stress di questi giorni…” biascicò le prime parole che la sua mente le suggerì


“Non so… La scuola. Mia madre - beh, ovvio, sennò non le avrei urlato addosso l’altro giorno - quella stronza della mia amica che è improvvisamente impazzita per colpa di…”


Si bloccò, nuovamente esitante.


“Per colpa di…”


Dai, su dillo. E’ soltanto una parola di otto lettere.


“Per colpa di chi? Ti va di dirlo?”


Dai, su, l’ha capito anche lui, no? Non è tua madre la causa del tuo stress, né tantomeno la scuola o Kikyo.


E’ lui la vera fonte di tutti i tuoi problemi.


E ti da fastidio.


Ti da fastidio che un estraneo occupi i tuoi pensieri.


Ti da fastidio essere attratta da un estraneo.


Ti da fastidio che lui sappia qualcosa di te.


Ti da fastidio che non possa più starti accanto senza sapere niente su di te.


Ti da fastidio aprirti, come sempre.


Ancora non l’hai capito?


Lui ha la risposta al tuo sguardo enigmatico.


E per una persona come te, sempre così abituata a mascherare quel che provi…


Che non fa mai trasparire fino in fondo quel che provi…


Che consideri il non parlare di te come una sorta di istinto difensivo.


Perché non vuoi essere compatita…


Oh, ma non preoccuparti.


Nessuno ti compatirà.


Nessuno potrà compatirti.


Tu sei sola, è vero.


Ma sei anche in un posto in cui nessuno può vederti.


Stai tranquilla…



Tossì, innervosita.


“Di un… di un…” esitò ancora


“Kagome… se non te la senti di parlarne, non devi farlo. Non devi sentirti obbligata, ok? Se vuoi possiamo parlare d’altro…”


“Ma no… è soltanto che non so come…” tossì un’altra volta


“Per colpa di…”


E’ un estraneo! Tu lo consideri come tale, no?


No…


Svegliati…


No!


Svegliati!!



“Per colpa di una persona… di un r-ragazzo… sì, di un ragazzo.” Non seppe come, ma riuscì a finire quella frase senza pronunciare la parola “estraneo”. Non lo considerava del tutto un estraneo, ma qualcosa dentro di lei stava cercando di convincerla del contrario.


La sua coscienza?


I suoi pensieri sconnessi e senza senso?


Chissà…


Sapeva soltanto che la parte razionale di lei e quella irrazionale avevano iniziato una lotta furibonda, senza poter minimamente sperare di sapere in anticipo chi avrebbe vinto. E la irritava moltissimo non sapere cosa ne sarebbe stato di lei.


Non si chiedeva la stessa cosa della sua salute mentale.


Quella se n’è andata a puttane tanto tempo fa, lo so già da me. Grazie tanto…


“Conosci questo ragazzo?” la domanda dello psicologo la rapì dai suoi pensieri e la riportò alla realtà.


La ragazza non rispose, limitandosi a sospirare appena.


“Lo prendo per un sì…?”


Ancora sospiri. Il mal di testa la stava uccidendo, quasi non le riusciva più di parlare.


“Vuoi parlarne?”


Cosa devi dire?


Lo sai, no?


E’ un estraneo, punto e basta.


E tu credi di essere sul punto di innamorarti di lui.


Ma non è affatto così, vero?


Tu ti illudi, cerchi una scappatoia.


Ma una persona che conosci da una settimana soltanto non può esserti di alcun aiuto.


Non ti fidi nemmeno di te stessa, perché dovresti di un estraneo?


Sei troppo stretta.


Non puoi dimenticartene.



“No… non mi va molto… Anche perché non l’ho nemmeno inquadrato benissimo, non saprei che dire…”


Taci… Non è vero…


“Anzi no… non è che… non l’ho inquadrato. Forse sarebbe più corretto dire che non ho ancora capito cosa penso di lui… cosa io possa aspettarmi da lui… non so, c’è qualcosa… qualcosa che mi frena…”


E la domanda che lo psicologo le porse era quella che aspettava e che, allo stesso tempo, non desiderava:


“Per caso sei interessata a lui?”


Alcuni secondi di silenzi si frapposero tra domanda e risposta.


Non lo sei… Non dirlo… Non illuderti…


Alzò del tutto il viso e sussurrò un flebile “forse” in tutta risposta, senza esserne del tutto convinta





Percorreva distrattamente il corridoio del reparto, diretta in camera sua, senza considerare le risate dei bambini intrattenuti dalle educatrici né le urla di quelli che dovevano essere sottoposti a qualche trattamento invasivo, fosse stato anche solo un prelievo.


Era abituata a quello strazio. Ormai era persino vaccinata alla visione di vedere un bambinetto di due anni attaccato ad una macchinetta alta come minimo il doppio di lui.


E dire che di quella visione ne avrebbero avuto bisogno tante persone.


Sbuffò, stanca.


La seduta con lo psicologo era durata un’ora, se n’era accorta guardando la boccetta della flebo vuota non appena uscita dallo studio di Honda: era davvero veloce come medicina, peccato che dovesse essere somministrata solo in ospedale.


Era passata dall’infermeria per farsi staccare la flebo visto che era già in giro per i corridoi ed ora si dirigeva in camera sua: così come in ambulatorio, anche in reparto assumeva sempre lo stesso atteggiamento. Se era da sola - e il più delle volte sola voleva rimanerci - si isolava, le serviva soprattutto per pensare sempre meno a dove si trovasse, per distrarsi. Proprio per questo motivo, quando era ricoverata, se ne stava quasi sempre in camera, usciva di rado, soltanto per fare quattro passi fino ai distributori automatici quando voleva prendere qualcosa di caldo da bere.


Usciva poco anche perché il più delle volte quelle medicine liquide succhiano tutte le forze possibili e presenti in una persona…


Giunta di fronte alla soglia della sua camera, aprì pigramente la porta e notò, con suo enorme sollievo, che il letto accanto al suo era ancora vuoto: niente compagni di stanza, grazie al cielo. Le scocciava avere dei compagni di stanza lì, soprattutto suoi coetanei. Li sentiva al suo livello e lei non aveva assolutamente bisogno di farsi ricordare ogni tre per due com’era conciata grazie a dei perfetti sconosciuti o persone giusto intraviste in ambulatorio ogni tanto.


Recuperò la pila di libri e quaderni dal comodino, si sistemò sul letto e riprese i compiti, nello sforzo di terminare la traduzione di inglese senza pensare troppo a quanto detto con lo psicologo appena dieci minuti prima.


Un estraneo?





Quattro giorni dopo, le dieci di mattina di un sabato di inizio dicembre.


Suzuki era entrato gongolante in camera della ragazza tenendo in mano due fogli, gli esiti dell’esame del sangue fatti due ore prima. E dietro di lui, un’infermiera che sistemava la solita macchinetta blu con due flebo alle estremità superiori della piantana sporgente dall’infernale cassa bluastra.


Gli esami devono essere andati bene, a quanto vedo…


“Bene, Kagome! Ieri abbiamo terminato la terapia e, stando all’emocromo di oggi, ha funzionato proprio bene! I tuoi globuli bianchi sono ancora un po’ bassi, ma la creatinina è rientrata in valori adeguati e per questo possiamo già attaccarti e dare inizio alla terapia! Oggi, domani e poi lunedì te ne vai a casa, ok?”


Le diede una pacca sulla spalla, sorridente.


“Sempre in gamba, eh!”


Era contenta.


Finalmente poteva fare il conto alla rovescia di quanto giorni le rimanevano da passare lì dentro, per quella volta. E se ne sarebbe tornata a casa anche strisciando, con quaranta e passa di febbre e tutti gli effetti collaterali da chemioterapia possibili. In ospedale non riusciva a stare: lei e il ricovero erano incompatibili, la ragazza lo viveva malissimo e i medici l’avevano capito perfettamente. E, per questo, cercavano di tenerla ricoverata solo quando necessario - cioè soltanto per le terapie - e per il minor tempo possibile.


Mancavano pochi giorni, solo pochi giorni e se ne sarebbe andata da lì.


Era strano, odiava stare a casa però quando doveva scegliere tra Istituto e casa sua la risposta le sembrava sempre scontata.


Tra pochi giorni sarebbe stata libera… per un po’…


Anche se prima…


Prima c’era un’altra cosa da superare.


Osservò sconfortata la macchinetta, pronta per essere utilizzata.


Ora…


Tocca ancora a te…


Sei pronta…?





E via…



Ed eccolo lì quell’infernale cubo azzurro impiantato su dell’acciaio grigio i tubi trasparenti e arancioni si intrecciano fino a nascondersi sotto la maglietta del pigiama ed è proprio lì all’altezza del petto che ti infilano ogni santa volta tutto quel liquido che rappresenta la tua salvezza ma anche il tuo incubo peggiore senti il rumore senti il ticchettio meccanico e regolare così preciso e scandito che sembra quasi sinistro le tue orecchie non si sono ancora abituate abituale perché per altri due giorni non sentirai altro giorno e notte lo senti il materiale plastico dei tubicini che ti legano a quella macchina ti danno fastidio abituati anche a quelli penzoleranno quando sarai in piedi se sarai mai in piedi e strisceranno sul tuo ventre mentre dormi li sentirai fastidiosi e onnipresenti sotto il pigiama ti fa schifo l’azzurro della macchina fattelo piacere perché ti starà accanto ancora per un po’ e non stare a guardare sul display quanti millilitri ti hanno già infuso e a che velocità non osservare le tacche delle flebo per vedere quanto ancora resta prima che finiscano non appena si svuotano le infermiere ne portano delle altre e altre ancora fino a fari venire l’esaurimento nervoso non pensare a niente trascinalo porta con te la materializzazione del tuo odio a cui ironia della sorte devi la vita il primo giorno di chemioterapia stai abbastanza bene a volte è vero ma poi è l’inferno il secondo giorno non riesci nemmeno a tenere aperti gli occhi la luce ti da troppo fastidio sei sdraiata supina non riesci a muoverti sei troppo stanca non senti più un briciolo di forza né nelle braccia né nelle gambe nessuna parte del corpo risponde ai tuoi comandi soltanto la tua testa ha ancora un briciolo di lucidità ma briciolo è una parola grossa te ne rendi conto lo stomaco è stretto in una morsa fastidiosa e la gola è secca insidiata costantemente da conati di vomito che non riesci mai a mandar giù nonostante i litri di antivomito che ti iniettano ogni santo giorno sei in una stanza puzzolente sdraiata avvolta in lenzuola puzzolenti la testa appoggiata su un cuscino puzzolente le tue narici percepiscono quest’odore nauseante che aleggia per tutta la stanza per ogni singolo oggetto con cui vieni a contatto e non resisti e vomiti ogni dieci minuti anche se non hai mangiato niente perché non c’è cosa più puzzolente del cibo precotto dell’ospedale e allora cerchi solo di bere un po’ d’acqua ma fa schifo anche quella e puntualmente la rigetti vomiti l’anima vomiti di tutto l’acqua ha un sapore strano amarognolo e di nuovo vomiti vomiti l’anima vomiti l’impossibile vomiti e piangi piangi e vomiti ti rannicchi sul letto su di un fianco ti fa troppo male la schiena se stai nella stessa posizione per più di un’ora vomiti nel catino che ti viene posto da un’infermiera sporchi la traversa appena cambiata te ne stai in posizione fetale e vomiti l’anima vomiti te stessa non ti accorgi nemmeno della presenza dei tuoi amici di tuo nonno di tuo fratello e di tua madre che sono lì con te per farti passare un po’ il tempo ma sanno benissimo che in quel posto il tempo non scorre parlando un po’ anche perché stai talmente male che non riesci nemmeno a pronunciare la prima sillaba del tuo nome in quella stanza il tempo scorre secondo regole strane le tue regole quanto manca a finire la flebo quante flebo rimangono dopo questa e quest’altra ancora e tu sai che questo è il tuo inferno





Io sono… il tuo peggiore incubo…


Ma soltanto io posso salvarti la vita…


Non mi sfuggi…






Nota dell'autrice: prima di passare alle scuse ufficiali per l'enorme e disastroso ritardo circa la pubblicazione di questo capitolo una delle mie solite note di servizio. Ho citato, quando l'infermiere attacca Kagome alla flebo, un pò di oggetti: praticamente, quando devono attaccarti ad una flebo (ma anche quando devono farti un prelievo e poi o richiuderti il cvc o tenerti l'ago del porter) aprono una confezione di guanti sterili e la carta della confezione (scusate la ripetizione di confezione - e tre ._.) non la buttano, ma la spiegano per bene e ci mettono su, assieme ai guanti, delle garze disinfettate per il tubicino del cvc/porter che viene "aperto" (ogni volta infatti viene conservato in un involucro fatto con una garzina e un pezzo di cerotto gommato), delle siringhe senza ago da cui fare il prelievo direttamente dal tubicino e poi eventualmente, se devono, ti attaccano e poi richiudono il tutto con altre garzine e pezzi di cerotti gommati. E' un casino, spero di essermi spiegata @.@ E ora possiamo passare alle mie scuse: mi dispiace, avevo trovato un buon metodo per pubblicare ogni capitolo dopo un mese e invece un altro imprevisto nella mia vita ha sconvolto tutto. Ho avuto una ricaduta della malattia e questo ha rallentato i miei ritmi del lavoro e ha reso difficilissima la stesura di questo capitolo, per me importantissimo: non spiattello questo affar mio per attirare la compassione altrui, non mi interessa. Voglio semplicemente essere sincera con tutti voi che seguite e apprezzate Aoki. Quindi vi chiedo scusa in anticipo per altri futuri ritardi. Questo capitolo è stato davvero sudatissimo, credetemi, soprattutto la parte finale. Non è lungo come gli altri ma credo che non vada sottovalutato visto il tema, a mio avviso, piuttosto delicato che viene trattato qui. L'idea del flusso di coscienza, a dire il vero, non è mia ma di mia sorella maggiore, insegnante di letteratura inglese che mi ha fatto fare un "ripassino veloce" (XD) dell'Ulisse di Joyce! :D E' merito suo se alla fine il capitolo è uscito come volevo, grazie sorella! ^^ Beh, che altro dire? Ah, sì, ho aperto un journal per le mie fan fictions! :) WRITING FEATHERS accorrete numerosi! :) Anche perchè, dal prossimo capitolo, inizierò a rispondere alle recensioni sul mio journal, per non allungare eccessivamente le mie note ogni volta! ^^ Inoltre, ho in mente un altro paio di progetti, sempre a tema fan fictions, per aiutarmi a spezzare un pò la tensione con Aoki e verrà tutto pubblicato sia qui che sul mio journal per cui... vi prego, seguitemi anche lì ok? ^^ Bene, passiamo alle risposte alle recensioni!


L'autrice risponde alle recensioni:
ryanforever: eh eh, effettivamente Kagome non ha ancora dissipato tutta la sua rabbia ed, inoltre, hai proprio ragione, quella più danneggiata è proprio lei. In genere, se io una cosa la devo dire la dico, in genere mi fa star bene, però bisogna fare attenzione a non far diventare il proprio sfogo un'arma a doppio taglio ._. Per quanto riguarda, invece, Sango e Kikyo: sulla prima farò ben presto un intermezzo *già si sfrega le mani* mentre, sulla seconda, bisognerà pazientare ancora un pò prima di sapere la risposta di Inuyasha... Verrà svelata più avanti ^_* Spero di averti incuriosito! E scusa per il ritardo mostruoso!
Darkina: grazie per aver messo Aoki tra le tue preferite *_* Mi rendi davvero felice, sono contenta di sapere che Aoki - nonostante tutti questi ritardi - sia sempre apprezzata. Beh, pure io avrei strozzato Kikyo al posto di Kagome, però non posso farglielo fare... la nostra cara ragazza ci sarà molto utile in seguito! E non in termini cattivi, eh :) Vedrai poi se Kikyo riuscirà a farla franca... tu che dici? ^^ Scusa anche a te per il ritardo!
Kagome19: ssssht ^^ Ci hai quasi azzeccato su Inucchi, anche se non lo definirei propriamente così. Del resto è ancora un minorenne e non si diverte certo a fare quello che fa... *cough cough* XD Mi spiace averti lasciata di sasso ma, come detto sopra, ci vorrà ancora un pò di pazienza prima di sapere la risposta di Inu. Per consolarti, ti dico che - se ci sarà - questo "appuntamento" avverrà più avanti anche perchè Kikyo è in procinto di partire per la gita, mentre Inuyasha non ci va :) l'avevo detto nella fic? °-° mi sembra di sì, eh... Comunque verrà ribadito! ^^" Al prossimo capitolo, le mie scuse anche a te!
Bellatrix_Indomita: non ti sto facendo capire niente? Eh eh, proprio quello che volevo ottenere ^^ Comunque, don't worry! Ormai il tempo dei misteri è praticamente finito, a partire dai prossimi capitoli le matasse inizieranno a sbrogliarsi. Una alla volta, ma inizieranno :) Odi Kikyo, eh? Beh, di certo sapevo che avrei fatto sortire quest'effetto e ci sta anche... però vedrai che arriverai a ricrederti su di lei più avanti... forse :) Al prossimo capitolo! ^^
inukag4ever: sapessi che idee mi passano per la testa! La povera Kagome deve passarne ancora, credimi... Però se la cosa ti può consolare, ti dico che il capitolo sull'autolesionismo avrà la stessa conclusione di quello che ho vissuto io. Si chiuderà. Non facilmente ma si chiuderà. Mi dispiace di non essere riuscita ad aggiornare subito... Spero proprio di rifarmi! ^^ Alla prossima!
KaDe: ciao carissima! :) Sono contenta che i miei capitoli ti coinvolgano così tanto, davvero! Per quanto riguarda la madre di Kagome... beh, sì è vero, la ragazza si sta comportando in maniera fin troppo acida e irruenta, non la giustifico. L'importante poi è pentirsi dei gesti sbagliati che si sono compiuti, l'esperienza mi ha insegnato questo. Sai quante volte ho rischiato un infarto perchè sbraitavo contro i miei durante le terapie? XD Ok, adesso ci rido su, però sì... è vero, Kagome è un bel pò cattivella... Spero continuerai a seguirmi nonostante i ritardi! ^^
lola2: non ti preoccupare, è il pensiero che conta! Sapere che continui a seguire Aoki mi fa tanto piacere! Al prossimo capitolo, allora!


Bene, ce l'ho fatta °-° Al solito, ringrazio chi legge, chi recensisce e chi mette Aoki tra le sue fan fictions preferite! Sì lo so, sono le mie solite frase fatte, ma vi giuro sapere che una fic dall'argomento ancora considerato da molti un tabù sociale sia così seguita mi fa capire che non tutti voltano le spalle a chi ne ha bisogno e a chi soffre. Voi lettori mi fate sentire decisamente meno sola quando penso a come far andare avanti Aoki, mentre la scrivo e mentre la pubblico. Grazie, grazie davvero per la vostra sensibilità! Appuntamento al prossimo capitolo (che, incombenze a parte, sarà on-line a ottobre, terminata la sessione di esami settembrina!)
  
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