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Autore: heliodor    29/04/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Voltagabbana
 
Valya crollò a terra trascinata dal peso dello scudo e della lancia. L’impatto fu doloroso e le graffiò i gomiti e le braccia strappandole un grido di dolore.
Sopra di lei, un guerriero di Lormist dai capelli grigi e il viso solcato da rughe, fece una smorfia di disappunto. “Se perdi di nuovo la presa sullo scudo ti spezzo una gamba.”
Valya respirò a fatica. “È troppo pesante.”
“Sono i tuoi muscoli a essere deboli. Hai detto che ti ha allenata Abbylan?”
Valya si rimise in piedi e imbracciò lo scudo passando il braccio dentro due fibbie di cuoio nella parte interna. Anche se di legno aveva strisce di ferro fissate con delle borchie lungo i bordi per rinforzarlo. La lancia era così larga che riusciva a impugnarla a malapena. Non era fatta per una mano piccola come la sua e l’aveva detto a Pharom.
Il guerriero aveva riso. “E allora?”
“Non posso combattere con una lancia che non è della mia misura.”
“Sai solo lamentarti?” l’aveva rimproverata.
“Ha fatto davvero un pessimo lavoro con te” disse Pharom facendo roteare la lancia con un rapido movimento del polso. Con l’altra mano reggeva uno scudo rotondo uguale a quella di Valya.
“Ferg è un ottimo maestro” disse Valya. “Non come te.”
Non gli disse che anche lui l’aveva trattata male i primi giorni.
“Ferg?” fece Pharom. “Ferg Abbylan? Io pensavo che fosse Zebith il tuo maestro.”
Valya lo fissò interdetta.
“Questo spiega tutto. Questo spiega proprio tutto.”
“Magari se lo spiegassi anche a me capirei qualcosa” disse Valya indispettita.
“Sei l’allieva di Ferg il coniglio, il voltagabbana. Ecco perché non riesci nemmeno a reggere la lancia.”
“Che significa il coniglio?”
“Non te l’ha detto il tuo maestro? Ti ha raccontato di quella volta che scappò come un codardo dal campo di battaglia? È una storia che sanno tutti.”
“Io no” disse lei infastidita. “Ma se fossi in te non lo chiamerei così. Il comandante Abbylan è un guerriero coraggioso.”
E mi ha salvata da morte sicura, pensò.
“Coraggioso” disse Pharom. “Ti dico io cosa fece Ferg. C’era una grossa battaglia che stava per cominciare e l’armata si stava schierando, quando lui sparì all’improvviso. Nessuno ha mai saputo dove sia andato, ma ricomparve giorni dopo a battaglia conclusa.”
“Non è vero” protestò Valya.
“È così. Lo sanno tutti.”
“Tutti non sanno niente” ringhiò. Sollevò la lancia e colpì lo scudo di Pharom con la punta.
Lui deviò il colpo e indietreggiò di un passo. Valya ne approfittò per incalzarlo con degli affondi, ma lui li deviò tutti. La punta della lancia si conficcò nel legno dello scudo. Pharom diede uno strattone deciso e gliela strappò di mano.
“Il tuo maestro era un vigliacco” disse Pharom. “E non ti ha insegnato proprio niente.”
Valya estrasse la spada e sentì le forze aumentare e con essa la rabbia che provava. Voleva far pentire Pharom per quello che aveva detto. Voleva che le chiedesse scusa e poi andasse in ginocchio fino a Ferrador per chiedere scusa anche a Ferg.
Il guerriero mosse la lancia verso di lei. Valya intercettò l’attacco con lo scudo e lo deviò. Alzò la spada e con un colpo tagliò in due la lancia. Pharom indietreggiò di due passi, il mozzicone di lancia ancora nella mano e l’espressione sorpresa.
Valya balzò in avanti con la spada sollevata e affondò il colpo. Il guerriero alzò lo scudo per deviarlo. La lama affondò nel legno di un palmo.
Valya diede uno strattone deciso e gli strappò lo scudo di mano facendolo volare via. Alzò la spada per colpire Pharom ma si fermò con l’arma sollevata sopra la testa.
Il guerriero stava sorridendo. “Astryn aveva ragione. Dannazione, aveva ragione sul serio quando diceva che con la spada sei brava.”
Valya rilassò i muscoli delle spalle e fece un passo indietro. Tese la mano al guerriero aiutandolo a rimettersi in piedi.
“Se imparassi a usare lo scudo saresti anche più forte” disse Pharum.
“Lo scudo mi impaccia.”
Il guerriero raccolse lo scudo fatto a pezzi dall’attacco precedente. “Guarda qui. L’hai aperto in due. Se ci mettevi un po’ di forza in più mi avresti staccato il braccio di netto.”
Decise di non dirgli che si era trattenuta. “Magari la prossima volta” disse con tono sufficiente.
Pharum le scoccò un’occhiata dubbiosa.
“Sto scherzando” disse sulla difensiva.
Il guerriero sollevò gli occhi al cielo. “L’addestramento è terminato per oggi. Vai da Demia.”
Valya tornò verso la tenda della comandante. Le era stata assegnata una sua tenda che aveva imparato a smontare e rimontare.
Tutti sapevano farlo, anche gli stregoni di alto rango.
“Ce lo insegnano al primo anno di addestramento serio” le aveva spiegato Demia. “Imparerai anche tu.”
Ci aveva messo tre giorni per montare un rifugio accettabile e altri due perché non crollasse su sé stesso appena scostato l’ingresso.
Nel frattempo, aveva dormito all’addiaccio, avvolta nella coperta di lana sopra una stuoia.
L’insegna del comandante non era in vista, il che voleva dire che Demia era dentro la tenda. Prima di entrare si schiarì la gola.
“Sono io. Posso entrare?”
“Vieni” rispose una voce dall’interno.
Demia era seduta a terra sulla stuoia e stava consultando una mappa.
“Pharom si è già stancato di te?”
“Dice che sto migliorando.”
Demia annuì solenne. “Più tardi gli chiederò io stessa informazioni. E spero per te che sia vero che stai migliorando, perché ci stiamo avvicinando al confine e dobbiamo essere tutti pronti a combattere. Anche tu.”
“Io sono pronta” disse gonfiando il petto. Sedette a terra senza attendere il permesso. “Vuoi che ti lucidi gli stivali? O devo massaggiarti i piedi?”
Demia aveva deciso di marciare insieme ai soldati appiedati invece che stare tutto il giorno a cavallo.
“Devo farlo se non voglio arrivare alla fortezza con la schiena distrutta” aveva spiegato.
Alla fine di una giornata di marcia gli stivali erano sempre sporchi di terreno o impolverati e aveva le vesciche sotto ai piedi.
“Le pomate acquistate a Ferrador scarseggiano” si era lamentata la comandante. “E non credo che a Cadrik ne troveremo. È troppo piccola, a quanto dicono.”
Valya prese uno stivale e lo straccio e iniziò a strofinare forte. “Non mi hai ancora detto a quale formazione sono stata assegnata.”
“A nessuna” rispose Demia senza staccare gli occhi dalla mappa.
“Ma io voglio combattere” si lamentò. “Credevo di averti convinta.”
“Sai usare la spada, è vero” disse lei. “Ma in battaglia non basta. Per entrare in una formazione servono disciplina e capacità di eseguire gli ordini, anche se ci sembrano assurdi. E a volte lo sono davvero.”
“Non capisco.”
“Buon per te. Vorrei anche io non capire, ma so che tra qualche giorno potrei ordinare a centinaia dei miei di andare incontro a morte certa.”
“Non vedo perché dovresti farlo.”
Demia alzò gli occhi dalla mappa. “Quante battaglie hai visto finora?”
Non poteva raccontare alla donna di aver partecipato alla difesa di Ferrador. “Nessuna” disse.
“Quando ne avrai vista almeno una, capirai.”
Valya fece per ribattere ma ci ripensò. “Zane ci starà aspettando alla fortezza?”
“No” rispose Demia.
“Come fai a esserne sicura?”
La donna sbuffò. “Fai sempre così tante domande?”
Anche stavolta Valya si trattenne dal risponderle con la prima cosa che le era venuta in mente. “Mio padre dice sempre che a volte ha paura che mi soffochi perché non smetto mai di parlare per respirare.”
“Zane non ci aspetterebbe mai alla fortezza sapendo che siamo in viaggio. Verrebbe da noi.”
“Quindi pensi che sia ancora in viaggio?”
Demia annuì solenne. “Lo spero. E spero che ne sia valsa la pena.”
“Perché non ha detto dove andava?”
“Credo temesse che tu mi avresti interrogata come stai facendo adesso.”
Valya arrossì. “Ti chiedo scusa.”
“Sembra che tu ci tenga parecchio a Zane.”
“Cosa?”
“Voglio dire, è un bel ragazzo, non ci sarebbe niente di male.”
“No” fece lei. “Sono solo preoccupata per lui come tutti qui. È il comandante, giusto?”
“Capisco” fece Demia. “Mi ha raccontato qualcosa sulla sera del ballo, su una ragazza che ha conosciuto e con la quale ha parlato.”
Valya sgranò gli occhi. “Ti ha detto altro?”
“Zane è parecchio riservato su certe cose” disse Demia. “E non mi parla mai delle sue fidanzate.”
“Quali fidanzate?”
Demia si alzò. “Quelle che penso abbia lasciato a Lormist. Chissà se sono in pensiero per lui.” Arrotolò la mappa e si alzò di scatto. “Dopodomani al massimo saremo alla fortezza e scopriremo se ho avuto torto o ragione.”
Valya si alzò dopo di lei. “Quali fidanzate?”
Demia sorrise. “Vai a riposarti nella tua tenda, Valya Keltel. È un ordine.”
Valya lasciò la tenda di Demia chiedendosi di quali fidanzate stesse parlando la donna.
 
Cadrik sorgeva su una bassa collina alla cui base era stato scavato un fossato largo una trentina di passi. Era circondata da mura di pietra grigia alte dieci volte una persona adulta e dal suo centro si innalzavano sei torri esagonali che sembravano altrettante dita puntate verso il cielo.
“La leggenda dice che venne eretta da Ryenne Sei Dita, la Regina dei ladri” spiegò Refu l’erudito. “Il regno di Ryenne era basato sulla predazione. Nel massimo splendore la sua banda raggiunse i diecimila guerrieri. Razziava e costringeva ogni città nel giro di mille miglia a pagarle un tributo per essere risparmiata. Fu allora che i regni d’oriente si unirono per eliminarla. Astram di Lormist la sconfisse e le tagliò la testa, esponendola sulle mura della fortezza affinché tutti quelli che transitavano da quelle parti potessero vederla.”
Demia scelse Astryn e altri due mantelli come scorta e si diresse a cavallo verso la fortezza.
“Non ci fanno entrare?” chiese Valya a Pharom.
“Siamo un’armata straniera in marcia” spiegò il guerriero. “La comandante deve rendere omaggio al comandante della fortezza. Certe tradizioni vanno rispettate.”
“Ci vorrà molto?”
“Una volta partecipati a una campagna a Nightanois e ci vollero tre giorni prima che ci dessero il permesso di accamparci fuori città.”
“Tre giorni” esclamò Valya preoccupata. “Zane potrebbe non avere tanto tempo.”
Il guerriero scrollò le spalle. “Vieni. Approfittiamone per scambiare due colpi.”
“La comandante avrebbe dovuto portare anche me” disse Valya. “Sono la sua attendente sul campo.”
“Non ti ha voluta far correre un rischio inutile.”
“Rischio?”
Pharom sorrise. “È sempre rischioso quando entri in una fortezza. Non sai mai se ne uscirai.”
Valya sperò che scherzasse.
Dopo l’addestramento, in cui Pharom l’aveva disarmata due volte di seguito, tornò nella tenda per riposare. Stava per stendersi sul giaciglio quando udì delle voci concitate provenire dall’esterno.
Uscì di corsa sicura che Zane fosse tornato, ma vide Demia e la sua scorta entrare nel campo. E non erano soli. Legato alla sella di uno degli stregoni di scorta con una corda, c’era un cavallo.
Valya si avvicinò per guardare meglio è notò che sul fianco del cavallo vi era il marchio a forma di conchiglia che i Lormist usavano per le loro cavalcature.
Demia smontò e si diresse alla tenda, l’espressione turbata. Valya la seguì affiancandola.
“È uno dei nostri cavalli?” chiese.
La comandante grugnì. “Non è solo uno dei nostri. È stato trovato due giorni fa da una squadra di esploratori partiti da Cadrik.” Trasse un profondo respiro. “È quello di Zane.”

 
  
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