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Autore: mattmary15    30/04/2021    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Il piano per cambiare il futuro - seconda parte -


Tessa raggiunse la camera degli inservienti al piano dell’albergo in cui soggiornava Pierce per vedere l’unica persona che poteva fare la differenza per lei quel giorno.

Mitchell Tanner se ne stava seduto con gli occhi chiusi e le mani dietro la testa su una poltrona in ecopelle di terza categoria. 

Entrò e chiuse la porta senza fare rumore anche se sapeva che lui aveva già capito che era lì.

“Certo che ne hai di fegato, bambolina.” Disse senza aprire gli occhi.

“Ho bisogno del tuo aiuto, Mitchell.” L’uomo aprì gli occhi e la guardò da capo a piedi.

“Come diavolo hai fatto a guarire così in fretta?” Le chiese versandosi un bicchiere di scotch che era sul tavolino accanto alla poltrona.

“Pozione magica,” disse sollevandosi la maglia e mostrando un livido esteso dallo sterno all’anca, “anche se non sono esattamente tutta intera.”

“Hai un’emorragia interna e sembra grave, dovresti essere in ospedale. Cristo! Come fai a stare in piedi.”

“La mia mente è in grado di isolare il dolore. Tanner, concentrati, ho bisogno di te.”

“Davvero vuoi il mio aiuto?” Disse l’uomo alzandosi e indicando il livido. “Vuoi che finisca il lavoro?”

“Questo non me lo hai fatto tu. E’ stato un frigorifero. Una bella storia ma non ho tempo di raccontarla.”

“Anche se mi assolvi dai miei peccati, sai che non sono sempre me stesso. Se mi controlla Paige, io non ho voce in capitolo. Lo sai bene.”
“Ti controlla adesso?”

“No.”

“Allora aiutami.”
“Cosa vuoi?”

“So che Pierce ha portato qui la macchina. Dov’è?” Tanner sputò in terra.

“Come diavolo fai a saperlo?” Tessa si toccò la tempia.

“Prevedo le reazioni di tutti, ricordi? Alla fine non si è fidato di Charles come voleva farci credere.”

“Al contrario! E’ talmente certo che il tuo professore glielo consegnerà che ha voluto portare qui la macchina per assaggiare subito i poteri di Magneto.”

“Dove la tiene?”

“Non gli consegnerete Magneto, vero?”

“Non realmente e te lo sto dicendo perché mi fido di te.”

“Bambolina, Pierce ha modificato la macchina. Una volta dentro, il meccanismo si blocca per sempre e te lo sto dicendo perché mi fai pena e mi farà pena ancora di più chi verrà rinchiuso là dentro in eterno.” Tessa ascoltò le parole di Tanner come se non la riguardassero.

“Dimmi dov’è la macchina.” Ripeté ancora come un automa.

“Nel seminterrato dell’hangar dove hanno collocato le sentinelle. Pierce ha un accordo sottobanco con Trask. E qui finisce il mio aiuto. Fra poco Paige scende a prendermi. Devi andartene.”

“Grazie Tanner e spero che il tuo aiuto non finisca qui. Paige non verrà. Ha un appuntamento con me e non si riprenderà così presto da questa esperienza.”

“Non fare cazzate, bambolina.”

“Addio, Mitchell. Grazie di quanto hai fatto e per ciò che farai. Se incontrerai Charles,” disse lanciandogli una moneta che aveva il simbolo del Reich su un lato, “proteggilo, ti pago in anticipo.”

Tessa uscì e corse come non aveva mai fatto in vita sua per raggiungere il piano in cui sapeva c’era la stanza di Paige.

La donna stava uscendo in quel momento. Usò il suo potere telecinetico, la spinse dentro e raggiunse la camera chiudendosi la porta alle spalle.

“E’ un piacere rivederti, tesoro!” Ironizzò la donna rimettendosi in piedi. “Ma oggi è una giornata importante e non posso tardare al lavoro.”

“La tua presenza non è prevista.” Disse Tessa cominciando a far tremare gli oggetti nella stanza.

“Vuoi fare questo gioco con me?” Chiese Paige controllando lo smalto delle sue unghie.

“No, non è un gioco.”

“Non puoi difenderti dal mio potere, Tessa, per cui per quanto tu sia forte, ti ordinerò di dormire e tu andrai a ninna.” 

Fu in quel momento che Tessa sembrò barcollare. Paige sorrise.

“Non ti reggi neppure in piedi.” Disse avvicinandosi a lei. Si accorse troppo tardi dello scudo. Si espanse dal corpo di Tessa respingendola in modo violento e repentino. Finì contro la parete opposta priva di sensi.

Tessa si asciugò il sangue dal naso e si accertò che fosse realmente svenuta. 

Si alzò per controllare l’ora e il dolore all’addome la fece accasciare. Il naso non smetteva di sanguinare. Raggiunse il bagno e si lavò il viso poi preparò l’iniezione che avrebbe tenuto Paige fuori dei giochi tutto il giorno. Tornò nella stanza in cui giaceva e le somministrò il potente sonnifero.

Si alzò e uscì chiudendo la porta a chiave. 

Accese la radio. Tutto andava per il verso giusto. La parata era cominciata.

 

Raven aveva preso il posto di Stryker come da piani e aveva indossato la spilla che conteneva il dispositivo per distorcere il segnale antimutante di Trask e quelli per le comunicazioni del presidente Nixon.

Intravide Charles seduto in prima fila con accanto l’uomo che doveva essere Pierce.

Rimase immobile nonostante la voglia di spezzare il collo all’uomo che in apparenza doveva proteggere. 

Il presidente fece un commovente discorso su come il mondo non sarebbe stato più lo stesso dopo la presentazione delle nuove armi prodotte da Trask.

Strinse un pugno per impedire a se stessa di mutare aspetto e sparare a quello stronzo ma la voce di Charles le arrivò repentina.

‘Non dubitare del piano, Raven. Erik sta arrivando. Ti prego. Ho passato tutta la vita a cercare di controllarti, voglio che questo sia il primo giorno di una vita diversa. Cambiamo il futuro per tutti i mutanti e cambiamolo anche per noi.’

Charles era sempre il solito e avrebbe voluto rispondere che se non si agiva in prima persona, nulla poteva mai veramente cambiare, quando le sentinelle si attivarono e cominciarono a sollevarsi disponendosi contro le persone che, nelle idee del presidente degli Stati Uniti d’America, avrebbero dovuto difendere.

Tirò fuori la pistola e mise una mano su una spalla di Trask. Sarebbe stato facilissimo spezzargli il collo in quella confusione. Con la coda dell’occhio vide Charles portare via Pierce.

“Andiamo via, signore!” Urlò all’indirizzo di Trask. “La porto in un posto sicuro.”

Guidò gli uomini del presidente verso l’hangar delle sentinelle invece che verso il bunker presidenziale che era sotto i giardini della Casa Bianca. Quando le guardie se ne accorsero era troppo tardi. Assunse l’identità di uno di loro e li mise tutti fuori combattimento tornando ad assumere le sembianze di Stryker.

E fu in quel momento che apparve Erik, due sentinelle alle sue spalle.

Nixon lo riconobbe immediatamente e così anche Trask.

“State indietro, signore!” Gridò all’indirizzo di Nixon. “Quest’uomo ha già ucciso un presidente degli Stati Uniti!”

“E’ una menzogna.” Rispose Erik. “E’ gente come te, Trask, che ha deciso che la minaccia sono i mutanti. Ed è così. I mutanti rappresentano una minaccia per chi desidera schiacciarli, umiliarli, farli a pezzi. E’ questo che l’America vuole? Uccidere milioni di americani perché mutanti? E’ questo che farete con queste macchine. Si è chiesto chi ha finanziato Trask, presidente? Si è chiesto perché? Esistono minacce ben più gravi per il popolo americano.”

Mentre Erik terminava il suo discorso, arrivarono nella stanza anche Charles e Pierce. Il telepate non aveva dovuto fare alcuno sforzo per spingere Pierce a raggiungere Erik e il presidente Nixon. L’uomo già sognava di diventare l’eroe del giorno, quello che avrebbe fermato Magneto.

Per questo non comprese subito ciò che stava succedendo e rimase in silenzio quando Erik lo indicò come la reale minaccia.

“Ecco chi finanzia macchine più potenti di quelle costruite dal governo che rappresenta, presidente!” Disse Erik indicando Pierce.

“Trask mi spieghi che sta succedendo. Cosa sta insinuando quest’uomo?” Chiese Nixon osservano i nuovi arrivati. Trask esitò e poi guardò Stryker.

“Spara a quel maledetto!” Stryker tirò fuori l’arma antimagneto ma, mentre lo faceva, riprese le sembianze di Raven e gliela puntò alla testa. Aspettava quel momento da oltre un anno e la voce le uscì ferma e severa.

“Tu hai assassinato migliaia di miei fratelli e sorelle. Dammi una sola, buona ragione per cui io ti risparmi la vita.” 

Fu Charles ad intervenire. Prese il controllo della mente di Pierce e finse di aver condotto lì il capo dell’Hellfire perché smascherasse Trask.

“Raven, non ucciderlo, Pierce confesserà e Trask pagherà!” Gridò mentre Donald Pierce, lo sguardo vacuo e l’andatura lenta, camminò fino a stare innanzi al presidente e parlò.

“Io ho pagato Trask per costruire queste macchine affinché sradichino i mutanti uno ad uno dalla faccia della Terra. Affinché ripuliscano questo pianeta da ogni uomo e da ogni donna che portano in sé anche un solo gene mutante. Li odio come li odia lui. Non importa che siano americani, russi, cinesi. Importa solo che muoiano. Loro hanno il potere? Noi ne avremo di più. Non importa cosa ne pensano i governi di uomini vigliacchi e senza spina dorsale. L’Hellfire ha più risorse di ogni governo legittimo al mondo. Noi regneremo.”

Le parole gli uscirono di bocca talmente spontanee che Nixon non ebbe dubbi sul fatto che fossero sincere. Il presidente indietreggiò fino a sbattere contro la parete. Charles fu diretto con lui.

“Lo farebbero se potessero.” Disse.

“Non lo faranno, non ne avranno più i mezzi,” fece invece Erik sollevando una mano e facendo in modo che il metallo all’interno delle sentinelle le distruggesse pezzo per pezzo, “se lei non gliene darà di nuovi.” 

Così quelle magnifiche macchine da guerra si sbriciolarono sotto lo sguardo di Trask e di Nixon.

“Non sarò io a farlo. Il progetto sentinella è cancellato.” Disse Nixon mentre Trask si lasciava cadere a terra, sconfitto.

Solo allora Charles lasciò andare la mente di Pierce che si ritrovò occhi negli occhi con Erik. Il signore dei metalli lo sfidò memore dello scontro in cui lo aveva risparmiato nonostante il male che aveva fatto a Tessa.

“Avresti il fegato di affrontarmi stavolta, signor Pierce?” Chiese Erik mentre le sue labbra si allargavano in un ghigno.

Ciò che nessuno in quella stanza aveva previsto, fu la risposta di Donnie.

“Oh, si!” Disse piano mentre spingeva il pulsante di un dispositivo che aveva nascosto in tasca.

Charles capì prima di tutti cosa stava per accadere. Le testate dei missili delle sentinelle si attivarono contemporaneamente. Urlò.

“Raven, metti al sicuro il presidente!” 

La donna capì che doveva agire in fretta e che non aveva molta scelta. Tirò indietro Nixon un attimo prima che il pavimento dell’hangar cedesse.

 

Tessa era riuscita a trascinarsi fino al luogo in cui Tanner le aveva detto essere la maledetta macchina che suo padre aveva creato per controllare il potere di un altro mutante.

Quando era bambina, era una camera di metallo abbastanza grande da consentirle di viverci dentro anche se rinchiusa. Azazel era l’unico a poter entrare e uscire dalla stanza anche se lei sapeva che suo padre avrebbe potuto aprirla in qualunque momento.

Pierce l’aveva modificata. Era diventata una sorta di loculo largo un metro e profondo ottanta centimetri. Una bara di metallo.

L’aveva montata dietro una porta. Evidentemente il suo scopo era convincere qualcuno ad entrarci come fosse l’ingresso di una stanza.

Nella camera antistante c’era un computer che doveva essere l’unità di controllo.

L’accese ma riuscì a comprenderne il funzionamento solo in parte. Non capiva come spegnerla. Raggiunse la macchina e pensò di toglierle la corrente. La voce di Tanner la spaventò.

“Ha delle batterie in grado di farla funzionare per ventiquattro ore. Mi dispiace bambina, non si può mettere fuori uso.”

Tessa sospirò. Era allo stremo. Dopo aver usato i suoi poteri sul treno per aiutare Erik a mettere in salvo Charles, si era resa conto che la ferita all’addome non era affatto guarita come gli altri credevano. Ormai si trascinava. 

“Io devo fare qualcosa. Se Erik finisce qui dentro non sopravvivrà.” Il suo viso era una maschera di dolore. Tanner cercò di calmarla.

“Non morirà. La macchina rilascia una specie di gas che induce uno stato di ibernazione.” 

“Invece lo ucciderà! Non può essere rinchiuso di nuovo. Io lo so.” Disse lei scoppiando a piangere. Il peso delle conseguenze delle sue azioni, sapere cosa sarebbe successo dopo che lei era entrata nelle vite di Charles ed Erik la stava schiacciando. 

“Bambina, tu non puoi salvare tutti. E di certo, alcune persone non vogliono essere salvate.”

Tessa stava per ribattere che non era vero, che persino lei, lei che non aveva mai pensato alla salvezza, lei che aveva sacrificato la vita di sua sorella e la sua per rimediare alle colpe di suo padre e cancellare un futuro di morte per tutti i mutanti, lei che aveva sempre detto di non avere bisogno di nessuno e di niente oltre al suo potere, lei avrebbe voluto disperatamente che qualcuno la salvasse. 

Stava per farlo quando il rumore di una fortissima esplosione fece tremare le pareti. Neanche il tempo di alzare lo sguardo che il soffittò crollò loro addosso.

 

Trask giaceva in terra privo di vita.

Pierce era stato sbalzato oltre Charles dall’esplosione di uno dei missili che era sfuggito al controllo di Erik. Questi aveva difeso se stesso e Charles ma il più giovane era stato colpito da un masso alla testa e sanguinava dalla fronte.

Erik lo distese sul pavimento prima di rendersi conto che il pavimento si era sbriciolato sotto ai loro piedi ed erano finiti nel seminterrato.

I massi davanti a lui si mossero rivelando la figura di Tanner ed Erik impallidì quando vide che tra le braccia aveva Tessa.

“Che diavolo ci fate qui?” Esclamò lasciando andare Charles e correndo dalla donna.

“Avete fatto un bel casino là sopra!” Esclamò l’uomo che gli lasciò Tessa tra le braccia. Lui la scosse appena e lei aprì piano gli occhi.

“Erik, che è successo?”

“Pierce ha fatto saltare in aria i missili delle sentinelle. E’ più morto che vivo ma ci ha quasi portati con lui. Tu stai bene? Ti sanguina di nuovo il naso.” Tessa se lo asciugò e sorrise.

“Sto bene,” disse concentrandosi un attimo e guardando oltre come faceva quando adoperava il suo potere, “e voi ce l’avete fatta. Raven e Nixon?”
“Lei è una fottuta eroina. Ha salvato il presidente. Quella non doveva essere la mia parte?” Erik si sforzò di non mostrare alcuna preoccupazione per le sue condizioni. Tessa invece chiese dell’unica persona di cui non sapeva niente.

“E Charles?” 

“Laggiù,” disse Erik indicando l’uomo, “la bella addormentata si sveglierà con un bacio, ne sono certo. Faccio io o vuoi provarci tu?” Tessa rise e il dolore la fece piegare in due. “Tu non stai affatto bene.” Commento Erik ma la donna scosse il capo.

“Aiutami ad alzarmi.”

Erik lo fece ma, quando si voltarono, Pierce era in piedi di fronte a loro con l’arma antimagneto di Raven in pugno.

Aveva metà della faccia ustionata e un braccio in meno ma la sua espressione era di puro odio.

“Ora, signor Lehnsherr, lasci andare la troietta ed entri in quella stanza.” Erik strinse un po’ di più Tessa.

“Non penserai che puoi costringermi a fare qualcosa minacciando la mia vita.”

“No, ma posso sparare ad uno a caso dei tuoi amici e tu non potrai fermare il proiettile. La vita di quale dei due vuoi sulla coscienza?” Erik si rivolse a Tessa.

“Va’ da Charles, se si sveglia la partita è chiusa.”

“No! Non ti permetterò di entrare là dentro.”

“Cosa c’è oltre quella porta?” Chiese lui stringendola più forte. Lei scoppiò a piangere.

“Una tomba per le lucciole.”

“Lucciole?” Erik guardò istintivamente Charles. “Io non sono una lucciola come Charles. Io sono la Tour Eiffel ricordi?” Disse lasciandola andare e camminando verso Pierce facendo attenzione a rimanere sulla linea di tiro dell’arma dell’uomo.

“Molto bene, Magneto, vediamo di cosa sei fatto. Entra!” Disse Tanner aprendo la porta. 

Tessa però non era disposta a vedere diventare realtà l’unico futuro di cui non aveva parlato a nessuno. Così liberò liberò il suo potere. Una sorte di bolla di energia telecinetica si allargò da lei verso Erik e Pierce. Questi reagì puntando l’arma verso l’unico bersaglio libero e sparò.

Tessà tremò pensando che non era abbastanza forte da allargare la sua energia fino a Charles e urlò il suo nome sperando che il professore si svegliasse. Il proiettile però non raggiunse il corpo dell’uomo e rimbalzò sul dorso di Tanner che gli aveva fatto da scudo. 

Ormai certa che Charles sarebbe stato al sicuro, Tessa sprecò le sue forze residue per strappare l’arma di mano a Pierce. 

Lui però fece fuoco di nuovo contro Erik anche se ciò che restava del potere dello scudo di Tessa lo protesse. Erik allora usò il suo potere per scagliare addosso a Pierce ogni pezzo di metallo presente tra i detriti. Tessa urlò ad Erik di allontanarsi dalla porta quando Pierce riuscì ad accendere la macchina che reagì al potere di Erik e cominciò ad attrarlo verso di essa.

Tessa allora si mise tra lui e la macchina e vi entrò afferrando la porta. Stava per tirarla verso di sé quando vide Charles sanguinante e con occhi imploranti che scuoteva la testa.

‘Non farlo! Troveremo un altro modo!’

Tessa pianse ma non si fermò. Tirò la pesante porta di ferrò verso di sé fino a che non udì lo scatto della serratura.

Charles urlò e si lanciò verso la porta.

“Erik! Erik, vieni qui, aprila! Aprila Erik!” Il tedesco lasciò andare Pierce e raggiunse la porta. Oltre essa, la donna rideva e piangeva insieme esattamente come quando Erik l’aveva vista salutare  Charles. Una terribile sensazione di angoscia lo colse e iniziò a usare tutta la forza che aveva in corpo per tirare via i cardini mentre Charles continuava a gridare e a piangere.

“Aprila Erik, ti prego, aprila!”

“Non ci riesco, non ci riesco!” Cominciò a dire lui nonostante non smettesse di provarci. Il ticchettio della macchina continuava. 

“Non si aprirà,” la voce di Tanner li fece voltare entrambi, “quella macchina non si aprirà. Tessa lo sapeva per questo ha fatto di tutto perché non ci finissi dentro. Avete meno di un minuto per dirle addio, dopodiché il gas che vi è contenuto le indurrà uno stato di ibernazione. Usate bene il tempo che vi rimane.”

Charles continuava a pregare Erik di aprire la porta. Lui fece ogni cosa in suo potere.

“Usa il tuo potere su di me.” Disse ad un certo punto rivolgendosi al più giovane. “Tu puoi aprire la mia mente come hai fatto con quella di Tessa a Parigi.” Charles si voltò a guardare l’amico con gli occhi gonfi per il pianto.

“Quel giorno l’ho quasi uccisa!”

“Fallo!” Gridò Erik e l’urlo fu rabbioso, cattivo.

“Non farlo.” La voce di Tessa invece fu tremante e dolce e li fece voltare entrambi. “Io starò bene. Sono già sopravvissuta a questo una volta. Lo rifarò e un giorno ci rivedremo. Io lo so, l’ho visto. Per cui adesso non soffrite e non piangete per il mio destino. Il futuro si può cambiare, voi me lo avete dimostrato. Rimanete uniti come Lena avrebbe voluto sin dal principio e un giorno sarete in grado di cambiare di nuovo il futuro. Siamo salvi, siamo tutti salvi.”

Il ticchettio divenne più veloce.

“Tessa io non posso, non voglio perderti. Ti tirerò fuori di qui, lo giuro dovessi scatenare l’apocalisse!” Disse Erik avvicinando la mano al vetro oltre il quale c’era il volto della donna che amava, che in qualche modo aveva sempre amato. Lei si sforzò di continuare a sorridere nonostante il dolore e la paura e fu in quel momento che la mente di Charles le sussurrò poche parole.

‘Non posso vivere senza questo legame. Tu sei la mia forza, la mia vera forza.’  

Lei sorrise e lasciò che lui leggesse i suoi pensieri. Lui capì quanto fosse terrorizzata.

‘Ti prometto che sarò sempre con te, qui,’ disse indicando la sua mente, ‘e qui.’ Fece indicando il suo cuore.

Legati in un modo che trascende il tempo e lo spazio.’

Pensò Tessa nel momento in cui il ticchettio s’interruppe e un fumo bianco avvolse il suo corpo. Quando si dipanò, lei sembrava avvolta nel ghiaccio, una splendida statua della donna che amavano entrambi. Charles appoggiò la fronte contro il vetro. Non percepì più nulla. 

Erik gridò. Un urlo straziante e feroce. Provò ancora e ancora a divellere la porta che teneva Tessa rinchiusa in quella fredda bara di metallo, ma non riuscì neppure a scalfire il meccanismo che la sigillava.

Batté i pugni fino a che gli mancò la forza, fino a che si rese conto che Charles sembrava come morto al suo fianco. Tentò di scuoterlo.

“Charles,” disse senza nascondere la sua preoccupazione, “Charles parlami. Dimmi qualcosa. Che cosa facciamo adesso?”

Il telepate sollevò il capo e lo guardò. Erik indietreggiò. L’espressione negli occhi di Charles era ancora più dura di quella che aveva il giorno in cui gli aveva puntato contro la pistola a Cuba. Mosse le labbra e parlò in un modo che spiazzò l’amico.

“Lo facciamo a pezzi.”

“Pierce?” Chiese Erik alludendo al fatto che l’uomo era fuggito approfittando della confusione in cui li aveva gettati il sacrificio di Tessa.

“L’Hellfire. Faremo a pezzi il dannato Hellfire. Lo bruceremo. Li bruceremo tutti. Dal primo all’ultimo. Non avrò pace fino a che l’ultima testa del Club non sarà caduta. E salveremo Tessa. Troveremo un modo. C’è un modo. Lei lo ha visto.”

Erik, come avesse ritrovato nuova linfa nelle parole del suo vecchio amico, raddrizzò la schiena e annuì.

“Lo bruceremo. Lo faremo insieme.”

Nell’udire quelle parole, l’espressione del viso di Charles si addolcì un po’ e tornò a guardare la macchina che imprigionava Tessa.

“Insieme.” Sussurrò.

“Insieme.” Ripeté Erik.

I vigili del fuoco giunsero per tirare fuori i superstiti dell’esplosione. Non li videro.

Charles ottenebrò le loro menti e Erik sollevò la macchina in cui era rinchiusa Tessa.

Raggiunsero Hank, Raven e Lucy mentre il sole tramontava su quella folle giornata. Warhawk non li seguì. Quando gli chiesero di unirsi a loro, rifiutò. Mostrò loro la moneta però, quella che Tessa gli aveva dato e per il cui prezzo aveva aiutato Charles.

Erik la riconobbe. Era quella che aveva ricevuto da Shaw, la stessa che aveva usato per ucciderlo molti anni dopo, quella che aveva ferito Charles devastando la sua mente e che adesso lo aveva salvato perché aveva comprato l’aiuto di Tanner.

Quando Charles rivelò al soldato la storia di quella moneta, Tanner la lanciò ad Erik che la afferrò al volo.

“Non è il tuo prezzo?” Gli chiese.

“Quella moneta ha chiuso il cerchio. E’ giusto che torni da te. E’ tua. Ha fatto una cosa buona alla fine. Forse la bambolina lo sapeva e voleva che fosse così. Vi aspetto all’Hellfire.” Disse l’uomo voltandosi e andandosene.

“Credo che sia come ha detto Tanner. Tessa voleva che tu perdonassi te stesso, che ti dessi un’altra occasione.”

“E tu? Tu mi darai un’altra occasione?” Charles sorrise.

“Andiamo a casa.” Disse stringendo Raven e Hank. Erik caricò la macchina sul furgone e asciugò le lacrime di Lucy.

“Non è morta,” le disse, “resta con noi e vedrai che ho ragione.”

Salirono sul veicolo e si lasciarono alle spalle Washington, Nixon, le sentinelle e il futuro orribile previsto da Lena.

  
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