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Autore: NPC_Stories    01/05/2021    2 recensioni
Una raccolta di flashfic e oneshot che attraverso una parodia quasi sempre comica di alcuni cliché letterari racconteranno frammenti di vita dei miei personaggi ricorrenti, o anche piccoli missing moments di altre storie.
Aggiornamento a random quando mi sento ispirata.
Genere: Fantasy, Parodia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1322 DR: Decoy Damsel


Città portuale di Arthyn, capitale del regno di Mukshar, regione del Lago dei Vapori

Lurene non si aspettava di essere salvata. Non se lo era aspettato mai. In tutta la sua vita.
E invece, a quanto pare, continuava a succedere.
Era stata salvata dalla provvidenza - da una provvidenziale coltellata nella schiena del Secondo Principe quando lui l’aveva scoperta - e proprio per mano di qualcuno che non le doveva niente.
Prima di allora era stata salvata dall’incontro fortuito con una nave di cacciatori di pirati, quando da ragazzina aveva rubato una scialuppa della nave di suo padre ed era fuggita in alto mare per evitare un matrimonio dinastico. Sarebbe morta e finita in pasto a qualche mostro acquatico, se quei marinai non l’avessero tratta in salvo.
E prima di allora… era stata salvata, sebbene in modo non convenzionale, da una misteriosa ammiratrice che le aveva aperto gli occhi rivelandole una cosa che una principessa adolescente non poteva comprendere da sola: che lei aveva un valore, e non solo come merce di scambio. Aveva un valore come persona, aveva il diritto di avere una sua volontà. Lurene ricordava ancora molto bene l’incontro con la misteriosa elfa che si era introdotta in camera sua, così tanto tempo prima che le sembrava un’altra vita. Forse era successo in un’altra vita, perché da allora Lurene era diventata un’altra persona.
Ritrovarsi davanti quella stessa elfa nel castello di Arthyn per un momento la spiazzò.
Non aveva mai immaginato di poterla rivedere. L’elfa senza nome era un’ombra nella sua memoria, una figura leggendaria, un episodio catartico del suo passato. Eppure adesso era lì, e le aveva appena salvato la vita per la seconda volta. Il tempo parve congelarsi, ma quella sensazione di sospensione venne interrotta dal rumore del cadavere del principe che piombava a terra in un tonfo sordo.
“Tu!” Esclamò la neo-regina di Mukshar, e la voce le uscì strozzata, interrotta. Si sentiva di fronte a una specie di miracolo. Forse la fanciulla elfica era uno spirito custode, destinata ad apparirle nei momenti di maggior difficoltà?
L’elfa fece un aggraziato passo indietro, per non macchiarsi le scarpe con il sangue della sua vittima. Per un istante sembrò non sapere cosa dire, ma quando sentì la voce di Lurene chiamarla alzò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono. Lurene pensava che sarebbe successo qualcosa. Rimase in attesa, mentre il silenzio si faceva pesante.
L’altra finalmente sollevò una mano e puntò l’indice contro la regina. Non c’era molta convinzione. L’indice oscillò per qualche momento, mentre la finta sguattera la scrutava pensierosa.
“Oh!” S’illuminò alla fine. “La ragazza degli orecchini!”

Beith si chinò per pulire il pugnale sul mantello del morto. Sarebbe stato un peccato rovinare il bellissimo fodero sporcandolo con una lama insanguinata. Nel frattempo, la regina la fissava senza riuscire ad emettere verbo.
“Quali orecchini?” Domandò infine, con voce indagatrice.
“Anni fa, ti ho vista al balcone del palazzo reale di Ankhapur.” Beith intanto aveva cominciato a frugare il cadavere del principe in cerca di preziosi. “Eri una ragazzetta, così graziosa e solenne, ma la cosa che ricorderò sempre sono i gioielli che avevi addosso. Mamma mia! A volte ancora me li sogno, soprattutto gli orecchini” raccontò senza la minima vergogna.
“Gli orecchini” ripeté Lurene in tono distante. “Gli orecchini ufficiali della principessa di Ankhapur? Non sono nemmeno davvero miei, sono gioielli della corona” spiegò, come se sentisse il bisogno di prendere le distanze da quegli oggetti.
“Oh” commentò Beith, mentre cercava di sfilare un anello d’oro e rubini che era caparbiamente incastrato nel dito del principe. “Sì, questo spiega perché non fossero in camera tua.”
Lurene continuò a fissare il vuoto, mentre finalmente tutti i pezzi del puzzle andavano al loro posto. “Non sei mai stata una mia ammiratrice!” Recriminò, e nonostante stesse cercando di tenere la voce bassa, le uscì un po’ stridula. “Non ti eri introdotta nella mia stanza solo per… vedermi o per… per baciarmi! Eri una ladra!
“Vero, ma baciarti è stato piacevole” ammise Beith stringendosi nelle spalle.
“La mia vita è una menzogna” sussurrò l’umana.
“Sul serio, cocca, ne vuoi parlare adesso?” Chiese pragmaticamente la fata, rialzandosi con il prezioso anello in mano.
La ex-principessa, ex-regina, da poco diventata regina vedova, scosse la testa per tornare in sé. “No, hai ragione, fra poco potrebbero trovare il cadavere del re.”
“Del principe?” La corresse Beith, guardando il corpo a terra.
“Uh. Già. Anche quello del principe.”
Beith le scoccò un’occhiata di complicità e l’afferrò per un polso, trascinandola verso uno dei passaggi segreti dei domestici. “Hai una vita interessante, tu.”
“Aspetta! Non posso scappare e basta, devo prima rubare i piani per la flotta militare. È l’unico motivo per cui sono qui!”
“Maestà, se c’è una cosa che ho imparato in questi anni… è che se sei già un’assassina, è troppo pericoloso tornare a fare la ladra.” Le rivolse un sorrisetto leggero. “Nello stesso posto, quanto meno.”

Beith trascinò Lurene giù da una rampa di scale strette e ripide; per fortuna potevano appoggiarsi alle pareti del passaggio segreto per rallentare il loro slancio. Lurene era costretta a correre su scomode scarpe coi tacchi, quindi se n’era presto disfatta e ora procedeva a piedi nudi.
“Quindi, spiegami un po’, non sei stata magicamente salvata da un eroe e portata qui?” Chiese la fata di punto in bianco, dopo un po’ che correvano in silenzio nei muri.
“Sul serio ne vuoi parlare adesso?” Lurene le fece il verso, indispettita. Non aveva mandato giù il fatto che, al loro primo incontro, la ladra l’avesse raggirata.
“Hai ragione, parliamone quando saremo lontane da qui” convenne Beith.
“Perché, per i nove inferi, stiamo scappando insieme?
“Perché tu non conosci i passaggi segreti e quindi hai bisogno di me, principessa. Io invece non so come lasciare la città in fretta, ma per quello tu hai un piano, giusto? Non sei venuta qui per uccidere un re e poi morire come martire.”
Lurene si morse il labbro inferiore. “No, in effetti. Una scialuppa mi aspetta in una caletta un po’ fuori mano, insieme all’eroe che mi ha salvata. Pyp è sempre stato mio complice. Serviamo entrambi su una nave di cacciatori di pirati.”
“Che sollievo.” L’altra sospirò come se un peso le fosse stato tolto dal cuore. “La mia era solo un’ipotesi. Non ero davvero sicura che fossi stata così previdente, o che avessi un piano strutturato.”
“Non sono più la ragazzina sciocca che hai conosciuto” beccò Lurene, punta nel vivo. Si sentiva ancora una stupida. “E comunque uccidere il re non era preventivato, lui mi ha scoperta mentre prendevo la chiave della Segreteria Privata… be’, non importa. Non ci sono arrivata comunque, l’ho ucciso per niente.”
C’era una chiara nota di rammarico nella sua voce, e da questo Beith capì che Lurene non era abituata all’omicidio. Forse non era il suo primo, ma non vi era abituata.
Le fece tenerezza. Era ancora una ragazzina, checché ne dicesse.
“Allora dammi la chiave e vai alla scialuppa per conto tuo.” Decise all’improvviso.
Lurene la guardò stralunata.
“Ma sì, dai, pensaci: se il re è morto cercheranno te” sottolineò Beith, “e magari sospetteranno del tuo complice, ma chi si preoccuperebbe di una semplice sguattera? Noi due non siamo arrivate insieme e non ce ne andremo insieme. Io sottrarrò quei piani navali e mi nasconderò da qualche parte in città, mentre tu scapperai addossandoti la colpa. Non cercheranno i piani in città se tu sarai sparita, e i documenti anche.”
“E poi?” Domandò Lurene, cominciando a considerare quel piano nato dal nulla.
“E poi ci vedremo fra venti giorni al villaggio portuale di Themasulter, pochi giorni a ovest di qui. Tu mi garantisci un passaggio sulla vostra nave, io vi consegno i piani navali del regno di Mukshar.”
Lurene rifletté rapidamente sulla proposta, mentre rumori di fuochi d’artificio filtravano dalla parete alla loro sinistra, rivelando che il loro passaggio segreto era ormai molto vicino al cortile esterno. Beith trovò al tatto il punto in cui la parete di pietra lasciava il passo a una porticina di legno.
“Perché faresti questo? Perché rischiare la vita, quando potresti scappare con l’anello che hai rubato e rifarti una vita altrove?”
“Diciamo che voglio sdebitarmi per quel vecchio inganno, che dici?” Propose la finta sguattera. “E poi ho appena ricordato che ho sempre sognato di andare all’avventura, solo non volevo farlo da sola.”
Lurene non sapeva se crederle. Voleva davvero chiederle scusa per aver cercato di derubarla e averle cambiato la vita inconsapevolmente? Le importava per davvero? Abbastanza da rischiare di essere catturata e uccisa? O forse non si rendeva conto del pericolo? Gli elfi erano tutti scapestrati come lei?
“Allora?” Beith la richiamò all’ordine. “Siamo quasi fuori. Decidi adesso, così saprò se sono libera di scappare subito oppure se devo reintrodurmi nel castello e fingermi ancora una sguattera.”
Con una certa riluttanza, Lurene le mise in mano una chiave laccata d’oro. Dopotutto la sua missione era già fallita, non aveva nulla da perdere. Beith sorrise, e con sua sorpresa Lurene pensò che quel sorriso fosse in un certo modo rassicurante.
L’elfa prese la chiave e le mise in mano un sacchetto di cuoio gonfio di gioielli e monete, come se stessero facendo uno scambio.
“Non posso aggirarmi per il castello con tutti quei preziosi rubati” spiegò semplicemente. “Me li renderai quando ci vedremo sulla nave.”
“Te li devo rendere? Sono rubati!” Scherzò Lurene.
“Ehi! Li ho rubati onestamente!” Protestò Beith, pensando alle lunghe ore passate a lavare piatti e pelare radici. Solo dopo averlo detto si rese conto di quanto suonasse ridicolo. “Comunque sì, me li devi ridare. Questa volta non accetterò un bacio al posto di un tesoro” scherzò, facendo l’occhiolino a Lurene. Per sua fortuna, il passaggio segreto non era illuminato e la regina non vide il suo gesto ammiccante, altrimenti le avrebbe dato almeno un pizzicotto.



**********

In questa storia si scopre che Lurene era in realtà una Decoy Damsel, in un certo senso: era davvero una donzella, ma non in difficoltà, non era stata tratta in salvo da un coraggioso marinaio. E, come ogni buona Decoy Damsel, rappresentava una trappola per gli incauti.

Quando le ragazze parlano di orecchini e del loro primo incontro, fanno riferimento agli eventi narrati in Earrings.
   
 
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