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Autore: Red_Coat    01/05/2021    1 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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La prima volta che aveva visto il lago, Kadaj lo aveva fatto una volta caduto nel lifestream, prima di raggiungere i suoi fratelli al cratere nord.
Si era ritrovato immerso in quel mare verdastro, circondato da mille voci e immagini sconosciute, fino a che in una aveva visto, quasi per caso, il suo Niisan, e fermandosi a guardare ne aveva accidentalmente richiamate altre.
Era lui, non poteva sbagliare, ma ... era felice. Sembrava così diverso dalla visione che la Madre gli aveva dato di lui.
Un soldato determinato e rabbioso, gli occhi cerchiati di nero, la spada macchiata di sangue.
Il Victor Osaka di quelle immagini invece era una persona buona, un padre felice e un marito premuroso che sognava un futuro migliore per sé e per la sua famiglia, guardando le stelle e stringendo a sé sua moglie.
Osservandole si perse, meravigliato, e mentre si chiedeva curioso dove fosse quel luogo magnifico e cosa fosse successo a quell'uomo per trasformarlo in quello che stava cercando, una vocina lo chiamò.
Era la voce di un bambino, dolce e allegra. Lo aveva chiamato per nome e lui si era voltato a cercarlo, sorpreso, ritrovandoselo davanti.
Era dolce, tenero e bello. Aveva gli occhi di sua madre e i capelli e il viso di suo padre. In effetti gli somigliava molto.
 
«Tu sei Kadaj, vero?» gli aveva domandato con un sorriso «Sei il fratellino di papà?»
 
Aveva annuito, sorridendo a sua volta.
 
«Tu ...» mormorò incredulo.
«Mh.» annuì il bambino «Io sono Keiichi.»
 
I ricordi che aveva con suo padre presero il posto di quelli generici davanti a loro. Mentre li guardava e li sentiva ridere, nel silenzio Kadaj aveva sentito un nodo legarglisi in gola. Guardò il volto di quel padre innamorato di suo figlio, poi il bambino osservare quelle immagini con un sorriso stranamente nostalgico. Osservando con più attenzione, aveva visto le sue labbra piegarsi appena in una smorfia di dolore.
Lacrime si erano affacciate ai suoi occhi.
 
«Ti manca ...» aveva mormorato, commosso.
 
Il bambino lo aveva guardato e aveva annuito, sforzandosi di sorridere.
 
«Tanto.» aveva replicato tristemente «Qui c'è la mamma, la mia sorellina, e il nonno. Da poco sono arrivati anche la nonna e lo zio Sephiroth, ma ...» aveva sospirato, scuotendo il capo «Non lo vedo mai. Da quando è arrivato, tutti sono nervosi.»
 
Nel sentire quell'accenno a Sephiroth in un modo così ... famigliare, Kadaj si era impensierito. Gli era parso strano, e non soltanto per l'appellativo che gli aveva dato.
 
«E tu? Tu non ne hai paura?» aveva chiesto.
 
Rimanendo ancora più sorpreso nel vederlo sorridere di nuovo, e scuotere il capo.
 
«Papà si è sempre fidato di lui. Quando avevo gli incubi, mi diceva che ci sarebbe stato lui a salvarmi dai miei brutti sogni. Ed è sempre stato così.» gli aveva spiegato il piccolo, con un po’ di nostalgia.
 
Quanto gli sarebbe piaciuto tornare a sognare.
 
«Eppure sembri triste ...» aveva osservato Kadaj, preoccupato di essere stato fin troppo diretto.
 
Ma il piccolo si era lasciato sfuggire un altro sorriso prima di rispondere, di nuovo triste.
 
«Lo sono.» aveva replicato «Perché se lo zio Sephiroth è qui, allora vuol dire che papà è rimasto completamente solo. Il nonno dice che era il suo destino, ma anche se così fosse, io non voglio che papà sia triste ...»
 
Quel discorso lo aveva turbato. Il destino di Victor ... era essere solo?
 
«Perché?» lo aveva pensato, e se lo era lasciato sfuggire.
 
Keiichi lo aveva guardato negli occhi e lo aveva visto piangere. Aveva sorriso.
 
«Perché ha cercato di proteggere zio Sephiroth, ed è stato punito. È per questo che noi non siamo più con lui. Ma papà stava solo cercando di aiutarci. Siamo la sua famiglia, voleva proteggerci.»
 
Famiglia. Victor aveva perso la sua famiglia ... per il bene di Sephiroth?
Quel bambino era morto perché lui aveva scelto il suo Niisan?
Avrebbe voluto saperne di più, per un attimo era stato tentato di chiedergli come fossero giunti lì, ma poi si era reso conto che sarebbe stato crudele farlo. Quindi decise di tacere. Tuttavia, qualcosa lo aveva spinto a promettergli, deciso.
 
«Victor non sarà solo. Lo hai detto tu, è il mio Niisan ed io farò di tutto per farlo star bene, te lo prometto. Non sarà più solo, ci saremo noi.»
 
Lo aveva visto sorridergli, poi all'improvviso era corso ad abbracciarlo forte.
 
«Grazie, zio Kadaj!» aveva esclamato, ridendo felice «Sono così contento che ci siamo visti!»
 
Kadaj aveva sorriso, e lo aveva stretto a sé. Per un istante la sua coscienza aveva lasciato il posto a quella di Sephiroth e questi lo aveva stretto più forte, facendosi serio.
 
«Anch'io, Keiichi.» aveva quindi mormorato, pensando a ciò che si erano appena detti «Vedrai che andrà meglio, ora.»
 
Erano passati parecchi giorni da quell'incontro, ma il ricordo continuava a tornare da lui, assieme alle domande sul passato del suo Niisan. Chi era, prima di arrivare a loro?
Non c'era un motivo preciso per cui voleva saperlo, all'inizio. Ora che il loro legame si era stretto ancor di più, però, voleva farlo per capire. Capire cos'era quell'ombra scura dietro al più piccolo dei suoi sorrisi, da dove nasceva la sua rabbia, perché sembrava determinato non solo a spazzare via dal pianeta i suoi nemici ma anche il pianeta stesso, perché voleva farli soffrire prima di prendersi quella vendetta.
Ebbene, non appena giunto sulle rive di pietra di quello che un tempo doveva essere stato casa sua, le risposte iniziarono lentamente ad emergere da quelle acque limpide, avvolte dall'oscurità della notte.
In silenzio, stringendo in mano delle pile accese, avanzarono verso la grande cascina poco distante dallo specchio d'acqua e quando fecero per aprire la porta si accorsero di qualcosa di stupefacente.
 
«Kadaj ... è di pietra ...» mormorò Yazoo incredulo, sfiorando con la mano lo stipite socchiuso «Tutta la casa lo è ...»
 
Kadaj guardò a bocca aperta quella gigantesca opera ergersi su di loro. Le pareti si ergevano granitiche sostenendo quello che un tempo doveva esser stato un largo tetto di mattoni.
Era una cascina a due piani, e una volta entrati scoprirono che anche tutto al suo interno era rimasto imprigionato nella pietra, come se i padroni di casa in realtà non se ne fossero mai andati.
Il piccolo tavolo della cucina apparecchiato per due, al centro un vaso colmo di fiori.
La vera e propria sala da pranzo era diventata un ampio salotto, divani e quadri alle pareti. In uno di essi Loz riconobbe il volto dell'uomo che lo aveva dipinto.
Si fermò a fissarlo, incredulo, e mentre un groppo di lacrime gli si legava in gola, con voce salda chiamò i suoi altri due fratelli, che ci misero poco a raggiungerlo.
 
«Victor ...» mormorò sempre più incredulo Yazoo.
 
A differenza di tutto il resto della casa, i colori dei quadri non erano stati divorati dalla pietra, e ora brillavano alla luce delle torce.
Kadaj osservò il Victor Osaka del quadro, vestito col suo abito nuziale bianco e con accanto quel bambino, Keiichi, in braccio a quella che doveva essere sua madre. Era una giovane donna dagli occhi a mandorla e dal sorriso radioso. Quella luce sembrava così forte da riuscire ad irradiare perfino il volto del marito, che non sembrava nemmeno lontanamente uguale al 1st class tenebroso che conoscevano.
Quegli occhi ... quello sguardo sereno ... ora che si ritrovava a fissarli se ne rendeva ancora più conto: Tutta quella luce si era spenta ormai, lasciandolo solo in mezzo al buio, proprio come uno degli oggetti di quella casa. La vera anima di Victor Osaka era ancora lì, imprigionata nella pietra, tra i colori di quei quadri. Era luce, era amore. C'era stata ed era stata immensa, ma ... quando si era spenta?
Ora iniziavano a chiederselo anche gli altri due. Lasciando a fatica quel dipinto in salotto, si avviarono in punta di piedi verso il piano di sopra, ove trovarono altre drammatiche sorprese ad attenderli.
C'era una culla, nella camera da letto matrimoniale, oltre il letto ancora sfatto. Era un ottimo prodotto di falegnameria in corso d'opera, non ancora conclusa, ma chi ci stava lavorando aveva già iniziato a incidere un nome sul legno della testiera. AICHA.
Poi, oltre al bagno, c'erano altre due stanze. Una era piena di giochi e pupazzi, le pareti coperti da un gigantesco murales di un mondo fantastico mai visto prima, pieno di fate e meraviglie. L'altra era un piccolo studio, pieno di quadri, alcuni ancora in corso, altri conclusi.
C'erano ritratti di quella donna e di quella che doveva essere la sua famiglia d'origine, altri erano di Keiichi e portavano la firma sia di Victor che di Hikari.
Altri ancora però, e furono questi a lasciarli senza fiato, ritraevano un Sephiroth inedito per loro, con un'espressione più buona negli occhi e un'aria di luce a circondarlo.
Kadaj sentì un brivido coglierlo, sfiorando una di quelle tele con la punta della mano.
 
«Oniichan ...» mormorò, attirando su di sé lo sguardo stupito dei due.
 
Era la prima volta che si rivolgeva a Sephiroth chiamandolo a quel modo. Una lacrima spuntò sulla sua guancia.
Yazoo rimase in silenzio a fissarlo, e senza sapere perché sentì un moto di rabbia salire al naso.
 
«Forse dovremmo andare.» disse, tentando di riportarlo al presente.
 
Ma ci riuscì solo Loz, quando guardando verso la finestra si rese conto di uno strano fenomeno.
 
«Hey, cos'è quello?» domandò.
 
Kadaj si riebbe, guardando il bagliore di luce che brillava in lontananza, verso le sponde del lago. Sembrava chiamarli, e sebbene non avesse mai visto una cosa simile, seppe di non doversi preoccupare.
Uscirono, raggiungendo quella luce in fretta. Sotto i loro stivali anche l'erba era pietra, e senza volerlo calpestarono qualche fiore riducendolo in polvere.
Erano quasi vicini, quando di colpo Kadaj si fermò, sgranando gli occhi mentre osservava una piccola sagoma di luce stagliarsi sulla collinetta.
 
«Hey, ma quello è ...» osservò Loz, sgranando gli occhi.
«Keiichi.» mormorò lo spadaccino, lasciando che un altro paio di lacrime scivolassero sul suo viso.
 
Il bambino gli sorrise, contento, poi li salutò allegramente sventolando in aria una mano e infine scomparve, lasciando un solo messaggio che risuonò nelle loro teste come un sussurro.
 
«Grazie per la promessa, Kadaj.»
 
Rabbrividì di nuovo, sentendo lo sguardo dei suoi due fratelli su di sé.
 
«Lo conosci?» domandò sorpreso Yazoo.
 
Ancora scosso, annuì.
 
«L'ho incontrato ... nel lifestream.»
 
Lo sguardo perso verso il punto in cui il piccolo era appena scomparso.
Oltre di esso, il lago era una tavola piatta, limpido e pacifico, e proprio nel mezzo d'esso, un piccolo isolotto verso il quale si avviarono, in silenzio.
Yazoo e Loz lo superarono mentre lui, a passo leggermente più lento e teso, sentiva la sua mente cedere mano a mano che si avvicinavano.
A metà della lunga passerella di pietra che conduceva alla tomba di Hikari, Kadaj non era già più Kadaj.
Mentre i suoi due fratelli fissavano tristemente i lineamenti della donna intrappolata nella pietra, lui si avvicinò e la guardò a lungo negli occhi, prima di sfiorarle le guance.
Su una di esse era ancora impressa una lacrima, mentre le mani stringevano il pancione evidente.
Ferma per l'eternità nel momento più bello della sua vita.
Sephiroth sorrise. In fondo, non erano poi così diversi l'uno dall'altra.
Entrambi amati dallo stesso uomo, anche se in modi differenti, entrambi morti e intrappolati per sempre nel loro momento di massimo splendore.
Era quasi ironico, se non fosse stato del tutto disinteressato come qualcosa di così materiale come un corpo, avrebbe dovuto ringraziare Cloud Strife per questo. Per avergli regalato un'eterna giovinezza infrangibile come quella pietra.
Lui era stato per anni intrappolato in un cristallo prima di prendere la forma di Kadaj, quella marionetta inconsapevole. Hikari ... lei rimaneva impressa nella pietra nell'ultimo, vano tentativo del suo amato di regalarle un destino simile.
Purtroppo però, a lei non spettava perché era fin troppo umana.
Ed eccolo qui, il suo fedele soldatino. Ecco il motivo vero della sua ribellione al pianeta. Non era lui, no. Ora lo capiva. Non soltanto lui, ma tutti coloro che aveva amato.
Così sentimentale ...
Eppure lo capiva. Forse per colpa di quel maledetto effetto specchio?
Poggiò una mano su quella di pietra della donna e sorrise appena.
 
«Grazie ...» mormorò, incurante degli altri due «Per averlo lasciato andare.»
 
Almeno questo glielo doveva. Lo aveva diviso con lui, restando ad aspettare che facesse il suo dovere di soldato mentre il tempo passava.
Fosse stata un'altra vita, le avrebbe sorriso e le avrebbe detto di non preoccuparsi, che il suo sacrificio non sarebbe stato vano, che ora ci sarebbe stato lui a proteggere quel soldato fedele da lei tanto amato.
E anche se non era più lo stesso Sephiroth di allora, nonostante tutto Victor riusciva sempre a riportarlo indietro a quello che era stato.
Forse non avrebbe dovuto ringraziarla. Ma non poteva ignorare quella parte di sé.
Si riebbe, riavvolgendo il suo sguardo in quel ghiaccio che lo aveva protetto durante tutti i suoi anni da mortale. Anche se ora il volto non era più il suo.
 
«Ora dovremmo andare. È quasi l'alba.» decretò, simulando l'atteggiamento sottomesso di Kadaj, per non lasciare che lo scoprissero del tutto.
 
Quindi girò i tacchi e si avviò, seguito dagli altri due.
Risalirono in sella, ma lui sentì che c'era ancora qualcosa da fare lì. Lasciò che partissero senza di lui, poi si voltò e finalmente poté essere sé stesso senza preoccuparsi di mantenere le apparenze.
 
«Mostrati!» ordinò, fissando il buio.
 
Era ancora collegato al lifestream, fino a che la reunion non fosse avvenuta.
Sapeva esattamente quando un altro spettro si trovava in sua presenza.
La sua immagine iniziò a mostrarsi, come una sagoma indistinta, un'illusione ottica, sovrapponendosi a sprazzi a quella di Kadaj.
Di fronte a lui, inconsistente ma differentemente chiarissima, si materializzò la sagoma alta di Yoshi Osaka. Sguardo severo, folte sopracciglia nere, indosso ancora i suoi abiti da lavoro, gli ultimi indossati.
Lo fissò accusatorio, Sephiroth gli rivolse un lungo sguardo algido.
 
«Cosa vuoi, umano?» gli si rivolse, altezzoso, come se quell'ultimo appellativo fosse la più alta forma di offensivo disprezzo.
 
Yoshi non perse il suo piglio.
 
«Lo sai benissimo cosa voglio, Sephiroth.» rispose risoluto «Perché sei venuto?» domandò, offeso.
 
L'albino sogghignò.
 
«Non mi pare di doverti alcuna spiegazione.» replicò.
 
L'uomo strinse i pugni.
 
«No, è vero. Ma la devi a Victor.» disse, aggiungendo poi, quasi implorante ma sempre determinato «Lascialo andare, se bene è veramente quello che gli vuoi.»
 
Il sogghigno sparì appena dal suo volto, ma non il disgusto.
 
«Lasciarlo andare?» gli fece eco «Io non devo lasciar andare proprio nessuno. Victor non è una marionetta, sta facendo tutto da solo.» spiegò con macabro sarcasmo.
«Lo so.» replicò freddo Yoshi, che tuttavia mostrava evidenti i sintomi di una rabbia disperata «Victor ...» fece una pausa, chiuse gli occhi e poi riprese, tornando a guardarlo e facendosi forza «Lui non rinuncerà mai a te, lo sai bene più di chiunque altro. Perciò spetta a te.» si fece più triste, abbassando ogni difesa «Se in qualche modo, anche minimo, ritieni che sia importante per te. Se davvero lo consideri tuo fratello ... non lasciare che sprofondi ancor di più nell'oscurità solo per salvarti. Accetta il tuo destino, e lascialo andare. Non merita tutto questo dolore ...»
 
Accettare ... quale destino?  I suoi occhi si accesero di atavica ira. Ecco, questo era lo Yoshi Osaka che riconosceva, lo stesso che era stato disposto a mentire a suo figlio pur di non lasciare che la sua missione si compisse. Il codardo.
Ghignò sadicamente.
 
«Victor avrà ciò che merita.» decretò «Tutti noi lo avremo. Le parole di un verme sono meno del nulla al cospetto dell'inevitabile.» squadrandolo con alterigia da capo a piedi.
 
Quindi si preparò ad andarsene, rimontando in sella, ed era già pronto a lasciare andare Kadaj, quando per l'ultima volta Yoshi lo bloccò.
 
«Chiediglielo.» disse.
 
Incredulo, Sephiroth si voltò di nuovo verso di lui e lo fissò.
 
«Cosa?» sibilò lentamente.
 
Yoshi lo guardò negli occhi e concluse.
 
«Se sei convinto che questa sia la strada che ha scelto, e pensi che debba andare fino in fondo, almeno chiedigli dove vuole stare.
Lascia che sia sua la scelta, per una volta. Lasciagli davvero scegliere il suo destino. È il minimo che tu possa fare dopo tutto ciò che ha perso per te.»
 
Quindi sparì, lasciandolo incredulo a fissare l'oscurità. Le mani strinsero forte i manubri della moto, una smorfia rabbiosa deformò le labbra sottili della sua marionetta.
"Parassita!" pensò, in un primo momento.
Ma non appena l'ira per quell'affronto passò, rimase lo sconcerto. Chiedere.
Certo avrebbe potuto farlo. Ma doveva? E soprattutto, cos'era tutta quella preoccupazione per la risposta che avrebbe ricevuto?
Dannato soldatino! Ancora domande!
 

\\\
 
Quando finalmente la coscienza di Kadaj si riappropriò del suo corpo, al giovane sembrò come se si fosse addormentato di colpo. Ricordava solo di aver visto la tomba della povera Hikari, poi il resto era buio, e voci inconsistenti.
Era da solo, nell'oscurità e nel silenzio, e allora si concesse un urlo nervoso prendendosi la testa tra le mani e scacciando malamente l'aria attorno a sé.
Quindi si accasciò su sé stesso, stringendo forte il manubrio.
Sephiroth. Si era preso di nuovo il suo tempo!
Ora non era più solo un'entità indistinta, una voce, ma un vero e proprio demone.
E lui non poteva far nulla per fronteggiarlo se non attendere il momento in cui quel tempo gli sarebbe stato strappato via per intero.
Perché ormai era chiaro che la madre avrebbe scelto lui, e non vi era più alcuna speranza di ripensamento.
 

\\\
 
La moto sfrecciava a tutta velocità attraversando il deserto, le lacrime volavano via scacciate dal vento, e i singhiozzi erano coperti dal fragore del motore.
Kadaj si concesse tutto quel tempo per lasciarsi andare alla frustrazione, ma una volta giunto sotto le mura, a fatica s'impose di nuovo contegno.
Forse era semplicemente un burattino al servizio di Sephiroth. Sicuramente avrebbe dovuto lasciargli il posto e tornare nel lifestream, da dove era venuto.
Ma per il momento quel corpo era ancora suo e aveva fatto una promessa. Victor era il suo Niisan, e lui gli voleva bene. Avrebbe fatto di tutto per restargli accanto e alleviare almeno un po’ quel suo immenso oscuro dolore, fino a che il destino non si fosse compiuto.
Solo così la sua vita, anche se breve, avrebbe potuto avere un senso. Solo così avrebbe potuto lasciarsi andare senza rimpianti.
 
***
 
Aveva faticato ad addormentarsi. I ricordi, e i pensieri ad essi relativi lo avevano tenuto in bilico nel dormiveglia per un bel po’ nonostante la stanchezza.
Quando si era addormentato, per un po’ era stato solo nell'oscurità, poi però qualcosa era cambiato.
All'inizio il sogno si componeva per lo più di ricordi, in tutti era presente Kadaj. Ben presto però quelle immagini avevano lasciato il posto ad altre, completamente nuove, e quando all'improvviso era apparso anche Sephiroth, tutto si era fatto più chiaro.
Non era un semplice sogno ma una visione del futuro, ed era da tanto che non gli capitavano più cose simili.
E in quel futuro non ci sarebbe stato posto per il più piccolo dei suoi fratelli, proprio come questi aveva sempre sospettato.
Perchè proprio adesso? E perchè proprio Kadaj? Ebbe paura della risposta, già abbastanza chiara. Paura ... di ciò che avrebbe dovuto dire o fare dopo.
Agitandosi, sentì la voce del giovane chiamarlo.
 
«Niisan!»
 
Voleva aiutarlo. Fare qualcosa, ma cosa? Poteva scegliere tra Kadaj e Sephiroth? Erano entrambi parte della sua famiglia, non voleva lasciar andare uno e tenere l'altro. Aveva compiuto decine di scelte, ma questa. Questa era una delle più crudeli.
 
«Niisan!»
 
La voce si ripeté e rapido il sogno iniziò a svanire, e quando di colpo aprì gli occhi ritrovandosi davanti quelli preoccupati del diretto interessato, capì che quella voce invece non ne faceva parte.
Kadaj lo stava chiamando veramente, e quando lo vide riaversi tirò un sospiro di sollievo.
 
«Niisan, un altro incubo?» chiese Yazoo, vedendolo fissare il fratellino ad occhi sgranati.
 
Ci mise un attimo in più per riaversi e rispondere, cercando di non lasciar trasparire lo sconcerto.
 
«S-si.» disse, afferrando la mano di Kadaj e accettando il suo aiuto a rialzarsi dal letto.
 
I loro sguardi s'incrociarono ed entrambi furono sorpresi di trovare negli occhi dell'altro un sentimento comune. All'improvviso erano sollevati di essere ancora una squadra. Ed entrambi erano in lacrime.
 
«Niisan, è l'alba. Dovremmo andare.» li riscosse Yazoo.
 
Victor li guardò, poi si staccò da Kadaj e gli batté una pacca sulla spalla, ricevendo in cambio un sorriso affettuoso.
 
«Andiamo allora.» decise, ed insieme scesero al piano di sotto per poter completare l'opera.
 
Il sole aveva appena iniziato la sua ascesa quando rombando le quattro moto sfrecciarono a tutta velocità in direzione Midgar, dopo aver aspettato invano che un certo chocobo si facesse vivo.
In realtà, ci aveva pensato per tutta la notte ma non era giunto ad alcuna decisione, e alla fine il sole era appena sorto su Midgar ma lui ancora era lì, seduto sui gradini della chiesa, con la testa tra le mani a ripetersi che, qualsiasi cosa fosse successa ad Elmyra, ormai era troppo tardi per riuscire a porvi rimedio.
E di nuovo il lupo tornò a cantare.









NDA: Apro questa breve nota solo per fare una precisazione. Il rapporto tra Kadaj e Sephiroth è molto complesso in questo punto della storia. So che nell'AC originale Sephiroth non è così presente, anche se molte volte s'intuisce che sia lui a parlare tramite Kadaj.
Tuttavia, nella mia storia la cosa è un pò più complessa e questo si denota da come Kadaj chiama Sephiroth. In questo capitolo, per la prima volta utilizza il suffiso "Oniichan" che è il corrispettivo più formale di "Niisan" per indicare i fratelli maggiori, spesso usato dai membri delle famiglie reali.
Questo denota un certo distacco tra di loro, anche se grazie a Victor (e ora anche grazie a Keiichi) Kadaj sta lentamente ampliando il suo punto di vista. Avremo modo di approfondire il loro rapporto nel breve sequel che ho in mente, ma queste sono le basi da cui partiamo.
In sostanza, Sephiroth per Kadaj, Loz e Yazoo è come se fosse un "principe ereditario", mentre Victor è il loro vero e proprio fratello maggiore.
Per quanto riguarda il sogno di Vic ... ebbene si, sono tornate le premonizioni, e stavolta riguardano Kadaj. Cosa avrà visto esattamente? E che deciderà di fare? Dirlo o non dirlo, questo è il problema.
Detto questo, ho deciso di darci dentro con la scrittura quindi il prossimo capitolo sarà pronto a breve. A presto, e per tutti gli altri chiarimenti ci risentiremo nei prossimi aggiornamenti ;)

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