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Autore: Legar    02/05/2021    5 recensioni
«Non ho trovato nessun manufatto illegale durante l’ultima perquisizione e il tuo caso è stato chiuso dal Wizengamot. Sei un uomo libero, Malfoy.»
E sei un uomo, ma questo Harry non l’avrebbe rilevato a voce alta, dolorosamente consapevole del colore impossibile dei suoi capelli corti, del torace piatto che rammentava con vivida chiarezza a cavallo di una scopa, i muscoli che la impugnavano con la stessa forza che lui, forse, avrebbe riservato al corpo di un amante.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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I giardini di marzo

 

 

Le siepi ai lati del viale d’ingresso di Villa Malfoy conducevano il suo incedere tranquillo, nell’ordine geometrico di incantesimi da giardinaggio ben congegnati. Il rigore esistito in quella dimora sopravviveva nelle foglie di un verde brillante, incastrate nell’inaspettata calura di un marzo odoroso. Lo sguardo, lontano, abbracciava chiome altissime, sullo sfondo della campagna inglese.

Harry procedeva lasciandosi alle spalle la casa che era stata nascondiglio di efferatezza e covo oscuro. Dell’ultima volta che ci era stato, un anno prima, ricordava il timore per l’amica che aveva vissuto la sorte peggiore, su un tappeto imbrattato di sangue sotto la furia di una strega folle; non aveva mai voluto che qualcuno soffrisse o morisse per lui, e molti l’avevano fatto, e lui era sopravvissuto. Allora, in quel marzo, i giardini erano di un’eleganza spettrale e non era stato un coetaneo ospitale ad accogliere il loro arrivo.

Quando aveva accettato quella missione, un pensiero era volato a Hermione, al sicuro nel caldo abbraccio di una scuola ricostruita dalle macerie, la sua amica che non aveva seguito lo stesso percorso e perciò non si sarebbe ritrovata intrappolata in un carcere di memorie. La sua uniforme da apprendista Auror, tessuto chiaro e ruvido, rifletteva i pallidi raggi di sole come le divise scolastiche non avevano mai fatto, e lui aveva smesso di portarne una prematuramente.

Al suo fianco, il padrone di casa lo accompagnava verso il confine della proprietà dei Malfoy. Anche lui era finito prima del previsto in un ruolo adulto, ma non aveva scelto: con Lucius Malfoy condannato alla reclusione ad Azkaban, suo figlio Draco doveva amministrare una casa persino troppo grande per il vuoto che Harry aveva spiato in quelle stanze buie.

«Non riceverai altre ispezioni dal Ministero» si sentì in dovere di dirgli, come a scusarsi per aver invaso la sacralità della sua solitudine. In quelle precedenti, in cui Harry aveva accompagnato i propri superiori, nessuno l’aveva fatto; nell’ultima, una semplice formalità che era possibile affidare pure a un allievo, era solo con lui.

Draco Malfoy si fermò, con le mani nelle tasche e i piedi sul grigio della pietra. Quello delle sue iridi era macchiato di stanchezza, ma le occhiaie che le contornavano non erano profonde come quelle spiate nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Anche lui si stava riprendendo dalla guerra, benché avesse sofferto meno di altri. Harry, che pure aveva ottenuto tristi primati, non cercava mai competizioni sul dolore, ma solo nello sport, e quelle più entusiasmanti erano state con lui.

«Non sono state le visite più spiacevoli alla mia casa negli ultimi tempi.»

«La mia, almeno, è stata più rapida di quelle di Voldemort» commentò, per tentare di sciogliere con la leggerezza l’intreccio dei suoi umori. Non c’era mai stata audacia nelle azioni dell’intera famiglia Malfoy, si erano limitati ad accogliere entrambi i tipi di visita, piegandosi alle circostanze. L’unico sprazzo di ribellione, ineffabile e infinitesimale, era esistito nelle parole incerte del compagno di scuola che non si era detto sicuro di riconoscerli.

La mascella di Malfoy si irrigidì per un singolo istante, nell’udire il nome che era il “Signore Oscuro” nella sua mente e nelle sue colpe, lo stesso che aveva usato nel parlare davanti a una giuria in un’aula di tribunale, mentre Harry era lì ad assistere. Poi il giovane ribatté, simulando insofferenza: «Intendi impormi ancora a lungo la tua presenza?» Se quella fosse stata reale, non era nella posizione di renderla palese, per i suoi conti appena riparati con la giustizia, e allora doveva essere fittizia, la fioca irritazione che accese le sue parole. Harry si domandò se, nel profondo, Draco avesse trovato la sua presenza non del tutto intollerabile. Una volta, Draco Malfoy avrebbe affidato le provocazioni a un tono insinuante e un ghigno esasperante, ma in un mondo nuovo le sue labbra esitavano a compiere movimenti più che accennati. Harry ne seguì con gli occhi, per un istante, la piega di carne sul viso pallidissimo.

Se avesse avuto il coraggio di imitare spettacoli adolescenziali che aveva scrutato con avido interesse, avrebbe atteggiato la bocca in una linea ammiccante e insinuato “Ti dispiace?”. Invece si limitava, sconfitto, a giocare con i tarli nella sua mente e disse solo: «Non ho trovato nessun manufatto illegale durante l’ultima perquisizione e il tuo caso è stato chiuso dal Wizengamot. Sei un uomo libero, Malfoy.»

E sei un uomo, ma questo Harry non l’avrebbe rilevato a voce alta, dolorosamente consapevole del colore impossibile dei suoi capelli corti, del torace piatto che rammentava con vivida chiarezza a cavallo di una scopa, i muscoli che la impugnavano con la stessa forza che lui, forse, avrebbe riservato al corpo di un amante.

Il giovane si guardò intorno, seguendo i confini della proprietà come se fossero la rappresentazione tangibile di un mondo troppo vasto, per uno che aveva creduto di poterlo dominare e calpestare, ed era stato dominato e calpestato. «Cosa fare di tutta questa libertà.»

Di nuovo, Harry avrebbe voluto saper implicare occupazioni insospettabili, tra loro due, nella libertà di tocchi non più offerti per colpire. Invece rispose: «Non posso dirtelo io, né tu vorresti che sia proprio io a dirtelo.»

Malfoy socchiuse gli occhi e prese un labbro tra i denti per un secondo. Harry si chiese se si stesse mordendo la lingua per non rivolgergli una battuta equivocabile come offensiva. Perché Malfoy non aveva mai voluto niente da lui, se non il prestigio che Harry non aveva cercato. Si domandò se sentisse l’obbligo di frenarsi unicamente per rispetto – dovuto o reale, non l’avrebbe mai saputo – della divisa che vestiva.

“Però sarei disposto ad approfondire questo tema, o quello che vuoi”, gli avrebbe detto, se il coraggio di Grifondoro non si fosse limitato a scontri mortali: svaniva di fronte a interazioni innocue, qualunque risultato avessero.

L’intenzione scomparve persino più rapida di quanto avesse preventivato, perché il senso di allarme prevalse. Un movimento alle sue spalle, il fruscio delle foglie smosse da un tocco più forte di un alito di vento, passi rapidi e leggeri sul suolo. Harry si voltò di scatto e si ritrasse immediatamente, non riuscendo a controllare il gridolino che lasciò la sua bocca.

Finì addosso a Malfoy, la schiena si scontrò con il suo petto e gli calpestò la punta di una scarpa. «Scusa!»

«Potter! Che diavolo fai?»

L’uomo aveva allungato le mani per sorreggerlo e bloccarlo, così Harry si trovava ostacolato nel portare a compimento la fuga che gli suggerivano istinti incontrollabili e, a mente fredda, irrazionali.

Altri istinti gli impedivano di sottrarsi ai palmi fermi di Malfoy sui vestiti. Si limitò a tenere d’occhio il pavone bianco che era sbucato da una siepe e non osò distogliere gli occhi, che inseguivano la sua passeggiata tranquilla sull’erba. Avrebbe giurato che l’animale lo tenesse di mira quanto lui, pronto a colpire.

Harry gli rispose senza accennare a modificare le loro rispettive posizioni. Neanche lui aveva ritratto le mani, nell’attimo trascorso da quando Harry si era accorto del volatile e la sua mente aveva concepito una replica. «L’animale.»

Draco Malfoy rise e il suono lo raggiunse strisciando, lungo la schiena, sulla pelle del collo, dietro le orecchie. «Hai una fobia degli uccelli, Potter?»

Sempre senza perdere di vista quello che procedeva a qualche metro da lui, Harry rispose: «Non tutti.» Arrossì violentemente, maledicendo la sua bocca così inesperta davanti all’attrazione, e Draco scelse proprio quel momento per lasciarlo andare. Si spostò per farsi di fronte, così che fosse lui a dare le spalle all’animale, con noncuranza. Lo guardò in viso, considerando con un’espressione ilare il panico con cui straparlava, che gli macchiava le guance.

«I piccioni e, a quanto pare, anche i pavoni» aggiunse Harry, in un tentativo maldestro di argomentare.

«Mi stai dicendo che, invece di una Maledizione Senza Perdono fallimentare, sarebbe bastato uno stormo?»

Harry si sentiva a disagio, con Draco che lo scrutava attentamente considerandolo uno sciocco e lui che scrutava attentamente un uccello che non aveva mosso neanche un passo verso di loro.

Il mago azzardò due dita per costringerlo a girare il viso verso di lui e Harry si concesse di ubbidire solo per un istante, ammirando le iridi lucide di gaiezza e scrollando le spalle, consapevole dell’inevitabilità della sua reazione di fronte a una fobia. Subito dopo, aveva ripreso a fissare l’animale.

Malfoy lasciò andare un’altra risata, mormorata, poi invase il suo campo visivo con la prepotenza delle proprie fattezze, camminando verso il pavone.

Seguì il movimento con cui estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni, la sollevò oltre i fianchi e la puntò verso un angolo lontano del giardino. Fu il suo incantesimo non verbale, oppure il tocco rigido del padrone a cui l’uccello non si ribellò, ad attrarlo verso un luogo distante da loro e dalle paure di Harry.

«Grazie» gli disse, mentre l’ultimo accenno di tensione lasciava la sua voce.

Draco si voltò di nuovo verso di lui.

«Il Ministero tornerebbe a tormentarmi se l’acquisto più celebre del Quartier Generale degli Auror morisse di paura in casa mia.»

Mentre lo raggiungeva il tono fu modulato a un sussurro, dal momento che non aveva più necessità di alzarlo per farsi udire, sul sottofondo placido di suoni naturali.

Harry alzò gli occhi al cielo. «Malfoy, io non muoio di paura.»

Lui gli prese un polso, vi schiacciò due dita e Harry non poté evitargli la constatazione del suo cuore affrettato. Per la paura dell’animale, non altro.

Draco inarcò un sopracciglio e il ghigno con cui parlò era quanto di più familiare Harry avesse visto sul suo volto, nei mesi che erano occorsi dalla battaglia di Hogwarts per il processo in cui era stato assolto e le periodiche perquisizioni. «Sicuro?»

«Ti piacerebbe» lo sfidò, come era sempre stato bravo a fare, l’unico contatto in cui loro due esistevano a una distanza meno che estrema. Strattonò l’arto dalla sua stretta – e si pentì immediatamente dopo, di aver relegato il tepore dei suoi polpastrelli a una mera ombra sulle vene del polso.

«Non lo sai» commentò in tono leggero e un’espressione neutra.

Non lo sapeva, e avrebbe voluto sapere quello e altro. Magari Draco Malfoy era stanco della paura, evocata o subita. Non l’avrebbe saputo.

Se Harry avesse avuto più coraggio in imprese che di bellico avevano solo la violenza degli impulsi intimi, gli avrebbe detto che voleva rivederlo ancora, pur non avendo più alcuna incombenza ministeriale da disbrigare in sua presenza. Invece si limitava, sconfitto, a giocare con i tarli nella sua mente: se ne erano aggiunti altri, perché Malfoy l’aveva sfiorato di sua iniziativa, più di una volta, e Harry avrebbe indagato, successivamente, ogni movimento e ogni intenzione. Rimuginare e fantasticare, nel segreto di un materasso vuoto e lenzuola umide.

Lasciò correre e si schermò di convenevoli, per congedarsi e dare tregua alla propria confusione.

Con un palmo rassettò le pieghe impercettibili che l’altro aveva prodotto sulla sua uniforme e, quando alzò gli occhi, lo sorprese che inseguiva i suoi gesti – le forme del suo corpo sotto i vestiti, avrebbe voluto poter credere.

Gli porse la mano destra e lui non esitò a stringerla – congedandosi e dando tregua alla sua confusione. Mentre si separavano, le dita scivolarono appena sul palmo. Harry deglutì il disordine di un pensiero, un addio che non voleva, perché in quali altre occasioni, in futuro, la sua strada e quella di Draco Malfoy avrebbero potuto incrociarsi, se nessuno dei due deviava il percorso?

L’altro sorrideva. Senza alcuna implicazione: sorrideva come si conveniva nei contesti sociali. Harry non avrebbe voluto che si spogliasse di quel sorriso, ma continuò a camminare lasciandolo nella sua mente attore di ieri, di un passato in cui quella smorfia gentile non esisteva. Era più facile così.

La sua insicurezza correva su prati immensi. Minuscole macchie colorate spuntavano dalle siepi, i fiori che Harry non aveva mai visto perché l’anno prima la primavera era giunta in ritardo. Ma i giardini di marzo si erano vestiti di nuovi colori e Draco Malfoy vestiva un sorriso nuovo. Avrebbe voluto vederlo ancora.

Così, prese un profondo respiro e inseguì le parole incastrate da qualche parte nelle viscere. Si voltò, il sorriso era ancora lì.

«Malfoy… Draco, che cosa fai domani sera?»

 

 

 

 

 

 

Note:

Il titolo della one-shot viene dalla canzone omonima di Lucio Battisti. Dalla canzone derivano anche le citazioni “i giardini di marzo si vestono di nuovi colori” e “continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri”, entrambe adattate al testo.

Rispetto all’ultima volta che Harry è stato a Villa Malfoy, è passato un anno: da allora la guerra è continuata, poi finita e ci sono stati i processi, Draco è stato assolto e ci sono state alcune perquisizioni della sua casa per sequestrare gli oggetti oscuri del padre. Perciò la storia è ambientata a marzo: mi piaceva l’idea del confronto tra l’immagine dei giardini a un anno di distanza, a inizio e fine one-shot. Tuttavia potrei aver piegato la cronologia di Harry Potter per farlo: dal canon sappiamo che Draco era a casa per le vacanze di Pasqua, quando Harry, Ron e Hermione vengono catturati, ma Pasqua può essere a marzo come ad aprile, non avendo una data fissa.

Come rivelato in Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, Harry ha la fobia dei piccioni. In questa storia l’ho estesa a un altro volatile.

La replica di Harry “Ti piacerebbe” ricalca la scena iconica di Harry Potter e la Camera dei Segreti con gli stessi protagonisti.

 

Chiunque mi conosca, sa che io non shippo Drarry. Però, negli ultimi tempi e sempre, love is love e allora anche io dovevo provare a scrivere qualcosa, almeno una volta, sulla ship slash più famosa del fandom.

Se tutto ciò ha senso oppure è inconcepibile, spero me lo diciate voi, che sicuramente leggete più Drarry di me.

Grazie per la lettura!

Legar

   
 
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