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Autore: edoardo811    02/05/2021    4 recensioni
La pace ha continuato a regnare al Campo Mezzosangue, gli Dei si sono goduti molti anni di tranquillità. Ma la pace non è eterna.
La regina degli dei Amaterasu intende dichiarare guerra agli Olimpi, mentre un antichissimo mostro ritornato in auge si muove nell'ombra, alla ricerca di Ama no Murakumo, la leggendaria Spada del Paradiso.
EDWARD ha trascorso l'intera vita fuggendo, tenuto dalla madre il più lontano possibile dal Campo Mezzosangue, per ragioni che lui non è in grado di spiegarsi, perseguitato da un passato oscuro da cui non può più evadere.
Non è facile essere figli di Ermes. Soprattutto, non è facile esserlo se non si è nemmeno come i propri fratelli. Per questo motivo THOMAS non si è mai sentito davvero accettato dagli altri semidei, ma vuole cambiare le cose.
STEPHANIE non è una semplicissima figlia di Demetra: un enorme potere scorre nelle sue vene, un potere di cui lei per prima ha paura. Purtroppo, sa anche che non potrà sopprimerlo per sempre.
Con la guerra alle porte e forze ignote che tramano alle spalle di tutti, la situazione sembra farsi sempre più tragica.
Riuscirà la nuova generazione di semidei a sventare la minaccia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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Questo capitolo avrebbe potuto essere lungo almeno la metà di quello che è, o anche meno, ma dato che siamo alle battute finali ho deciso di svagarmi un po' e di scrivere un po' quello che mi passava per la testa senza curarmi troppo del resto. Il pov è quello di Thomas come si può evincere dal caduceo, ma come potrete vedere, Rosa la farà abbastanza da padrona. Ho poco tempo ancora con questo personaggio, voglio sbizzarrirmi. 

Buona lettura!



 

38

Cielo limpido

 

 

Thomas non riusciva a credere che tutto fosse finito. Era troppo abituato a vedere ogni cosa finire male per cantare vittoria. Si aspettava che altri mostri apparissero, che un meteorite precipitasse, o cose così. 

Invece, nulla. Sembrava impossibile da credere, ma era così. Avevano sconfitto Orochi e non solo: ben due dei erano arrivati per occuparsi di loro. 

Quando realizzò di star entrando nella storia come uno dei primi ad aver incontrato una divinità giapponese di persona, rimase senza parole. Susanoo sorrise gioviale a tutti loro, inchinandosi ancora. 

«Quella brontolona di mia sorella Amaterasu ha fatto un po’ la difficile in questi giorni, vi voglio chiedere scusa a nome suo. In realtà nel profondo è molto affascinata da voi semidei. E la capisco.» Susanoo si raddrizzò, per poi stringere l’occhio proprio verso di lui. «Siete ragazzi eccezionali.»

Tommy si irrigidì, imbarazzato. Gli sembrò assurdo che un dio che nemmeno li conosceva e che non aveva nessuna parentela con loro fosse più gentile rispetto al novanta percento delle divinità greche. Qualcuno batté il pugno contro il suo braccio. Era Lisa, che sorrise calorosa. Anche se aveva ancora un’aria stralunata, sembrava che la sbornia le fosse passata. «Per essere un nanerottolo figlio di Ermes, sei stato piuttosto bravo.»

Il figlio di Ermes ricambiò il sorriso. «Tu invece sei stata eccezionale.»

Lisa arrossì di colpo, distogliendo lo sguardo imbarazzata. «C-Così non vale però!»

Thomas rise. Sì, era finita. Avevano vinto. E non credeva che avrebbe mai potuto sentirsi meglio di così. Gli tornarono in mente i sogni che aveva fatto, sul Campo Mezzosangue e gli altri capicasa. Non stava più nella pelle all’idea di tornare da loro. Non perché volesse sbattere in faccia il proprio successo ai suoi detrattori, ma perché quell’esperienza lo aveva cambiato. Aveva cambiato tutti loro. Sapeva che da quel giorno in poi, ogni cosa sarebbe stata diversa. E non vedeva l’ora di ricominciare sotto questa nuova luce.

Incrociò di nuovo lo sguardo di Lisa, che mai sembrava essere stata così felice. Il suo sorriso svanì lentamente, mentre si perdeva nei suoi occhi. Sentì qualcosa di strano al petto, come un sussulto. Prima che potesse soffermarcisi, udì alcuni versi e grida di giubilo. Si voltò e vide David e Travis esultare, dandosi il cinque ed abbracciandosi. 

«Ce l’abbiamo fatta amico!» esclamò Travis. 

«Ce la siamo vista brutta però…»

«Smettila di essere così negativo!»

Tommy riuscì ad abbozzare un sorriso osservandoli. Era felice che stessero entrambi bene. Non erano guerrieri formidabili, ma avevano comunque dimostrato di avere fegato.

Poi, si accorse di Artemide che si allontanava da tutti loro senza dire una parola, avvicinandosi al corpo privo di vita di Kowalski, e realizzò che non tutti erano stati così fortunati. La dea si chinò accanto a lei e l’espressione sul suo volto raccontò tutto quello che c’era bisogno di sapere. La felicità sfumò da dentro di lui. Avevano vinto, ma non senza perdite. Si sentì mortificato per le ragazze. Avevano solo cercato di aiutarli. Non sarebbero dovute morire. 

Reyna raggiunse la dea, a testa bassa. «È morta per salvarmi» mormorò, con gli occhi lucidi. «Non ho saputo proteggere le mie sorelle…»

Artemide posò una mano sul corpo di Kowalski, che si dissolse in una nuvola di polvere bianca. Si raccolse nella mano della dea. 

«Purtroppo le perdite sono inevitabili» disse, volgendo il palmo verso il cielo. La polvere si sollevò, svanendo nell’aria. «Kowalski conosceva i rischi che correva. Era una ragazza coraggiosa. Vivrà per sempre nelle stelle, insieme a Zoe e tutte le vostre sorelle. Non hai nulla di cui incolparti, Reyna.»

La figlia di Bellona annuì, anche se era chiaro che ci avrebbe messo molto prima di superare quella brutta esperienza. Anche le altre cacciatrici abbassarono la testa, chi non riuscendo a trattenere le lacrime e chi invece mantenendo i nervi saldi.

«Sarei dovuto intervenire prima…» mormorò Susanoo, anche lui turbato dalle ragazze in lutto. «Mi dispiace Artemide.»

«Mi auguro solo che questa nostra tregua possa prevenire altri spargimenti di sangue come questo» rispose Artemide, con tono neutro. 

«Me lo auguro anch’io.»

«Tregua?» domandò Konnor al dio.

Susanoo si strinse nelle spalle. «Mia sorella e Zeus sono giunti ad un accordo di non belligeranza, almeno per l’immediato futuro. Temiamo che qualcuno si stia muovendo alle spalle di tutti noi. Dobbiamo essere uniti, nell’eventualità in cui altre minacce come Orochi si palesino.»

Tommy ripensò al suo scontro con Efialte e a ciò che Ermes gli aveva detto. Qualcuno aveva fatto evadere i gemelli, approfittando del caos tra gli dei e della minaccia di Orochi. Sembrava più chiaro che mai che qualcos’altro stava succedendo sotto tutti i loro nasi. Qualcosa di brutto.

«Ma… che ne è stato di Orochi? È morto?» domandò Stephanie, osservando le tracce di polvere rimaste. 

Il dio piegò la testa. «Orochi non è il tipo di creatura che si può uccidere tanto facilmente. No, non è morto, ma è stato esiliato in un luogo da cui non potrà più evadere. Non dovrete più preoccuparvi di lui, vi do la mia parola.»

Stephanie non sembrò molto convinta. Nemmeno a Thomas piacque l’idea che Orochi fosse ancora vivo. Tuttavia, non sapevano come funzionassero le cose nel mondo orientale e non avevano alcun diritto di discutere la decisione di Susanoo. 

Nei minuti successivi, le cacciatrici di Artemide continuarono ad occuparsi delle loro compagne cadute, mentre Reyna ed un altro gruppetto si prendevano cura di Talia, versandole gocce di acqua di luna tra le labbra e medicando le sue ferite. Comunque volevano metterla, quel giorno le cacciatrici avevano subito uno smacco non indifferente. Anche se avevano vinto, la profonda ferita che Orochi aveva inflitto loro non sarebbe svanita molto presto. 

Come prevedibile, quando la figlia di Zeus si svegliò diede di matto. Per prima cosa, domandò dove fosse Orochi così da poterlo uccidere con le proprie mani, sfoderando tutto il proprio vocabolario di insulti e imprecazioni nei suoi confronti. Quando riuscirono a spiegarle che ormai era tutto finito e soprattutto quando si accorse di Artemide, si diede un contegno. E quando realizzò che alcune sue compagne erano morte, proprio come Reyna abbassò la testa abbattuta, sentendosi responsabile. 

Osservando le loro reazioni, Tommy si domandò che cosa avrebbe potuto provare se avesse perso uno dei suoi fratelli della Capanna Undici. Non voleva nemmeno pensarci. Gli bastò solo quello per comprendere il dolore delle ragazze. Tuttavia, non voleva che quel momento venisse incrinato dal dolore. 

«Per quello che vale…» cominciò a dire, ottenendo l’attenzione di tutte loro su di sé. Avvampò, imbarazzato, poi chinò la testa. «… vi ringrazio per averci aiutati. Non ce l’avremmo fatta senza di voi.»

Non udendo nessuna risposta, tirò di nuovo su la testa. Le cacciatrici lo osservavano immobili, così come Artemide. Anche Rosa lo guardò. Solo in quel momento si rese conto che lei era lì, a un palmo di distanza. Quando incrociò il suo sguardo, lei gli sorrise, facendolo sussultare. 

Improvvisamente, anche Lisa abbassò la testa. «Ha ragione. Vi siamo grati dell’aiuto.»

«È stato un onore combattere al vostro fianco» affermò Konnor imitandoli. «La vostra fama è meritata. Siete guerriere incredibili.»

«Grazie infinite» concluse Stephanie. «Se non fosse stato per voi, io…» Esitò, interrompendosi. «Non voglio neanche pensarci. Grazie, davvero.»

Artemide li esaminò rimanendo in silenzio. Tommy pensò di aver appena coinvolto i suoi compagni in qualche follia, invece la dea della caccia ricambiò l’inchino, imitata da Reyna, poi Talia, poi tutte le altre. «Avete combattuto con coraggio. L’onore è nostro.»

Per la prima volta da quando aveva incontrato quelle ragazze, riuscì a scorgere un barlume di rispetto nei loro occhi. E soprattutto, la tristezza che aleggiava nell’aria finalmente si stemperò.

«Divina Artemide!» gridò qualcuno, con voce agitata. 

Tutti quanti si voltarono verso le scale del museo, dove alcune cacciatrici entrate per recuperare le altre vittime di Orochi stavano scendendo affannate, trasportando un corpo per le braccia e le caviglie. Non appena lo vide, Thomas sgranò gli occhi atterrito. 

Era Edward.

Un convoglio di persone si ammassò attorno a loro quando li raggiunsero. Tommy fu costretto a sgattaiolare in mezzo alle ragazze per riuscire ad avvicinarsi. Quando riuscì a passare e a vedere meglio l’amico, sentì il petto stringersi in una morsa. Edward era pallido come un lenzuolo, occhi chiusi, labbra sigillate, immobile, con uno sfregio rosa che si intravedeva sotto la maglietta strappata.

«No…» disse, mentre la vista gli si appannava. Si chinò accanto a lui, osservandolo come in trance. «No…»

Non riusciva a crederci. Non poteva essere vero. Sentì alcuni gemiti e mosse la testa in automatico, senza nemmeno avere controllo dei suoi movimenti. Vide Stephanie con gli occhi arrossati e le mani di fronte al volto, scossa tanto quanto lui. «M-Mi dispiace Tommy… dovevo… dovevo dirvelo prima…»

Thomas batté le palpebre, confuso. Non riuscì a capire cosa volesse dirgli l’amica. Non riusciva nemmeno a pensare. Ogni suono, ogni rumore attorno a lui cominciò ad affievolirsi, rimpiazzato unicamente da quello del suo cuore che batteva all’impazzata, pulsandogli nelle orecchie, e il suo respiro profondo. 

Una mano si posò sulla sua spalla, facendolo sussultare. Lisa si era chinata accanto a lui, con sguardo apprensivo. Tommy la guardò, ma non riuscì a vederla davvero. Stephanie pianse, affondando il volto contro il petto di Konnor, che la abbracciò con sguardo triste. 

Fu proprio quel pianto a farlo sbloccare. Furono i gemiti di un’amica in lacrime a fargli capire che cos'era successo. Edward non ce l'aveva fatta. A quel punto, le lacrime caddero anche dai suoi occhi. Cominciarono piano, una alla volta. Poi, non riuscì più a contenersi. Abbassò la testa, portandosi una mano sopra gli occhi, e si lasciò andare. Il braccio di Lisa lo avvolse e la sua testa si appoggiò sulla sua spalla per confortarlo, ma lui a stento riuscì ad accorgersene. Così come a stento sentì la voce di Artemide che suggeriva alle cacciatrici di lasciare spazio ai semidei. 

Non poteva credere che fosse finita così. Non dopo tutto quello che avevano passato. Non dopo aver visto Edward combattere. Non poteva accettare che l’amico non ci fosse più. Non poteva. 

Non avrebbe mai più smesso di sentirsi in colpa per quello che era successo. Sapeva che Edward gli avrebbe detto di non farlo, sapeva che Edward non avrebbe nemmeno voluto che lui lo piangesse, ma era proprio per questo che lo stava facendo. 

Riuscì a scorgere Rosa chinarsi accanto al fratello, dal lato opposto rispetto al suo. Anche lei sembrava devastata e non c’era nessun bisogno di domandarsi perché. Accarezzò le cicatrici sul volto di Edward, con gli occhi verdi brillanti per le lacrime. 

«Hermano…» bisbigliò, prima che la voce le si incrinasse.

E poi, vi fu un gemito. Fu come uno schiocco di dita che ridestava qualcuno da un dormiveglia. Tommy trasalì, allontanando la mano dal volto. Anche Rosa spalancò gli occhi, mentre Steph si staccava da Konnor, altrettanto scioccata.

Le dita di Edward formicolarono, suscitando alcuni versi sorpresi. Poi, le sue spalle vennero colpite da uno scossone, seguite da un altro gemito. Cominciò a tremare e la fronte gli si imperlò di sudore. Riacquisì un po’ di colore e gemette ancora, venendo colpito da un altro spasmo. Tommy guardò Edward scioccato. Aveva già visto una cosa simile, quando Konnor era stato ferito da Naito. 

Thomas riuscì a sollevare lo sguardo, accorgendosi dell’espressione rilassata di Susanoo. Quando il dio si accorse di lui, gli sorrise di nuovo e gli strizzò l’occhio. 

Infine, Edward riaprì gli occhi. Nel suo sguardo balenarono confusione, sorpresa e stupore tutti in una volta sola. Si mise a sedere, mentre una folla di venti persone teneva il fiato sospeso. 

«C-Cosa…» cominciò a dire, con voce impastata. «Che… che è successo?»

Purtroppo per lui, l’unica risposta che ottenne fu un piccoletto coi capelli rossi che si fiondò su di lui. «EDWARD!»

Era passato dall'incredulità alla tristezza a di nuovo incredulità e poi immensa felicità. Non credeva che il suo cervello fosse in grado di processare emozioni così differenti tra loro così rapidamente, eppure era successo. 

Non aveva idea di cosa fosse successo, come avesse fatto Edward a svegliarsi, a riprendere a respirare, ma non importava. Aveva creduto di averlo perso, ma si era sbagliato, e per una volta non poté sentirsi più felice di ciò.

Fujinami aveva detto che era ferito, perciò non si sorprese dei versi di dolore del figlio di Apollo quando per poco non gli ruppe la schiena. 

«AH! Vacci piano amico» si lamentò, riuscendo comunque a ridacchiare. «Così mi fai fuori.»

«Scusa» disse Tommy, anche se era troppo eccitato per smettere di sorridere. «Ma che cavolo ti è successo? Ti hanno portato qua fuori e sembravi… beh…»

«Lascia perdere, tanto non mi crederesti.»

«Addirittura?»

Edward ridacchiò ancora, facendo di nuovo quell’espressione divertita che aveva imparato a caratterizzarlo, anche se gemette un paio di volte di dolore, posandosi una mano sullo stomaco. «Avreste un po’ di ambrosia? Mi servirebbe proprio…»

«Certo, aspetta.»

Lo aiutò a rialzarsi. Edward si accorse della marea di persone attorno a loro. «Ragazzi…» mormorò, rivolto a Lisa, Steph e Konnor. 

La figlia di Bacco lo salutò timida con la mano, mentre Konnor rimase immobile, in silenzio. Steph sembrava paralizzata. 

«Edward…» sussurrò, con voce mite. Thomas non poteva sapere cosa stava pensando con certezza, ma non faticava ad immaginarlo. Aveva raccontato a tutti loro cos’era successo in quel bosco maledetto.

«Ehi, Steph…» disse lui, titubante. Non sembravano sentirsi affatto a proprio agio. Thomas non avrebbe mai pensato di vederli così. Sembravano quasi due estranei nonostante tutto quello che avevano passato.

«Credevo… credevo che fossi…» cominciò Stephanie, parlando a fatica. Si torturò le mani, portandosele di fronte al grembo. «Ti avevo… ti avevo visto a terra e… e… non respiravi più, e…»

«Sto bene, Steph. Puoi stare tranquilla.»

Invece, la figlia di Demetra fece l’opposto. Gli occhi le si inumidirono, poi si gettò tra le sue braccia, iniziando a piangere a dirotto. Tommy si scostò con delicatezza, per non essere d’intralcio. 

«Mi… mi dispiace» pianse lei, con le spalle che sobbalzavano. «Mi dispiace di non essermi fidata, mi dispiace di… di averti aggredito… non volevo…»

Edward ricambiò l’abbraccio con forza, consolandola con voce calma: «Va tutto bene, Steph. Ho sbagliato anch’io.»

Rimasero stretti ancora per diversi istanti. Stephanie sembrava parecchio scossa, Edward invece triste. Thomas sperò che il loro rapporto non si fosse incrinato per sempre. Voleva bene ad entrambi, non sarebbe stato facile nemmeno per lui vederli prendere strade separate.

«Edward.» 

Artemide chiamò il semidio, portandosi le mani dietro la schiena. Una strana luce balenò nei suoi occhi mentre fissava i semidei abbracciati.

«Z-Zia?» domandò lui, spalancando la bocca. Si separò da Stephanie, Tommy non seppe se per paura o per rispetto o per entrambe le cose. Poi, Edward si accorse anche di Susanoo. La sua reazione mutò drasticamente. «Ancora tu?!»

Il mendicante sorrise di nuovo smagliante. «Figliolo! È un piacere rivederti!»

«Lo conosci?» domandò Tommy, sorpreso.

Edward scosse la testa con energia, indicandolo. «Continuo a ritrovarmelo tra i piedi ovunque vada! Questo tizio mi perseguita!»

Susanoo rovesciò la testa all’indietro, in una fragorosa risata. Edward sembrò alterarsi ancora di più. «Che c’è di divertente?!»

«Edward!» lo chiamò Stephanie, agitata. «Cerca di essere più rispettoso, è il divino Susanoo!»

«Chi?!» Poi, il figlio di Apollo spalancò le palpebre. «O-Oh…»

Il dio continuò a ridere, incurante. Tommy cominciò a prenderlo in simpatia. Se fossero stati tutti affabili come lui, gli dei non avrebbero mai litigato tra di loro. Artemide, d’altro canto, non sembrò lasciarsi influenzare dal buonumore del dio nipponico. La sua espressione seria rimase immutata.

«E… come mai c'è tutta questa gente qui?» chiese a quel punto Edward. Si grattò una guancia distrattamente e Tommy colse il suo disagio.

«Ci sono un po’ di cose che dobbiamo raccontarti» spiegò il figlio di Ermes, prima che Rosa si parasse di fronte a loro, scrutando il fratello con aria grave.

«Rosa…» disse Edward, con un filo di voce, per poi illuminarsi. «Stai bene!» Tese le braccia verso di lei per abbracciarla. 

Thomas sorrise, felice di rivedere i due fratelli riuniti dopo tutto quello che era successo, ma ciò che fece Rosa scioccò lui e tutti i presenti. 

Quando Edward le fu vicino, lei gli sferrò un pugno allo stomaco, facendogli emettere un verso strozzato. Edward cadde in ginocchio, premendosi le mani sull’addome, e si accasciò a terra mugugnando come uno zombie. Con la testa rivolta verso il basso e con voce incrinata, si lamentò a fatica: «Ma… perché…»

«Cosa diavolo ti è saltato in testa, razza di idiota?!» esclamò Rosa, furibonda. «Hai stretto un patto con Orochi!»

«Posso… spiegare…» si giustificò il figlio di Apollo, ancora accasciato a terra. Allungò una mano verso la caviglia di lei, facendo altri versi sconnessi. 

Rosa sollevò gli occhi al cielo, sospirando esausta. «Finiscila di fare il melodrammatico. Tirati su, forza.» 

«Rosa! Sei impazzita?!» esclamò Thomas, atterrito, prima di chinarsi di nuovo accanto a lui, posandogli una mano sulla schiena. 

«Sta bene, gli piace solo fare un po’ di scena» ribatté Rosa, per nulla impressionata. «Al Campo Mezzosangue lo faceva di continuo.»

A Tommy, però, non sembrava affatto che stesse fingendo. Con molta fatica, riuscì ad aiutarlo ad alzarsi una seconda volta. Il volto di Edward era un’unica espressione sofferente. Sembrava davvero distrutto, al punto che pure Rosa parve realizzare che, forse, aveva esagerato un po’. Le sue guance si tinsero di rosso quando si accorse che tutti la stavano osservando allibiti. «D-Dategli dell’ambrosia, su…» farfugliò imbarazzata. 

Tommy si sfilò lo zainetto, ancora scioccato da quanto appena successo. Cercò tra il miliardo di oggetti ammassati lì dentro, poi trovò quello che cercava. Ne era rimasta poca, ma era sicuro che sarebbe stata sufficiente per rimettere in sesto l’amico. La scartò e la diede ad Edward, quasi imboccandolo.

Il figlio di Apollo mandò giù, poi prese una gran boccata d’aria e annuì. «Grazie, va un po’ meglio ora…» 

In realtà non sembrava cambiato molto, ma se non altro ora riusciva a muoversi senza alcun aiuto. Si staccò da Thomas, poi tornò a guardare tutti i presenti, dei inclusi. «Immagino… di avere anch’io un po’ di cose da raccontare.»

 

***

 

In poco tempo, le cacciatrici riuscirono ad allestire un piccolo accampamento di fortuna in quel parco. I mortali avevano ripreso a camminare attorno a loro e di fronte al museo come se non fosse successo nulla. Nessuno si accorse di quella ventina di persone raggruppate sotto gli occhi di tutti.

La foschia di San Francisco era molto potente, ma sicuramente anche la presenza di Artemide e Susanoo li stava aiutando a rimanere schermati. E a proposito delle due divinità, rimasero in disparte insieme a Fujinami ancora per qualche minuto, a discutere tra loro, lanciando evidenti occhiate in direzione di Edward. 

Mentre le cacciatrici si rifocillavano e si occupavano delle ferite, i semidei crearono un semicerchio attorno ad Edward, che si appoggiò al tronco dell’albero con la schiena, mordicchiando uno dei panini confezionati che le cacciatrici avevano offerto a tutti loro. Tommy non si era reso conto di avere fame finché non ne aveva addentato anche lui uno. Erano deliziosi e ce n’era per tutti i gusti. Perfino le kamaitachi sembrarono apprezzare, dividendosene uno tra di loro in un angolino indisturbato dell'accampamento.

«Pensavo che i figli di Demetra fossero tutti vegetariani» commentò Rosa osservando Steph che, senza troppi complimenti, si stava sbranando un panino con il roast beef. 

La suddetta figlia di Demetra smise di massacrare il suo pasto e arrossì appena. «Alcuni lo sono, sì. Però… la carne mi piace troppo…»

«Siamo in due» concordò Rosa, dando un morso che avrebbe fatto impallidire uno squalo al proprio panino di bacon e insalata. Era almeno il terzo che si mangiava. Quella tizia sembrava senza fondo, perfino peggio dei fratelli di Tommy, e non era cosa da poco. Tuttavia, vederla così affamata ed energica era un segno che stava bene nonostante tutto quello che aveva passato, il che era una splendida cosa.

Sapere che Rosa era viva, insieme a loro, riempiva il cuore del semidio di gioia. E allo stesso tempo, l’idea di poterle rivolgere la parola, l’idea che si trovasse così vicina a lui lo stava mandando al manicomio. 

Aveva affrontato mostri, demoni, perfino Giganti e Orochi. Eppure, il pensiero parlarle sembrava più terrificante di tutto quello messo assieme. Forse avrebbe dovuto chiedere qualche consiglio a suo padre quando ne aveva avuto l’occasione, visto che lui era riuscito a conquistare perfino Afrodite un paio di volte.

Un colpo di singhiozzo lo fece voltare verso di Lisa, che si coprì la bocca imbarazzata. 

«Forse ho mangiato troppo in fretta…» si giustificò. Le sue labbra intrise di salsa testimoniavano a favore di quella tesi. Tommy gliele fece notare e lei si ripulì alla bell’e meglio, con le guance imporporate. Il semidio ridacchiò, beccandosi una spintarella dalla figlia di Bacco.

«Ho visto Orochi in sogno» cominciò a spiegare Edward con calma, una volta che tutti furono a loro agio. «È stato lì che abbiamo stretto l'accordo. La spada in cambio di Rosa.»

Raccontò ogni cosa. Non solo riguardo l’accordo, ma anche riguardo la spada. Spiegò che sua madre l’aveva rubata e che in qualche modo l’aveva tramandata a lui, raccontò i sogni che aveva fatto, il suo incontro con Susanoo e spiegò cos’era successo quando era andato avanti da solo. Raccontò di come avesse tradito Orochi, affrontandolo e uccidendo tutti – o quasi, ma a quello ci sarebbero arrivati dopo – i suoi scagnozzi. Per concludere, disse di essere svenuto dopo aver restituito la spada, forse per via di “qualche strano potere divino o cose così”. Tommy non avrebbe saputo trovare un termine migliore per spiegare il novanta percento delle loro vite.

Edward fece vagare lo sguardo su tutti loro, soprattutto sulla sorella, con cui si fece apprensivo. «Non ho mai creduto per un momento che lui avrebbe tenuto fede alla sua parola. Ma ero certo che se gli avessi promesso la spada, lui ti avrebbe risparmiato la vita fino al nostro incontro. Sapeva perfettamente che se ti avesse uccisa io non gli avrei mai consegnato Ama no Murakumo. Dovevo fargli credere che ero disposto ad accettare l’accordo per guadagnare tempo. Il mio piano è sempre stato quello di salvarti e poi restituire la spada.»

Rosa ricambiò lo sguardo con il fratello. Le sue labbra si assottigliarono, divenendo una linea. «Sei comunque stato un irresponsabile.»

Edward sorrise. «Mi conosci, no?»

La semidea sospirò, apparendo per la prima volta davvero provata. «Sì… ti conosco.» 

Si alzò in piedi. Lo raggiunse e gli tese una mano, aiutandolo ad alzarsi. Lo fissò negli occhi, poi le sue labbra tremolarono. Lo abbracciò di getto, posando la fronte sulla sua spalla. Un gemito le sfuggì dalla bocca. «Grazie… per avermi salvata…»

«Se ti avessi persa non me lo sarei mai perdonato» disse Edward, accarezzandole la schiena per poi sorridere. «Anche Jonathan e gli altri erano sconvolti, sai? Saranno felici di rivederti.»

Tommy pensò che avrebbe potuto piangere per la commozione. Non c’erano parole per descrivere quanto fosse felice di vedere che entrambi stavano bene ed erano di nuovo insieme. Ricordava bene quanto fossero diventati inseparabili al Campo Mezzosangue. Sembrava passata un’eternità da allora. 

Quando i due fratelli si separarono e si accorsero di avere gli sguardi di tutti puntati su di loro non ne sembrarono molto entusiasti. Per essere figli del dio più vanitoso e affamato di attenzioni di tutti, erano due ragazzi molto riservati.

«Ma… perché non ce ne hai mai parlato?» domandò Stephanie, mentre Edward si sedeva di nuovo. «Avremmo potuto aiutarti…»

«Orochi mi spiava. Sapeva i nostri movimenti, sapeva della profezia, dell’impresa, del museo, ogni cosa. Se ve ne avessi parlato avrebbe potuto uccidere Rosa. Mi dispiace di non avervi coinvolti, ma non potevo rischiare.»

Stephanie annuì, mesta. Dal canto suo, Tommy non aveva bisogno di sentire altro. Aveva sempre saputo che poteva fidarsi di Edward. Fin dal giorno in cui l’aveva conosciuto, aveva capito che Edward non era mosso da altro che buone intenzioni. A volte era stato un po’ impulsivo, ma non era stupido. Quando prendeva una decisione, sapeva sempre come comportarsi.

«Se sapevi che ti avrebbe tradito, perché non l’hai fatto giurare sullo Stige?» domandò Konnor, inarcando un sopracciglio.

Per un istante, tutti poterono vedere il vuoto che aleggiava nella mente di Edward, mentre annaspava per una risposta. «Ehm… non… credo di averci pensato…» ammise. 

«Dios mio» mugugnò Rosa, sollevando gli occhi al cielo. «Mi hermano es un tonto.»

Lisa sghignazzò, coprendosi la bocca. «Un tonto enorme.»

Anche Rosa ridacchiò. Accorgendosi degli sguardi confusi di tutti, le due risero ancora più forte. 

«Cosa? Che avete da ridere?!» protestò Edward, ottenendo risa ancora più forti in risposta.

«Ma… parli anche spagnolo?» bisbigliò Tommy a Lisa.

Lei lo folgorò con lo sguardo. «Era italiano quello. Tonto americano.»

Thomas batté le palpebre, non capendoci più niente. 

«Però un po’ mi sarebbe piaciuto vedere questa spada» disse Rosa, osservando il fratello contrariata. «Al campo non me ne hai mai parlato…»

Ancora una volta, Edward si grattò la guancia imbarazzato. «Beh… non sapevo ancora come farla apparire a piacimento, in realtà. E comunque, dopo quella volta che l’ho usata contro gli scorpioni durante la sfida, Chirone mi ha fatto promettere di non parlarne con nessuno. Gli unici oltre a me a sapere qualcosa erano Steph, Tommy e Konnor.» 

Rosa assottigliò le palpebre. «Quindi è così che hai ucciso tutti quegli scorpioni, maledetto imbroglione!»

«Ancora pensi a quella storia? Impara ad accettare la sconfitta, hermana

«Aspetta di tornare al campo. Ti massacrerò.»

Vi furono altre risate. Tommy doveva ammetterlo, quei due erano contagiosi. Avrebbero potuto risollevare il morale di chiunque assieme. E allo stesso tempo, Konnor era bravo tanto quanto loro a fare l'esatto opposto. Le risa calarono quando si alzò in piedi, osservando Edward dall'alto con sguardo severo. «E se il tuo piano fosse fallito, Edward? Ci hai pensato?»

Sembrava quasi un pretesto per litigare. Tommy sospirò, temendo per la piega che la conversazione avrebbe potuto prendere. «Konnor…» 

«Hai mai realmente pensato a quello che stavi facendo? Oppure stavi agendo e basta, come quando ti sei inimicato mezzo campo dopo due giorni? O come quando volevi cedere la spada a Campe?» proseguì Konnor, ignorando Tommy e fissando Edward dritto negli occhi. 

Edward si incupì. Thomas aveva già visto quell’espressione sul suo volto. Non prometteva altro che guai. 

«So perché l’hai fatto» proseguì Konnor, alzando una mano per fermarlo prima che potesse replicare. Si voltò verso di Rosa, per poi riportare l’attenzione su di lui. «Sono felice che tu sia riuscito a salvare Rosa. Davvero. Io avrei fatto lo stesso per uno qualsiasi dei miei fratelli.»

«E allora che vuoi?» domandò Edward. Si alzò anche lui, facendo una smorfia di fatica, e si ritrovò faccia a faccia con l’altro ragazzo.

«E se fossi morto?» domandò Konnor, schietto. Una domanda più che plausibile, dopotutto. Eppure, sembrò colpire Edward come una secchiata di acqua gelata. «Se Orochi avesse avuto la spada? Se non fossi riuscito a salvare Rosa? Cosa sarebbe successo dopo?»

Dopo un attimo di riflessione, Edward abbassò la testa. «Non lo so.» 

«Orochi ti ha costretto ad andare avanti da solo?»

«No.»

«E allora perché l’hai fatto?»

Il figlio di Apollo assottigliò le labbra. «Perché… non volevo più coinvolgervi.»

«Perché?»

«Perché… perché l’impresa riguardava me. Ero stanco di trascinare gli altri nel fango. Erano i miei problemi, le mie battaglie, non le vostre.»

«Ti sbagli, Edward. La profezia riguardava te. L’impresa, invece, riguardava tutti noi.» Konnor indicò con un braccio tutti i presenti, romani e cacciatrici inclusi, per poi toccarsi il petto con l’indice. «Siamo semidei. Ci addestriamo per questo genere di cose. Ci addestriamo per combattere. Nel momento esatto in cui abbiamo deciso di partecipare, le tue battaglie sono diventate tanto tue quanto nostre. Qualsiasi faccenda che riguardi gli dei riguarda tutti noi, Edward. Non so se te ne sei accorto ma… insomma, nel mondo non ci vivi solo tu. Se qualcosa dovesse andare storto e il mondo dovesse finire solo perché hai deciso di agire di testa tua, un bel po’ di gente si ritroverebbe sfollata, non credi?»

Lo disse con tono estremamente calmo. Non sembrava nemmeno un tono di rimprovero, o provocatorio, ma paterno. Buffo, perché se Tommy non ricordava male Edward era perfino più grande di lui. Si aspettò che il figlio di Apollo lo mandasse a quel paese, invece, per sua enorme sorpresa, rimase in silenzio, in ascolto.

«So che avevi buone intenzioni, Edward. Posso capire perché tu abbia scelto di fare quello che hai fatto, ma devi cominciare ad accettare che non sei più solo. Hai trasformato quest’impresa nella tua crociata personale e hai voluto a tutti i costi tagliare fuori tutti noi. Non devi sempre farti carico di tutto. Devi fidarti di noi. Non siamo qui per intralciarti, ma per aiutarti.» 

Konnor si guardò attorno, facendo vagare lo sguardo sui presenti. «Il Campo Mezzosangue esiste anche per questo, per aiutarci a coesistere e a renderci uniti. Ma non possiamo coesistere se tra te e tutti noi metti un muro invalicabile. Io non penso di essere “tuo amico”, ma qui ci sono persone che davvero tengono a te, per… qualche strano motivo. Perché tenerle fuori?»

Le sue parole aleggiarono nell’aria per diversi istanti. Edward lo osservò con un’espressione che Tommy non gli aveva mai visto fare. Quando parlò, uscì un filo di voce incrinata. «Mi dispiace…»

L’aveva detto anche prima, ma questa volta suonò molto diverso. E il fatto che fosse stato Konnor tra tutti a farglielo sputare fuori, era tutto dire. E fu proprio Konnor a sorridere e a porgergli la mano. «Allora, pensi di riuscire ad abbattere quel muro una volta per tutte?»

Edward osservò la mano, poi il figlio di Ares, e abbozzò un sorriso. «Ci proverò.» Strinse energeticamente la mano. «Grazie Konnor.»

Il figlio di Ares gli rivolse un cenno. Per la prima volta da quando Tommy li conosceva, notò uno scorcio di rispetto reciproco in entrambi i loro sguardi. 

«Aw, come siete carini!» esclamò Rosa all’improvviso, unendo le mani sopra il cuore e osservandoli ammaliata. 

«Bacio, bacio, bacio!» fece eco Lisa battendo le mani a ritmo, prima che entrambe scoppiassero di nuovo a ridere. I due ragazzi si fissarono atterriti, poi si allontanarono all'istante.

«Davvero sciocco da parte mia pensare di essere in un gruppo di gente matura» mugugnò Konnor, mentre tornava vicino a Stephanie, che a sua volta stentava a trattenere una risatina. 

«Perché ridete? Non c’è niente da ridere!» fece eco Edward, alterandosi con le due ragazze e, ancora una volta, alimentandole. 

«Va bene, va bene!» protestò Edward, ansioso di cambiare argomento. «Possiamo tornare seri un momento? Potreste dirmi che è successo mentre ero impegnato a tradire la razza umana?» 

Tommy, Stephanie e di tanto in tanto Lisa gli spiegarono quello che era successo dopo il deragliamento del treno. Raccontarono di Naito e di Efialte ed Edward non sembrò affatto prenderla bene. «Quel bastardo! Aveva detto che non ci avrebbe più intralciati!»

«Penso che tu abbia imparato la lezione, hermano: mai, mai, stringere patti con i mostri» borbottò Rosa.

Edward grugnì. Il suo malumore non durò molto, però, perché quando Lisa e Tommy raccontarono quello che avevano fatto a Efialte, un sorriso entusiasta riapparve sul suo volto. «Quanto avrei voluto vederlo!»

Konnor non disse nulla riguardo quello che era successo tra lui e Naito. Tommy non seppe spiegarsi il perché, ma decise di rispettare la sua scelta di rimanere in silenzio. E poi, naturalmente, quando Edward scoprì che Orochi in realtà era sopravvissuto diede di matto. Sembrò sentirsi in colpa, ma poi sembrò anche ripensare alle parole di Konnor. Non era più da solo, non doveva occuparsi di tutto lui.

Erano tutti consapevoli del fatto che Edward fosse molto forte, non solo grazie alla spada, ma non potevano sempre e solo affidarsi a lui. E anche lui sembrò arrivare a quella conclusione, soprattutto dopo che gli raccontarono di come avevano ripassato Orochi. Quando poi spiegarono come anche Rosa si fosse unita allo scontro, il ragazzo sorrise alla sorella. «Non potevi proprio starne fuori, vero hermana?»

«Mi conosci, no?» ribatté lei, senza nemmeno curarsi di mandare giù il boccone di panino. Nessuno ebbe il fegato di dirle di mangiare con un po’ più di grazia.

«Ma… quindi tu come sapevi del mio patto con Orochi?» le domandò poi Edward, esitante. 

«Mentre ero svenuta… era come se fossi ancora cosciente.» Rosa sollevò una mano, osservandosela e muovendosela quasi come se credesse di essere ancora addormentata. «Di tanto in tanto vedevo sprazzi della realtà. Non so come spiegarlo, era come se mi trovassi in una specie di limbo tra questo mondo e… qualunque cosa ci sia dall’altra parte.»

«Ne so qualcosa…» brontolò Konnor a bassa voce.

«È stato così che ti ho visto mentre stringevi il patto con Orochi. Quando hai accettato, avrei voluto svegliarmi e prenderti a sberle.»

Malgrado tutto, Edward ridacchiò. «Mentre che c’eri potevi conciare anche lui per le feste.»

«L’avrei fatto più che volentieri…» Rosa si corrucciò. «Comunque… c’era molto movimento. Oltre a Orochi ho visto anche i suoi mostri. Ho visto quel ragazzo, Naito, una donna, quella creatura col naso lungo e poi… un uomo.» La figlia di Apollo si fece pensierosa, con la stessa concentrazione di qualcuno che cerca di ricordare un sogno. «Non l’ho visto bene, ma sembrava che conoscesse Orochi. Li ho visti parlare, ma purtroppo era in giapponese. Non so cosa si siano detti.»

Nessuno ebbe idea di cosa pensare. Tommy si mordicchiò un labbro, assorto. Forse Orochi non aveva agito da solo. E ripensando a cosa i vari dei che avevano incontrato avevano detto, non era una teoria del tutto improbabile.

«Scusate se disturbiamo» esordì Susanoo, avvicinandosi al gruppetto in compagnia di Artemide e Fujinami. Sorrise verso Edward. «Figliolo, ti dispiacerebbe venire un momento con me e la divina Artemide? Ci sono alcune domande che vogliamo farti.»

«Oh. Sì, certo…» mormorò Edward. Si rimise in piedi e camminò verso i due dei con aria confusa. Mentre si allontanavano, Fujinami prese il posto di Edward nel gruppetto, sdraiandosi sotto l’ombra dell’albero.

«Ma… quello è con noi, giusto?» domandò Rosa mentre indicava il qilin. 

Fujinami sbuffò dal naso. «Sono stato io a portarti fuori da quel museo.»

«Oh cavolo, ma tu parli!» Rosa si tiro su di scatto, colpita da un’ondata di energia improvvisa. Corse verso il qilin e gli prese il muso tra le mani, studiandolo e rimirandolo. «Wooow, sei troppo fico! E che dentoni! Sembri il fratellino più giovane di Peleo!»

«Ma che stai facendo?! Lasciami subito!» protestò il qilin, con una rara vena di imbarazzo nella voce.

Un'altra risata si sollevò nel gruppo. Tommy osservò la figlia di Apollo mentre stropicciava Fujinami, con lui che cercava di spingerla via con le zampe, e gli scappò un grosso sorriso. Rimase come stregato da lei. 

Vennero raggiunti anche da Talia e Reyna, che si misero a parlare con la figlia di Apollo. Rosa salutò la figlia di Zeus con un caldo abbraccio. Tommy sapeva che le cacciatrici avevano cercato di reclutarla diverse volte e si domandò se quel giorno non sarebbe successo proprio quello. Il pensiero gli provocò un piccolo nodo allo stomaco. 

Lisa gli posò una mano sulla spalla. «Tommy?» 

«Sì?» domandò lui, riscuotendosi dalla trance.

La figlia di Bacco lo guardò preoccupata. «Stai bene? Sembri… strano.»

I loro sguardi si incrociarono e Tommy rimase in silenzio, non trovando le parole da dire. «Io…» cominciò, incerto. Non sapeva perché, ma si sentiva come se ogni volta che la guardava tutto il resto non contava più. Il pensiero che Rosa potesse unirsi alle cacciatrici passò improvvisamente in secondo piano. Sorrise, posando la sua mano su quella di Lisa. «Certo. Mai stato meglio.»

Lisa ricambiò il suo sorriso. Si osservarono rimanendo in silenzio, senza più dire nulla. Le loro mani scesero verso terra, rimanendo intrecciate. 

«Ehm… scusate se vi disturbo.»

Entrambi sussultarono. Thomas pensò che qualche cacciatrice fosse venuta a rompere le scatole, invece di fronte a loro c’era proprio Rosa, che sorrise accomodante. Sollevò il falcetto di Thomas. «L’ho trovato prima, durante la battaglia. Reyna mi ha detto che è tuo.»

Tommy schiuse le labbra. Si era scordato di averlo perso in mezzo a quel caos... dopo che si era coraggiosamente gettato addosso a Orochi e quello lo aveva scaraventato via come un insetto, tra l'altro. Sì, ora sapeva perché si era scordato tutto quello. 

«Sì, è mio.» Prese il falcetto, sfiorandole le mani. Quel piccolo contatto lo fece rabbrividire. Si augurò che non se ne fosse accorta. «G-Grazie.»

«Di niente.» 

Rosa distese il sorriso e Tommy si paralizzò. Era bella come un raggio di sole. 

«Sei Thomas Blake, giusto? Quello che scappava dalle flessioni del coach Hedge.» 

«Ah, sì…» Tommy si massaggiò dietro la testa, imbarazzato. «Colpevole.»

Rosa ridacchiò. Fu un suono meraviglioso. «Scappavi dalle flessioni, ma sei venuto fin qua per combattere con Orochi. Come mai?»

«B-Beh…» Dire che l’aveva fatto per lei forse sarebbe stato dire un po' troppo. Optò per una mezza verità. «Edward stava per partire da solo… ho voluto accompagnarlo.»

La figlia di Apollo annuì, addolcendosi. «Sono felice di sapere che quel tontolone ha un buon amico su cui contare. Mi ha parlato di te, sai? Ha detto che tu e i tuoi fratelli siete stati molto gentili con lui.»

Tommy non riuscì a reggere il suo sguardo. Abbassò la testa pregando di non essere arrossito e soprattutto pregando che Edward non le avesse detto proprio tutto. 

«S-Sì…» farfugliò. Gli sembrò di avere la mente che si squagliava.  

«Ehi, tutto ok?»

Lisa sbatté la mano sulla schiena di Tommy, facendo un terrificante rumore sordo. Il semidio fu costretto a trattenere il respiro per non gridare dal dolore. 

«Tommy è un timidone» esclamò la ragazza, sorridendo verso di Rosa, anche se il suo parve un sorriso diverso dal solito, molto più freddo. «Sono sicura che apprezza molto quello che dici.»

«Oh… certo» convenne Rosa, con un sorriso di cortesia. «Tu sei Lisa Castella, giusto? La capocasa di Dioniso.»

«Come fai a conoscermi?» domandò a quel punto Lisa, sorpresa.

«Ti ho vista qualche volta nell’arena. Sei brava con i pugnali. Potremmo allenarci insieme ogni tanto. Mi farebbe piacere.» 

Lisa schiuse le labbra, sembrando davvero stupita. Anche se per poco non lo aveva spezzato in due, Tommy le sorrise, invitandola ad accettare. Un timido sorriso prese forma sul volto della figlia di Bacco. «Piacerebbe anche a me.» 

Rosa annuì, sembrandone felice. Poi osservò di nuovo Tommy e Lisa, facendosi beffarda. Disse qualcosa in spagnolo e la figlia di Bacco si imbronciò. «No. È troppo tonto.»

Rosa ridacchiò un'altra volta. «Que bonita pareja hacéis.»

«Ehm… questa non l’ho capita…» mormorò Lisa, ottenendo una risata ancora più grande. 

«Non preoccuparti chica. Capirai.»

Tommy decise di non provare nemmeno a chiedere cosa si fossero dette. Quando vide Rosa in procinto di congedarsi, tuttavia, la fermò. «Aspetta, ho una cosa per te.» Cercò nel suo zainetto, trovando la spada di argento di Rosa. «Questa è tua.»

«Oh!» La ragazza la prese e se la rigirò tra le mani, con un sorriso meravigliato. «Ma come fai ad averla?»

«Me l’ha data Edward, il giorno in cui siamo partiti per l’impresa.»

Rosa si voltò verso il fratello, che ancora stava parlando con gli dei, e sorrise. «Che sdolcinato.» Strizzò l’occhio a Tommy. «Grazie Thomas.»

«P-Prego» bisbigliò lui, sentendosi di nuovo le guance in fiamme. Si beccò un pugno sulla spalla da Lisa, facendogli fare un verso di dolore. «Ah! Ma che ti prende?!» protestò, massaggiandosi il braccio. Per tutta risposa, la ragazza lo incenerì con lo sguardo. 

Rosa sorrise di nuovo, poi tornò a sedersi accanto alle cacciatrici. Sfilò qualcosa dall’elsa della spada e questa si trasformò in una chitarra, sotto lo sguardo sorpreso di tutti. Poi la ragazza avvicinò le dita alle corde senza più sollevare la testa verso gli altri. Cominciò lentamente, pizzicando le stringhe più alte, generando note più gravi. Ripeté il suo piccolo riff per diversi istanti, muovendo la testa a ritmo, concentrata sulle corde. Tutti quanti smisero di parlare tra loro, inclusi gli dei, per voltarsi verso di lei e prestare attenzione. 

Le note cambiarono e Rosa cominciò a cantare.

«I’ve lost all of my pride, I’ve been to paradise and out the other side...»

Cambiò posizione delle dita, generando nuove note, senza fermarsi. 

«With no one to guide me, torn apart by a fire wheel inside me…»

Rosa arrivò al ritornello, facendo scivolare le dita sulle corde con incredibile maestria, fluida come l’acqua. 

«I wont hurt you… I wont hurt you… I wont hurt you… I wont hurt you…»

Tommy non aveva idea di cosa parlasse quella canzone, ma non voleva che Rosa si fermasse. Avrebbe potuto ascoltarla per ore, così come tutti gli altri. Mise più dita sulla stessa corda, dando alcune strimpellate, sorridendo. La melodia sembrò accendersi, ma durò poco, fu solo un semplice preludio per il resto della canzone, che si mantenne su quell’onda agrodolce, di suoni lievi e bassi, condita dalla voce candida di Rosa.

«My pale blue star, my rainbow how good it is, to know you are like me, strike me with you lightning, ring me down and bury me with ashes… I wont hurt you… I wont hurt you…»

Continuò con il ritornello, prima di concludere ripetendo di nuovo il riff iniziale, scemando verso il silenzio. 

Quando terminò la canzone, nessuno disse una parola. Rimasero ad osservare increduli. Non era un silenzio imbarazzato, però. Era come se tutti quanti stessero ancora cercando di tenere rinchiusa quella melodia dentro le loro menti.

E poi vi fu un applauso. Susanoo batté le mani sorridendo come suo solito, meravigliato. «Magnifico! Che voce stupenda, degna della stirpe del divino Apollo!»

Edward sorrise verso la sorella. Perfino Artemide sembrò sciogliersi un pochettino. Tutti quanti applaudirono e Rosa, nonostante tutto, sembrò piuttosto imbarazzata. Tommy si chiese perché la sera di fronte al falò non avrebbero potuto sentire musica come quella anziché le ballate del cavolo sui satiri e le driadi. 

Spostò lo sguardo verso il cielo limpido. Era una giornata favolosa e il sole stava ancora splendendo, anche se aveva cominciato a spostarsi verso occidente. Prima o poi avrebbero dovuto mettersi in viaggio per tornare a casa, ma non c’era nessuna fretta. 

Avevano cibo delizioso e anche musica. Non c’era nessun motivo per andarsene da lì tanto presto. Tommy sorrise, guardando i suoi amici. Dopo quella settimana da incubo, tutti loro meritavano di godersi un po' di sano riposo.






Questa è la scena che mi sono immaginato quando Lisa e Rosa hanno riso di Konnor ed Edward:



E poi c'è un'altra immagine importante che siccome sono una persona brutta ho dimenticato di mostrare prima, un altro fantastico disegno realizzato dalla impareggiabile Roland, questa volta di Naito:



Non vi trattengo oltre. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per aver letto, grazie di cuore a Roland per il disegno e grazie ancora una volta a lei e Farkas per aver recensito lo scorso capitolo. Apprezzo tantissimo. Alla prossima!

p.s. Credo che alcuni abbiano già riconosciuto la canzone cantata da Rosa, in ogni caso, questo è il link:

https://youtu.be/KRW97QbuZ6A

   
 
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