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Autore: Brume    04/05/2021    5 recensioni
Si sono incontrati per caso, Ryo e Kaori, sei anni dopo la morte di Hideyuki; durante un brevissimo incontro in un bar riemergono ricordi dai Kaori fugge mentre lui vorrebbe capire: capire perchè anni prima è andata via, capire cosa è quella sensazione che prova pensando e stando insieme a lei, l' unica in grado di avergli dato un pò di pace. E' il seguito di "Una -quasi- favola natalizia".
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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RYO 

Occhi negli occhi. 

Una camicia candida, un paio di jeans e la mano che impugna saldamente la pistola, Mick cerca di mantenere il sangue freddo e di fare la sua parte; è stato bravo ad intrufolarsi, di sicuro c’è anche lo zampino di Saeko.... è abbastanza sicuro, sa che il mio è un bluff  ma  c’è comunque un tremolio nei suoi occhi. Quante situazioni abbiamo vissuto così? Molte, direi.                                           
 Io sostengo la mia parte; a fianco di 
Kaobara, urlo a Hisahima di non muoversi, spostando la mia da lui a Mick e viceversa, in continuazione.             
“…se solo farà un minimo movimento saltiamo in aria" 
dico , quidni , indicando con un cenno del capo la piccola bomba al mio braccio.                        
Mick sposta lo sguardo, è ancora silenzioso...spero che si mantenga così e mi regga il gioco.  
                                                                                                                    
“…come se mi spaventasse morire 
“ risponde il tale, ridendo, distogliendomi dai pensieri. La sua voce è viscida. 

È della stessa pasta di mio padre, non potevo aspettare altrimenti...penso con un moto di digusto, muovendomi veloce e  disarmando Mick con un po' di scena ed un paio di pugni che fanno male ad entrambi.

Perdonami, Mick...penso mentre lo osservo dolorante, a terra. 

Ben fatto, ragazzo” sento dire da Kaibara;  Hisashima ora ha cambiato colore, non ha più chi lo protegge anche se Mick sta tentando di rialzarsi, lentamente, per darmi tempo. Mi muovo lento pure io edr un passo dopo l’ altro arrivo da lui, dal vecchio.... troppo tardi!   rifletto. Le sue dita schiacciano un bottone e...tutto precipita. 

“Ryo, vai via! “ mi urla all' improvviso Mick prima che mio padre lo atterri con un calcio in faccia; è un attimo e sento ancora proiettili, accanto a me e non capisco da dove possano arrivare...poi lo vedo: faccio il più veloce possibile e sparo alla mano del vecchio, disarmandolo.Mentre lui urla come un maiale sgozzato mi metto a terra, striscio verso Mick. Mio padre ormai ha capito il gioco ...forse lo ha sempre saputo; semrba ci lasci fare poi sento la sua mano, ancora forte, afferrarci.

“Adesso state fermi li” ci dice  trascinandoci dietro una poltrona li accanto. Mi punta la pistola alla testa, ha un ghigno strano in volto. Il mio sguardo lo ispeziona e ad un certo punto capisco il perché di quella espressione. 

Ha azionato le bombe.  

Il mio sguardo scende lungo il braccio, torna da Mick il cui volto è una maschera di sangue, va da Hisashima ormai riverso sulla scrivania crivellato dai colpi che gli ha inferto....ed io non ci capisco più nulla.  Sento il sangue venire meno e mi dico che ci sarà tempo per le spiegazioni; devo trovare il modo di uscire di qui, prima. 

 Mio padre si siede accanto a noi. 

“E’ stato un bel piano” dice a Mick, semisvenuto addosso a me “...avete avvisato la polizia pensando vi proteggesse , la quale tuttavia  ha ben pensato di girare il tutto a proprio  favore. Voleva prenderci tutti...è stato tutto così facile, eh? ...guardalo la, il furbo... “  continua a dire, indicando il mio amcio. Ovviamente Mick non risponde, ha aperto gli occhi e sta cercando di ritrovare un minimo di lucidità.  E' rabbioso.

“Papà....perchè lo hai fatto? Tra meno di tre minuti moriremo tutti, anche tu” dico cercando di mantenendo il sangue freddo quando invece sono lacerato dal dolore, dai pensieri:...penso a te, Kaori, ora... maledicendomi per tutto questo e per doverti lasciare sola, perchè così sarà... 

Kaibara mi fissa: i suoi occhi sono strani, stanchi. 

 

“Ero stanco di vivere , Ryo...sapevo benissimo che tutto questo era una trappola e non avrebbe portato da nessuna parte” risponde.
Io mi sento gelare e poi, senza pensarci, gli butte 
la mani al collo; Mick, appoggiato a me, cade sul fianco. 

“Che tu sia maledetto” urlo stringendo sempre più la sua gola ef osservandolo annaspare finchè una mano non mi ferma "sapevo che eri pazzo ma non fino a questo punto!!!"

“Ryo, non perdere la testa...mantieni le forze ed aiutami, usciamo i qui!” urla a sua volta  Mick con la poca voce rimasta. Gli mostro il braccio e gli ricordo di avere una zavorra importante; Mick sgrana gli occhi, mi prende il polso, afferra la mia pistola.  

 Ci guardiamo, osserviamo Kaibara ormai cianotico e steso, inerme; i secondi scorrono, inesorabili.  

Ci guardiamo, io e Mick.
Vorrebbe sparare al congegno, gli faccio cenno che non servirebbe...
Ci fissiamo a lungo. 

“Dobbiamo fare presto” dice, quindi, mentre ci solleviamo; andiamo verso la porta, sentiamo dei passi.                                                                                                            
“Deve essere Saeko” dice lui. Ci fermiamo.                                                                
Mentre lo sostengo gli chiedo di guardarmi: deve fuggire, qui tra poco salterà tutto in aria....                                                                                                                   
“Vai, Mick, prenditi cura della mia Kaori” gli sussurro all’ orecchio prima di buttarlo fuori alla porta e richiuderla alle mie spalle; mi ci appoggio contro poi, 
lasciandomi cadere a terra distrutto.

1 minuto. 

Ce la farò? Mi domando, non ancora rassegnato; fisso Kaibara, pieno di odio, prendo la pistola e la punto addosso a lui.

Non posso farlo. E’ sempre mio padre sussurro a me stesso; la punto allora verso la mia mano. Voglio provare a fare saltare l’ acciaio che ricopre il tutto, come pensava Mick: sono disperato. Sto per mirare quano mio padre bofonchia qualcosa. 

“Cosa dici, maledetto?” gli domando, urlandogli contro con la bava alla bocca. 

“La chiave” sento che dice allungano una mano verso di me.  

Non ci capisco più nulla: cosa diamine vuole, ancora? 

“Prendi la chiave, disinnesca la bomba, scappa!” dice con un filo di voce. 

E’ pazzo, è l’ ennesimo suo gioco mi dico prendendo una sorta di oggetto appuntito che mi tende ;  guardo il meccanismo al mio polso, non capisco cosa fare...poi finalmente lo trovo...un piccolo foro, vicino al display. 

E se fosse ancora una fregatura?  Tantovale provarci ! penso. Ormai intorno a me c’è il silenzio. Non sento più nessuno, nemmeno una voce, un rumore, un sibilo....nulla. Infilo quella sorta di ago nel foro e chiudo gli occhi preparandomi al peggio, spingo forte... Un lungo fischio ed il display si spegne; guardo mio padre, incredulo. Manca forse meno di un minuto all’ esplosione.  

Mi alzo, le mie gambe tremano. 

Recupero la pistola. 

“Perchè?” chiedo a mio padre pieno di rabbia e livore; lui mi guarda. 

“Uccidimi, Ryo, la mia fine è vicina...ti prego, non farmi morire tra atroci sofferenze”. 

 La sua voce è ormai un sussurro lieve, il mio cuore vacilla. Lo guardo negli occhi.  

Fisso il suo display. 

20 secondi. 

“Mi dispiace, papà...non ti ucciderò. Morirai tra sofferenze atroci e mi sembra il minimo per tutto ciò che hai fatto” rispondo ed il mio cuore si lacera mentre pronuncio queste parole.  Sento il rumore di un sibilo. Un sibilo lungo. Il suo sguardo colmo di paura. 

Un brivido lungo la schiena, i suoi occhi che mi fissano.
Urla, urla fortissime riempiono le mie orecchie. 

Mi giro.
Apro la porta, corro più che posso, urlo alle persone davanti a me di scappare poi qualcosa ci travolge e...tutto diventa nero. 

 

KAORI 

Sento le sirene, sono come impazzite: macchine della polizia corrono ovunque senza sosta..,.non è la solita mattina, a Shinjuku. Mi alzo, ancora un pòp assonnata …mi stropicciato gli occhi e poi guardo il nostro letto ed il cuore mi si siringe. 

Dove sei, Ryo? Mi manchi! ti dico come ogni mattina; so che riesci A sentirti, ne sono certa.  

Sospiro e quasi automaticamente vado in cucina a farmi un caffè.                   
Ne faccio un po' di più perché tra poco arriverà Mick e  mentre aspetto che sia pronto allungo la mano sopra di 
me , verso la dispensa, per prendere le medicine che mi ha prescritto Doc  quando sento bussare alla porta.                  
Poso sul piano di lavoro ciò che avevo in mano e così come sono, in pigiama, vado alla porta. Ho quasi paura. Non so perché. 

“Sono Umibozu, Kaori. Posso entrare? “ sento dire da una voce profonda e calma.                                                                                                                           
Apro la porta , me lo ritrovo davanti. 

“Dovresti venire con me” dice, rimanendo fermo dove è; non so perché ma  guardo l’ ora, sono quasi le undici, è tardissimo.

“Cosa è successo?” gli domando  mentre le mie sinapsi iniziano ad attiversi ed a collegare  l’ assenza di Mick, la presenza di Umi e questo continuo suono di sirene.     
Ho quasi timore di sentire una risposta ma cerco di farmi coraggio...
Umibozu non si scompone e fa un passo avanti, entra, chiude la porta dietro di sé e va dritto  a sedersi sul divano. 

“Ascoltami bene: dobbiamo andare via da qui.  Mick...Mick e Ryo sono stati  feriti da una esplosione, di più non so dirti. Per evitare qualsiasi problema, meglio cambiare aria...ti prego, Kaori, seguimi senza chiedere oltre. Credo che una borsa con i cambi di una settimana possa andare bene”. 

Lo osservo, incredula.
Non sono capace di profferire parola perché sono sotto shock, quindi mi siedo al suo fianco anche perché le gambe non mi reggono più. Prendo il viso tra le mani e scuoto la testa, disperata; non ho nemmeno il coraggio di chiedere notizie...anche perché nemmeno lui sa più di tanto.... 

Sento la mano grande di Umi su una spalla.                                                              
So che è tutto ciò che  riesce a fare per cercare di darmi coraggio...a questo punto...  mi alzo e come 
un  automa torno verso la camera recuperando subito una borsa e buttandoci dentro robe a casaccio: infine mi vesto, mi metto comoda. 

“Sono quasi pronta” dico quando ricompaio trascinando i miei passi e la mia anima, entrambi pesanti come il piombo.                                                                   
Non mi sono nemmeno pettinata, devo essere davvero uno spettacolo pietoso. Arrivo da lui, gli passo davanti e  vado in 
cucina  a prendere le medicine. 

“Eccomi” gli dico , una volta sistemato il tutto,  incamminandomi verso la porta e sentendomi morire passo dopo passo.  

 

 

Due ore più tardi, entroterra di Tokyo 

In macchina verso chissà dove – ormai da due ore – noto Umi finalmente rilassato; io no, non riesco ancora a darmi pace, non ho il loro sangue freddo. Lui, Ryo, Mick...Miki...sono abituati a questa vita.Non conoscono e non hanno mai conosciuto alternative... ma per me, che devo ancora farci il callo...ho paura.  

Tanta pauro. 

Vedo Umi che mi fissa, forse sa cosa sta pensando, sorride; mi dice “stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene” ed io sorrido di rimando ma no, sono sicura che il peggio deve ancora arrivare e mi lascio prendere dal panico... finalmente scoppio a piangere.                                                                                   
Ryo, dove sei? Cosa ti è successo? Cosa è accaduto a te e Mick? mi domando palesando i peggiori scenari. 

Penso a noi.  

Penso alla notizia che ancora devo darti, Ryo...ti prego, qualsiasi cosa sia successa...sopravvivi...fallo per me, per noi...penso.                                             
Sto male, tanto male
... ! nemmeno mi accorgo che Umi ha fermato la macchina e mi aspetta; lo noto perché con un piccolo colpo di tosse richiama la mia attenzione. 

“Siamo arrivati” mi dice  scendendo dalla jeep; io resto in macchina e sollevo lo sguardo: è bellissimo, questo posto! Scendo, prendo la borsa con i miei effetti e mi guardo intorno...un piccolo fiume è poco lontano da questa radura ricoperta di fiori , il cielo è azzurro, c’è un bosco intorno a noi  e poi, voltandomi, vedo anche una casa. Non troppo grande,  è costruita con materiale grezzo e sembra dotata di tutto ciò che può servire. 

Umi mi aspetta sulla porta.  

“Vieni” dice, mettendo piede in casa; entro e subito mi accomodo, sono stanca, stravolta.  Lo ringrazio; lui mi fa solo che un cenno del capo poi esce, lo sento ripartire con la macchina. 

Che situazione! Dico tra me stendendomi su una sorta di divano che è tutto tranne che comodo; guardo il soffitto, penso che tutto questo è semplicemente assurdo. Una nausea mi prende e mi viene in mente di non avere ancora preso le pastiglie; afferro la borsa e le cerco, bevendoci pure una grande sorsata di acqua dalla bottiglietta che mi sono portata appresso. Presto sto meglio, torno a stendermi.                                                                         
Non vedo l’ ora che questa agonia finisca, non vedo l’ ora di avere qualche notizia su di te... è tutto così difficile!!! Dico sottovoce. Sono talmente scossa e stanca che perdo la cognizione del tempo e dello spazio; chiudo gli occhi e mi assopisco, ti vedo, so che sei vicino a me, lo sento.     
                                               

Quando riapro gli occhi mi trovo in una stanza che non conosco, ma è molto carina: deve esserci la mano di una donna, ne sono certa. C’è solo una luce, fievole, che arriva dal fondo; mi alzo e oltre alla luce sento una voce. E' Miki, parla piano. Ho quasi paura a muovermi ma prendo coraggio e  faccio comunque qualche passo perché non riesco a sentire bene ciò che dicono...ma perdo l’ equilibrio prima di capire dove possa essere perché non mi accorco delle mie scarpe lasciate fuori dalla porta... 

“Ahia” dico portandomi istintivamente le mani al ventre; per fortuna riesco a non cadere e finisco solo con le ginocchia a terra. Quando rialzo lo sguardo sento che tutto è silenzioso ma soprattutto vedo Miki in fondo al piccolo corridoio che precede, credo, le scale. Il suo sorriso dolce che ancora non conosco bene mi accoglie. 

“Ehi, tutto bene?” mi chiede mentre si avvicina. Il suo sguardo è molto dolce.

“Si, grazie” le rispondo. Vorrei chiederle altre mille cose , tuttavia mi trattengo ed un silenzio imbarazzante scende tra noi. Miki mi da una mano,  sono in piedi; un sorriso si allarga sul suo volto. 

“ Aspettavamo te. Ti va di seguirmi?” mi domanda.                                                 
 E’
 premurosa e soprattutto loquace, al contrario del marito.                               
Mi sistemo la maglia ed i capelli come dovessi andare ad un appuntamento...
sorrdio tra me. 
Annuisco. 

La seguo e scendiamo insieme quei pochi scalini che separano i due piccoli ambienti;  la mia vista comincia ad abituarsi e mette a fuoco un po' tutto. 

“Hai dormito parecchio, Kaori” dice lei, come avesse letto i miei pensieri ed il mio indugiare... “ sono le dieci di sera....e volevo dirti che siamo tutti vivi!” 

Mi fermo.
La fisso, lei mi fa un cenno con il capo. 
Siamo quasi arrivati, mi dice di fare attenzione agli scalini, io ascolto le sue parole e ho l’ istinto di cercarti, ma ho paura di restare delusa infatti mi fermo, rimango immobile, finchè lei non mi cinge i fianchi e mi sprona a continuare.                                                                                                                        
Si scosta i lunghi capelli neri dal viso, continua a camminare.

“Qui di sotto è un gran casino...” dice, ma il suo tono è allegro.                              
Gli occhi di Miki cercano i miei che ora sono incollati alle assi del pavimento e mi indicano una direzione. 

Sei li. 

Il mio cuore manca un battito. 

Sei li.                                                                                                                                   
Seduto sul divano,  appoggi la tua ampia schiena al supporto; qua e la noto escoriazioni, fasciature. I tuoi occhi sono chiusi come stessi riposando, hai un braccio al collo ed il tuo colorito è tutt’ altro che sano. 

Non capisco più nulla. 

Non vedo più  il sorriso di Mick , di fianco ad Umi grazie ad un paio di stampelle. 

Non vedo più Umi seduto davanti ad un bicchiere whisky e non sento le parole di Miky; mi avvicino a te, ho quasi paura a toccarti. 

“Ryo!” mormoro piano sfiorandoti il viso con la punta delle dita. Tu apri gli occhi , il tuo sorriso si allarga, il viso fa una smorfia di dolore. 

“...Sono tornato, amore mio”” mi dici.... allunghi una mano che posi sulla mia, vorresti alzarti ma non ci riesci. 

“...non muoverti” ti dico dolcemente sedendomi al tuo fianco facendo attenzione al braccio “sono qui, Ryo. Siamo qui...!” 

Rimaniamo senza parole. 

Che dire? Non c’è molto da dire: sono i nostri sguardi ed i nostri cuori a parlare, sono le nostre emozioni che iniziano a danzare piano cancellando tutto ciò che sta intorno a noi. Attimi che sanno di eternità, attimi che riempiono il mondo di gioia.                                                                                   
Scoppio a piangere, tu cerchi di sollevarti un poco e metterti comodo.              
Il tuo viso si avvicina al mio e finalmente ritrovo le labbra che ho sempre amato e che, dolci, sembrano non volersi staccare, come fossero calamite. 

“Sono tornato, ce l’ ho fatta” dici appoggiando  la tua fronte alla mia “ ...sono tornato...per te, per noi...e ti giuro che non ti lascerò mai più...è finito tutto” sussurri con voce tremante. 

Sorrido. 

Istintivamente allungo le mie mani verso le tue e cerco, senza farti male, di portarle verso me.  

Le appoggio al mio ventre. 

All’ inizio non capisci, sei confuso, ti stacchi dalla mia fronte ed i tuoi occhi iniziano a vagare: guardi me, poi il mio ventre...poi osservi Miki, Umi, Mick ed ancora, torni da me. 

“...D’0ra in poi...dovrai stare più attento, amore mio: dovrai tornare a casa ogni giorno sano e salvo per me, per te, per loro.” dico 

Sgrani gli occhi.  

La tua bocca si aspre, il labbro trema; balbetti qualcosa incomprensibile...la situazione appare perfino comica,ti dirò! ...Mick inizia a ridere, è qualcosa di liberatorio...persino sul viso di Umi compare una smorfia. 

“....Kaori...tu....” balbetti, incredulo, con gli occhi lucidi. Non riesci a non sorridere, non capisci più nulla.... 

Annuisco. Sorrido anche io , adesso. E’ contagioso. 

“....due gemelli! “ ti dice Mick facendo segno il vittoria.  

Ormai non si capisce più nulla. All’ improvviso ci troviamo in un vortice di sorrisi, lacrime, baci, parole. Umi e Mick fanno un brindisi, Miki è accanto a noi. Io e te, vicini, sembriamo imbambolati, persi nel nostro mondo. 

“Ti amo” mi dici senza smettere di sorridere e sfiorare il mio ventre, è tutto così magico... 

“Ti amo anche io, Ryo...anzi...anche noi !” rispondo sorridendo.   Non c’è nulla da aggiungere; non c’è altro da dire.  

“Andate, riposatevi” dice Miki dopo un attimo, spezzando l’ idillio; Umi si alza, aiuta Ryo a muoversi, lo sostiene mentre saliamo le scale; io  Miki li seguiamo. 

“Prendetevi qualche giorno. Noi ripartiremo domattina, Mick verrà con noi, ci penserò io a lui” mi dice mentre saliamo le scale , piano. Mi schiaccia l' occhio.
Mormoro un 
grazie appena percettibile, sorridiamo; ecco, ora siamo arrivati. 
Umi aiuta Ryo a mettersi a letto poi, finalmente, siamo soli e riesco  stendermi accanto a te. 

 I tuoi occhi brillano, sei stanco, ma resisti. Credo che tu abbia anche qualche linea di febbre...

“...Kaori io....” fai per dire; sorrido.. 

“Non dire nulla, Ryo. Ora riposati...abbiamo il resto della vita tutta per noi” dico; vedo le lacrime che iniziano a sgorgare dai tuoi occhi e mi avvicino, appoggio il mio viso alla tua spalla. Presto il pianto si trasforma in singhiozzi, ti lascio fare; lascio che questo pianto chiuda una fase della tua vita e spazzi via il dolore che ancora c’è o perlomeno inizi a farlo e tu...tu sembri, pian piano, calmarti. 

E’ tutto finito penso mentre ti accarezzo e senti il tuo respiro calmarsi e ringraziando mentalmente  tutti i nostri amici per ciò che hanno fatto. 

“E’ tutto finito” dici, dando vita ai miei pensieri, mentre la tua voce si affievolisce e piombi in un sonno profondo, finalmente sereno, finalmente senza incubi. 

   
 
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