Anime & Manga > Fairy Tail
Segui la storia  |       
Autore: Zoraya    07/05/2021    0 recensioni
Dal capitolo 2: "Nel momento in cui sollevarono lo sguardo, poterono tutte vedere un ragazzo dai capelli ora come i ciliegi in primavera, che era tenuto sospeso nel vuoto da un altro ragazzo. Il primo si divincolava e urlava la sua furia all’altro che si limitava a sbuffare.
-Piantala, deficiente!- lo rimbrottò, cercando di nascondere un ghigno di puro divertimento.
-Guarda che cretini!- esclamò Erza, a quel punto, buttando il proprio pranzo in terra, nella foga di alzarsi e correre sul tetto. Anche Mirajane, compagna di classe di Erza, si alzò, con più calma rispetto alla sua amica e si spostò leggermente in avanti, in modo da essere ben visibile dal tetto."
Una famiglia unita, amici fantastici e una vita che sembra fatta proprio per lei. E allora perché nei suoi incubi Lucy si sente stranamente al sicuro? Cosa nasconde quella vita così perfetta?
La vita che sta vivendo sembra sovrapporsi ad un'altra, piuttosto familiare...
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un urlo le fece aprire gli occhi e lo vide, davanti a lei, in piedi e arso di quelle fiamme che a lei facevano paura. Le fiamme di E.N.D., quelle di Ignia, erano in grado di svegliare la parte bestiale di lui, quella che di solito lei riusciva a calmare. Natsu era lì, arrabbiato come lei mai l’aveva visto.
-Tu!-. Un ringhio, non un urlo, era quello che era uscito dalla gola del ragazzo, che stava fronteggiando quell’uomo, quello che l’aveva scagliata lontano e che l’aveva incantata. Gli occhi di quell’uomo si soffermarono su Natsu, ignorando lei per la prima volta da quando era iniziata la guerra.
-Salamander. Quale onore uccidere il fratello di Zeref.- commentò l’altro, perfettamente calmo.
 
Le fiamme di Natsu sembravano dotate di vita propria e Lucy si ritrovò quasi incantata a guardarlo. Voleva parlare, alzarsi e fronteggiare il pericolo con lui, come aveva sempre fatto. Non ci riusciva, il suo corpo non rispondeva ai suoi ordini. Era davvero una bambola spezzata e non poteva fare altro che guardare Natsu.
-Hai fatto del male ai miei amici, hai fatto del male a Lucy. Sono io che devo ucciderti.- urlò il ragazzo, caricando il pugno contro il nemico. L’uomo si limitò a fare un sorrisetto e a muovere la mano destra: come era accaduto con le frecce di Lucy, anche le fiamme di Natsu sparirono prima di raggiungerlo. Peccato che comunque il ragazzo non fermò la sua avanzata. Non gli importava di avere o meno le fiamme, lo avrebbe colpito lo stesso. Lui aveva ferito Lucy, aveva scatenato una guerra contro i suoi compagni e aveva distrutto la gilda. L’istinto di ucciderlo era forte, troppo forte, non era da lui, ma non gli importava nemmeno di questo. L’unica cosa che contava era Lucy, dietro di lui, immobile in maniera innaturale.
 
Non gli aveva risposto quando l’aveva chiamata ed era successo di nuovo, come contro Dimaria. Lei era di nuovo immobile, al suolo, e lui non riusciva ad accettarlo. Non ci era riuscito prima e non ci sarebbe riuscito nemmeno adesso. Lucy morta era qualcosa che la sua mente non afferrava. Un buco nel petto, lì dove dovrebbe esserci il cuore, era l’unica cosa che riusciva a focalizzare. La sua morte non poteva essere colmata e il buco sarebbe rimasto lì, per l’eternità sanguinante e dolorante.
Le sue fiamme erano intrise da quel dolore che ogni singola pulsazione gli riversava addosso. Ogni respiro era una stilettata, ogni respiro gli ricordava che lei non ne avrebbe avuti più. E non gli importava più di niente se non di raggiungere quel corpo e crollare su lei, confessarle quello che per troppo tempo non le aveva detto. A che serviva dirle qualcosa che era così evidente? Ora aveva la risposta. Ed era un idiota perché lo aveva capito quando ormai non serviva più a nessuno, a lui in primis.
 
L’uomo lo scaraventò lontano, senza muovere nemmeno un muscolo. Natsu sbatté contro qualcuno e caddero entrambi in terra.
-Salamander, idiota! Che stai combinando?- urlò la persona sotto di lui, schiacciata dal suo peso tutt’altro che leggero. Natsu scattò in piedi, senza chiedere nemmeno scusa. Non aveva sentito niente, perché niente era paragonabile a quel dolore che gli stava già squarciando il petto. Quell’uomo si stava avvicinando di nuovo alla sua Lucy.
 
-Vattene a casa, ferraglia! Non è un posto per padri, questo.- ringhiò contro Gajeel che aveva attutito la sua caduta. Gajeel prese fiato per rispondere per le rime a quel fiammifero, ma vide la sua faccia, i suoi occhi e sentì uno stano senso di paura nei confronti di quello che era, di fatto, un membro della sua famiglia, anche se non glielo avrebbe mai detto e lo avrebbe negato in ogni modo.
 
-Che è successo?- chiese stupidamente. Infatti, perfino Natsu trovò il tempo di voltarsi a guardarlo scettico. Insomma, c’era una guerra, stavano combattendo tutti e stavano anche miseramente perdendo. Stava succedendo di tutto.
-Ti si è arrugginito il cervello.-. E Natsu fece un sorriso amaro, che non gli illuminò lo sguardo, ma lo rese, se possibile, ancora più cupo. Non perse altro tempo, però, e, sotto lo sguardo preoccupato di Gajeel, si lanciò di nuovo contro il suo avversario che torreggiava su una figura in terra.
 
Non ci volle molto al dragon slayer di ferro per capire che il motivo di quello sguardo era la persona accasciata in terra. Ancora meno ci mise per capire chi fosse. Era talmente ovvio e lui era talmente stupido. In un lampo seguì il suo rivale di sempre, perché anche la Bunny Girl era una di famiglia e non l’avrebbe abbandonata.
 
 
Laxus aveva abbandonato la maglietta da qualche parte, insieme al cappotto che indossava sempre. I suoi vestiti erano a brandelli e tutti i suoi organi urlavano pietà per il trattamento a cui li stava sottoponendo. Aveva bisogno di riposarsi, ma non poteva. Doveva difendere la gilda, i suoi amici, suo nonno… tutti. Non stava andando per niente bene e ne era consapevole. Stava pensando di lanciare il Fairy Law, ma nelle sue condizioni e con quell’esercito così vasto non sarebbe bastato e lui sarebbe stato messo fuori gioco proprio nel momento in cui serviva di più.
 
Non era abbastanza forte, non lo era mai stato e non poteva permettersi di arrendersi, né in quel momento né in ogni altro momento della sua vita. Doveva restare lì, su quel campo di battaglia, tra le fiamme nere che avvolgevano la città. Fiamme di cui Natsu non era il responsabile, per una volta. Paradossalmente quel fuoco non aveva nulla del calore di quello del ragazzo. Non c’erano sentimenti. Erano fiamme aride come il cuore di chi le aveva evocate.
 
Il suo sguardo passò oltre le rovine della chiesa che aveva davanti, oltre i corpi dei soldati e si fermò lì dove vedeva Wendy alle prese con un mago molto più forte di lei. Laxus rabbrividì. Percepiva il suo potere magico anche da quella distanza. Era troppo per una ragazzina come Wendy e toccava a lui fare qualcosa. Si mosse rapido verso di lei, accorgendosi, passo dopo passo che lei aveva attivato la dragon force e che, nonostante questo, era in svantaggio enorme. Riuscì a colpire l’avversario con un fulmine un secondo prima che lui colpisse la ragazzina, che si voltò a guardarlo.
 
-Dov’è il tuo gatto, ragazzina?- chiese, affiancandola. Wendy stava combattendo da sola e nessuna persona al mondo avrebbe dovuto lasciarla da sola; era troppo piccola per affrontare tutto quello.
-Charle e Happy sono andati a reclutare aiuto. Le comunicazioni via Lacrima hanno smesso di funzionare quando ci hanno attaccato.- rispose lei, piuttosto stranita dalla domanda. Laxus non poteva che essere d’accordo con lei. Anche lui si era stupito: non era la prima cosa a cui qualcuno avrebbe pensato in quella circostanza, ma non era riuscito a farne a meno. Era strano, per lui, vederla senza la sua costante ombra, la sua gatta bianca, sempre pronta a sacrificarsi e sempre pungente e sarcastica. Gli stava dannatamente simpatica.
 
-Siete piuttosto sicuri di voi stessi per mettervi a chiacchierare nel bel mezzo di una guerra.- li richiamò quell’uomo e Laxus aggrottò le sopracciglia. Conosceva quella voce, fin troppo bene. Si mise in guardia, pronto ad attaccare con tutte le sue forze, ma Wendy gli toccò il braccio con una mano.
-Da solo non ce la farai, Laxus-san. Dobbiamo cercare di unire le nostre forze.- gli disse, senza distogliere lo sguardo dall’uomo davanti a loro, che continuava a nascondere il viso con una maschera. Eppure, a Laxus quella sensazione sembrava familiare.
 
-Sono nelle tue mani, ragazzina.- commentò distrattamente. Chi era? Perché lo conosceva?
-Sei la vergogna della tua famiglia. Farti aiutare da una mocciosa.- sputò quello tra i denti e Laxus improvvisamente capì. Conosceva quell’uomo e anche troppo bene e non era possibile che fosse lì. Ne avevano perse le tracce qualche anno prima e lui personalmente pensava si fosse ritirato e arreso. Evidentemente aveva fatto male i suoi conti.
 
-Che ci fai tu qui?- domandò, sentendo la rabbia scorrere sotto la pelle e l’aria caricarsi di elettricità.
-Sono venuto a prendere quello che è mio di diritto.- rispose l’altro, togliendosi la maschera dal volto. Ivan Dreyar, suo padre, mostrò il suo brutto ghigno al figlio.
-Non c’è più Lumen Histoire. È stata distrutta.- gli disse. Una parte della mente di Laxus era impegnata a cercare di capire come avesse fatto il padre a diventare così forte: durante i Grandi Giochi della Magia lui era riuscito a sconfiggerlo piuttosto facilmente, nonostante ci fosse una certa disparità data dal fatto che suo padre lo aveva attaccato anche con tutti gli altri componenti della gilda. Ora, però, era strano. C’era qualcosa di diverso in lui e questo gli faceva venire i brividi.
 
Quell’uomo non meritava perdono ed era arrivato finalmente a capirlo anche lui. Suo nonno aveva fatto bene ad esiliarlo e a non chiedergli più di tornare. Anche Laxus era stata cacciato dalla gilda, aveva dovuto affrontare il mondo da solo e aveva visto cosa c’era fuori da lì, ma aveva imparato da quel tremendo periodo. La solitudine, che pure faceva ancora finta di amare e cercare, era riuscita a mostrargli la strada per la vera forza e la verità su se stesso che per anni aveva ignorato: lui era debole, tanto debole, per quello doveva difendere la sua gilda.
 
-Lumen Histoire è storia vecchia. A me spetta il mondo e me lo prenderò. Tu e quel bastardo di tuo nonno non potrete fermarmi questa volta. Il risveglio sta arrivando e finalmente vedrete quanto sia stata effimera la vostra vittoria.- replicò, mellifluo, allargando le braccia verso l’esterno.
-Arriva.- urlò Laxus, slanciandosi in avanti.
-Arms! Armor!- recitò Wendy in direzione dell’altro dragon slayer. –Sono incantesimi di potenziamento, Laxus-san!-.
 
Laxus caricò un pugno con tutta la forza che gli era rimasta e scoprì che gli incantesimi di Wendy erano davvero eccezionali. Suo padre evitò facilmente il colpo e gli lanciò contro una colonna d’acqua nera come la notte. Il ragazzo riuscì a buttarsi di lato prima di essere colpito. Da quando suo padre padroneggiava la magia dell’acqua? Il ghigno di Ivan si allargò.
-Credi ancora di potermi battere?- chiese, beffardo. Laxus digrignò i denti, ma non lo degnò di una risposta. Gli avrebbe mostrato la sua superiorità in campo e sì, lo avrebbe sconfitto. Si fermò e guardò la posizione del padre, alla ricerca di punti deboli. C’era sempre un punto debole. Dietro di lui sentiva Wendy borbottare altri incantesimi di supporto. Era una ragazzina in gamba, quella, si ritrovò a pensare.
-Sei già stanco?- lo sbeffeggiò ancora Ivan e Laxus si costrinse a fare un sorriso rilassato e arrogante. Uno di quelli in grado di far ribollire il sangue al nonno.
 
-Sei tu il vecchio, tra di noi.- lo sfidò. Sapeva che stava tirando la corda e che non era saggio far arrabbiare qualcuno di cui non si conosce la vera forza, ma non poteva farne a meno.
–Hai già miseramente perso contro di me, una volta.- gli ricordò, anche, gioendo internamente quando vide la rabbia brillare nei suoi occhi. Si scrocchiò le dita e allargò il suo sorriso arrogante. Wendy, stavolta, gli si mise accanto, con un’espressione così risoluta che lui non riuscì a dirle nulla per dissuaderla. Avrebbero combattuto fianco a fianco e sconfitto quell’uomo.
 
 
Juvia stringeva la mano di Gray. Dopo quell’esplosione di potere che aveva cristallizzato due dei tre maghi che avevano combattuto contro di loro e dopo che lei aveva atterrato il terzo, la ragazza aveva portato Gray al riparo e cercava di farlo riprendere. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma respirava ancora. Sembrava solo molto debole ed era ferito. Juvia era estremamente preoccupata per lui e non riusciva a staccarsi dal suo fianco. Sapeva di dover andare ad aiutare qualcuno, ma era più forte di lei. Non avrebbe mai abbandonato Gray-sama.
 
-Gray-sama…- mormorò, accarezzandogli il volto, cercando di pulirlo dalla cenere e dal sudore, ma ottenendo di sporcarlo ancora di più. Le urla intorno a lei le fecero drizzare i capelli sulla nuca. Conosceva quella voce, era Lucy. Urlava come se le stessero strappando gli organi interni a mani nude. Urlava più forte di come aveva fatto poco prima Gray.
Basta! Lasciatela stare! Lasciatela stare! Uccidetela! Datele pace!
 
Si tappò le orecchie con le mani, mentre lacrime copiose le bagnavano le guance. Non riusciva più a sopportare tutto quel dolore. Lucy, la sua amica, la sua rivale in amore preferita, non poteva soffrire così. Non era giusto. Un altro urlo riuscì a superare la barriera delle mani di Juvia e stavolta non si trattava di un suono inarticolato, ma di parole ben precise che il suo cervello ci mise tempo ad elaborare. Era Natsu quello che urlava. Quello ancora in piedi.
 
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo. E Juvia sentì il crepitio delle sue fiamme e poi la voce di Gajeel. Che diavolo ci faceva lui lì? Doveva stare con Levy e i bambini, non con loro! Quell’idiota! Se si fosse fatto uccidere, lei lo avrebbe ammazzato. Sarebbe prima andata a riprenderlo all’inferno e solo dopo lo avrebbe ammazzato con le sue stesse mani.
-Juvia.- mormorò Gray, attirando l’attenzione della ragazza, come sempre accadeva.
-Gray-sama, Juvia è accanto a te.- rispose dolcemente, togliendogli i capelli dagli occhi. Il ragazzo fece leva sulle mani per mettersi seduto, ma si arrese all’evidente assenza di forze e si lasciò ricadere con la testa sulle gambe della ragazza.
-Juvia, è buio qui dentro.- disse il ragazzo, voltando la testa di lato.
–Qualcuno ha spento i fuochi.- mormorò, come se non riuscisse a pensare ad altro.
 
Juvia trattenne un singhiozzo e avvertì qualcosa nel petto lacerarsi. Le lacrime continuavano a bagnarle il viso, ma cerco di tenere il basso il tono di voce.
-Sì, sei stato tu a spegnere tutto il fuoco.- sussurrò, accarezzandogli la testa. Alla luce delle fiamme la ragazza riusciva a vedere gli occhi di lui spalancati sul vuoto.
-Stai piangendo. Non piangere.- si lasciò sfuggire lui a fior di labbra. Juvia non ebbe nemmeno il tempo di cercare una scusa, perché lui crollò di nuovo. Solo allora la ragazza si lasciò sfuggire quei singhiozzi che la opprimevano.
 
Sentiva il suo petto lacerarsi ad ogni respiro e volse gli occhi al cielo, piena di rabbia. Perché a loro? Perché sempre a loro? Si piegò sul corpo di Gray, distrutta dal dolore e dalla rabbia, squassata dai singhiozzi. Aveva la nausea. Quell’odore di bruciato che impregnava l’aria, quel pugno allo stomaco che sentiva ogni volta che pensava alle urla di Lucy… tutto quello la nauseava. Voleva tornare a casa, andare via da lì, allontanarsi dalla rabbia e dal dolore. Le urla di Lucy erano qualcosa di cui non riusciva a liberarsi; le avrebbe sentite sempre nelle orecchie. Cosa le avevano fatto per farla urlare così? Poteva una persona sopravvivere a tutto quello? Stava per crollare, Juvia, abbandonarsi all’oblio, sperando di preservarsi… ma poi il suo sguardo annebbiato finì ancora su Gray-sama, che respirava piano, appoggiato a lei. Non poteva lasciarsi andare, non in quel momento, non con il ragazzo in quello stato. Doveva prima salvarlo, salvare tutti loro e poi avrebbe sfogato tutto quello che sentiva nell’anima.
-Stai tranquillo, Gray-sama, Juvia sa quello che fa.- gli mormorò nell’orecchio, prima di rinchiuderlo nella sua prigione d’acqua. Una fitta al cuore le ricordò di come aveva usato quell’incantesimo su Lucy la prima volta che l’aveva vista. Lucy. Forse sarebbe dovuta andare da lei. Lanciò uno sguardo intorno, per cercarla, ma l’unica cosa che vedeva era il fuoco di Natsu che investiva tutto l’angolo della strada. Non poteva avvicinarsi da lì, ma poteva aiutare Gajeel, che, in quel momento, era stato proiettato a qualche passo da lei.
 
-Gajeel, che ci fai qui?- chiese, avvicinandosi a lui e portandosi dietro la prigione d’acqua con Gray. Il ragazzo alzò lo sguardo.
-Che cos’ha?- chiese, con un cenno svogliato verso Gray. Fece una smorfia, guardandosi la gamba piegata in una strana angolazione.
-Ha usato gran parte del suo potere. Tu non dovresti essere qui!- disse con più forza la ragazza chinandosi su di lui e studiando la sua faccia.
-Lo so. Ho lasciato Lily con il bambino, ma dovevo cercare Levy. Era andata alla gilda prima che…-. Gajeel lasciò la frase in sospeso, indicando con un gesto della mano la devastazione che avevano intorno.
-Sì, Juvia l’ha vista. Il master l’ha allontanata. Le ha chiesto di far evacuare la città, prima dell’attacco. Probabilmente è lontana da qui, con Lily.-. La ragazza aveva un’espressione preoccupata in viso, per la sorte della sua amica e degli abitanti della città.
 
-Come ci siamo arrivati qui, Juvia?- chiese, stanco, Gajeel. Non riusciva a focalizzare nulla di quello che aveva intorno. Non era riuscito a fare nulla contro quell’uomo e non era neanche riuscito a tenere il passo con Salamander. Lui era quello che lo spaventava di più, in quel momento.
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- replicò la ragazza, mettendosi seduta accanto a lui. Non era una cosa che una persona normale avrebbe fatto, non in quel momento, ma Juvia aveva bisogno di riprendere fiato, di rendersi conto che non tutto era perduta, che erano ancora vivi e che ce l’avrebbero fatta, come sempre. Insieme.
-No, mi riferivo a me e te. Come ci siamo ritrovati qui? Perché?-. Gajeel, l’uomo di ferro, quello che cercava di non mostrare nemmeno un’emozione, nemmeno per sbaglio, volse su di lei i suoi occhi lucidi.
 
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- ripeté Juvia, accarezzandogli i capelli. Loro due non erano mai stati quel tipo di amici che hanno bisogno di dimostrarsi affetto attraverso il contatto fisico, ma in quel momento il ragazzo sembrava così fragile che Juvia non era riuscita a fermarsi.
-Princìpi del cazzo. Non li avevo prima e stavo meglio.- brontolò il ragazzo e fece una smorfia di dolore per la gamba. Aveva provato a spostarsi, ma non ci era riuscito. –La Bunny Girl… lei… non ho mai sentito nessuno soffrire così.- mormorò poi, abbassando lo sguardo. Juvia sentì gli occhi diventarle di nuovo lucidi, ma si impose di non piangere.
-Io… credo che abbiano mirato a lei dal principio.- continuò lui, cercando lo sguardo della ragazza.
-Perché l’avrebbero fatto?- chiese Juvia. Non riusciva davvero a comprendere quale interesse potessero avere quelli di Chimaera per Lucy.
-Per scatenare quello.-. Gajeel le indicò la colonna di fuoco all’angolo. Natsu nel pieno della sua furia.
 
Juvia sentiva il calore delle sue fiamma anche da lì. –Non l’hai visto, ma è spaventoso. Non è lui.-.
La ragazza annuì a se stessa. Percepiva che c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non stava andando bene. Quelle fiamme erano di Natsu, ma erano diverse dal solito, più crudeli, quasi, prive della brillantezza e di quella familiarità che avevano sempre avuto. Le fiamme di Natsu erano sempre state quelle di un caldo focolare, in grado di richiamare la compagnia e l’affetto, di far riunire una famiglia. Quelle che stava vedendo ora erano fiamme distruttive. Allontanavano, non avvicinavano. La spaventavano e la facevano sentire così piccola… una bambina sperduta.
 
-Juvia lo sente.- sussurrò e strinse le braccia intorno al suo corpo, cercando di sostenersi da sola.
-Devi aiutarmi, Juvia. Fammi alzare e aiutami a fermare Natsu.- le chiese Gajeel, stupendola non poco.
-Perché vuoi fermare Natsu-san? Credo che solo lui possa ribaltare questa situazione.- chiese, ma gli passò comunque il braccio intorno, permettendo al ragazzo di usarla come sostegno.
-Tu non l’hai visto. È tremendo. Si farà del male.-. Gajeel era preoccupato e non tentava nemmeno di nasconderlo. Salamander era fuori controllo e non era più in grado di distinguere gli amici dai nemici. Aveva perso totalmente il controllo da quando l’aveva sentita urlare in quel modo. Non che Gajeel avrebbe potuto dargli torto. Si sarebbe strappato il cuore a mani nude pur di non sentirla più.
-Juvia ti porterà via. Non ti farà affrontare Natsu-san.- lo riprese con forza Juvia, beccandosi uno sguardo di fuoco dal ragazzo.
-Dobbiamo aiutarlo! Juvia!-. Gajeel le urlò contro, pur appoggiandosi a lei con tutto il suo peso. Juvia non si scompose e sostenne il ragazzo, senza preoccuparsi troppo per la sua reazione.
 
-Gray-sama ha raccontato delle cose a Juvia. Non è la prima volta che Natsu perde il controllo. L’unica persona che può fermarlo è Lucy.- spiegò risoluta e iniziò a camminare, trascinando Gajeel con lei, troppo sconvolto per opporre resistenza. Davvero quella ragazza non si rendeva conto di nulla? Lei non aveva visto Lucy, non sapeva come stava, come lui si era quasi sentito male a vedere quel corpo tagliuzzato e la sua carne quasi ridotta a brandelli.
-Ma Lucy… lei non…- iniziò a dire, sentendo l’acido risalire lungo l’esofago. Non sarebbe riuscito a spiegare a Juvia quello che aveva visto e non sarebbe mai riuscito a toglierselo dalla mente a prescindere da quello che sarebbe successo da lì in avanti.
-Anche Juvia l’ha sentita urlare. Juvia crede che le abbiano fatto qualcosa di indicibile per ridurre Natsu-san in questo stato.- disse la ragazza. –Juvia deve portarti via da qui. Deve portarti da Levy-san.- spiegò ancora.
 
Non avrebbe sentito qualcun altro soffrire in quel modo e se era vero che non poteva più aiutare Lucy, poteva ancora fare qualcosa per chi rimaneva e non sarebbe rimasta in disparte a guardare. Non l’aveva mai fatto e non avrebbe iniziato adesso. Quella era la sua famiglia! Erano i ragazzi che l’avevano accolta anche quando sarebbe stato logico allontanarla. Erano le persone che l’avevano perdonata quando anche lei  faticava a perdonare se stessa. Non avrebbe mai potuto abbandonarli e sapeva che Gajeel la pensava allo stesso modo. Perché avrebbe cercato di gettarsi nelle fiamme di Natsu, altrimenti?
 
Le aveva chiesto come si erano ritrovati ad affrontare tutto questo, proprio loro due, le persone più distaccate di Phantom Lord, e lei gli aveva detto che lo avevano fatto per rispettare i loro princìpi morali, ma loro due non ne avevano mai avuti prima di Fairy Tail. Erano sempre andati alla deriva, guidati dalle scelte del Master che mai avevano pensato di mettere in discussione. Erano anime perse che sentivano di doversi adeguare all’immagine che gli altri avevano di loro. Mai si sarebbero sacrificati per i loro compagni, prima; mai si sarebbero immischiati in qualcosa più grande di loro se non sotto precisa richiesta del loro Master. Sopravvivere era l’unico principio che avevano, l’unica cosa che entrambi perseguivano. L’amicizia, l’amore, erano cose che non sapevano si potessero trovare in una gilda.
 
Juvia si era unita solo per avere un appoggio, ma aveva rinunciato all’idea che qualcuno potesse provare affetto per lei molto tempo prima. Ci aveva rinunciato e la gilda non aveva fatto altro che confermare la sua idea. Gajeel aveva vissuto più o meno la stessa cosa. Lui aveva bisogno di un luogo da cui partire e a cui tornare nelle sue peregrinazioni. Aveva bisogno di avere le spalle coperte per tutto quello che gli veniva in mente di combinare e quello aveva trovato. Un Master che approvava la violenza contro gli altri, anche contro i più deboli, in particolar modo contro i più deboli.
 
Poi, però, qualcosa era cambiato nelle loro vite, in maniera così repentina da destabilizzarli. Avevano incontrato quelli di Fairy Tail. Li avevano disprezzati così tanto all’inizio! Gajeel trovava patetiche quelle vuote parole di amicizia e affetto con cui si riempivano la bocca e con quella loro presunzione che la famiglia fosse l’unica cosa importante al mondo. Juvia, in fondo, dentro di lei, nella parte di lei che mai si era arresa, quella più nascosta, aveva provato invidia per loro. Unirsi a Fairy Tail aveva cambiato loro la vita e nonostante tutto quello che era successo loro in quegli anni, nonostante tutte le volte che avevano rischiato di morire, erano felici, entrambi, di aver trovato quel piccolo pezzo di mondo che potevano chiamare “casa”.
-D’accordo, Juvia, facciamo come vuoi tu. Posso provare a fidarmi di quell’idiota di Salamander, per una volta.- borbottò burbero Gajeel e nascose la sua preoccupazione sotto una finta indifferenza. Juvia gli fece un sorriso rassicurante e continuò a portarlo, non più a peso morto, sempre con Gray dietro di loro, nella sua prigione d’acqua.
 
 
Erza sentiva gli occhi bruciare e il sudore colarle lungo la schiena. Accanto a lei Cana stringeva così forte le sue carte da avere le dita bianche. Era cominciato tutto talmente in fretta che a malapena si era accorta di quello che era successo: un momento prima beveva sakè e quello dopo era affiancata dalla sua compagna di gilda nella lotta più difficile che avesse affrontato fino a quel momento. Erza gli aveva detto che era da tempo che lei e Gerard facevano ricerche sulla gilda Chimaera che sembrava fin troppo interessata a Natsu. Le aveva detto che il ragazzo ne aveva sentito parlare mentre lei era impegnata con la missione dei cento anni e aveva seguito le voci, fino a scoprire un gruppo di maghi estremamente potente. Talmente potente da superare Zeref stesso.
 
Erano venuti direttamente da un altro continente con l’idea di arrivare a governare il mondo intero a partire da Magnolia. Località certo non scelta per il fascino dei suoi ciliegi. Magnolia era il luogo in cui si trovava Natsu, persona fondamentale per loro, almeno stando a quanto aveva scoperto Gerard. Volevano usare il ragazzo in un rito dell’antica magia, per prelevare il potere di E.N.D. e scatenare l’inferno in terra.
Cana aveva sentito il forte impulso di bere alla fine del racconto che Erza le aveva fatto mentre correvano verso la cattedrale, per evitare la sua distruzione. Erano arrivate tardi, ovviamente, come erano arrivate tardi per salvare la città. Fortunatamente erano riusciti ad organizzarsi e a far evacuare tutti i cittadini. Almeno sperava fossero andati via tutti.
 
Sentì Erza scrocchiarsi le dita e si voltò a guardarla; appariva incredibilmente determinata, anche se la donna davanti a loro non sembrava minimamente colpita da tutti i loro attacchi e ridacchiava.
-Beh, direi che siamo alla fine dei giochi.- commentò la donna, sempre con quell’irritante sorrisetto sulle labbra.
–Mi sono stancata di voi.- concluse, liquidando la situazione con un gesto della mano, come se loro due non fossero altro che mosche e non esseri umani.
-Lo pensò anche io. È arrivata l’ora di distruggerti.- replicò Erza, perfettamente a suo agio. Aveva la sua armatura migliore, quella con cui si sentiva paradossalmente più protetta e al sicuro, anche se le lasciava tutto il corpo scoperto e alla mercé degli attacchi del nemico. Un taglio le deturpava il fianco sinistro e stava perdendo sangue da un po’, eppure non mostrava il minimo segno di cedimento.
 
Cana la invidiava. Lei si sentiva esausta. Il braccio destro era praticamente inutilizzabile e rotto e la sua magia stava finendo. Aveva usato Fairy Glitter, ma la maledetta non era stata nemmeno scalfita dall’incantesimo. Stava perdendo le speranze, la ragazza, e pensò che avrebbe voluto suo padre lì con lei. Gildarts non era ancora tornato alla gilda, ma lei sentiva che lui sarebbe arrivato in suo soccorso, come faceva sempre quando la gilda ne aveva bisogno.
-Riuscite ancora a camminare. Che tenerezza!-. La donna si passò la lingua sulle labbra, come se stesse assaporando un piatto incredibilmente succulento. Cana serrò i denti e non rispose, anche se la sua mente aveva partorito una serie di improperi uno peggio dell’altro.
 
-Sei molto sicura di te. Lo scontro non è ancora finito.- la richiamò Erza.
-Oh, mia cara, è finito nel momento in cui siamo arrivati in città. Ci stiamo solo divertendo con voi. Non lo senti anche tu?- le chiese l’altra, prendendo un respiro profondo a occhi chiusi. –Delizioso!- esclamò, sollevando le palpebre e piantando le sue pupille in quelle di Erza.
-Cosa dovrei sentire? La puzza di bruciato? O il tuo sporco odore?-. Cana applaudì mentalmente quell’uscita di Erza, ma si irrigidì. Che qualcosa non stava andando per il verso giusto lo sentiva anche lei.
-No, ovviamente no. L’odore di E.N.D.! Lui è qui!-. Sembrava emozionata come una bambina la mattina di Natale, quando trova il regalo tanto desiderato sotto l’albero.
 
Erza inarcò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto sicuro.
-Natsu ha distrutto il seme del demone e Lucy ha riscritto il libro. E.N.D. è sparito e non potrete mai averlo.- disse, assumendo la sua migliore posizione di attacco. Le successive parole della donna la congelarono sul posto e fecero scorrere dei brividi di paura lungo la schiena di Cana, che mai aveva avuto occasione di vedere il demone.
-Il libro è stato riscritto, è vero. Il vostro Natsu è umano, ma il demone è sempre lì, è un’altra anima nel suo corpo. Il seme è stato messo a riposo, ma non è mai morto. Il suo potere è in quel corpo e lui si è risvegliato. È sempre stato lì e tu lo sai.-. La sua voce era carezzevole e delicata, eppure fece crollare il mondo. Erza scosse la testa, stringendo convulsamente la katana tra le mani.
-No, no. Lui è morto… Natsu… Natsu è umano!- urlò, scacciando dalle mente quelle immagini che erano appena affiorate. Natsu che prendeva il fuoco di Ignia, Natsu che smetteva di ragionare, Natsu che perdeva il controllo… i suoi occhi e la sua perdita di memoria, come se un altro avesse preso il suo corpo in quel frangente. Scosse ancora la testa, ad occhi chiusi, come se questo potesse far sparire quello che era lampante, ora, per lei. Come se quel gesto potesse riportare indietro il mondo. Sentì un peso enorme crollarle sulle spalle.
 
-Natsu può anche avere un demone dentro di lui, ma dubito che si farà incatenare da voi. Anzi, conoscendolo starà distruggendo tutto quello che incontra sul suo cammino, compresi i tuoi compagni!- esclamò Cana, a quel punto, lanciando, contemporaneamente le sue carte contro la donna.
-Sciocca ragazza. Non hai imparato nulla dai tuoi attacchi precedenti?- le chiese lei, evitando agilmente tutte le carte.
-Ora!- urlò Cana, ignorando quello che le era stato detto. Subito, dalle carte lasciate cadere in terra, esplose una luce, un campo di forze si allungò verso la donna ed Erza si slanciò in avanti, mettendo nel colpo della sua katana tutta la rabbia e la frustrazione che le parole della maga avevano creato dentro di lei. La colpì, per la prima volta da che era iniziato il combattimento. Una ferita superficiale, ma comunque un bel passo avanti rispetto a pochi minuti prima.
 
-Ho chiesto a Freed di disegnare delle carte. Belle, vero?- chiese Cana, sorridendo ad Erza.
-Un campo che impedisce di usare il proprio potere magico. Ingegnoso.- replicò la ragazza, senza togliere gli occhi di dosso dalla maga, che si stava rialzando.
-Davvero ingegnoso, ma ti sei, letteralmente, giocata la tua carta migliore, piccola mia. Ora che lo so non mi farò fregare di nuovo dallo stesso trucco.- le fece notare l’altra. Aveva riacquistato quel sorrisetto sfrontato ed arrogante che mandava Cana fuori di testa. Avrebbe voluto cancellarglielo a suon di pugni in faccia!
-Non permetto neanche a mio padre di chiamarmi così, strega! Non sono la piccola di nessuno!- urlò, lanciando ancora delle carte verso di lei. La donna, stavolta, richiamò una folata di vento e disintegrò tutte quelle carte prima ancora di vederle arrivare a metà della strada che la divideva da quella ragazzina. Era davvero stanca di lei, la sua amica era più divertente. A riprova di questo, la maga si voltò per affrontare un nuovo attacco di Erza, che stavolta aveva capito il punto debole della maga, doveva solo costringerla ad usare la sua magia.
 
C’era un momento, infatti, in cui, nel lanciare la sua magia del vento, la donna perdeva del tutto la concentrazione sul mondo circostante. Una cosa di cui non si era accorta prima, troppo presa ad osservare il suo movimento delle mani per prevedere la direzione dell’attacco. Doveva farle scagliare ancora l’incantesimo e poi avvicinarsi quel tanto che bastava per colpirla con tutta la poca forza che le rimaneva. Faceva la commedia, Erza. Fingeva di stare meglio di quello che era. La ferita al fianco sanguinava copiosamente e la sua magia la stava abbandonando, ma continuava ad avere la forza di farsi vedere invincibile. Doveva farlo per Cana, doveva essere il punto di appoggio per la sua compagna in quella situazione così disperata. Doveva proteggere lei e tutti gli altri.
 
Erza era sempre stata una persona che metteva gli altri prima di se stessa. Lo aveva fatto sempre alla gilda. Si era sempre presa cura di Natsu e Gray, di Happy, di Lucy e poi di Wendy. Lei si era assunta il compito di essere una guida, un faro per quei ragazzi. Ci era riuscita così bene che anche la sua caduta era in grado di motivarli e di tirare fuori il meglio di loro. Quello che loro non sapevano è che lei riusciva a guidarli perché per prima si faceva guidare. La loro forza era la sua forza, lo era sempre stato, per questo non poteva permettersi di perdere la forza di Cana. Nemmeno per un istante la sua amica avrebbe dovuto vacillare. Insieme avrebbero superato anche questo.
 
Cana, falle usare di nuovo l’incantesimo.   
Le trasmise il pensiero grazie al collegamento telepatico che Warren aveva stabilito tra tutti loro. Sapeva che lo avrebbero sentito anche gli altri e, certamente, non ne sarebbero stati infastiditi. Anzi, avrebbero visto che c’erano ancora persone in grado di combattere, che Fairy Tail non era crollata e non sarebbe mai crollata. Le parole di Titania avrebbero risollevato ogni componente di quella incasinata famiglia e lo avrebbero aiutato a fare la sua parte per salvare la loro terra.
 
Cana fece un sorrisetto sghembo percependo qualcuno che si avvicinava a gran velocità. Eccolo! Lo sapeva che sarebbe arrivato e finalmente lei sentiva che la loro resistenza non era inutile. La gilda sarebbe sopravvissuta, perché Gildarts stava arrivando e avrebbe ucciso chiunque si fosse anche solo azzardato a guardare male la figlia, figuriamoci chi le aveva rotto il braccio. La ragazza non aveva certo bisogno di suo padre, ma era piacevole pensare che dalla loro parte c’era un mago così potente. Con un gesto fluido della mano sinistra lanciò le carte.
 
La maga sorrise e si preparò a scagliare l’incantesimo. Erza strinse forte la sua katana. Accadde in una frazione di secondo: l’incantesimo fu lanciato ed Erza ci entrò dentro, raggiungendo la donna al costato con la punta della sua arma. Si era resa conto, dall’esterno, che avrebbe avuto delle difficoltà entrando nel vortice, ma non pensava che sarebbe stato così. Le lame di vento le tagliavano la carne e la facevano urlare di dolore, mentre il suo corpo era totalmente in balia del movimento dell’aria. Riprendere il controllo del suo braccio le richiese più forza ed energia del previsto e la ferita che aveva procurato alla maga non sarebbe stata sufficiente a far terminare lo scontro.
 
-Erzaaa!- urlò Cana, quando vide l’amica crollare a terra. Fece per andare verso di lei, ma la maga la bloccò al suo posto.
-Stupida ragazzina! Ti ammazzo!- urlò la donna, lanciando il suo micidiale incantesimo contro Cana che ebbe solo il tempo di portarsi le braccia davanti al volto. Aspettò l’impatto con il mulinello di vento per un tempo che le parve infinito, talmente lungo che si costrinse a guardare e quello che vide le fece venire voglia di strapparsi gli occhi con le sue stesse mani. Erza era davanti a lei, trasportata in aria, priva di sensi. Sangue e brandelli di pelle della ragazza si muovevano nel turbine, mentre la donna rideva, con una luce folle nello sguardo.
-Muori! Muori!- continuava a dire, tra le risa. Cana sgranò gli occhi e cadde bocconi in terra. Era finita. Neanche la grande Titania poteva farcela quella volta.
-In realtà, credo sia arrivato il tuo turno di morire.- intervenne una voce gelida dietro di lei. Cana non ebbe neanche bisogno di voltarsi per sapere chi era. –Hai osato fare del male a mia figlia e stai torturando una mia compagna. Non credo che potrò perdonarti, anche se sei una bella donna.- concluse Gildarts, ammiccando verso la figlia che lo guardava riconoscente.
 
 
Quando Natsu sentì Lucy urlare il suo primo pensiero fu di pura felicità: la ragazza non era morta, respirava ancora, quindi non tutto era perduto. Questi i pensieri che, indicativamente, gli avevano attraversato la mente nel secondo che gli era occorso per capire cosa stesse accadendo. Il secondo dopo, ovviamente, una rabbia fuori dal comune gli aveva annebbiato anche quel poco raziocinio che gli era rimasto. Natsu sentiva il suo potere nelle vene, bruciargli il terrore, che lo aveva invaso quando aveva pensato che lei fosse morta, il disgusto che aveva provato per se stesso, per essere stato così lento, bruciare perfino la sua umanità e lasciare solo quell’ira assoluta. Aveva il pieno controllo del suo potere ora, di quel potere che per anni aveva cercato di cacciare via da sé, perché pericoloso, perché non umano.
 
Quel giorno, lì, su quel campo di battaglia, per la prima da che aveva scoperto di essere per metà un demone, creato dal desiderio di suo fratello di avere una seconda possibilità, Natsu pensò che la sua umanità, non era poi così importante. A che serviva restare umano se lei non era lì? Se non poteva condividerla con lei? Aveva di nuovo provato quel dolore atroce di perderla, forte come quando aveva visto la Lucy del futuro accasciarsi al suolo solo perché lui- anche quella volta- era stato lento o come quando l’aveva vista alla mercé di Dimaria. Sempre troppo debole e troppo lento per salvare lei. Di nuovo, lo schema si era ripetuto: lui cercava di raggiungerla, lei gli crollava davanti. Stupido, stupido Natsu.
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo e si buttò sull’uomo davanti a lui, Master Isaac, come si era presentato quando lo aveva vista fuori controllo.
-No, tu sei il mio Re. E.N.D., Signore del potere supremo!- replicò Isaac, totalmente esaltato, riuscendo, comunque, ad evitare l’attacco del suo signore e facendo infuriare ancora di più il ragazzo.
-Io sono NATSU!-.
 
Era stanco di dover ripetere sempre e a chiunque questa cosa così dannatamente semplice. Lui non era un demone, non era un drago, non era niente di più che Natsu e si sforzava tutti i giorni affinché “solo Natsu” fosse abbastanza. Attaccò di nuovo, stavolta con ancora più ferocia. Nessuno poteva permettersi di prendersela in quel modo con Lucy e quelle urla lancinanti ancora le sentiva risuonare nella scatola cranica e, più giù, nella gabbia toracica che sembrava ancora troppo stretta per contenere quella matassa di emozioni che si erano risvegliate. Avrebbe affondato le sue mani nel sangue di quell’uomo e lo avrebbe punito per quello che aveva osato farle, per come l’aveva ridotta, in fin di vita, talmente stremata e dolorante che a malapena gli aveva risposto quando l’aveva chiamata. Sentirla urlare in quel modo aveva risollevato momentaneamente la parte di lui che l’aveva creduta morta, ma aveva anche risvegliato un dolore profondo. Aveva sofferto con lei. Ogni urlo era una stilettata al cuore, ogni lacrima una ferita sulla carne. Non riusciva a sopportarlo. Doveva mettere fine a quella situazione. Voleva mettere fine a quella situazione.
 
Voleva dormire, possibilmente nel letto di Lucy, con lei accanto che faceva finta di non accorgersi che era entrato dalla finestra, ma che lasciava sempre aperta solo per lui.
-Lasciati colpire, bastardo!- gli urlò contro, quando Isaac schivò un altro attacco. L’uomo non sembrava interessato a colpirlo, aveva qualche altra cosa in mente.
-Mio signore, sei sconvolto ora, è chiaro, ma presto ti accorgerai che quello che ho fatto era inevitabile. Solo questo avrebbe potuto garantire la tua venuta.- gli spiegò Isaac, allungando le braccia verso il cielo nero, senza una stella.
-Che diamine dici? Quale venuta?- chiese, quasi suo malgrado, Natsu. Una parte di lui era curiosa di sapere che cosa quell’uomo avesse in mente.
-La tua venuta E.N.D. può avvenire solo attraverso il fuoco, la distruzione e la morte. Dalle ceneri del mondo il tuo potere risorge. Ti nutri di questo, mio signore, e sei apparso quando tutti e tre i criteri si sono realizzati.- disse Isaac, mostrandogli, con gesto, le fiamme che ardevano in ogni punto della città, la distruzione tutto intorno e poi… Lucy. Lucy, che lui copriva con il suo corpo.
 
Inconsciamente Natsu si voltò a guardarla e vide i suoi occhi aperti che già lo fissavano con un debole sorriso e il suo petto alzarsi e abbassarsi a fatica. Non riusciva a muoversi, era piuttosto evidente, come erano evidenti le ferite che aveva sull’addome, sulle braccia e sulle gambe, piegate in una strana angolazione. Natsu si sforzò di rassicurarla in qualche modo, ma le parole non volevano saperne di venire fuori. Erano bloccate da qualche parte nella gola, impigliate nel nodo che gli bloccava il respiro nel vederla in quello stato.
Va tutto bene, Lucy. Ti porto via di qui. Dammi solo qualche minuto.
 
Questo avrebbe voluto e dovuto dirle, ma non ci riusciva. Gli sembrava tutta una sporca bugia, perché per la prima volta nella vita aveva la sensazione che non sarebbe andata per niente bene, che anche se avesse vinto quello scontro, non ci sarebbe stato un lieto fine. Lucy sembrò recepire qualcosa, perché allargò il suo sorriso dolce, nonostante fosse visibilmente stremata, e tentò di sollevare la mano destra, lì, dove aveva il marchio della gilda. Il movimento non fu mai portato a termine e la ragazza lasciò ricadere il braccio che era riuscita a sollevare solo per pochi centimetri dal suolo. Bastò la sua intenzione per accendere il fuoco di Natsu e caricarlo di nuova energia. Si voltò furente verso Master Isaac, mentre una colonna di fuoco illuminava il cielo.
 
-Lucy è ancora viva, idiota, il tuo piano è fallito!- gli urlò contro. Master Isaac poté vedere la ragione lasciare quegli occhi e il fuoco prendere possesso di qualsiasi cosa. Un fuoco in grado di bruciare il cielo, la terra e l’inferno stesso. Il fuoco di E.N.D. si era risvegliato e lui aveva già l’incantesimo pronto sulla punta della lingua. Avrebbe intrappolato il potere del demone, lo avrebbe legato a sé e avrebbe conquistato il mondo intero. Era arrivato finalmente il suo momento, quando qualcosa lo colpì come un pugno, togliendogli il fiato. Una consapevolezza improvvisa lo stordì. Come un fulmine, nella sua testa balenò quella sensazione destabilizzante che metteva a repentaglio tutto.
 
Quelle non erano le fiamme di E.N.D., non potevano essere loro. Bruciavano più dell’inferno, ma non era il potere del demone. Quelle erano le fiamme di Natsu. Quel ragazzino aveva preso totale possesso del potere del suo demone e lo aveva trasformato. Abbassò la guardia, mentre la futilità del suo piano, la sua superbia nel non considerare prima quella possibilità, nella sua volontà di non studiare quei maghi di Fairy Tail più del dovuto, gli rimbombavano in testa, insieme ad un’idea alternativa, a qualcosa che avrebbe potuto comunque usare per i suoi scopi. Quella distrazione, però, fu sufficiente per Natsu che lo investì con tutta la sua potenza, sbalzandolo qualche metro più in là. Mater Isaac rimase senza fiato nel provare su di sé quel calore tremendo, quel dolore, che straripava dal corpo del ragazzo davanti a lui e rise tra sé per la sua ingenuità.
 
Doveva immaginarlo, quella ragazzina era brava, aveva fatto bene il suo dovere e aveva riscritto correttamente il libro del demone. D’altronde era riuscita a sopravvivere alla sua illusione, si era accorta che era tutta una finzione e se n’era liberata. Aveva trovato la via della realtà tutta da sola, nonostante lui avesse creato un mondo meraviglioso per lei, un mondo in grado di attirare e inglobarla e ucciderla, come una mosca nella tela di un ragno. Un vero peccato che non avesse preferito il suo mondo e la morte pulita che aveva voluto regalarle. Sorrise, alzandosi in piedi di nuovo. Natsu aveva domato il potere di E.N.D., aveva reso pieno di luce quel potere così demoniaco, ma non ci era riuscito da solo. La luce veniva dalla ragazzina e lui vi avrebbe messo la parola fine e in modo crudele, lungo e doloroso.
 
Lanciò uno sguardo di sfida a Natsu e chiuse le dita della mano destra a pugno. Quasi immediatamente le urla di Lucy ripresero in modo ancora più violento di prima. Sembrava le stessero strappando la pelle dalle ossa, ma stavolta nessuna ferita appariva sulla sua pelle lesionata.
-Lucy! Smettila! Prenditela con me! Sono io il tuo avversario!- urlò Natsu, cercando di attirare l’attenzione su di sé.
Strappami il cuore! Uccidimi! Rendimi cieco e sordo, ma lascia stare lei!
Natsu preparò il suo ruggito più potente, lo riempì di tutta la sua disperazione e lo scagliò contro il suo avversario che rimase immobile, come se non potesse essere toccato dal ragazzo. In effetti il fuoco si divise, passando alla destra e alla sinistra di Isaac e lasciandolo illeso al centro.
-La sto bruciando dall’interno, pezzo per pezzo. Morire tra le fiamme, la morte perfetta per una come lei.- disse Isaac, perfettamente calmo, e un sorriso allegro gli si dipinse sul volto.
-Vuoi E.N.D., vero? Prendilo, tutto il suo potere è tuo, ma lasciala stare.-. Natsu crollò in ginocchio, mentre calde lacrime gli affollavano gli occhi. Non lo sopportava più, non era in grado di tollerare ancora tutto quel dolore.
-Non funziona così, avevi ragione. Serve anche la morte per completare il risveglio.-.
 
Quelle parole penetrarono nella mente annebbiata di Natsu. Il ragazzo ci mise un po’ ad elaborarle, ma quando la verità lo illuminò, rialzò lo sguardo che fino a quel momento aveva tenuto basso.
-Serve una morte, eh? Lasciala andare o l’unica morte che vedrai sarà la mia!- minacciò, sicuro di aver trovato la carta vincente, almeno quella volta.
-E con che cosa ti sarai la morte? Illuminami.- lo sfotté Isaac, sempre con quel sorrisetto sul volto. Stavolta anche Natsu sorrise, riuscendo perfino ad ignorare le urla della ragazza.
Non preoccuparti Lucy! Resisti un altro po’. Giuro che ti salverò.
 
-Questa era una città.- si limitò a dire, rialzandosi e stringendo tra le dita un pezzo di vetro di una finestra che era esplosa durante gli scontri. Il sorriso di Master Isaac svanì lentamente dal suo volto.
-Lo faresti davvero?- chiese, pur conoscendo già la risposta. Aveva studiato abbastanza il contenitore di E.N.D., sapeva che avrebbe fatto di tutto per i suoi amici, in particolare per quella Lucy. Per questo aveva scelto lei come grilletto per risvegliare il demone.
-Lasciala andare, vecchio, e forse potresti ottenere quello che vuoi. Mi hai fatto davvero arrabbiare.-.
Master Isaac aprì la mano destra e le urla di Lucy si interruppero all’improvviso, così come erano cominciate.
 
Ancora un altro po’, Lucy, e poi ti porterò via da qui.
Doveva sconfiggerlo, ma prima doveva capire quale era il suo punto debole. Le fiamme non sembravano funzionare, eppure prima era riuscito a colpirlo. Cosa era successo prima? Natsu continuava a tenere lo sguardo puntato sull’uomo, mentre il suo cervello lavorava senza posa. Aveva abbassato la guardia, per questo era riuscito a colpirlo. Doveva farlo distrarre in qualche modo, ma come? Si rigirò il pezzo di vetro tra le mani. Prima uno dei suoi incantesimi più potenti lo aveva ferito, ma non troppo gravemente. Contro un mostro del genere che cosa avrebbe dovuto fare? Liberare davvero tutto il potere di E.N.D. che sentiva agitarsi dentro di lui?
 
Una fitta improvvisa al dito lo distolse dai suoi pensieri e si accorse di essersi tagliato con il vetro e un’idea si fece pian piano largo nella sua mente.
-Sono tutto un fuoco!- esclamò con il suo sorriso più esaltato. Di nuovo una colonna di fuoco lo avvolse, non riuscendo a nascondere agli occhi di Isaac quello che stava facendo. Natsu ammiccò verso di lui e si tagliò il polso destro, incidendo la carne profondamente.
-NO! MIO SIGNORE!- urlò Isaac, con tutto il fiato che aveva in gola e si slanciò verso di lui, per cercare di fermarlo. Il fuoco di Natsu si riempì dei fulmini di Laxus e si riversò tutto contro il Master che venne avvolto da quel potere tremendo.
 
Eccolo! Il potere di E.N.D.! Era lì, mescolato a quello di Natsu, poteva sentirlo mentre lottava contro la sua controparte fatta di pura luce. Poteva sentirlo sulla pelle che si riempiva di bolle spaventose e si carbonizzava sotto il suo sguardo. Qualcuno stava urlando. Buffo, sembrava la sua voce. Era lui che urlava? No, lui aveva trovato il vero potere, che importanza poteva avere la morte di fronte a ciò?
 
Natsu crollò in ginocchio per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Le urla di Isaac erano ancora nelle sue orecchie e lui era così stanco. Il sangue colava caldo dal suo polso lacerato e si infilava tra le sue dita. Il terreno sembrava così comodo…
-Na…tsu.-. Quella voce così bassa e rantolante non sembrava per niente la voce di Lucy. Natsu provò a mettersi in piedi, ma le gambe gli cedettero e si ritrovò di nuovo carponi. La raggiunse così, allora, strisciando fino a lei, ancora immobile.
-Lucy.- sussurrò, crollandole addosso, la testa incastrata nell’incavo del collo di lei.
–Credevo fosse troppo tardi.- continuò, cercando la sua mano e intrecciando le loro dita. Aveva nel naso il suo buon odore e si sentiva finalmente bene. A casa.
-Natsu… io... devo dirti… Natsu…- iniziò Lucy, rantolando. Ogni parola che le usciva dalle labbra sembrava pesante, a malapena riusciva a muovere la bocca e ad articolare i suoni, ma doveva dirgli quello che da troppo tempo sentiva dentro. Lui si tirò su il tanto che bastava per guardarla negli occhi e regalarle uno dei suoi sorrisi più belli.
-Me lo dici a casa, dopo che avremo vinto.- le disse.
Ti amo, Natsu.
 -Adesso… dammi qualche minuto, Lucy, sono stanco. Solo pochi minuti.-. Quelle parole le sussurrò praticamente nell’orecchio della ragazza, tornando nella posizione di prima.
Ti amo anche io, Lucy.
 
Natsu era pesante, ma Lucy non si sarebbe mai sottratta a quell’abbraccio, per nulla al mondo. Lo sentiva su di sé, lo sentiva respirare piano, sentiva il suo cuore contro la pelle, battere all’unisono con il proprio. Il dolore che sentiva per le ferite non contava, nulla contava, tranne Natsu, il suo odore e la presa sulla sua mano. Mosse il braccio libero, ignorando le stilettate di dolore, e lo sollevò fino ad arrivare alla testa del ragazzo, fino ad affondare le dita tra i suoi capelli. Lo sentì sospirare e rilassarsi contro di lei e fu allora che si permise di rilassarsi a sua volta e di chiudere gli occhi.
 
 
 
NOTE:
Eccoci qui, al quinto capitolo, se non ho sbagliato i conti da brava distratta quale sono. Questo è stato il primo capitolo che ho scritto di questa mini-long ed ero indecisa se partire da questo e poi raccontare il resto tramite un lungo flash-back o organizzare la storia come poi ho fatto.
Lo so, lo scontro con il master non è stato bellissimo, me ne rendo conto e l’espediente usato è stato poco intelligente, ma è stata l’unica cosa che mi è venuta in mente, in quel momento. Il master era troppo forte e non sapevo come fare…
Diciamo che qui riprendo le fila di tutti i personaggi comparsi nel primo capitolo. Inizialmente questo doveva essere l’ultimo capitolo in assoluto, lasciando un finale aperto a varie interpretazioni. Poi ho pensato di creare due finali, molto diversi tra loro, ma ne ho scritto solo uno, che penso di pubblicare, ma ci devo ancora riflettere (magari faccio finire la storia così ahahah).
Passando alla parte della “dichiarazione”, anche qui ci sono due interpretazioni: Lucy e Natsu hanno approfittato della telepatia di Warren oppure hanno letto l’uno i sentimenti dell’altra e non si sono realmente confessati i loro sentimenti. Lascio libero sfogo all’immaginazione.
Non credo di avere altro da dire. Come al solito, qualsiasi errore notiate potete scrivermelo senza problemi.
Un abbraccio!   
Un urlo le fece aprire gli occhi e lo vide, davanti a lei, in piedi e arso di quelle fiamme che a lei facevano paura. Le fiamme di E.N.D., quelle di Ignia, erano in grado di svegliare la parte bestiale di lui, quella che di solito lei riusciva a calmare. Natsu era lì, arrabbiato come lei mai l’aveva visto.
-Tu!-. Un ringhio, non un urlo, era quello che era uscito dalla gola del ragazzo, che stava fronteggiando quell’uomo, quello che l’aveva scagliata lontano e che l’aveva incantata. Gli occhi di quell’uomo si soffermarono su Natsu, ignorando lei per la prima volta da quando era iniziata la guerra.
-Salamander. Quale onore uccidere il fratello di Zeref.- commentò l’altro, perfettamente calmo.
 
Le fiamme di Natsu sembravano dotate di vita propria e Lucy si ritrovò quasi incantata a guardarlo. Voleva parlare, alzarsi e fronteggiare il pericolo con lui, come aveva sempre fatto. Non ci riusciva, il suo corpo non rispondeva ai suoi ordini. Era davvero una bambola spezzata e non poteva fare altro che guardare Natsu.
-Hai fatto del male ai miei amici, hai fatto del male a Lucy. Sono io che devo ucciderti.- urlò il ragazzo, caricando il pugno contro il nemico. L’uomo si limitò a fare un sorrisetto e a muovere la mano destra: come era accaduto con le frecce di Lucy, anche le fiamme di Natsu sparirono prima di raggiungerlo. Peccato che comunque il ragazzo non fermò la sua avanzata. Non gli importava di avere o meno le fiamme, lo avrebbe colpito lo stesso. Lui aveva ferito Lucy, aveva scatenato una guerra contro i suoi compagni e aveva distrutto la gilda. L’istinto di ucciderlo era forte, troppo forte, non era da lui, ma non gli importava nemmeno di questo. L’unica cosa che contava era Lucy, dietro di lui, immobile in maniera innaturale.
 
Non gli aveva risposto quando l’aveva chiamata ed era successo di nuovo, come contro Dimaria. Lei era di nuovo immobile, al suolo, e lui non riusciva ad accettarlo. Non ci era riuscito prima e non ci sarebbe riuscito nemmeno adesso. Lucy morta era qualcosa che la sua mente non afferrava. Un buco nel petto, lì dove dovrebbe esserci il cuore, era l’unica cosa che riusciva a focalizzare. La sua morte non poteva essere colmata e il buco sarebbe rimasto lì, per l’eternità sanguinante e dolorante.
Le sue fiamme erano intrise da quel dolore che ogni singola pulsazione gli riversava addosso. Ogni respiro era una stilettata, ogni respiro gli ricordava che lei non ne avrebbe avuti più. E non gli importava più di niente se non di raggiungere quel corpo e crollare su lei, confessarle quello che per troppo tempo non le aveva detto. A che serviva dirle qualcosa che era così evidente? Ora aveva la risposta. Ed era un idiota perché lo aveva capito quando ormai non serviva più a nessuno, a lui in primis.
 
L’uomo lo scaraventò lontano, senza muovere nemmeno un muscolo. Natsu sbatté contro qualcuno e caddero entrambi in terra.
-Salamander, idiota! Che stai combinando?- urlò la persona sotto di lui, schiacciata dal suo peso tutt’altro che leggero. Natsu scattò in piedi, senza chiedere nemmeno scusa. Non aveva sentito niente, perché niente era paragonabile a quel dolore che gli stava già squarciando il petto. Quell’uomo si stava avvicinando di nuovo alla sua Lucy.
 
-Vattene a casa, ferraglia! Non è un posto per padri, questo.- ringhiò contro Gajeel che aveva attutito la sua caduta. Gajeel prese fiato per rispondere per le rime a quel fiammifero, ma vide la sua faccia, i suoi occhi e sentì uno stano senso di paura nei confronti di quello che era, di fatto, un membro della sua famiglia, anche se non glielo avrebbe mai detto e lo avrebbe negato in ogni modo.
 
-Che è successo?- chiese stupidamente. Infatti, perfino Natsu trovò il tempo di voltarsi a guardarlo scettico. Insomma, c’era una guerra, stavano combattendo tutti e stavano anche miseramente perdendo. Stava succedendo di tutto.
-Ti si è arrugginito il cervello.-. E Natsu fece un sorriso amaro, che non gli illuminò lo sguardo, ma lo rese, se possibile, ancora più cupo. Non perse altro tempo, però, e, sotto lo sguardo preoccupato di Gajeel, si lanciò di nuovo contro il suo avversario che torreggiava su una figura in terra.
 
Non ci volle molto al dragon slayer di ferro per capire che il motivo di quello sguardo era la persona accasciata in terra. Ancora meno ci mise per capire chi fosse. Era talmente ovvio e lui era talmente stupido. In un lampo seguì il suo rivale di sempre, perché anche la Bunny Girl era una di famiglia e non l’avrebbe abbandonata.
 
 
Laxus aveva abbandonato la maglietta da qualche parte, insieme al cappotto che indossava sempre. I suoi vestiti erano a brandelli e tutti i suoi organi urlavano pietà per il trattamento a cui li stava sottoponendo. Aveva bisogno di riposarsi, ma non poteva. Doveva difendere la gilda, i suoi amici, suo nonno… tutti. Non stava andando per niente bene e ne era consapevole. Stava pensando di lanciare il Fairy Law, ma nelle sue condizioni e con quell’esercito così vasto non sarebbe bastato e lui sarebbe stato messo fuori gioco proprio nel momento in cui serviva di più.
 
Non era abbastanza forte, non lo era mai stato e non poteva permettersi di arrendersi, né in quel momento né in ogni altro momento della sua vita. Doveva restare lì, su quel campo di battaglia, tra le fiamme nere che avvolgevano la città. Fiamme di cui Natsu non era il responsabile, per una volta. Paradossalmente quel fuoco non aveva nulla del calore di quello del ragazzo. Non c’erano sentimenti. Erano fiamme aride come il cuore di chi le aveva evocate.
 
Il suo sguardo passò oltre le rovine della chiesa che aveva davanti, oltre i corpi dei soldati e si fermò lì dove vedeva Wendy alle prese con un mago molto più forte di lei. Laxus rabbrividì. Percepiva il suo potere magico anche da quella distanza. Era troppo per una ragazzina come Wendy e toccava a lui fare qualcosa. Si mosse rapido verso di lei, accorgendosi, passo dopo passo che lei aveva attivato la dragon force e che, nonostante questo, era in svantaggio enorme. Riuscì a colpire l’avversario con un fulmine un secondo prima che lui colpisse la ragazzina, che si voltò a guardarlo.
 
-Dov’è il tuo gatto, ragazzina?- chiese, affiancandola. Wendy stava combattendo da sola e nessuna persona al mondo avrebbe dovuto lasciarla da sola; era troppo piccola per affrontare tutto quello.
-Charle e Happy sono andati a reclutare aiuto. Le comunicazioni via Lacrima hanno smesso di funzionare quando ci hanno attaccato.- rispose lei, piuttosto stranita dalla domanda. Laxus non poteva che essere d’accordo con lei. Anche lui si era stupito: non era la prima cosa a cui qualcuno avrebbe pensato in quella circostanza, ma non era riuscito a farne a meno. Era strano, per lui, vederla senza la sua costante ombra, la sua gatta bianca, sempre pronta a sacrificarsi e sempre pungente e sarcastica. Gli stava dannatamente simpatica.
 
-Siete piuttosto sicuri di voi stessi per mettervi a chiacchierare nel bel mezzo di una guerra.- li richiamò quell’uomo e Laxus aggrottò le sopracciglia. Conosceva quella voce, fin troppo bene. Si mise in guardia, pronto ad attaccare con tutte le sue forze, ma Wendy gli toccò il braccio con una mano.
-Da solo non ce la farai, Laxus-san. Dobbiamo cercare di unire le nostre forze.- gli disse, senza distogliere lo sguardo dall’uomo davanti a loro, che continuava a nascondere il viso con una maschera. Eppure, a Laxus quella sensazione sembrava familiare.
 
-Sono nelle tue mani, ragazzina.- commentò distrattamente. Chi era? Perché lo conosceva?
-Sei la vergogna della tua famiglia. Farti aiutare da una mocciosa.- sputò quello tra i denti e Laxus improvvisamente capì. Conosceva quell’uomo e anche troppo bene e non era possibile che fosse lì. Ne avevano perse le tracce qualche anno prima e lui personalmente pensava si fosse ritirato e arreso. Evidentemente aveva fatto male i suoi conti.
 
-Che ci fai tu qui?- domandò, sentendo la rabbia scorrere sotto la pelle e l’aria caricarsi di elettricità.
-Sono venuto a prendere quello che è mio di diritto.- rispose l’altro, togliendosi la maschera dal volto. Ivan Dreyar, suo padre, mostrò il suo brutto ghigno al figlio.
-Non c’è più Lumen Histoire. È stata distrutta.- gli disse. Una parte della mente di Laxus era impegnata a cercare di capire come avesse fatto il padre a diventare così forte: durante i Grandi Giochi della Magia lui era riuscito a sconfiggerlo piuttosto facilmente, nonostante ci fosse una certa disparità data dal fatto che suo padre lo aveva attaccato anche con tutti gli altri componenti della gilda. Ora, però, era strano. C’era qualcosa di diverso in lui e questo gli faceva venire i brividi.
 
Quell’uomo non meritava perdono ed era arrivato finalmente a capirlo anche lui. Suo nonno aveva fatto bene ad esiliarlo e a non chiedergli più di tornare. Anche Laxus era stata cacciato dalla gilda, aveva dovuto affrontare il mondo da solo e aveva visto cosa c’era fuori da lì, ma aveva imparato da quel tremendo periodo. La solitudine, che pure faceva ancora finta di amare e cercare, era riuscita a mostrargli la strada per la vera forza e la verità su se stesso che per anni aveva ignorato: lui era debole, tanto debole, per quello doveva difendere la sua gilda.
 
-Lumen Histoire è storia vecchia. A me spetta il mondo e me lo prenderò. Tu e quel bastardo di tuo nonno non potrete fermarmi questa volta. Il risveglio sta arrivando e finalmente vedrete quanto sia stata effimera la vostra vittoria.- replicò, mellifluo, allargando le braccia verso l’esterno.
-Arriva.- urlò Laxus, slanciandosi in avanti.
-Arms! Armor!- recitò Wendy in direzione dell’altro dragon slayer. –Sono incantesimi di potenziamento, Laxus-san!-.
 
Laxus caricò un pugno con tutta la forza che gli era rimasta e scoprì che gli incantesimi di Wendy erano davvero eccezionali. Suo padre evitò facilmente il colpo e gli lanciò contro una colonna d’acqua nera come la notte. Il ragazzo riuscì a buttarsi di lato prima di essere colpito. Da quando suo padre padroneggiava la magia dell’acqua? Il ghigno di Ivan si allargò.
-Credi ancora di potermi battere?- chiese, beffardo. Laxus digrignò i denti, ma non lo degnò di una risposta. Gli avrebbe mostrato la sua superiorità in campo e sì, lo avrebbe sconfitto. Si fermò e guardò la posizione del padre, alla ricerca di punti deboli. C’era sempre un punto debole. Dietro di lui sentiva Wendy borbottare altri incantesimi di supporto. Era una ragazzina in gamba, quella, si ritrovò a pensare.
-Sei già stanco?- lo sbeffeggiò ancora Ivan e Laxus si costrinse a fare un sorriso rilassato e arrogante. Uno di quelli in grado di far ribollire il sangue al nonno.
 
-Sei tu il vecchio, tra di noi.- lo sfidò. Sapeva che stava tirando la corda e che non era saggio far arrabbiare qualcuno di cui non si conosce la vera forza, ma non poteva farne a meno.
–Hai già miseramente perso contro di me, una volta.- gli ricordò, anche, gioendo internamente quando vide la rabbia brillare nei suoi occhi. Si scrocchiò le dita e allargò il suo sorriso arrogante. Wendy, stavolta, gli si mise accanto, con un’espressione così risoluta che lui non riuscì a dirle nulla per dissuaderla. Avrebbero combattuto fianco a fianco e sconfitto quell’uomo.
 
 
Juvia stringeva la mano di Gray. Dopo quell’esplosione di potere che aveva cristallizzato due dei tre maghi che avevano combattuto contro di loro e dopo che lei aveva atterrato il terzo, la ragazza aveva portato Gray al riparo e cercava di farlo riprendere. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma respirava ancora. Sembrava solo molto debole ed era ferito. Juvia era estremamente preoccupata per lui e non riusciva a staccarsi dal suo fianco. Sapeva di dover andare ad aiutare qualcuno, ma era più forte di lei. Non avrebbe mai abbandonato Gray-sama.
 
-Gray-sama…- mormorò, accarezzandogli il volto, cercando di pulirlo dalla cenere e dal sudore, ma ottenendo di sporcarlo ancora di più. Le urla intorno a lei le fecero drizzare i capelli sulla nuca. Conosceva quella voce, era Lucy. Urlava come se le stessero strappando gli organi interni a mani nude. Urlava più forte di come aveva fatto poco prima Gray.
Basta! Lasciatela stare! Lasciatela stare! Uccidetela! Datele pace!
 
Si tappò le orecchie con le mani, mentre lacrime copiose le bagnavano le guance. Non riusciva più a sopportare tutto quel dolore. Lucy, la sua amica, la sua rivale in amore preferita, non poteva soffrire così. Non era giusto. Un altro urlo riuscì a superare la barriera delle mani di Juvia e stavolta non si trattava di un suono inarticolato, ma di parole ben precise che il suo cervello ci mise tempo ad elaborare. Era Natsu quello che urlava. Quello ancora in piedi.
 
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo. E Juvia sentì il crepitio delle sue fiamme e poi la voce di Gajeel. Che diavolo ci faceva lui lì? Doveva stare con Levy e i bambini, non con loro! Quell’idiota! Se si fosse fatto uccidere, lei lo avrebbe ammazzato. Sarebbe prima andata a riprenderlo all’inferno e solo dopo lo avrebbe ammazzato con le sue stesse mani.
-Juvia.- mormorò Gray, attirando l’attenzione della ragazza, come sempre accadeva.
-Gray-sama, Juvia è accanto a te.- rispose dolcemente, togliendogli i capelli dagli occhi. Il ragazzo fece leva sulle mani per mettersi seduto, ma si arrese all’evidente assenza di forze e si lasciò ricadere con la testa sulle gambe della ragazza.
-Juvia, è buio qui dentro.- disse il ragazzo, voltando la testa di lato.
–Qualcuno ha spento i fuochi.- mormorò, come se non riuscisse a pensare ad altro.
 
Juvia trattenne un singhiozzo e avvertì qualcosa nel petto lacerarsi. Le lacrime continuavano a bagnarle il viso, ma cerco di tenere il basso il tono di voce.
-Sì, sei stato tu a spegnere tutto il fuoco.- sussurrò, accarezzandogli la testa. Alla luce delle fiamme la ragazza riusciva a vedere gli occhi di lui spalancati sul vuoto.
-Stai piangendo. Non piangere.- si lasciò sfuggire lui a fior di labbra. Juvia non ebbe nemmeno il tempo di cercare una scusa, perché lui crollò di nuovo. Solo allora la ragazza si lasciò sfuggire quei singhiozzi che la opprimevano.
 
Sentiva il suo petto lacerarsi ad ogni respiro e volse gli occhi al cielo, piena di rabbia. Perché a loro? Perché sempre a loro? Si piegò sul corpo di Gray, distrutta dal dolore e dalla rabbia, squassata dai singhiozzi. Aveva la nausea. Quell’odore di bruciato che impregnava l’aria, quel pugno allo stomaco che sentiva ogni volta che pensava alle urla di Lucy… tutto quello la nauseava. Voleva tornare a casa, andare via da lì, allontanarsi dalla rabbia e dal dolore. Le urla di Lucy erano qualcosa di cui non riusciva a liberarsi; le avrebbe sentite sempre nelle orecchie. Cosa le avevano fatto per farla urlare così? Poteva una persona sopravvivere a tutto quello? Stava per crollare, Juvia, abbandonarsi all’oblio, sperando di preservarsi… ma poi il suo sguardo annebbiato finì ancora su Gray-sama, che respirava piano, appoggiato a lei. Non poteva lasciarsi andare, non in quel momento, non con il ragazzo in quello stato. Doveva prima salvarlo, salvare tutti loro e poi avrebbe sfogato tutto quello che sentiva nell’anima.
-Stai tranquillo, Gray-sama, Juvia sa quello che fa.- gli mormorò nell’orecchio, prima di rinchiuderlo nella sua prigione d’acqua. Una fitta al cuore le ricordò di come aveva usato quell’incantesimo su Lucy la prima volta che l’aveva vista. Lucy. Forse sarebbe dovuta andare da lei. Lanciò uno sguardo intorno, per cercarla, ma l’unica cosa che vedeva era il fuoco di Natsu che investiva tutto l’angolo della strada. Non poteva avvicinarsi da lì, ma poteva aiutare Gajeel, che, in quel momento, era stato proiettato a qualche passo da lei.
 
-Gajeel, che ci fai qui?- chiese, avvicinandosi a lui e portandosi dietro la prigione d’acqua con Gray. Il ragazzo alzò lo sguardo.
-Che cos’ha?- chiese, con un cenno svogliato verso Gray. Fece una smorfia, guardandosi la gamba piegata in una strana angolazione.
-Ha usato gran parte del suo potere. Tu non dovresti essere qui!- disse con più forza la ragazza chinandosi su di lui e studiando la sua faccia.
-Lo so. Ho lasciato Lily con il bambino, ma dovevo cercare Levy. Era andata alla gilda prima che…-. Gajeel lasciò la frase in sospeso, indicando con un gesto della mano la devastazione che avevano intorno.
-Sì, Juvia l’ha vista. Il master l’ha allontanata. Le ha chiesto di far evacuare la città, prima dell’attacco. Probabilmente è lontana da qui, con Lily.-. La ragazza aveva un’espressione preoccupata in viso, per la sorte della sua amica e degli abitanti della città.
 
-Come ci siamo arrivati qui, Juvia?- chiese, stanco, Gajeel. Non riusciva a focalizzare nulla di quello che aveva intorno. Non era riuscito a fare nulla contro quell’uomo e non era neanche riuscito a tenere il passo con Salamander. Lui era quello che lo spaventava di più, in quel momento.
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- replicò la ragazza, mettendosi seduta accanto a lui. Non era una cosa che una persona normale avrebbe fatto, non in quel momento, ma Juvia aveva bisogno di riprendere fiato, di rendersi conto che non tutto era perduta, che erano ancora vivi e che ce l’avrebbero fatta, come sempre. Insieme.
-No, mi riferivo a me e te. Come ci siamo ritrovati qui? Perché?-. Gajeel, l’uomo di ferro, quello che cercava di non mostrare nemmeno un’emozione, nemmeno per sbaglio, volse su di lei i suoi occhi lucidi.
 
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- ripeté Juvia, accarezzandogli i capelli. Loro due non erano mai stati quel tipo di amici che hanno bisogno di dimostrarsi affetto attraverso il contatto fisico, ma in quel momento il ragazzo sembrava così fragile che Juvia non era riuscita a fermarsi.
-Princìpi del cazzo. Non li avevo prima e stavo meglio.- brontolò il ragazzo e fece una smorfia di dolore per la gamba. Aveva provato a spostarsi, ma non ci era riuscito. –La Bunny Girl… lei… non ho mai sentito nessuno soffrire così.- mormorò poi, abbassando lo sguardo. Juvia sentì gli occhi diventarle di nuovo lucidi, ma si impose di non piangere.
-Io… credo che abbiano mirato a lei dal principio.- continuò lui, cercando lo sguardo della ragazza.
-Perché l’avrebbero fatto?- chiese Juvia. Non riusciva davvero a comprendere quale interesse potessero avere quelli di Chimaera per Lucy.
-Per scatenare quello.-. Gajeel le indicò la colonna di fuoco all’angolo. Natsu nel pieno della sua furia.
 
Juvia sentiva il calore delle sue fiamma anche da lì. –Non l’hai visto, ma è spaventoso. Non è lui.-.
La ragazza annuì a se stessa. Percepiva che c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non stava andando bene. Quelle fiamme erano di Natsu, ma erano diverse dal solito, più crudeli, quasi, prive della brillantezza e di quella familiarità che avevano sempre avuto. Le fiamme di Natsu erano sempre state quelle di un caldo focolare, in grado di richiamare la compagnia e l’affetto, di far riunire una famiglia. Quelle che stava vedendo ora erano fiamme distruttive. Allontanavano, non avvicinavano. La spaventavano e la facevano sentire così piccola… una bambina sperduta.
 
-Juvia lo sente.- sussurrò e strinse le braccia intorno al suo corpo, cercando di sostenersi da sola.
-Devi aiutarmi, Juvia. Fammi alzare e aiutami a fermare Natsu.- le chiese Gajeel, stupendola non poco.
-Perché vuoi fermare Natsu-san? Credo che solo lui possa ribaltare questa situazione.- chiese, ma gli passò comunque il braccio intorno, permettendo al ragazzo di usarla come sostegno.
-Tu non l’hai visto. È tremendo. Si farà del male.-. Gajeel era preoccupato e non tentava nemmeno di nasconderlo. Salamander era fuori controllo e non era più in grado di distinguere gli amici dai nemici. Aveva perso totalmente il controllo da quando l’aveva sentita urlare in quel modo. Non che Gajeel avrebbe potuto dargli torto. Si sarebbe strappato il cuore a mani nude pur di non sentirla più.
-Juvia ti porterà via. Non ti farà affrontare Natsu-san.- lo riprese con forza Juvia, beccandosi uno sguardo di fuoco dal ragazzo.
-Dobbiamo aiutarlo! Juvia!-. Gajeel le urlò contro, pur appoggiandosi a lei con tutto il suo peso. Juvia non si scompose e sostenne il ragazzo, senza preoccuparsi troppo per la sua reazione.
 
-Gray-sama ha raccontato delle cose a Juvia. Non è la prima volta che Natsu perde il controllo. L’unica persona che può fermarlo è Lucy.- spiegò risoluta e iniziò a camminare, trascinando Gajeel con lei, troppo sconvolto per opporre resistenza. Davvero quella ragazza non si rendeva conto di nulla? Lei non aveva visto Lucy, non sapeva come stava, come lui si era quasi sentito male a vedere quel corpo tagliuzzato e la sua carne quasi ridotta a brandelli.
-Ma Lucy… lei non…- iniziò a dire, sentendo l’acido risalire lungo l’esofago. Non sarebbe riuscito a spiegare a Juvia quello che aveva visto e non sarebbe mai riuscito a toglierselo dalla mente a prescindere da quello che sarebbe successo da lì in avanti.
-Anche Juvia l’ha sentita urlare. Juvia crede che le abbiano fatto qualcosa di indicibile per ridurre Natsu-san in questo stato.- disse la ragazza. –Juvia deve portarti via da qui. Deve portarti da Levy-san.- spiegò ancora.
 
Non avrebbe sentito qualcun altro soffrire in quel modo e se era vero che non poteva più aiutare Lucy, poteva ancora fare qualcosa per chi rimaneva e non sarebbe rimasta in disparte a guardare. Non l’aveva mai fatto e non avrebbe iniziato adesso. Quella era la sua famiglia! Erano i ragazzi che l’avevano accolta anche quando sarebbe stato logico allontanarla. Erano le persone che l’avevano perdonata quando anche lei  faticava a perdonare se stessa. Non avrebbe mai potuto abbandonarli e sapeva che Gajeel la pensava allo stesso modo. Perché avrebbe cercato di gettarsi nelle fiamme di Natsu, altrimenti?
 
Le aveva chiesto come si erano ritrovati ad affrontare tutto questo, proprio loro due, le persone più distaccate di Phantom Lord, e lei gli aveva detto che lo avevano fatto per rispettare i loro princìpi morali, ma loro due non ne avevano mai avuti prima di Fairy Tail. Erano sempre andati alla deriva, guidati dalle scelte del Master che mai avevano pensato di mettere in discussione. Erano anime perse che sentivano di doversi adeguare all’immagine che gli altri avevano di loro. Mai si sarebbero sacrificati per i loro compagni, prima; mai si sarebbero immischiati in qualcosa più grande di loro se non sotto precisa richiesta del loro Master. Sopravvivere era l’unico principio che avevano, l’unica cosa che entrambi perseguivano. L’amicizia, l’amore, erano cose che non sapevano si potessero trovare in una gilda.
 
Juvia si era unita solo per avere un appoggio, ma aveva rinunciato all’idea che qualcuno potesse provare affetto per lei molto tempo prima. Ci aveva rinunciato e la gilda non aveva fatto altro che confermare la sua idea. Gajeel aveva vissuto più o meno la stessa cosa. Lui aveva bisogno di un luogo da cui partire e a cui tornare nelle sue peregrinazioni. Aveva bisogno di avere le spalle coperte per tutto quello che gli veniva in mente di combinare e quello aveva trovato. Un Master che approvava la violenza contro gli altri, anche contro i più deboli, in particolar modo contro i più deboli.
 
Poi, però, qualcosa era cambiato nelle loro vite, in maniera così repentina da destabilizzarli. Avevano incontrato quelli di Fairy Tail. Li avevano disprezzati così tanto all’inizio! Gajeel trovava patetiche quelle vuote parole di amicizia e affetto con cui si riempivano la bocca e con quella loro presunzione che la famiglia fosse l’unica cosa importante al mondo. Juvia, in fondo, dentro di lei, nella parte di lei che mai si era arresa, quella più nascosta, aveva provato invidia per loro. Unirsi a Fairy Tail aveva cambiato loro la vita e nonostante tutto quello che era successo loro in quegli anni, nonostante tutte le volte che avevano rischiato di morire, erano felici, entrambi, di aver trovato quel piccolo pezzo di mondo che potevano chiamare “casa”.
-D’accordo, Juvia, facciamo come vuoi tu. Posso provare a fidarmi di quell’idiota di Salamander, per una volta.- borbottò burbero Gajeel e nascose la sua preoccupazione sotto una finta indifferenza. Juvia gli fece un sorriso rassicurante e continuò a portarlo, non più a peso morto, sempre con Gray dietro di loro, nella sua prigione d’acqua.
 
 
Erza sentiva gli occhi bruciare e il sudore colarle lungo la schiena. Accanto a lei Cana stringeva così forte le sue carte da avere le dita bianche. Era cominciato tutto talmente in fretta che a malapena si era accorta di quello che era successo: un momento prima beveva sakè e quello dopo era affiancata dalla sua compagna di gilda nella lotta più difficile che avesse affrontato fino a quel momento. Erza gli aveva detto che era da tempo che lei e Gerard facevano ricerche sulla gilda Chimaera che sembrava fin troppo interessata a Natsu. Le aveva detto che il ragazzo ne aveva sentito parlare mentre lei era impegnata con la missione dei cento anni e aveva seguito le voci, fino a scoprire un gruppo di maghi estremamente potente. Talmente potente da superare Zeref stesso.
 
Erano venuti direttamente da un altro continente con l’idea di arrivare a governare il mondo intero a partire da Magnolia. Località certo non scelta per il fascino dei suoi ciliegi. Magnolia era il luogo in cui si trovava Natsu, persona fondamentale per loro, almeno stando a quanto aveva scoperto Gerard. Volevano usare il ragazzo in un rito dell’antica magia, per prelevare il potere di E.N.D. e scatenare l’inferno in terra.
Cana aveva sentito il forte impulso di bere alla fine del racconto che Erza le aveva fatto mentre correvano verso la cattedrale, per evitare la sua distruzione. Erano arrivate tardi, ovviamente, come erano arrivate tardi per salvare la città. Fortunatamente erano riusciti ad organizzarsi e a far evacuare tutti i cittadini. Almeno sperava fossero andati via tutti.
 
Sentì Erza scrocchiarsi le dita e si voltò a guardarla; appariva incredibilmente determinata, anche se la donna davanti a loro non sembrava minimamente colpita da tutti i loro attacchi e ridacchiava.
-Beh, direi che siamo alla fine dei giochi.- commentò la donna, sempre con quell’irritante sorrisetto sulle labbra.
–Mi sono stancata di voi.- concluse, liquidando la situazione con un gesto della mano, come se loro due non fossero altro che mosche e non esseri umani.
-Lo pensò anche io. È arrivata l’ora di distruggerti.- replicò Erza, perfettamente a suo agio. Aveva la sua armatura migliore, quella con cui si sentiva paradossalmente più protetta e al sicuro, anche se le lasciava tutto il corpo scoperto e alla mercé degli attacchi del nemico. Un taglio le deturpava il fianco sinistro e stava perdendo sangue da un po’, eppure non mostrava il minimo segno di cedimento.
 
Cana la invidiava. Lei si sentiva esausta. Il braccio destro era praticamente inutilizzabile e rotto e la sua magia stava finendo. Aveva usato Fairy Glitter, ma la maledetta non era stata nemmeno scalfita dall’incantesimo. Stava perdendo le speranze, la ragazza, e pensò che avrebbe voluto suo padre lì con lei. Gildarts non era ancora tornato alla gilda, ma lei sentiva che lui sarebbe arrivato in suo soccorso, come faceva sempre quando la gilda ne aveva bisogno.
-Riuscite ancora a camminare. Che tenerezza!-. La donna si passò la lingua sulle labbra, come se stesse assaporando un piatto incredibilmente succulento. Cana serrò i denti e non rispose, anche se la sua mente aveva partorito una serie di improperi uno peggio dell’altro.
 
-Sei molto sicura di te. Lo scontro non è ancora finito.- la richiamò Erza.
-Oh, mia cara, è finito nel momento in cui siamo arrivati in città. Ci stiamo solo divertendo con voi. Non lo senti anche tu?- le chiese l’altra, prendendo un respiro profondo a occhi chiusi. –Delizioso!- esclamò, sollevando le palpebre e piantando le sue pupille in quelle di Erza.
-Cosa dovrei sentire? La puzza di bruciato? O il tuo sporco odore?-. Cana applaudì mentalmente quell’uscita di Erza, ma si irrigidì. Che qualcosa non stava andando per il verso giusto lo sentiva anche lei.
-No, ovviamente no. L’odore di E.N.D.! Lui è qui!-. Sembrava emozionata come una bambina la mattina di Natale, quando trova il regalo tanto desiderato sotto l’albero.
 
Erza inarcò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto sicuro.
-Natsu ha distrutto il seme del demone e Lucy ha riscritto il libro. E.N.D. è sparito e non potrete mai averlo.- disse, assumendo la sua migliore posizione di attacco. Le successive parole della donna la congelarono sul posto e fecero scorrere dei brividi di paura lungo la schiena di Cana, che mai aveva avuto occasione di vedere il demone.
-Il libro è stato riscritto, è vero. Il vostro Natsu è umano, ma il demone è sempre lì, è un’altra anima nel suo corpo. Il seme è stato messo a riposo, ma non è mai morto. Il suo potere è in quel corpo e lui si è risvegliato. È sempre stato lì e tu lo sai.-. La sua voce era carezzevole e delicata, eppure fece crollare il mondo. Erza scosse la testa, stringendo convulsamente la katana tra le mani.
-No, no. Lui è morto… Natsu… Natsu è umano!- urlò, scacciando dalle mente quelle immagini che erano appena affiorate. Natsu che prendeva il fuoco di Ignia, Natsu che smetteva di ragionare, Natsu che perdeva il controllo… i suoi occhi e la sua perdita di memoria, come se un altro avesse preso il suo corpo in quel frangente. Scosse ancora la testa, ad occhi chiusi, come se questo potesse far sparire quello che era lampante, ora, per lei. Come se quel gesto potesse riportare indietro il mondo. Sentì un peso enorme crollarle sulle spalle.
 
-Natsu può anche avere un demone dentro di lui, ma dubito che si farà incatenare da voi. Anzi, conoscendolo starà distruggendo tutto quello che incontra sul suo cammino, compresi i tuoi compagni!- esclamò Cana, a quel punto, lanciando, contemporaneamente le sue carte contro la donna.
-Sciocca ragazza. Non hai imparato nulla dai tuoi attacchi precedenti?- le chiese lei, evitando agilmente tutte le carte.
-Ora!- urlò Cana, ignorando quello che le era stato detto. Subito, dalle carte lasciate cadere in terra, esplose una luce, un campo di forze si allungò verso la donna ed Erza si slanciò in avanti, mettendo nel colpo della sua katana tutta la rabbia e la frustrazione che le parole della maga avevano creato dentro di lei. La colpì, per la prima volta da che era iniziato il combattimento. Una ferita superficiale, ma comunque un bel passo avanti rispetto a pochi minuti prima.
 
-Ho chiesto a Freed di disegnare delle carte. Belle, vero?- chiese Cana, sorridendo ad Erza.
-Un campo che impedisce di usare il proprio potere magico. Ingegnoso.- replicò la ragazza, senza togliere gli occhi di dosso dalla maga, che si stava rialzando.
-Davvero ingegnoso, ma ti sei, letteralmente, giocata la tua carta migliore, piccola mia. Ora che lo so non mi farò fregare di nuovo dallo stesso trucco.- le fece notare l’altra. Aveva riacquistato quel sorrisetto sfrontato ed arrogante che mandava Cana fuori di testa. Avrebbe voluto cancellarglielo a suon di pugni in faccia!
-Non permetto neanche a mio padre di chiamarmi così, strega! Non sono la piccola di nessuno!- urlò, lanciando ancora delle carte verso di lei. La donna, stavolta, richiamò una folata di vento e disintegrò tutte quelle carte prima ancora di vederle arrivare a metà della strada che la divideva da quella ragazzina. Era davvero stanca di lei, la sua amica era più divertente. A riprova di questo, la maga si voltò per affrontare un nuovo attacco di Erza, che stavolta aveva capito il punto debole della maga, doveva solo costringerla ad usare la sua magia.
 
C’era un momento, infatti, in cui, nel lanciare la sua magia del vento, la donna perdeva del tutto la concentrazione sul mondo circostante. Una cosa di cui non si era accorta prima, troppo presa ad osservare il suo movimento delle mani per prevedere la direzione dell’attacco. Doveva farle scagliare ancora l’incantesimo e poi avvicinarsi quel tanto che bastava per colpirla con tutta la poca forza che le rimaneva. Faceva la commedia, Erza. Fingeva di stare meglio di quello che era. La ferita al fianco sanguinava copiosamente e la sua magia la stava abbandonando, ma continuava ad avere la forza di farsi vedere invincibile. Doveva farlo per Cana, doveva essere il punto di appoggio per la sua compagna in quella situazione così disperata. Doveva proteggere lei e tutti gli altri.
 
Erza era sempre stata una persona che metteva gli altri prima di se stessa. Lo aveva fatto sempre alla gilda. Si era sempre presa cura di Natsu e Gray, di Happy, di Lucy e poi di Wendy. Lei si era assunta il compito di essere una guida, un faro per quei ragazzi. Ci era riuscita così bene che anche la sua caduta era in grado di motivarli e di tirare fuori il meglio di loro. Quello che loro non sapevano è che lei riusciva a guidarli perché per prima si faceva guidare. La loro forza era la sua forza, lo era sempre stato, per questo non poteva permettersi di perdere la forza di Cana. Nemmeno per un istante la sua amica avrebbe dovuto vacillare. Insieme avrebbero superato anche questo.
 
Cana, falle usare di nuovo l’incantesimo.   
Le trasmise il pensiero grazie al collegamento telepatico che Warren aveva stabilito tra tutti loro. Sapeva che lo avrebbero sentito anche gli altri e, certamente, non ne sarebbero stati infastiditi. Anzi, avrebbero visto che c’erano ancora persone in grado di combattere, che Fairy Tail non era crollata e non sarebbe mai crollata. Le parole di Titania avrebbero risollevato ogni componente di quella incasinata famiglia e lo avrebbero aiutato a fare la sua parte per salvare la loro terra.
 
Cana fece un sorrisetto sghembo percependo qualcuno che si avvicinava a gran velocità. Eccolo! Lo sapeva che sarebbe arrivato e finalmente lei sentiva che la loro resistenza non era inutile. La gilda sarebbe sopravvissuta, perché Gildarts stava arrivando e avrebbe ucciso chiunque si fosse anche solo azzardato a guardare male la figlia, figuriamoci chi le aveva rotto il braccio. La ragazza non aveva certo bisogno di suo padre, ma era piacevole pensare che dalla loro parte c’era un mago così potente. Con un gesto fluido della mano sinistra lanciò le carte.
 
La maga sorrise e si preparò a scagliare l’incantesimo. Erza strinse forte la sua katana. Accadde in una frazione di secondo: l’incantesimo fu lanciato ed Erza ci entrò dentro, raggiungendo la donna al costato con la punta della sua arma. Si era resa conto, dall’esterno, che avrebbe avuto delle difficoltà entrando nel vortice, ma non pensava che sarebbe stato così. Le lame di vento le tagliavano la carne e la facevano urlare di dolore, mentre il suo corpo era totalmente in balia del movimento dell’aria. Riprendere il controllo del suo braccio le richiese più forza ed energia del previsto e la ferita che aveva procurato alla maga non sarebbe stata sufficiente a far terminare lo scontro.
 
-Erzaaa!- urlò Cana, quando vide l’amica crollare a terra. Fece per andare verso di lei, ma la maga la bloccò al suo posto.
-Stupida ragazzina! Ti ammazzo!- urlò la donna, lanciando il suo micidiale incantesimo contro Cana che ebbe solo il tempo di portarsi le braccia davanti al volto. Aspettò l’impatto con il mulinello di vento per un tempo che le parve infinito, talmente lungo che si costrinse a guardare e quello che vide le fece venire voglia di strapparsi gli occhi con le sue stesse mani. Erza era davanti a lei, trasportata in aria, priva di sensi. Sangue e brandelli di pelle della ragazza si muovevano nel turbine, mentre la donna rideva, con una luce folle nello sguardo.
-Muori! Muori!- continuava a dire, tra le risa. Cana sgranò gli occhi e cadde bocconi in terra. Era finita. Neanche la grande Titania poteva farcela quella volta.
-In realtà, credo sia arrivato il tuo turno di morire.- intervenne una voce gelida dietro di lei. Cana non ebbe neanche bisogno di voltarsi per sapere chi era. –Hai osato fare del male a mia figlia e stai torturando una mia compagna. Non credo che potrò perdonarti, anche se sei una bella donna.- concluse Gildarts, ammiccando verso la figlia che lo guardava riconoscente.
 
 
Quando Natsu sentì Lucy urlare il suo primo pensiero fu di pura felicità: la ragazza non era morta, respirava ancora, quindi non tutto era perduto. Questi i pensieri che, indicativamente, gli avevano attraversato la mente nel secondo che gli era occorso per capire cosa stesse accadendo. Il secondo dopo, ovviamente, una rabbia fuori dal comune gli aveva annebbiato anche quel poco raziocinio che gli era rimasto. Natsu sentiva il suo potere nelle vene, bruciargli il terrore, che lo aveva invaso quando aveva pensato che lei fosse morta, il disgusto che aveva provato per se stesso, per essere stato così lento, bruciare perfino la sua umanità e lasciare solo quell’ira assoluta. Aveva il pieno controllo del suo potere ora, di quel potere che per anni aveva cercato di cacciare via da sé, perché pericoloso, perché non umano.
 
Quel giorno, lì, su quel campo di battaglia, per la prima da che aveva scoperto di essere per metà un demone, creato dal desiderio di suo fratello di avere una seconda possibilità, Natsu pensò che la sua umanità, non era poi così importante. A che serviva restare umano se lei non era lì? Se non poteva condividerla con lei? Aveva di nuovo provato quel dolore atroce di perderla, forte come quando aveva visto la Lucy del futuro accasciarsi al suolo solo perché lui- anche quella volta- era stato lento o come quando l’aveva vista alla mercé di Dimaria. Sempre troppo debole e troppo lento per salvare lei. Di nuovo, lo schema si era ripetuto: lui cercava di raggiungerla, lei gli crollava davanti. Stupido, stupido Natsu.
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo e si buttò sull’uomo davanti a lui, Master Isaac, come si era presentato quando lo aveva vista fuori controllo.
-No, tu sei il mio Re. E.N.D., Signore del potere supremo!- replicò Isaac, totalmente esaltato, riuscendo, comunque, ad evitare l’attacco del suo signore e facendo infuriare ancora di più il ragazzo.
-Io sono NATSU!-.
 
Era stanco di dover ripetere sempre e a chiunque questa cosa così dannatamente semplice. Lui non era un demone, non era un drago, non era niente di più che Natsu e si sforzava tutti i giorni affinché “solo Natsu” fosse abbastanza. Attaccò di nuovo, stavolta con ancora più ferocia. Nessuno poteva permettersi di prendersela in quel modo con Lucy e quelle urla lancinanti ancora le sentiva risuonare nella scatola cranica e, più giù, nella gabbia toracica che sembrava ancora troppo stretta per contenere quella matassa di emozioni che si erano risvegliate. Avrebbe affondato le sue mani nel sangue di quell’uomo e lo avrebbe punito per quello che aveva osato farle, per come l’aveva ridotta, in fin di vita, talmente stremata e dolorante che a malapena gli aveva risposto quando l’aveva chiamata. Sentirla urlare in quel modo aveva risollevato momentaneamente la parte di lui che l’aveva creduta morta, ma aveva anche risvegliato un dolore profondo. Aveva sofferto con lei. Ogni urlo era una stilettata al cuore, ogni lacrima una ferita sulla carne. Non riusciva a sopportarlo. Doveva mettere fine a quella situazione. Voleva mettere fine a quella situazione.
 
Voleva dormire, possibilmente nel letto di Lucy, con lei accanto che faceva finta di non accorgersi che era entrato dalla finestra, ma che lasciava sempre aperta solo per lui.
-Lasciati colpire, bastardo!- gli urlò contro, quando Isaac schivò un altro attacco. L’uomo non sembrava interessato a colpirlo, aveva qualche altra cosa in mente.
-Mio signore, sei sconvolto ora, è chiaro, ma presto ti accorgerai che quello che ho fatto era inevitabile. Solo questo avrebbe potuto garantire la tua venuta.- gli spiegò Isaac, allungando le braccia verso il cielo nero, senza una stella.
-Che diamine dici? Quale venuta?- chiese, quasi suo malgrado, Natsu. Una parte di lui era curiosa di sapere che cosa quell’uomo avesse in mente.
-La tua venuta E.N.D. può avvenire solo attraverso il fuoco, la distruzione e la morte. Dalle ceneri del mondo il tuo potere risorge. Ti nutri di questo, mio signore, e sei apparso quando tutti e tre i criteri si sono realizzati.- disse Isaac, mostrandogli, con gesto, le fiamme che ardevano in ogni punto della città, la distruzione tutto intorno e poi… Lucy. Lucy, che lui copriva con il suo corpo.
 
Inconsciamente Natsu si voltò a guardarla e vide i suoi occhi aperti che già lo fissavano con un debole sorriso e il suo petto alzarsi e abbassarsi a fatica. Non riusciva a muoversi, era piuttosto evidente, come erano evidenti le ferite che aveva sull’addome, sulle braccia e sulle gambe, piegate in una strana angolazione. Natsu si sforzò di rassicurarla in qualche modo, ma le parole non volevano saperne di venire fuori. Erano bloccate da qualche parte nella gola, impigliate nel nodo che gli bloccava il respiro nel vederla in quello stato.
Va tutto bene, Lucy. Ti porto via di qui. Dammi solo qualche minuto.
 
Questo avrebbe voluto e dovuto dirle, ma non ci riusciva. Gli sembrava tutta una sporca bugia, perché per la prima volta nella vita aveva la sensazione che non sarebbe andata per niente bene, che anche se avesse vinto quello scontro, non ci sarebbe stato un lieto fine. Lucy sembrò recepire qualcosa, perché allargò il suo sorriso dolce, nonostante fosse visibilmente stremata, e tentò di sollevare la mano destra, lì, dove aveva il marchio della gilda. Il movimento non fu mai portato a termine e la ragazza lasciò ricadere il braccio che era riuscita a sollevare solo per pochi centimetri dal suolo. Bastò la sua intenzione per accendere il fuoco di Natsu e caricarlo di nuova energia. Si voltò furente verso Master Isaac, mentre una colonna di fuoco illuminava il cielo.
 
-Lucy è ancora viva, idiota, il tuo piano è fallito!- gli urlò contro. Master Isaac poté vedere la ragione lasciare quegli occhi e il fuoco prendere possesso di qualsiasi cosa. Un fuoco in grado di bruciare il cielo, la terra e l’inferno stesso. Il fuoco di E.N.D. si era risvegliato e lui aveva già l’incantesimo pronto sulla punta della lingua. Avrebbe intrappolato il potere del demone, lo avrebbe legato a sé e avrebbe conquistato il mondo intero. Era arrivato finalmente il suo momento, quando qualcosa lo colpì come un pugno, togliendogli il fiato. Una consapevolezza improvvisa lo stordì. Come un fulmine, nella sua testa balenò quella sensazione destabilizzante che metteva a repentaglio tutto.
 
Quelle non erano le fiamme di E.N.D., non potevano essere loro. Bruciavano più dell’inferno, ma non era il potere del demone. Quelle erano le fiamme di Natsu. Quel ragazzino aveva preso totale possesso del potere del suo demone e lo aveva trasformato. Abbassò la guardia, mentre la futilità del suo piano, la sua superbia nel non considerare prima quella possibilità, nella sua volontà di non studiare quei maghi di Fairy Tail più del dovuto, gli rimbombavano in testa, insieme ad un’idea alternativa, a qualcosa che avrebbe potuto comunque usare per i suoi scopi. Quella distrazione, però, fu sufficiente per Natsu che lo investì con tutta la sua potenza, sbalzandolo qualche metro più in là. Mater Isaac rimase senza fiato nel provare su di sé quel calore tremendo, quel dolore, che straripava dal corpo del ragazzo davanti a lui e rise tra sé per la sua ingenuità.
 
Doveva immaginarlo, quella ragazzina era brava, aveva fatto bene il suo dovere e aveva riscritto correttamente il libro del demone. D’altronde era riuscita a sopravvivere alla sua illusione, si era accorta che era tutta una finzione e se n’era liberata. Aveva trovato la via della realtà tutta da sola, nonostante lui avesse creato un mondo meraviglioso per lei, un mondo in grado di attirare e inglobarla e ucciderla, come una mosca nella tela di un ragno. Un vero peccato che non avesse preferito il suo mondo e la morte pulita che aveva voluto regalarle. Sorrise, alzandosi in piedi di nuovo. Natsu aveva domato il potere di E.N.D., aveva reso pieno di luce quel potere così demoniaco, ma non ci era riuscito da solo. La luce veniva dalla ragazzina e lui vi avrebbe messo la parola fine e in modo crudele, lungo e doloroso.
 
Lanciò uno sguardo di sfida a Natsu e chiuse le dita della mano destra a pugno. Quasi immediatamente le urla di Lucy ripresero in modo ancora più violento di prima. Sembrava le stessero strappando la pelle dalle ossa, ma stavolta nessuna ferita appariva sulla sua pelle lesionata.
-Lucy! Smettila! Prenditela con me! Sono io il tuo avversario!- urlò Natsu, cercando di attirare l’attenzione su di sé.
Strappami il cuore! Uccidimi! Rendimi cieco e sordo, ma lascia stare lei!
Natsu preparò il suo ruggito più potente, lo riempì di tutta la sua disperazione e lo scagliò contro il suo avversario che rimase immobile, come se non potesse essere toccato dal ragazzo. In effetti il fuoco si divise, passando alla destra e alla sinistra di Isaac e lasciandolo illeso al centro.
-La sto bruciando dall’interno, pezzo per pezzo. Morire tra le fiamme, la morte perfetta per una come lei.- disse Isaac, perfettamente calmo, e un sorriso allegro gli si dipinse sul volto.
-Vuoi E.N.D., vero? Prendilo, tutto il suo potere è tuo, ma lasciala stare.-. Natsu crollò in ginocchio, mentre calde lacrime gli affollavano gli occhi. Non lo sopportava più, non era in grado di tollerare ancora tutto quel dolore.
-Non funziona così, avevi ragione. Serve anche la morte per completare il risveglio.-.
 
Quelle parole penetrarono nella mente annebbiata di Natsu. Il ragazzo ci mise un po’ ad elaborarle, ma quando la verità lo illuminò, rialzò lo sguardo che fino a quel momento aveva tenuto basso.
-Serve una morte, eh? Lasciala andare o l’unica morte che vedrai sarà la mia!- minacciò, sicuro di aver trovato la carta vincente, almeno quella volta.
-E con che cosa ti sarai la morte? Illuminami.- lo sfotté Isaac, sempre con quel sorrisetto sul volto. Stavolta anche Natsu sorrise, riuscendo perfino ad ignorare le urla della ragazza.
Non preoccuparti Lucy! Resisti un altro po’. Giuro che ti salverò.
 
-Questa era una città.- si limitò a dire, rialzandosi e stringendo tra le dita un pezzo di vetro di una finestra che era esplosa durante gli scontri. Il sorriso di Master Isaac svanì lentamente dal suo volto.
-Lo faresti davvero?- chiese, pur conoscendo già la risposta. Aveva studiato abbastanza il contenitore di E.N.D., sapeva che avrebbe fatto di tutto per i suoi amici, in particolare per quella Lucy. Per questo aveva scelto lei come grilletto per risvegliare il demone.
-Lasciala andare, vecchio, e forse potresti ottenere quello che vuoi. Mi hai fatto davvero arrabbiare.-.
Master Isaac aprì la mano destra e le urla di Lucy si interruppero all’improvviso, così come erano cominciate.
 
Ancora un altro po’, Lucy, e poi ti porterò via da qui.
Doveva sconfiggerlo, ma prima doveva capire quale era il suo punto debole. Le fiamme non sembravano funzionare, eppure prima era riuscito a colpirlo. Cosa era successo prima? Natsu continuava a tenere lo sguardo puntato sull’uomo, mentre il suo cervello lavorava senza posa. Aveva abbassato la guardia, per questo era riuscito a colpirlo. Doveva farlo distrarre in qualche modo, ma come? Si rigirò il pezzo di vetro tra le mani. Prima uno dei suoi incantesimi più potenti lo aveva ferito, ma non troppo gravemente. Contro un mostro del genere che cosa avrebbe dovuto fare? Liberare davvero tutto il potere di E.N.D. che sentiva agitarsi dentro di lui?
 
Una fitta improvvisa al dito lo distolse dai suoi pensieri e si accorse di essersi tagliato con il vetro e un’idea si fece pian piano largo nella sua mente.
-Sono tutto un fuoco!- esclamò con il suo sorriso più esaltato. Di nuovo una colonna di fuoco lo avvolse, non riuscendo a nascondere agli occhi di Isaac quello che stava facendo. Natsu ammiccò verso di lui e si tagliò il polso destro, incidendo la carne profondamente.
-NO! MIO SIGNORE!- urlò Isaac, con tutto il fiato che aveva in gola e si slanciò verso di lui, per cercare di fermarlo. Il fuoco di Natsu si riempì dei fulmini di Laxus e si riversò tutto contro il Master che venne avvolto da quel potere tremendo.
 
Eccolo! Il potere di E.N.D.! Era lì, mescolato a quello di Natsu, poteva sentirlo mentre lottava contro la sua controparte fatta di pura luce. Poteva sentirlo sulla pelle che si riempiva di bolle spaventose e si carbonizzava sotto il suo sguardo. Qualcuno stava urlando. Buffo, sembrava la sua voce. Era lui che urlava? No, lui aveva trovato il vero potere, che importanza poteva avere la morte di fronte a ciò?
 
Natsu crollò in ginocchio per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Le urla di Isaac erano ancora nelle sue orecchie e lui era così stanco. Il sangue colava caldo dal suo polso lacerato e si infilava tra le sue dita. Il terreno sembrava così comodo…
-Na…tsu.-. Quella voce così bassa e rantolante non sembrava per niente la voce di Lucy. Natsu provò a mettersi in piedi, ma le gambe gli cedettero e si ritrovò di nuovo carponi. La raggiunse così, allora, strisciando fino a lei, ancora immobile.
-Lucy.- sussurrò, crollandole addosso, la testa incastrata nell’incavo del collo di lei.
–Credevo fosse troppo tardi.- continuò, cercando la sua mano e intrecciando le loro dita. Aveva nel naso il suo buon odore e si sentiva finalmente bene. A casa.
-Natsu… io... devo dirti… Natsu…- iniziò Lucy, rantolando. Ogni parola che le usciva dalle labbra sembrava pesante, a malapena riusciva a muovere la bocca e ad articolare i suoni, ma doveva dirgli quello che da troppo tempo sentiva dentro. Lui si tirò su il tanto che bastava per guardarla negli occhi e regalarle uno dei suoi sorrisi più belli.
-Me lo dici a casa, dopo che avremo vinto.- le disse.
Ti amo, Natsu.
 -Adesso… dammi qualche minuto, Lucy, sono stanco. Solo pochi minuti.-. Quelle parole le sussurrò praticamente nell’orecchio della ragazza, tornando nella posizione di prima.
Ti amo anche io, Lucy.
 
Natsu era pesante, ma Lucy non si sarebbe mai sottratta a quell’abbraccio, per nulla al mondo. Lo sentiva su di sé, lo sentiva respirare piano, sentiva il suo cuore contro la pelle, battere all’unisono con il proprio. Il dolore che sentiva per le ferite non contava, nulla contava, tranne Natsu, il suo odore e la presa sulla sua mano. Mosse il braccio libero, ignorando le stilettate di dolore, e lo sollevò fino ad arrivare alla testa del ragazzo, fino ad affondare le dita tra i suoi capelli. Lo sentì sospirare e rilassarsi contro di lei e fu allora che si permise di rilassarsi a sua volta e di chiudere gli occhi.
 
 
 
NOTE:
Eccoci qui, al quinto capitolo, se non ho sbagliato i conti da brava distratta quale sono. Questo è stato il primo capitolo che ho scritto di questa mini-long ed ero indecisa se partire da questo e poi raccontare il resto tramite un lungo flash-back o organizzare la storia come poi ho fatto.
Lo so, lo scontro con il master non è stato bellissimo, me ne rendo conto e l’espediente usato è stato poco intelligente, ma è stata l’unica cosa che mi è venuta in mente, in quel momento. Il master era troppo forte e non sapevo come fare…
Diciamo che qui riprendo le fila di tutti i personaggi comparsi nel primo capitolo. Inizialmente questo doveva essere l’ultimo capitolo in assoluto, lasciando un finale aperto a varie interpretazioni. Poi ho pensato di creare due finali, molto diversi tra loro, ma ne ho scritto solo uno, che penso di pubblicare, ma ci devo ancora riflettere (magari faccio finire la storia così ahahah).
Passando alla parte della “dichiarazione”, anche qui ci sono due interpretazioni: Lucy e Natsu hanno approfittato della telepatia di Warren oppure hanno letto l’uno i sentimenti dell’altra e non si sono realmente confessati i loro sentimenti. Lascio libero sfogo all’immaginazione.
Non credo di avere altro da dire. Come al solito, qualsiasi errore notiate potete scrivermelo senza problemi.
Un abbraccio!   
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fairy Tail / Vai alla pagina dell'autore: Zoraya