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Autore: Henya    07/05/2021    3 recensioni
Salve a tutti :) questo è il proseguimento della mia prima fanfiction "Never Lose Hope".
Anya , dopo essere partita con Rai per la Cina, ritorna a Tokyo dopo avere ricevuto alcune notizie dalla sua amica Hilary. Da qui ha inizio una lunga e ingarbugliata serie di eventi che, per chi già mi conosce, non saranno certo rose e fiori ^_^""
Spero possa piacervi :) Buona Lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Cos’è questa storia che tu e Kai studiate insieme?”.
La domanda arriva a bruciapelo, dettata dalla voce leggermente stizzita della mia amica Hilary.
Noto che la notizia si è già sparsa in giro. Grazie, Boris.
“Ecco, te l’avrei detto, è solo che…”.
“Che doveva essere un segreto!” conclude offesa lei, che evidentemente sa già tutta la storia. Il che mi lascia alquanto sbigottita: Boris non ha tralasciato nessun dettaglio a quanto pare.
“Ti assicuro che non era mia intenzione tenerti questa notizia nascosta, Kai mi ha impedito di dirlo a qualcuno”.
“Ma Boris sa sempre tutto, ultimamente!”. E qui arriva la frecciatina, che riesce a colpirmi in pieno. Hilary non ha ancora dimenticato il fatto che io le abbia tenuto nascosto la separazione con Rei. Ogni occasione è buona per rinfacciarmelo.
“Stavolta l’ha saputo per caso e poi te lo avrei detto prima o poi!” continuo a ribadire.
“E dimmi…com’è passare tutto questo tempo con Hiwatari?”. Il suo tono, adesso, si fa leggermente investigativo.
“Beh, è pesante, non lo nascondo. Lui ha sempre quell’aria burbera e quell’atteggiamento di sufficienza nei miei confronti che non sopporto, ma…diversamente da quello che mi aspettavo, si sta impegnando e lo studio procede tranquillamente” racconto con disinvoltura, nonostante il suo sguardo sembri voglia assicurarsi che stia dicendo la verità.
“ E non ti preoccupa passare tutto questo tempo insieme a lui?”.
“Perché dovrebbe?”.
“Insomma…stare tutto questo tempo da soli…” inizia a dire con tono vagamente allusivo.
“Ti assicuro di no. Ci limitiamo solo a studiare, non ci sono conversazioni extra. Figurati. Il massimo della distrazione è guardarlo mentre va fuori a fumare. Una volta che abbiamo concluso gli argomenti da imparare, saluto e vado via di corsa” ci tengo a precisare in modo netto.
“Capisco, ma stai comunque attenta…Quando c’è di mezzo Hiwatari succede sempre qualcosa di spiacevole” sottolinea infine.
E non posso che darle ragione.
Hiwatari per me è sempre stata una fonte di guai.
Ma ho detto la verità, insomma, io e lui ci vediamo solo per studiare. Anche se…
In realtà ho omesso di dire a Hilary quello che è successo la sera del loro anniversario. O meglio, quello che stava per succedere: Kai ed io stavamo quasi per…baciarci. O almeno così mi è parso, dato che il suo viso era a pochissimi centimetri dal mio. Per fortuna che Boris si è svegliato prima che il contatto avvenisse. Non oso immaginare cosa e come sarebbe successo. Quali disagi avrebbe creato. Sono andata via con Boris cercando di evitare il contatto visivo con Kai, perché ero assalita dall’ansia e la preoccupazione di quello che sarebbe successo l’indomani. E per questo motivo quella stessa notte non ho chiuso occhio, perché ero preda di dubbi e perplessità su come mi sarei dovuta comportare il giorno successivo, quando ci saremmo incontrati per studiare insieme. Sarebbe stato imbarazzante, questo era sicuro.
La sera prima eravamo seduti vicini e stavamo quasi per baciarci, e il giorno dopo, beh… saremmo stati di nuovo soli…
Tuttavia, l’indomani mi sono resa conto che i problemi che la mia mente aveva creato durante la notte, impedendomi di dormire sogni tranquilli, erano stati inutili. Kai era arrivato in salotto con la sua solita aria fredda e di sufficienza. Mi aveva salutato con il suo apatico ciao e si era seduto al tavolo iniziando a sfogliare il libro di storia. Ammetto che questo fatto mi aveva tolto un peso dallo stomaco: fare finta di niente era una delle strategie su cui avevo rimuginato fino al secondo prima di mettere piede in casa Hiwatari quel pomeriggio. Ma vederlo reagire così, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, lo ammetto…
E mi odio per questo.






***








Tra pochi giorni ci sarà l’esame finale.
Lo studio si fa sempre più pesante e noioso. Io ed Anya dobbiamo riuscire a infilare nel nostro  cervello tutte le nozioni contenute in questi libri il prima possibile, ma sento che sto raggiungendo il livello di saturazione massimo, soprattutto oggi, che mi sono svegliato di malumore. Gli avvocati di mio nonno non mi lasciano in pace nemmeno un secondo, perché mi sento controllato ventiquattrore su ventiquattro e da settimane non ho un attimo di distrazione.
“Mamma…io voglio un gelato!” dice improvvisamente Hope irrompendo nella stanza.
“Tesoro, adesso non possiamo. Ho delle cose da fare!” le spiega distrattamente Anya, tenendo gli occhi fissi su dei fogli pieni di appunti.
“Ma io lo voglio!” lamenta imbronciata, incrociando goffamente le braccia al petto.
“Ho detto che non possiamo!” le ripete categorica.
“Uffaaa!” sbuffa, con aria afflitta.
“Dai, ti ci porto io”.
“Kai, non possiamo perdere tempo!” mi rimprovera Anya, usando lo stesso tono con cui si è rivolta, un attimo prima, alla figlia. E questo mi porta ad alzare un sopracciglio e osservarla di sbieco. Sul serio? Mi hai preso per un bambino?
“Non ci vorrà molto. Andremo nella gelateria all’angolo, in fondo alla strada” e con queste parole abbandono la postazione di studio e mi avvio in corridoio, seguito, molto probabilmente dal suo sguardo di fuoco.
Voglio scappare da questi libri e ne ho colto l’occasione.
“Papà, andiamo a mangiare il gelato?” mi domanda Hope speranzosa.
“Sì…” le confermo, mentre afferro portafogli e chiavi della macchina. Devo ancora abituarmi a sentirmi chiamare papà.
Siamo pronti. Indosso la giacca e mi accingo ad aprire la porta per uscire, ma…un momento! Anya?
Dovrei dirglielo?
Insomma, credevo fosse incluso il fatto che sarebbe dovuta venire anche lei con noi.
Cavolo…
Sbuffo alzando gli occhi al cielo, prima di chiamare l’attenzione di Hope e dirle a bassa voce: “Di’ alla mamma se vuole venire anche lei…”.
La piccola non se lo fa ripetere due volte e, a grandi passi, corre in salotto, urlando a gran voce…
“Mammaaaa, papà ha detto se vuoi venire con noi!” e al suono di questa frase mi pento amaramente di ciò che ho fatto.
Papà ha detto?? Non era proprio quello che doveva riferire.
Oggi hai appreso una lezione importante, Kai: mai fidarsi dei bambini!
Adesso Anya penserà che io l’abbia invitata a venire con noi.
Che poi è vero, ma… insomma…lasciamo perdere…
Il danno è stato fatto.
Proprio mentre mi maledico mentalmente per aver fatto riferire un messaggio attraverso la bocca di una bambina di cinque anni, Anya fa capolino dalla porta per fissarmi e accertarsi che l’invito sia davvero venuto da parte mia.
Odio queste cose…
“Beh, in fondo ti devo ancora il favore per la relazione di scienze…”. È la sola cosa che mi viene in mente da dire per giustificare questa proposta e non dare l’impressione di uno che voleva davvero invitarla.
Ma perché mi sto facendo queste paranoie?
E senza aggiungere altro e darle il tempo di rispondere, apro la porta ed esco, raggiungendo il più velocemente possibile l’auto.










***












È tutto molto strano e quasi surreale.
Quando Hope l’ha detto stavo quasi per cadere dalla sedia: papà ha detto se vuoi venire con noi!
Cioè Kai Hiwatari mi ha proposto di andare a mangiare un gelato insieme?
Beh in realtà, non credo fossero queste le sue reali intenzioni. Penso che il suo obiettivo fosse invitarmi solo per badare a Hope e fare in modo che non si sporchi col gelato.
 “Hope, non sporcarti!” le ricordo, scrutando il suo vestito con sguardo severo. E un attimo dopo averle rammentato ciò, ecco che “Oh no…” sono io ad essermi sporcata i jeans con una goccia di gelato. Afferro immediatamente un tovagliolino e inizio a strofinarlo sulla macchia sperando che svanisca.
“Beh, adesso sappiamo da chi ha preso Hope…”. Il commento giunge dalla voce sarcastica di Kai. “Divertente” lo rimbecco acidamente, fulminandolo con lo sguardo, ma lui cerca di nascondere la sua espressione divertita bevendo un sorso di birra.
Il pantalone sembra salvo. È rimasto solo un alone grigiastro che spero non sia molto visibile.
“Mamma, posso andare a giocare con quei bambini?” mi chiede docilmente, indicando col dito un vivace gruppo di bambini posto qualche tavolo più in là rispetto a noi.
Dopo averli scrutati con attenzione, decido di darle la mia approvazione. “Ma non allontanarti, intesi?” la avverto in tono severo prima che li raggiunga.
“è una bambina socievole. Ha preso da me anche questo!” sottolineo pungente, rivolgendo al mio interlocutore un sorriso di scherno.
“Questa era pungente, Sarizawa…” si limita a controbattere vagamente stizzito.













I giorni passano velocemente. Troppo velocemente.
Domani ci sarà il tanto atteso esame di fine corso, al termine del quale potrò considerarmi libera da ogni accordo e schiavitù nei confronti di Hiwatari, ma soprattutto potrò considerarmi diplomata. Sempre che i risultati siano sufficienti per ottenere la promozione!
Mi chiedo se si possa considerare il giorno prima dell’esame, esso stesso l’esame! La verità è che mi sento super agitata e preoccupata. La mia testa è entrata nel pallone e non sembra ricordare un bel niente.
“Periodo Azuchi-Momoyama?” domanda Kai, reggendo un foglio in mano e fissandomi così freddamente come solo lui sa fare.
Sto spremendo le meningi. Lo ricordo, lo ricordo. Anya, la dinastia Azuchi-Momoyama…questa la sai. Stringo gli occhi e provo a ricordare…
“1333-1573!” è la mia risposta. E ne sono sicura! Ma quando riapro gli occhi e noto lo sguardo perplesso di Kai, affloscio le spalle, espirando afflitta. “Non ricordo più niente…” dichiaro, arrendevole, accasciando la testa sul tavolo.
“E se facessimo una pausa?” mi propone seccato, per l’ennesima volta oggi. Ma di nuovo, mi rifiuto. Non c’è tempo per riposarsi. E di fronte alla mia ostinazione, Kai alza gli occhi al cielo e di nuovo afferra quel foglio per ripetermi tutte le domande dall’inizio.
Devo farcela.
Io devo.
Non posso permettermi distrazioni, né riposo.
Devo dimostrare a me stessa che posso farcela.
Finalmente potrò ottenere il diploma e voglio avere il massimo dei voti, per dimostrare a tutti e soprattutto a me stessa che, nonostante le avversità, posso farcela anch’io.
Forza Anya, tu puoi.











 “Oh mio dio, mi sono addormentata!” esclamo, alzando di scatto la testa dal tavolo, su cui qualche secondo prima sonnecchiavo.
Il tavolo è pieno di fogli e libri, ma Kai sembra essere sparito.
Ah no, è sul divano che dorme, con un libro aperto poggiato sull’addome.
Ma che ore sono?
Afferro il telefono e schiarisco la vista, ma quando i miei occhi scorgono l’ora, quasi non escono dalle orbite. SONO LE UNDICI E MEZZA DELLA SERA! E questa frase la urlo nella mia testa, per evitare di svegliare Hiwatari.
“Diamine, diamine…” mormoro nervosamente e a bassa voce, provando a sistemare tutti quei fogli sparsi disordinatamente sul tavolo e persino a terra, come se questo gesto potesse, in realtà, mettere ordine all’interno della mia mente.
È finita.
Non ricordo nemmeno a che ora mi sono addormentata.
Devo ancora cenare e tornare a casa, fare la doccia, sistemare le cose per domani e so già che non chiuderò occhio e che domani sarò uno zombie.
Perfetto, Anya!
Sbuffo sonoramente, portando le mani ai fianchi con aria stanca. Poi mi volto a fissare Kai e rimango lì incerta sul da farsi. Devo svegliarlo? Sarà disposto ad accompagnarmi a casa? Dovrò chiamare un taxi?
Troppi dubbi.
“Kai…” inizio a richiamarlo a bassa voce, cercando di non essere troppo brusca. “Kai…” ripeto una seconda volta, con un soffio di voce più forte. Ma niente. Non mi sente. La mia voce sta osando chiamarlo una terza volta, ma…
“Che vuoi?” dice improvvisamente freddo e tagliente, rimanendo ad occhi chiusi. Ma quindi è sveglio? Questo ragazzo è un mistero anche quando dorme.
“Si è fatto tardi e devo tornare a casa” gli spiego a bassa voce, sempre con modi di fare cauti, come per paura che le mie parole possano innervosirlo.
“Non ti accompagno a casa, scordatelo!” sentenzia categorico, rimanendo ad occhi chiusi.
È inquietante.
“Bene…vuol dire che chiamerò un taxi!”. Era la mia seconda opzione, dopotutto. Che antipatico! Afferro il cellulare per prenotare un tassista disponibile, ma, caspita! l’unico disponibile in breve tempo arriva tra mezz’ora. Sarà già mezzanotte quando sarà qui. E questo vuol dire che arriverò a casa alle dodici e mezza…







***








Le mie palpebre chiuse pesano come macigni. Non ho la forza di riaprirli, né di alzarmi da questo divano. Mi ci vogliono alcuni secondi per riprendermi e poi, con uno slancio, decido di mettermi seduto, sbadigliando e massaggiandomi gli occhi per tornare lucido.
“Ascolta…” inizio a dire, per richiamare l’attenzione di Anya. “Se vuoi puoi rimanere qui a dormire…” le propongo, con voce assonnata.
“No, aspetterò un taxi, tranquillo”.
Non mi aspettavo una risposta diversa.
“Ti farò preparare una stanza o se preferisci dormirai in quella di Hope”. A proposito, dov’è Hope? E che ore sono? Comunque… “Non ha senso che torni a casa, qui le stanze non mancano”. Sto provando ad essere gentile e disponibile, cazzo. Non capita tutti i giorni. Quindi, Sarizawa, ti supplico, sono stanco e voglio andare a dormire…
Il mio sguardo severo la sta implorando di smetterla con i suoi capricci.
“Va bene… dormirò nella stanza con Hope. Immagino Reina l’abbia messa a dormire…” ipotizza, fissando le scale che portano al piano di sopra. “Avrà cenato?”.
“Sì. Ho detto a Reina di occuparsi di lei, mentre tu ronfavi sul tavolo”.
“Ma…ma perché non mi hai svegliata?”.
“Perché ero stanco di sentirti parlare!” confesso senza timore, facendola diventare rossa di rabbia. So che vorrebbe uccidermi, ma è tardi e non mi va.
Così mi alzo e con un cenno la saluto.
“Un momento…”.
Che vuole ancora?
“Non è che avresti qualche pigiama?” chiede un po’ timida.
Un pigiama?
Per chi mi ha preso?








***











Le circostanze mi hanno costretta a rimanere qui stanotte. Il mio io interiore non avrebbe voluto accettare, ma essendo quasi mezzanotte, ho ceduto alla sua proposta.
“Ecco, qui c’è una scatola con della roba di Eva, che ha dimenticato…”. Kai mi scarica addosso una scatola di cartone di media grandezza.
La poggio a terra e la apro, iniziando a scartare degli indumenti.
“Ehm… questi sarebbero pigiami?” chiedo perplessa, mostrandogli dei completini un po’ troppo provocanti.
Anche l’espressione di Kai sembra mostrare qualche dubbio al riguardo. Forse non ne conosceva il contenuto.
“Ok, non fa niente…io…io dormirò così, con questi jeans e questa maglietta” dico in fretta, per risolvere la situazione. Kai non sembra insistere. Riposa la scatola al suo posto e io vado in bagno a rinfrescarmi un po’.
Che situazione…


Una volta uscita dal bagno, ripercorro il corridoio illuminato dalla fioca luce di qualche lampada.
“Aspetta…”. Quando mi giro mi ritrovo Kai che mi dice in tono freddo “E’ l’unica cosa decente che posso darti…” e un secondo dopo mi porge un indumento, che una volta afferrato e dispiegato, mi rendo conto essere una felpa nera enorme.
“Questa dovrebbe coprire tutto” aggiunge poi, voltando le spalle per raggiungere la sua stanza.
Ma io rimango lì, in piedi al centro del corridoio con la felpa in mano a fissare la porta ormai chiusa della sua camera da letto.
Gesto gentile e insolito…
Beh, grazie Hiwatari…













***










Ho fatto una doccia, ma ho perso più tempo del dovuto. Mentre strofino l’asciugamano sul petto, mi accorgo, puntando gli occhi in direzione della sveglia, che sono già le 12.20. Tutta colpa di Sarizawa e della sua ossessione del ricordare tutto alla perfezione. Mi ha costretto, per tutto il pomeriggio, a ripetere quasi l’intero programma. Poi mi sono allontanato in giardino per fumare, già stanco delle sue lagne, e quando sono ritornato, la sua testa giaceva dormiente sul tavolo pieno di libri. Ho ordinato a Reina di non svegliarla e di badare a Hope,  ma poi mi sono addormentato anch’io sul divano, mentre provavo a ripassare la parte del programma che mi preoccupava di più…la storia.
Odio ricordare fatti storici, date e guerre.
Indosso velocemente pantalone e maglietta e proprio nel momento in cui scosto le coperte del letto…
Cos’è stato?
Mi sembra di aver captato uno strano rumore provenire dal piano di sotto.
Sarà Hope? A volte si sveglia nel bel mezzo della notte e vaga per la casa, soprattutto in salotto, per accendere la tv.
Porto gli occhi al cielo e quando faccio capolino dalla porta, il corridoio appare deserto. Eppure continuo a sentire il rumore di qualcosa.
Decido di scendere le scale a passi lenti e stanchi. Il salotto è buio e vuoto, ma noto un bagliore di luce provenire dalla cucina.
Ma che diavolo…
Scorgo una figura umana messa di spalle, con addosso una felpa a me familiare.
“Che stai facendo?”. La mia voce risuona fredda e profonda nel silenzio.
“Oh mio dio, Kai!” esclama voltandosi di scatto con una mano al petto. Probabilmente non mi ha sentito arrivare. Il mio sguardo interrogativo si posa sulla sua mano sinistra che regge un coltello.
“Ecco… io…” inizia a dire, intimorita dal mio sguardo inquisitore. “Beh, mi sono messa a letto, ma non riuscivo a dormire, e la pancia mi brontolava, così mi sono ricordata di non aver cenato, e sai quando la notte non riesci a dormire perché hai fame?”.
Oh cielo, quanto parla…
“E così ho pensato di scendere per vedere se c’era qualcosa da mangiare, così ho trovato dei toast e del prosciutto, ma non è mia abitudine rovistare nelle cucine degli altri, non voglio che tu pensi questo…e solo che…insomma, avevo …fame…”.
Silenzio.
Anya attende timorosa una mia reazione. Probabilmente pensa che ce l’abbia con lei perché l’ho beccata mentre rovistava nella mia cucina.
Ma se sono arrabbiato, si sbaglia.
Sono solo sorpreso di vederla qui nella mia cucina, nel cuore della notta, con un coltello sporco di burro in mano e con indosso la mia felpa che le arriva a metà coscia.
Sto lottando con tutto me stesso per tenere lo sguardo alto, fisso su di lei, sul suo volto.
È sempre terrorizzata in mia presenza e questa cosa sta iniziando a darmi fastidio…
Le incuto tanto terrore? Sarà la mia aria troppo seriosa? I miei modi di fare troppo freddi e distaccati?
Mi ha sempre divertito terrorizzarla. Basta fissarla dritta negli occhi, come adesso, per vederla a disagio. Se provassi ad avvicinarmi, come sto provando a fare adesso, non avrebbe via di scampo, dato che la porta è dietro di me e lei ha dietro di sé, a bloccarla, solo un mobile della cucina.






***





Ma cosa fa?
Kai fa un passo avanti e poi un altro, e lentamente io inizio a irrigidirmi. Provo a indietreggiare, ma il bordo del mobiletto preme sulla parte bassa della schiena, impedendomi di aumentare la distanza.
Perché non dice nulla?
Insomma, ok. Mi ha beccata qui nella sua cucina, ma avevo davvero fame! Pensavo di muovermi silenziosamente, ma il problema è che non conosco bene questa cucina e ho fatto più rumori del dovuto.
Che figura di merda…
La prima sera che accetto di dormire qui e mi becca a “rubare” nella sua cucina.
In fondo, lo capisco. Anche a me darebbe fastidio se un ospite curiosasse in giro di notte a casa mia…
Kai avanza ancora, fissandomi in modo molto serio e fa quasi paura. La mia faccia è praticamente a pochi centimetri dal suo petto e quando prova ad allungare un braccio in direzione di non so dove, non capisco più niente e chiudo gli occhi come per timore di non so nemmeno io cosa.
“Prepara un altro toast anche per me…”.
Quando riapro gli occhi, vedo Kai addentare uno dei toast che avevo preparato e senza dire altro, si allontana per andare in salotto.
All’inizio rimango immobile, ma poi tiro un sospiro di sollievo, sia perché non l’ho fatto arrabbiare e sia perché…beh, si era avvicinato a me solo per prendere il panino.
Eppure mi sono sentita strana. È stato come l’altra sera, quando beh…lasciamo stare.
Anya, smettila e prepara questi benedetti toast.










***




“La cena è servita” annuncia Anya, arrivando dalla cucina per accomodarsi accanto a me sul divano.
Beh, ammetto di avere fame anch’io.
Afferro un toast e in silenzio iniziamo a consumare la nostra cena.
Non nascondo che mi sembra molto strano stare qui, di notte, seduto sul divano insieme a Sarizawa, a mangiare dei toast come se fossimo amici di vecchia data. Beh, in realtà ci conosciamo da tempo, è solo che non siamo proprio amici…beh cosa siamo? Siamo i genitori di Hope: conoscenti che condividono una figlia? Non ne ho idea…
“Non ti senti in ansia per domani?”. È lei a rompere il silenzio e il flusso dei miei strani pensieri.
“Non proprio…” mi limito a dire, lanciandole un’occhiata fugace e nel farlo mi rendo conto troppo tardi di avere puntato alle sue gambe accavallate e seminude.
Cacchio, Kai…
Il fatto che lei stia ora cercando di abbassare la felpa per coprirsi meglio, mi suggerisce che la cosa non le sia sfuggita.
Potevi darle anche un pantalone, Kai.
“Non hai la sensazione di aver dimenticato tutto?” torna a domandare.
“Beh, mi sembra normale non ricordare nulla quando hai fame e sonno” gli rammento in toni sarcastici. “E poi la mia unica preoccupazione è la storia” confesso, mimando un certo disgusto.
“ Ci credo. Da quello che mi racconta Hope, le storie non sono proprio il tuo forte”.
“ Cosa di racconta Hope?” chiedo stranito.
“ Mi ha detto di quando provi a leggerle le storie della buonanotte e salti pagine intere per arrivare subito alla conclusione, sperando che lei non se ne accorga!” dice divertita.
Dannazione…odio quelle favole della buonanotte.
“Lei mi dice tutti gli errori che fai e ciò che ti inventi. La mia preferita è quella della principessa che bacia il coniglio e diventa un principe. Un coniglio?” e subito scoppia a ridere, facendomi sentire ridicolo.
“Cosa c’è di  sbagliato in un coniglio?” chiedo infastidito.
“C’è di sbagliato che…La principessa bacia un rospo e non un coniglio!” precisa in tono saccente, ridendo. E anche se sta ridendo di me, ammetto che non mi dispiace: è forse la prima volta che ride così in mia presenza.
“Cosa c’è di diverso? E poi perché dovrebbe baciare un rospo? Voi donne non trovate i conigli teneri?” e inorridisco al pensiero di quegli animaletti pelosi e saltellanti.
“Ma così si perde il senso della storia” ci tiene a sottolineare lei.
“Che sarebbe?”.
Hanno davvero un senso quelle stupide storie?
“Sarebbe…” comincia a spiegare, mettendosi più comoda, ma badando bene a tenere nascoste le gambe dai miei occhi curiosi “…che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, e che anche se una persona è brutta fuori, può essere bella dentro. E lo dimostra il fatto che dopo il bacio, anche se brutto e viscido, il rospo si trasformi in un bel principe!” conclude con aria sognante.
“E’ comunque una storia ridicola!” asserisco in tono sprezzante, rompendo subito la magia che il racconto di Anya aveva creato.
“Non è ridicola, è una storia che ha del vero!” controbatte irritata.
“Baceresti davvero un rospo?”. La cosa mi rende perplesso.
“Certo, se diventasse davvero l’uomo dei miei sogni” asserisce con convinzione.
“E come dovrebbe essere l’uomo dei tuoi sogni?”.
Anya sembra a disagio, non so se per la domanda che le ho appena posto oppure perché nel farlo, senza rendermene conto, mi sono avvicinato di più a lei.
“Ecco…io, beh…” non riesce a parlare. Deglutisce nervosamente, tenendo gli occhi timorosi fissi sui miei.
È proprio come l’altra sera, a casa di Yuri, quando i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza. Non so bene cosa mi sia preso in quel momento, come non so bene cosa mi stia accadendo in questo momento.
So solo che…
“Si è fatto tardi!” annuncia improvvisamente Anya, scostandosi bruscamente dal mio viso per alzarsi. E io rimango per un attimo fermo in quella posizione, alquanto interdetto. “Vado a dormire…buonanotte!” si appresta a dire nervosamente e in fretta, dileguandosi all’istante in camera.
È scappata. Di nuovo.
Cosa diavolo stavo facendo?
Cazzo, Kai. Devi essere davvero stupido…
Eppure per un attimo ho perso il controllo delle mie azioni. Se non si fosse scostata e se non se ne fosse scappata a gambe levate, sarei riuscito a…
Quella sera siamo stati interrotti da Boris, quell’idiota. E anche quella sera lei è andata via senza degnarmi di uno sguardo. Ammetto che mi ha dato davvero fastidio quando ha chiesto a Boris di accompagnarla a casa. È stato come se avesse avuto timore di rimanere da sola con me. Mi ha chiaramente ignorato. E così ho deciso di fare anch’io l’indomani. Quando Reina mi ha avvisato del suo arrivo, prima di scendere al piano di sotto, mi sono ripetuto più volte mentalmente di comportarmi come se nulla fosse successo.
E ora è successo di nuovo. Io mi stavo avvicinando a lei ed è fuggita.
Credo che non riuscirò a dormire stanotte. Beh, non più per colpa della fame almeno…






***








Ommioddio!
Richiudo lentamente la porta alle mie spalle ansimando.
Cosa-diavolo- stava-succedendo?
Avanzo verso il letto, sdraiandomici sopra cautamente per non svegliare Hope, che dorme serena sul lato sinistro.
Io invece sono qui, sdraiata sulla parte opposta, a rimuginare su quello che stava per accadere.
Kai si stava avvicinando a me, di nuovo! E io sono scappata, di nuovo!
Non è possibile…
Durante tutto l’arco di quella strana cena sul divano, ho avuto l’impressione, più volte, che mi stesse osservando in modo strano.
E dopo quella strana domanda sull’uomo dei miei sogni, ha cambiato posizione, sporgendosi un po’ troppo verso di me, e in quel preciso istante mi sono sentita avvampare e il mio corpo si è irrigidito.
Ci stava provando di nuovo. Ne sono certa.
O è di nuovo stato frutto della mia immaginazione?
E poi perché la mia mente dovrebbe immaginare Kai sul punto di baciarmi?
Quando ho iniziato ad avere questi pensieri?
È una cosa orribile?
Kai Hiwatari?
No.
Assolutamente, categoricamente…NO!
Anche se una parte di me è felice di essere scappata, ciò che mi preoccupa è che un’altra parte sia, per così dire, dispiaciuta di non essere rimasta lì.
Ma che mi prende?
Mi vergogno di me stessa, a tal punto da sentire le guance arrossire.
È ridicolo.
È assurdo.
Basta Anya, dormi! Hai già molti pensieri per colpa dei quali non riuscirai a dormire, l’esame di domani, ad esempio. Non sovraccaricare il peso, aggiungendo questi assurdi pensieri.
Tuttavia, è inutile. Mi giro e rigiro su questo letto convulsamente, col rischio anche di svegliare Hope.
Non so quanto tempo sia passato, so solo che non sono riuscita a chiudere occhio e la mia preoccupazione non è più, magicamente, l’esame…
Tanto vale ormai…
Beh…
Sono sicura che mi pentirò di ciò che sto per fare.
















***










Sono disteso, in posizione supina, con gli occhi fissi sul soffitto.
Se prima avevo sonno, adesso non ne ho più. Neanche un po’.
Passano i secondi, i minuti, ma i miei occhi sono sempre fissi sullo stesso punto.
Poi però, qualcosa mi costringe a distogliere lo sguardo e puntarlo alla porta.
Sbaglio o qualcuno ha bussato?
Ne sono sicuro. Ho sentito un picchiettio provenire da quella direzione. Ne sono così sicuro che decido di alzarmi e lentamente dirigermi alla porta. Forse me lo sono solo immaginato, ma quando abbasso la maniglia e apro la porta, ogni dubbio scompare. Qualcuno aveva davvero bussato e quel qualcuno è proprio Anya Sarizawa.
Mi ci vuole qualche secondo prima di riuscire a dire qualcosa, ma è lei a precedermi e… con una proposta che mi lascia alquanto interdetto.
“Posso entrare?” chiede in tono timido, quasi si vergognasse.
Mi scosto leggermente, quanto basta a far passare l’esile figura di Anya, che una volta dentro, si ferma al centro della stanza con le mani affondate nelle tasche della mia felpa.
Ammetto di essere confuso. Non so se per colpa del sonno, della cena poco abbondante o perché la mia mente e alcune parti del mio corpo stanno andando oltre ogni immaginazione.
Calmati, Kai.
“Ti ho svegliato?”.
Beh, in realtà ero sveglio. Adesso sono più che sveglio. Beh, è un po’ tutto sveglio…
“No…cioè…ero ancora sveglio in realtà” confesso, grattandomi la nuca in modo impacciato.
“Ecco, scusami ma volevo solo dirti che domani dovrò uscire presto per aprire la caffetteria al posto di Dana e che quindi…beh…dovrai pensare tu a portare Hope all’asilo”.
Dopo aver ascoltato il motivo per cui è venuta fin qui, beh, ammetto di sentirmi ancora più confuso e credo sia palese dal mio sguardo.
“Perfetto! Scusami ancora per il disturbo… ti lascio dormire, buonanotte!” saluta in fretta, apprestandosi a raggiungere la porta. Ma…
“Aspetta un attimo… Tutto qui?”. La mia voce, fredda e tagliente, irrompe nel silenzio, lasciandola spiazzata, talmente tanto da essere costretta a bloccarsi sul ciglio della porta.
“Cosa vuoi dire?” chiede, fingendo di non afferrare.
Io davvero  non capisco. Sono sempre più confuso. I suoi atteggiamenti iniziano a confondermi sul serio.
“Sei venuta qui, nella mia stanza, nel cuore della notte, solo per dirmi…questo?”.
Le mie parole, scandite una per una, la mettono a disagio.
“Beh sì…”.
Ha di nuovo quello sguardo timoroso, ma è diverso.
I miei occhi stanno indagando a fondo. Vogliono scrutare ogni sua mossa, per capire la verità.
Sono sicuro che non sei venuta fin qui solo per dirmi questo, Sarizawa.

E te lo dimostrerò.

I’m a flame


 “Potevi aspettare domani per dirmelo” gli faccio notare, avanzando di un passo verso di lei.

You’re a fire

“Beh, sì, ma dato che sarei andata via presto e non ci saremmo visti, ho pensato di dirtelo direttamente”. Bugiarda.

I’m the dark in need of light

Avanzo di un altro passo.
“Avresti potuto telefonarmi…”.
Lei indietreggia. “O mandarmi un messaggio”.
Di nuovo avanzo e lei indietreggia, finché la sua schiena arriva a toccare la parete.
“E’ vero, hai ragione…io… avrei potuto mandarti un messaggio… o….telefonarti” confessa colpevole.
Come pensavo…
“Dunque, perché sei venuta nella mia stanza?”. E nel porgerle questa domanda, metto una mano sulla parete e inclino la testa, quanto basta ad arrivare a pochi centimetri dal suo viso.
Mi osserva in modo strano.
La mia vicinanza le ha mozzato il respiro, le è divenuto più corto, lo noto anche dagli impercettibili movimenti del suo petto sotto la felpa.
Credo di poter osare un po’ di più ora.
Premo di più la mano sulla parete, mentre con l’altra sfioro un lembo di pelle della sua gamba, sotto la felpa e questo gesto basta a farla trasalire.


When we touch, you inspire
Feel the change in me tonight


Dal modo in cui mi guarda, beh, sembra mi stia chiedendo di più.
Basta.
Ormai è chiaro ciò che sta per succedere.

So take me up, take me higher
There’s a world not far from here


Accorcio sempre di più le distanze tra i nostri visi, fino quanto il mio naso sfiora il suo.
Lei chiude gli occhi e così faccio anch’io, lasciandomi trasportare solo dalle sensazioni del mio corpo.
Sembra quasi che il tempo si sia fermato.
Ci siamo solo io e lei, in piedi, avvolti dalla penombra di questa stanza.


We can dance in desire
Or we can burn in love tonight


Avverto il calore del suo corpo e del suo respiro e non so perché io stia perdendo tempo.
Non ho mai indugiato così tanto.
Di solito non amo farlo così.
Ma ammetto che non mi sta dispiacendo. Anzi, ogni secondo accresce di più il mio desiderio.
Vorrei che fosse lei a fare la prima mossa, a catturare avidamente le mie labbra, ma ho la netta sensazione che non lo farà.


Our hearts alive, firestones
And when they strike, we feel the love


Sta a me fare il passo successivo e decido di farlo accarezzandole una calda guancia e quando alza il collo, ne sfioro la superficie con le labbra, una, due e tre volte, dolcemente.
Senza rendermene conto le ho abbassato la zip e fatto scivolare a terra la felpa, lasciandola soltanto in intimo.


Sparks will fly, they ignite our bones
But when they strike, we light up the world


Abbandono il suo collo, per soffermarmi a fissarla un attimo, dalla testa alle caviglie e poi, quasi in automatico, tolgo in un rapido gesto la mia maglietta, abbandonandola alla rinfusa sul pavimento.
Iniziamo a fissarci intensamente, senza dire niente.
Ma non servono le parole.

I’m from X, you´re from Y
Perfect strangers in the night
Here we are, come together
To the world we´ll testify

Il modo in cui lei mi guarda mi ha già comunicato tutto.
E senza perdere altro tempo, prendo il suo viso tra le mani e unisco rapidamente le mie labbra alle sue, dando inizio a una serie di baci che piano piano si approfondiscono sempre di più. Il mio corpo ha intrappolato quello suo, premendolo contro questa parete, e le mie mani percorrono desiderose ogni centimetro della sua pelle.
Non so spiegarlo bene, ma è come se avessi desiderato questo momento da tutta la serata.
Le mie mani si fermano sui suoi fianchi e senza staccarmi dalle sue labbra, la conduco sul letto, dove la faccio sdraiare lentamente sotto di me.
Una voce nella mia testa mi dice che forse tutto questo non dovrebbe succedere.
Che forse avrà delle strane conseguenze.
Ma decido comunque di ignorarla.
Non voglio fermarmi.
Proprio non voglio.






















Ciao a tuttiiii!
Eccomi ritornata con un capitolo scoppiettante XD
Vi aspettavate una cosa simile??
Quello che molti di noi stavano aspettando è successo!
Le circostanze hanno voluto (sì, le circostanze molto casuali) che Anya rimanesse a dormire a villa Hiwatari XD e ho trovato la scusa per farli incontrare e coff coff XDD
Questo capitolo è stato partorito dopo molte settimane e anche se l’ho scritto da poco, la mia mente ci rimuginava spesso e cercava di capire come renderlo decente.
Non sono brava a descrivere certe scene e così lascio alla vostra immaginazione ciò che stanno facendo XDDD
Spero di non aver deluso le vostre aspettative. Purtroppo trascrivere ciò che avevo in mente è stato molto difficile, talmente tanto che ho dovuto riscriverlo più volte. Questa è la versione che reputo più decente.
E quindi vi lascio così, con questa scena e col un grande quesito amletico: domani, questi due, come faranno l’esame? XDD non hanno dormito per niente!
Le frasi in inglese che trovate lì in mezzo sono prese dalla canzone  Firestone di Kygo e Conrad Sewell. Vi suggerisco di ascoltarla per capire un po’ l’atmosfera che si respirava in quella stanza XD
Bene, vi ringrazio come sempre per essere giunti fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensare, se vi va.
D’ora in poi le cose in questa storia inizieranno a prendere una strana piega.

Grazie ai lettori, recensori e tutti.

A presto!
   
 
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