Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Rosmary    08/05/2021    3 recensioni
Raccolta disomogenea su diversi coppie e personaggi. Alcuni racconti sono missing moments di Paradiso perduto.
1. Incastrati nella testa (Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy)
2. Quando il buongiorno non si vede dal mattino (Scorpius Malfoy/Gwendolen Goldstein)
3. Scorci (Molly Weasley junior/Atlas Nott)
4. Sono tutti i colori (Luna Lovegood, Rolf Scamander, Lorcan e Lysander, Ron Weasley, Rose)
5. Emozioni (Albus/Moira, Albus/Teti, Albus/Scorpius)
6. Se non è per sempre (Moira Meadowes/Atlas Nott)
7. Di impiccioni, offese e chiacchiere (James Sirius, Rose, Un po’ tutti)
8. Legati (James Sirius, Rose, Un po’ tutti tra genitori, zii e cugini)
9. Un sabato tutto Grifondoro (James Sirius, Rose)
10. Il più bello del reame (più o meno) (Un po’ tutti)
11. Un modello per Louis (Louis, James Sirius, Fleur e Bill, Percy)
12. Tasselli (Un po’ tutti)
13. A lezione di Babbanologia (Albus, Scorpius)
14. Ritornare – e restare (Louis/Isabelle)
15. Promesso (Lysander, Gwenda)
16. Vita da Capitano (Louis, Amanda)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Molly Weasley, Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Vari personaggi | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il racconto è un missing moments di Paradiso perduto e contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Tredici della longfic.
 
 

Di impiccioni, offese e chiacchiere
 
 
Dicembre 2019
 
Il vociare concitato ai cancelli di Hogwarts dà notizia della calca di studenti in attesa delle carrozze che li condurranno all’Espresso per trascorrere la pausa natalizia in famiglia. Nonostante siano appena le sette del mattino, timidi raggi di sole s’impegnano a riscaldare la giornata dicembrina e l’adrenalina rallegra visi altrimenti assonnati.
Quando James inizia a guardarsi intorno, muovendo piccoli passi che disegnano orme nella neve che copre il terreno, è ormai perfettamente sveglio ed entusiasta di far ritorno a casa.
“Chi cerchi?”
La voce di Louis lo sprona a dedicare un rapido sguardo al cugino, registrando svelto che al loro gruppetto si è aggiunto anche Lorcan.
“Rosie,” risponde allora. “Non la vedo.”
Louis non fa in tempo a dirgli che la incroceranno di certo sul treno che gli occhi di James si aguzzano, assottigliandosi in due fessure irritate.
“Torno subito.”
Torno subito, detto mentre si è già fatto largo tra la folla, rifilando qualche piccolo spintone pur di aprirsi un varco.
Tuttavia è solo quando raggiunge la sua meta che capisce di non avere la più pallida idea di cosa dire né di cosa fare, ruba allora alcuni istanti per riflettere e inquadrare meglio la situazione: da un lato Rose e Allison, dall’altro due bellimbusti del quinto anno – uno impegnato a fare da spalla silenziosa all’amico, l’altro a parlare disinvolto e a guardare con sin troppo interesse Rose.
Patetico.
“Ti cercavo.”
Ti cercavo, detto con tono secco – forse troppo –, ma sono parole neutre – giusto? – e gli sembrano un buon modo per allontanare Rose dall’idiota troppo grande senza dare spettacolo.
“Perché?”
Che significa perché? James serra la mascella e scocca un’occhiata ai due studenti più grandi, infastidito dalle loro risatine sommesse.
“Le carrozze, sono quasi arrivate.”
“Tra poco ti raggiungo.”
“Andiamo,” insiste James. “Adesso.”
Adesso, sottolineato cingendole il polso ed esercitando una piccola pressione per invogliarla a muoversi – lancia anche uno sguardo ad Allison, come a suggerirle di fare altrettanto.
“Potter, ma di che t’impicci? Stiamo parlando, vacci tu alle carrozze.”
James registra svelto che a parlare è stato l’idiota interessato a Rose – e registra anche di averlo già visto ronzarle attorno in Sala Comune.
È… snervante.
Non sa cosa stia succedendo, ma durante l’estate appena trascorsa Rose è cambiata: ha guadagnato qualche centimetro, il suo viso si è affinato un pochino, il suo corpo è diventato più simile a quello di una ragazza – è cresciuta, ed è da circa un paio di mesi che ha capito di non essere il solo ad aver notato questo cambiamento.
Però.
Non capisce perché debbano guardarla così tanto né perché a lui dia così fastidio. Fatto è che non vuole neanche immaginare Rose in situazioni in cui ha già visto Molly e Roxanne, per non parlare di Victoire.
No, proprio no.
“E tu saresti?”
La domanda sa di provocazione, lui l’ha pronunciata senza riflettere troppo – e dire che se lo ripete spesso, di non cedere all’impulsività – e senza accorgersi che se avesse taciuto sarebbe stata proprio Rose a ribattere per entrambi, irritata quanto e più di lui per le parole rivoltegli.
Invece.
“Hai la guardia del corpo, Rose?”
“La guardia del corpo un cazzo,” sbotta James. “Levati dalle palle.”
“Sei tu a doverti levare dalle palle, stavamo parlando prima che arrivassi.”
È tutto molto rapido, troppo rapido, perché James possa capire di avere i nervi a fior di pelle e zero possibilità di non fare qualche disastro. Tutto ciò che riesce a pensare è che in una manciata di minuti quel tipo, che dovrebbe chiamarsi Jason Pesky1, è riuscito a irritarlo più di chiunque altro da quando ha messo piede a Hogwarts: non solo crede di potersi avvicinare a Rose, ma anche di avere il diritto di parlargli in questo modo – un pazzo.
Insomma, è stato persino clemente nel rifilargli l’Incantesimo delle pastoie, avrebbe potuto essere più incisivo, ma il raziocinio che ancora non lo ha abbandonato gli ha suggerito di evitare una fattura visibile al primo sguardo superficiale dei professori.
E se Jason quasi casca a terra quando le gambe si irrigidiscono e lo sbilanciano, il suo amico sfodera la becchetta per ricambiare il favore a James – purtroppo o per fortuna, a sopraggiungere sono Louis e Lorcan, entrambi con bacchetta alla mano e sguardo cupo.
“Non ci pensare proprio,” ringhia Lorcan all’indirizzo dell’altro Grifondoro. “Fuori dalle palle.”
“Fossi in voi, seguirei il consiglio,” soggiunge pacato Louis. “Sarebbe spiacevole.”
James, un ghigno sfrontato in viso, divarica di poco le braccia e fissa in viso i due quindicenni, come a invitarli a colpirlo – e ghigna ancora di più quando sbircia le risate impudenti di Lorcan e Louis.
Quello che non vede, che di nuovo non coglie, è l’irritazione che sporca il viso di Rose; si accorge però del passo di marcia con cui, afferrato il polso di Allison, si allontana da tutti loro – che vadano a quel paese pensa Rose, Pesky, il suo amico e anche James.
James che, oltre a seguirla con lo sguardo, decide in fretta di seguirla anche con i passi – Lorcan e Louis gli sono alle spalle in un arco temporale effimero, giusto il tempo di ammonire una volta ancora gli altri due.
“Rosie, Rosie, aspetta.”
La chiama, affretta il passo sino a raggiungerla, le afferra le spalle, ma niente. Tutto ciò che James ottiene è uno scatto irritato che libera Rose dalla sua presa e un’occhiataccia di Allison.
“Rosie, dai...”
Ma Rose seguita a non rispondergli e sale svelta sulla prima carrozza libera in cui si imbatte, esortando Allison a fare altrettanto e a farlo alla svelta. Tuttavia James, deciso a non demordere, sale a sua volta su quella stessa carrozza, seguito da Louis e Lorcan che sfoggiano espressioni cariche di perplessità – e se Lorcan si siede accanto a Rose e la fissa interrogativo, Louis affianca il cugino e gli dà una pacca solidale sulla schiena.
“Possiamo parlare?”
“No.”
James strabuzza gli occhi e stringe i pugni, osservando Rose tutta impettita guardare ostinatamente il tragitto percorso dalla carrozza anziché lui o chiunque altro.
“Ma che è successo?” tenta Lorcan.
“Chiedilo a lei,” risponde indispettito James. “Volevi restare con Pesky? Forse non l’hai notato, ma ci stava provando.”
“Pesky ha il cervello di un vermicolo,” sentenzia Louis. “Ed è più brutto di un ghoul.”
“E chi te l’ha detto che i vermicoli hanno poco cervello?” chiede retorica Rose. “Ci sono persone molto più stupide,” aggiunge guardando James.
“Hai sentito, Louis? Ora quello è meglio di me.”
“James,” chiama Lorcan, facendogli cenno di calmarsi.
“Non le chiedo scusa,” ribatte però James, sordo al consiglio. “Ho ragione.”
“Ma perché avresti ragione?” interviene Allison. “Sei stato maleducato.”
“Ma non farci ridere,” ribatte Louis per James. “Se è intervenuto è perché ha visto qualcosa che voi non avete notato.”
“E cos’è che non avremmo visto?” incalza Allison. “Stavamo solo parlando.”
“Ally, lascia perdere.”
“Ecco, lascia perdere,” le fa eco James. “Sono io il coglione a preoccuparmi.”
“Ci diamo un taglio?” propone Lorcan. “Alla fine non è successo niente.”
E se Louis annuisce, per una volta concorde, e Allison sospira, Rose e James gli scoccano sguardi offesi.
“Che ho detto?”
“Una cosa sensata,” risponde Louis, tentando di stemperare la tensione. “Strano ma vero.”
“Ora sì che posso affatturarmi: il damerino mi dà ragione.”
“È una vergogna per me, non per te,” replica Louis.
“Ora ti riconosco,” scherza Lorcan. “Vero, Rose?”
“Cosa?”
“Il damerino che mi insulta.”
Ma Rose alza gli occhi al cielo e riprende a fissare il tragitto, consapevole che James non ha mai smesso di guardarla. Lorcan scambia allora uno sguardo con Louis, che scuote la testa in un moto di rassegnazione.
Il breve viaggio prosegue nel silenzio più totale, colorato solo da Louis e Lorcan che seguitano a scambiarsi parole mute – e se l’uno solleva le sopracciglia per invitare l’altro a scuotere James, l’altro in questione sprona l’uno a dire qualcosa a Rose.
Avvertire la carrozza fermarsi è un sollievo per tutti, così come lo è uscire da quel piccolo abitacolo e tuffarsi tra gli studenti che affollano il binario. Come già in precedenza, Rose afferra Allison e la trascina con sé senza guardarsi indietro, costringendo i tre ragazzi a seguirle.
Tuttavia James non replica quanto già fatto e non appena sale a bordo del treno smette di inseguire la ragazza, ingoiando il fastidio e la sensazione di estraneità che lo sorprendono quando vede Lorcan scrollare le spalle – scusa, non so che altro fare sembra volergli dire – e scegliere di seguire Rose.
A ridestarlo è la mano di Louis, che gli stringe la spalla in un tacito invito a lasciar cadere la cosa.
“Cerchiamo uno scompartimento solo per noi, va bene?”
James annuisce svogliato e segue il cugino impegnato a cercare un angolo dove rintanarsi in pace.
“Ma ti sembra normale?”
Louis sussulta – non ha neanche fatto in tempo a chiudere la porta dello scompartimento che l’altro ha sbottato.
“Ti calmi? Non è il caso di fare tutta questa tragedia,” replica sedendosi.
“È lei a fare la tragedia, non io. Hai sentito che mi ha risposto? No. No, a me,” ringhia. “Io le chiedo di parlare e lei mi dice no. A me no e a quello sì. È normale? Se è normale dimmelo, però a me non sembra per niente normale.”
Louis, un sopracciglio sollevato e le labbra piegate in un ghigno, si prende alcuni istanti per osservare le guance chiazzate di rosso-nervosismo di James – e deve fare un grande sforzo, grandissimo, per non prorompere in una risata.
“Le ha dato fastidio che ti sei messo in mezzo, dopo parlate e risolvete,” tenta. “Però calmati.”
“Sono calmissimo.”
“Si vede,” ironizza Louis.
“Secondo te ha ragione lei?” chiede nervoso. “Hai visto come la guardava? Siamo i cugini più grandi, dobbiamo pensarci noi a certe cose.”
“Non mi ero neanche accorto che ci stesse parlando, se vuoi la verità,” replica. “Però se non ti calmi continuerete a litigare, alla fine parlavano soltanto.”
“Ha ragione lei, è questo che pensi,” insinua James.
“Non ho detto questo, quello è un idiota e hai fatto bene a dirgli di girare a largo,” chiarisce, riuscendo a farlo rilassare un pochino. “Però devi calmarti,” ripete di nuovo. “Se la becchi mentre bacia qualcuno che fai, dichiari guerra al tipo?”
James, come scosso da questa prospettiva, si ritrova a sbarrare gli occhi allarmato e a rimuginare in silenzio su qualcosa che ha sempre allontanato da sé, cui non ha davvero mai pensato – non sul serio –, un atteggiamento che in Louis sembra instillare un dubbio che lo convince a corrugare la fronte e a sporgersi in avanti, ticchettando il ginocchio del cugino con le nocche.
“Jamie,” chiama. “Ma non è che sei geloso?”
“Di chi?”
Louis inarca eloquente le sopracciglia e James sbarra ancora di più gli occhi.
“Ora sei tu ad avere il cervello di un vermicolo,” sentenzia. “Geloso, ma che cazzata.”
“E allora calmati,” ripete per l’ennesima volta. “Entro stasera avrete già fatto pace.”
“Deve chiedermi scusa.”
Louis questa volta non trattiene una risata, ma lascia cadere il discorso gelosia, che in verità non trova per niente così assurdo visto il nervosismo di James.
James che, tutto corrucciato, tenta di immaginare quali epiteti gli stia riservando Rose, rintanata lontana da lui con Lorcan e Allison.
Non lo può sapere, che la ragazza è ancora impegnata a non proferire parola alcuna, costringendo i due che condividono lo scompartimento con lei a parlare a raffica pur di spronarla a fare altrettanto.
“Rose, sembri pietrificata,” si lamenta Allison. “Sei arrabbiata anche con me?”
“Certo che no.”
“Quindi è con me che sei arrabbiata?” chiede Lorcan.
“Neanche.”
“E allora perché non parli?”
“Sto aspettando che venga qui a scusarsi,” ammette allora. “Deve trovarmi così, muta e arrabbiata.”
Lorcan vorrebbe tanto ribattere, ma a calamitare sia la sua attenzione che quella delle due ragazze sono Albus e Basile che, sorrisetti ironici in viso, s’affacciano sull’uscio dello scompartimento e fissano divertiti Rose.
“È vero?” ghigna Albus. “Hai litigato con James?”
“Fatti gli affari tuoi,” prorompe Allison per l’amica.
“AllyKatty, come siamo nervose, ci hai litigato anche tu?!”
“Fuori dalle palle, tutti e due,” ordina Lorcan. “Ora.”
E se Basile ingoia a vuoto, Albus stringe nervoso le labbra, sbirciando con la coda dell’occhio Rose accennare un sorriso sghembo.
“Cos’è, non si può sapere se ci hai litigato?” insiste guardando la cugina. “Sul treno parlano solo di questo.”
“Ho sentito dire che Pesky avrebbe detto a qualcuno di voler affatturare James quando arriviamo a Londra,” aggiunge cospiratorio Basile.
“Tu senti sempre dire qualcosa a qualcuno,” nota seccata Rose. “Sei un pettegolo.”
“Allora accontentami e dammi qualche scoop!”
Rose alza gli occhi al cielo e precede Lorcan nel tirarsi su e chiudere in un gesto rude la porta dello scompartimento, infischiandosene sia delle espressioni di certo attonite dei due Serpeverde che degli improperi che sente biascicare ad Albus.
“Che rompiscatole,” dice rimettendosi seduta.
“Se vuoi li affatturo,” propone Lorcan.
“Così litighi anche tu con James,” replica lei. “Meglio di no. Deve già scusarsi con me.”
Lorcan sogghigna e si concede un ampio sorriso quando Rose contraccambia la sua espressione.
“Ti spiace se raggiungo un attimo Leontes?” chiede Allison. “Ho ancora i suoi appunti.”
Rose annuisce e la Tassorosso le scocca un bacio sulla guancia assicurandole di far ritorno nel più breve tempo possibile.
“Ora parliamo sul serio?”
La domanda retorica di Lorcan spezza il silenzio non appena Allison si chiude la porta alle spalle, Rose mima un piccolo sbuffo, ma non riesce a evitare di sorridere quando lo vede sedersi accanto a lei e circondarle le spalle con il braccio.
“Non dirmi che secondo te ha ragione lui.”
“Secondo me siete esagerati,” ribatte. “Non è successo niente.”
“Si è intromesso.”
“Aveva i suoi motivi.”
“Vedi che sei dalla sua parte?” sbotta Rose, allontanandosi irritata.
“Ma come sei permalosa,” scherza. “Vieni qui,” aggiunge, spronandola a poggiare di nuovo la testa sulla sua spalla.
“Non sono permalosa, sei tu che non sei dalla mia parte.”
“Cazzate, io sono sempre dalla tua parte.”
“E allora perché lo giustifichi?”
“Perché quelli del quinto anno sono stronzi e James lo sa.”
Rose solleva gli occhi verso il viso di Lorcan, riuscendo a sbirciarne solo il mento, mentre po’ tenta di riflettere sul suo punto di vista – che stia davvero esagerando? , tuttavia a frapporsi tra lei e i neonati ragionamenti è proprio James, che a sorpresa schiude di poco la porta dello scompartimento e affaccia la testa al suo interno.
“Ti ho trovato, finalmente.”
Sia Lorcan che Rose colgono alla svelta quel ti corredato dallo sguardo di James fisso sull’amico.
“Perché non entri?” propone il Corvonero.
Ma James mima un rapido diniego, riuscendo a far irrigidire Rose.
“Quando hai finito di perdere tempo, ti aspetto nel solito scompartimento.”
Lorcan non fa in tempo a sbarrare gli occhi che l’amico è già scomparso – e neanche ci prova, questa volta, a placare Rose, si limita a massaggiarle la nuca e baciarle la guancia.
“È un coglione, ma poi gli passa.”
“Ora capisci che deve scusarsi?” incalza Rose. “È ridicolo.”
“Perché non cambiamo argomento?”
“E di che vuoi parlare?”
“Vieni da me durante le vacanze?”
“Devo chiedere a mamma.”
“Solo un giorno, non può dirti di no.”
Rose sorride concorde, in fondo Lorcan non abita neanche troppo lontano dalla Tana.
“Ci proverò.”
“Allora è...”
“Mi dite che è successo?”
A spezzare la fragile quiete costruita è un inatteso Lysander, che senza perdersi in convenevoli entra e si siede di fronte al fratello.
“Ma di che parli?” chiede stizzito Lorcan.
“Dimmelo tu,” rilancia Lysander. “Parlano tutti di un litigio tra lei e James,” spiega indicando Rose. “E prima un tizio mai visto mi ha detto che appena arriviamo a Londra mi gonfia di botte… Che hai combinato? Di sicuro mi ha confuso con te.”
“Che significa che ti gonfia di botte?” prorompe Rose. “Era un Grifondoro?”
“Non lo so, non aveva la divisa,” risponde. “Lor, con chi hai litigato questa volta?”
“Proprio con nessuno, ho solo aiutato James, volevano affatturarlo.”
“Veramente dicono che è stato lui ad affatturare qualcuno.”
“Per difendersi,” replica Lorcan. “Aveva capito che lo avrebbe attaccato,” aggiunge quando coglie la perplessità del fratello e il sorriso furbo di Rose.
Lysander, per nulla convinto, solleva le sopracciglia, ma a frenare anche le sue parole è un ennesimo ingresso – o ritorno, per meglio dire –, cioè Allison.
“Non hai idea di quante chiacchiere stiano facendo,” esordisce seccata verso Rose. “Oh, ciao, Lysander.”
“Ciao, Allison.”
“Ho incontrato di nuovo quella piaga di Zabini, non ha fatto altro che riempirmi la testa di pettegolezzi,” snocciola. “Poi ho rivisto anche Albus, che mi ha detto di dirti che tu e James siete così impegnati a fare gli offesi da aver dimenticato Lily e Hugo, che lode a Salazar,” dice mal imitando una voce maschile, “così ha detto,” puntualizza, “sono con lui, perché lui è l’unico che si è preoccupato per loro.”
“Certo che Albus li sa rompere bene i coglioni,” commenta Lorcan.
“E che vuole, un premio?” sbotta invece Rose.
“Solo fartelo sapere,” replica Allison. “Come va?”
“Prima è venuto qui e ha detto a Lorcan di raggiungerlo quando ha finito di perdere tempo,” risponde svelta e stizzita. “Ti rendi conto?”
“Deve chiederti scusa.”
“Assolutamente.”
“Beh, un po’ sì, dai,” tentenna Lorcan.
“Ma si può sapere che è successo?”
Ed ecco che dove hanno fallito le parole di supporto di Allison e Lorcan riesce invece l’ingenua esasperazione di Lysander, che fa scoppiare Rose in una risata così tanto sonora da lasciare prima allibiti gli altri tre e da convincerli poi ad abbandonarsi a loro volta all’ilarità.
Dove l’ilarità invece proprio non riesce a imporsi è nello scompartimento di James, che seduto tutto imbronciato mal tollera Molly e Leonard che hanno raggiunto Louis – ha persino dovuto sopportare la curiosità di Roxanne e Amanda, che per sua fortuna si sono defilate quando hanno capito che non avrebbero ricavato neanche un minuscolo commento.
“Jamie, vuoi?”
James orienta gli occhi blu sulla confezione di biscotti che i tre sono impegnati a consumare – d’accordo, sarà anche offeso, ma il cibo non si rifiuta mai.
“Non c’è niente di meno dolce?” chiede non appena fagocita il primo biscotto.
“Che stupidi a non chiedere alla signora del carrello dei dolci se avesse qualcosa di meno dolce,” ribatte sarcastica Molly, facendo ridacchiare Leonard.
“Ma com’è che siamo parenti, io e te?” chiede retorico James. “Sicura che il tuo cognome non sia Rompiballe? Perché Molly Rompiballe mi pare proprio perfetto.”
“Jamie.”
“E il tuo cognome quale sarebbe? Guastafeste?! Tutto questo solo perché non sai farti gli affari tuoi.”
“Molly.”
“È la verità,” insiste lei, scoccando un’occhiataccia a Louis. “Rose ha fatto bene a mandarti a quel paese, sei solo un impiccione.”
“Rosie non mi ha mandato a quel paese.”
“Ne sei sicuro? Non mi sembra che sia qui con te.”
“Molly, mangia un biscotto,” impone irritato Louis, mettendole l’intera confezione tra le mani. “Ma quanto manca all’arrivo?”
“Poco,” risponde Leonard, impegnato a reprimere più risate di quante siano accettabili – è uno spasso vedere Potter in quelle condizioni.
“Grazie, Godric,” esulta Louis. “In questo treno c’è proprio puzza di boccini rotti, e vi assicuro che sono i miei.”
James non avrebbe voluto ridere – anche perché nel caso Rose si affacci deve trovarlo nervosissimo, non solo nervoso –, ma non può fare a meno di prorompere in una risata che trascina con sé anche gli altri.
Quando arrivano, a nessuno sembra vero – finalmente sembra essere il pensiero comune.
La calca che affolla il Binario Nove e Tre Quarti2, ancora più chiacchierina ed elettrizzata di quella che ha accompagnato la partenza, sembra aver lasciato sull’Espresso pettegolezzi e propositi da attaccabrighe: rivedere i genitori, salutare gli amici, assaporare le vacanze è un colpo di spugna su tutto – o quasi.
I genitori di Rose e James, riuniti in gruppo ad attendere i figli, non devono impegnarsi per cogliere il malumore dei due, è sufficiente vederli muti e impettiti, mentre alle loro spalle, tra un ghigno e l’altro, Albus scorta Hugo e Lily di ritorno dai loro primi mesi a Hogwarts.
“Cos’è successo?” chiede Hermione.
“Niente,” risponde Rose. “Andiamocene.”
E se Ron solleva un sopracciglio, Harry e Ginny fanno appena in tempo a cogliere il “vi seguiamo in moto” di Teddy, che viene afferrato da James e spronato ad allontanarsi senza salutare né aspettare nessuno.
Perplessi, gli adulti temporeggiano solo per salutare parenti e amici, congedandosi dai primi con un “a stasera” che annuncia la consueta Vigilia alla Tana.
“Cos’è successo?”
Hermione ripete la domanda non appena chiudono gli sportelli dell’automobile, mentre Ron avvia il motore sbirciando prima i figli seduti sul sedile posteriore e poi l’automobile di Harry, che parcheggiata a pochi metri dalla propria si prepara a imbucarsi nel traffico di Londra.
“Un giorno mi spiegherai perché dobbiamo perdere tempo come dei babbani,” borbotta Ron, seguendo Harry. “Hai contagiato anche Harry con questa storia.”
“Ronald, sto cercando di parlare con Rose,” replica Hermione. “E poi non hai niente di cui lamentarti, appena saremo lontani da occhi indiscreti ci solleveremo in volo.”
“Non grazie a te.”
“Continuo a essere contraria, se vuoi saperlo. Non era proprio il caso di legalizzare mezzi di trasporto truccati.
Ibridi,” corregge Ron, ricordando il soporifero ma utile disegno di legge di Percy3. “Mezzi di trasporto magici che premiano l’ingegno dei babbani,” recita a memoria con un mezzo sorriso. “Papà ripete questa frase ogni dieci minuti.”
Hermione stringe le labbra, ma evita di ribattere e impelagarsi in una discussione sterile, si volta invece quanto può in direzione dei sedili posteriori, intravedendo Hugo intento a fissare la sorella e Rose imbronciata.
“Rose,” chiama. “Mi spieghi cos’è successo? Perché sei di cattivo umore?”
“Ha litigato con James!”
“Hugo!”
“L’ha detto Al, e l’ha detto anche quel suo amico che parla tanto.”
“Zabini,” dice Rose. “Un impiccione, proprio come lo sei tu e come lo è James, mai a farvi gli affari vostri!”
“Rose, non rivolgerti così a tuo fratello.”
“Ehi ehi, ma cos’è tutto questo nervosismo?” interviene Ron. “Che ha fatto James?”
“Al dice che ha litigato con un Grifondoro che ci provava con Rose,” snocciola entusiasta Hugo, approfittando del mutismo della sorella e rischiando di distrarre il padre dalla guida. “Lo ha schiantato!”
“Questo non è vero, gli ha solo fatto l’Incantesimo delle pastoie,” corregge istintiva Rose. “Ma non sono affari vostri!”
“Sì che sono affari nostri,” dice subito Ron, aggiustando lo specchietto retrovisore in modo tale da poter guardare la figlia. “Chi è questo Grifondoro? Come si chiama? Perché lo conosci?”
“Pensa a guidare, tu,” borbotta Hermione. “Rose, mi spieghi, per favore?”
Rose, le labbra mordicchiate, torce le mani tra loro e si convince finalmente a sollevare lo sguardo sulla madre, curandosi di rifilare un calcio al fratello quando intuisce che è pronto a parlare di nuovo per lei – impiccione pensa.
“Ero con Ally, Pesky si è...”
“Chi è Pesky? Non ne hai mai parlato.”
“Al dice che è del sesto anno!”
“Sesto?” tuona Ron.
“Quinto,” dice stizzita Rose. “E tu smettila di credere ad Albus, lui e Basile inventano solo fandonie.”
“È comunque troppo vecchio.”
“Ignora tuo padre, continua.”
“Non c’è niente da dire. Si è avvicinato e abbiamo parlato un po’, poi è arrivato James e ci ha litigato,” spiega. “Solo perché non l’ho seguito subito!”
“Ha fatto benissimo,” interviene Ron. “Bravo mio nipote.”
“Invece ha fatto malissimo,” ribatte Hermione. “Sono sicura che chiarirete, ma tu fai bene a dirgli che non può comportarsi così,” aggiunge guardando Rose.
Rose, rinfrancata dall’insperato supporto della madre, tenta di ignorare il farneticare del padre su quanto sia stato bravo e giusto James – e dire che lei adora suo padre, ma ha notato che su alcune questioni ha la mentalità più ristretta di nonna Molly, che come dice Dominique è arretrata, al contrario di sua madre, che quando non è impegnata a impartire ordini e a pretendere di decidere per tutti ha addirittura una mentalità aperta. A volte crede che i suoi genitori siano un mistero troppo grande da decifrare: sa solo che a inizio anno ha mal sopportato lei per averle imposto di seguire più corsi di quanti ne volesse intraprendere e ha ringraziato lui per essere riuscito a evitarle almeno Babbanologia – a parere di zia Ginny, però, non è stata una grande conquista, perché sua madre stessa ha scartato la materia all’epoca di Hogwarts.
E questo è solo il terzo anno.
Rose un po’ trema all’idea delle aspettative che la presseranno quando dovrà sostenere i GUFO, per non parlare della scelta delle materie da proseguire sino al livello MAGO – spera solo che per allora avrà maturato una libertà di scelta maggiore.
È quando poggia la testa contro il vetro del finestrino che, suo malgrado, intravede la motocicletta su cui sfrecciano Teddy e James – e sorridere pensando all’entusiasmo di James di questa mattina, certo che a Londra avrebbe trovato Teddy e la moto, le fa quasi male, perché lui è stato così idiota da non capire di averla ferita.
China lo sguardo nel momento in cui, ormai sollevate tutte in volo – le due automobili e la moto –, i due ragazzi li sorpassano.
Teddy, pur concentrato alla guida, non manca di sbirciare Rose e di scuotere la testa nel vederla orgogliosamente attenta a non incrociare James neanche per sbaglio – James che, sino a questo momento, non ha fatto altro che insultare il Grifondoro del quinto anno e ripetere che Rose non ha capito niente della sua preoccupazione.
“Se ripeti un’altra volta quel coglione del quinto anno, l’anno prossimo non mi compro la moto e continuo a usare questa.”
“Ma quello è un coglione.”
“Sì, James, alla millesima volta che l’hai detto l’ho capito,” replica sarcastico.
“Beh, che ne pensi?”
Teddy sogghigna e accelera ancora, ignorando il clacson che li rincorre.
“È sicuramente tua madre a suonare, Harry si fida.”
“Mia madre dice che questa moto è un catorcio,” ghigna James. “Invece è bellissima, Sirius aveva ottimi gusti.”
“Sì, però l’anno prossimo me ne compro una tutta mia, così questa la usi tu. Quest’estate ti insegno a guidarla.”
“Poi mi fai fare un giro anche sulla nuova?”
“Vacci piano, ragazzino,” scherza. “Ho visto un modello fantastico, già incantato, sfreccia che è una bellezza. Piace anche a Vì!”
“Ah beh, se piace a Vì,” ribatte malizioso. “Ti fai comandare a bacchetta.”
“Pensa a te, che sei sulla buona strada per fare peggio di me.”
“Che vuoi dire?”
“Lascia perdere, diciamo che sei protettivo con Rose.”
“Ecco, protettivo è proprio la parola giusta.”
“Però devi scusarti lo stesso.”
James strabuzza gli occhi e tace per alcuni istanti – in che senso?
“Perché dovrei scusarmi? Ho ragione.”
“Non hai ragione, invece,” ribatte Teddy. “Ascolta chi ci è passato prima di te.”
“Rosie è troppo piccola.”
“Rose ha la tua età, e in nessun caso puoi decidere per lei. Puoi esprimere un parere, darle un consiglio, ma poi basta, c’è un limite.”
“Volevo proteggerla!”
“Da cosa, dalle chiacchiere di un compagno di scuola?” chiede retorico. “Senti, scusati e non intrometterti di nuovo nelle sue cose.”
“Se anche volessi, non vuole parlarmi,” riprende a disagio dopo un po’. “Non mi parlerà per mesi.”
“Ma anche per anni!”
“Fingi un po’ di solidarietà,” scherza James. “A te è mai successo?”
“Cosa?”
“Quello che ho fatto io.”
“No, ma avrei voluto farlo ogni volta che ho visto Vì con un altro.”
“Sapevi già fosse sbagliato?”
“Un po’ lo pensavo,” dice. “Ma la verità è che non ho mai avuto la tua faccia tosta,” ammette. “Se continui ad affatturare tutti quelli che ti stanno sul cazzo, il corso di preparazione per gli Auror lo segui ad Azkaban.”
“Preferisco seguirlo dall’ufficio di papà,” replica sarcastico.
“Ti daranno del raccomandato, come hanno fatto con me, preparati.”
“E capirai, mi danno del raccomandato da quando ho messo piede a scuola,” ribatte. “Lo dicono di tutti noi cugini, ma con me e Rosie i più grandi ci vanno giù pesante.”
“E per questo che non ti piacciono quelli del quinto anno?”
“Non mi piace nessuno che vuole sfruttare il nostro cognome, non sai mai di chi puoi fidarti. Succede anche a Lorcan, sai, per il papà soprattutto, per la madre… È un’altra storia.”
“Luna?”
“Il Cavillo non ha troppi fan e tanti lo leggono solo per riderci sopra. Soprattutto al primo anno, non è stato facile per loro, li chiamavano stralunati.
“Di imbecilli ne è pieno il mondo,” dice Teddy. “Imbecilli e ignoranti, ne sono sempre troppi.”
“Quindi faccio bene ad affatturare tutti.”
“Com’è che ogni volta ribalti quello che dico?”
James sogghigna, ma non aggiunge altro perché la motocicletta ha ritoccato terra. E mentre Teddy spegne il motore e lui salta giù, vede arrivare anche le automobili dei genitori e degli zii, parcheggiate come al solito una dietro l’altra.
“Siete due incoscienti a correre con quel catorcio!”
James sbuffa, ma Teddy gratta stoico la testa e inventa di aver dovuto accelerare per un problema con le marce – menomale che sono io ad avere la faccia tosta pensa divertito. A distrarlo è però lo zio Ron, che lo raggiunge in poche falcate e tutto allegro gli dà una pacca sulla schiena.
“Bravo, James, tu sì che mi dai soddisfazione! Continua a tener d’occhio Rose!”
Merda – è il primo pensiero che lo sorprende nonché quello che lo induce a cercare Rose con lo sguardo e vederla svanire svelta nel proprio villino.
Insomma, nutre un grande affetto e una grande simpatia per zio Ron, ma sa sin troppo bene quanto Rose non tolleri la sua invadenza e sapere di essersi guadagnato la sua approvazione in questa circostanza gli morde i pensieri e ingigantisce le parole rivoltegli da Teddy.
Non indugia neanche due secondi prima di ignorare il padre che lo invita a farsi carico del proprio bagaglio e il fratello che lo punzecchia con delle stupide battute – rincorrerla è l’unica azione che gli sembra sensata, adesso.
Tuttavia, e non sa neanche perché, più percorre la scalinata di casa degli zii, più macina passi che lo avvicinano alla camera di Rose, più sente il nervosismo pizzicargli lo stomaco – in fondo, pensa rapido, se ha sbagliato lo ha fatto a fin di bene, e lei invece di continuare a recitare la parte dell’offesa potrebbe anche sforzarsi di capirlo.
“Adesso possiamo parlare?”
James lo chiede non appena si affaccia sull’uscio della stanza, godendo dello sguardo sorpreso che gli rivolge – un motivo in più per smetterla con questa sceneggiata riflette, è lui ad aver fatto il primo passo, questo vorrà pur dire qualcosa.
“Vattene.”
A quanto pare no – James incassa con fastidio e per un attimo è tentato di andare via e riprendere a ignorarla, ma la voglia di riconciliarsi è più forte.
“Ti ho solo difesa.”
Rose, che finora gli ha dato le spalle in favore della finestra, si volta svelta, sfoggiando occhi assottigliati e labbra tremule di nervosismo.
“Ti sei intromesso,” replica lapidaria.
La mascella di James si contrae senza che lui possa impedirlo – intromesso? È questo che pensa? Ma certo che è questo che pensa sembra rispondere una vocina nella sua testa che è identica a quella di Teddy e ha l’irritante tono dell’ovvio.
Avverte una grande confusione: da un lato la ragionevolezza e la conclusione cui è giunto – aver sbagliato –, dall’altro uno strano, stranissimo fastidio risvegliato dal vederla così impettita, ancora così offesa. Il dubbio che la sua reazione sia dovuta al semplice fatto di non aver potuto parlare con quel tizio lo sorprende a tradimento e rischia di spazzare via tutte le buone intenzioni.
Si ripete di nuovo, come ore addietro, che l’idiota che ci ha provato con lei frequenta il quinto anno, quinto, cos’avrebbe dovuto fare se non affatturarlo?
Forse non è così sbagliato che zio Ron approvi, forse è Teddy a essere del tutto fuori strada, e lui s’è fidato perché lo ha sempre considerato una fonte infallibile – ma anche i migliori sbagliano, no? E Teddy stesso ha ammesso di non aver affatturato nessuno per incapacità, non certo per scelta... Forse non ha detto proprio così, ma sono dettagli, giusto?
“Era troppo grande, chissà che aveva in testa,” dice allora.
Ma Rose scuote la testa e a sorpresa lo raggiunge sino a essere a un palmo dal suo viso – James è sul punto di credere che voglia mettere tutto da parte con uno dei loro abbracci quando gli rifila uno schiaffo.
“Rosie!”
“Sei un idiota,” sbotta. “Devi parlare con me prima di intrometterti.”
“Ma...”
“James.”
Lui sbuffa e ficca le mani in tasca.
“Mi terrai il muso per tutte le vacanze?”
Lei non risponde, anzi sospira, come arresa a lui o forse a se stessa, sempre troppo morbida quando si tratta di James.
James che è quasi rassegnato a essere ignorato sino al ritorno a Hogwarts quando Rose lo sorprende con un bacio sulla guancia schiaffeggiata – l’abbraccia non appena è lei a stringerlo.
“Scusa,” mormora. “Teddy dice che sono protettivo.”
La sente sorridere sulla spalla e abbracciarlo un po’ di più.
“Sei un impiccione, invece!”
“Pace?”
Rose, che durante il tragitto non ha fatto altro che ripetersi di essere nel giusto e che James avrebbe dovuto capire di aver sbagliato e chiederle scusa, si ritrova ora a chiedersi se queste scuse raffazzonate – spontanee o poco convinte? – possano essere abbastanza per mettere tutto da parte, per non fargli pesare di essersi sentita minuscola e al culmine della vergogna quando lui si è intromesso senza invito.
Però riflette anche di avergli dato di certo un assaggio di cosa significhi la loro lontananza, di quanto possa essere ostinata se offesa – forse, solo per questa volta...
“Pace.”
Lo mormora sulla guancia di lui, abbandonandosi a un sorriso quando James le chiude il viso tra le mani e le sfiora in un fugace bacio la punta del naso.
“So di essere stato un coglione, sapevo di esserlo anche tre minuti fa, ma mi sono sentito strano, scusami. Ti assicuro che non mi intrometto più.”
“Promesso?”
“Beh, se però qualcuno ti dà fastidio o è proprio una brutta compagnia intervengo.”
“Allora lo faccio anch’io con quelle che ci provano con te.”
“Fallo,” dice subito. “A me piace che mi proteggi!”
“Hai proprio il cervello di un vermicolo.”
Lui ride e lei gli stringe la mano, portandolo con sé al piano inferiore, dove è sicura troveranno tanti impiccioni pronti a sapere se abbiano o meno chiarito.
“Fingiamo di aver litigato di nuovo?” propone con un ghigno lei.
“Tu inizia a urlare, ti seguo a ruota,” risponde divertito lui.
E se Hermione scuote amareggiata il capo nel vederli battibeccare, Ginny trattiene a fatica una risata quando coglie gli sguardi complici – non sa perché, ma ha la sensazione che quel legame, un giorno, evolverà in un vero e proprio terremoto.
 
 
 
 
 
 
 
1Jason Pesky: pesky dovrebbe essere la variante colloquiale dell’aggettivo annoying che sta per fastidioso. Personaggio di mia invenzione.
2Binario Nove e Tre Quarti: indecisa su come scriverlo, se preferire le lettere o i numeri, ho fatto affidamento alla grafia riportata nella mia copia di Harry Potter e la pietra filosofale.
3Percy, stando alle informazioni riportate nel Lexicon di Harry Potter, è diventato Capo del Dipartimento dei Trasporto Magico già all’epoca del ministro Shacklebolt. Nel mio universo narrativo ho scelto di seguire questa informazione, che reputo canon.

NdA: questo missing moments nasce su sprono di Lisbeth Salander ed è la versione estesa del quarto frammento di questa raccolta di flashfic. È un caos di personaggi e racconta un episodio qualsiasi, ma scriverlo mi ha divertita più di quanto credessi, spero abbia regalato un sorriso anche a chiunque l’abbia letto.
Se siete giunti sin qui, non posso fare altro che ringraziarvi!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosmary