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Autore: LadyHeather83    08/05/2021    5 recensioni
Dopo gli avvenimenti di Majin-Bu, tutto sembra tornato alla normalità, o quasi.
Qualcuno riesce ad evocare il drago Polunga per riportare in vita un popolo quasi estinto.
Una nuova avventura aspetta Goku e Vegeta, che si troveranno ad affrontare delle importanti decisioni, per il proprio bene e quelle per le sorti delle persone che amano di più
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gohan, Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vegeta-Sej

*

Capitolo 11 – Nuovi impieghi

*

Bulma aprì lentamente gli occhi e ci mise un po’ prima che la vista non fosse più offuscata, complice anche la luce che filtrava dalla finestra posta in alto e sbarrata da delle grate d’acciaio verniciate di bianco.

Gettò uno sguardo fugace giusto per capire dove si trovasse esattamente, in qualche piano interrato questo era chiaro vista l’altezza della finestra a livello strada.

Sicuramente non era sulla Terra, e quelle non erano le sue montagne.

Una strana nuvola rosa incorniciava la cima di quella catena montuosa celandola al mondo esterno.

Il cielo era azzurro, ma di una tonalità che non aveva mai visto, quasi violacea, il sole aveva lo stesso colore di quello terrestre.

Il prato era quasi blu e le montagne di un magenta spento.

Scosse la testa perché l’odore di alcol e medicinali che si stava facendo strada tra le narici, le stava annebbiando la mente.

Provò ad alzarsi.

Inutile perché era praticamente legata al letto con delle cinghie di cuoio sia sui polsi che sulle caviglie, era incatenata talmente stretta che questa le impediva quasi la circolazione sanguigna.

“Ehi! Ehi! C’è nessuno?” Chiamò a gran voce, aveva urgente bisogno di espletare un bisogno fisiologico, e se non l’avesse fatto subito si sarebbe ritrovata con il letto bagnato.

Sarebbe stata una vergogna per una donna della sua età.

La porta della sua stanza si aprì, c’era solo lei, il suo letto, la piccola finestra, un comodino d’acciaio con sopra una lampada (spenta), un apparecchiatura che monitorava i battiti del suo cuore e una flebo conficcata in vena.

Entrò quella che ai suoi occhi sembrò essere un’infermiera, ma poteva essere benissimo anche un medico, una scienziata o qualsiasi altra cosa.

Alta, molto alta, con la sua enorme testa ovale poteva toccare quasi il soffitto.

Enormi occhi neri la scrutavano e continuavano ad annotare qualcosa sulla cartella clinica.

Le sue tre dita oblunghe e verde scuro continuavano a toccarla e tastarla lungo tutto il corpo.

Indossava un abitino bianco candido molto striminzito che le arrivava di almeno dieci centimetri sopra le ginocchia, sulla testa un cappellino dello stesso colore da cui spuntavano due antenne verdi corte.

“Lasciatemi andare subito” Bulma continuava a dimenarsi rendendo difficile la raccolta di informazioni da parte di quell’aliena.

“Calma, calma…quanta fretta!” Intervenne Saiyla palesandosi dietro di lei melliflua.

L’infermiera parlò in una lingua sconosciuta a Bulma, ma la sibilla sembrava aver compreso ogni singola parola, la congedò con una riverenza appena accennata.

Rimaste sole, l’azzurra chiese gentilmente di essere liberata, le braccia e le gambe le facevano male e sentiva il bisogno di alzarsi.

“Dopo, prima vediamo come stai.” Saiyla le tolse il lenzuolo bianco e le alzò il camice verde all’altezza del ventre, prese infine un apparecchio per le ecografie e dopo aver spruzzato del gel ghiacciato sulla pancia, iniziò a muore il sensore.

Sul monitor apparve una camera gestazionale con all’interno quello che sembrava un fagiolo.

“Congratulazioni…si dice così dalle tue parti, no?”

Bulma era sconvolta, aspettava un bambino.

Impossibile.

Cioè, era possibile, possibilissimo anzi, ma non se lo aspettava proprio, lei e Vegeta non avevano in programma altri marmocchi.

Si sentiva strana nei giorni precedenti, ma solo perché lavorava troppo, riposava e mangiava poco.

Almeno era quello che credeva.

Una lacrima le rigò inaspettatamente il volto quando udì il battito di quel piccolo cuoricino.

In quel momento non esisteva altro e il suo rapimento era passato in secondo piano.

Saiyla le stava parlando, ma la sua voce la recepiva ovattata, in quel momento c’erano solo lei, quel piccolo fagottino e il mondo magico dove la sua fantasia la stava portando.

Rinsavì solo quando spense il monitor e le coprì il ventre con il camice alzato in precedenza.

“Lasciami andare brutta strega” Berciò cercando di alzarsi e strappare le cinghie.

“Stai ferma se non vuoi farti male.”

“Vedrai quando arriverà mio marito, sarà la vostra fine”

La megera le rise in faccia “Il principe è già arrivato.”

L’espressione di Bulma si fece seria e attenta alle sue parole, la rassicurava il fatto che Vegeta fosse già arrivato, magari era insieme a Goku, e presto sarebbero stati tutti liberi e teletrasportati sul pianeta Terra ritornando alla vita di tutti i giorni.

“Questo significa che la vostra fine è vicina!”

“Ne sei proprio sicura?” Domandò una figura alta e che assomigliava a suo marito, la stessa che aveva fatto irruzione nella sua cucina atterrando Trunks, e successivamente condotti con la forza all’interno della navicella.

Bulma alzò la testa più che poteva per vedere meglio le figure che si erano palesate, accanto al re vide suo marito, e tirò un sospiro di sollievo.

Era vero che era arrivato, e ora sarebbe andato tutto per il meglio.

“Vegeta!” Disse a mezze labbra tirando un sospiro di sollievo e improvvisamente tutta la tensione che aveva accumulato, andò sempre più scemando facendola rilassare.

Il principe dei saiyan se ne stava accanto a suo padre con lo sguardo truce e le braccia incrociate al petto.

La guardò, ma non disse niente.

“Vegeta, ti prego dai un taglio a questa farsa e andiamocene di qui”

Non le rispose.

“Vegeta! Sto parlando con te!” Insistette lei alzando i toni.

“Non permetterai ad una schiava di parlarti in questo modo, vero figliolo?”

“Io non sono la sua schiava, sono sua moglie!” Bulma cercò di strattonare via le cinghie per l’ennesima volta inutilmente, si provocò solo delle ferite superficiali.

“Saiyla come sta? Può essere rinchiusa con le altre schiave?” Domanda d’obbligo visto il suo temperamento, le era bastato ricaricarsi mezza giornata per ritornare ad essere un fiore.

La sibilla stava dicendo qualcosa quando il principe Vegeta l’anticipò.

“E’ una scienziata, ci potrà tornare utile”

Fu quel ci che fece sbarrare gli occhi a Bulma, che fosse passato dalla loro parte?

Che quella megera gli avesse fatto una fattura come quella volta che il mago Babidi si era impossessato della sua mente?

Quella storia puzzava.

Sicuramente Vegeta stava architettando qualcosa, lo poteva vedere dal suo sguardo e dalle sue continue occhiate che le lanciava.

“Questa mi giunge nuova” Disse Saiyla.

“Guarda che sono piuttosto brava sai? Ho inventato tante cose.” Si pavoneggiò.

“Te ne intendi anche di genetica?” Chiese Re Vegeta.

Avrebbe voluto dire di no, che quello non era il suo campo anche se ne sapeva abbastanza riguardo al genere umano, in teoria, quello si, ma non in pratica, in quello scarseggiava.

Però qualcosa le diceva che doveva mentire.

“Si, conosco molto bene la genetica, ho lavorato per i più rinomati lab…”

“Bene! Saiyla portala ai laboratori”

“Mio signore, mi permetta di…”

“E’ un ordine, Sayla” Tuonò prima di sparire con Vegeta al seguito.

Grazie al cielo l’avrebbe slegata e sarebbe potuta andare in bagno, e oltre a svuotare la vescica, aveva urgente bisogno di vomitare.

Non per la nausea causata dalla creatura che portava in grembo, ma perché sembrava che Vegeta si fosse alleato con il suo popolo voltando le spalle a lei, alla sua famiglia.

Però era anche vero che non doveva fermarsi all’apparenza, forse suo marito aveva visto qualcosa a cui voleva andare a fondo, altrimenti per quale motivo segregarla in un laboratorio e non in una cella come le altre schiave? Chissà Videl e Chichi in quale tugurio erano finite, per non parlare di Trunks, Goten, Gohan e la piccola Pan.

Era da poco sul pianeta Vegeta-Sej, e diciamo che per la maggior parte del tempo era stata in uno stato di dormiveglia, non capendo del tutto cosa stava succedendo nelle varie sezioni, ricordava solo cose molto confuse: alcune urla, gente che correva e poi più niente.

*

Bardack, Goku, Radish e Mai, si trovavano ancora all’arena dei guerrieri.

Un alito di vento cercò di smorzare la tensione che si era creata con l’arrivo di Radish, fratello più grande di Goku.

“Voglio vedere la mia famiglia”

“Calma, c’è un tempo per ogni cosa. E poi non è detto che riuscirai a vederli, magari verranno venduti prima, chi lo sa” Fece spallucce Radish.

“Goten e Trunks stanno bene” Lo informò Mai che venne subito dopo strattonata perché restasse zitta.

“Ve lo ripeto, portatemi dalla mia famiglia” Goku si stava arrabbiando e alcuni pezzi di terreno avevano iniziato a fluttuare quando aumentò la sua aura, forse per spaventarli e per fargli capire che non stava scherzando.

“Siamo noi la tua famiglia adesso” Bardack si era avvicinato a lui e gli mise entrambe le mani sulle spalle “Abbiamo una seconda possibilità”

“Non voglio una seconda possibilità” Disse riluttante.

“Se vuoi sapere se stanno bene” Si allontanò da lui avvicinandosi al figlio capellone “…si stanno bene” Annuì allargando le braccia “…e ti porteremo da loro.”

Goku sospirò felice, aveva finalmente ottenuto quello che voleva e senza incorrere alla violenza, ma non bisognava abbassare mai la guardia, non li conosceva e potevano essere imprevedibili.

*

Bardack aveva condotto il figlio in una nursery, dopo aver affidato Mai alle cure di Radish, il quale contrariato aveva grugnito in lingua saiyan una frase che tradotta assomigliava a questa “Non sono tornato in vita per fare da balia a dei ragazzini”, aggiungendoci poi delle imprecazioni intraducibili.

Goku non era molto contento di separarsi da lei, anche perché non sapeva dove l’avrebbe portata, lui non era come Vegeta, non era cresciuto lì, e quel pianeta ad un primo impatto gli sembrava lugubre per una ragazzina come lei.

Anche per lui in realtà.

Varcò la soglia del castello e rimase impressionato da quanto sfarzo si trovasse in quell’atrio.

“Urca!” Esclamò guardandosi attorno.

Nonostante bazzicasse spesso a casa di Bulma, di Mr. Satan e Gohan, che le riteneva tra le case più lussuose in assoluto, quel castello le batteva tutte, ed aveva visto solo l’ingresso.

Bardack gli fece cenno di seguirlo, imboccò il lungo corridoio a sinistra.

“Dove stiamo andando?”

“Dalla mocciosa!” Rispose senza mezzi termini.

“Pan?” Domandò sentendo dei vagiti provenienti da una stanza non ben definita.

D’istinto Goku lo superò dandogli una spallata.

“Paaannn!!” Urlò il suo nome aprendo tutte le stanze che mano a mano vedeva, fino a raggiungere quella infondo che con un calcio frantumò.

I detriti colpirono uno scienziato dalle sembianze di dinosauro, basso e rugoso, che stava annottando dei valori.

In una culla dalla forma ovale, adagiata su un cuscino rosso fuoco, nuda come mamma l’aveva fatta, giaceva Pan in lacrime.

La prese tra le sue amorevoli braccia: era gelata e tremava.

“Razza di bastardi!” Si era rivolto a suo padre che lo guardò di traverso “…è solo una bambina, non potete tenerla nuda!”

“Questo è il trattamento riservato ai cuccioli di saiyan, se sopravvivi vieni spedito in un pianeta per conquistarlo.”

“E’ solo un quarto saiyan! Non sopravvivrebbe”

Pan smise di piangere quando si accorse di essere tra le braccia calde del nonno che aveva aumentato di proposito la propria aura per riscaldare quanto bastasse quel corpicino che stava riprendendo il suo colorito rosato, e non giallognolo.

“E allora? Un impiastro in meno!”

Goku gli lanciò un’occhiata omicida, se Pan era stata trattata così, non immaginava che cosa avevano potuto fare a Chichi e Videl.

Ma la cosa più importante era: perché Gohan e Goten non siano intervenuti?

***

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Eccomi! Sono riuscita ad aggiornare in tempo, avevo paura di slittare il tutto a lunedì.

E scusatemi se non vi saluto come dovrei, ma ho mille cose da fare. Perdonatemi, spero possiate capire. Grazie comunque per esserci sempre, vi adoro!!!

Come di consueto vi lascio con il titolo del prossimo capitolo: Non aprite quella porta.

Baci, Erika

  
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