Vegeta-Sej
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Capitolo 11 – Nuovi impieghi
*
Bulma
aprì lentamente gli occhi e ci mise un po’ prima che la vista non fosse più
offuscata, complice anche la luce che filtrava dalla finestra posta in alto e
sbarrata da delle grate d’acciaio verniciate di bianco.
Gettò
uno sguardo fugace giusto per capire dove si trovasse esattamente, in qualche
piano interrato questo era chiaro vista l’altezza della finestra a livello
strada.
Sicuramente
non era sulla Terra, e quelle non erano le sue montagne.
Una
strana nuvola rosa incorniciava la cima di quella catena montuosa celandola al
mondo esterno.
Il
cielo era azzurro, ma di una tonalità che non aveva mai visto, quasi violacea,
il sole aveva lo stesso colore di quello terrestre.
Il
prato era quasi blu e le montagne di un magenta spento.
Scosse
la testa perché l’odore di alcol e medicinali che si stava facendo strada tra
le narici, le stava annebbiando la mente.
Provò
ad alzarsi.
Inutile
perché era praticamente legata al letto con delle cinghie di cuoio sia sui
polsi che sulle caviglie, era incatenata talmente stretta che questa le
impediva quasi la circolazione sanguigna.
“Ehi!
Ehi! C’è nessuno?” Chiamò a gran voce, aveva urgente bisogno di espletare un
bisogno fisiologico, e se non l’avesse fatto subito si sarebbe ritrovata con il
letto bagnato.
Sarebbe
stata una vergogna per una donna della sua età.
La
porta della sua stanza si aprì, c’era solo lei, il suo letto, la piccola
finestra, un comodino d’acciaio con sopra una lampada (spenta), un
apparecchiatura che monitorava i battiti del suo cuore e una flebo conficcata
in vena.
Entrò
quella che ai suoi occhi sembrò essere un’infermiera, ma poteva essere
benissimo anche un medico, una scienziata o qualsiasi altra cosa.
Alta,
molto alta, con la sua enorme testa ovale poteva toccare quasi il soffitto.
Enormi
occhi neri la scrutavano e continuavano ad annotare qualcosa sulla cartella
clinica.
Le
sue tre dita oblunghe e verde scuro continuavano a toccarla e tastarla lungo
tutto il corpo.
Indossava
un abitino bianco candido molto striminzito che le arrivava di almeno dieci
centimetri sopra le ginocchia, sulla testa un cappellino dello stesso colore da
cui spuntavano due antenne verdi corte.
“Lasciatemi
andare subito” Bulma continuava a dimenarsi rendendo difficile la raccolta di
informazioni da parte di quell’aliena.
“Calma,
calma…quanta fretta!” Intervenne Saiyla palesandosi dietro di lei melliflua.
L’infermiera
parlò in una lingua sconosciuta a Bulma, ma la sibilla sembrava aver compreso
ogni singola parola, la congedò con una riverenza appena accennata.
Rimaste
sole, l’azzurra chiese gentilmente di essere liberata, le braccia e le gambe le
facevano male e sentiva il bisogno di alzarsi.
“Dopo,
prima vediamo come stai.” Saiyla le tolse il lenzuolo bianco e le alzò il
camice verde all’altezza del ventre, prese infine un apparecchio per le
ecografie e dopo aver spruzzato del gel ghiacciato sulla pancia, iniziò a muore
il sensore.
Sul
monitor apparve una camera gestazionale con all’interno quello che sembrava un
fagiolo.
“Congratulazioni…si
dice così dalle tue parti, no?”
Bulma
era sconvolta, aspettava un bambino.
Impossibile.
Cioè,
era possibile, possibilissimo anzi, ma non se lo aspettava proprio, lei e
Vegeta non avevano in programma altri marmocchi.
Si
sentiva strana nei giorni precedenti, ma solo perché lavorava troppo, riposava
e mangiava poco.
Almeno
era quello che credeva.
Una
lacrima le rigò inaspettatamente il volto quando udì il battito di quel piccolo
cuoricino.
In
quel momento non esisteva altro e il suo rapimento era passato in secondo
piano.
Saiyla
le stava parlando, ma la sua voce la recepiva ovattata, in quel momento c’erano
solo lei, quel piccolo fagottino e il mondo magico dove la sua fantasia la
stava portando.
Rinsavì
solo quando spense il monitor e le coprì il ventre con il camice alzato in
precedenza.
“Lasciami
andare brutta strega” Berciò cercando di alzarsi e strappare le cinghie.
“Stai
ferma se non vuoi farti male.”
“Vedrai
quando arriverà mio marito, sarà la vostra fine”
La
megera le rise in faccia “Il principe è già arrivato.”
L’espressione
di Bulma si fece seria e attenta alle sue parole, la rassicurava il fatto che
Vegeta fosse già arrivato, magari era insieme a Goku, e presto sarebbero stati
tutti liberi e teletrasportati sul pianeta Terra ritornando alla vita di tutti
i giorni.
“Questo
significa che la vostra fine è vicina!”
“Ne
sei proprio sicura?” Domandò una figura alta e che assomigliava a suo marito,
la stessa che aveva fatto irruzione nella sua cucina atterrando Trunks, e
successivamente condotti con la forza all’interno della navicella.
Bulma
alzò la testa più che poteva per vedere meglio le figure che si erano palesate,
accanto al re vide suo marito, e tirò un sospiro di sollievo.
Era
vero che era arrivato, e ora sarebbe andato tutto per il meglio.
“Vegeta!”
Disse a mezze labbra tirando un sospiro di sollievo e improvvisamente tutta la
tensione che aveva accumulato, andò sempre più scemando facendola rilassare.
Il
principe dei saiyan se ne stava accanto a suo padre con lo sguardo truce e le
braccia incrociate al petto.
La
guardò, ma non disse niente.
“Vegeta,
ti prego dai un taglio a questa farsa e andiamocene di qui”
Non
le rispose.
“Vegeta!
Sto parlando con te!” Insistette lei alzando i toni.
“Non
permetterai ad una schiava di parlarti in questo modo, vero figliolo?”
“Io
non sono la sua schiava, sono sua moglie!” Bulma cercò di strattonare via le
cinghie per l’ennesima volta inutilmente, si provocò solo delle ferite
superficiali.
“Saiyla
come sta? Può essere rinchiusa con le altre schiave?” Domanda d’obbligo visto
il suo temperamento, le era bastato ricaricarsi mezza giornata per ritornare ad
essere un fiore.
La
sibilla stava dicendo qualcosa quando il principe Vegeta l’anticipò.
“E’
una scienziata, ci potrà tornare utile”
Fu
quel ci che fece sbarrare gli occhi a
Bulma, che fosse passato dalla loro parte?
Che
quella megera gli avesse fatto una fattura come quella volta che il mago Babidi
si era impossessato della sua mente?
Quella
storia puzzava.
Sicuramente
Vegeta stava architettando qualcosa, lo poteva vedere dal suo sguardo e dalle
sue continue occhiate che le lanciava.
“Questa
mi giunge nuova” Disse Saiyla.
“Guarda
che sono piuttosto brava sai? Ho inventato tante cose.” Si pavoneggiò.
“Te
ne intendi anche di genetica?” Chiese Re Vegeta.
Avrebbe
voluto dire di no, che quello non era il suo campo anche se ne sapeva
abbastanza riguardo al genere umano, in teoria, quello si, ma non in pratica,
in quello scarseggiava.
Però
qualcosa le diceva che doveva mentire.
“Si,
conosco molto bene la genetica, ho lavorato per i più rinomati lab…”
“Bene!
Saiyla portala ai laboratori”
“Mio
signore, mi permetta di…”
“E’
un ordine, Sayla” Tuonò prima di sparire con Vegeta al seguito.
Grazie
al cielo l’avrebbe slegata e sarebbe potuta andare in bagno, e oltre a svuotare
la vescica, aveva urgente bisogno di vomitare.
Non
per la nausea causata dalla creatura che portava in grembo, ma perché sembrava
che Vegeta si fosse alleato con il suo popolo voltando le spalle a lei, alla
sua famiglia.
Però
era anche vero che non doveva fermarsi all’apparenza, forse suo marito aveva
visto qualcosa a cui voleva andare a fondo, altrimenti per quale motivo
segregarla in un laboratorio e non in una cella come le altre schiave? Chissà
Videl e Chichi in quale tugurio erano finite, per non parlare di Trunks, Goten,
Gohan e la piccola Pan.
Era
da poco sul pianeta Vegeta-Sej, e diciamo che per la maggior parte del tempo
era stata in uno stato di dormiveglia, non capendo del tutto cosa stava
succedendo nelle varie sezioni, ricordava solo cose molto confuse: alcune urla,
gente che correva e poi più niente.
*
Bardack,
Goku, Radish e Mai, si trovavano ancora all’arena dei guerrieri.
Un
alito di vento cercò di smorzare la tensione che si era creata con l’arrivo di
Radish, fratello più grande di Goku.
“Voglio
vedere la mia famiglia”
“Calma,
c’è un tempo per ogni cosa. E poi non è detto che riuscirai a vederli, magari
verranno venduti prima, chi lo sa” Fece spallucce Radish.
“Goten
e Trunks stanno bene” Lo informò Mai che venne subito dopo strattonata perché
restasse zitta.
“Ve
lo ripeto, portatemi dalla mia famiglia” Goku si stava arrabbiando e alcuni
pezzi di terreno avevano iniziato a fluttuare quando aumentò la sua aura, forse
per spaventarli e per fargli capire che non stava scherzando.
“Siamo
noi la tua famiglia adesso” Bardack si era avvicinato a lui e gli mise entrambe
le mani sulle spalle “Abbiamo una seconda possibilità”
“Non
voglio una seconda possibilità” Disse riluttante.
“Se
vuoi sapere se stanno bene” Si allontanò da lui avvicinandosi al figlio
capellone “…si stanno bene” Annuì allargando le braccia “…e ti porteremo da
loro.”
Goku
sospirò felice, aveva finalmente ottenuto quello che voleva e senza incorrere
alla violenza, ma non bisognava abbassare mai la guardia, non li conosceva e
potevano essere imprevedibili.
*
Bardack
aveva condotto il figlio in una nursery, dopo aver affidato Mai alle cure di
Radish, il quale contrariato aveva grugnito in lingua saiyan una frase che
tradotta assomigliava a questa “Non sono
tornato in vita per fare da balia a dei ragazzini”, aggiungendoci poi delle
imprecazioni intraducibili.
Goku
non era molto contento di separarsi da lei, anche perché non sapeva dove
l’avrebbe portata, lui non era come Vegeta, non era cresciuto lì, e quel
pianeta ad un primo impatto gli sembrava lugubre per una ragazzina come lei.
Anche
per lui in realtà.
Varcò
la soglia del castello e rimase impressionato da quanto sfarzo si trovasse in
quell’atrio.
“Urca!”
Esclamò guardandosi attorno.
Nonostante
bazzicasse spesso a casa di Bulma, di Mr. Satan e Gohan, che le riteneva tra le
case più lussuose in assoluto, quel castello le batteva tutte, ed aveva visto
solo l’ingresso.
Bardack
gli fece cenno di seguirlo, imboccò il lungo corridoio a sinistra.
“Dove
stiamo andando?”
“Dalla
mocciosa!” Rispose senza mezzi termini.
“Pan?”
Domandò sentendo dei vagiti provenienti da una stanza non ben definita.
D’istinto
Goku lo superò dandogli una spallata.
“Paaannn!!”
Urlò il suo nome aprendo tutte le stanze che mano a mano vedeva, fino a
raggiungere quella infondo che con un calcio frantumò.
I
detriti colpirono uno scienziato dalle sembianze di dinosauro, basso e rugoso,
che stava annottando dei valori.
In
una culla dalla forma ovale, adagiata su un cuscino rosso fuoco, nuda come
mamma l’aveva fatta, giaceva Pan in lacrime.
La
prese tra le sue amorevoli braccia: era gelata e tremava.
“Razza
di bastardi!” Si era rivolto a suo padre che lo guardò di traverso “…è solo una
bambina, non potete tenerla nuda!”
“Questo
è il trattamento riservato ai cuccioli di saiyan, se sopravvivi vieni spedito
in un pianeta per conquistarlo.”
“E’
solo un quarto saiyan! Non sopravvivrebbe”
Pan
smise di piangere quando si accorse di essere tra le braccia calde del nonno
che aveva aumentato di proposito la propria aura per riscaldare quanto bastasse
quel corpicino che stava riprendendo il suo colorito rosato, e non giallognolo.
“E
allora? Un impiastro in meno!”
Goku
gli lanciò un’occhiata omicida, se Pan era stata trattata così, non immaginava
che cosa avevano potuto fare a Chichi e Videl.
Ma
la cosa più importante era: perché Gohan e Goten non siano intervenuti?
***
Continua
*
Angolo dell’Autrice: Eccomi! Sono riuscita ad aggiornare in tempo,
avevo paura di slittare il tutto a lunedì.
E scusatemi se
non vi saluto come dovrei, ma ho mille cose da fare. Perdonatemi, spero
possiate capire. Grazie comunque per esserci sempre, vi adoro!!!
Come di consueto
vi lascio con il titolo del prossimo capitolo: Non aprite quella porta.
Baci, Erika