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Autore: Greenleaf    08/05/2021    4 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10
 
 
Una farfalla si posò sulla mano aperta di Gandalf, che appoggiato al davanzale della finestra osservava i cittadini di Edoras camminare per lei vie del paese. Nel chiudere e riaprire le ali, la creatura sfoggiò le variopinte sfumature azzurre e verdi, bisbigliando allo stregone parole che solo lui poteva comprendere. Si agitò nella sua mano, come vento di primavera, informandolo riguardo a cose che lui ignorava fin a quel momento.
 
“Come temevo!” scosse la testa, lisciandosi la barba bianca, per poi parlare alla farfalla  “Va, vola in alto. Passerai per sentieri oscuri! Tieniti pronta e corri in aiuto di chi ti chiamerà”  alzò il dito oltre la finestra, vedendola volare nel cielo, fino a scomparire dal suo raggio visivo “O almeno spero, mh!” cercò sostegno nel suo fidato bastone bianco, lasciandoci scivolare le sue dita distrattamente.
 
Non perse tempo. Estrasse dal baule dove teneva la propria roba, una spada lucente, d’argento. La lama appuntita scintillò come una perla sotto i raggi che penetravano dalla finestra, abbagliando Gandalf che impugnava l’elsa blu e dorata. Sfiorò con le dita la lama tagliente, percependo la freddezza del metallo sotto la pelle. Chiuse le palpebre, sussurrando parole magiche. Concentrò le sue forze, in modo da intrappolarle completamente dentro l’arma. Una forte luce lo raggiunse, anche se aveva le palpebre serrate. D’un tratto il buio si diradò, vide un’aura bianca apparire dentro la sua mente, come una stella mattutina in una notte piovosa. Schiuse le palpebre, contemplando la lucentezza dell’argento scintillante.
 
“Brilla nel cuore di chi ti impugnerà, falcia l’ombra, l’inganno, i malefici le menzogne! Dona luce e conforto a cuori piangenti!” sigillò la sua magia con quelle ultime parole, vedendo l’arma opacizzarsi sempre di più, come a voler celare al mondo la luce che aveva acquistato.
 
Sapientemente la intrappolò nella sua cintura, nascondendola grazie al suo mantello bianco, lasciò la camera per dirigersi nel corridoio, camminando svelto. Evitò le servitrici che andavano avanti e indietro, sistemando le stanze, portando tra le mani coperte e anfore piene d’acqua.
 
Il suo sguardo vagò distrattamente quando entrò nella sala del trono. Cercava Eldihen. La trovò vicino ad un tavolo, non molto distante da dove era lui. Per non dare nell’occhio si avvicinò quel poco che bastava, facendosi vedere alla ragazza che dialogava con Eowyn. La richiamò, con un cenno di capo, invitandola silenziosamente a raggiungerlo.
 
Eldihen lo guardò a lungo prima di alzarsi dalla panca in cui era seduta. Si passò una mano tra i capelli, lasciò Eowyn con una scusa e camminò con area spaesata verso lo stregone. Sembrava che volesse parlarle in privato, infatti non l’aveva nemmeno chiamata o alzato un dito per dirle di seguirlo. Semplicemente quando fu abbastanza vicina, gli suggerì con lo sguardo di andare nell’androne. Lo seguì, guardando le spalle del vecchio, coperte dal mantello bianco. Nell’arco di un minuto le passarono per la mente tante di quelle domande che non seppe neppure lei darsi delle risposte.
 
“Entra in questa stanza svelta!” si guardò, girando il collo da un lato all’altro del corridoio, per constatare che si trovassero soli, e che nessuno li avessi seguiti.
 
“Ma che succede?” chiese entrando in una camera che aveva l’aria di essere uno ripostiglio, infatti vi erano diversi scaffali polverosi, pieni di bottiglie di vino, barili e viveri di vario tipo.
 
Era un po’ in ansia, la faccia dello stregone le procurò parecchia agitazione. Strinse le braccia sotto il seno, osservandolo mentre chiudeva la porta.
 
“Eldihen ascoltami figliola!” le posò una mano sulla spalla, puntando i suoi occhi blu nel viso della ragazza che divenne maggiormente preoccupata notando quell’espressione timorosa, come se le stesse celando qualcosa di veramente brutto “Non voglio metterti paura ma devi sapere che la storia con Nihil non è di certo finita ieri sera. L’incantesimo che ti ha lanciato era in lingua nera. Temo che abbia completamente perso il senno, ma si è tradito da solo, o ha voluto farci capire che lui opera insieme al nemico”   
 
“I malefici non hanno mai niente di buono. Spiegati meglio perché non capisco, non so se preoccuparmi o meno!” scombussolata strabuzzò gli occhi, in cerca di risposte nascoste dietro le iridi azzurrissime dello stregone, camuffate dal suo sguardo indagatore e dalle sue labbra tese, che parevano voler trattenere l’intero discorso.
 
“Eldihen non è finita qui. Alza la testa dall’ombra che ti ha incatenata fino ad ora e trova il tuo coraggio, perché avrai una guerra da combattere. Nihil ha messo gli occhi su di te, ti vuole usare!” le toccò le spalle, infondendole tutto il coraggio che le serviva, per comprendere bene ogni avvenimento, ed affrontare quelli futuri prontamente.
 
“Mi vuole usare? Vuoi dire che tenterà di lanciarmi un altro incantesimo?” chiese spaesata guardando le rughe vicino al suo naso. Respirò lentamente abbassando le palpebre, ricercò dentro il viso dello stregone una risposta a tutte le domande che si ammassarono dentro la sua testa. Si sentì piccola a suo confronto, stretta tra le sue mani mature.
 
“No, ma ti attaccherà, l’arco è stato un pretesto, per fare un’onta a Legolas, lo odia e si è unito col male per vendicarsi . Eldihen lui è servo dell’oscuro signore!” sentenziò in fine a voce bassa. Persino i muri avevano orecchie, e le parole correvano, anche sotto le porte, portando guai e grattacapi da risolvere.
 
“Non può essere…”
 
“Altri elfi in passato sono stati sedotti e corrotti, ti dirò di più:  gli anelli del potere sono stati forgiati per mano di un elfo. Annatar veniva chiamato un tempo Sauron ed aveva accecato un elfo, piegandolo per esaudire la sua volontà. Anche Nihil ha perso il sentiero, come Saruman e altre creature un tempo pure” spiegò brevemente prima di prendere le mani minute tra le sue.
 
“Ieri notte ho visto dentro il tuo cuore. Sei ingenua Eldihen e facilmente malleabile, un’ottima pedina da muovere, ma hai una forza nascosta, te lo garantisco, altrimenti non staremmo qui a parlare. L’incantesimo era potente, ti avrebbe uccisa, ma tu sei viva, ce l’hai fatta!”
 
“Cosa stai cercando di dirmi Gandalf?” chiese cogliendo il senso nascosto di quella frase. Sapeva che lo stregone si sarebbe aspettato qualcosa da lei. Aprì le labbra senza dir nulla, immersa nella penombra, tra i rumori della servitù che passava per quelle vie ed i battiti del suo cuore in subbuglio.
 
“Lo capirai quando arriverà il momento. Penso che la tua presenza dentro la compagnia non sia stata un caso, no” scosse la testa, riflettendo su ciò che aveva visto la sera precedente, mentre scacciava dal corpo della fanciulla l’incantesimo nero.
 
“Non ho portato altro che guai alla compagnia!”
 
“Non tutto il male vien per nuocere. Adesso sappiamo che Nihil è dalla parte di Saruman e te lo posso garantire, si è ingannato, ti ha sottovalutata, credeva che tu  gli avresti portato l’arco o che non saresti sopravvissuta”
 
“Mi ha usata” annuì conficcando le unghie dentro i palmi delle sue mani, talmente forte da lasciarsi i segni.
 
“Capirai molto di più figliola andando avanti. Adesso ascoltami” le sorrise come se fosse in un certo senso soddisfatto della tenacia di Eldihen, anche se lei non era per nulla d’accordo.
 
 
“Io ho capito solo che sono stata una stupida!” affermò sospirando, consapevole dei suoi errori e di essere stata fin troppo ingenua nei confronti dell’elfo, anche quando lui si era palesemente dimostrato ostile.
 
“Lascia da parte la fanciulla e mostra di che pasta sei fatta, non ti spaventare, alza la testa e apri le mani” dicendo ciò schiuse i pugni di Eldihen, guardando i segni rossi sulla sua pelle. Aprì bene le mani, lasciandola di stucco. Estrasse dalla sua cintura la spada che aveva preso dal suo baule, ammirandola prima di posargliela tra le dita affusolate.
 
“Ti servirà, non dire a nessuno che sono stato io a donartela!” la lama luccicò come una stella, brillando dentro gli occhi di Eldihen che a contatto con il metallo freddo rabbrividì, sbattendo le ciglia sorpresa.
 
“Per cosa?” chiese alzando gli occhi dall’arma che stringeva tra le mani.
 
“Per combattere la tua guerra!”
 
 
I soldati procedevano lungo il palazzo del re, stupendo le servitrici intente a pulire le tavolate e il nano che li fissava da una panca. Era seduto vicino ad una fiaccola per riscaldarsi, mangiando formaggio e bevendo vino, ignaro dell’ordine che aveva appena dato re Thèoden. Un gruppo di donne si riunì dentro la sala, chiacchierando animatamente. La loro voce sovrastò quella dei soldati, e il rumore dei cavalli fuori. Gimli si alzò dalla sua sedia, camminando verso il centro della stanza. Seguì il fascio di luce proveniente dalla finestra, ammirando le pareti in legno del palazzo e le colonne imponenti, fino a che, in lontananza vide Gandalf arrivare come un fulmine, con il suo bastone in mano.
 
“Ma che diamine sta accadendo?” si chiese agitandosi per pulire le briciole sulla sua armatura.
 
Da dietro il mantello dello stregone comparì Legolas seguito da Aragorn. Anche loro procedevano velocemente, seguendo Gandalf, che gli sembrò essere parecchio nervoso.
 
Legolas diede una pacca sulla spalla dell’amico confuso. Il sole gli illuminò gli occhi, mentre si muoveva sinuosamente per raggiungere gli altri.
 
“Ma che succede?” Gimli non perse tempo e si lanciò anche lui in quella corsa senza capirci nulla. Si trovarono immediatamente investiti dalla fredda aria che scorreva lungo le vie di Edoras. Anche se la giornata sembrava serena, il freddo non mancò per ricordargli che si trovavano in pieno inverno.
 
Gandalf scese fulmineo lungo le scale, illuminato dal sole nel cielo. Fuori le persone urlavano peggio delle donne a palazzo. Delle galline superarono Gimli, dividendolo da Legolas e Aragorn che camminavano dietro allo stregone, oltrepassando la folla, le vie ricurve e le case intorno a loro.
 
“Accidenti!” lanciò un calcio ad un gallo, facendolo saltare addosso un soldato che era girato di spalle. Sgranò gli occhi e si precipitò da Legolas, correndo con il cuore in mano. Sperò con tutto se stesso che nessuno si fosse accorto di quel gesto “Sono stanco di correre, datemi un minuto” si accostò al fianco dell’elfo, camminando sulle pietruzze e la paglia vicino alla scuderia, lanciando ripetutamente degli sguardi sulle case vuote, i camini fumanti e la gente che si era ammassata nel sentiero.
 
Gandalf alzò la sua tunica sporca, superando i soldati senza turbamento, insieme ad Aragorn “Il fosso di Helm! Fuggono sulle montagne quando dovrebbero farsi avanti e combattere. Chi li difenderà se non il re?” entrò nella scuderia, lasciandosi dietro Legolas e Gimli che a differenza di Aragorn rimasero fermi nel portone d’ingresso, guardando i cavalli dentro le loro cucce.
 
“Quindi si parte verso il fosso di Helm!” esausto Gimli si appoggiò al portone lasciando che la sua ascia ricadesse a terra. Chiuse gli occhi, ascoltò passivamente il nitrire dei cavalli, il passo veloce della gente, gli uccellini e l’aria fresca che gli scompigliò i capelli.
 
“Così ha deciso il re” confermò l’elfo studiando attentamente i guerrieri di Rohan e le persone bisognose fuori dalle loro case. Notò che c’erano molti malati distesi sulle barelle, tante donne e bambini, tutti loro molto turbati da quella notizia. La gente si muoveva portando in strada del cibo o alcune cose utili al viaggio. Non avrebbero potuto affrontare l’orda nemica con tanta facilità, anche se avessero abbandonato Edoras. Era una popolazione addolorata e priva di forza.
 
“Sono deboli” commentò Gimli seguendo l’occhiata del suo amico. La folla si fermò su un lato, stavano disponendo le provviste dentro dei sacchi, riscaldati dai raggi solari.
 
Dalla piccola collinetta erbosa, in mezzo alle vecchie donne vestite di nero, sbucò Eldihen. Aveva il viso rosso e le gambe scoperte. Correva tra la folla guardandosi da una parte all’altra in cerca dello stregone. Gimli notò con sorpresa che i suoi capelli sotto la luce sfoggiavano delle ciocche dorate, in contrasto con i capelli castani che le ricadevano sul viso. Eldihen si girò sorpresa e felice di trovare il nano, si voltò in direzione delle stalle, scendendo lungo il margine della collina, sollevò la veste per camminare meglio. Vide vicino a Gimli, Legolas che come il nano la stava osservando. Alzò le sopracciglia sorridendogli nonostante lui le avesse detto di non volerla perdonare. Si fermò in mezzo alla porta tra i due ragazzi.
 
“Così dobbiamo partire!” Ansimò massaggiandosi il petto, giusto per sciogliere la tensione accumula. Le erano successe così tante cose che era difficile per lei metabolizzare la nuova situazione ed avventurarsi lungo le valli.
 
“Già!” Gimli non sembrava felice all’idea. La guardò, posando infine i suoi occhi sulla cintura dorata che le stringeva la vita, notando con sorpresa la presenza della spada che le aveva donato Gandalf. Non disse nulla, anche se Eldihen seguì la sua occhiata, capendo Gimli senza che lui muovesse lingua.
 
Legolas la considerò, rimanendo colpito ancora una volta dal profumo dei suoi capelli, talmente forte e dolce da stordirlo completamente. Non lo diede a vedere ma era turbato, la guardava chiedendosi cosa si nascondesse dietro il suo sorriso a tratti spensierato.
 
Ombromanto costrinse Eldihen a spostarsi, il cavallo stava galoppando nella sua direzione. Svelta si lanciò a destra e Legolas, per non farla cadere allungò d’istinto una mano tenendola con decisione dal braccio, in modo che potesse scivolare sul portone al suo fianco senza farsi male. Quell’improvviso contatto causò ad Eldihen una marea di sensazioni. Le sembrò che non ci fossero state quelle voci fuori, si lasciò trasportare da Legolas, guardando il suo volto serio. Sfiorò la sua mano avvertendo una fiamma ardere dentro il suo cuore.
 
“Grazie” sussurrò senza ricevere risposta, solo un cenno con il capo, uno sguardo curioso e poi la vista del suo bellissimo profilo. Rimase al suo fianco senza dire nulla, godendosi quel momento insieme a lui, consapevole che non sarebbe durato a lungo, l’elfo le aveva concesso giusto un attimo e chissà per quale oscuro motivo si era sforzato a prenderla quando Gandalf li aveva lasciati “Gandalf è andato via, noi seguiremo il re?” sapeva già la risposta, ma era solo un pretesto per parlare, scandagliando il comportamento strano che aveva nei suoi confronti.
 
 
“Abbandoneremo la città a breve” rispose secco senza nemmeno guardarla in viso.  Rimase fermo qualche secondo, in seguito la superò, allontanandosi da lei e Gimli, sotto i suoi occhi attenti che lo cercavano disperatamente.
 
“Ormai mi ci sto abituanda” ammise chinando il viso per guardare la paglia a terra. Strofinò il suo gomito, avvertendo all’improvviso la presenza di Aragorn dietro le sue spalle. Si era fermato vicino ad un cavallo scuro, guardando Eldihen con curiosità, contento di trovarla in forze rispetto a prima.
 
“Non farci caso, vedrai che gli passerà, concedigli del tempo” la rassicurò Gimli sperando che lei togliesse dalle labbra il broncio che si era formato sul suo volto.
 
“In un certo senso lo capisco, fa bene a trattarmi così. Ha fatto di tutto  per me è guarda come l’ho ripagato” si appoggiò al legno del portone, tastandolo con le mani. Non tolse gli occhi dal punto in cui Legolas era sparito, guardando il vuoto, ricordando le sue spalle forti, i capelli biondi e le sue mani che poco fa l’avevano presa. Sospirò, lasciando che il suo cuore battesse un’altra volta per lui.
 
“Non hai colpe Eldihen. Mi dispiace molto per averti lasciata da Nihil. Io mi fidavo di lui. Non avrei mai immaginato che ti trattasse così. Non te lo meritavi” Aragorn si dimostrò profondamente dispiaciuto per l’accaduto. Con affetto le strinse le mani chinando il capo. Eldihen lo trovò affascinante, i ciuffetti scuri rendevano i suoi occhi ancora più profondi, marcando i lineamenti del suo viso “Conosco Legolas e ti posso garantire che per lui è difficile metabolizzare la situazione, non se l’aspettava, e probabilmente adesso è deluso, ma non solo da te. Cerca di capire che lui e Nihil non avevano un buon rapporto, si sente tradito e amareggiato, ma devi credermi Eldihen che gli passerà. Ti vuole bene, anche adesso che si dimostra distante, non ha mai smesso di provare affetto nei tuoi confronti”
 
“Ieri mi ha detto che era difficile, lo so!” annuì lasciandosi trasportare dallo sguardo compassionevole dell’uomo, sperando che quegli occhi verdi le portassero speranza.
 
“Ti ha accolta e protetta, affezionandosi senza riserva. E’ normale in un certo senso la sua reazione, ma sono convinto che supererà questo momento e si renderà conto della tua innocenza, ma questo già lo sa, deve solo riorganizzare le idee, poi tornerà tutto come prima”
 
“Mi pare difficile Aragorn, è pur sempre una ferita la sua!” si rese conto della situazione, mettendosi nei panni di Legolas. Non avrebbe voluto perderlo a causa delle sciocchezze che aveva compiuto, senza badare alla realtà, trasportata da Nihil e dalla sua ingenuità.
 
 
“A tutto c’è riparo Eldihen” il suo sguardo sicuro e deciso era difficile da sostenere, chiunque in quella situazione si sarebbe sentito in imbarazzo, ma Eldihen sollevò il viso, dimostrando tutto l’interesse che aveva per Legolas, incoraggiata in parte dal discorso dello stregone. Doveva credere un po’ di più  in  sé stessa e nella forza dei suoi sentimenti.
 
“Giusto, ed io farò di tutto per farmi perdonare. Ad ogni costo!” ammise con decisione, pronta a combattere per Legolas, proprio come lui aveva fatto quando lei stava male, soccorrendola, proteggendola e confortandola, mostrandosi coscienzioso.
 
“Ti auguro il meglio mia signora!” chinò il viso sorridendole, felice di vederla combattiva e non più triste come quella mattina. Eldihen come le aveva detto Gandalf, era riuscita a sconfiggere Nihil, rimanendo in vita nonostante la forza oscura che aveva preso il possesso sulle sue azioni. Era riuscita a sopravvivere sia a lui che agli orchi, e adesso che si era armata di coraggio avrebbe combattuto contro le avversità, segnandosi nel cuore le parole dello stregone.
 
Guardò Aragorn allontanarsi, ed anche se Legolas l’aveva lasciata senza tante cerimonie, si sentì rincuorata dalle parole del ramingo, sentendole dentro l’animo come una fiamma di speranza dentro il suo cuore.
 
“Ragazzina!” Gimli con i suoi occhi da volpe la richiamò, fino a che Eldihen si girò per ricambiare il suo sguardo.
 
“Dimmi Gimli”portò le mani lungo ai fianchi, alzando un sopracciglio quando vide il nano scuotere il volto, come a farle capire che qualcosa non andava.
 
“Ma dove hai preso quella spada?” indicò con un dito l’arma che Eldihen portava al fianco, curioso di scoprire come l’aveva ottenuta visto che era una vera e propria novità.
 
“A palazzo c’è un’armeria. Appena ho saputo della partenza ho richiesto un’arma” aveva inventato quella storiella sul momento, rispettando la volontà di Gandalf. Non poteva dire che era stato lui a donargliela.
 
“E va bene!” chiuse le palpebre, mostrandosi soddisfatto.
 
“Ma Gimli…” Eldihen si piegò sulle ginocchia per guardare bene il nano in volto, mostrandosi un po’ imbarazzata “Legolas ti ha parlato di me?” chiese arrossendo lievemente.
 
“No, mi spiace” schioccò la lingua muovendo il collo in  moto di dissenso.
 
“Niente?”
 
“Nulla” rispose storcendo il naso.
 
Eldihen si grattò il collo confusa, sospirando un po’ scontenta “Non so proprio cosa fare per parlargli!” svelò con rammarico, guardando un punto impreciso. Le persone fuori, ignare del suo stato d’animo, camminavano continuando a pianificare il viaggio andandosene su e giù, lungo le scale del palazzo, proprio come i suoi pensieri, che in disordine si muovevano nella sua mente.
 
“Ti piace parecchio il principino!” l’affiancò, con un sorriso canzonatorio, guardando insieme a lei la gente, e quelle dannatissime galline bianche che svolazzavano lasciando le loro piume nel terreno.
 
“Si”rispose spontaneamente guardando il cielo azzurro ed i brandelli di nuvole bianche. Resasi conto della sua risposta, detta con troppo trasporto, raddrizzò le spalle, muovendo le mani in direzione di Gimli “No” negò in seguito sperando che il nano non la prendesse in giro o commentasse l’espressione da ebete che aveva in faccia.
 
“Sei troppo ingenua”
 
“Me l’hanno detto in tanti” anche Gandalf era della stessa opinione, ma era vero, non riusciva a cambiare, mostrandosi sempre vera, senza ritegno, nemmeno quando era necessario.
 
“Ma tranquilla, aggiusterò io le cose con l’elfo dalle orecchie a punta!”
 
Eldihen non riuscì a comprendere i piani di Gimli e quando lo vide correre all’improvviso, con la sua cotta d’argento, sperò con tutta sé stessa che non andasse da Legolas per riferirgli la loro conversazione.
 
 
 
La bianca dama di Rohan, aveva sfoderato dal profondo del suo animo tutto il coraggio e la tenacia che possedeva, sguainando la sua spada abilmente, muovendosi dentro la sala del trono, con i suoi lunghissimi capelli biondi, che danzavano insieme a lei fendendo l’aria e scagliando colpi bruschi contro un nemico immaginario che si era creata dentro la sua testa. Era determinata, bella, rigida come la lama che impugnava e fluida come il vento. Aveva cambiato il suo abito scuro, al momento indossava una tunica marrone, molto comoda e versatile.
 
Eldihen si nascose dietro una colonna, ammirandola, mentre roteava intorno a sé stessa, con il viso serio, la pelle tirata e gli occhi assottigliati. Le si avvicinò, rimanendo distante per non essere travolta dalla sua spada.
 
“Vederti è uno spettacolo!” confessò allibita cogliendola di sorpresa. Eowyn allontanò l’arma, lasciandola a mezz’aria. Aprì la bocca, incapace di rispondere ad Eldihen che si era fermata per ammirarla da vicino.
 
“Il vero spettacolo sarebbe vedere la rovina degli orchi e di Sauron!” confessò amareggiata, prendendo l’elsa della sua spada tra le mani.
 
“Arriverà quel giorno, io come te desidero che tutto finisca” si avvicinò a passi felpati, indugiando davanti al suo viso. Le ancelle dietro loro stavano spostando dei grossi contenitori, per portarli fuori in mezzo alle altre cose. A breve sarebbero partiti. Si sentiva una grande agitazione: persone correre, bambini piangere, gente urlare e ridere. Un baccano tremendo.
 
“Sai vorrei fare qualcosa, non mi va di stare a guardare sperando che le cose accadano da sole”abbassò il viso, lasciandosi trasportare dai brutti pensieri, dalle opinioni che aveva ascoltato. Non accettava l’idea di rimanere in un angolo a guardare la rovina del suo popolo, quando avrebbe potuto combattere, rischiare la vita per coloro che amava.
 
“Anch’io” Eldihen le sollevò il mento con un dito, sorridendole affettuosamente “Insegnami a combattere ho una spada, ma non so brandirla come sai fare tu”
 
 
 Eowyn sorrise “E’ curioso che un elfa mi chieda questo” dichiarò meravigliata, osservando il volto di Eldihen.
 
“Sarà curioso, ma la verità è che io sono stata sempre protetta, prima da mio padre, poi da altre persone, ma è giunto il momento di farsi avanti, e chi meglio di una scudiera di Rohan potrà insegnarmi?” il suo discorso era carico di stima, tanto da convincere Eowyn che orgogliosa annuì, guardando il suo corpo esile, le sue braccia sottili, ed i polsi segnati da due lividi violacei. I loro occhi brillarono insieme, dentro la sala spenta.
 
“Impugna la spada Eldihen!” le ordinò esaudendo il suo desiderio.
 
Soddisfatta la ragazza fece come le aveva chiesto Eowyn, stringendo con decisione l’elsa  della sua spada.
 
“Divarica le gambe e solleva il gomito, usa entrambe le mani” la toccò, posizionando i suoi arti in modo da farla muovere fluidamente. Era felice di trovare comprensione, finalmente qualcuno la capiva, condividendo il suo stesso desiderio.
 
Si posizionò di fronte Eldihen, alzando la sua arma. Guardò attentamente la ragazza, concentrandosi sul suo corpo, senza farsi distrarre dalla gente attorno. Esistevano solo loro due, le loro lame e la voglia di combattere, quel fuoco che ardeva dentro loro, come una fiamma di luce in mezzo alle tenebre.
 
“Eldihen sei troppo rigida: spalle dritte e piedi allineati. Mantieni l’equilibrio così potrai attaccare e difenderti senza essere colpita” posizionò la sua spada vicino al torace di Eldihen, attenta a non farle del male. Le suggerì di imitarla, mostrandogli alcune tecniche basilari, abbastanza semplici da imitare.
 
Le loro lame si incrociarono, producendo un rumore stridulo. Rotearono muovendo i piedi, attente a parare i colpi che si scagliavano, dapprima lentamente, poi, man mano che andavano avanti con l’allenamento le loro mani iniziarono a muoversi freneticamente, insieme agli occhi e alla mente. Attente entrambe a scoprire le mosse dell’altra, fendendo dei colpi leggeri, ma efficaci. Eldihen si spostava con naturalezza, allontanandosi dallo spazio di combattimento con movimenti fluidi. Rimase nascosta dietro una colonna quando notò che Eowyn le stava lanciando un colpo che non avrebbe potuto parare. Respirò velocemente, appoggiando il capo al legno, guardò Eowyn di sottecchi, sollevando la spada, fermandosi dietro le sue spalle, con aria soddisfatta “Ho vinto io!” esclamò compiaciuta vedendo la donna voltarsi dalla sua parte.
 
“E brava ti sei nascosta e mi hai colta di sorpresa, non sei proprio messa male!” constatò spostando con  un movimento veloce i capelli dal viso. A differenza di Eldihen era affaticata da quel breve allenamento, intenso ed efficace. Guardò l’elfa abbassare le palpebre ed alzare la sua spada a mezz’aria, girandosela  tra le mani.
 
“Insomma. Guardandoti ho capito come muovermi, tutto grazie a te!” mentre parlava guardò i soldati avanzare con degli spessi scudi di metallo, lance e arpioni. Trasportavano armi di ogni genere, muovendosi in fretta.
 
Le due donne si trovarono sole in meno di dieci minuti, anche le servitrici avevano abbandonato il palazzo. Eldihen si guardò intorno, contemplando le larghe tende verdi e il trono oro e marrone, corse lungo la sala, fermandosi vicino al focolare posto al centro “Bisogna partire!” intuì riponendo l’arma nella custodia della cintura.
 
“Si, siamo rimaste un po’ troppo!” sospirò Eowyn imitando la compagna. Si sedette su una panca, sistemando lacci dei suoi stivali. Desiderò riposarsi un istante prima di partire insieme agli altri. Chiuse gli occhi, respirando lentamente, per recuperare l’energie perse. Rimase in silenzio, riflettendo sul cambiamento d’umore di Eldihen, non sapeva cose le fosse accaduto, ma stava iniziando a reagire, mostrandosi decisa e volenterosa, non infelice come l’aveva vista nella stanza, un ricordo da dimenticare “Mi sorprendi sempre di più, per me sei forte anche se non ti sei resa conto. Non tutti hanno la capacità di risollevarsi come hai fatto tu, poi penso che sia un bene per te combattere. Tiene corpo e mente occupati”
 
“Si, ma io voglio combattere per le persone che amo, per fargli capire che sono disposta a tutto, anche a mettere a rischio la mia vita” confessò sedendosi davanti a lei. Appoggiò la guancia su una mano, osservando il via vai fuori dal portone spalancato “Poi non è facile come sembra” abbassò lo sguardo nostalgicamente “Lui mi manca!” ripensò agli abbracci di Legolas, al suo sorriso sincero e a quando si erano lasciati, ricordando quanto aveva sofferto e quanto era stato difficile lasciargli le mani, ma adesso era differente, lui era presente, ma non la considerava più come un tempo, non la guardava più con i suoi occhi luminosi. Aveva messo un muro tra loro che le sembrava difficile da scalare, ma voleva riaverlo vicino a sé, avvertire nel cuore il calore che si accendeva ogni qual volta si guardavano senza dir nulla. Alzò gli occhi per osservare la colonna dove di solito Legolas si appoggiava, era vuota, proprio come lei in quel momento.
 
“Eldihen!” Eowyn le afferrò la mano, piegando il volto con area compassionevole “Non devi crollare proprio ora, vedrai che passerà!”
 
“Hai ragione” non volendo arrecare ulteriori pensieri alla ragazza, Eldihen si costrinse a sorridere, guardandola con gratitudine, infondo Eowyn le era stata vicino fin a quel momento, non avrebbe voluto impensierirla, o addirittura farle dubitare del piacere che provava a rimanere insieme a lei.
 
“Forza, dobbiamo andare!” si alzò dalla panca, prendendo sul pavimento un sacco pieno di roba, probabilmente vestititi e strumenti utili al viaggio.
 
“Dovrei anch’io prendere il mio zaino” si alzò sovrappensiero, muovendosi in direzione della stanza in cui aveva lasciato il mantello e lo zaino. Non aveva nulla con sé, ma sicuramente le sarebbero stato d’aiuto, soprattutto il mantello.
 
“Aspetta!” Sfoggiò insieme al suo sorriso luminoso, lo zaino che le aveva preparato e il mantello verde legato ad uno spago “Mi sono presa il permesso di prenderli io per te, eri un po’ distratta, quindi li ho sistemati insieme alle mie cose” Eldihen allungò il braccio lanciandole uno sguardo benevolo. Si era presa la briga di sistemare la sua roba, nonostante le complicazioni legate al viaggio “Dentro troverai del cibo e un mantello più pesante, in caso sentissi freddo. Non è molto, spero abbia fatto bene”
 
Indossò il mantello verde, allacciandolo al collo. Avrebbe dovuto fare una statua d’oro a Gimli che gliel’aveva prestato. Cacciò i capelli fuori, lasciandoli scendere liberamente dietro il cappuccio e prese sulle spalle il sacco, legandolo in modo che non le cadesse “Grazie Eowyn sei stata gentile” le accarezzò la mano, sorridendole con gli occhi.  In quell’evento così sfortunato e drammatico uno spiraglio di luce aveva illuminato il suo percorso: Eowyn. Si considerò fortunata ad averla accanto. Nessuno al posto suo avrebbe avuto le stesse cure ed attenzioni, si sentì a disagio, desiderando ricambiare i favori ricevuti, consapevole che però le era impossibile al momento visto che non possedeva nulla.
 
“Andiamo!” lasciarono il palazzo, augurandosi entrambe di ritornarci al più presto da vincitrici, temendo di dover affrontare la battaglia contro Saruman.
 
Varcarono l’uscita insieme, superando le scalinate per raggiungere la processione diretta alle montagne. Eldihen cercò con lo sguardo Aragorn e gli altri, vedendoli in lontananza, in sella ai loro cavalli. Rimase in disparte, ferma vicino un canale di scolo, un punto perfetto per prendere il sole. Coprì con una mano gli occhi, per inquadrare bene la scena: le donne iniziarono a cantare, trasportando delle ceste intrecciate piene di cibo. C’erano molti malati sulle barelle, assistiti dalle loro famiglie. Persino i bambini si davano da fare, aiutando i loro genitori.  Il sole bruciò l’erba secca a terra e la pelle delle persone che, si coprirono le teste, camminando e chiacchierando riguardo alla decisione del re. Eldihen ascoltò distrattamente il discorso di tre vecchiette, intuendo i dubbi che nutrivano e le loro paure.
 
Camminò insieme ad Eowyn accompagnata dal canto delle fanciulle dietro di lei e il flusso interminabile dei suoi pensieri, rivolti a Legolas, ma anche alla famiglia che attendeva di rivederla. Lasciarono definitivamente la città, camminando per ore sotto il sole cocente che illuminava le montagne innevate ed i prati fioriti.
 
Eldihen distrattamente osservò davanti a sé un laghetto nel quale vi era il riflesso della carovana, di lei e degli alberi intorno. Avanzò lungo il sentiero pietroso, tra le foglie secche e il terreno melmoso.
 
Aragorn preoccupato si era avvicinato, con il suo cavallo scuro, guardandola mentre camminava. Eldihen gli sorrise, anche Eowyn sembrò molto felice di vederlo, sorridendo con i suoi occhi verdi. Si passò nervosamente una mano tra le onde bionde, sistemando il vestito marrone. Eldihen la guardò senza dir nulla fermandosi quando l’uomo le affiancò. La gente dietro loro le superò senza commentare. I bambini corsero allegramente lungo lo spiazzo, ignari del pericolo che si avvicinava.
 
“Tutto bene?” da quando Eldihen aveva ricevuto quel colpo basso da Nihil, Aragorn non le aveva tolto gli occhi di dosso, mostrandosi veramente dispiaciuto. Il sole stava morendo dietro le montagne, tingendo il sentiero di un arancio luminoso.
 
“Sì” rispose  ascoltando le risate dei bimbi dinanzi a loro che tenendosi per mano giravano felicemente a cerchio, intonando delle canzoni allegre.
 
“Grazie per la premura sire Aragorn!” Eowyn si portò in avanti, il vento le spettinò i capelli, trasportandoli nella sua direzione. Aragorn era decisamente più alto di lei, la fissò annuendo, lanciando uno sguardo ad Eldihen che li osservava in silenzio. A parer suo, la bianca dama di Rohan mostrava un particolare interesse per Aragorn, ed anche se era confusa e con la testa da tutt’altra parte, Eldihen non poté far a meno di confermare il suo pensiero. Dagli occhi di Eowyn trapelava uno scintillio particolare ed aveva colto subito la sua espressione, trattenendosi mentre loro parlavano.
 
 
Calò la notte. Il cielo sembrava un vestito bellissimo, decorato da gemme argentate e brillanti. Gli uccellini tornarono ai propri nidi ed i bambini si addormentarono tra le braccia delle loro madri. Gli uomini accesero dei falò, arrostendo carne e altri alimenti di fortuna, trovati durante il cammino. La gente si era fermata su una collina, per riposare durante la notte. Erano tutti molto stanchi, sarebbe stata una tortura continuare a viaggiare, soprattutto per  vecchi ammalati. I soldati anche in quel momento di pausa erano di guardia, scambiandosi i turni per poter riposare, almeno un po’ prima di partire.
 
Gimli guardò i suoi compagni.  Aveva affrontato il viaggio solo quel pomeriggio, visto che Legolas aveva deciso di lasciarlo, dicendogli che avrebbe preferito controllare le terre in lontananza. Temeva che qualcuno li stesse seguendo, anche se, il nano non accettò quella scusa, sapendo che l’amico si era allontanato per stare da solo. Era confuso ed anche se non lo dimostrava, soffriva in silenzio. Non si era confidato con Gimli nemmeno quando lui aveva insistito. Una causa persa.
 
Raccolse una pietra a terra per poi lanciarla vicino ad una pozza d’acqua, vicino ai piedi di un albero. Strofinò gli occhi con i guanti di cuoio, osservando le stelle. Bastò piegare il capo di poco, per notare che, seduta su una roccia conficcata nel terreno, Eldihen stava come lui ammirando il cielo elegante, in silenzio, sola e pensierosa.
 
“Chissà come sta?” non si avvicinò, rimanendo distante da lei. Avrebbe tanto voluto renderla felice, ma non riusciva a mettere pace tra lei e l’elfo, ed anche se avrebbe potuto prenderlo dalle sue orecchie a punta e portarlo ai piedi della giovane, preferì non muovere un dito, consapevole della sofferenza dell’amico, che mostrava solo un muro duro e impenetrabile, quando dentro di sé pativa anche lui.
 
Si sedette sul terreno morbido, strappando distrattamente i fili d’erba sotto di sé. Pensò a cosa avrebbe potuto realmente fare per quei due, ma non trovò una soluzione. Eldihen non riceveva risposta, e Legolas si era chiuso in sé stesso, anche nei suoi confronti, viaggiando in totale solitudine verso il fosso di Helm. Da non credere. Cacciò il suo elmo dalla testa grattandosi il capo. Doveva assolutamente fare qualcosa, o quella notte non avrebbe dormito, ma di certo non poteva costringerli a rimanere insieme, Legolas non l’avrebbe mai accettato, o almeno, non avrebbe accettato di sua spontanea volontà. Poco fa lo aveva raggiunto nella pianura in cui si trovava, senza però rimanerci a lungo, visto che l’elfo badava a cercare una minaccia inesistente.
 
Alzò il capo, guardando una stella scintillante “Ma cosa posso fare?” agitò la testa scartando tutte le idee che gli passarono per la mente. Si bloccò sgranando gli occhi, trovando una soluzione al suo problema, una soluzione che avrebbe decisamente migliorato la situazione. Si alzò entusiasta da terra, pulendosi la polvere sui vestiti con le mani.
 
Non perse tempo e con sguardo ottimista camminò, per raggiungere Eldihen, accompagnato dal canto delle cicale e dalle donne di Rohan.
 
L’elfa voltò il  viso, sentendo i passi di Gimli farsi sempre più vicini. Il suo volto felice la sorprese, non si spiegò il motivo della sua improvvisa allegria, ma era contenta di vederlo. Si girò nella sua direzione, alzandosi dalla roccia, per raggiungerlo  “Gimli!”
 
“Eldihen!” le accarezzò un braccio, ridendo mentre le parlava “Che belle sono le stelle stanotte!”
 
“Si, meravigliose come sempre!” rispose lanciando un fugace sguardo al cielo, per poi guardare Gimli.
 
 
“Ma ti dirò una cosa…” afferrò il suo braccio, trascinandola tra la folla, in mezzo alle persone che mangiavano disinteressati. Eldihen camminò lasciandosi trasportare, senza chiedere nulla al nano “Poco fa sono stato in un posto perfetto qui vicino per guardare le stelle!”
 
“Sul serio?” alzò un sopracciglio stupefatta, pensando all’amico mentre osservava il panorama. Una scena buffa da non perdere.
 
“Certo che sì, non puoi immaginare che pace. Seguimi perché ne vale la pena” camminava svelto, superando le persone davanti al suo cammino. Trascinò Eldihen con sé, lasciandola in un largo spiazzo deserto, un po’ lontano dalla folla. La vista era decisamente bellissima: le montagne sembravano incoronate dalla luce della luna che si infondeva lungo tutto il prato verde.
 
Respirò la fresca aria di montagna, accucciandosi nel suo mantello “E’ bellissimo qui!” esclamò avvicinandosi ad un cespuglio, sfiorando con le dita le foglioline.
 
“Che ti avevo detto” Gimli l’affiancò, posando le mani suoi fianchi “Tu aspetta qua, non ti muovere, io torno presto!” si girò allontanandosi velocemente. Sembrava un fulmine, Eldihen non lo aveva mai visto così attivo.
 
“Ma dove vai?!” chiese guardando le sue spalle.
 
“Ho fame vado a prendere qualcosa da sgranocchiare e torno, ma tu resta ferma!” non perse altro tempo, superando la  piccola pianura.
 
 Raggiunse l’altra parte del campo, muovendosi celermente tra la folla. Maledisse mentalmente un soldato per avergli bloccato il passaggio. Superò la gente, evitando di guardare il cibo dentro il fuoco, anche se non poté far a meno di percepirne il profumo. Aveva preso la questione a cuore, in altri casi si sarebbe fermato a mangiare, ma non gli interessò particolarmente. Quando raggiunse Legolas dall’altro lato del prato aveva il fiatone. Rallentò vedendo l’amico fermo sul colle. Osservava il sentiero silenziosamente, con l’arco tra le mani. Si voltò percependo dietro di sé i passi del nano. Lo guardò chiedendosi cos’avesse, mentre Gimli si avvicinava sempre di più, con in volto un’espressione accigliata.
 
“Legolas!” si fermò quando vide l’elfo girarsi  nella sua direzione. Aveva la sua totale attenzione. Si finse profondamente preoccupato, mostrandosi affaticato “E’ da un po’ che ti cerco. Dall’altra parte della collina mi pare di aver sentito uno strano rumore, vorrei sbagliarmi, ma credo si tratti di un gruppo di orchi!” mentì spudoratamente, stupendosi parecchio della sua interpretazione perfetta.
 
“Quando l’hai sentito?” chiese Legolas lasciando scorrere lo sguardo tra le montagne. Posò il piede su un ramo a terra, guardando Gimli con uno sguardo serio e profondo. Esaminava il territorio da ore, non poteva credere che un simile dettaglio gli fosse sfuggito.
 
“Seguimi, ti accompagno a metà strada, poi vado a recuperare la mia ascia!” si girò trattenendo una risata, soddisfatto per aver fatto cascare Legolas nella sua trappola.
 
Procedette lanciando uno sguardo all’amico che lo seguiva impensierito, con l’arco in mano ed il mantello legato alle spalle. Era decisamente attento mentre avanzava, tanto che Gimli sperò con tutto il suo cuore che il suo piano riuscisse al meglio. Nel peggiore dei casi si sarebbe sorbito una ramanzina, ma poco importava.
 
“E’ distante Gimli?” chiese Legolas seguendo il nano. Si erano allontanati dalla gente, immersi nella natura. Legolas guardò il sentiero, in cerca di tracce, poi sollevò il viso in direzione della collina, pronto a scagliare le sue frecce.
 
“No!” si fermò, girandosi preoccupato verso l’elfo “dopo aver superato questa salita, ti accorgerai degli strani movimenti che ho percepito. Aspettami giovanotto io vado a prendere la mia ascia!” gli diede una leggera pacca sul braccio, scappando in fretta, lasciando l’elfo.
 
Legolas assottigliò le palpebre, avanzò lungo il terreno guardandosi intorno. Non camminò molto, raggiungendo uno spiazzo deserto, trovandosi dinanzi le alte vette delle montagne bianche, una distesa illuminata dalle stelle ed al margine, ferma vicino ad un cespuglio, Eldihen.
 
Schiuse le labbra, sospirando. Adesso si spiegava tutta la fretta dell’amico. Schioccò la lingua, trattenendosi, mentre riportava l’arco dietro le spalle, pronto ad andarsene da lì, con gli occhi bassi e in testa una confusione incredibile. Era riuscito a calmarsi durante il cammino in solitudine, ma la vista di Eldihen gli metteva addosso delle strane sensazioni, che non riusciva ad ignorare neanche sforzandosi.
 
La fanciulla percepì una presenza dietro le sue spalle, voltò il capo, per accertarsene. Non aveva udito alcun rumore, le sembrò strano “Gimli?” sperò si trattasse dell’amico, non voleva trovarsi faccia a faccia con un orco o di qualche mal intenzionato. Rimase sorpresa quando girandosi stretta al suo mantello trovò Legolas dinanzi a sé, in tutta la sua bellezza, avvolto dalla sua tunica verde. Era serio, anche lui stupito di trovarsela davanti, le mani lungo ai fianchi e gli occhi azzurri puntati su Eldihen.
 
Rimase immobile qualche secondo, felice in cuor suo di rivederlo, proprio dinanzi a sé. L’aveva così tanto pensato che alla fine si erano incrociati, ed anche se le sue labbra erano chiuse ed i suoi occhi distanti, Eldihen si avvicinò di poco “Pensavo fosse Gimli. Lo stavo aspettando, mi aveva detto di non muovermi da qui” spiegò sistemando il ciuffo dietro le orecchie, attendendo la risposta di Legolas con ansia.
 
“Adesso si spiega tutto! Puoi anche andare, non verrà, ha detto lo stesso a me” rimase a guardarla. Anche se era notte notò i suoi occhi brillare.
 
“Era un pretesto” comprese al volo la situazione, camminando lentamente verso Legolas. Non se ne andò come lui le aveva suggerito, si fermò davanti al suo torace, guardando le sue spalle, il suo collo e la linea delle labbra, respirando a rilento, sperando che lui non la lasciasse “Io non ne sapevo nulla, ma sono contenta di trovarti, anche se so che tu avresti voluto rimanere da solo” confessò alzando infine il viso per guardare i suoi occhi blu, belli e profondi come il mare. Avrebbe tanto voluto sapere cosa si nascondeva dietro il suo sguardo austero, così serio ed affascinante da catturarla completamente.
 
Legolas non rispose subito, osservando gli zigomi poco pronunciati, nascosti dai ciuffi di capelli ondulati. Era imbarazzata e contenta allo stesso tempo, lo guardava fiduciosa. Lui  deluse le sue aspettative, distogliendo lo sguardo con disinvoltura. Era meglio non rimanere troppo vicini, ed anche se avrebbe dovuto immaginare che sotto l’avviso di Gimli si nascondeva Eldihen, non se ne fece una colpa “Torna indietro o rimani, io vado” annunciò pacatamente vedendola sollevare le ciglia, spiazzata dalle sue parole.
 
Eldihen si sentì congelare dall’espressione di Legolas. Le piccole speranze che erano affiorate nel suo cuore si spezzarono davanti ai suoi occhi impassibili e davanti al suo volto inespressivo. Sarebbe realmente passato quel momento? Non riusciva a vedere una via d’uscita, camminava nell’ombra, in solitudine, con l’amara consapevolezza che nulla sarebbe tornato più come un tempo, non avrebbe più rivisto i suoi occhi dolci, non avrebbe mai ricevuto le sue attenzioni, l’aveva perso per sempre. Si sentì morire a quel pensiero, ma era vero quanto gli occhi pungenti di Legolas, era vero come il dolore che le stringeva il petto e l’intera vita. Abbassò il capo, costringendosi a rimanere disinvolta, anche se le fu impossibile in quel momento di profonda amarezza trattenere le lacrime. Le ricacciò con tutta se stessa, piegando il volto e mordendosi le labbra violentemente. Più lei tentava di riavvicinarsi, con gesti o frasi, più Legolas retrocedeva, lasciandola col cuore a pezzi. Come potevano Eowyn ed Aragorn credere che tutto si sarebbe risolto? Nemmeno il tempo li avrebbe fatti riavvicinare, in realtà nessuno poteva risanare le loro ferite.
 
 
“E va bene!” strinse un pugno e serrò le palpebre, lasciando che le lacrime ricadessero sulle sue guance e le labbra che tremavano. Per coprirsi appoggiò il polso sulla fronte, non voleva farsi vedere in quello stato pietoso, ma era esausta, priva di forze, più cercava di rialzarsi, più ricadeva a terra, trovandosi con ferite vecchie e nuove. Non ce la faceva più, non era in grado di sopportare quel distacco, vedendo ogni suo sforzo scartato.
 
Legolas rimase immobile, pietrificato dalle lacrime di Eldihen. Non riuscì ad andarsene, a rimanere indifferente davanti al suo pianto, al dolore che lei provava.  Quel pomeriggio mentre camminava, aveva ripensato alla faccenda, ad Eldihen, chiedendosi il perché di tanta amarezza. Non era per l’arco che la stava evitando, non gli interessava, anche se era stato un dono prezioso. Riuscì a trovare una spiegazione a tutte le sue domande, comprendendo che la sua delusione era strettamente legata al forte legame che vi era tra lui ed Eldihen. Sapeva benissimo che era stata vittima di un incantesimo, ma non riusciva a perdonarla completamente, anche se si rendeva conto che lei non c’entrava in quella faccenda, ma non poteva far a meno di sentirsi ugualmente tradito. L’affetto che provava era stato la causa della sua stessa delusione.
 
 Ci teneva così tanto che, quando Eldihen gli aveva preso l’arco, ogni sua certezza era crollata, trovandosi disarmato, con le spalle al muro, colto completamente alla sprovvista. Non si sarebbe riaperto con tanta facilità, per timore di trovarsi un’altra volta afflitto da dubbi ed incertezze. Non poteva permetterselo, soprattutto durante la battaglia dell’anello. Doveva farsi forza ed andare avanti, ma ogni buono proposito si stava dissolvendo, dinanzi al volto sofferente di lei.
 
Non riuscì ad andarsene, voltandole le spalle. Non riuscì a rimanere impassibile, tornando alla sua postazione.
 
Guardando le lacrime sul volto arrossato dell’elfa, un fremito colpì il suo cuore, facendolo vacillare, colpendo il muro che aveva messo tra di loro “Non piangere più” annullò le distanze, abbassò il viso, per vederla meglio, anche sé Eldihen si era coperta la faccia. Tremava, aveva stretto i denti, cercando di proteggersi dalle parole di Legolas. Era assente, lontana dal corpo dell’elfo, immersa nel dolore e nella solitudine “Lo sai che non ce la faccio a vederti piangere” ammise chinandosi sul suo viso, percependo l’odore della sua pelle bagnata.
 
Eldihen non rispose, sentendo la mano di Legolas stringere il suo braccio.
 
L’elfo scrutò i lividi sul suo polso, il viso coperto di lacrime e le sue labbra traballanti, rendendosi conto che anche Eldihen soffriva a causa sua. Non era l’unico a starci male. Curvò gli angoli della bocca, passò le dita lungo il dorso della sua mano, avvertendone la morbidezza. Spostò con estrema delicatezza il braccio dal viso di Eldihen, guardandola finalmente negli occhi. Erano languidi e arrossati a causa del pianto liberatorio.
 
“Non ce la faccio più Legolas!” ammise incrociando il suo sguardo. La fiamma dentro il suo cuore si riaccese, insieme agli occhi di lui. Non riuscì a ricacciare i sentimenti che provava, l’effetto che le facevano gli occhi dell’elfo, il desiderio di averlo vicino, di sentire quel fuoco bruciarle la pelle.
 
“Basta piangere!” mostrò il suo dispiacere,  accarezzandole delicatamente il braccio, senza scomporsi. Ogni qual volta la vedeva piangere non riusciva a darsi pace, ed era così dal primo momento che l’aveva vista agonizzante nel bosco ad Amon Hen. Era difficile comprendere bene i sentimenti che provava per lei. L’affetto si mescolava all’amarezza della guerra ed antiche delusioni, accecandogli la via.
 
“Ma cosa devo fare per farmi perdonare?” chiese puntando i suoi occhi dentro le iridi dell’elfo “Io non ricordo nulla Legolas, mi vedo trattata così da te e non riesco a darmi pace, perché ti ho sempre pensato e adesso mi manchi terribilmente. Nihil ha tentato di criticarti, ma io ti ho sempre difeso, sopportando tutti i suoi comportamenti, per tornare a Lorien, con la speranza di rivederti, perché tu avevi promesso di tornare da me” alzò la mano che aveva libera per spiegarsi tramite gesti. Sospirò, trattenendo un singhiozzo, sentendo il cuore battere incessantemente dentro il suo torace. Le sarebbe esploso dall’agitazione. Le vene pulsarono tremendamente ai lati della sua fronte chiara. Era nervosa.
 
“E va bene, va bene!” Legolas afferrò con un veloce movimento anche l’altra sua mano, trattenendola a sé. Rimase in ascolto senza interromperla, anche quando sentì l’irritazione salire al solo sentire il nome di Nihil. Cercò di rimanere calmo, non voleva turbarla ulteriormente, ma non riuscì nemmeno ad ignorare ciò che aveva detto, in particolare l’ultima frase. Era da un po’ che rimuginava sulla descrizione che Eldihen aveva tracciato di Nihil, descrivendolo come sfrontato e sfacciato. Anche a palazzo le aveva chiesto maggiori informazioni senza ricevere risposte, ma adesso si aspettava delle spiegazioni. Cosa aveva passato nella casa in cui l’aveva lasciata? “Eldihen…” il suo sguardo tornò serio, la spinse verso di sé con uno slancio “Quali comportamenti di Nihil non ti sono piaciuti? Che ti ha fatto?” non poteva sfuggirgli, non l’avrebbe permesso. Strinse entrambi i polsi appoggiandoli al torace, le lanciò uno sguardo carico di curiosità, osservando le sue labbra, attendendo che lei parlasse.
 
“Lui mi ha accolta, non facendomi mancare nulla!” ammise con spigliatezza “Ma era molto sfacciato, mi trattava come se…” si bloccò, indecisa se continuare.
 
“Come se?”  la invitò a procedere, inarcando le sopracciglia. Eldihen rimase in silenzio, muovendo gli occhi sul volto di Legolas “E’ importante che tu mi dica ogni cosa, per ripristinare la fiducia Eldihen. Se tu non me ne parli è un po’ difficile per me crederti”
 
“Come se gli fosse concesso tutto!” non esitò a sfruttare l’occasione per riavvicinarsi a Legolas. Se sarebbe servita a qualcosa quella rivelazione, lei gli avrebbe raccontato tutto.
 
“In che senso?” lasciò che Eldihen appoggiasse le sue mani sul suo petto, stringendole i polsi.
 
“Non so come spiegarmi, ma mi trattava come se io fossi di sua proprietà, muovendo pretese assurde, arrabbiandosi. Non si faceva problemi, mostrandomi il suo interesse spudoratamente” non gli avrebbe potuto dire che l’aveva spiaccicata al muro, tentando di baciarla, ma gli fece intuire qualcosa, anche se con imbarazzo.
 
“E in che modo ti ha dimostrato il suo… interesse?” domandò soccombendo al fastidio che si accese a quelle parole, immaginando cose che non avrebbe mai voluto credere vere.
 
“Ha tentato di baciarmi” era difficile sostenere la sua occhiata indagatrice. Arrivò dritta al punto, parlando a bassa voce, come a fargli capire il suo profondo imbarazzo.
 
Rimase un secondo in silenzio, mostrandosi calmo e ragionevole, piegò il suo viso in direzione dei suoi occhi celesti “E ti ha baciata?” la sua voce era seria ma tranquilla.
 
“No”agitò il viso, allontanandosi di qualche centimetro. Non riusciva a reggere quel contatto, si sentiva troppo in soggezione sotto i suoi occhi luminosi.
 
Legolas la lasciò andare, liberandole le mani “Nihil pagherà quel che ti ha fatto!” le garantì, assicurandosi che  lei non piangesse più.
 
“Si, ma non voglio più sentirlo menzionare. Sono stanca” sospirò pesantemente.
 
“Certo. Adesso è meglio che torni dagli altri, io devo tenere la guardia” disse con sguardo meno severo.
 
“Legolas!” lo bloccò da un dito. Doveva schiarirsi le idee, in difesa di ciò che sentiva, del sentimento che stava iniziando a riconoscere, senza vergogna “E noi due?”
 
“Eldihen, dammi del tempo. I dubbi si stanno diradando dalla mia mente. Ho bisogno di riflettere!”
 
La voce limpida, priva di irritazione la rassicurò, rincuorandola “Ma mi detesti ancora per la questione dell’arco?”
 
“Io non ti ho mai detestata!” disse coscienzioso guardandola negli occhi.
 
 
Note autrice:
Buonasera, ed eccomi… scusate se l’altra volta non ho specificato di quale sabato si trattasse, ma ero veramente stanca, non che ora sia differente, per farvi capire, mentre rileggevo ho mangiato mezzo panino (ovvero la mia cena) mi spiace per l’ora ma oggi sono stata veramente impegnata e, anche se dico sempre “rileggo veloce” poi passa un’ora t.t
Ringrazio tutti coloro che mi sostengono con le recensioni o aggiungendo la storia nelle caselle. Grazie <3
Riguardo gli aggiornamenti: sempre sabato… o meglio sabato 15 Maggio
Ok adesso vi lascio, un abbraccio :)
 
 
 
   
 
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