Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Ahimadala    09/05/2021    5 recensioni
Hermione Granger ha fatto il possibile per restituire la memoria ai suoi genitori dopo la fine della guerra.
Tuttavia, nel tentativo di combattere il suo stesso incantesimo, qualcosa é andato storto.
L' eroina del mondo magico si ritroverá con un insolito e rarissimo dono, che la costringerà a scoprire stravolgenti ed imbarazzanti verità.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le parole di Draco continuarono a risuonare nella mente di Hermione per giorni da quando lasciò il suo ufficio. 

E quello che aveva detto, oltretutto, era la cosa che meno la tormentava di lui.

No, non c'era solo il fatto che avesse tirato in ballo Sirius Black ad avere acceso la curiosità della grifona. Nei brevi minuti della loro animata conversazione Hermione aveva cercato di osservare e studiare Draco Malfoy il più possibile, ed era giunta ad un' importante conclusione: era un abile occlumante.

Occludeva i suoi pensieri persino a sè stesso, e solo concentrandosi attentamente era possibile cogliere l'impercettibile cambiamento del suo sguardo quando le sue barriere cedevano appena. Si chiese dove avesse imparato, ottenendo al tempo stesso un'ulteriore conferma a ciò che aveva spesso ipotizzato: l'occlumanzia era la chiave. Se avesse imparato a chiudere la sua mente sarebbe riuscita, forse, a padroneggiare questa abilitá. 

Draco Malfoy usava l'occlumanzia per evitare che i suoi pensieri uscissero. 

Forse lei avrebbe potuto sfruttarla per evitare che altri pensieri entrassero.

Si convinse che sarebbe dovuta necessariamente andare a visitare la libreria di Diagon Alley.
Alzò lo sguardo verso l'orologio da parete del suo ufficio: le 20.30, ormai per oggi era troppo tardi. 

Forse avrebbe potuto provare a chieder qualcosa ad Harry, per quanto ne sapeva il ragazzo aveva ricevuto lezioni di occlumanzia dal migliore in circolazione, colui che era riuscito ad ingannare persino Voldemort. Magari avrebbe potuto offrirle qualche informazione, se fosse riuscita a chiedergliela senza destare troppi sospetti. 

Si chiese di nuovo come mai Malfoy utilizzasse l'occlumanzia, ammonendosi un momento dopo per aver pensato ancora una volta a lui.
Tuttavia, per quanto si sforzasse, non poteva impedire alla sua mente di saettare tra le abilità occlumanti del serpeverde ed il caso di Sirius Black del quale le aveva parlato.

Toc Toc.

Sollevò la testa dai suoi documenti, scorgendo i disordinati capelli neri del suo migliore amico fare capolino oltre la porta. "Entra" disse, con un sorriso stanco sul volto.

"Mhh" il giovane fece un passo avanti, scrutando le pile di fogli tutt'intorno a lei. "Non  credi che invece sarebbe il caso che uscissi tu?"

Per Godric, sono le otto e mezza

"Ho due settimane di arretrati da recuperare" ansimò Hermione, portandosi le mani alle tempie. 

"E dove stava scritto che dovessi recuperare tutto nei primi due giorni?" 

Dio mio, Hermione, non sembri in forma

Hermione sollevò lo sguardo indignato verso il proprio amico e la sua palpebra sinistra pulsò momentaneamente per lo stress. "Hai ragione" sospirò infine, richiudendo il fascicolo che aveva davanti e afferrando la propria borsa. "Continuerò domani".

"Oh, credevo sarebbe stato più difficile convincerti" disse Harry, dandole una pacca sulla spalla mentre lasciavano l'ufficio.

Hermione sbuffò mentre entravano in ascensore. "Sono solo preoccupata per la riforma a tutela dei diritti dei lupi mannari".

Già, strano che abbiano anticipato la discussione così senza preavviso

"Sono felice che se ne sia parlato" sospirò  "ma avrei voluto esserci. Insomma, hanno rimandato la cosa per mesi" si portò una mano tra i capelli, allentando il rigido chignon che aveva in testa mentre lasciavano l'edifico. "E decidono di farlo proprio quando sono in ospedale".

Giá, in effetti é stato strano

"E la legge non è comunque stata approvata, perciò se ne riparlerà tra mesi adesso e-"

La ragazza si bloccò nel bel mezzo del suo sfogo, notando che Harry aveva smesso di camminare. "Non vai a casa?" chiese.

Devo dirglielo, magari è stata invitata. Sarebbe più invogliata a venire se-

"In realtà" iniziò, abbassando lo sguardo imbarazzato. "Ceno alla tana questa sera".

"Oh" fu l'unica cosa che lasciò la bocca di Hermione.

Ecco, ho fatto un casino. Maledetto Ron, non può mettermi in questa situazione

"Credevo fossi stata invitata e-"

"Non preoccuparti" lo interruppe Hermione, sforzandosi di sorridere il più possibile. 

"Herm, mi dispiace. Non ho idea di cosa sia successo tra te e Ron e perchè la situazione sia così tesa, ma..."

"Harry" cercò di tranquillizzarlo. "Va tutto bene, dico sul serio". Guardò l'orologio. "Sono molto stanca, e domani inizio la mattina presto, perciò..."

Il giovane fece un passo avanti, abbracciandola. "Ti voglio bene" le disse.

"Anch'io" replicò, rispondendo all'abbraccio. "E salutami Ginny".

"Sarà fatto" affermò il giovane, sciogliendosi dalla sua presa. "Allora, a domani"

Hermione rimase lì, ferma, sola, ad osservare il punto del marciapiede dal quale si era smaterializzato.
Negli ultimi anni difficilmente le era capitato di ritrovarsi da sola, di sentirsi sola.

Ma adesso la scuola era finita, la guerra era conclusa e molti volevano godersi le cose belle della vita: amore, amicizia, la prospettiva di un futuro. Tutte cose alle quali lei aveva tentato di aggrapparsi: ci aveva provato, davvero. Eppure la situazione con Ron era lentamente sfuggita al suo controllo.

Il declino era stato lento ma inesorabile, consumatosi nei pochi mesi successivi alla guerra, durante i quali Hermione si era destreggiata tra via vai per tutti gli ospedali di Europa ed un fidanzato affettuoso ma sfuggente.

Nonostante entrambi avessero perso qualcuno, lei e Ron avevano avuto modi diversi di reagire alla perdita. Le paure di Hermione, il suo bisogno di aver sempre il controllo della situazione e il suo desiderio di combattere ancora per rivoluzionare il mondo magico si erano scontrate con gli interessi del ragazzo.
Dopo la guerra, infatti, Ron Weasley aveva deciso che il momento di combattere era definitivamente concluso. Adesso avrebbero dovuto rilassarsi.

Ed aveva ragione. Razionalmente, Hermione sapeva che aveva ragione. Ma lei sentiva che c'erano ancora molte battaglie per le quali avrebbe dovuto schierarsi in prima linea.

Queste differenze crebbero presto tra di loro, ergendo un muro che nessuno dei due sarebbe riuscito a scavalcare.

Avevano presto iniziato ad allontanarsi l'uno dall'altra. E lei lo sentí: percepiva quando lui era distante, quando i suoi sorrisi erano falsi, quando fingeva di essere interessato a ciò che raccontava.

Ben presto si accorse, quando le sue risposte divennero sfuggenti ed evasive, i suoi gesti meno spontanei e piú calcolati, che l'interesse del rosso nei suoi confronti sembrava svanito.

E, per la seconda volta nella sua vita, Hermione Granger si sentí insicura e gelosa.

Da quel momento in poi il declino del loro rapporto procedette, rapido ma silenzioso, fino al punto di rottura.

Era tornata stanca dal lavoro, e con due ore di ritardo. Sicuramente Ron non l'aveva aspettata per la cena, ma avrebbe voluto vederlo lo stesso. Entrò in casa e inviò lui un messaggio via gufo. 

Nel frattempo si infilò sotto la doccia, lasciando le sue mutandine di pizzo per terra fuori dalla porta del bagno, sperando che il rosso, nel momento in cui fosse arrivato nel suo appartamento, l'avrebbe raggiunta lì.
Se la prese comoda, mettendoci tutto il tempo necessario.

Dopo un po', pensando che forse il ragazzo non avesse visto il suo messaggio, si avvolse nell'accappatoio e lasciò la doccia.

Con sua grande sorpresa, Ron era seduto sul suo divano. 

"Ehi" richiamò la sua attenzione, osservando mentre si rigirava tra le mani il telecomando della tv babbana che aveva fatto installare nel suo appartamento. 

"Ehi" la salutò, voltandosi un momento nella sua direzione prima di riportare l'attenzione sul telecomando. "Come hai detto che funzionava?"

Esitante, Hermione si avvicinò al divano, sedendosi accanto a lui e afferrando lo strumento. "Ecco" disse, indicando il tasto di accensione e premendolo un istante dopo.

"Grazie" annuí il rosso mentre il televisore prendeva vita. "Papà non riesce mai a farla funzionare".

"Quando sei arrivato?"

"Poco fa" sospirò, lo sguardo fisso sulle immagini che si susseguivano sul piccolo schermo.

Ancora in accappatoio e gocciolante, Hermione rimase in silenzio, aspettando che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa. Quando i secondi iniziarono a diventare minuti, decise di esser lei a rompere il silenzio. "Va tutto bene?"

"Si" replicò il rosso, fissando finalmente i suoi occhi su di lei per più di una frazione di secondo. Scrutò i suoi capelli ancora gocciolanti. "Dovresti asciugarti".

Hermione rimase ferma accanto a lui sul divano. "Già, hai ragione".

Ci fu un'altra, straziante, pausa nella conversazione. Hermione strinse le mani a pugno, affondando le unghie contro i palmi . "Sei sicuro che vada tutto bene?" sospirò, incapace di reggere il silenzio imbarazzante.

Il rosso alzò gli occhi al cielo. "Si" replicò con tono seccato, cosa che non fece altro che accrescere il nervosismo di Hermione.

La ragazza prese un respiro profondo. "D'accordo" disse, avvicinandosi a lui sul divano e appoggiandosi sulla sua spalla, mentre con una mano accarezzava il suo petto. 

"Hermione, ma cos-"

Portò le proprie labbra su quelle di Ron, che immediatamente si ritrasse. 

"Allora lo vedi che c'è qualcosa che non va?" sbottò la grifona con occhi lucidi, cercando di impedire al proprio orgoglio di sgretolarsi in mille pezzi.

"Ah, io sarei quello che ha qualcosa che non va?" si alzò in piedi il ragazzo. 

Forse per il nervosismo, o forse per la frustrazione, o per il triste risvolto che aveva preso la serata, Hermione non fu in grado di trattenere le lacrime. "Se non mi vuoi più, o non vuoi piú questo" disse, agitando le mani tra loro, "puoi semplicemente dirmelo".

L'espressione sul volto del ragazzo divenne rigida e seria, ma Hermione continuò. 

"Perchè mi sembra evidente che ci sia qualcosa che non va-" 

"Non ho voglia di litigare" replicò secco il rosso, avviandosi verso il caminetto. 

"Abbi il coraggio di dirmelo in faccia" insistè Hermione alle sue spalle. "Non sono stupida, Ron. So cogliere i segnali..." abbassò lo sguardo. "O forse un po' lo sono, stupida" si asciugò una lacrima con la mano. "Perchè li ho ignorati fin troppo a lungo".

Il rosso spalancò la bocca, poi la richiuse, guardando altrove. Trascorsero in silenzio diversi secondi prima che si voltasse nuovamente verso il caminetto, afferrando la metropolvere. "Tu immagini le cose" disse, rivolgendole uno sguardo sprezzante e sparendo in una fiammata verde.

Le parole di Ron, in quella e in tutte le successive discussioni,  riuscirono gradualmente a creare una breccia attraverso la rigida corazza di sicurezza della grifondoro, portandola a dubitare di sè stessa.

Perché se c'era una cosa di cui Hermione Granger non aveva mai dubitato prima d'ora, quello era il suo istinto. La sua intuitivitá, avrebbe detto.

Ma, accecata dall'amore o forse dalla paura di vedere qualcun'altro uscire dalla sua vita, si era lentamente convinta di essere lei quella in torto, di essere lei quella che immaginava che le cose non andassero bene.

C'era sicuramente una spiegazione per gli atteggiamenti distanti di Ron. E doveva per forza essere una spiegazione diversa dall'unica che affiorava alla mente della grifona: che la loro relazione si fosse rivelata una delusione, per lui.

Poichè rimossa l'ansia e l'incertezza della guerra, Ron Weasley si era presto reso conto di aver tutta una vita davanti. Un futuro ampio e stracolmo di possibilità, e a differenza di Hermione, Harry e persino Ginny, non  aveva alcuna fretta di sistemarsi o decidere cosa farne della sua vita cosí presto. 

Ma la relazione con Hermione era qualcosa di comodo, familiare, abitudinario. 

Ed ecco che si erano ritrovati intrappolati in un loop di risentimento e malcontento reciproco in soli pochi mesi, che alla fine era stata proprio Hermione a spezzare.

E così, adesso, agli occhi dei Weasley era lei quella che aveva rotto la relazione, perdendo la cosa più vicina ad una famiglia che le fosse rimasta. 

***

Draco sbucò fuori dal caminetto, scrollandosi la cenere di dosso e trovando sua madre seduta su una delle ampie poltrone del salone, lo sguardo puntato fuori dalla finestra.

Un elfo si materializzò dinanzi a lui.

"Signore, la cena é servita".

Il giovane annuí, rivolgendosi alla donna che sedeva senza batter ciglio. "Ceni con me?" chiese, consapevole che la risposta sarebbe stata negativa.

"Non ho fame" rispose flebilmente la donna, come lui aveva previsto.

Senza che sua madre lo degnasse di uno sguardo e con lo stomaco attorcigliato su sé stesso, Draco afferrò il sacchetto di metropolvere sopra il caminetto.
"Nott Manor" urlò, svanendo in una fiammata verde pochi istanti dopo.

"Brutta giornata?" chiese il suo amico non appena le fiamme si dissolsero.

Draco si limitò ad annuire, entrando nell'ampio salone. I suoi incontri con l'ex compagno di casa erano diventati sempre più frequenti ultimamente. Erano soliti vedersi la sera ed affogare la loro rispettiva solitudine in una delle tante raffinate bottiglie una volta appartenute a Theodore Nott Senior.

"Billy" urlò Theo mentre si lanciava sul grosso divano al centro del salone.

Un piccolo elfo con indosso un assurdo paio di pantaloncini  ed un buffo cappello più grande della sua testa si materializzò davanti a lui- "Il padrone ha chiamato?"

"Oh, Billy" riprese il ragazzo, facendo scricchiolare il grosso divano mentre si dimenava per trovarvi una posizione comoda. "Non ho detto di smetterla di chiamarmi così?"

L'elfo abbassò lo sguardo.

"In ogni caso, Bil" continuò. "Gradiremmo molto se potessi portarci una di quelle vecchie bottiglie di mio padre dal suo nascondiglio segreto".

"D'accordo" annuì la creatura, sparendo e riapperendo un momento dopo con in mano una polverosa bottiglia di liquido ambrato e due bicchieri.

"Grazie Bill" annuì Theodore, riempiendo un bicchiere e porgendoglielo. "Favorisci?".

Il piccolo elfo lo guardò con aria smarrita e terrorizzata, scuotendo la testa.

"Come immaginavo". Theo prese un profondo respiro, scolando il bicchiere lui stesso. 

L'elfo si smaterializzò via e Draco, momentaneamente perplesso per quella scena, si accomodò nella poltrona di fronte al suo amico. 

"Ma cosa-?" chiese, indicando il punto in cui l'elfo si trovava mentre Theo gli porgeva un bicchiere fin troppo pieno.

"Vivo da solo amico" rispose, scolando il suo secondo bicchiere. "Faccio io le regole. Ho liberato tutti gli elfi, ma Bill ha deciso di restare qui. Folle vero?" cambiò ancora una volta posizione sul vecchio divano, poggiando i piedi sullo schienale. "Ma in fondo è di compagnia. E in più, conosce tutti i nascondigli segreti di mio padre, perciò..."

"Aspetta. Aspetta" Draco strabuzzó le palpebre  "Hai liberato tutti gli elfi domestici?"

"Lo so, lo so" sorrise, agitando il bicchiere al punto che alcune gocce della bevanda caddero sul velluto del divano. "Molto Hermione-Granger da parte mia, ma sto solo anticipando i tempi".

Draco rimase fermo, chiedendosi quanti bicchieri di whiskey incendiario Theo avesse bevuto prima del suo arrivo. "A cosa ti riferisci?"

"Oh, già lo sai" disse, prendendo un grosso sorso. "É praticamente la persona più influente all'interno del ministero. Fatta eccezione per San Potter naturalmente, ma lui non ha il suo cervello".

Draco abbassò lo sguardo a quell'affermazione, fin troppo risentito dalla sua recente conversazione con la grifona per risconoscere ad alta voce la sua intelligenza.

"Immagina tutta questa influenza nelle mani di qualcuno con la sindrome dell'eroe dei grifondoro e la testardaggine di Hermione Granger. Mi stupisce che tu abbia ancora elfi domestici al manor" gesticolò, facendo cadere altro liquore per terra. "Fidati, amico, se vuoi avere qualche speranza di riuscire a parlare con lei ti consiglio di andarci con Mippy".

Il biondo si rigirò il bicchiere tra le dita. "In realtà..."

L'amico saltò in piedi, sedendosi dritto sul divano. "Non ci credo, ci hai parlato, davvero?"

"Si" annuì. "E stata una sorpresa anche per me. E a quanto pare anche per i suoi tirapiedi, Thomas e quella donna sempre vestita di viola".

"Raccontami come è andata" disse il moro, riempiendosi nuovamente il bicchiere. Il terzo da quando era arrivato.

"Mi ha sbattuto fuori dopo cinque minuti" sospirò il ragazzo, riflettendo. "Ma c'era qualcosa di strano in lei, di diverso..." l'ultima frase lasciò la sua bocca prima che se ne rendesse conto, più come una riflessione tra sé e sè che come qualcosa che avrebbe voluto condividere.

Theodore rise. "Oh, e sarebbe?"

"Non lo so" replicò, improvvisamente serio. 

"É la guerra, amico"

"Già" scosse la testa Draco, sforzandosi di rimuovere l'immagine di Hermione sul pavimento del manor dalla sua mente, ma pensando al contempo che no, non era quello il cambiamento che aveva visto in lei. Non sapeva come, ma sentiva ci fosse qualcosa...

"Le hai detto di Sirius Black?" domandò Theo.

"Si"

"E?" lo incoraggiò. "Come é andata?"

"Spero che funzioni" fece spallucce. "É la mia ultima possibilità".

"Non dire così" lo corresse il suo amico, abbandonando il breve momento di serietá. "Non è l'ultima".

"Oh, e che altre possibilità avrei?"

"Puoi sempre provare a sedurla" rise il moro, coricandosi nuovamente sul divano. "Ammetto che non sarebbe facile, ma-"

"Avrei più possibiltà di sedurre una madragora" sbuffò Draco.

"Oh, amico" lo guardò teneramente. "Datti credito, non sei così male".

Il biondo alzò gli occhi al cielo. 

"In ogni caso, dicevo" riprese il ragazzo, fissando il soffitto e gesticolando con movimenti ampi e lenti. "Che non è affatto male, la Granger. Non credi?"

"Non dirai sul serio?" riprese Draco, improvvisamente in imbarazzo. Non era la prima volta che lui e Theodore parlavano di ragazze, ma, stranamente, Hermione Granger non era mai stata oggetto delle loro conversazioni. 

"Oh, andiamo. Non l'abbiamo mai guardata prima perchè..." rise. "Perchè le convinzioni dei nostri genitori si sono infilate fin dentro i nostri pantaloni, ma-" 

"Ma?" sollevò le sopracciglia il biondo.

Silenzio. 

"Theo?" lo richiamò Draco. "Non ci starai pensando davvero?"

"A cosa?" chiese il moro con aria distratta.

"Granger"

"Oh, ci sto pensando e come" sorrise. "É in forma, ed ha delle belle labbra, e -oh mio dio- il suo sedere."

"BASTA" urlò il biondo, costringendo il suo amico a fermarsi. L'ultima cosa alla quale voleva pensare era il corpo della Granger.
No, non poteva pensare a lei in quel senso. Non lo aveva mai fatto, perché avrebbe dovuto iniziare adesso?

Dopotutto, non era niente di speciale. 

Vero?

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ahimadala