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Autore: Valentyna90    12/05/2021    1 recensioni
Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius. Ha vissuto con lui e con il fratellino Regulus gli anni dell'infanzia a Grimmauld Place, sotto la severa educazione impartita da Orion e Walburga Black, i loro inflessibili e orgogliosi genitori.
Sotto l'influenza dei rigidi dettami della sua famiglia, Alya Merope cresce come degna erede della Casata dei Black, fiera e vanitosa delle sue origini; tutto il contrario di suo fratello gemello Sirius, che le rigetta con disprezzo. Insieme, i due gemelli entreranno a Hogwarts, ma vivranno vite separate. Sirius sarà un Grifondoro, Alya Merope una Serpeverde. Un perenne velo di sdegno e indifferenza li separa.
Ma nella vita della giovane Black c'è dell'altro. Un potere arcano e sconosciuto, che nemmeno lei sa comprendere. La sua mente funziona diversamente rispetto a quella dei suoi coetanei. Soprattutto nei sogni. Qui, in questa parte sospesa dell'esistenza, dove tempo e spazio, realtà e finzione si confondono, la coscienza di Alya Merope viaggia, apprende, conosce. Ma sempre inconsapevole.
Quale sarà il destino della giovane maga?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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ALL’OMBRA DI UN GRANDE FAGGIO

 

 

Giugno, 1976. Hogwarts.

 

Il quinto anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts fu per Alya sereno e tranquillo, trascorrendo veloce, senza problemi particolari.

Come alla fine dell’anno precedente, i voti risultavano eccellenti in quasi tutte le materie e i rapporti con insegnanti e compagni erano rimasti invariati, basati su ammirazione e una fredda cortesia. Giugno era ormai alle porte e l’unico evento che scuoteva, anche se di poco, l’animo di Alya erano gli imminenti esami finali, i G.U.F.O., che avevano lo scopo di valutare, attraverso il giudizio di una commissione esterna alla scuola, le conoscenze e la preparazione dei giovani maghi in erba. Gli esiti di tali prove erano considerati estremamente importanti, in grado di influenzare considerevolmente la carriera futura degli alunni.

Tutti gli studenti del quinto anno erano ormai in preda all’ansia, la pressione gravava su di loro come un macigno. Al contrario dei suoi compagni, Alya faceva parte di quel piccolo, piccolissimo gruppo di ragazzi che non si erano lasciati sopraffare dall’agitazione. Alya si sentiva altamente preparata in tutti gli argomenti, il suo talento nell’eseguire incantesimi, nell’effettuare fatture e contro-fatture complicate e nel trasformare oggetti in animali e viceversa era stato appurato in modo approfondito. Solo Pozioni avrebbe potuto rappresentare un problema: Alya dovette ammettere di non essere stata accorta nella preparazione di quella materia, avendo tralasciato spesso e volentieri lo studio di diversi capitoli. Per quanto riguardava la parte pratica, la situazione era ancora peggiore. I suoi risultati erano appena sufficienti, nonostante i grossi sforzi. Alya aveva bisogno di una strategia per riuscire a passare con un voto accettabile l’esame. Il fatto era che i risultati ottenuti nei G.U.F.O. garantivano o meno il proseguimento degli studi previsti negli ultimi due anni a Hogwarts. Molti insegnanti esigevano un voto minimo per consentire agli studenti l’accesso ai corsi e il professor Lumacorno era uno di questi. Purtroppo per Alya, la soglia imposta dal docente era troppo alta rispetto al suo livello e non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungerla solo con le sue capacità.

Ad essere totalmente sinceri, una piccola e segreta parte di Alya sperava di non superare la fatidica prova. L’idea di risparmiarsi per due anni quelle noiosissime e disgustose lezioni, davanti a un pentolone rigurgitante di liquidi e aromi rivoltanti, non le dispiaceva affatto. Ma le aspettative da parte della sua famiglia erano ben diverse. Nessun membro della stirpe dei Black era mai stato escluso da un corso per via di scarsi risultati. Ognuno di loro si era sempre dimostrato all’altezza di qualsiasi prova. Alya sarebbe stata la prima e unica discendente a fallire così clamorosamente. Non poteva permetterselo. Come le ricordava puntualmente sua madre ogni volta che faceva ritorno a casa, il suo unico obiettivo a scuola, come nella vita in generale, era mantenere alto l’onore dei Black. Nessun insuccesso era consentito.

Per alcuni giorni, la mente di Alya fu perseguitata da questo dilemma: come ottenere il G.U.F.O. in Pozioni? Come avrebbe potuto prepararsi adeguatamente in così poco tempo? L’impresa si mostrava impossibile da risolvere. Tuttavia, una luce di speranza affiorò tra gli agitati pensieri di Alya. Una luce che mascherava una subdola macchinazione. Durante una lunga notte insonne, infatti, la mente di Alya, instancabile e calcolatrice, delineò un piano efficace che le avrebbe garantito il voto desiderato. Un piano che non prevedeva ore passate sui libri e uno studio forsennato dell’ultimo minuto, bensì basato sull’arguzia e sulla pazienza. Un piano che scacciò via, all’istante, ogni preoccupazione riguardo l’esame di Pozioni. I giorni tornarono alla solita tranquillità e le notti avvolte da un sonno riposante.

Le compagne di Alya affrontavano l’avvicinarsi degli esami in modi differenti: Melyssa mostrò per la prima volta il suo lato isterico, completamente opposto al suo consueto atteggiamento serafico. Durante una sessione di ripasso, da lei auto-inflitto, Melyssa scoppiò in un pianto esagitato, strillando per tutta la sala comune che non ricordava nulla e che, sicuramente, sarebbe stata bocciata in tutte le prove. Beth, che non godeva dello stesso talento innato di Alya, o delle altre sue amiche, passava le sue giornate a sfogliare febbrilmente i suoi libri, sperando di acquisire più informazioni possibili. L’unica che ostentava lo stesso contegno placido di Alya era Philippa, ma si trattava di una mera finzione, ben simulata, per non mostrarsi inferiore alla giovane e talentuosa Black. Alya l’aveva scoperta alzarsi di nascosto a notte fonda, per recarsi in sala comune a studiare e per allenarsi con incantesimi basilari, presentati nei primi anni scolastici. Per quanto Philippa facesse finta di non essere minimamente preoccupata per i G.U.F.O. ormai alle porte, le occhiaie che le solcavano la pelle sotto gli occhi e lo sguardo assonnato rivelavano ben più di quanto la bionda Serpeverde volesse ammettere.

In realtà, nessuna delle tre compagne riusciva a capacitarsi come Alya potesse essere così calma, con gli esami alle calcagna. Di tanto in tanto, Phlippa le lanciava frecciatine invidiose.

“Com’è possibile che tu non sia per niente agitata?” le chiese un giorno, visibilmente infastidita. Giugno si era appena presentato con le sue lunghe giornate assolate e le quattro amiche si erano immerse in uno studio forzato, distese nell’immenso parco che Hogwarts offriva.

Alya rispose con un’alzata di spalle, ostentando indifferenza.

“Quel che è fatto è fatto. Penso sia inutile stressarsi adesso, ripassando alla cieca. Trovo che sia solo uno spreco di energie.” spiegò con tono altezzoso.

Quell’atteggiamento non fece che inasprire l’umore già cupo di Philippa.

“Questo saggio discorso vale anche per Pozioni? Lo sanno tutti che sei un disastro. Come farai a passare l’esame? Hai per caso deciso di gettare la spugna prima ancora di provare?” la interrogò la bionda con aria un po’ perfida. Alya non rispose, alzando di nuovo le spalle. Non lo diede a vedere – era troppo orgogliosa per mostrare le sue vere emozioni – ma quel commento acido la offese. La mandibola le si irrigidì e divenne come granito, come accadeva a suo padre Orion quando qualcosa lo infastidiva. Alya era perfettamente consapevole della sua incapacità nel preparare pozioni, ma non sopportava che qualcuno glielo rinfacciasse così apertamente.

Fulminò Philippa per un istante, prima di rivolgerle un sorrisetto perfido.

“Non ho bisogno di studiare quell’insulsa materia rigurgitante di schifezze per passare l’esame a pieni voti. Ricordati che sono una Black!” annunciò con superbia e con un pizzico di malignità.

“Che cos’hai in mente?” domandò Philippa, curiosa.

“Diciamo che sto mettendo a punto una strategia per infinocchiare quel credulone e vanesio di un tricheco baffuto.” rispose Alya, sorridendo sotto i baffi, riferendosi al professor Lumacorno. Philippa si protese verso l’amica, come ad incitarla a continuare. Anche Beth e Melyssa, che fino a quel momento si stavano interrogando a vicenda su un complicato capitolo di Trasfigurazione, abbandonarono il loro ripasso per ascoltare con attenzione Alya. La giovane Black spiegò loro ciò che stava architettando da qualche giorno.

Il piano era semplice: si trattava soltanto di far leva sui punti deboli del professor Lumacorno. Alya si era fatta un’idea precisa dell’indole del suo insegnante e l’avrebbe sfruttata a suo favore. L’ambizione del professore, insieme alla sua tendenza a farsi sedurre da tutto ciò che poteva recargli fama e prestigio, sarebbero state le chiavi con cui Alya avrebbe avuto accesso a ciò che le serviva.

Tra gli studenti girava voce – e Alya era certa che fossero fondate – che Lumacorno passasse informazioni segrete sulle prove d’esame ai suoi alunni prediletti, nonché coloro che facevano parte del suo esclusivo Lumaclub. Un’azione altamente rischiosa se si considerava il fatto che il docente sarebbe stato radiato immediatamente sia da Hogwarts che dal sistema d’istruzione, nel caso fosse stato scoperto.

Ma Lumacorno sapeva agire con meticolosa discrezione. Sapeva individuare con astuzia l’anello debole della commissione esterna, ovvero la persona più incline a sciogliersi in utili chiacchiere rivelatrici. Dopotutto non si trattava di un’impresa difficile; Lumacorno era stato molto bravo a tessere amicizie con le persone giuste all’interno delle alte sfere del mondo magico. Il Lumaclub, in fondo, era nato proprio per quello scopo: assicurarsi conoscenze valide tra i potenti dell’avvenire. Ciò gli avrebbe garantito alcune comodità.

Così, il pomposo insegnante invitava uno dei suoi importanti vecchi amici, presenti nella commissione esterna, a bere un sorso in onore dei tempi andati, per ricordare vecchie storie e, tra risate e molti bicchieri di vino accuratamente versati al malcapitato, Lumacorno riusciva a carpire gli argomenti che sarebbero stati proposti all’esame di Pozioni; dopodiché, faceva in modo che l’informazione giungesse per caso alle orecchie dei suoi protegés, garantendo loro – e di conseguenza a se stesso – un sicuro successo. In questo modo, Lumacorno si assicurava, come un ragno che tesse abilmente la sua tela, non solo una gloria immediata, grazie alle lodi ricevute come ottimo insegnante in grado di preparare giovani maghi così promettenti, ma anche una certa sicurezza a lungo termine. Il docente aveva capito, nel corso dei suoi anni di lavoro a Hogwarts, che gli studenti avevano la sentimentale tendenza a ricordare con affetto i professori che li avevano incoraggiati e aiutati nei momenti di bisogno e di forte stress. Anche una volta diventati adulti e, perché no, raggiunto posizioni di rilievo nella loro carriera, questa riconoscenza si sarebbe preservata e trasformata in utili favori rivolti al gentile docente di Pozioni.

Alya avrebbe sfruttato quest’aspetto di Lumacorno a suo vantaggio. Non faceva parte del Lumaclub e non poteva godere direttamente dei favori ad esso connessi, ma era una Black e il suo nobile cognome le sarebbe comunque tornato utile. Bastava solamente trovare la chiave giusta.

Alya avrebbe atteso il momento opportuno – doveva essere certa che Lumacorno fosse già a conoscenza degli argomenti previsti per l’esame di Pozioni – dopodiché si sarebbe presentata davanti allo studio del suo vanaglorioso insegnante, in lacrime e in cerca di consiglio. La mente scaltra e calcolatrice della ragazza aveva immaginato tutto, ogni singola parola e aveva imparato a memoria ogni battuta. In preda a falsi singhiozzi, avrebbe messo in scena una vera e propria crisi, sfogandosi apertamente della grave situazione in cui si trovava suo fratello Sirius e come questo influisse negativamente sul loro rapporto fraterno. Avrebbe raccontato di come si fosse impegnata ad aiutarlo a rimettere la testa a posto, a farlo ragionare; avrebbe spiegato quanto lei e la sua famiglia fossero preoccupati per lui e di come, invece, Sirius l’avesse allontanata, rigettando ogni sua parola di conforto. Alya si sarebbe mostrata profondamente afflitta per questa situazione. Affondando il suo bel viso bagnato dalle lacrime tra le sue mani, Alya avrebbe confessato, con finto e calcolato imbarazzo, come tutti quei disordini con Sirius l’avessero distratta dallo studio e di come si sentisse sopraffatta dalla pressione degli esami. Puntando i suoi scintillanti occhi grigi, velati di flase lacrime sul professore e sfoderando il suo migliore sguardo adorante, Alya avrebbe rivelato, sussurrando timidamente, che lui, il professor Lumacorno, era il suo insegnante preferito e che si vergognava profondamente di essersi dimostrata una studentessa così scadente nella sua affascinante materia. Avrebbe, poi, aggiunto, che anche tutti gli altri membri della sua famiglia, tra cui i suoi potenti e importanti genitori, avevano un’alta considerazione per Lumacorno, definendolo uno dei docenti più capaci e competenti di tutta Hogwarts. In virtù di tutto ciò, Alya avrebbe, quindi, terminato la sceneggiata, confessando di essersi rivolta a lui, perché lo credeva l’unica persona in grado di darle il giusto consiglio e i suggerimenti più indicati per affrontare al meglio l'esame. Infine, con voce colma di speranza, avrebbe ricordato al suo pomposo insegnante, come non avrebbe mai dimenticato la sua gentilezza e disponibilità.

Concluso il suo finto sfogo, Alya avrebbe, quindi, atteso. Con uno sguardo accuratamente mesto, la brillante studentessa di Serpeverde avrebbe aspettato che le sue parole colpissero il punto mirato.

In fondo, un animo tanto ambizioso quanto ingenuo, era una preda facile per una giovane donna astuta e caparbia come lei, che mostrava con subdola furbizia le sue – false – fragilità. Il pesce avrebbe abboccato con facilità all’amo lanciato da Alya. Lumacorno non si sarebbe lasciato sfuggire l’opportunità di assicurarsi una lunga riconoscenza da parte della figlia di una delle più nobili e potenti famiglie del mondo magico. Come astutamente aveva presupposto Alya, anche se non faceva parte della piccola cerchia degli alunni favoriti da Lumacorno, il suo cognome avrebbe esercitato su di lui una certa attrattiva.

“Ovviamente, una volta che avrò in mano le giuste informazioni, vi metterò a parte su quanto mi rivelerà il tricheco.” promise Alya alle amiche, rispondendo alle loro avide occhiate speranzose, senza sentirsi troppo in colpa per quella menzogna appena pronunciata. In realtà, non aveva la minima intenzione di condividere l’intero bottino con le compagne. Soprattutto, con quell’invidiosa di Philippa.

A loro avrebbe confidato solo qualche briciola, in modo da risultare, comunque, la studentessa maggiormente preparata durante l’esame.

“Certo, che quando ti ci metti, sai essere davvero subdola, Alya!” commentò Philippa, con un sorrisetto beffardo e compiaciuto. Alya rispose con un’altezzosa alzata di spalle. Infine, tutte e quattro scoppiarono in una spocchiosa risata.

 

***

 

Giugno, 1976. Parco di Hogwarts.

Come al solito, Alya, Philippa, Melyssa e Beth erano andate a studiare all’aperto, godendosi il piacevole calore del sole. Meno piacevole era guardare gli altri alunni, esenti dai G.U.F.O., che si divertivano attorno a loro, chiacchierando allegramente in gruppetti o tuffandosi nelle fresche acque del lago nero. Persino la piovra gigante, che di tanto in tanto sbucava in superficie, sembrava spassarsela.

Era il primo fine settimana del mese, le lezioni erano finite e tutti gli studenti del quinto anno si erano buttati a capofitto nel ripasso generale di tutte le materie, in vista dell’inizio degli esami. Un’ansia febbrile aleggiava attorno a loro, come un’aura oscura e opprimente. Molti erano sull’orlo di una crisi di nervi, altri ripetevano senza sosta tutto ciò che avevano studiato per non cedere alla disperazione.

Alya e le sue amiche si erano spaparanzate vicino alle sponde del Lago Nero, cercando di rilassarsi con lo sciabordio allegro delle acque limpide. Beth teneva sulle ginocchia un grosso manuale di Incantesimi e interrogava a turno le compagne; ogni volta che la ragazza dai riccioli neri interpellava Alya su una definizione o su una tecnica, questa non mancava di rispondere correttamente. E questo non faceva che mandare su tutte le furie le altre compagne, che ancora inciampavano in incertezze.

“È tutto inutile! Non riesco a ricordare nulla. I miei G.U.F.O. saranno un disastro!” piagnucolò Melyssa sconsolata, mentre agguantava il grosso volume di Incantesimi, per riguardare per l’ennesima volta una definizione appena sbagliata. Anche Philippa, quel giorno, aveva deciso di abbandonare la sua simulata sicurezza, cedendo all’ansia, affondando il viso candido tra numerose pergamene colme di appunti. Alya le ignorò. Sembrava molto più interessata ai petali di un dente di leone che svolazzavano leggiadri nell’aria. Con aria distratta, Alya si divertiva a farli danzare con la bacchetta come ballerine sincronizzate, facendoli muovere a ritmo di una melodia immaginaria. Beth si rivolse ad Alya con tono invidioso:

“Da non crederci! A vederti, si direbbe che l’idea degli esami non ti sfiori minimamente.”

“Infatti è così.” rispose Alya, con sufficienza.

“Be’, a quanto pare è una caratteristica di voi Black…” osservò caustica Philippa, scoccando un’occhiata maliziosa in direzione del grande faggio vicino alla riva del lago, a una manciata di metri dal gruppetto. “Anche il tuo affascinante fratello gemello sembra che abbia tutt’altro per la testa!”

Alya non ci aveva fatto caso, persa com’era nei suoi piani e stratagemmi. All’ombra del grosso albero, una coppietta era intenta a scambiarsi un intenso bacio appassionato. Una ragazza esile, dai capelli biondi e vaporosi, si teneva stretta ad un ragazzo alto e moro, il cui profilo si rivelò inconfondibilmente quello di Sirius. Il suo braccio sinistro cingeva con fermezza la vita della ragazza, ormai del tutto abbandonata a quella presa virile ed energica, mentre la mano destra del ragazzo si insinuava sicura tra le ciocche della fanciulla. Alya non aveva idea di chi fosse la ragazza che Sirius stava baciando con tanto ardore, tanto da suscitare risatine e sguardi curiosi tra i gruppetti di altri studenti che avevano deciso di studiare lì attorno. A dire il vero, Alya scoprì che non le importava un granché; notò soltanto la spilla dorata e scarlatta puntata sul petto. Ovviamente si trattava di una Grifondoro. In effetti, quella zona del parco pareva brulicare di studenti appartenenti alla Casa di Sirius, fatta eccezione di Alya e le sue amiche di Serpeverde. Alya squadrò con dovizia il gruppetto più vicino al faggio. Era composto principalmente da ragazze, tutte Grifondoro, intente a guardare sottecchi la giovane coppia, scambiandosi sorrisini e occhiate d’intesa, mescolate ad una leggera dose d’invidia. Beth e Melyssa – e forse anche Philippa, anche se non l’aveva mai ammesso apertamente di fronte ad Alya - non erano le uniche, infatti, a essersi prese una bella cotta per Sirius: il giovane Black riscuoteva un notevole successo tra le ragazze e Alya sospettava che in molte avrebbero desiderato essere al posto di quella compagna dai capelli biondi. Stranamente, come Alya notò, non c’era traccia né di Potter né degli altri membri della piccola gang di cui Sirius faceva parte. A quanto pareva, dovevano avergli lasciato qualche momento di libertà per godersi un po’ di intimità con la conquista di turno.

In mezzo al gruppo di Grifondoro chiacchierine, una ragazza risaltava per il suo atteggiamento distaccato. Era l’unica a non guardare minimamente il bacio tra Sirius e la sua amichetta, impegnata ad esercitarsi con la bacchetta in alcuni incantesimi, con sguardo serio. Aveva folti capelli rosso scuro, legati in una lunga coda di cavallo. Lily Evans. Alya la riconobbe immediatamente e non poté fare a meno di provare un moto di stizza. Non la sopportava, con quella sua perenne espressione da saputella; la prediletta di Lumacorno, il genio delle pozioni. Certo, lei non aveva bisogno di piani e strategie per superare brillantemente il suo G.U.F.O. Chissà, probabilmente il professor Lumacorno l’aveva già ragguagliata sugli argomenti che la commissione avrebbe chiesto alla prova. Insulsa Nata-Babbana, pensò Alya maligna. Il solo vedere Lily Evans tra la folla le procurava un enorme fastidio. Con un gesto teatrale del polso, Alya abbassò di scatto la bacchetta e gli aggraziati petali danzanti caddero subito a terra, inermi.

“Dài, andiamocene!” sbottò Alya perentoria.

“Perché? Non vuoi goderti lo spettacolo?” la canzonò Philippa, scoccando una delle sue occhiate di scherno verso il faggio.

“Ti prego! È rivoltante! Inoltre, ci sono troppi Grifondoro qui per i miei gusti. Torniamocene al castello!” sibilò Alya, con visibile disprezzo.

“Uff...come vuoi tu.” acconsentì la bionda di malavoglia. Le altre due le seguirono ubbidienti, senza però mai staccare lo sguardo dalla coppietta.

Tutte e quattro le studentesse di Serpeverde si alzarono e girarono le spalle al romantico spettacolo che Sirius stava regalando.

Avevano compiuto a malapena due passi, quando un rumore improvviso le bloccò. Un tonfo. Singhiozzi e lamenti di dolore. Un vociare concitato. Alya e le sue amiche si voltarono curiose e videro la ragazza bionda di Grifondoro non più intenta a sbaciucchiarsi con Sirius, ma distesa a terra, in lacrime, che si teneva un braccio – girato in una posizione decisamente innaturale – con l’altra mano. Sirius era accanto a lei, con espressione confusa. Le stava chiedendo qualcosa, ma Alya non riusciva a sentirli da dove si trovava. Altri studenti accorsero in soccorso della compagna. Lily Evans fu la prima a raggiungere la coppia e, con fare molto premuroso, stava già aiutando l’amica a mettersi in piedi. Mentre osservavano la studentessa dalla folta coda di cavallo rosso scuro, china sulla compagna ferita, gli occhi di Alya si strinsero a fessura. Sentì il solito mostro annidato tra le sue viscere, risvegliarsi improvvisamente, senza motivo apparente. Ribolliva di rabbia, ma Alya non capiva il perché.

“Che sarà capitato?” sussurrò a Beth, cercando di placare il fuoco che stava divampando sulle sue gote.

“E io che ne so! Dài, vieni. Quegli stupidi Grifondoro fanno troppo chiasso!” la esortò l’amica indifferente.

Alya, Philippa, Melyssa e Beth varcarono leste il portone d’ingresso della scuola, dirigendosi verso la Sala Grande. Lì non ci sarebbero stati fastidiosi sbaciucchiamenti, né strane cadute. Ma Alya non riuscì a raggiungere il salone. A pochi metri dalla soglia, qualcuno la strattonò con violenza per un braccio, tanto da farla girare su se stessa. Era Sirius. Un’espressione furiosa imperava sul suo viso. Gli occhi grigi – così simili a quelli della sorella gemella – dardeggiavano di pura rabbia.

“Che cavolo hai nella testa?” sbraitò a gran voce. Molti ragazzi che bighellonavano nel corridoio lanciarono verso i due Black occhiate curiose.

Alya rimase attonita per un istante. Mai, in cinque anni ad Hogwarts, suo fratello Sirius si era sognato di rivolgerle la parola così apertamente. Il suo più grande intento era sempre stato quello di fare finta di non conoscerla, quasi fosse una perfetta estranea. La situazione non preannunciava nulla di buono.

Alya si ricompose all’istante, liberandosi dalla stretta di Sirius.

“Che hai tu nella testa? Che diavolo vuoi da me?” gli rispose a tono, alzando il mento per scrutarlo con superiorità. Sirius era molto più alto e troneggiava su di lei minaccioso.

“Non far finta di non capire! So che sei stata tu. Ti hanno vista!” la voce di Sirius assomigliava sempre più ad un ringhio rabbioso.

“Sono stata io a fare cosa?” ripeté Alya, stringendo gli occhi con sfida. Era proprio curiosa di sentire quale sciocchezza si stava inventando il fratello per insultarla.

“Hai aggredito Marlene! Alcune ragazze ti hanno visto mentre agitavi la bacchetta. Le hai lanciato una fattura, vero? Si è rotta un polso per colpa tua!” gridò Sirius, in preda alla collera. Alya gli rise in faccia, sprezzante.

“E perché mai dovrei sprecare la mia magia con quella maghetta insignificante? Forse la tua amica non sa reggersi in piedi!”

“Sei tale e quale a nostra madre! Sempre pronta a mettermi i bastoni fra le ruote quando la vita mi va bene. Vi odio! Subdole e maligne!”

“Non osare insultare nostra madre!” nonostante Alya fosse più bassa di lui di una spanna, ora era lei ad ergersi imperiosa e furente davanti a Sirius, il quale la ricambiava con uno sguardo pieno di profondo disprezzo.

“Coraggio!” sibilò il ragazzo, estraendo platealmente la bacchetta. “Dimmi che incantesimo hai scagliato a Marlene. Così potrò renderti il favore! Hai usato una delle fatture delle tue amichette serpi, eh?!”

Mentre urlava la sua rabbia, Sirius indietreggiò di qualche passo e Alya intuì che non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione per aggredirla. Non c’era menzogna nelle sue minacce, voleva davvero scagliarle addosso qualche incantesimo.

“Quanto sei stupido! Te lo ripeto: io non ho fatto niente! La tua insulsa amichetta è caduta inciampando nei suoi stessi piedi!” anche lei urlava, collerica.

“BUGIARDA!” ruggì Sirius, con tutta la sua rabbia.

I ragazzi che prima si erano limitati a lanciare solo qualche occhiata fugace, ora se ne stavano immobili nelle loro posizioni, gli occhi incollati su Sirius e Alya. Una tensione palpabile era calata nel corridoio. Tutti si aspettavano una rissa. Philippa, Melyssa e Beth, quatte quatte, erano sgattaiolate all’interno della Sala Grande, cercando di allontanarsi subito da una possibile fonte di guai.

Mentre parlava, Alya sfilò di nascosto, da dietro la schiena la sua bacchetta, che teneva in una manica della tunica scolastica. Sapeva che Sirius era pronto a colpire e anche quanto fosse abile negli incantesimi.

Accadde tutto in una breve manciata di secondi: Sirius levò in alto la bacchetta, le labbra serrate, lo sguardo agguerrito, l’incantesimo pronto nella sua mente. Ma Alya fu più veloce. Era così da sempre, sebbene Sirius non avesse mai avuto occasione di verificarlo. I riflessi di sua sorella erano di gran lunga più rapidi e reattivi. Sirius non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare la formula della fattura, che la voce di Alya tuonò in un imperioso, quanto efficace Expelliarmus. La bacchetta di suo fratello volò quattro metri indietro, rotolando sull’antico pavimento in pietra, sotto lo sguardo attonito degli studenti raggruppati a mo’ di pubblico.

“Maledetta…” sibilò Sirius a denti stretti. Alya lo guardava a mento alto, gli occhi scintillanti di sfida e di trionfo.

“Che sta succedendo qui?” la voce severa della professoressa McGonagall tuonò all’improvviso da dietro le spalle di Alya. La donna dall’espressione grifagna e il portamento austero era appena emersa da una delle aule. Abbracciò con lo sguardo la scena che le si presentava davanti ed intuì a grandi linee cosa era accaduto. O, quanto meno, chi fosse coinvolto.

“Black e...Black! Nel mio ufficio. Subito!” comandò la McGonagall, perentoria. Alya e Sirius – dopo aver raccolto la bacchetta da terra - si apprestarono a seguirla riluttanti, ma ubbidienti, lanciandosi a vicenda cupe occhiate in cagnesco.

Raggiunto lo studio, la professoressa McGonagall fece entrare i due gemelli, fermando prima un ragazzino del secondo anno che stava passando lì per caso. Lo studente, colto alla sprovvista, si impietrì terrorizzato davanti allo sguardo aquilino dell’insegnante. La donna gli sussurrò qualcosa - Alya non riuscì a udire le parole – e il ragazzino annuì febbrile prima di correre via, trafelato.

Una volta entrata nello studio, la voce della professoressa tuonò di nuovo:

“Sedetevi!”

Due alte sedie di legno, poste di fronte alla scrivania della McGonagall, si spostarono da sole, come invito ai due ospiti di prendere posto. Tuttavia, sia Alya che Sirius ignorarono la richiesta. Alya se ne stava in piedi, austera, con le braccia conserte e un’espressione volutamente contrariata, come a voler esprimere quanto considerasse un affronto il solo trovarsi lì. Sirius, da canto suo, se ne stava mollemente appoggiato alla parete, con le mani affondate nelle tasche e ostentando indifferenza. La professoressa McGonagall lanciò a entrambi un’occhiata torva prima di scuotere la testa, rassegnata.

“Esigo una spiegazione per il vostro increscioso comportamento di poco fa. Sapete bene che è vietato lanciare incantesimi nei corridoi della scuola. Si tratta di una grave violazione al regolamento scolastico.” esordì la docente, con cipiglio severo.

“Ha cominciato Sirius. È lui che mi ha attaccato. Io mi sono soltanto difesa.” replicò Alya, offesa.

“Questo perché mia sorella, per prima, ha affatturato Marlene McKinnon, rompendole un braccio.” spiegò Sirius, con tono sorprendentemente calmo.

“Sono consapevole delle condizioni della signorina McKinnon, Black. Al momento si trova in infermeria sotto le cure di Madame Pomfrey. Il suo braccio sarà rimesso in sesto prima ancora che voi due possiate lasciare questa stanza.” disse la professoressa McGonagall, guardando Sirius con sguardo comprensivo, quasi a volerlo tranquillizzare. Alya provò nuovamente un moto di stizza, davanti a quella scena.

“Io non ho affatturato proprio nessuno! Mio fratello ha le traveggole!” esclamò, con tono un po’ troppo alto.

“Bugiarda!” replicò Sirius, sforzandosi di non urlare.

“Ora basta!” la McGonagall sbatté violentemente la mano sulla scrivania. “Finitela con questo battibecco! Cercate di comportarvi in modo confacente alla vostra età anagrafica!”

“Ad ogni modo, Black...Sirius ha ragione. È evidente che qualcuno ha lanciato una fattura alla signorina McKinnon.” asserì la docente, lanciando ad Alya un’occhiata sospettosa.

Prima ancora che la ragazza potesse replicare, la porta dello studio si aprì e sulla soglia comparve la massiccia figura del professor Lumacorno.

“Minerva! Mi ha fatto chiamare con urgenza. Che succede?” chiese puntando i suoi occhi perplessi prima su Alya e poi su Sirius.

“Horace! Finalmente. Entri pure. C’è una questione importante che bisogna chiarire!” lo accolse la collega, facendogli segno di raggiungerla.

Mentre osservava il suo insegnante di Pozioni attraversare la stanza, Alya cominciò a provare una certa preoccupazione. Quell’assurda situazione stava rischiando di mandare a monte il piano che aveva escogitato per abbindolare Lumacorno.

La professoressa McGonagall, evitando inutili convenevoli, ragguagliò velocemente il collega sugli avvenimenti che avevano portato i due gemelli Black dentro al suo studio.

“Stavo giusto dicendo che qualcuno ha lanciato una fattura alla signorina McKinnon, fuori nel parco. Un brutto scherzo, niente di più, ma questo ha causato alla mia allieva una frattura del polso. Adesso si trova in infermeria.”

“Oh per la barba di Merlino!”

“Il signor Black sostiene che sia stata la sua allieva qui presente, la signorina Black ad aggredire McKinnon. Per questo motivo, poco fa, ho trovato entrambi in corridoio intenti a lanciarsi incantesimi.”

“Non.sono.stata.io!” ringhiò Alya, ormai incapace di trattenere la collera. Nonostante la professoressa McGonagall facesse di tutto per mostrarsi imparziale, era evidente come il sole che la considerasse colpevole. Dopotutto, era la direttrice della Casa di Grifondoro e sembrava avere una certa simpatia nei confronti del suo ribelle, ma estremamente brillante allievo. Doveva essere per quella ragione che Sirius, non appena aveva messo piede nell’ufficio, aveva sfoggiato un atteggiamento così rilassato. Sapeva che la McGonagall gli avrebbe dato ascolto. Altra rabbia ribollì nello stomaco di Alya. Trovava quella situazione così assurdamente ingiusta.

“Modera i toni, signorina! Non ci si rivolge così ad un’insegnante!” la rimproverò Lumacorno, visibilmente confuso. Era chiaro che non aveva idea di che pesci prendere e che non fosse capace di prendere posizione.

“In effetti, signorina Black, ci sono alcuni studenti che affermano di averla vista agitare la bacchetta a pochi metri da McKinnon, giusto qualche istante prima dell’incidente. Non le sembra una coincidenza interessante?” disse la professoressa McGonagall. Il suo tono era calmo, ma i suoi occhi aquilini scintillavano di accusa, puntati su Alya.

“Trovo molto più interessante che tutti questi studenti che lei nomina siano di Grifondoro, professoressa.” ribatté Alya, gelida. Lumacorno trasalì.

“Signorina Black! Badi a come parla!”

“Lo ripeto: non sono stata io!” aggiunse la ragazza, irremovibile, ignorando deliberatamente i rimproveri del direttore della sua Casa.

“E allora chi è stato?” sbottò la professoressa McGonagall. Ormai aveva rinunciato a nascondere il fatto che non credeva ad una parola pronunciata da quella Serpeverde snob.

A quella domanda, improvvisamente, qualcosa si risvegliò in Alya. Il mostro rabbioso, sopito dentro di lei, che poco prima le aveva lambito le viscere, si era destato definitivamente. Alya si sentì come folgorata; un’idea le apparve improvvisa nella mente come una potente intuizione.

Perché non ci aveva pensato prima?

La folta coda di cavallo, l’atteggiamento distaccato, indifferente allo spettacolino romantico di Sirius e della sua amica, lo sguardo serio, quasi infastidito...la figura di Lily Evans che accorreva per prima ad aiutare Marlene McKinnon distesa a terra, dolorante e ferita, piombò tra i pensieri di Alya in modo prepotente.

Una vocina nascosta nella sua testa aveva cominciato a ripetere insistente È stata lei. È stata lei. È stata lei.

Incapace di trattenersi, Alya pronunciò ad alta voce la sentenza:

“Lily Evans. È stata Lily Evans.”

 

 

   
 
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