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Autore: Astry_1971    29/08/2009    8 recensioni
“Ce la faremo anche questa volta, lui non tornerà.” Lo rassicurò, poi fissò la macchia scura sulla parete, accanto al ritratto di Silente. Era ciò che restava della cornice d’argento che ospitava la sua effige, sparita magicamente dopo che Potter l’aveva riportato in vita.“E farò anche in modo che quella parete resti vuota ancora per molto tempo.” Affermò deciso.
Questa storia è il seguito di “Per amore di un figlio” ed è dedicata a tutti quelli che hanno storto il naso per finale di quella storia. Evidentemente non mi conoscono bene. A tutti gli altri è severamente sconsigliata la lettura, per il bene dell’autrice che non ama guardarsi le spalle.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Lucius Malfoy, Neville Paciock, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ernil Ehm, sì! Immagino, dalla tua esclamazione, che tu abbia intuito quello che sta succedendo al povero Sev, quindi non dirò altro, anzi dirò che ciò che hai visto non è ancora niente e la risposta la troverai già in questo capitolo, anche sull’entrata in scena di Harry.
Piccola Vero Severus avrà mooooolto bisogno di Neville questa volta
Alida Non ho capito se hai fatto la predica a me o a Severus. Ma lui è così, come si può pretendere di cambiarlo? Può non essere giustificabile il suo comportamento, ma il carattere di Piton non l’ho inventato io. E’ sempre stato ingiusto con Neville, ma Neville ora è adulto ed è abbastanza Grifondoro da non farsi intimorire dal tono di Piton. Per anni lo hanno odiato, lo hanno accusato e hanno sospettato di lui solo perché era un professore antipatico, è ora che dimostrino di essere cresciuti. Piton non diventerà mai uno zuccherino, Merlino ci scampi.
Allison91 Neville è anche l’unico della vecchia generazione ad essere presente a Hogwarts. Harry, Hermione, Ron, han messo su famiglia e non sono proprio a portata di mano. Ora Piton è preside, e Neville un insegnante di Hogwarts, dovranno fidarsi l’uno dell’altro, come Silente si fidava di Severus. Riguardo all’Euriale, beh, Piton è un Pozionista esperto, eheheh, ovvio che c’è un modo per maneggiare l’alga senza lasciarci le penne. Sulle virgole devo darti ragione, ogni volta che rileggo la ff, mi accorgo di averne messe alcune alla rinfusa. Io sono molto distratta quando scrivo, ma ahimè le mie beta sono più ditratte di me, dev’essere l’effetto Piton. Sono troppo impegnate a scoprire cosa succede al loro prof preferito, per far caso alle mie virgole. Giuro che la prossima volta mi trovo una beta che non sia Snapista.
Marty4ever La storia è già conclusa ( non pubblico mai una ff senza averla terminata prima). Quindi gli aggiornamenti saranno abbastanza regolari, ogni quattro, cinque giorni.


Buona lettura!


Cap 5 Il volto del nemico

La bellissima civetta bianca se ne stava sul suo trespolo godendosi la ricompensa dopo il lungo viaggio da Hogwarts: una tripla razione di biscotti.
Harry Potter non mancava mai di premiare la sua fedele compagna ogni volta che tornava con la posta.
Ginny gli rimproverava sempre di viziare l’animale, ma lui non poteva farne a meno. Si sentiva ancora in colpa per non aver potuto fare altrettanto con la sua Edvige.
Prese la lettera assicurata alla zampa della civetta con un nastro, si accomodò o, meglio, si tuffò sul divano, pronto a gustare il resoconto di un’altra settimana scolastica dei suoi figli, ma non fece in tempo a sollevare le gambe per accavallarle al bracciolo del divano, vizio che faceva andare Ginny su tutte le furie, che saltò in piedi, come se i cuscini sotto di lui avessero preso improvvisamente fuoco.
“Il mantello?” gridò mentre leggeva.
Nella lettera erano facilmente riconoscibili due grafie diverse. Albus e James erano soliti scrivere insieme. Infatti, la prima parte, in caratteri minuti e un po’ nervosi, era scritta da Albus che iniziava scusandosi con suo padre per aver preso il mantello dell’invisibilità, senza chiedergli il permesso.
Ginny, che era in cucina, uscì di corsa a vedere cos’era successo, e dietro di lei la piccola Lily che, superando sua madre, si tuffò sul divano ora libero e si posizionò con le gambe incrociate, come se si preparasse ad assistere ad uno spettacolo. Adorava ascoltare i racconti su Hogwarts che facevano i suoi fratelli, e, anche questa volta, era certa che la lettera di James e Al sarebbe stata ricca di fantastiche novità.
“Cosa è successo? Perché hai urlato?” Chiese Ginny rivolgendosi al marito.
“Al ha preso il mio mantello dal baule in soffitta e lo ha portato a scuola.” Brontolò Harry, tentando una goffa imitazione di genitore severo.
Ginny scoppiò a ridere.
“Beh, cosa ti aspettavi? E’ tuo figlio. Tu avresti fatto lo stesso. A quanto pare, voi Potter non siete molto bravi a seguire le regole.”
“Ma Ginny, quei due pivelli dei nostri figli si son fatti beccare da Piton. Assieme a Scorpius per di più.” Sulle sue labbra si disegnò un sorriso beffardo. “Cosa darei per vedere la faccia di Malfoy!” sogghignò, poi si colpì la fronte con la mano. “Accidenti, come ho fatto ad avere figli così maldestri? Credo che dovrò fargli delle lezioni su come non farsi scoprire, la prossima volta che vorranno ficcanasare negli affari del preside.”
Ginny si fece improvvisamente seria.
“Ma perché avrebbero dovuto spiare Piton?”
Harry la fissò per un attimo perplesso poi, scansando una sedia dal tavolino rotondo accanto alla finestra, si accomodò per proseguire la lettura.
La strega intanto sbirciava da sopra le sue spalle. Finito di leggere entrambi si guardarono preoccupati.
“Che c’è? Che ha combinato Al?” chiese la piccola Lily, che non riusciva a spiegarsi l’improvviso silenzio.
“Nulla tesoro.” Ginny si avvicinò alla figlia e, prendendola per mano, la fece scendere dal divano. “Ora vai in camera tua a giocare.”
“Ma mamma, io voglio sapere. Il prossimo anno dovrò andare anch’io a Hogwarts, e James non racconta mai la verità.”
“Non ora Lily.” la bloccò con freddezza. “Ti racconteremo tutto. Promesso! Ora lasciami parlare con tuo padre.”
Quando furono di nuovo soli, Ginny si sedette accanto a Harry.
“Qui dice che Piton ha lasciato improvvisamente la cena.” Mormorò il mago fissando la lettera. “Per quello i ragazzi hanno seguito Neville. Sembrava che Piton stesse male. Lui li ha scoperti e ha sequestrato il mio mantello.” Guardò Ginny pensieroso. “In effetti è strano il comportamento di Piton. Non si è presentato a tavola nemmeno l’indomani, ed ora sono già alcuni giorni che non si fa vedere in giro.”
“Ma forse sta semplicemente poco bene, magari ci stiamo preoccupando per un banale raffreddore.” Cercò di tranquillizzarlo.
Harry fece una smorfia.
“Hai mai visto Piton assentarsi per malattia?”
“No, ma…”
“E poi, se fosse solo malato a che scopo piombare nel mezzo di una lezione di Erbologia del primo anno?” continuò. “Di certo non per fare due chiacchiere con un collega. Leggi qui.” Disse indicando un punto nella lettera. “Ha annullato la lezione e ha spedito tutta la classe in biblioteca. Senza contare che dopo la faccenda del mantello ha convocato a scuola Lucius Malfoy.” si alzò di scatto. “Capisci? Ha chiamato il nonno di Scorpius, ma non ha convocato me o Draco che siamo i genitori dei ragazzi. No, secondo me, James e Al hanno ragione: se Neville è preoccupato, dev’essere successo qualcosa di grave. Andrò a Hogwarts e già che ci sono mi farò restituire il mantello.”


* * *



L’indomani Harry Potter camminava lungo il viale alberato della sua vecchia scuola, dirigendosi verso le serre.
Aveva deciso di incontrare per primo l’amico Neville, anche se sapeva che la notizia della sua visita sarebbe arrivata alle orecchie del preside immediatamente, non appena avrebbe varcato i cancelli del castello.
Voleva saperne il più possibile sulla faccenda, prima di trovarsi faccia a faccia con Severus Piton.
Neville, quando lo vide arrivare, uscì dalla serra e gli corse incontro.
“Harry, che bello vederti!” esultò stringendolo in un forte abbraccio.
Harry sorrise.
“Anch’io sono contento di vederti Neville.” disse, poi piegò leggermente la testa di lato, accennando con gli occhi alla torre in cui si trovava l’ufficio di Piton. “Ma puoi immaginare che non sono qui solo per riabbracciare un amico.”
Neville si sciolse da lui e fece un passo indietro.
“Al e James ti hanno raccontato?”
Harry annuì.
Paciock allora gli posò una mano sulla spalla e lo invitò ad entrare nella serra.
“Sai cosa è venuto a chiedermi Piton?”
L’altro scosse il capo.
“Euriale.”
Harry si bloccò, fissando Neville con l’aria di chi cerca di capire se ha appena avuto una buona o una cattiva notizia.
Paciock sorrise.
“E’ un’alga. Credo che gli serva per una pozione. Ma oltre ad essere un ingrediente proibito è anche potenzialmente mortale.”
“Pensi che voglia usarla contro qualcuno?” domandò Harry, allarmato.
“Beh, sicuramente non sta creando una pozione per eliminare i brufoli.”
Trasse un profondo respiro. “Mi dispiace Harry, non so che pensare. Certo, se stesse tramando qualcosa di poco pulito, non sarebbe venuto a cercare il mio aiuto. Pensi che dovrei procurargli quello che ha chiesto?”
Harry si morse il labbro e fissò gli occhi rattristati di Neville. “Dagli quello che vuole e cerca di scoprire cosa sta combinando. Non mi piace sospettare di lui, lo sai. Non dopo tutto quello che è successo. Non voglio sbagliare ancora.”
Neville annuì.


* * *



Nel frattempo Severus, che, come Harry immaginava, era stato prontamente informato del suo arrivo, stava percorrendo velocemente i lunghi corridoi di Hogwarts per raggiungerlo.
Era certo che Harry Potter sarebbe passato prima dall’insegnante di Erbologia, e aveva deciso di incontrarlo alle serre.
Aveva con sé il mantello dell’invisibilità. L’avrebbe restituito al suo proprietario, non senza risparmiargli una severa critica ai suoi metodi educativi.
Improvvisamente un gruppetto di studenti sbucò da un angolo del corridoio, bloccandogli la strada.
Alla vista del preside, tutti si fecero da parte, tranne uno. Continuava a urlare e saltellare davanti al mago, indubbiamente era vittima di uno stupido scherzo. Qualcuno dei suoi amici, quasi tutti di Grifondoro, doveva avergli scagliato addosso una Tarantallegra.
Severus lanciò un’occhiataccia ai ragazzi che, allineati contro la parete, sembravano volersi confondere con le pietre del muro. Poi afferrò la bacchetta e la puntò contro la loro vittima. Ma qualcosa gli impedì di pronunciare l’incantesimo che voleva per liberare il malcapitato. Le dita si strinsero con forza sul legno magico imprimendogli un brusco movimento verso l’altro.
Il ragazzo, come se fosse stato legato ad una fune invisibile, fu sollevato da terra e, sotto lo sguardo allibito dei suoi compagni e dello stesso Piton, fu scagliato con violenza verso il fondo del corridoio.
Gli amici fuggirono terrorizzati.
Severus gettò la bacchetta e il mantello che teneva sotto il braccio, e corse verso il giovane mago riverso sul pavimento.
Il cuore batteva così forte che ogni altro suono sembrò annullarsi in quel rombo assordante.
Cadde in ginocchio accanto al ragazzo, con un tonfo sordo, come se le gambe avessero perso improvvisamente la loro forza.
Lo afferrò per le spalle, sollevandolo per controllare le sue condizioni.
Era appena cosciente, ma vivo. Severus sentì l’aria tornare nei propri polmoni e quasi singhiozzò, mentre i muscoli del suo petto si scioglievano in un improvviso respiro liberatorio.
Guardò il volto del suo studente: un rivolo di sangue colava da un brutto taglio sulla fronte, rigandogli una guancia.
Si chinò, lo prese tra le braccia sollevandolo dal pavimento, e si avviò correndo verso l’infermeria.
Tuttavia, si rese subito conto che la sua corsa procurava al ragazzo dolorosi scossoni. Lo strinse con più forza, e si obbligò a rallentare il passo. Forse avrebbe dovuto trasportarlo con la magia, ma aveva lasciato in terra la sua bacchetta e non aveva intenzione di toccarla, finché non fosse stato certo che non avrebbe fatto altri danni.
Mai quel percorso gli era sembrato così lungo. Sentiva le proprie braccia tremare, mentre stringevano la vittima di quella sua involontaria magia. L’idea di potergli fare altro male lo terrorizzava. Sperava solo di raggiungere l’infermeria o chiunque avesse potuto strappargli quel ragazzino dalle braccia e portarlo al sicuro.
Improvvisamente sentì una voce alle sue spalle.
“Professor Piton! Professore aspetti!”
Harry Potter correva a perdifiato per raggiungerlo.
Severus non si voltò, esitò solo un attimo e poi riprese il suo percorso, finché Harry non lo affiancò.
In mano stringeva una bacchetta, la sua. L’aveva trovata e raccolta mentre si stava recando all’ufficio del preside, e insieme alla bacchetta aveva raccolto anche il proprio mantello.
Protese il braccio mostrandoli all’altro mago, ma subito si bloccò, non appena si accorse del ragazzo ferito tra le braccia del professore.
“Che gli è successo?” chiese e accelerò il passo superandolo, poi si voltò in modo da trovarsi proprio di fronte a lui.
Piton non rispose, ma continuò per la sua strada finché non giunse alla porta dell’infermeria. Sul volto nessun’espressione, gli occhi neri fissi nel vuoto e la mascella contratta. Harry avrebbe pensato che qualcuno l’avesse pietrificato se non fosse per il piccolo particolare che stava camminando.
Davanti all’entrata si fermò, non fece nessun gesto e non disse nulla, fu Harry ad aprirgli la porta, come se Piton glielo avesse appena ordinato col pensiero.
Entrambi entrarono nell’infermeria e lì una donna gli corse incontro.
“Preside? Cosa… cosa è accaduto?” domandò allarmata, vedendo lo studente tra le braccia di Piton. “Venga, qui, ecco… lo distenda qui.” si affrettò indicandogli il letto libero più vicino.”
Severus aiutato dalla Medistrega, sistemò il paziente sul letto, e poi fece qualche passo indietro permettendo all’altra di esaminarlo.
Dopo pochi minuti, che al mago sembrarono interminabili, lei si voltò, guardò Harry, che era rimasto in silenzio vicino all’entrata, e poi si rivolse a Piton.
“Ha solo preso un brutto colpo in testa, si riprenderà.” sentenziò con voce amabile.
Harry sorrise, mentre solo un fremito impercettibile spezzò l’immobilità di Severus.
“E’ caduto dalla scopa? Lei ha visto cosa gli è successo?” riprese la donna.
Severus mosse le labbra per parlare, ma dalla sua gola uscì un unico suono, che avrebbe dovuto essere un no, ma era più simile al rumore secco prodotto da qualcosa che si spezza.
“Questi ragazzi diventano ogni giorno più spericolati.” continuò lei, sottolineando ogni parola con ampi movimenti delle braccia, incurante della freddezza del preside. “L’ho sempre detto che bisognerebbe...”
“E’ stato un incidente.” la interruppe gelido Piton. “Mi chiami quando starà meglio.” disse voltando le spalle alla strega e dirigendosi verso l’uscita.
Guardò Potter, che a sua volta lo fissava col suo solito sguardo indagatore.
Sentì montare la rabbia. Presto, molto presto quella curiosità si sarebbe trasformata in accuse. Quanto avrebbe impiegato la notizia di ciò che era appena accaduto a fare il giro della scuola? Quanto tempo prima che Potter e, con lui, il resto del mondo magico puntassero nuovamente l’indice contro l’ex Mangiamorte?
Avrebbe dovuto Obliviare quei ragazzi, quella forse sarebbe stata una scelta saggia. Eppure qualcosa in lui si era rifiutato di farlo.
Non era solo il timore di usare la bacchetta. No, era qualcosa di peggio, qualcosa che non aveva ancora mai provato.
Lui non si era mai arreso, nemmeno quando la vita lo stava abbandonando. Anche in quel momento aveva lottato, aveva portato a termine la sua missione col suo ultimo respiro.
Ma ora no, ora stava cedendo, stava rinunciando a combattere. La scuola, il consiglio dei genitori, la sua probabile rimozione dall’incarico di preside, erano nulla di fronte all’enormità di ciò che stava per accadere. Qualcosa a cui, questa volta, non sapeva come opporsi.
A che scopo tentare di salvare un posto di lavoro, il suo nome, la sua reputazione, quando il mondo stava per sprofondare nuovamente all’inferno?
Lo avevano già ritenuto una spia e un traditore una volta. Allora aveva lasciato che ciò accadesse, lo aveva fatto volutamente perché era suo dovere. Perché c’era una ragione per farlo.
Ora la sua reputazione non era nemmeno da prendere in considerazione, visto che sarebbe stato addirittura costretto a lasciare Hogwarts se non fosse riuscito a neutralizzare il Marchio.
Ormai era diventato un pericolo per i suoi studenti.
Non si trattava più di combattere contro Voldemort, questa volta il nemico era dentro di lui, aveva il suo volto, e uccideva usando le sue mani.
Come poteva lottare se non poteva essere certo delle proprie azioni, persino della propria magia?
Harry gli si avvicinò e protese la mano con la bacchetta.
“Questa è sua!” disse riconsegnandogliela.
Piton restò a guardarla per qualche secondo, poi fece per prenderla, ma si bloccò. Le dita sfiorarono il legno magico e lui rabbrividì.
“E’ la seconda volta che recuperi la mia bacchetta, Potter.” disse gelido, cercando di distrarre l’attenzione dell’uomo dalle proprie dita che tremavano incontrollate. “Spero che non diventi un vizio!” sbuffò imponendosi di afferrare con rapidità la bacchetta e riporla nella tasca del mantello.
Sul volto di Harry Potter si dipinse un’espressione di sincero stupore. In effetti era stato lui a recuperare la bacchetta del suo insegnante vent’anni prima, e a conservarla fino al suo ritorno. Ma a Piton non l’aveva mai detto.
“Non è caduto dalla scopa, vero?” domandò accennando alla porta dell’infermeria.
“Questo non è affar tuo, Potter. Sono tenuto a spiegare l’accaduto solo ai genitori del ragazzo, e lo farò quando sarà il momento.”
“Come padre, mi interessa sapere se gli alunni di questa scuola corrono dei pericoli.” proseguì alzando il tono di voce.
“I tuoi figli sono al sicuro qui, e lo saranno ancora di più quando smetteranno di ficcare il naso in questioni che non li riguardano.” ribatté astioso. “Ah, a proposito,” le labbra si piegarono in un sorrisetto tirato. “sarà meglio se non ti presenti alla partita di lunedì, James non giocherà. Lui e suo fratello saranno in punizione per tutto il prossimo mese.” disse poi con voce melliflua e si voltò per allontanarsi.
Harry allora lo bloccò afferrandolo per il braccio sinistro. Severus, si sottrasse bruscamente alla presa, lasciando Harry disorientato per alcuni secondi.
Entrambi si scrutarono in silenzio, come due felini pronti alla lotta.
“Non sono affatto contrario, se è quello che pensa.” esclamò infine Harry. “Se hanno sbagliato è giusto che paghino. Ma conosco i miei figli: se hanno ficcanasato,” Sottolineò particolarmente l’ultima parola. “evidentemente avevano una ragione per farlo.” Concluse con veemenza
Piton si avvicinò. Harry poté sentire il suo respiro spezzarsi per la collera.
Il mago fissò i suoi occhi verdi come faceva quando era ancora suo alunno. E Harry si sentì raggelare da quello sguardo.
“Sei sempre così sicuro di te, Potter?”soffiò minaccioso.
Harry si morse il labbro, stava per fare uno dei suoi scortesi commenti. L’impulsività era stata sempre il suo peggior difetto. Non aveva mai saputo tenere a freno la lingua, cosa che gli era costata non poche punizioni quand’era a scuola. Tuttavia, non era certo per timore di un rimprovero, che decise che era preferibile moderare il suo tono.
Ora che sapeva la verità su Piton, aveva anche imparato a riconoscere certi suoi atteggiamenti. C’era il Piton brusco, chiuso e severo, quello orgoglioso e quello provocatorio, ma esisteva anche il Piton teso, tormentato, e quello disperato. Il Piton che aveva visto mentre uccideva Silente era così. Ora che lo scudo d’odio si era frantumato, riusciva a distinguere la sofferenza nel buio dei suoi occhi neri.
Era evidente come un faro nella notte. Si stupì solo di non averla vista prima.
Cosa poteva aver portato il preside di nuovo a quel punto?
Cosa poteva essere successo di così grave da indurlo a chiedere l’aiuto di Neville? E cosa tentava di nascondere riguardo al suo studente?
“Non sono affatto sicuro di me, in realtà non lo sono mai stato.” mormorò infine amareggiato. “E non sono venuto qui per mettere in dubbio la sua autorità. Sono più preoccupato del fatto che, dopo tutti questi anni, lei non abbia ancora imparato a fidarsi delle persone.”
Il professore lo guardò torvo. A Harry sembrò, in un primo momento, che volesse leggere nella sua mente, ma Piton non stava usando la magia.
“E’ evidente che nemmeno tu hai imparato, Potter.” sbuffò dopo diversi secondi.
Harry non rispose.
Severus piegò appena le labbra in un sorriso triste.
“Riprenditi il tuo mantello: non è un giocattolo, e dovrebbe essere usato per scopi migliori che spiare un insegnante.”
Fece qualche passo allontanandosi poi si voltò indietro.
“Fossi in te, lo terrei a portata di mano, potresti anche averne bisogno, un giorno o l’altro.”
Harry lo guardò andar via, con un’ombra di incredulità sulla faccia.
Le parole del preside erano forse un suggerimento o, peggio, una richiesta d’aiuto?
Decisamente la questione doveva essere più grave di quanto avesse immaginato. Se era giunto al punto di chiedere l’assistenza di Neville ed ora addirittura sembrava pensare di aver bisogno di lui. In ogni caso non si sarebbe tirato indietro.
Sapeva che Piton non sarebbe mai stato più esplicito di così: non era da lui ammettere di aver bisogno degli altri, ma promise a se stesso che non lo avrebbe lasciato combattere da solo, non per la seconda volta.



Continua…






  
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