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Autore: IndianaJones25    14/05/2021    2 recensioni
Indiana Jones si trova coinvolto in quella che è destinata a diventare la più celebre delle sue avventure: la conquista dell’Arca dell’Alleanza, il mitico artefatto biblico di cui gli esseri umani sono andati alla ricerca per oltre tremila anni. Tutto questo, però, non sarà soltanto una semplice impresa in competizione con i nazisti e con Belloq, il grande rivale di sempre: per Indiana Jones, infatti, significa dover finalmente fare i conti con il passato e chiudere un cerchio rimasto aperto per dieci anni, riannodando il legame perduto con Marion Ravenwood…
Una storia scritta in occasione del quarantesimo anniversario dell’uscita nei cinema del film “I predatori dell’Arca perduta” e della prima apparizione di Indiana Jones, 12 giugno 1981.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Marion Ravenwood, René Emile Belloq, Sallah el-Kahir
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I
L’ULTIMO DEI TUOI PENSIERI

    Bedford, Connecticut, 1936

   «Lei… starà ancora con lui?»
   Lo sguardo di Indiana Jones sembrò illuminarsi mentre porgeva quella domanda in apparenza così semplice. Una domanda che gli fece dimenticare tutto il resto. I servizi segreti, l’Arca dell’Alleanza, i nazisti implicati in quella faccenda, le sue imprese da archeologo, la rabbia ancora bruciante per l’ultimo colpo basso con cui Belloq gli aveva sottratto l’idolo d’oro dei Chachapoyas… tutto parve passare in secondo piano e ridursi a qualcosa di indefinito e totalmente insipido, inutile e indifferente, mentre il ricordo di Marion tornava ad affiorargli con prepotenza nella mente.
   A dire il vero, non se l’era mai realmente scordata. Forse, non aveva neppure provato a scordarla. Lei era sempre rimasta lì insieme a lui, una spina conficcata nel cuore, così a fondo che rimuoverla sarebbe stato troppo rischioso, per non dire addirittura impossibile. Aveva creduto che il tempo e la distanza potessero lenire il dolore, far scomparire il ricordo, ma così non era stato. Anzi, più gli anni erano scivolati via e più lei era diventata una presenza fissa nella sua mente
   Qualcuno, non ricordava bene chi, una volta gli aveva detto che l’amore, quando è vero, dura per sempre. All’epoca ne aveva riso, pensando che fosse soltanto una romantica sciocchezza a cui solamente qualche credulone avrebbe potuto dare credito. Di certo non era qualcosa che potesse riguardare lui, il rude avventuriero giramondo provato a tutto. Tuttavia, col tempo, con la maturità, aveva dovuto ricredersi, perché ne aveva avuto la prova: l’amore, quello vero, dura realmente per sempre. Anche quando non è più ricambiato, anche quando non lo è mai stato. Quando ti cattura ti tiene con sé per sempre, togliendoti il fiato, smorzandoti il respiro, facendoti impazzire di gioia e insieme di nostalgia nei momenti più inaspettati.
   Lei era il suo più ardente segreto, il nome che affiorava dalle sue labbra nei momenti più intimi, il ricordo più dolce delle sue giornate, il sogno ricorrente che animava e avvolgeva le sue notti. Ovunque andasse, qualsiasi cosa facesse, qualunque pazza avventura affrontasse, lei era con lui, presenza – e assenza – insieme confortante e dolorosa.
   Marion… come aveva potuto pensare di abbandonarla? O anche soltanto di dimenticarla? Aveva fatto di tutto e di più, in quegli anni, cercando di convincersi che bastasse soltanto questo per scordarsi di lei. Aveva viaggiato per il mondo, aveva cercato tesori perduti, aveva combattuto contro nemici pronti a tutto, aveva rischiato la vita nelle maniere più assurde e impensabili, aveva conosciuto e perso numerosi amici e, soprattutto, numerosissime donne. Certo, non aveva sperato di potersi innamorare di nuovo – no, fino a tale punto non sarebbe riuscito ad arrivare in nessun modo, perché soltanto lei era riuscita a spingerlo tanto oltre – però aveva cercato di far comprendere al proprio cervello che Marion era soltanto una delle tante.
   Tante donne, belle, meno belle, giovani, meno giovani… poco importava. L’importante era collezionarle, portarsele a letto per un periodo più o meno lungo e poi sostituirle, come se nulla fosse, senza curarsi di essersi lasciato alle spalle una donna soddisfatta o una ragazza dal cuore a pezzi. L’ultima della schiera, una graziosa e impudente studentessa di nome Susan Ryan, si era intrattenuta con lui soltanto fino a pochi istanti prima, ed era sgusciata di corsa dalla porta posteriore quando Marcus si era presentato davanti all’ingresso prima del previsto.
   Ma tutto quello che aveva fatto era stato inutile.
   Quei dieci anni trascorsi dall’ultima volta che l’aveva incontrata erano volati via, veloci come un fiume in piena; al contrario di come farebbe un fiume, però, non erano riusciti a far scivolare lontano i suoi sentimenti fino a renderli irriconoscibili. No, quelli erano rimasti saldamente al loro posto, immutati, neppure minimamente scalfiti. Tutto era rimasto in maniera esatta come lo aveva lasciato quel giorno di dieci anni prima, a Gerusalemme, quando, in preda alla rabbia che lo aveva reso cieco, aveva abbandonato Marion in compagnia del vecchio Abner.
   Dieci anni. Per un archeologo, abituato a confrontarsi con i secoli e con i millenni, dieci anni non dovrebbero essere niente. Un soffio di vento, un battito di ciglia. Eppure dieci anni possono racchiudere una vita intera, se ci si pensa bene. Possono essere lunghi come un’eternità: non mentre passano, no di certo, perché mentre gli anni se ne vanno nessuno sembra rendersene conto, aggrappati come si è a un presente che rimane sempre al suo posto. È quando ci si volta indietro, quando si decide di fare i conti con il passato, che ci si accorge sul serio di quanto tempo rappresentino in realtà, di quante cose siano mutate nel loro volgere.
   Eppure, riflettendo adesso, si rendeva conto che, per lui, quei dieci anni avevano avuto la durata di un giorno. E, proprio come in un giorno soltanto è possibile sbollire la rabbia, lui non era più infuriato. Quello che provava per quella ragazzina – o, meglio, per quella donna, perché ormai lei doveva essere davvero diventata una donna, per quanto strano fosse immaginarla in questo modo – era rimasto identico, immobile, saldo. Era come se le avesse dato quell’ultimo bacio sotto le stelle solo la sera prima, e niente fosse accaduto nel mezzo. Ed era più che certo che, se anche fossero trascorsi non altri dieci, ma addirittura cento o mille anni, nulla avrebbe più cambiato ciò che sentiva dentro quando pensava a lei.
   «È probabile» rispose Marcus, osservando le bollicine sottili inseguirsi all’interno del calice di champagne e intuendo alla perfezione i suoi pensieri. Sollevò lo sguardo su di lui, uno sguardo indulgente e ironico che Indy conosceva fin troppo bene. Decise di ignorarlo, riprendendo a sistemare la valigia che stava preparando.
   «Ma, in questo momento, Marion dovrebbe essere l’ultimo dei tuoi pensieri» continuò il curatore del museo del Marshall College, imperterrito.
   Colto alla sprovvista da quelle parole, l’archeologo lasciò perdere tutto quello che stava facendo e si girò a guardarlo.
   «Come sarebbe?» domandò.
   Marion l’ultimo dei suoi pensieri? Marcus doveva essere impazzito. Era l’unico davvero al corrente di quale fuoco lo divorasse dentro da un intero decennio, quale dolore gli avesse causato affrontare la vita lontano da lei – era il solo a sapere quante notti avesse passato insonne, in preda quasi a una specie di delirio dei sensi, mentre l’immagine irraggiungibile di Marion, dei suoi occhi color del mare che non lo avrebbero più guardato, del suo sorriso che ormai non sarebbe più stato per lui, lo tormentavano attraverso il vuoto e l’oscurità – e adesso gli stava addirittura suggerendo di non pensare più a lei proprio quando, finalmente, era arrivata l’occasione per poterla incontrare di nuovo?
   Quest’ultimo pensiero gli fece accelerare a folle e pericolosa velocità le pulsazioni cardiache e gli rese le gambe così molli che, per un istante, fu convinto che le sue ossa si fossero tramutate in budini.
   Incontrarla di nuovo, dopo dieci anni.
   Ci aveva già pensato, ovviamente, ma soltanto adesso l’immensità di quel concetto sembrò piovergli addosso con tutta la sua forza. Incontrare Marion. Incontrare Marion. Provò a pensarlo in maniera differente.
   Incontrare Marion.
   Qualsiasi tono si figurasse nella sua immaginazione, qualsiasi nuovo accento provasse a dare a quelle parole, le gambe continuavano a minacciare di non volerlo più reggere e i battiti del suo cuore a promettere di assordarlo mentre sembravano esplodergli contro i timpani.
   Quante volte, in quegli anni, aveva pensato di partire e andare a cercarla, ovunque si fosse cacciata? Aveva perso il conto. E da poco più di sei mesi, da quando Harold Oxley si era fatto scappare quell’informazione riservata in sua presenza, sapeva con esattezza dove si trovassero lei e suo padre: nel Nepal. La smania di partire e andare tra quelle montagne era stata enorme, ma aveva desistito. Che cosa avrebbe potuto dirle? Come si sarebbe comportato quando se la fosse trovata davanti e, soprattutto, come si sarebbe comportata lei? Insomma, era chiaro che quella non sarebbe stata una mossa saggia.
   L’unica mossa saggia sarebbe dimenticarla per sempre, gli avrebbe magari suggerito la saggia voce della sua interiorità. Ma lui aveva messo uno stretto bavaglio a quella voce dieci anni prima e non aveva nessuna intenzione di toglierglielo. Che continuasse a tacere: preferiva dare retta al cuore e all’istinto, piuttosto che al cervello troppo impertinente. Indiana Jones era molte cose, ma non aveva nessuna intenzione di diventare un filosofo.
   Però, ovvio, partire così, senza un motivo valido a giustificare un tale viaggio, non sarebbe servito a nulla. Non era certo il tipo da entrare in casa di Marion, gettarsi ai suoi piedi e implorare il suo perdono, dicendole quanto l’amasse e quanto non avesse mai smesso di amarla. Non era da lui e, se lo avesse fatto, non sarebbe stato per niente credibile. Lui stesso avrebbe riso di se stesso, se si fosse scoperto a fare una cosa simile, e non avrebbe nemmeno voluto immaginare quale derisione gliene sarebbe giunta dagli altri.
   Il volto di Marcus si fece più serio.
   «Be’, voglio dire che sono ormai circa tremila anni che l’uomo sta andando alla ricerca dell’Arca perduta.» Fissò nel vuoto, perso in chissà quali riflessioni, una smorfia di dubbio ad alterargli i lineamenti. «Non bisogna prenderla alla leggera. Nessuno conosce i suoi segreti.» Tornò a guardare verso Indy, che restituì il suo sguardo con ironia. «Nessuno di noi ha mai tentato niente di simile.»
   Questa volta, Jones riuscì a mettere da parte la malinconia che gli aveva cagionato il ricordo di Marion e scoppiò allegramente a ridere, sorpreso dall’improvvisa serietà del vecchio amico.
   «Marcus, ma che tenti di fare? Di spaventarmi?» commentò, con tono sarcastico.
   Si avvicinò e gli mollò una pacca fraterna sulla spalla, prima di raggiungere la sua scrivania e aprire uno dei cassetti per prenderne un involto.
   «Mi sembri mia madre!» continuò, tornando verso di lui. «Noi ci conosciamo da anni. Io…» cercò le parole adatte. «…io non credo nella magia, sono solo un mucchio di stupide superstizioni. Io cerco un reperto di inestimabile significato storico e tu mi parli dell’uomo nero…» Aprì l’involto, rivelando il suo revolver, che lanciò nella valigia, accanto alla frusta. «E poi lo sai quanto sono prudente, no?»

 
* * *

   Il fischio del capostazione si levò nel silenzio e, con uno sbuffo di vapore, la grossa locomotiva della Great Republic si mise lentamente in movimento, trascinando con sé sopra i binari tutto il suo lungo convoglio. Il treno notturno che, da Bedford, lo avrebbe condotto a New York, dove avrebbe preso un volo per San Francisco – da dove, con un ulteriore cambio, sarebbe poi decollato per l’Asia attraverso il Pacifico – partì in perfetto orario dalla stazione.
   Indy, appesi giacca e cappello all’attaccapanni e sistemata in un angolo la valigia, si sdraiò nella cuccetta che gli era stata riservata, le mani dietro la testa, credendo di poter schiacciare un pisolino, cullato dal dondolio del convoglio. Invece, molto presto, si trovò con gli occhi sgranati a fissare il soffitto fiocamente illuminato dalla luce che filtrava dal corridoio attraverso le fessure della porta.
   Ancora una volta, il pensiero di Marion era tornato a penetrare con caparbietà dentro di lui. Poco importava che stesse partendo per quella che, a tutti gli effetti, si sarebbe potuta rivelare la più grande avventura della sua vita; e poco importava anche che, per la seconda volta, si sarebbe trovato a competere con i nazisti, di cui aveva già testato fin troppo da vicino la tenace resistenza. Tutto questo non aveva assolutamente importanza, per lui. Persino l’Arca dell’Alleanza gli sembrava una sciocchezza, se paragonata a Marion.
   Come si poteva pensare che certa gente avesse in mente soltanto la ricerca di un tesoro fatto d’oro e di gioielli, quando i veri tesori, infinitamente più rari e preziosi, erano ben altri, di una natura molto differente? Affannarsi e rischiare la vita per un vecchio artefatto tarlato… che sciocchezza!
   Poter stringere tra le braccia la persona che si amava, baciarne la labbra, accarezzarne i capelli, inebriarsi del suo profumo inconfondibile e, soprattutto, abbandonarsi alla consapevolezza dolcissima della sua vicinanza… quello era il vero tesoro. Soltanto quella poteva essere considerata la vera Arca.
   Ma lui, quel tesoro, lo aveva già avuto tra le mani, e poi lo aveva perso. Anzi, era costretto ad ammetterlo, lo aveva gettato via come una cosa inutile di cui non avrebbe saputo bene che cosa fare.
   Aveva stretto Marion, l’aveva baciata, si erano amati con il fuoco e la passione che non erano soltanto quelli della giovinezza, bensì quelli di un amore vero, immenso, capace di sfidare tutto e tutti, di andare contro tutte le chiacchiere e le ostinazioni. E, nonostante questo, nonostante tutte le promesse, i desideri, i sogni condivisi, aveva rovinato tutto. Era bastato un nonnulla, un semplice attimo di rancore per gettare al vento tutto quello che, nelle poche ma intense settimane che avevano trascorso l’uno vicino all’altra, avevano costruito insieme.
   Com’era strano da pensare. Sembrava che quei pochi giorni passati insieme a Marion racchiudessero tutta la storia della sua vita, tanto da rivederli nitidi come se fossero appena accaduti, mentre i dieci anni durante i quali erano rimasti separati sembravano non aver contato proprio nulla, come se non fossero neppure esistiti. Quel decennio sembrava quasi uno spartiacque tra ciò che era stato prima e ciò che sarebbe accaduto poi. Solo che, mentre del passato era certo, del futuro non sapeva ancora nulla, e ne aveva quasi timore.
   Ma molto presto sarebbero stati ancora insieme, e allora avrebbe saputo la verità. Solo trovandosela di nuovo davanti agli occhi avrebbe saputo dire se, per dieci anni, si era cullato in una semplice illusione, perseguitato da un tormento inutile, oppure se i suoi sentimenti erano rimasti gli stessi di allora.
   In realtà, era sicurissimo che quei sentimenti non fossero un inganno. Erano qualcosa di autentico, di reale. Non aveva mai provato nulla di simile nei confronti di una persona. Altrimenti, perché gli sarebbe bastato semplicemente chiudere gli occhi per riavere sempre davanti agli occhi la sua immagine?
   La vedeva di continuo, bellissima e unica come la ricordava. La vedeva vestita, nuda, con i capelli raccolti oppure sciolti, sorridente, in lacrime… la vedeva in mille modi differenti, anche in maniere che non corrispondevano in nessun modo ai suoi ricordi, ma comunque la vedeva. Vedeva lei, vedeva Marion… tutte le altre donne con cui era stato erano solamente ombre sfocate, immagini confuse a cui gli riusciva faticoso persino attribuire dei nomi. Forse soltanto una tra tutte loro, in quegli anni, era stata capace di fargli battere il cuore un po’ più forte rispetto alle altre; ma anche lei, alla fine, era scomparsa e al suo posto era restata solo e sempre Marion. Colei che lui un tempo aveva potuto chiamare la sua Marion e che adesso, invece, era un fantasma lontano, anche se sempre più vicino.
   Il treno attraversò uno scambio, producendo uno scossone che lo fece sussultare e lo riportò nel presente.
   «Non stai andando a vivere una romanticissima storia d’amore fatta di baci, dolcezze e carezze, Jones» si disse, sospirando profondamente. «Stai andando a cercare un antico reperto a cui anche i nazisti danno la caccia. E li conosci. Sai che non ci penserebbero due volte a farti fuori, se ti ritenessero un ostacolo ai loro piani
   Cercò una posizione più comoda, sperando che questo lo avrebbe aiutato a dormire.
   Non doveva pensare a Marion. Doveva avere chiaro solo il proprio scopo: contattare lei e Abner, farsi consegnare il medaglione dell’Asta di Ra e poi raggiungere Il Cairo. Il loro sarebbe stato un semplice incontro d’affari, poi avrebbe liquidato entrambi con il denaro che gli era stato fornito appositamente dagli uomini del servizio segreto. Per quanto doloroso crederlo, quello sarebbe stato tutto ciò che sarebbe accaduto tra di loro. Emozioni e sentimenti non avrebbero avuto nulla a che fare, con quella storia.
   Serrò gli occhi e cercò di addormentarsi.
   
 
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