Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: LondonRiver16    16/05/2021    3 recensioni
Sam e Gabriel avevano detto addio all’appartamento in Salisbury Willows tre anni prima. Ai loro occhi, l’opera di raggranellare i risparmi, chiedere un prestito, comprare un’abitazione con gli interni da ristrutturare e trasferircisi ben prima di aver allacciato le utenze era stata la promessa più consistente e tenace che avessero fatto l’uno all’altro, i voti anticipati di un matrimonio e di un futuro famigliare su cui non avevano ancora riflettuto in termini concreti. Non ancora, almeno.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Briciole di crostata sulle lenzuola'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Angolino dell'autrice

Ebbene sì, sono ancora viva.

 

 

 

14. Un ordinario mattino di follia

 

- 2 giugno 2019 -

 

Sam Winchester aveva sempre saputo che i suoi figli sarebbero cresciuti nell’abbraccio della musica. Per essere più precisi, lo aveva capito nell’istante in cui aveva realizzato che c’era un’unica, magica risposta con cui il suo intero sistema nervoso, linfatico ed emozionale avrebbe accettato di reagire alla proposta di matrimonio di Gabriel. Insomma, quando aveva compreso che Gabriel Hale era il suo lieto fine.

Sì, perché Gabe non era in grado di vivere senza qualcosa che gli ricordasse costantemente qual era il ritmo che gli scorreva nelle vene. Nello stesso modo in cui Sam sarebbe stato spacciato senza l’esistenza dei libri, vale a dire letteralmente. Se lo si privava troppo a lungo della compagnia di qualche nota ben piazzata all’interno del giusto incastro di pentagramma, Gabriel diventava acido, insofferente e in ultima istanza capriccioso – Sam ne aveva avuta prova adeguata quando la radio del negozio di ortofrutta di famiglia aveva pensato bene di suicidarsi cadendo dalla cima di un armadio e di condannare suo marito a rinunciare a Spotify per un’indescrivibile manciata di giorni. Per poco i due coniugi non erano finiti a litigare per il grado di tostatura dei crostini di un’insalata mista, quella sera a cena.

Gabriel pareva conoscere a memoria i testi di ogni canzone esistente sul continente occidentale – in molti lo avevano sfidato, attaccandolo con i titoli di ballate italiane e lagne francesi solo per uscirne debitamente sconfitti, troppe volte perché Sam si sentisse a suo agio nel mettere in dubbio alcunché.

Gabriel cantava in auto, mentre cucinava e sotto la doccia. Fischiettava mentre passava l’aspirapolvere, mugugnava strofe soffocate mentre si lavava i denti, preferiva perfino fare l’amore con lo stereo acceso e la musica adatta a creare la giusta atmosfera. E ovviamente, da quando i gemelli erano nati, l’atteggiamento entusiasta e completamente privo di aspettative del più istrionico dei loro padri era stato riversato anche su di loro, spaziando dalle ninna nanne alle serenate e dalle storie cantate ai cori di gruppo, utilissimi per distrarre i pargoli dalla noia dei viaggi in auto.

Perciò quella domenica mattina, quando Gabriel pensò bene che la cosa migliore da fare per rimediare al caos atomico che regnava al piano terra della loro casa di campagna era attivare il bluetooth del suo cellulare e prendersi del tempo per scegliere la colonna sonora adatta alla loro convulsa mattinata, Sam non fece una piega. In principio, perlomeno. Il patto implicito di quel frangente era che a ognuno di loro toccava un bambino, per cui Sam non si sarebbe lamentato finché Alec, che Gabriel si era appoggiato su un fianco, sarebbe rimasto buono buono a fissare con occhi strabiliati ogni mossa di suo padre. Sam era già abbastanza impegnato nell’impresa di infilare un paio di calze di cotone leggero sulle gambette agitate di Susie, per badare a quei due combinaguai.

- Un piedino alla volta, Susie Q. Prima il destro, così… brava, tesoro - stava dicendo alla bambina sdraiata con la schiena su un’estremità del divano, sorridendo di fronte all’espressione concentrata che si era dipinta sul viso della piccola nell’istante in cui si era messa in testa di cooperare. - Sei brava ad aiutare il tuo papi, non è vero?

Susie, con quei suoi occhi nocciola di un calore ineguagliabile e un caschetto lungo di capelli rossi le cui origini erano andate perse oltreoceano, si infilò la linguetta tra i denti, lusingata, e accennò un vago tentativo di nascondere il proprio imbarazzo brioso portandosi le mani alla faccia.

- Sì - confermò, premendosi le dita sulle palpebre, e se Sam non avesse avuto tanto da fare in troppo poco tempo si sarebbe sciolto come accadeva ogni volta che sua figlia apriva bocca.

- Ma che brava questa bambina che aiuta il suo papi - cantilenò invece, rallegrandola con la propria approvazione.

Stava per indugiare in una pernacchia che avrebbe premuto sul pancino di Susie fino a farla ridere a crepapelle come faceva spesso, quando lo smartphone che si era infilato nella tasca posteriore dei pantaloni cominciò a vibrare con insistenza. Sam cercò di non perdere il vantaggio faticosamente conquistato nel corso della missione calze, mentre con uno scatto recuperava lo smartphone, accettava la chiamata e si incastrava l’apparecchio tra l’orecchio e la spalla per avere di nuovo le mani libere.

- Pronto? Cas? Sì, lo so, siamo in ritardo. Imperdonabile, aggiungerei. No no, sono io a dirlo - snocciolò tutto d’un fiato. La voce di suo cognato suonava tranquilla e per nulla irritata, ma parlare velocemente aiutava Sam a credere che sarebbe riuscito a finire di vestire sua figlia prima che la piccola si stufasse di starsene sdraiata sul divano e cominciasse a divincolarsi. - Ti chiedo scusa, volevamo davvero esserci a messa, ma…

- La sveglia non ha suonato! - esclamò in quel momento Gabriel, con voce abbastanza alta da farsi sentire dall’altro lato della stanza e attraverso il microfono del telefono.

Quando suo marito gli lanciò un’occhiata di rimprovero, il maggiore si limitò a sorridergli con tutti i denti. Esattamente come Alec aveva imparato a fare, imitandolo, ogni volta che combinava qualcosa e si ritrovava a dover cercare una rapida via d’uscita dall’impiccio.

- La sveglia ha suonato, - specificò Sam, pignolo e vicino alla resa molto più che indispettito, - ma Gabe l’ha spenta e poi ci siamo riaddormentati dimenticando che fosse successo.

Doveva esserci voluta una congiunzione astrale non indifferente per far sì che tutto ciò accadesse la stessa mattina in cui, per la prima volta nella loro vita, i gemelli non si erano messi a chiamarli alle sei del mattino.

Per qualche motivo che un giorno, molto presto, gli avrebbe fatto guadagnare una sonora strigliata, Gabriel scelse proprio quel momento per far partire una canzone che esordì facendo tremare le casse. Un istante dopo, l’uomo aveva posato Alec a terra e, dopo avergli preso le manine, improvvisò un balletto che il bambino adorò fin da subito, almeno quanto il fatto che suo padre conosceva a memoria ogni singola parola del testo.

- Yo, listen up, here’s a story about a little guy that lives in a blue world. And all day and all night everything he sees is just blue…

Sam non ebbe il cuore di interrompere le risatine deliziate di suo figlio per imporre un abbassamento di volume che, per quanto doveroso, sarebbe suonato come cattiveria pura in quel frangente. Era sempre molto attento a non adottare la voce e il comportamento di John Winchester più di quanto non fosse strettamente necessario.

- Ormai siamo quasi sulla porta, Cas - optò invece per concentrarsi sulla telefonata e sugli ultimi sforzi da dedicare a quei benedetti pantacollant. - Be’, diciamo che ci stiamo preparando per esserlo presto.

- Blue his house with a blue little window...

- Cosa? Scusa, non riesco a sentirti bene. Puoi scusarmi solo un secondo? - Sam tornò a voltarsi verso il punto del soggiorno nel quale Gabriel e Alec stavano ancheggiando con diversi livelli di scioltezza. - Gabe.

- And everything is blue for him…

- Gabe! - lo richiamò Sam con una certa urgenza, e finalmente gli occhi di suo marito incontrarono i suoi. - Puoi abbassare il volume, per favore? Castiel potrebbe parlarmi in francese e io non me ne accorgerei.

Gabriel sorrise, comprensivo.

- Certo, Samshine - accettò di buon grado, girandosi per ruotare verso sinistra la piccola manopola dello stereo. - Scusaci, io e Alec ci siamo lasciati trasportare. Siamo degli animali da festa.

Molto si poteva dire sulle stramberie di Gabriel, meno che fosse sordo alle esigenze di chiunque. Ma ovviamente Sam non poteva aspettarsi lo stesso livello di condiscendenza da parte del loro figlio di nemmeno tre anni. Susie era infinitamente paziente e mansueta per la sua età, ma Alec era fatto di tutt’altra pasta – la pasta degli Hale, senza dubbio – e non ci pensò sopra due secondi prima di cominciare a protestare a gran voce, con tanto di piedi sbattuti sul pavimento.

- No! - piagnucolò quando la musica subì un brusco calo di intensità. - No, no, no!

C’era da capirlo, avevano interrotto il suo abbandono al ritmo proprio all’inizio del ritornello. Gabriel, l’unico che dipendeva dalla musica al punto da comprendere la drammaticità del momento, fece calare una carezza sulla sua testolina bionda per quietare i suoi capricci.

- Poche storie, mostriciattolo - gli disse, accucciandosi di fronte a lui con un sorriso per attirare la sua attenzione sulla propria espressione coscienziosa. - Hai sentito tuo padre, vero? Cosa non diciamo a papi?

Un qualche meccanismo ben oliato parve scattare dietro gli occhi azzurri del bambino, che da indignati si fecero dubbiosi, tolleranti e infine addirittura arrendevoli.

- No “no” a papi - mugugnò.

- Esatto, molto bene - lo elogiò Gabriel, convinto e tranquillo. - Non si dice “no” a papi.

Sam non aveva ancora capito come fosse possibile che Gabriel fosse così competente con i bambini, ma finché la sua misteriosa abilità gli avrebbe permesso di sopravvivere alle scenate dei suoi figli non si sarebbe posto più domande del necessario. Tutto ciò che si limitò a fare fu premere un bacio riconoscente sul capo di Alec nel momento in cui il bambino gli passò accanto trotterellando.

- Grazie, ometto.

Il fatto che si fosse già dimenticato del piccolo ostacolo alla propria gioia e stesse puntando al suo camion dei pompieri non trattenne il sospiro di sollievo di Sam. Forse avrebbero potuto farcela entro il fine settimana.

- Eccomi, Cas. Dicevi? Certo. Certo, saremo lì più che in tempo per il pranzo - assentì Sam.

Si sentiva più sicuro di quell’ipotesi, ora che la parte più intricata dell’abbigliamento di Susie era a posto. La piccola si lasciò rimettere in piedi di buon grado e subito alzò le braccia verso il soffitto, pronta per farsi infilare il vestitino a fiori che aveva scelto lei stessa, dopo colazione. Sam benedisse mentalmente la compiacenza della bambina.

- Si tratta… - riprese, accontentandola più che volentieri, ma proprio in quel momento Gabriel pensò bene di sabotarlo cominciando a solleticare i fianchi di Susie con le dita.

- I have a sister and she is so blue…

Sam non gli schiaffò via le mani soltanto perché aveva finito, oltre che per lo splendore di quelle risate spontanee. L’uomo sospirò, ricadendo a sedere sui propri talloni.

- Si tratta solo di finire di vestire i bambini. Tutti e tre - disse al microfono del proprio smartphone, aggiungendo quell’ultimo dettaglio mentre fulminava bonariamente con lo sguardo suo marito e il pigiama di cui avrebbe dovuto liberarsi ore prima. Gabriel gli rivolse una smorfia, con tanto di linguaccia, facendolo ridacchiare sotto i baffi. - E poi saremo lì in un lampo, promesso.

Quando la radio fece partire Crocodile Rock di Elton John, Gabriel fu più che felice di prendere in braccio sua figlia, che reagì con un gridolino emozionato, depositarla a qualche metro di distanza e mettersi a ballare con lei per far sì che Sam potesse dedicare tutta la sua attenzione ad Alec e ai vestiti che il piccolo, al contrario di sua sorella, non aveva nessuna intenzione di indossare.

- I remember when rock was young, me and Susie had so much fun...

- Alec… Alec, stai buono per un attimo, per favore.

- But the biggest kick I ever got was doing a thing called the Crocodile Rock...

- Oh, cavolo - esalò Sam, lasciando Alec libero di scorrazzare per il salotto imitando una sirena, assieme al suo camion giocattolo, una volta che fu arrivato in fondo alla sua piccola pila di vestiti senza aver trovato ciò che cercava.

Gli occhi di Gabriel corsero subito a lui, improvvisamente ignari di quanto fosse trascinante la canzone.

- Problemi?

- Ho dimenticato la canottiera di Alec di sopra. E anche i calzini.

L’esasperazione nei suoi occhi non sarebbe stata tanto marcata, se quella mattina non si fosse già dimostrata costellata di piccole avversità di tutto rispetto. Non importava quanto essere un padre lo avesse abituato ai disguidi, Sam Winchester odiava arrivare in ritardo quando prendeva un impegno. Che l’affaticamento e lo sdegno permeassero la sua voce, però, lo seppe solo quando essi riuscirono a distrarre perfino Alec dal suo gioco. Seduto sul pavimento, il bambino sollevò il visino, fece spaziare lo sguardo da un genitore all’altro, come per controllare che fosse tutto a posto, e infine si portò una mano aperta alle labbra.

- Oh-oh - intonò.

Malgrado la stanchezza del momento, Sam non riuscì a non sorriderne. Un istante dopo, Gabriel gli stava passando accanto, con Susie in braccio. Si fermò il tempo utile a chinarsi quel tanto che gli permise di lasciare un bacio soffice sulle labbra di suo marito prima di dirigersi verso le scale che conducevano alla zona notte.

- Ci penso io, amore. Riposati un minuto - Si sistemò meglio Susie sul fianco prima di intraprendere la salita. - Missione canottiera e calzini, cucciola. Sei pronta? Troveremo il più bel corredo intimo che tuo fratello abbia mai indossato.

Sam sbuffò in una risata, udendo quell’epiteto, e un sorriso vago e contento continuò ad aleggiargli sulle labbra mentre si sedeva sul pavimento, con la schiena contro i cuscini inferiori del divano, e rimaneva a osservare l’impegno con cui Alec gestiva l’itinerario dei suoi vigili del fuoco. Rimase ignaro di aver abbandonato il cellulare alle proprie spalle finché la voce di Castiel tornò a chiamarlo.

- Sam? Tutto bene?

L’uomo allungò un braccio alle proprie spalle e lo rassicurò con un sospiro.

- Sì, Cas, grazie. Solo un ordinario mattino di follia. Ci vediamo tra poco.



   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: LondonRiver16