Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: ice_chikay    17/05/2021    5 recensioni
MikasaxLevi
A due anni dalla fine della guerra, Mikasa e Levi si ritrovano insieme ad affrontare le cicatrici e le ferite che la guerra ed i giganti hanno lasciato nelle loro vite. Mentre l'inverno è alle porte, il loro rapporto cambia per sempre... In un mondo popolato di memorie di amici caduti, riusciranno a guarire insieme?
Una storia introspettiva sui miei due personaggi preferiti, ideata e in larga parte scritta prima dell'uscita del capitolo 131, quindi ormai in parte off canon.
Contiene spoiler per chi segue solo l'anime.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao!
In questo capitolo (un po' breve) si introduce un altro personaggio molto molto importante. Non sarà la prima volta in cui se ne parlerà. Spero vi convinca, altro alla fine del capitolo ;) 


 


XV
 
 
«Levi? Sei ancora qui?»
 
«Sì»
 
La porta si apre lentamente. Levi sente Hanji entrare, ma rimane immobile. La sente avvicinarsi alla sua sedia, poi fermarsi accanto a lui.
 
Si concede un sospiro leggero, prima di parlarle: «Hai bisogno di me? I ragazzi stanno meglio?»
 
Hanji allunga una mano e la poggia sulla sua spalla destra. Gliela stringe delicatamente. Levi sposta lo sguardo sulle proprie mani. Sono completamente sporche. Ricoperte di sangue, terra, sudiciume. Un tremolio gliele smuove appena.
 
«Sì, stanno riposando. Dovresti provarci anche tu»
 
Levi sbuffa appena. Si sente stanco come mai nella sua vita. Ma non riesce a muoversi da quella sedia.
 
Davanti a lui, steso su un letto, giace il corpo di Erwin. Hanji gli ha coperto il volto con il suo mantello verde con le ali incrociate. L’avambraccio e la mano sinistra sono scoperti, così come parte del busto insanguinato e le gambe.
 
«Sto bene» mormora, ma è più una risposta automatica che la verità. La verità è che, a parte una stanchezza esagerata, non sente niente.
 
Sa che il dolore arriverà, ne è sicuro. Riflette quasi con distacco chiedendosi perché non sia già esploso, come per Isabel e Farlan, come per sua madre, come per la sua squadra.
 
Gli sembra di avere la mente completamente intorpidita, come se non fosse in grado di processare gli avvenimenti di quella giornata. Non riesce nemmeno a infastidirsi per il suo stato, per la sporcizia che lo ricopre da capo a piedi, per il sangue che gli imbratta la faccia, ormai rinsecchito.
 
«Hanji…»
 
Si rende conto di star parlando senza quasi essersi accorto di volerlo fare.
 
«Sì?»
 
«Mi dispiace. Per Moblit»
 
Sente la sua presa stringersi sulla spalla. Automaticamente alza la mano destra e la poggia su quella di lei. Non ha ancora la forza di guardarla in viso.
 
«Lo so» sospira lei, dolcemente. «Siamo rimasti solo io e te, eh?»
 
Qualcosa gli si stringe nello stomaco. Sente un groppo crescergli in gola. Serra di più la presa sulla mano di Hanji, incapace di parlare di nuovo.
 
«Sono felice che ci sia tu con me…» continua lei, mentre la voce le si incrina. La sente passarsi l’altra mano sugli occhi, uno dei quali è sparito sotto una spessa benda sporca.
 
Levi resta in silenzio. Sente i battiti del suo cuore risuonare a un ritmo strano, rallentato. Sta succedendo davvero? O sta succedendo solo nella sua testa? Si sente completamente svuotato. Sente vagamente il bisogno di ripensare a prima, ma gli sembra di cercare di vedere sotto una patina opaca di acqua increspata. Si passa la mano sinistra sugli occhi.
 
«Levi…» la sente titubare, dovrebbe essere preoccupato dalla domanda che teme gli faccia, ma resta impassibile, con gli occhi incollati alla mano di Erwin, che adesso gli sembra troppo immobile. «…cosa è successo al di là del muro?»
 
Lascia andare un sospiro tremolante. Rivede tutto: i suoi compagni che abbattono i giganti, sente la sua voce che sentenzia di stare attenti, di non volere morti inutili, ricorda il suo compagno che gli intima di riposarsi, perché dovrà affrontare il Gigante Bestia, che ci penseranno loro a finire gli ultimi giganti rimasti. E poi la pioggia di pietre, come proiettili, che abbattono chiunque, dilaniando i suoi soldati in mille pezzi, come granate. Ricorda l’incredulità quando si era accorto di cosa stesse succedendo. Lo sguardo di terrore di quei novellini. Quei novellini che lui ed Erwin hanno condannato a morte.
 
Rabbrividisce. Sente come di dover vomitare, ma cerca di deglutire e sopprimere quella sensazione.
 
Deve essere rimasto in silenzio troppo a lungo, perché Hanji sospira di nuovo. «Non fa niente, ne parliamo domani…e comunque Floch ha già raccontato qualcosa»
 
Ricorda l’istante dopo aver abbattuto il Gigante Bestia, quando si era guardato intorno, cercando qualcuno, chiunque, che respirasse ancora, per iniettargli il siero. Ricorda la paura con la quale aveva guardato quei corpi martoriati, sapendo inconsciamente che stava cercando il suo. Che la speranza di trovarlo ancora vivo era così dolorosa che rischiava di sopraffarlo. Levi sa bene che la speranza è una cosa molto pericolosa: ti riempie il cuore con delle illusioni per poi abbatterti senza pietà. È la tortura più terribile, perché è inevitabile.
 
«Levi… che cosa faremo senza Erwin?»
 
È appena un sussurro, la voce di Hanji. Del Comandante Zoe.
 
«Non lo so…» risponde. Ma si rende conto che Hanji ha bisogno di qualcosa di più, c’è una vulnerabilità nella sua voce che gli comprime i polmoni. «Entreremo in quella cazzo di cantina. E poi ucciderò il Gigante Bestia»
 
Hanji sposta la mano dalla sua spalla sinistra, per accarezzargli le scapole. Levi riappoggia il gomito destro sul ginocchio.
 
«Hai ragione» Questa volta la voce della donna è meno tremolante. «Faremo così. Un passo alla volta, insieme»
 
Hanji si muove verso la porta, accennando al fatto che deve andare a controllare gli altri. Levi la chiama mentre lei è ancora sull’uscio. Lei si volta e per la prima volta lui ha il coraggio di guardarla negli occhi. Esita.
 
Pensi che abbia fatto la scelta giusta? Potrai mai capirmi?
 
Sente le parole premergli nella gola come qualcosa rimastogli di traverso. Ma non dice niente.
 
Hanji abbozza un sorriso. «Raggiungici, quando te la senti»
 
Si chiude la porta alle spalle, lasciandolo da solo. Trasalisce appena quando si rende conto di averlo pensato. Il suo corpo sarà pure li, ma per la prima volta Levi si rende conto che Erwin non c’è più. D’improvviso gli sembra di congelare. Sente il suo corpo tremare. Le dita di Erwin sembrano troppo lunghe, troppo strane, gli sembrano sistemate in una posizione innaturale. Sembrano finte. Levi vorrebbe toccarle, per rimetterle a posto, ma è vagamente cosciente di non potersi muovere, anche se non capisce perché.  
 
È sotto shock? Si sentono così tutti quei soldati che è suo compito far rinsavire durante le battaglie? Levi non riesce a capirlo, si sente anestetizzato. Probabilmente è solo stanco morto. Non c’è un singolo muscolo del suo corpo che non gli dolga.
 
«Erwin…» sussurra all’improvviso, quasi come se temesse di svegliarlo. Quasi come se stesse cercando di svegliarlo.
 
Resta immobile ad ascoltare il silenzio che riempie la stanza. Ripensa alla sensazione spiacevole che aveva provato quando Erwin e Zackely gli avevano affidato il siero, prima di partire per Shiganshina. Lo sapeva – l’aveva saputo in quell’istante – che quella storia non poteva finire bene. Aveva sentito un presentimento nefasto calargli addosso ed anche questa volta il suo istinto aveva avuto ragione.
 
Il pensiero di sopravvivere ad Erwin non lo aveva mai neanche sfiorato, prima che lui perdesse il braccio in battaglia. Era certo che sarebbe morto combattendo per lui. Quale scherzo del destino lo aveva portato ora in questa stanza?
 
Sa che questa è l’ultima volta che potrà stare da solo con lui. Vorrebbe dire qualcosa, vorrebbe rimettere in ordine qualcuno dei pensieri che hanno iniziato ad affollare la sua mente annebbiata, ma Erwin non è più lì, non lo sta più ascoltando. Che senso avrebbe chiedergli scusa per non aver ucciso quella dannata bestia? Che senso avrebbe rinnovare la sua promessa, ripetergli che prima o poi porterà a termine il suo ultimo ordine? Che senso avrebbe dirgli che la sua vita gli sembra improvvisamente senza senso, completamente sbandata? Che si sente perso e solo e tradito dalla sola persona che gli abbia mai donato uno scopo? E che non ha alcun diritto di sentirsi così, visto che la sola causa di tutto questo è stata una sua scelta?
 
Si alza lentamente e barcolla quando le sue gambe quasi non reggono il suo peso. Una nuova ondata di stanchezza si abbatte su di lui. Avanza lentamente verso la porta, si sente quasi mancare mentre si appoggia allo stipite.
 
Deve dormire.
 
Sta per uscire, ma esita, incerto se voltarsi di nuovo.
 
China il capo.
 
Apre la bocca, poi la richiude. Gli umani hanno riconquistato il Muro Maria, per la prima volta hanno davvero vinto contro i giganti. Levi non pensa di essere uno sprovveduto, ma non si aspettava di dover pagare un prezzo così alto.
 
Sospira senza dire nulla, poi – un passo dopo l’altro – lascia Erwin alle sue spalle.
 
 

 
***
 
 



Mikasa si svegliò disturbata da un suono strano che non riuscì a riconoscere. La luna era ancora alta fuori dalla finestra, doveva essere notte fonda. Levi non era nel letto.
 
Era tornato a casa verso ora di cena. Aveva preparato da mangiare quasi senza parlarle e anche lei aveva mantenuto un atteggiamento astioso. Era più facile avercela con lui che affrontare la paura che le stringeva la gola con una morsa sempre più stretta. Era andata a dormire per prima e si era addormentata da sola. Dallo stato delle coperte sul suo lato del letto, capì che lui non l’aveva mai raggiunta.
 
Ancora annebbiata dal sonno, continuava a non capire cosa potesse provocare quello strano raspare. Si alzò in piedi e si lanciò una coperta sulle spalle, prima di aprire la porta della stanza.
 
Il resto della casa era nella penombra, illuminata soltanto dalle fiamme deboli del camino e dalla luna che entrava dalle finestre. Mentre cercava Levi con lo sguardo, capì cosa producesse quello strano rumore:
 
Lo trovò in ginocchio per terra, tra la cucina ed il tavolo, con un tino di legno pieno di acqua e sapone accanto a sé ed uno spazzolone stretto tra le mani, con le quali sfregava il pavimento con così tanta forza che Mikasa temette potesse consumarlo.
 
«Levi…» mormorò mentre la fronte le si aggrottava «che stai facendo?»
 
Notò il leggero profumo di sapone che aleggiava nella stanza. Il riflesso delle luci sulla superfice bagnata del pavimento del resto della casa le segnalò che il capitano doveva essere all’opera da un bel po’.
 
«La casa è disgustosa, cazzo…» sibilò lui tra i denti stretti, senza accennare nemmeno a fermare il suo movimento forsennato. Emise un verso di fatica mentre spingeva di nuovo le mani avanti e indietro, cercando di cancellare dello sporco che – Mikasa ne era certa – era sparito da un pezzo.
 
«Levi…» ripeté di nuovo, titubante, mentre gli si avvicinava in punta di piedi, quasi temendo di farlo scattare. «È notte fonda… vieni a letto, domani finiamo insieme» aggiunse quindi, tendendo una mano verso di lui.
 
Lui la ignorò completamente. Non alzò neanche il viso per guardarla. Continuò a strofinare il pavimento, lasciandosi sfuggire un gemito misto di fatica e frustrazione. Quando lei si accorse di come le sue mani tremassero mentre stringevano spazzola, si inginocchiò davanti a lui.
 
Con delicatezza posò le mani su quelle di lui e gliele strinse con decisione, interrompendo il suo lavoro. Le mani di Levi erano congelate. Mikasa rabbrividì.
 
«Levi, parlami. Cosa c’è che non va?» Si accorse di non riuscire a nascondere tutta la sua preoccupazione dietro la dolcezza del suo tono. Si chiese se anche Levi ne fosse cosciente.
 
Levi strinse ancora di più la presa sullo spazzolone. Tenne la testa china, ma Mikasa notò il serrarsi delle sue mascelle e l’irrigidirsi dei tendini sul suo collo. Restò in silenzio, per lasciargli il tempo di risponderle. Le sembrava quasi di poter sentire fisicamente il blocco nella gola di Levi, la tensione in tutto il suo corpo. Avrebbe fatto di tutto per lenire quella sofferenza. Era così preoccupato per l’incursione di quella mattina?
 
La sua voce la riscosse dalle sue riflessioni:
 
«A volte mi manca così tanto che mi sembra di non poter nemmeno respirare». Aveva parlato a voce così bassa che Mikasa avrebbe quasi potuto non sentirlo.
 
«Cosa? Il Corpo di Ricerca?» provò a chiedere, allentando la presa sulle sue mani per iniziare a carezzargliene lentamente il dorso con i pollici.
 
Levi alzò il viso, ma tenne lo sguardo incollato a terra. Accennò un cenno di diniego scuotendo appena la testa.
 
«Erwin»
 
Mikasa gli lanciò uno sguardo, leggermente sorpresa. Sapeva del loro forte legame, ma Levi non aveva mai più parlato di lui dopo Shiganshina, né a lei, né a nessun altro della loro squadra. Non sapeva praticamente niente della loro storia, a parte lo strano modo in cui si erano conosciuti e il fatto che Levi fosse sempre stato molto protettivo nei confronti del Comandante. Non sapeva se i legami degli Ackermann fossero la verità, non sapeva se Erwin fosse stato per lui ciò che Eren era stato per lei.
 
Allungò la mano destra e gli accarezzò la guancia, con deliberata lentezza, come per non farlo fuggire via al suo tocco. Levi rabbrividì, ma non si scostò.
 
Mikasa si schiarì la voce: «Certo, è normale. Eravate amici»
 
A quelle parole, Levi scattò in piedi, accennando un suono a metà tra una risata sprezzante e uno sbuffo.
 
«Amici? Erwin non aveva amici… aveva solo pedine. Pedine da usare per i suoi scopi» Prese a vagare per la stanza come un animale in gabbia, passandosi la mano destra sul viso.
 
«Non ero altro che questo» riprese, parlando sempre più veloce, quasi farneticando, mentre il calore gli colorava le guance «Mi ha tirato fuori dal Sottosuolo per i suoi scopi…è stata una vera fortuna che Farlan e Isabel siano morti subito… così è stato ovvio che mi legassi a lui, mi ha raggirato con quei suoi soliti discorsi profondi del cazzo ed il gioco era fatto… a volte mi chiedo se alla fine non li avrebbe mandati a morte lui in qualche missione suicida, se non fossero stati uccisi dai giganti…così che non avessi inutili distrazioni…»
 
Mikasa lo fissava con gli occhi spalancati, attonita e assolutamente certa di dover restare in silenzio. Levi comunque non le avrebbe permesso di interromperlo perché riprese, quasi mangiandosi le parole per la fretta di pronunciarle.
 
«No, Mikasa, non eravamo amici… per essere amici si deve essere pari. Lo sai quando è stata l’unica volta in cui siamo stati amici veramente?» spalancò le braccia, senza smettere di muoversi irrequieto, cambiando il peso sui piedi, gesticolando. «…Quando a Shiganshina gli ho ordinato di rinunciare ai suoi cazzo di sogni e di andarsi ad ammazzare per distrarre Zeke Jaeger, di fare da esca per me»
 
Si lasciò cadere seduto sulla branda, poggiando i gomiti sulle ginocchia e nascondendo il viso tra le mani, mentre riprendeva fiato.
 
Mikasa si alzò e gli andò davanti in silenzio, prima di accucciarsi di nuovo davanti a lui. Gli accarezzò i polpacci lentamente, senza dire nulla. Sentiva il suo respiro affrettato mentre qualcosa dentro di lei si comprimeva, come se qualcuno le stesse strizzando le viscere dall’interno.
 
«Kenny aveva ragione» riprese lui a bassa voce, quasi ansimando «Non siamo altro che schiavi»
 
Mikasa strinse involontariamente la presa sulle sue gambe. L’eco di un’altra persona che le diceva quelle stesse parole le invase la mente, ma la voce di Levi la riscosse di nuovo:
 
«E vuoi sapere qual è la cosa più patetica? Che adesso non vorrei altro che un suo ordine»
 
Inspirò forte col naso, mentre le sue mani riprendevano a tremare.
 
«Non so che devo fare» mormorò un attimo dopo, quasi con vergogna, senza osare guardarla. «Non so che cazzo devo fare». Inspirò, mentre il respiro gli si rompeva.
 
«Da quando è finita la guerra…da quando Zeke è morto…non so più che devo fare»
 
Se mai un uomo come Levi potesse crollare, Mikasa immaginò che sarebbe stato simile a quella confessione a fior di labbra.
 
«Lo sai cosa ho continuato a chiedermi oggi da quando quei soldati di merda sono venuti qui?»
 
Mikasa scosse il capo, pur sapendo che lui non la stava guardando.
 
«…a cosa Erwin vorrebbe che facessi»
 
Si passò le mani tra i capelli, stringendosi il retro della nuca, incassando ancora di più il collo tra le spalle curve.
 
«Vorrebbe che tornassi sottoterra? Vorrebbe che aiutassi il governo? È questo il mio dovere? Mi chiederebbe di farlo?»
 
Mikasa sollevò la mano destra e gli carezzò l’avambraccio sinistro.
 
«E tu Levi? Tu cosa vorresti?»
 
Levi trasalì appena al suono della sua voce.
 
«Io?» sembrò stupito dalla domanda, poi riprese: «Vorrei non aver dovuto ucciderlo. Vorrei che fosse ancora vivo. Vorrei che mi dicesse cosa devo fare»
Mikasa sentì le lacrime formarsi negli occhi. Sapeva perfettamente di cosa parlasse Levi: provava quella sensazione ogni giorno, da quando Eren era partito da solo verso Marley, lasciandola indietro.
 
«Lo capisco…» sussurrò dolcemente, stringendo appena la presa sul suo braccio. «Ma cosa vorresti tu, per te stesso?»
 
«Questa domanda non ha nemmeno senso!» protestò lui, con enfasi «Volevo solo sopravvivere. Poi Erwin mi ha tirato fuori da quella fogna, mi ha dato un cazzo di scopo, una missione… Non c’è mai stato altro, lo capisci? Non c’è nient’altro ormai. Io non…» ansimò, cercando di riprendere fiato. Deglutì.
 
«Io credo che Erwin avrebbe voluto che tu fossi felice» mormorò Mikasa, quasi sorpresa di avere l’ardire di aprire bocca. Levi lasciò andare uno sbuffo sarcastico, ma prima che potesse ribattere, lei riprese:
 
«Levi, Erwin ti voleva bene e tu lo sai» Alzò la voce per sovrastare la risposta che sapeva sarebbe arrivata «Vuoi sapere come faccio a saperlo? Quando Eren è stato rapito da Berthold e Reiner, lui non ti ha fatto venire con noi in missione. Eri ancora convalescente e ti ha lasciato a casa. Ci ha anche rimesso un braccio. E non rispondermi che era per averti in forma per le missioni successive, non è vero. Eren era la nostra unica speranza. Riprendercelo era la massima priorità. Eppure, lui ti ha ordinato di restare indietro»
 
Levi sollevò il viso, allontanando le mani. Una lacrima gli scese sulla guancia dall’occhio sinistro. Mikasa trasalì. Sul volto di lui comparve un’espressione incredula, mentre raccolse la lacrima con l’indice.
 
«Oh..» gli sfuggì dalle labbra. Per un attimo un’espressione sorpresa gli comparve sul viso. Poi un misto di tristezza e rabbia gli contrasse i tratti.
 
«Non guardarmi!» le gridò, spingendola via. Nascose gli occhi tra i palmi delle mani. Un singhiozzo gli scosse le spalle.
 
«Levi…» sussurrò lei, spalancando gli occhi incredula.
 
Levi stava piangendo. «Ti ho detto di non guardarmi, cazzo!» ringhiò, cercando di combattere quei sussulti, con scarsi risultati. Mikasa si alzò sulle ginocchia, avvicinandosi a lui. Gli passò le mani sulla schiena, Levi appoggiò la fronte sulla sua spalla, continuando a nascondere il viso tra le mani.
 
«Non fa niente, tanto sto piangendo anche io…» mormorò lei, mentre sentiva le lacrime scenderle sulle guance. Non fece niente per fermarle, né per asciugarle. Respirò tremolante, piangendo insieme a lui.
 
C’era qualcosa di strano nel piangere insieme. Ormai vivevano insieme da mesi, facevano l’amore, mangiavano, lavoravano, condividevano tutto, ma questo era qualcosa di diverso. A Mikasa sembrò per un istante di essere al centro dell’universo. Sentì come una forza che si sprigionava dai loro corpi e li legava indissolubilmente, come una catena infrangibile. Condividere quelle lacrime le sembrò d’improvviso il legame più profondo che potesse mai essere sperimentato. Fu certa d’improvviso che amare volesse dire questo.
 
Dopo un attimo o forse un minuto, o forse un’ora, Levi affondò il viso nell’incavo del suo collo e la strinse a sé con così tanta forza che le mozzò il respiro per un attimo, come se lei stesse scappando e lui cercasse di trattenerla. Sentì le sue lacrime bagnarle la camicia da notte.
 
«Mi dispiace…» biascicò tra i singhiozzi, rabbia e rimpianto impiastricciati in quelle poche sillabe. Sperò che lei capisse tutte le implicazioni nascoste in quelle poche sillabe.
 
«Lo so. Dispiace anche a me»
 
«Non so cosa devo fare…»
 
«Ci inventeremo qualcosa, ok? Scriveremo ad Historia»
 
«Vorrei che avesse visto cosa c’era al di là dell’Isola. Vorrei che l’avessero visto tutti loro…che sapessero che la loro morte è servita a qualcosa»
 
«Io penso lo sappiano…» sussurrò Mikasa, credendoci davvero per la prima volta.
 
«Io…» mormorò Levi, poi trasalì, restando in silenzio. Lei gli accarezzò la schiena, tenendo la guancia poggiata sulla sommità della sua testa.
 
«Sì?» provò a incoraggiarlo.
 
«…non voglio stare senza di te»
 
Mikasa sentì il petto riempirsi di qualcosa di caldo, intenso. Era mescolato alla compassione, alla tristezza, ma era pulsante e ardente. Sentì il cuore accelerare il suo battito. Lo strinse più forte, desiderando di non lasciarlo andare mai più.
 
«Dovunque tu andrai, io verrò con te…» sussurrò, quando riuscì a ritrovare la capacità di parlare. Non era mai stata così certa di qualcosa.
 
Levi trattenne il fiato poi singhiozzò di nuovo, dolorosamente.
 
 



 
«Mikasa, tutto questo è sbagliato. Devi andare via» biascicò, con la voce roca.
 
Sapeva che sarebbe finita, ne era stato certo ancora prima che cominciasse. La spirale di violenza e orrore che era stata tutta la sua vita lo stava richiamando a sé e non avrebbe permesso che Mikasa ne rimanesse invischiata. Doveva farla andare via prima che fosse troppo tardi. Era stato troppo egoista. Come aveva potuto pensare di meritarsi tutto questo? Come aveva potuto illuderla di poterle dare qualcosa che lui neanche conosceva?
 
Non voleva morire sottoterra. Quella spinta era stata l’unica cosa che l’aveva mantenuto in vita anche nei momenti più disperati e pericolosi. Sarebbe diventato un traditore se avesse disobbedito agli ordini del Consiglio Militare. Avrebbe avuto una condanna a morte pendente sulla testa. Come poteva permettere che lei subisse la stessa sorte solo per restargli accanto?
 
Ma avrebbe avuto la forza per mandarla via ormai? Levi non ne era più così sicuro.
 
La voce della ragazza lo riscosse dai suoi pensieri: «Cosa?» mormorò, basita, allontanandosi di scatto da lui.
 
Il freddo che si insinuò tra loro gli gelò il petto. Pensò che quello fosse ciò che lo aspettava d’ora in poi. Sospirò. Poi le mani di Mikasa gli incorniciarono le guance, costringendolo ad alzare il mento verso di lei. Serrò gli occhi, cercando di sfuggirle. Sentì i suoi pollici che gli asciugavano le lacrime.
 
«Va’ da Hanji e Connie. Non saresti mai dovuta restare qui» Le parole gli sembrarono fiele in bocca. Non aveva la forza di guardarla. La sentì tremare debolmente. Mettiti in salvo.
 
«Tutto questo è uno sbaglio. L’ho sempre saputo. Se non faccio quello che mi chiedono, sarò un traditore. Non ti trascinerò in questa storia. È meglio così»
Mikasa spinse la fronte contro la sua. Levi amava quando lo faceva: sentiva quel contatto, respirava il suo respiro, teneva gli occhi chiusi per percepirla con tutti gli altri sensi. Stavolta gli sembrò una tortura. Si chiese se sarebbe stata l’ultima volta in cui lei lo avrebbe stretto così.
 
Poi, lei lo baciò. Levi spalancò gli occhi, colto alla sprovvista. Mikasa aveva ricominciato a piangere. La vista delle sue lacrime fu come un pugno allo stomaco. Automaticamente le passò una mano tra i capelli. Lei tenne gli occhi chiusi e lo baciò di nuovo. Levi rimase immobile, interdetto. Il sapore delle sue labbra salate era inebriante, ma si impose di non ricambiarla.
 
«Levi…» sussurrò lei, passando a sua volta le mani nei suoi capelli, premendo il suo corpo contro di lui «Va bene. Andrò via, se è questo quello che vuoi»
 
Per un istante, credette che il suo cuore avesse smesso di battere. L’attimo dopo, un dolore sordo, oscuro, gli scese giù per la gola. Sentì di star tremando. Era quello che voleva. Era la cosa giusta. Eppure non si era mai sentito così disperato in tutta la sua vita. Si spinse contro di lei, incapace di parlare.
 
«Se i soldati torneranno, andrò via. Ma ti prego, non allontanarmi prima di allora. Ti prego, regalami altro tempo con te. Non sprecherò un solo istante. Mi basterà per il resto della mia vita, te lo prometto»
 
Lo baciò di nuovo. Le sue parole stavano facendo breccia nella sua volontà. Un dolore diverso, quasi dolce, rassegnato, gli stava annebbiando i pensieri. Socchiuse le labbra, catturò quelle di Mikasa tra le sue. Gli sembrò la cosa più giusta che avesse fatto in tutta quella giornata. Inspirò con forza, catturandole il viso tra le mani, ricambiando il bacio con tutto il trasporto che possedeva. La sentì singhiozzare.
 
«Te lo prometto Levi. Se Historia confermerà la missione, andrò via per sempre»
 
Gli sembrò una condanna definitiva. Sarebbe stato meglio se l’avessero ucciso quella mattina. Ma il pensiero di avere ancora del tempo per stringerla, per assaporarla, per inebriarsi di lei era sufficiente per convincerlo che non l’avrebbe mai allontanata prima del tempo. Se doveva essere un’egoista, lo sarebbe stato fino in fondo, fino alla dannazione.
 
«Mikasa…» sussurrò, mentre riprendeva fiato prima di baciarla di nuovo. Sentì le proprie mani che le scendevano sui fianchi, tirandola verso di sé. Lei si alzò e gli si sedette in grembo, circondandogli la vita con le sue lunghe gambe.
 
Le parole si erano trasformate in ansiti, mentre le loro bocche si cercavano disperatamente.
 
«D’accordo…» biascicò, mentre le baciava la gola, poi la clavicola sbucata dalla camicia da notte che aveva abbassato sulla sua spalla d’avorio «Stai con me…» sentì le sue unghie che gli graffiavano la schiena. Si morse un labbro, mentre un gemito gli sfuggiva dalle labbra «…finché non ci costringeranno a svegliarci»
 
«Finché tu vorrai» rispose lei, prima di baciarlo di nuovo, e questa volta senza lasciarlo più andare.



 
Spero davvero di non avervi delusi, so quanto sia difficile trattare il rapporto tra Levi ed Erwin che è uno dei più interessanti del manga.
Spero di aver fatto trasparire che ovviamente Levi non pensa tutto quello che ha detto, o almeno non pensa solo questo... quando qualcuno a cui teniamo scompare, a volte ci sentiamo traditi - delusi - anche se quella persona non ha nessuna colpa...e anche se razionalmente ne siamo ben coscienti. Ma certe volte tirare fuori questi pensieri è l'unico modo per imparare ad andare avanti. Mi auguro davvero che tutto questo traspaia!
Non temete, i nostri eroi torneranno a parlare di Erwin. 

Fatemi sapere come sempre cosa ne pensiate! ;) 

Chikay

 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: ice_chikay