Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: J Stark    19/05/2021    1 recensioni
Cosa succederebbe se inaspettatamente ti ritrovassi nel mondo dell'Attacco dei Giganti? Conoscendo la storia agiresti per cambiare gli eventi o lasceresti che facciano il loro corso? Assisteresti da spettatrice/spettatore alla morte dei tanti personaggi o cercheresti a tutti i costi di salvarli?
Ti invito a scoprirlo unendoti all'avventura di Carol, la protagonista di questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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«Possiamo vincere! Possiamo vincere! I giganti non possono nulla contro le nostre nuove armi» Marlo si era lanciato in un monologo fin troppo ottimista sulla rinnovata potenza dell’umanità, e Carol si ritrovò a sospirare sommessamente di fronte a quella vana illusione.

«Vedo che sei su di giri…» commentò dubbioso Jean «perché sei tanto felice ora che sei nel Corpo di Ricerca?»

«Già come mai? Scusa, Hitch non ha provato a farti cambiare idea?»

«Hai detto Hitch? Perché mai?» chiese Marlo sinceramente perplesso di fronte all’allusiva domanda di Sasha.

«Che vuol dire “perché mai”, voi siete molto intimi dico bene?» sghignazzò lei con Connie a darle man forte.

Quei due quando ci si mettevano sapevano essere estremamente infantili.

«Non capisco cosa intendi, mi ha detto di non fare l’esibizionista perché questo Corpo non era adatto a me. Che restare nella Gendarmeria mi avrebbe reso la vita più facile. E dire che la stavo rivalutando…le ho detto che mi ha molto deluso»

Carol si limitò a scuotere la testa mentre prendeva una cucchiaiata di minestra, riflettendo su quanto i maschi potessero essere ingenui.

«Che idiota» disse Jean.

«Marlo, ma sei stupido?» lo rimproverò Armin.

«Un idiota con i capelli orribili» sentenziò Sasha.

«Ma che state dicendo, Marlo ha ragione!» l’innocenza con cui si espresse Eren confermò a Carol la propria teoria e le strappò un sorriso bonario. Si soffermò ad osservare meglio il ragazzino, che sembrava aver recuperato le forze dopo l’esperimento di quella mattina, tuttavia non doveva avere molto appetito poiché il suo piatto era ancora pieno.

«Ad ogni modo gli unici ad essere su di giri sono i novellini come te, che non hanno esperienza nel combattimento» proseguì Jean.

«Ma senti senti, quindi voi sareste i veterani di vecchia data?»

Carol serrò i denti nell’udire la voce di Floch; dopo tutte le cazzate che quello sbruffone aveva combinato nel manga, ogni volta che se lo trovava davanti faceva fatica a trattenersi dal prenderlo a pugni.

«In confronto a voi direi proprio di sì» anche Jean sembrava altrettanto seccato all’idea di conversare con il compagno.

«In fondo proveniamo tutti quanti dal 104°… e comunque non si tratta solo di noi. L’intera popolazione è estasiata all’idea di riconquistare il Wall Maria! Però… devo ammettere che siete davvero cambiati, c’è qualcosa di strano nei vostri occhi. Ditemi, che cosa vi è capitato?»

E non aveva torto, non erano più gli speranzosi ragazzini di qualche mese prima.

In fondo si può forse rimanere impassibili di fronte alla morte dei propri amici, davanti a tradimenti che non ci si sarebbe mai aspettati, scontrandosi faccia a faccia con la costante paura per la propria vita?

No, certo che no.

Mentre nel mondo di Carol i loro coetanei si preoccupavano di andare bene a scuola, di uscire con gli amici, di innamorarsi, di essere insomma adolescenti, quei giovani soldati invece offrivano i loro cuori e la loro vita per l’umanità.

Costretti a crescere in fretta, troppo in fretta.

«Vuoi saperlo?» sibilò minaccioso Jean incutendo non poco terrore in Floch il quale, pur forse inconsciamente, sembrò avvertire il peso e la sofferenza velati dietro quelle parole.

Preferì infatti l’ignoranza alla cruda verità probabilmente perché, se avesse saputo ciò che l’attendeva, il poco coraggio che l’aveva spinto ad unirsi alla Legione Esplorativa l’avrebbe abbandonato.

«N-no…magari…facciamo la prossima volta» balbettò affrettandosi ad uscire dal refettorio.

Anche Connie si congedò subito dopo, annunciando che il giorno successivo si sarebbe recato al proprio villaggio per fare visita alla madre.

Quando fu fuori portata di orecchi Sasha espresse le proprie preoccupazioni, sinceramente addolorata per la situazione dell’amico.

«Deve esserci un modo per far tornare normale la madre di Connie…c’è qualche possibilità dico bene?»

«Già, se continuiamo a far luce sul mistero dei giganti forse un giorno…» le rispose Armin nel mesto silenzio che era calato sul gruppo.

Carol vide che Eren era particolarmente assorto nei propri pensieri, sapeva bene che in quella mente confusa si stavano affollando i ricordi delle varie scoperte susseguitesi nel corso della storia.

«Vivere in un incubo» proferì poi il moro dal nulla, facendo sussultare gli amici «sono successe tante cose e ora è tutto vago… arrivati a questo punto chi è il nostro nemico? In altre parole, cosa sono i giganti? Persone come noi che stanno continuando a vivere in un incubo? Anche io per un momento sono stato un gigante come loro…»

«EREN!» lo riscosse duramente Mikasa «non hai ancora finito il pane e la minestra, potrai chiacchierare dopo aver finito il tuo pasto»

«D’accordo, scusami Mikasa»

«Ho notato una cosa Eren. Ultimamente te ne stai sempre lì a borbottare tra te e te. La persona di cui ti devi ricordare è soltanto quell’uomo. Quando eri nella caverna e hanno scavato nei tuoi ricordi, hai visto un uomo del Corpo di Ricerca che ha incontrato tuo padre» parlò Jean sostenendosi distrattamente il mento con la mano.

«È vero, mio padre l’ha incontrato proprio in quella situazione… sicuramente deve sapere qualcosa. Ho la strana impressione di aver già visto quell’uomo da qualche parte»

Il ragazzo titano si massaggiò la fronte come per mettere meglio a fuoco quelle immagini lontane, l’ennesima rivelazione era vicina.
Carol cercava di nascondere l’esaltazione che la pervadeva, era stranissimo trovarsi in carne ed ossa dentro una scena che conosceva a memoria ma che stava rivivendo in modo completamente diverso, al tempo stesso spettatrice e partecipante.

«Intendi con i tuoi occhi e non nei ricordi del Dottor Jaeger?» lo incalzò Armin.
«Sì almeno credo…»

«E tu prova a dare una testata sul muro»

Ovviamente Jean non poteva che essere favorevole a tale suggerimento

«Sì Sasha ha ragione, con la scusa dei ricordi non hai fatto altro che stringere la mano di Historia. Ti servirebbe una testata dal vecchio Istruttore»

“Bingo”

 Carol non staccò gli occhi da Eren, in attesa.

«Se bastasse solamente quello…» all’improvviso lui sbarrò gli occhi, l’evidenza lo colpì violentemente come una sberla in pieno volto. Ci volle solo qualche istante, anche se sicuramente nella sua mente stava ponderando ed unendo a rallentatore i pezzi di quell’intricato puzzle.

Poi batté forte le mani sul tavolo

«È l’Istruttore dei cadetti. Quell’uomo è Keith Shadis»

I compagni si ammutolirono increduli a quella scoperta.

Fu Carol ad alzarsi per prima dal tavolo e a dare una scossa alla situazione, come ci si aspetterebbe dopotutto da un adulto

«Sarà meglio avvisare subito i superiori. Li ho visti giusto un attimo fa uscire dalla mensa, ti accompagno»

«Veniamo anche noi» Mikasa ed Armin non avrebbero mai abbandonato il loro amico d’infanzia.
Ed era giusto così, quello era un momento importantissimo per lui e gli sarebbe servito tutto il sostegno morale possibile.

Salutarono frettolosamente il resto del gruppo e si fiondarono fuori dal refettorio, in fondo al corridoio scorsero Erwin, Hange e Levi intenti a confabulare.

«Comandante! Devo parlarle urgentemente» urlò Eren a pieni polmoni, facendo sobbalzare il trio.

«Datti una calmata ragazzino, non siamo al mercato» lo ammonì aspramente il Capitano.

Il moro recuperò un po’ di autocontrollo sotto lo sguardo attento ed un po’ dubbioso dei superiori.

«Si tratta dei ricordi di mio padre, quell’uomo dell’Armata Ricognitiva di cui vi ho fatto menzione è l’ex Comandante Shadis. Vi prego di permettermi di incontrarlo, potrebbe sapere qualcosa riguardo a mio padre!»

«Ne sei assolutamente certo?» chiese serio Erwin.

«Signorsì!»

«Non c’è tempo da perdere allora. Venite nel mio ufficio, discuteremo immediatamente i dettagli.»

I ragazzini seguirono Hange ed il Comandante, solo Levi rimase fermo sul posto scrutando sospettoso Carol.

«Tu già lo sapevi, dico bene?»

«Non ti sfugge proprio nulla»

«Tsk, devo ammettere che sei davvero brava a recitare»

«Eppure non mi sembra che tu ora abbia fatto fatica a smascherarmi»

Per quanto nessuno dei due l’avrebbe ammesso per primo, quello stuzzicarsi a vicenda li intrigava, accendeva i loro sensi come una miccia esplosiva.

«Alla luce di queste nuove rivelazioni credo che l’allenamento di domani mattina sarà rimandato. Approfittane per riposarti, recupereremo nel pomeriggio»

Carol annuì e mentre lui si stava incamminando verso l’ufficio di Erwin aggiunse

«Deduco che anche stanotte ti sarà difficile prendere sonno…»

Il Capitano arrestò il passo, voltandosi quel tanto per lanciarle un’occhiata di sbieco.

«Perché, ho in programma attività più stimolanti a cui dedicarmi?»

La nota volutamente maliziosa con cui si espresse fece arrossire Carol fino alla punta dei capelli.

Ed il ghigno che vide stampato sul volto di Levi prima che le desse nuovamente le spalle confermò che quello era esattamente il risultato che lui si aspettava.

Ma la ragazza recuperò in fretta, decisa a non perdere quella quotidiana competizione.

«Come sempre niente zucchero nel mio tè, grazie»

Lui fece finta di niente ma Carol sapeva che l’aveva udita perfettamente.

Come era certa che anche quella notte l’avrebbe trovato seduto al tavolo, con due tazze fumanti davanti a sé.
 
 



 
 
 
«Quando ti deciderai a fare un passo avanti?»

«Quando la smetterai di farti i cazzi miei, Quattrocchi?»

Concluso quel vertice dell’ultimo minuto Hange aveva raggiunto Levi in camera scaltra come una faina e nonostante lui la ignorasse, non voleva saperne di andarsene.

«Vuoi forse farmi credere che Carol ti è indifferente?» proseguì imperterrita, buttandosi sul letto impeccabilmente rifatto dell’amico.

Levi alzò la testa dai documenti solo per fulminarla con lo sguardo.

«Ti muovi con la grazia dei tuoi tanto amati giganti»

Lei per irritarlo ulteriormente si mise ancora più comoda, piegando i gomiti dietro la testa e sollevando in aria le gambe, rigorosamente senza togliersi gli stivali.

«Il fatto che tu eluda la domanda non fa che confermare la mia teoria»

“Dannazione”

Proseguì nella compilazione delle scartoffie, sperando di dissuaderla dall’intavolare quella discussione.

«Ti conosco da anni, eppure non ti ho mai visto così tranquillo come nell’ultima settimana, hai una luce diversa negli occhi… sembri persino felice»

«Perdonami se non sono solito fare il coglione come te»

La bruna si girò a pancia sotto fissandolo duramente negli occhi ed additandolo imperiosa con l’indice.

«Non cercare di sviare il discorso, con me non attacca! Vuoi che non sappia che quasi tutte le sere vi ritrovate insieme in cucina? Pensi che non veda gli sguardi che vi scambiate a vicenda?»

Il Capitano sbuffò sonoramente, scagliando la penna in un angolo della scrivania ed abbandonandosi rassegnato allo schienale della sedia.

Non c’era verso di sottrarsi a quel supplizio.

«Se sai così tante cose, allora spiega tu a me cosa sta succedendo!» sbottò seccato.

Il volto di Hange si addolcì, conosceva quello scorbutico nanetto abbastanza bene da essere consapevole che esternare i sentimenti gli costasse uno sforzo sovrumano. Era sicura che in quel momento avrebbe preferito affrontare un’orda di giganti pur di sfuggire a quell’interrogatorio.

Il soldato più forte dell’umanità aveva forse una sola, viscerale paura.

Quella di aprire il proprio cuore e lasciarsi amare.

«È chiaro che lei ti piace, Levi. Oserei dire che ti stai innamorando»

Lui avvertì una scossa fulminea attraversagli il corpo

«E quindi?» disse cercando di risultare il più indifferente possibile.

La donna scattò in piedi guardandolo allibita.

Aveva sentito bene? Si era appena confessato?

«COME SAREBBE “e quindi”? Devi dichiararti, stupido!»

«Abbassa quella voce, sembri una gallina starnazzante!» ribatté Levi portandosi le mani alle orecchie «non ho bisogno che tu mi dica cosa fare. Non sono un novellino, ho avuto le mie esperienze in passato»

«Allora qual è il problema?»

«Nel tuo delirio di saccenza ti è sfuggito che lei viene da un'altra “dimensione”, se così si può chiamare»

Hange lesse sul volto dell’amico una grande malinconia che le fece stringere il cuore.

Non era tuttavia il momento di abbattersi, lui aveva bisogno di una sveglia.

Attraversò a grandi passi la stanza e piantò con forza le mani sulla scrivania, scombinando i documenti e richiamando la sua attenzione.

«Ascoltami bene Levi! Non sai quanto Carol rimarrà ancora in questo mondo. E la nostra esistenza è già fin troppo piena di miseria e rimpianti per starsene fermi a cincischiare, agisci ora che puoi!»

La bruna parlò con sincera apprensione, mostrando quanto tenesse a lui e sapeva che in fondo anche per Levi era lo stesso.

Rimasero qualche istante a sostenersi lo sguardo a vicenda, entrambi decisi a non cedere.

«Quattrocchi» fu il Capitano a spezzare quella lotta silenziosa «riserva ai tuoi sottoposti queste paternali del cazzo, io me la cavo da me.»

Hange sospirò affranta, portando le mani al cielo

«AHHHHH, sei impossibile! D’accordo, fai come vuoi, poi non dire che non ti avevo avvertito!» lo minacciò prima di sbattere bruscamente la porta dietro di sé.

Quando la quiete finalmente tornò nella stanza, Levi si alzò dalla sedia e si diresse alla finestra.

Ogni volta che aveva una discussione con quel terremoto di donna finiva con il sentirsi prosciugato, come se fosse appena tornato da una dura battaglia.

Ma per quanto gli pesasse ammetterlo, Hange aveva ragione.

Carol non gli era affatto indifferente, tutt’altro.  La sera si ritrovava ad aspettare con ansia i loro incontri notturni e la mattina si svegliava con una strana sensazione di calma all’idea che avrebbe trascorso la giornata allenandosi con lei.

Ma era amore? O semplice eccitazione per una novità che aveva stravolto la sua routine, distraendolo dalle solite preoccupazioni?

Levi questo non riusciva a stabilirlo.

Aveva avuto diverse donne nella propria vita, per la maggior parte incontri occasionali dettati dal bisogno di stringere a sé un'altra creatura vivente e riscoprirsi vivo a sua volta. Per scacciare il fetore di morte che gli si incollava addosso dopo ogni spedizione, per silenziare le urla dei compagni caduti, per trovare un attimo di pace.

Con Carol però era tutto imprevedibile, si sentiva diverso eppure allo stesso tempo libero di essere sé stesso.

Era in balìa di quel mare di nuove emozioni, era una foglia portata via dal vento.

Si scopriva ad indugiare su di lei con lo sguardo più del dovuto, ed ogni volta che la vedeva sorridere il suo cuore si fermava per un attimo che sembrava infinito.

Gli era difficile processare tutto ciò, razionalizzarlo era impossibile.

Sapeva solo che il vuoto che da sempre dimorava dentro di lui sembrava più piccolo quando era insieme a lei.
   
 
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