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Autore: InvisibleWoman    19/05/2021    2 recensioni
Irocco | Con questa storia esco un po' dalla mia comfort zone del canon per dedicarmi alla fantasia (e non so quanto sarà una buona idea a lungo termine lol). Prende il via dagli eventi delle ultime settimane: tra Rocco e Irene non c'è più niente e lui è ufficialmente fidanzato con Maria. Ho ripreso un personaggio che avevo buttato lì tempo fa in una storia (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3976440&i=1) e che speravo arrivasse anche nella fiction per far svegliare Rocco. In realtà l'hanno fatto, ma con Maria, argh.
Da qui proseguirò la storia, che avrà più capitoli (spero per me non tanti), e proverò a dare la felicità al mio personaggio del cuore: Irene. Con o senza Rocco. Vedremo.
PS: troverete qualche errore o tempo verbale sbagliato in alcuni personaggi (Rocco e Maria e gli Amato), giuro che è voluto. Se dovesse capitare con gli altri fustigatemi pure!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Allora, dove andrete?” la voce di Dora la riportò alla realtà mentre Irene spiluccava il panino che le avevano servito in caffetteria. La venere sollevò lo sguardo dal piattino, dovendo fare mente locale per qualche istante prima di capire a chi si riferisse. Non che non trovasse interessante l’uomo con cui sarebbe uscita quella sera: era solo arrivato al momento sbagliato. Ora che Rocco l’aveva cambiata, aveva smussato i suoi angoli e le aveva fatto credere di meritare l’affetto degli altri. Non era semplice aprirsi a nuove possibilità, dando la possibilità a qualcun altro di farle del male come aveva fatto Rocco. 
“A ballare, credo” rispose lei, portandosi alla bocca un pezzetto che mandò giù con un sorso di chinotto. 
“Ma quindi chi è? Cosa fa? Perché non vi eravate più visti?” la sua amica, che Irene nell’ultimo periodo aveva frequentato poco, la tempestò di domande. Guardò Dora, ancora ignara di quello che lei e le altre veneri le avevano nascosto su Nino, nella speranza che se ne dimenticasse e quella cotta andasse via prima di doverle confessare la verità. Erano lì da tre anni e nessuna delle due era ancora riuscita a trovare l’uomo giusto. Entrambe avevano avuto a che fare con delusioni e turbamenti. Se Irene stava iniziando a metabolizzare quello che era successo con Rocco, per Dora si sarebbe trattata di una vera e propria doccia gelata. Avrebbero dovuto avvisarla, stavano sbagliando a mentirle. La stavano portando a crearsi castelli su castelli di sabbia, che inevitabilmente sarebbero stati spazzati via dalla prima onda del mare. Non voleva essere lei la responsabile della sofferenza della sua amica. Non voleva essere proprio Irene a dirle tutta la verità. Eppure, se le altre non erano disposte a farlo, avrebbe ricoperto ancora lei il ruolo della cattiva. Per il suo bene.
“E’ un pilota” rispose Irene con maggiore entusiasmo di quello che aveva mostrato fino a quel momento. “E’ dovuto partire all’improvviso per lavoro e non sapeva quando sarebbe tornato” le spiegò con ritrovato ottimismo. Era in realtà piuttosto contenta di uscire di nuovo con Lorenzo. Voleva tornare a essere l’Irene di sempre, quella che mai si sarebbe lasciata scappare un partito come quello. L’Irene frivola e leggera che tutte le sue amiche avevano imparato a conoscere. Non che si facesse vedere giù di morale, a parte qualche rara giornata no. La maggior parte delle volte Irene metteva su una maschera che le permetteva di celare se stessa e le proprie emozioni al resto del mondo. Si nascondeva da tutto e da tutti, persino dalle persone a lei più vicine come Stefania e Dora.
“Un pilota?!” strabuzzò gli occhi Dora, che da sempre era stata catturata dal fascino della divisa. Irene, a dirla tutta, non era da meno. Infatti annuì con soddisfazione all’amica, che per tutta risposta ammiccò a Irene come a congratularsi con lei per la conquista.
“Ma allora che ci faceva col dottor Conti?” domandò dopo un po’, arricciando le labbra con aria confusa. 
“Era un incontro personale. A quanto pare sono amici” ribatté lei, stringendosi nelle spalle con disinteresse. Il suo rapporto col dottor Conti non aggiungeva nulla al fascino di Lorenzo. Certo, c’era stato un tempo in cui Irene aveva avuto delle mire nei suoi confronti e aveva sperato che Vittorio Conti fosse ancora celibe, ma adesso era talmente abituata a vederlo al fianco di Marta, che la bionda non ci faceva più caso.
“Comunque l’ultima volta mi ha portato in un ristorante sui Navigli niente male” sollevò le sopracciglia Irene, nascondendo un sorriso con un altro morso al panino.
“Dai, che bello! Non appena mi aiuterete a conquistare Nino, finalmente potremo fare delle uscite di coppia, ci pensi?” propose Dora elettrizzata, mentre Irene si sentiva morire dentro. Come al solito Dora, l’eterna romantica per eccellenza, stava già organizzando mentalmente il proprio matrimonio con Nino senza ancora esserci neppure uscita una volta. Era profondamente diversa da Irene, che poco si faceva prendere da romanticherie e progetti di vita. Lei era da sempre stata più pragmatica, andava dritta al punto. Non sognava l’uomo giusto, il matrimonio perfetto, una famiglia, dei figli. Irene aveva sempre desiderato l’aspetto più frivolo e superficiale di una relazione: gli agi che un uomo benestante avrebbe potuto offrirle. Erano solo pensieri di una ragazza immatura che poco sapeva dell’amore quello vero. Una ragazza che proprio per amore era rimasta scottata e aveva preferito concentrarsi sull’aspetto pratico del matrimonio, pur di non dover coinvolgere il proprio cuore. E poi non voleva fare la fine dei suoi genitori. Non voleva vivere in una casa popolare, lavorare il doppio per poter crescere un figlio. Morire dentro quel piccolo appartamento, dopo una lunga malattia, circondata solo dall’unica figlia, anziché all’interno della migliore clinica di Milano. I soldi non compravano la felicità, sua madre glielo ripeteva sempre. Ma potevano comprare una vita dignitosa. La vita era dura per tutti, ma era di certo meglio piangere su delle lenzuola di seta, anziché su un materasso di pietra. Irene era rimasta a lungo di quell’idea, prima di conoscere Rocco e mandare all’aria tutte le sue convinzioni. Una cena in caffetteria e un incontro in magazzino non le sembravano più poco invitanti come un tempo. 
“Senti, Dora, io dovrei dirti una cosa…” iniziò Irene. Come poteva dirle la verità dopo averle mentito per così tanto tempo? Era qualcosa che avevano concordato insieme a Stefania e Anna e per un attimo pensò se fosse il caso di vuotare il sacco proprio in quel momento, da sola, senza prima aver discusso con loro il metodo più indolore per farlo. 
“Possiamo sederci anche noi?” domandò d’un tratto Maria a braccetto con Rocco. Irene roteò segretamente gli occhi al cielo, mentre Dora si affrettava a togliere la borsetta da una delle sedie per permettere a Maria e Rocco di unirsi a loro. 
“Beh, pensandoci, potreste uscire voi quattro, intanto” propose Dora, guardando con aria innocente prima Irene e poi Maria. Dora, povera ingenua, che non sapeva ancora nulla di Rocco e Irene. Entrambe rimasero per un attimo in silenzio, mentre Rocco guardava Irene pietrificato.
“Uscire cu cui?” domandò poi, confuso. 
“Con Irene e il suo nuovo ammiratore, con chi se no?” rispose Dora come se fosse la cosa più ovvia e scontata del pianeta. 
“Ma figurati!” esclamò Irene di getto. “Mi porterà in uno dei locali più esclusivi di Milano, non è il posto adatto per due come Rocco e Maria” aggiunse, rendendosi conto solo dopo della punta di veleno che fuoriusciva dalle sue parole. Dopotutto questa era la scusa che aveva usato per allontanare Rocco. Non avrebbe negato di aver dato a lungo importanza a questioni tanto superficiali come il conto in banca. Tuttavia, l’uscita in caffetteria con Rocco l’avrebbe ricordata a lungo come una delle più belle e spensierate della sua vita. Non le importava che non sapesse ballare, che fosse un disastro in piena regola. Si era divertita perché lui era capace di farla ridere come nessun altro. 
Dopo quella risposta, Rocco puntò rabbioso i suoi occhi su quelli di Irene. Aveva avuto ragione sin dal principio: si vergognava di lui. Non sarebbe mai stato abbastanza elegante, abbastanza intelligente, abbastanza facoltoso, abbastanza affascinante. Non sarebbe stato abbastanza per lei, punto. In quel momento pensò di aver fatto bene a scegliere Maria, che mai gli avrebbe rinfacciato la vita modesta che avrebbero condotto. Per lei un magazziniere non era un uomo da nascondere o di cui vergognarsi. I calli alle sue dita non la disturbavano. La sua scoordinazione e il suo scarso desiderio di mondanità non le davano fastidio. Non era uno da balli sfrenati e ristoranti di lusso. Si sarebbe sempre sentito fuori posto accanto a lei e in quel momento Irene non aveva fatto altro che confermarglielo. 
“Infatti, io e Maria siamo persone semplici” ribatté lui con la sua tipica aria canzonatoria, prendendo poi la mano della sua fidanzata, come a voler dimostrare qualcosa a Irene, mentre Maria gli sorrise come se le avesse appena fatto la più bella dichiarazione del mondo.
“Ci basta poco per essere felici insieme. Non è vero?” domandò allora lei, con un tono che agli occhi di Irene sembrava più un disperato tentativo di ottenere una conferma da parte del suo amato. 
Dopo quell’uscita al vetriolo, Irene abbassò lo sguardo sul piatto ormai vuoto e deglutì a fatica l’ultimo morso che aveva appena dato al panino. Questo le dava la scusa per terminare la pausa pranzo e tornare al Paradiso, defilandosi senza problemi da quel quartetto improvvisato.
“Vabbè, persone semplici, finite pure il vostro panino. Io torno al lavoro” si alzò di scatto, sculettando e ondeggiando fino a raggiungere l’appendiabiti e il suo soprabito rosa.

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I suoi occhi continuavano a fissare l’abito viola che rimaneva appeso alla gruccia dentro l’armadio. Sulla stoffa probabilmente vi era ancora traccia da qualche parte delle mani di Rocco che l’avevano tenuta stretta a sé. Se chiudeva gli occhi, Irene sentiva ancora il sapore dei suoi baci, la sensazione delle labbra sulle sue, il profumo della sua colonia dentro le narici.  
Seduta sul pavimento con le braccia allungate dietro di sé per sorreggerla e le gambe incrociate, Irene sospirò sconsolata. Era stata così euforica all’idea di uscire con Lorenzo fino a pochi istanti prima, poi aveva aperto l’armadio e aveva sfiorato con i polpastrelli quell’abito pietra dello scandalo e il sorriso le era morto sul viso. Si chiese quando avrebbe smesso di essere tanto stupida, non poteva continuare a lungo, era imbarazzante. Irene Cipriani non si struggeva per un magazziniere che aveva preferito una ricamatrice scialba come Maria e che si rivolgeva a lei usando quel tipo di epiteti. Un po’ di amor proprio!, pensò.
“Che ci fai per terra?” domandò Stefania rimanendo sull’uscio della porta, inclinando la testa di lato come facevano i cani quando non avevano chiaro qualcosa. 
“Studio il mio armadio” ribatté Irene, facendola più semplice di quanto in realtà non fosse.
“E hai scoperto qualcosa di interessante?” Stefania la emulò, sedendosi al suo fianco, continuando a tenere la testa inclinata come per cercare nuove chiavi di lettura e capire cosa avesse ipnotizzato a tal punto la sua amica.
“Quello che ho scoperto è che non c’è niente di interessante” sentenziò Irene sconsolata. Non avrebbe certamente indossato quell’abito. Non quella sera. Per quanto potesse servire a mandare un segnale a se stessa, sarebbe stato di cattivo gusto, pensò.
“Secondo me quello viola…” provò a suggerire Stefania.
“No!” Irene la bloccò all’istante, ammutolendosi di colpo dopo quell’uscita che lasciava trapelare più di quanto avrebbe desiderato.
“Va bene, va bene, calma. Quello viola no, allora” ridacchiò Stefania, appoggiando una mano sulla spalla della sua amica. “Quello blu? Si intona ai tuoi seducenti occhi di ghiaccio” continuò con fare drammatico, sfiorandole il mento per sollevarle il viso. Irene cercò di trattenere a stento una risata, annuendo però con convinzione alle lusinghe della sua amica.
“Tanto non mi serve conquistarlo, è già mio” ribatté lei con l’egocentrismo e la presunzione che l’avevano sempre caratterizzata agli occhi delle persone che la conoscevano. Quella maschera di sicurezza che metteva davanti per nascondere le sue tante fragilità. 
“Non avevo dubbi” sorrise Stefania che si rimise in piedi per tirare fuori dall’armadio quell’abito che Irene aveva comprato qualche settimana prima e che aveva avuto l’occasione di indossare solo una volta. “Vestiti che poi ti aiuto a truccarti” propose la mora, chiudendo la porta della loro camera per tornare in cucina dalle altre due che stavano preparando da mangiare. Per loro niente serate mondane, ma solo una frugale cena dentro l’appartamento di una casa popolare.

Io suggerirei un rossetto meno forte, così in caso dovesse succedere qualcosa...” aveva proposto Anna lasciando la frase a metà con aria sorniona, mentre Stefania stava scegliendo il trucco per Irene. Le sembrava di essere Cenerentola che si preparava ad andare al ballo col suo principe. 
“Hai ragione, meglio questo rosa” aveva annuito Stefania, posando il rossetto rosso. Non era esperta di appuntamenti, lei che sognava ancora di coronare il suo sogno d’amore con un principe azzurro di nome Federico. Con Pietro non aveva corso alcun rischio, dunque Stefania non si era posta il problema di cosa indossare o come truccarsi.

“Spero di non sembrarle sfacciato se le chiedo di iniziare a darci del tu” disse d’un tratto Lorenzo, distraendo Irene dai suoi mille pensieri. Stavano tornando verso la macchina, Irene che a stento riusciva a tenersi in piedi. Aveva peccato di vanità indossando quelle scarpe col tacco a una serata danzante e adesso ne stava pagando le conseguenze.
“No, niente affatto” rispose Irene. “In effetti veniva innaturale anche a me. Dopotutto è la terza volta che ci vediamo” aggiunse, sperando di non risultare lei troppo diretta. Dopo quello che era successo con Rocco, una piccola parte di sé iniziava a dubitare delle interazioni che aveva col genere maschile e di come queste potessero essere giudicate.
“Posso chiederti una cosa?” domandò d’un tratto Lorenzo. Quella serata era stata praticamente perfetta. I suoi modi gentili, da vero e proprio gentiluomo, non lo rendevano una persona rigida e all’antica. Lorenzo era divertente, galante e intraprendente: il modo in cui si era espresso in suo favore solo perché l’aveva vista in difficoltà, il giorno in cui si erano incontrati, era solo la punta dell’iceberg. Quella sera avevano ballato, si erano divertiti e Irene non aveva pensato a Rocco nemmeno per un secondo. Fino a quel momento.
“E’ possibile che il tuo vicino di casa mi abbia preso in antipatia per qualche motivo?” chiese titubante, ma con un’aria divertita. Evidentemente Lorenzo era anche una persona diretta, tanto quanto lo era Irene. Non girava troppo intorno alle questioni, andando dritto al punto. 
“No, perché?” si irrigidì Irene. Cosa aveva combinato? Quando aveva aperto la porta a Lorenzo, aveva intravisto Rocco entrare in casa Amato. Le aveva lanciato uno strano sguardo, ma non aveva avuto modo di approfondire. Irene lo aveva ignorato ed era uscita con estrema serenità con quell’uomo. 
“Non credo di stargli molto simpatico” si strinse lui nelle spalle. “Non c’è niente che devo sapere, vero?” domandò allora, aprendole la portiera dell’auto per farla entrare.
“A quale proposito?” domandò Irene, facendo la finta tonta. “E’ fidanzato con la mia coinquilina Maria” aggiunse dopo lo sguardo poco convinto che Lorenzo le aveva lanciato. Le faceva ancora male pronunciare ad alta voce quelle parole. Rocco era fidanzato con lei, aveva scelto lei, avrebbe sposato lei. Fine della discussione. Tuttavia, tralasciò l’informazione sui baci che lei e Rocco si erano scambiati. Non aveva senso tirarla fuori in quel momento. Non voleva che la situazione diventasse strana per tutti quanti. 
Lorenzo annuì, abbastanza soddisfatto da quella risposta da non dover approfondire ulteriormente l’argomento. Non era un tipo geloso, non poteva esserlo per via di quel lavoro che lo portava a lungo fuori da Milano. Se si fosse dovuto preoccupare di quello che facevano in sua assenza le ragazze che frequentava, non avrebbe instaurato alcuna relazione. Si fidava, o comunque decideva di non preoccuparsi senza averne motivo. 
“Ripartirai a breve?” chiese Irene dopo qualche istante in silenzio a fissare fuori dal finestrino. Non aveva idea della direzione che avrebbe potuto prendere quella conoscenza. Valeva la pena impegnarsi con un uomo che viaggiava così tanto spesso per lavoro? Tuttavia, apprezzava la sua compagnia e doveva ammettere che la distoglieva dal pensiero di Rocco e Maria insieme. E dal matrimonio che presto si sarebbe celebrato. 
“Tra due settimane” rispose lui. Irene si voltò a guardare il suo profilo, in particolare si soffermò su quella piccola gobba sul naso. Le labbra sottili, ma ben delineate. I capelli biondi che teneva impomatati all’indietro e che gli davano un’aria sempre ordinata. Indossava abiti di buona fattura e i suoi modi lasciavano trapelare un’educazione di un certo livello. Lorenzo era molto più di quanto avrebbe mai potuto desiderare. E quando lui si girò, cogliendola con le mani nella marmellata, le accennò un sorriso. 
“Hai sbagliato strada” gli fece notare Irene, convinta che Lorenzo la stesse riportando a casa. 
“Se non ti dispiace, volevo fare un giro in macchina” rispose lui, che non voleva porre ancora fine a quella serata. Le auto avevano sempre avuto uno strano effetto su di lui, l’idea del movimento perenne lo tranquillizzava. La sua famiglia, benestante di nascita, possedeva un’automobile sin da quando Lorenzo era un bambino. Quando era agitato e non voleva dormire, quello era l’unico modo che conoscevano per farlo addormentare. Anche da ragazzino, rimaneva con il volto appiccicato al finestrino a osservare il mondo che velocemente gli scorreva davanti. Sarebbe rimasto per ore lì a sognare il mondo che dispiegava davanti ai suoi occhi. Il lavoro che aveva scelto, andando contro agli studi notarili che la famiglia si sarebbe aspettata che lui intraprendesse, gli permetteva, per l’appunto, di rimanere sempre in movimento. Sospeso per aria a migliaia di chilometri di altezza. E lui in assoluto controllo.
“Mi piace girare con l’auto di notte” si giustificò allora. “Vedi il cuore della città. Scavi a fondo della sua anima e la ritrovi silenziosa, addormentata. Vulnerabile.” Irene lo ascoltò incuriosita, ma a tratti divertita dal tono poetico delle sue parole. Lei non era superficiale come lasciava intendere, ma aveva anche un animo più cinico e meno incline a soffermarsi su questioni tanto astratte.  “Quando dormiamo, tutti sembriamo indifesi, no?” si strinse nelle spalle lui e accennò a un sorriso, mentre Irene annuiva.
“In effetti ha il suo perché. Anche se a me piace più di giorno, con i suoi rumori e i suoi colori. La preferisco viva” gli fece notare arricciando le labbra con fare colpevole. Il silenzio non faceva per lei. Aveva vissuto troppo a lungo in una casa silenziosa e pesante, che adesso era grata di poter condividere l’appartamento con altre tre persone e soprattutto con il buonumore e l’allegria di Stefania.
“Hai ragione” ribatté lui, accostando. “Ma il silenzio e il buio danno un’intimità tutta diversa ai rapporti” disse, allungando una mano verso il suo viso. Le spostò una ciocca di capelli, bloccandola dietro l’orecchio e rimase per qualche istante a guardarla dritto negli occhi. 
Erano entrambi seduti dentro l’automobile di Lorenzo, dopo una serata trascorsa in un locale alla moda. Avevano bevuto qualche bicchiere di champagne, e questo aveva alleggerito la mente di Irene. Lorenzo, tuttavia, non aveva mai oltrepassato il limite con lei. Nei due incontri precedenti non aveva nemmeno osato sfiorarla. Ma quella sera si erano stretti sulla pista da ballo e questo aveva creato tra di loro una certa intimità mai creatasi prima e che la notte, come diceva lui, favoriva ulteriormente. Irene lo lasciò fare. Con Rocco era stata lei a prendere l’iniziativa. Era stata lei a baciarlo per ben due volte, prima che fosse finalmente Rocco a prendere una posizione. Ma in questo caso non era necessario che lo facesse. Lorenzo sapeva esattamente cosa voleva e non indugiava. Sapeva cogliere l’attimo. E così, quando le sue labbra si posarono su quelle di Irene, il pensiero di Rocco era completamente sparito dalla mente di lei, dissolto nel nulla come polvere nel vento. 

“Domani posso passare in pausa pranzo?” domandò lui sull’uscio di casa. Qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse correndo troppo. Ma Lorenzo viaggiava spesso e doveva sfruttare il tempo che trascorreva a Milano nel miglior modo possibile. Dopotutto sarebbe mancato via per settimane e non sapeva quando avrebbe avuto di nuovo occasione di rivederla.
“A mangiare un panino con la frittata?” rispose Irene divertita, come se trovasse inopportuno che un uomo della sua levatura pranzasse in un piccolo bar davanti a un grande magazzino.
“Non è il primo e non sarà di certo l’ultimo” ribatté lui, lasciandole un bacio su una guancia, mentre la porta di casa Amato si apriva, svelando Agnese con la tovaglia da tavola tra le mani.
Lorenzo le fece un segno con la testa in segno di saluto e poi augurò la buonanotte a Irene.
“Facciamo tardi, eh?” si impicciò la sarta del Paradiso. Contenta, però, che quella ragazza, che poco le andava a genio, impegnasse le proprie serate con qualcun altro che non fosse suo nipote. Se non altro quell’uomo l’avrebbe tenuta lontana da Rocco. 
“Non ci si accorge del tempo quando ci si diverte” rispose lei piccata, ma con il sorriso sulle labbra. “Buonanotte, signora Agnese” disse entrando dentro il proprio appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.
“Allora, allora?” Stefania balzò fuori dal letto per correrle incontro e sedersi al tavolo della cucina per tempestarla di domande. Aveva l’aria di chi aveva aspettato tutta la sera in trepidante attesa.
“Non mi dai neanche il tempo di spogliarmi?” rispose Irene con una risata, mentre Stefania tornò ad alzarsi per aiutarla a sfilarsi il soprabito che le aveva prestato. 
“Ora ti sei spogliata, dimmi tutto” disse tornando a sedersi e appoggiando i gomiti sul tavolo in attesa di tutte le informazioni che le servivano per sognare qualcosa di bello per quella notte. D’altronde quello, oltre alle riviste, era l’unico sprazzo di romanticismo nella sua vita. Poteva solo vivere attraverso le storie delle sue amiche, nella speranza che prima o poi arrivasse anche il suo turno.
“Abbiamo fatto bene a cambiare rossetto?” domandò Stefania con aria birichina. 
Irene le sorrise, cercando di fare l’indifferente. Avevano fatto più che bene. Quella serata le era servita per voltare pagina una volta per tutte. Per capire che non poteva rimanere ancorata al passato. Come aveva una volta detto a Rocco: lei credeva nel destino. E quella volta le aveva messo Lorenzo sul suo cammino. Doveva solo decidersi di seguirlo.
“Avete fatto bene” ribatté, mentre Stefania cercava di soffocare un gridolino per non svegliare le altre due coinquiline. 
  
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