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Autore: Jeremymarsh    20/05/2021    8 recensioni
[AU ambientata nel Sengoku Jidai]
Durante una semplice operazione di perlustrazione, Inuyasha, generale in una guerra tra demoni e umani che va ormai avanti da due anni, si spinge fino oltre il territorio nemico per raggiungere il villaggio in cui la sua promessa sposa viveva prima che il conflitto scoppiasse. Qui viene scoperto dalla sorella minore di lei che gli rivela intenzionalmente una cosa che non avrebbe dovuto.
Scioccato, Inuyasha decide di imbarcarsi in una nuova e pericolosa missione che potrebbe costargli la vita o peggio.
[Inukag con piccola parentesi Inukik]
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kaede, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Due: Per amore della verità.


 
Non poteva più vivere senza sapere e, soprattutto, non poteva morire senza sapere, in un'epoca in cui i ragazzi come lui erano chiamati più a morire che a vivere. Avrebbe rinunciato a tutto per quella verità, tra quella verità e l'intelligenza del creato avrebbe optato per la prima.
 
 



Un solo momento, tanto era bastato, a far sì che Inuyasha rinsaldasse il proprio proposito.
 
Quelle fredde parole che aveva letto sulla lettera scritta da Kikyo a sua sorella non gli bastavano. Doveva sapere in prima persona da lei la verità, voleva che lei gli dicesse in faccia che gli aveva mentito per tutti quegli anni in cui si erano visti, che aveva finto di amarlo, che non aveva mai voluto sposarlo nonostante avesse detto sì alla sua proposta.
 
Mentre diceva ti amo a lui, in realtà pensava a un altro, mentre le labbra di lui si posavano sulle sue, lei in realtà percepiva tutto un altro sapore, immaginava altre braccia stringerla a sé. Il calore che aveva visto nei suoi occhi quelle volte in cui si era lasciata andare ed era diventata una donna, non una sacerdotessa, in realtà non erano mai scaturite dalla sua presenza. Inuyasha aveva sempre vissuto una menzogna e lo aveva fatto felicemente.
 
Il mezzo demone si fermò, incapace di proseguire, e ascoltò il silenzio della raduna per accertarsi di essere solo. Lo scrosciare dell'acqua gli suggeriva la presenza di un ruscello nelle vicinanze; una breve sosta, solo qualche secondo, poi sarebbe ripartito.
 
Si sciacquò il viso nel tentativo di riacquistare lucidità. Una, due volte, tre volte, le immagini di Kikyo, ora distorte, non volevano lasciare la sua mente.
 
Come aveva fatto a non accorgersene? Il suo fiuto era infallibile, eppure…
 
Un dottore. Suikotsu, l'uomo a cui Kikyo era sempre appartenuta, era un dottore. Che fosse quello il motivo per cui erano riusciti a fregarlo e a farla franca?
 
Inuyasha immaginò che anche lui, come la sacerdotessa, doveva maneggiare erbe medicinali e pozioni tutto il giorno. Quanto di quel distinto odore pungente che Kikyo portava sempre con sé era davvero suo? E quanto era invece del dottore?
 
Cominciò a ridere come un maniaco, ma portò immediatamente le mani alla bocca per bloccare ogni suono che poteva risultare sospetto 
 era pur sempre in territorio nemico.
 
Inuyasha rise, ancora e ancora, lacrime gli scappavano dagli occhi. Comprendeva bene quanto fosse stato sciocco
– e innamorato –, come era stato facile prendersi gioco di lui. Rise fino allo sfinimento di se stesso.
 
Sapeva Suikotsu che mentre Kikyo prometteva a lui tutta se stessa, lei si lasciava baciare e toccare da un altro? Da un mezzo demone? Sapeva il villaggio che la sacerdotessa posata e controllata che curava i bambini malati si rifugiava nel bosco per cercare il piacere sotto il tocco di non uno, ma due uomini?
 
Mio Dio! Come aveva fatto ad essere così stupido? Com'era potuto accadere? Si era lasciato trasportare volontariamente da quel sentimento così puro che era l'amore da non riuscire a scorgere la vera Kikyo. Come si faceva a essere al tempo stesso la buona sacerdotessa e la donna infedele? Come faceva ad amare incondizionatamente le sorelle e poi subito dopo mentire tra le sue braccia?
 
E che ne era di quel sentimento puro? Una massa nera e corrotta che ora minacciava di stringergli il cuore in una morsa. Forse proprio come Kagome, Inuyasha era stato così desideroso di scoprire l'amore, avere ciò che vedeva tra i suoi genitori, che si era buttato a capofitto alla prima occasione. Così facendo, probabilmente, aveva ignorato segni che in altre circostanze avrebbe trovato lampanti.
 
La mente e il cuore non trovavano pace e non l’avrebbero mai trovata se non avesse parlato con Kikyo. Dovesse viaggiare per tutto il Giappone, attraversare tutte le terre nemiche, tradire la sua fazione e anche sfidare la morte, non importava… tutto ciò che ora importava era sentire quelle parole uscire dalla bocca della sua Kikyo. Lei glielo doveva; dopo tutte quelle stagioni che aveva perso dietro di lei, dopo le bugie e il modo crudele in cui l’aveva illuso, doveva avere il coraggio di dirgli in faccia che non l’aveva mai amato.
 
E Suikotsu…
 
Beh, anche lui aveva diritto alla verità, no? E anche se in realtà il medico da strapazzo sapeva già tutto, se anche era a conoscenza della tresca della sua promessa sposa sin dall’inizio, almeno avrebbe avuto modo di guardare in faccia colui che aveva toccato e baciato la sua amata.
 
Non si sarebbe dato pace e non gli avrebbe dato pace; li avrebbe trovati in qualsiasi buco si stessero nascondendo quei codardi – perché tali erano.
 
Erano stanchi della guerra, e quindi? Chi non lo era a parte i soldati invasati che trovavano gusto nell' uccidere e mutilare? Lui no di certo. Lui a cui la guerra aveva portato via la madre e anche il padre, che per quanto ancora vivo era diventato un’ombra di se stesso.
 
Lui non l’aveva mai voluta, né Kagome che aveva perso la sua famiglia ed era stata lasciata a se stessa a guardia di un tempio e di una bambina mentre la sorella decideva di scappare con l’amato e lasciare gli altri a combattere al posto suo.
 
Kikyo era una bugiarda, ma anche una codarda; che ne era della donna responsabile e integra che aveva conosciuto?
 
Un altro dubbio sorse a intasargli la mente già piena e in subbuglio: aveva mai conosciuto la vera Kikyo? Si era mai messa a nudo davanti a lui?
 
Una menzogna, ancora un’altra.
 
Inuyasha si portò le mani ai capelli e tirò dalla rabbia, stringendo i denti. Dopo qualche secondo si ritrovò in mano qualche ciocca argentata.
 
Si guardò nuovamente intorno, la radura in cui si trovava era ancora vuota e Inuyasha sapeva che, se fosse andato verso Ovest, ripercorrendo la via fatta quel mattino presto, avrebbe incontrato meno pericoli e sarebbe tornato probabilmente incolume al castello dove si aspettavano da lui un resoconto. Ma a lui di tutto ciò non importava molto, non adesso, non fino a quando non avrebbe sentito la verità dalle labbra di Kikyo.
 
Avrebbe proseguito verso Est, invece. Per uno come lui, un demone facilmente riconoscibile – i capelli e gli occhi dal colore innaturale erano difficili da nascondere e lo avrebbero scoperto immediatamente – era da pazzi formulare un’idea del genere. Più si andava a Est e più si incontravano accampamenti umani; chiunque si fosse addentrato verso quei boschi era tornato per pura fortuna o come corpo morto.
 
Inuyasha aveva percorso quelle vie solo una volta, quella notte di luna nuova in cui aveva incontrato Miroku. Poche ore dopo, l’ansia a mille e il cuore che gli batteva forte, aveva rifatto la strada del ritorno di corsa sperando di lasciare il territorio nemico prima che il sorgere del sole gli schiarisse nuovamente i capelli e gli occhi e le orecchie umane si trasformassero in canine.
 
Quella volta Miroku gli aveva rivelato che, avesse avuto bisogno in futuro, poteva provare a cercarlo in un tempio a Sud-Est gestito dal suo mentore Mushin. Se anche non avesse trovato lui, almeno era sicuro che il vecchio bonzo ci sarebbe stato e di lui ci si poteva fidare, aveva detto.
 
Il suo obiettivo era quello, raggiungere il tempio di cui Miroku gli aveva dato le indicazioni, senza sapere che però il suo interlocutore non era l’umano che aveva di fronte ma un mezzo demone. Avrebbe raggiunto la postazione e cercato il bonzo pervertito.
 
Inuyasha sperava di trovarlo; non sapeva quanto il vecchio avrebbe potuto essergli d’aiuto. Senza contare poi che con meno persone aveva a che fare, meglio era per la segretezza del suo piano. Lo infastidiva già dover far affidamento su Miroku per scoprire dove si nascondesse Kikyo, non aveva intenzione di aggiungere ulteriori intermediari al suo piano; era già pericoloso così com’era.
 
Il mezzo demone immaginò quale sarebbe stata la reazione di suo fratello se avesse scoperto le sue intenzioni. Sesshomaru non aveva mai nascosto l’odio che provava per il fratellastro, anzi nemmeno lo considerava tale. L’unico motivo per cui non lo aveva mai ucciso era per la presenza del padre che, nonostante tutto, il demone maggiore continuava ad ammirare. Probabilmente Sesshomaru lo avrebbe guardato ancora con disgusto e avrebbe offerto qualche commento sulla sua inutilità. Alla fine, magari, lo avrebbe anche incoraggiato perché a conti fatti la sua era una missione suicida.
 
Se Inuyasha fosse stato lucido, avrebbe capito che il suo piano era inutile. Che scoprisse da Kikyo stessa o dalla sua lettera la verità sugli anni che avevano passato insieme non aveva molta importanza. A conti fatti la sacerdotessa non sarebbe mai stata sua ed era meglio mettersi l’anima in pace.
 
Ma un cuore dilaniato e tradito non è mai lucido, queste cose non le capisce e quindi il destino di Inuyasha era segnato.
 
Ricordando la luna della sera precedente, Inuyasha calcolò che in meno di dieci giorni ci sarebbe stata un altro novilunio e che avrebbe potuto aspettare quel momento per mettere in atto il suo piano, aspettare di essere umano per una notte. Tuttavia, la pazienza non era mai stata il suo forte e dismise subito l’idea. Non avrebbe resistito così a lungo senza sapere, doveva avere la conferma il prima possibile e già sapeva che comunque, pur trovando subito Miroku, ci sarebbero voluti chissà quanti altri giorni prima di incontrare Kikyo.

Sarebbe partito quella sera stessa; gli essere umani era più deboli e come tali, di notte i controlli erano decisamente minori.
 
 

 

Erano ormai alcune ore che Inuyasha viaggiava da albero ad albero; era nel pieno del territorio nemico e grazie al suo fiuto eccezionale era riuscito ad evitare qualsiasi grosso accampamento nemico. Sapeva che se solo fosse stato avvistato, lì da solo e senza scorta, non c’erano possibilità di scampo per lui.
 
Gli umani avevano messo a punto armi di contenimento per i demoni alquanto efficaci durante gli anni della guerra. Bastava un attimo di distrazione e si diventava preda di quegli assurdi collari dei quali era impossibile liberarsi.
 
Aveva quindi viaggiato in religioso silenzio facendo attenzione a dove poggiava i piedi, evitando rami instabili o che avrebbero fatto anche solo il minimo rumore, scegliendo gli alberi più folti e più alti, viaggiando così velocemente che se anche qualcuno avesse notato qualcosa di strano avrebbe solo visto una strana macchia rossa dismessa come allucinazione.
 
Inuyasha aveva previsto che di questo passo avrebbe raggiunto il santuario del vecchio prima che il sole sorgesse ed era infatti quella la sua speranza, ma quando le sue orecchie colsero delle voci inaspettate si bloccò e decise di fermarsi ad ascoltare.
 
Tornò indietro di un albero e si appollaiò sul ramo più alto dopo essersi accertato che la folta chioma lo nascondesse a chiunque avesse avuto l’idea di volgere lo sguardo in alto. Infine, si concentrò di nuovo sulle voci provenienti dal piccolo accampamento.
 
“… attaccheremo tra due giorni all’alba,” disse una voce.
 
“Ne sei proprio sicuro? Non sarà troppo pericoloso?” chiese un’altra, più possente ma anche più incerta.
 
“Non c’è altro modo, Rikichi, sai bene quanto è importante Miroku-sama,” rispose una terza.
 
Miroku! Quei tipi stavano parlando di Miroku, magari gli sarebbero stati più utili di quanto credeva, e poi di quale attacco stavano parlando?
 
Osservò attentamente le persone che componevano il piccolo gruppo. Erano in cinque, due giovani e tre uomini più robusti che sembravano di mezz’età e più esperti. Tre di loro erano vestiti da semplici cacciatori e, infatti, accanto loro giacevano armi comuni, ma efficaci se chi le brandiva era abituato ad usarli.
 
I cacciatori costituivano la seconda metà dell’esercito umano. Solitamente erano persone di costituzione più robusta e capaci di più violenza fisica, senza poteri spirituali, attaccavano quasi sempre da lontano; cercavano di colpire alle spalle, aspettando che la vittima fosse immobilizzata da un collare o da una freccia carica. Erano sadici, amavano divertirsi con le loro prede per poi rispedire i corpi mutilati al mittente. Inuyasha aveva visto cos’erano capaci di fare e ricordava di aver pensato, per la prima volta, quanto gli umani potessero essere anche peggio di certi demoni assetati di sangue. Solitamente erano loro che si occupavano dei mezzo demoni trasformati in umani o i disertori che venivano scoperti; per quelli serviva la forza bruta visto che gli spiritualisti non potevano fare alcun danno e loro si divertivano. Il mezzo demone era certo che fosse uno spettacolo raccapricciante e lui ne aveva visto di sangue e budella.
 
“Ma non siamo troppi pochi? Insomma vuoi infiltrarti in una base maggiore nemica e recuperare un prigioniero; non è mica cosa semplice. Quelli là hanno un naso infallibile, non ci metteranno molto a scoprirti,” disse ancora la seconda voce, l'uomo di nome Rikichi.
 
“Non se abbiamo con noi qualche bella arma donataci dagli sterminatori. Il naso sarà pure infallibile, ma è anche un punto debole se sovraccaricato. Non saremo solo noi ad andare; domani ci incontreremo con i rinforzi. È necessario che Miroku-sama venga recuperato, non importa se qualcuno ci perde la pelle. Abbiamo giurato fedeltà quando siamo entrati nell’esercito e non possiamo tirarci indietro ora. Il primo che riesce a liberarlo deve fare ritorno alla base il prima possibile senza preoccuparsi degli altri,” si intromise una quarta voce. Era uno dei due spiritualisti e a Inuyasha sembrava uno di quei tanti invasati che parlava di ripulire il mondo dagli spiriti corrotti dei demoni o dei traditori della propria razza.
 
“E dove sarebbe stato portato Miroku-sama?” Rikichi chiese ancora. A quanto pare era il meno informato di tutti.
 
“È stato catturato qualche giorno fa mentre portava scorte a una delle tante famiglie rifugiate; lo sai che ha sempre insistito per mettersi a servizio degli altri, nonostante il rischio che si corre. Non importa quante volte gli è stato detto che in quanto monaco deve solo pensare agli attacchi e non fare la staffetta, ma non ci ha mai dato ascolto,” la prima voce rispose. Inuyasha riconobbe rabbia nel suo tono; era chiaro che non fosse contento del modo sciocco in cui Miroku era stato preso. “Ho sentito che è stato portato al castello dove vivono quei cani bastardi con i capelli d'argento. Non sarà difficile metterli k.o. con qualche polvere speciale.”
 
Miroku era dunque al castello, dannazione! Se solo fosse tornato prima alla base l'avrebbe scoperto e si sarebbe risparmiato quel viaggio inutile. Almeno questi pazzi gli erano risultati utili. Sarebbe tornato a casa il prima possibile, avvisato il padre dell’attacco – non poteva sapere quanti di loro avrebbero partecipato; nessuno era stato preciso – e poi avrebbe estorto ogni notizia a Miroku.
 
La fortuna era dalla sua parte, dopotutto.
 
Adesso doveva solo pensare a lasciare il bosco senza essere notato dai tipi raccolti lì giù e tornare di tutta fretta a Ovest. Un po’ gli dispiaceva per Miroku, a Inuyasha era sembrato un bel tipo. Era stato catturato mentre aiutava chi ne aveva più bisogno e ora sicuramente veniva torturato da uno dei sottoposti di suo fratello. Se gli fosse stato utile avrebbe pensato a liberarlo e salvargli la pellaccia, magari.
 
Tuttavia, mentre ripercorreva la strada fatta solo poco prima, Inuyasha realizzò di aver fatto un po’ troppo presto i conti e che uscire da quel territorio insidioso sarebbe stato molto più difficile di quel credeva.
 
La sua mente poco lucida gli aveva giocato di nuovo un brutto tiro e, probabilmente, in un solo giorno aveva sfidato un po’ troppo la sorte; i colpi di fortuna si erano esauriti. Stavolta non fu un’innocente sacerdotessa bisognosa di compagnia a scorgerlo, ma una sentinella che diede subito l’allarme.
 
Inuyasha si immobilizzò. Se veniva inseguito dai cinque che erano all’accampamento più quelli che erano di vedetta era la fine per lui; non sarebbe riuscito a scappare in tempo. Se anche uno degli spiritualisti riusciva a beccarlo era la fine. Avrebbe fatto la fine dei tanti che erano diventati preda dei cacciatori e non ne aveva nessuna voglia.
 
Senza contare poi che, se conoscevano suo padre, lo avrebbero riconosciuto come uno dei bastardi dai capelli d'argento e avrebbero potuto torturarlo solo per quello. Magari, se erano intelligenti, lo avrebbero utilizzato come merce di scambio. ma Inuyasha non ci contava. I cacciatori lo avrebbero torturato in ogni modo; non dicevano mai no a un’occasione per divertirsi.
 
Lo shock durò meno di un secondo, non poteva farsi prendere dal panico, era un combattente nato lui. Il padre lo aveva addestrato sin da piccolo e, con un po’ di lucidità, se la sarebbe cavata.
 
… se solo la sua mente fosse stata davvero lucida in quel momento e non provata dai sentimenti che gli attanagliavano il cuore.
 
Erano passati solo un paio di minuti, ma ora sentiva chiaramente le urla che lo inseguivano. Il trambusto aveva allarmato anche altri accampamenti vicini e ora a inseguirlo non erano solo i cinque che era rimasto ad ascoltare, ma molti altri che sentiva provenire da destra e sinistra. Era chiaramente nella merda nonostante avesse un chiaro vantaggio sugli umani.
 
Le frecce cominciarono a volare, sempre più precise, nonostante la lontananza. Come diamine facevano a essere così precisi nel buio della notte? I suoi capelli che erano come un faro della notte; non avrebbe mai immaginato di desiderare che fossero dello stesso nero delle notti di luna nuova.
 
“Cazzo, cazzo, sono nella merda,” sibilò mentre correva il più veloce possibile, cercando di evitare ogni freccia che gli arrivava il più vicino possibile. C’era mancato poco che un paio lo prendessero proprio nel petto; sarebbe stata la fine. Non importava se gli umani fossero lontani, a quel punto lui sarebbe stato immobilizzato e completamente alla loro mercé.
 
Altre voci continuavano a raggiungerlo, altre si aggiungevano.
 
Se solo avesse raggiunto il villaggio di Kikyo avrebbe potuto chiedere rifugio alla sorella. Inuyasha sapeva che era chiedere troppo, ma se si fosse nascosto lì era improbabile che i cacciatori o gli spiritualisti venissero a cercarlo in un tempio; era l’ultimo posto dove si aspettava che un demone trovasse rifugio e purtroppo era ancora troppo lontano dalle terre dell’Ovest. La caccia non si sarebbe fermata fino a quando Inuyasha fosse rimasto in territorio nemico e lui non era sicuro di resistere così a lungo, con tanti umani alle costole che continuavano a lanciargli frecce. Senza contare poi, che se anche solo uno di loro si fosse avvicinato anche un po’ di più lo avrebbe potuto incatenare con uno di quei collari maledetti.
 
“Quel demone ha i capelli argentati,” gridò una voce. “Non lasciatevelo scappare. Proviene sicuramente da una delle basi maggiori dei demoni; sarà un pezzo grosso!”
 
“Potremmo utilizzarlo per riprenderci indietro Miroku-sama. Catturatelo, presto!”
 
Inuyasha non osò voltarsi e perdere anche solo un nanosecondo del suo prezioso tempo, era quasi arrivato al ruscello che aveva visitato quel pomeriggio quindi voleva dire che era più vicino di quel credeva al villaggio di Kagome. Un ultimo sforzo, un ultimo sforzo e sarebbe stato al sicuro.
 
Era un rischio che doveva correre, sperava che Kagome non rifiutasse la sua richiesta. Non sapeva esattamente cosa gli facesse credere di poter fare affidamento sulla ragazza, dopo tutto nascondere un nemico o un disertore era un reato grave pena la morte. Kagome poteva decidere di non voler correre un rischio così grande, soprattutto se poi ci andavano di mezzo anche la bambina e la vecchia.
 
Ma mentre correva come un pazzo rivide in quel suo sguardo sincero la certezza che lo avrebbe aiutato e messo in salvo.
 
Era una sensazione, una stupida sensazione che poteva costargli la vita, si rendeva conto che avrebbe potuto anche tentare di raggiungere il confine nonostante le poche possibilità di seminare un numero indefinito di uomini armati. Eppure, dentro di sé era certo che tra le due opzioni fermarsi al tempio era la migliore.
 
La sua vita era nelle mani di Kagome, la sorella della donna che lo aveva tradito e lo aveva spinto sull’orlo del baratro solo poche ore prima. Non era colpa sua, alla fine, se si trovava in quella situazione?
 
Certo, la sua sconsideratezza lo avevo portato a Est per attuare un piano suicida, ma a mettere in moto tutto erano stati solo Kikyo e le sue menzogne... il suo amore bugiardo.
 
Le voci continuavano ad aumentare e Inuyasha immaginò che dovessero essere tutti armati o con le munizioni; il tempo stava per finire.
 
“Arrenditi!” urlò uno, “Non puoi resistere contro tanti di noi.”
 
Le voci erano sempre più vicine e l’ansia che lo aveva preso, lo faceva rallentare inevitabilmente. Finalmente, si decise a voltarsi e allargò gli occhi al numero esorbitante di umani che lo inseguivano. Senza perdere un secondo di più, scagliò un attacco con i suoi artigli.
 
Al suo grido di battaglia, seguì quello degli umani colpiti; ne calcolò cinque o sei di quelli più vicini e in procinto di attaccare e poi riprese la sua fuga.
 
Una freccia lo prese sulla coscia destra. Inuyasha ringhiò dal dolore, ma un sospiro di sollievo gli scappò quando immediatamente notò che non era carica spiritualmente e quello gli aveva prolungato la vita per qualche secondo in più.
 
“Arrenditi!” gli arrivò nuovamente la voce.
 
Colto di sorpresa da un’ennesima freccia che gli sfiorò la guancia inciampò, sprofondando nel fango che ricopriva quella parte del terreno. Si alzò senza battere ciglio, ignorando il fango che ora gli sporcava il viso e i capelli; ripulì solo gli occhi per tornare a vederci chiaramente.  Riprese a correre stavolta più goffamente a causa della freccia che era ancora era conficcata nella coscia e che non aveva modo di rimuovere. Se si fosse fermato anche solo un altro secondo per farlo, avrebbe perso altro tempo prezioso; gli stavano alle costole e la distanza che ancora aveva era il suo unico vantaggio.
 
Con sollievo vide stagliarsi davanti a sé la fine dei boschi e l’inizio del villaggio. Cambiò leggermente la traiettoria e invece di continuare a correre dritto davanti a sé e uscire allo scoperto nella piazza, restò ai margini. Lì gli alberi, sebbene ora in minore quantità lo avrebbero ancora nascosto alla vista dei cacciatori. In quel modo questi ultimi avrebbero perso un minuto per localizzarlo. Un minuto prezioso per lui.
 
Velocemente, senza smettere di correre, rimosse gli stivali infangati che avrebbero solo aiutato i suoi inseguitori a ritrovarlo e continuò a correre a piedi nudi – non aveva nessun problema a farlo, aveva corso così per tutta la vita e solo l’arrivo della guerra lo aveva costretto a quegli stivali orrendi –, cercando di riguadagnare quanto più tempo possibile.
 
Ora vedeva anche le scale del tempio e doveva cercare di raggiungerlo senza farsi notare da anche solo uno degli uomini. In quel caso anche rifugiarsi da Kagome sarebbe stato inutile. Decise allora di percorrere a lungo il perimetro del tempio e accedere da dietro; gli avrebbe fatto perdere qualche secondo in più, ma almeno aveva più possibilità di non farsi vedere.
 
La barriera che era posta a protezione del tempio gli avrebbe fatto male, lo avrebbe reso umano, ma a quel punto sapeva di poter essere al sicuro e di potersi nascondere con l’aiuto della ragazza. Sperava che con il buio fitto della notte l’unica cosa che gli umani avessero notato di lui fossero i capelli argentei e non avessero riconosciuto il rosso della sua veste.
 
Fece un ultimo balzo, quello che gli avrebbe assicurato l’entrata nella barriera e quindi la sperata salvezza. Era in alto e stava per atterrare quando un dolore acuto al petto, a un soffio del cuore, lo colpì. Si portò la mano in quel punto istintivamente, come se quel gesto avesse potuto fermare il dolore che ora si diffondeva in tutto il corpo e cadde faccia a terra.
 
Neanche un secondo dopo sentì due paia di mani afferrarlo per le spalle e le gambe e si lasciò andare, sconfitto, mentre sentiva la sua parte demoniaca scomparire in un sol battito. Gli occhi si chiusero, il dolore diventò ancora più insopportabile in quella sua forma umana, la stanchezza dovuta alla corsa si abbatté su di lui e, infine, crollò.
 


N/A: Eccoci alla fine del secondo capitolo. 
Ho introdotto qualche altro dettaglio riguardante la società e la guerra in cui questa storia è ambientata. 

A Ovest abbiamo i demoni, a Est gli umani. L'esercito umano è costituto da spiritualisti e cacciatori e Inuyasha giustamente da solo non poteva farcela contro tutte quelle persone. Non è detta l'ultima parola però... nel prossimo capitolo si scoprirà il suo destino. 

Grazie a tutti, se vi va lasciatemi un feedback! 
 
 
   
 
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