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Autore: _Blumenonfire_    22/05/2021    0 recensioni
Un viaggio a tappe nella psiche di un'anonima ragazza e dei suoi instabili rapporti con se stessa e con un ideale di Amore
(E piccola storia esorcizzante per la sua autrice)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ottobre 2018

Non aveva mai davvero dimenticato la sensazione del suo corpo nudo steso contro di lei, o come la sua pelle si cospargesse di minuscoli rilievi quando veniva attraversata da un brivido di freddo o di eccitazione.
Probabilmente stavolta era un misto delle due cose, pensò mentre con un dito gli ripercorreva le costole e poi scendeva giù verso la curva della vita e fino all’osso del bacino.
Fuori il tempo era terribile, secchiate di pioggia continuavano a battere sulla finestra sopra il letto e il vento faceva tremare pericolosamente i vecchi vetri. Più di una volta aveva avuto seriamente paura che si sarebbero spaccati di colpo e che un milione di schegge taglienti le sarebbero esplose addosso conficcandosi nella carne. Ma era un’immagine che svaniva subito, spazzata via da mani che la esploravano e respiri umidi che le ustionavano il collo.
Se anche una lastra intera l’avesse trafitta, probabilmente non avrebbe percepito alcun dolore.
La stanza tutto intorno era stata inghiottita dal buio, non avrebbe saputo dire quando fosse successo. Era lì dal primo pomeriggio e a giudicare dai lampioni accesi in strada adesso saranno state almeno le sei e mezzo di sera. Avrebbe voluto ripescare il suo telefono per esserne sicura, ma l’idea di muovere un solo muscolo sembrava oltre i limiti dell’immaginazione.
Lui era girato su un fianco, il braccio piegato che gli supportava la testa, immobile come se fosse una silhouette ritagliata da un cartoncino. La poca luce che filtrava le permetteva di distinguere i tratti del suo viso, tutto un intrico di spigoli coperto di pelle chiara. Le sue pupille erano dilatate, per l’oscurità e forse per le endorfine che gli circolavano ancora nel sangue. Le sembrava che un sorriso gli incurvasse le labbra, ma non poteva esserne sicura, doveva limitarsi a sperare.
Sorridere era positivo. Sorridere voleva dire che questo andava ancora bene, qualunque cosa questo fosse.
Pensarci risvegliava una forza oscura che le stringeva il petto e le mozzava il respiro. Da lì era una caduta libera: la Cosa si ramificava in fretta dentro di lei e le avvolgeva gli organi, risalendo pian piano fino alla sua mente, là dove poteva prendere vita in voci sensuali che iniziavano a tormentarla e non la lasciavano andare più.
C’era un tempo in cui, quando lei si ritrovava avvelenata dall’interno e non poteva fare altro che rannicchiarsi e piangere, lui la teneva stretta e le lasciava scivolare parole amorevoli all’orecchio finché non riusciva a respingere la Cosa nel covo non identificabile dove si nascondeva.
Ma ora erano in un’epoca diversa e non poteva essere sicura di cosa sarebbe potuto succedere se si fosse ridotta di nuovo in quello stato. Non se la sentiva di scoprirlo.
“Fra poco devo andare” sospirò infine, insultando mentalmente gli orari dei treni e la patente che non aveva mai preso. Si sentiva così stanca, avrebbe voluto solo accoccolarsi lì e smettere di lottare contro il sonno.
Era sempre così dopo un pomeriggio del genere. Non era solo il sesso, era più il senso di conforto dello stare così vicini, chiusi nella loro bolla lontani dal resto del mondo. Non aveva ancora trovato un altro posto dove sentirsi finalmente così in pace.
Lui si tirò su a sedere e tastò il letto finché non ritrovò i suoi vestiti, lanciati prima in giro nella frenesia del momento.
“Vuoi un passaggio?” le chiese mentre si rivestiva. Ci stava mettendo un po’ perché era tutto girato nel verso sbagliato ed era troppo buio per affidarsi alla vista.
Gli rispose di no, che aveva portato un ombrello.
Le avrebbe fatto comodo il riparo di un’auto con quella tempesta, ma non era così che funzionava.
Uscire fuori rendeva troppo vero quello che succedeva in quella stanza, ed entrambi sapevano di non aver bisogno di un confronto del genere.
Se volevano che andasse tutto bene, dopo questi loro incontri dovevano separarsi in fretta e ributtarsi nella vita vera senza guardarsi indietro. Separare il loro mondo da tutto il resto era essenziale, un piccolo sforzo per assicurarsi di non creare confusione.
La confusione portava dubbi e i dubbi diventavano domande e le domande erano bastarde assassine.
Davvero, erano più felici così.
Era già alla porta, ricomposta e pronta ad andar via.
Si guardò indietro e vide che un’anta della finestra ora era aperta. Lui aveva i gomiti poggiati al davanzale e si stava accendendo una sigaretta. Le gocce di pioggia gli colpivano la faccia con violenza, ma lui non sembrava farci caso.
Inspirava ed espirava lentamente, gli occhi fissi verso il cielo denso di nuvole.
“Allora ci sentiamo” le disse senza guardarla.
Lei annuì, anche se si rendeva conto che lui non poteva vederla. Senza aggiungere nulla, tirò giù la maniglia e lasciò la stanza.

   
 
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