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Autore: ShanaStoryteller    22/05/2021    4 recensioni
Durante il loro secondo anno, Harry e Draco scoprono di essere anime gemelle e fanno del loro meglio per tenere la cosa segreta.
Il loro meglio non è abbastanza.
-
“Stai cercando di farti uccidere, Potter?” disse strascicato Malfoy, camminando altero con grandi falcate. Veloce lui stesso come una serpe, allungò il braccio e afferrò l’animale appena sotto la testa. Questi si dimenò nella sua presa, ma non poteva più mordere nessuno. “Questo è un serpente velenoso e dubito che qualcuno abbia un bezoar con sé.”
Harry lo fulminò con gli occhi. Aprì la bocca e sentì l’inizio di una frase nella lingua dei serpenti scivolargli dalle labbra, e non era ciò che voleva, che senso aveva insultare Malfoy se non poteva capire quello che stava dicendo-
Malfoy sgranò gli occhi e schiaffò una mano sulla bocca di Harry. “Potter, che diavolo-“
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Note autrice: abbiamo ufficialmente superato le centomila parole. Ricordate quando doveva essere una one-shot da ottomila parole? Bei tempi.


Il Torneo Tremaghi: Parte Quattro




Harry amava il Quidditch. Amava la competizione, l’orologio che ticchettava, fare parte di una squadra e lavorare insieme per vincere. Ma amava anche volare e basta e, quando si trattava di quello, planare era la scelta migliore.

“Sei molto bravo!” Lo incoraggiò Fleur accanto a lui. Erano solo a quattro metri e mezzo d’altezza, ma Harry si sentiva abbastanza a suo agio da voler stare più dritto. Dopo aver perso l’equilibrio un paio di volte aveva finalmente trovato il suo baricentro e la scopa gli rispondeva bene come al solito.

Clarence era più sotto assieme a Cedric, che si stava abituando a posizionare e muovere i piedi sul manico per poter esercitare un vero e proprio controllo sulla scopa. Viktor levitava vicino a loro e Harry spostò il peso sui talloni in modo da girarsi di 180 gradi e guardarlo in faccia. “Avevi detto di essere una schiappa!”

“Fa pena.” Disse Fleur, senza malizia. “Guarda la sua postura: rigida, tutte linee rette, niente curve, niente grazia.”

“Riesco a rimanere sulla scopa, ma questo è il massimo che riesco a fare.” Concordò Viktor.

“Qui c’è qualcuno che non riesce a fare nemmeno quello!” Esclamò Cedric qualche metro più sotto. A dispetto delle sue parole era in piedi sulla sua scopa, e la muoveva in piccoli cerchi a un metro da terra.

Clarence alzò gli occhi al cielo. “Stai andando bene, specialmente per la tua prima volta! La maggior parte di quelli del primo anno ci mettono settimane per stare in piedi senza cadere.”

“In che senso se Viktor è rigido vuol dire che fa pena?” Chiese Harry, spostando cautamente il piede per aggiustare l’altezza della sua scopa – prima su e poi giù. Fleur e Viktor lo imitarono con facilità. “Riesce chiaramente controllare la sua scopa, molto più di me.”

Fleur sospirò. “Planare è un’arte, non uno sport. La presentazione conta e Viktor è una statua sulla sua scopa. Trova il suo baricentro, ma non si muove.” Si piegò di lato e fece un salto mortale, terminando con una verticale sulla scopa, facendolo sembrare semplice come respirare. “Se non riesci a portare il tuo equilibrio con te, potrai anche essere in grado di planare, ma non bene e non a lungo.”

Okay, in passato era stato irragionevolmente geloso quando Fleur passava del tempo con Draco, ma ora capiva. Era la persona più mitica di sempre.

“Ha ragione. Non cado più, ma non riesco a fare le loro mosse e sembro molto più innaturale.” Disse Viktor.

Fleur si spostò, sedendosi di lato sulla sua scopa, une gamba accavallata graziosamente sull’altra. La transizione fu così fluida che Harry non si accorse di niente se non quando l’ebbe già completata. “Tu ci riesci molto meglio di tanti altri! Ma non è questa la tua forza.”

Fleur fece scattare la gamba, calciando la scopa di Harry. Quasi cadde, ma riuscì a rimanere in piedi. “Ehi!”

“Visto? Sei bravo.” Disse, ignorando la sua occhiataccia. “Quando il tuo centro si muove, lo segui. Diventeresti molto abile con un po’ di pratica.”

“Non avevi detto che era un’arte?” Chiese Cedric, finalmente alzatosi allo stesso livello per unirsi a loro. Clarence era in piedi sulla propria scopa dietro di lui, le mani cautamente in avanti in caso fosse caduto.

Fleur e Clarence si scambiarono un ghigno. “C’è un incantesimo che fa lasciare alle nostre scope scie di colore. Ci sono competizioni che giudicano quanto siamo eleganti e quale squadra riesce a creare la figura più bella. Albe e fiori sono molto popolari. Noi un anno abbiamo vinto ricreando Notre Dame.”

Harry si chiese se ci fossero regole che impedivano a una scuola di avere una squadra di Quidditch e anche una di planata. Perché sapeva che Dean l’avrebbe adorato. Sulla scopa era bravino, ma era un artista strabiliante.

“Basta con le chiacchiere.” Comandò Fleur, alzandosi facilmente in piedi. Harry non aveva mai visto qualcuno così a proprio agio su una scopa prima d’ora. Era geloso e l’avrebbe piantonata per farsi dare lezioni finché non fosse riuscito anche lui a muoversi così. “È ora di allenare il vostro gioco di piedi. Cercate di non cadere. Fa male.”

“Cadere tempra lo spirito.” Disse Clarence, palesemente citando qualcuno.

Fleur fece una risata nasale, poi volò intorno a loro disegnando dei grandi e semplici otto. “Metà è imprimere alla scopa la vostra forza di volontà, metà è muovere i piedi.” Disse. “Non concentratevi solo su un aspetto. Se vi dimenticate i piedi, cadrete. Smettete di lavorare con la vostra scopa e smetterete di muovervi. E poi cadrete, probabilmente.”

Era una brava insegnante. Quando finirono la lezione, Cedric stava ancora traballando, ma Harry riusciva facilmente a volare di fianco a Fleur, disegnando pigri cerchi e semplici figure. Anche Viktor ci riusciva, ma Harry stava iniziando a capire i commenti di prima: era davvero troppo rigido. Era quasi il tramonto e nessuno di loro era entusiasta all’idea di rimanere nella Foresta Proibita con il buio. Harry sapeva per esperienze personali che c’era sempre qualcosa che avrebbe cercato di mangiarlo.

Non poté impedirsi di essere silenziosamente felice. Gli piaceva. Era il più giovane e stava togliendo loro le luci della ribalta, ma sembrava che gli altri campioni lo trovassero simpatico per davvero. Gli sorridevano e scherzavano con lui, e non lo trattavano mai in modo diverso solo per la cicatrice sulla sua fronte.

Era bello.

 

-

 


Draco non voleva intromettersi. Non erano amici, non erano affari suoi e non gliimportava.

Se non fosse per il fatto che ora aveva un fidanzato. Lui e Harry stavano insieme seriamente, ma era ancora un segreto, non potevano dirlo a nessuno e per quanto Draco volesse spedire una Strillettera a tutti per informarli di essere ufficialmente impegnato, non poteva. Doveva rimanere un segreto.

Ma quello non doveva esserlo per forza.

Draco bussò alla porta di Cassius per svariati minuti finché lui non la scardinò aprendola, ringhiando “Che c’è?” Aveva aperto la porta del tutto stavolta e wow, che casino. A George piaceva l’ordine, era inconcepibile che avesse passato volontariamente del tempo lì dentro.

“Allora, tu e Weasley scopate.” Disse, poi aggrottò la fronte e aggiunse: “Sto parlando di George. Presumo che tu non ti sia portato a letto più di un Weasley.”

Aveva promesso a George di non rivelare i suoi segreti. Non aveva mai detto che non ne avrebbe parlato con l’unica altra persona che li conosceva.

Cassius impallidì, poi l’afferrò per i vestiti e lo trascinò dentro prima di sbattere la porta. Totalmente non necessario. Draco sarebbe entrato di sua sponte se gliel’avesse chiesto. “A chi l’hai detto?”

“Nessuno.” Disse, senza cercare di farsi togliere le mani di dosso da Cassius. Era abbastanza sicuro che non ci sarebbe riuscito senza la magia e la situazione non era degenerata fino a quel punto.

“Zabini e Parkinson, ovviamente.” Disse l’altro. “La Bulstrode, forse. Chi altri?”

Nessuno.” Ripeté, irritato. “Non l’ho detto a nessuno.”

Cassius lo lasciò finalmente andare, incrociando le braccia e rabbuiandosi. “Un ricatto, allora. Estorsione? Non penso di avere nulla che tu possa volere.”

Era sembrato anche lui così ridicolo quando aveva parlato con Ginny? Non c’era da sorprendersi che lo prendesse sempre in giro. “Niente. Di cosa ti preoccupi, comunque? È un Weasley, non un babbano o una creatura. È anche purosangue, anche se di terza categoria.”

“Non sono affari tuoi.” Scattò. “Dimmi le tue condizioni oppure levati di torno.”

Draco guardò Cassius da capo a piedi. Era furioso e… e sembrava spaventato. Non era psicologicamente pronto per quello. “Me ne vado. Ma dovremmo parlarne più tardi.”

La porta si aprì. “Fanne parola ad anima viva e io ti…” La sua voce si affievolì e Draco alzò un sopracciglio. Era un Malfoy. I Worthingtons erano purosangue, antichi e ricchi. Ma Draco era destinato a sostituire suo padre come patriarca dei Malfoy e Cassius era solo un cugino del capofamiglia. Non c’era praticamente nessuna minaccia che potesse fare a Draco che sarebbe poi riuscito a far valere.

Draco lasciò che il silenzio pesasse fra di loro per un momento, più per dargli una lezione che altro, e disse: “Non lo dirò a nessuno. Cosa mai potrei guadagnarci?”

Se ne andò prima che Cassius potesse pensare a una risposta. Forse era meglio che si fosse rifiutato di parlargli: aveva impedito a Draco di dire qualcosa di stupido. Ma la sua segretezza gli dava fastidio. Lo irritava a non finire. Raramente trovava un’occasione di affrontare le cose che lo tormentavano, quindi non era disposto a lasciarsela scappare.

Chissene. Cassius non lo aveva affatturato, quindi sarebbe potuta andare peggio. Lo avrebbe lasciato nel suo brodo per un paio di giorni e poi ci avrebbe riprovato.

Se si sbrigava avrebbe potuto consegnare a Flitwick il suo saggio completo su come aveva fatto quelle spille prima di cena.

 

-

 


Dopo ore passate a planare, stava morendo di fame. E aveva male dappertutto. Non si sentiva ammaccato dopo una sessione di volo da quando era al primo anno, ma planare gli aveva fatto allenare una serie di muscoli che normalmente non usava. Dovevano esserci degli esercizi che poteva fare anche senza cavalcare una scopa per abituare il suo corpo a planare, no? Non che avesse molto tempo per farli quell’anno, ma se avesse evitato di morire in quel torneo avrebbe almeno avuto qualcosa da fare quando sarebbe rimasto bloccato dai Dursley. Era l’unico membro della squadra di Quidditch che non volava durante l’estate e gli altri sembravano non notare la differenza, ma lui sì.

“HARRY! Da questa parte!” Sbatté gli occhi, girando la testa lontano dal tavolo Grifondoro, seguendo il suono del suo nome. Padma e Parvati erano sedute insieme al tavolo Corvonero e gli stavano facendo cenno di avvicinarsi.

Gli si avvicinò e non gli fecero posto per sedersi, quindi immaginò che sarebbe stato veloce. “Ehi, ragazze. Che succede?”

Le gemelle si scambiarono uno sguardo; poi Parvati disse: “Forse ci stiamo impicciando, ma ci stavamo chiedendo… Cosa indosserai al Ballo?”

“Uh…” Sbatté le palpebre, preso in contropiede. “Un abito? Da sera. Verde.”

A entrambe svanì il sorriso. “Ci sei particolarmente affezionato?” Chiese Padma.

“Non particolarmente, è solo un abito. Perché?” Non aveva idea di dove volessero andare a parare.

“Puoi dirci di farci gli affari nostri.” Iniziò Padma. Harry si immaginò che dire quella frase a qualunque di loro sarebbe risultato in una bacchetta conficcata nelle sue orbite. “Ma… potresti, per caso, metterti degli abiti indiani al ballo? È solo che la gente sta parlando così tanto di te che parli Serpentese, e so che non ti piace attirare l’attenzione per questa faccenda, e che vestirsi diverso dagli altri ti farà spiccare di ancora più. Ma potresti pensarci su?”

Harry desiderò che il pavimento si aprisse e lo inghiottisse intero. Sperò che, un giorno, arrivasse ad un punto in cui parlare della sua ignoranza non fosse così imbarazzante. “Non so nemmeno come sono fatti degli abiti indiani, o dove trovarli.” Prima di quella conversazione, non sapeva nemmeno che esistessero.

Parvati sembrò infastidita per davvero. “No, intendevamo: li indosseresti?”

“Certo.” Disse. “Ma non ne possiedo, quindi sono parole vuote.”

“Possiamo procurarti noi un completo.” Disse. “Ne saremmo felici, se prometti di indossarlo al ballo. Noi avremo dei sari, quindi non saresti da solo.”

Era chiaramente importante per loro e a lui non importava cosa avrebbe indossato. Dubitava che gli avrebbero fatto indossare qualcosa di stupido per ridicolizzarlo. E poi, se non poteva ancora imparare il Tamil, indossare abiti provenienti dalla cultura di suo padre gli sembrava… bello. Era qualcosa, almeno. “Sì, va bene. Quanto costano? Mi sono avanzati un po’ di soldi dalle compere scolastiche, ma se c’è bisogno posso mandare una lettera alla Gringotts.”

Entrambe fecero uno strilletto, saltando in piedi, e Harry fece un passo indietro per lo spavento. “Non te ne pentirai.” Promise Padma. “Sarai uno schianto. Nostra nonna è una sarta, sappiamo quello che facciamo.”

“Figo.” Disse, sbattendo le palpebre. “Devo fare un salto in camera e pagarvi adesso o…?”

Parvati scosse la testa. “Harry, per cortesia! Siamo Patil, di certo non siamo indigenti. È un regalo.”

“Oh.” Spostò il peso da un piede all’altro. Era così che si sentiva Ron ogni volta che si offriva di comprargli qualcosa? “Siete sicure? Non mi dà fastidio pagare.”

“Accetta la nostra generosità prima di offenderci.” Disse Padma, ma stava sorridendo.

Non tutte le famiglie purosangue erano ricche, ovviamente, ma da come parlavano, loro rientravano tra queste. E poi, sapeva che discutere con Parvati non lo avrebbe portato da nessuna parte e poteva solo immaginare che fosse lo stesso con sua sorella. “Grazie per il regalo. Lo apprezzo.”

“Di nulla.” Disse cortesemente Padma, prima di tirarsi dietro sua sorella, affrettandosi fuori dalla Sala Grande. “Inizieremo subito. Ciao Harry!”

“Ciao.” Disse, ma erano già sparite.

Stava per tornare al proprio tavolo quando Cho si sporse dal suo posto qualche sedia più in là e chiese: “Ho sentito bene? Indosserai un vestito tradizionale al ballo?”

“Immagino di sì?” Disse. “Non ne sono sicuro. Credo che lo scoprirò quando me lo daranno.”

“La maggior parte delle persone avrà dei normali completi.” Disse. “Ti fisseranno tutti.”

Scrollò le spalle. “Meglio che fissino i miei vestiti che la mia cicatrice. E poi, sembra importante per loro.” Ed era importante anche per lui, in un certo senso. Ma forse era un po’ troppo imbarazzante da ammettere ad alta voce.

Cho aveva un piccolo sorriso sul viso. “Sei dolce.”

Oh, Merlino. Gli stava facendo un altro complimento e stavolta non aveva un incantesimo di disillusione per mascherare il suo rossore. “Grazie.” Disse. “Uh, devo andare ora.”

Batté in ritirata al tavolo Grifondoro e si sedette di fianco a Seamus, che non avrebbe mai fatto qualcosa di così orribile come essere gentile con lui senza preavviso.

 

-

 


Quando Draco uscì dall’aula di Incantesimi, Luna lo stava aspettando in piedi dall’altro lato del corridoio. Sospirò. “Andate senza di me.” Disse a Pansy e Blaise. “Vi raggiungerò.”

Si avvicinò a Luna con un sopracciglio inarcato. Le aveva già restituito il saggio, quindi non era sicuro di cosa potesse volere. Lei iniziò a camminare per il corridoio senza dire nulla e lui sospirò, ma la seguì finché non arrivarono in un punto meno affollato. “A proposito di Harry.” Iniziò lei, prima di mordersi il labbro.

“Non vuoi andare con lui? Vuoi che ti trovi qualcun altro?” Disse. Millie ci andava con una ragazza di un anno più grande, ma pensò che avrebbe acconsentito ad accompagnare sua cugina, se glielo avesse chiesto. “Oppure posso dire a Susan di aver cambiato idea se vuoi andare con me.”

Lei scosse la testa. “Harry va bene. Ma ho sentito Cho e Padma parlare e… Lui indosserà vestiti tradizionali e mi stavo chiedendo se- se dovrei… In realtà ho già un abito normale.” Aggrottò la fronte. “Lascia stare, non è importante. Probabilmente i gorgosprizzi mi stanno ronzando nelle orecchie. Dovrei prendere della menta per risolvere il problema.”

Solo metà di quello che sua cugina diceva aveva un senso per lui, ma la conosceva da metà della sua vita, quindi solitamente riusciva ad analizzare la maggior parte delle sue baggianate. “Non sei solo inglese. Se vuoi indossare un vestito, mettiti un vestito. Ma se vuoi indossare…” Si scervellò per un momento, perché non si era mai tenuto aggiornato sulle ultime mode giapponesi. “…un kimono, allora dovresti farlo.”

“Mamma indossava sempre vestiti occidentali, anche prima di incontrare papà.” Disse lei a bassa voce.

Draco fece una risata nasale. “Dovevamo ritenerci fortunati se riuscivamo a far mettere a Pandora dei vestiti puliti. Indossava sempre anche vestiti Babbani, ma non la rendevano una Babbana. Era un’alchimista, Luna, le importava più della comodità che di qualsiasi altra cosa. Ma questo è un ballo. Mettiti quello che vuoi. È quello che fai sempre, in ogni caso.” Le diede un colpetto sugli orecchini a forma di daikon.

“Non so nemmeno dove comprarne uno, è difficile che abbiano quello che cerco a Diagon Alley.” Disse. “Lascia stare. So che devi andare, dimenticati di quello che ho detto.”

“I gorgosprizzi ti hanno detto del mio incontro segreto?” Chiese seccamente. Probabilmente avrebbe dovuto essere preoccupato del fatto che Luna sapeva che si vedeva con i Grifondoro, ma lei era sempre a conoscenza di cose che non doveva sapere ed era brava a custodire segreti.

Finalmente gli sorrise.

Che odio. Se non stesse ancora litigando con i suoi genitori avrebbe potuto chiamare mamma seduta stante e lei si sarebbe occupata di tutto. Ma non avevano ancora fatto pace, quindi non poteva. “Senti io devo andare, ma mi inventerò qualcosa. Okay?”

Lei annuì e Draco la abbracciò velocemente con un braccio prima di andarsene.

Si affrettò verso la classe abbandonata, diede un veloce bacio a Harry e mostrò il medio agli altri quando fecero dei versi disgustati. Dopodiché si accoccolò di fianco al suo fidanzato e aiutò gli altri con le loro ricerche. La seconda prova incombeva e non avevano ancora capito nulla di quello stupido uovo dorato.

Draco aspettò di tornare nella loro stanza per parlare a Blaise di Luna.

“Vuoi che mia madre porti tua cugina a fare shopping per un kimono?” Gli chiese, piatto. “Il ballo è tra tre giorni, Draco!”

Draco inarcò un sopracciglio. “Tua mamma potrebbe causare un colpo di stato in tre giorni, mi viene difficile pensare che andare a fare compere sia fuori dal suo repertorio. Non so se sia un kimono vero e proprio, quello so che è indossato dai Babbani… O almeno lo indossavano. Non so se lo facciano anche le streghe giapponesi. Ma tua mamma lo saprà sicuramente!”

“Dovrà procurarsi un permesso speciale per entrare a scuola a prendere Luna.” Disse, arrendendosi.

Nemmeno Silente avrebbe osato bloccare il passaggio a Zaira Zabini. Non senza una valida ragione, perlomeno. “Grazie.” Disse, sincero.
Blaise gli lanciò un cuscino addosso. “Zitto e dormi.”

 

-

 


Quando Harry si presentò all’incontro trovando una coperta morbida stesa davanti al camino scoppiettante, non poté reprimere un sorriso. Personalmente, gli sarebbe andato bene passare del tempo insieme come facevano di solito, con la novità che erano da soli. Ma Draco era un tipo romantico.

Non potevano andare a un vero e proprio appuntamento, non potevano baciarsi alla sala da the di Madame Puddifoot o sgattaiolare alla torre di Astronomia. Ma Draco aveva insistito che la segretezza non era una scusa per la pigrizia e Harry era felice di non averlo contraddetto.

“Sei in anticipo!” Disse Draco, contrariato.

“Scusa.” Disse, ma il suo sorriso era troppo grande perché Draco lo prendesse sul serio.

Lo guardò male, ma un momento dopo apparvero sulla coperta piatti colmi di cibo fumante, senza dubbio opera di Winky. Il cibo era delizioso e passarono tutto il tempo a discutere di tattiche di Quidditch, con le ginocchia che si toccavano visto che erano seduti con le gambe incrociate sulla coperta. I piatti sporchi scomparvero e delle tartine alla melassa apparvero su dei piattini vicino a loro. Fecero a gara per vedere chi riusciva a finirle per primo il che, col senno di poi, fu uno spreco di tortine.

Dopodiché, Harry esitò, non sapendo se stava andando troppo veloce, se stava ragionando in modo presuntuoso. Ma Draco gli premette una mano sul petto e sussurrò “Ok?” prima di chinarsi e baciarlo.

Harry si sporse in avanti, entusiasta, ed entrambi persero l’equilibrio, cadendo di lato, ed Harry atterrò maldestramente sopra la sua anima gemella. Era un imbarazzante sfoggio di goffaggine per due giocatori di Quidditch, ma da sotto di lui Draco gli sorrise, un po’ imbarazzato, i capelli biondissimi sparsi intorno come un’aureola, e Harry aveva solo una risposta a quella vista.

Si baciarono fino a quando Harry si sentì le labbra intorpidite e gonfie e continuarono comunque a baciarsi. Forse non potevano uscire insieme come una coppia normale, ma pomiciare per ore di fronte a un fuoco scoppiettante gli sembrava un ottimo sostituto dal suo punto di vista. Ovvero, da dov’era steso.

Rimasero fino a tardi, perché ogni volta che uno dei due cercava di essere responsabile e decideva che era ora di andare, l’altro lo tirava indietro e riprendevano a baciarsi. Harry avrebbe finito per addormentarsi in classe il giorno dopo, ma non riusciva a pentirsene. Aveva il corpo pesante e gli formicolava e se non fosse stato per una cosa ridicola come il sonno, sentiva che avrebbe potuto passare l’intera notte a baciare Draco.

Entrò nella sala comune, aspettandosi di trovarla vuota. Non lo era. Ron e Hermione erano seduti alle estremità di un divano, una montagnola di libri tra loro. Forse stavano lavorando sui loro compiti di Pozioni, visti i titoli dei libri, ma poteva anche essere Erbologia. Avevano compiti di Erbologia? Sperava di no. “Che ci fate svegli?”

Entrambi alzarono lo sguardo e Hermione si morse il labbro per non ridere mentre Ron gli fece un sorriso malizioso. “Ti stavamo aspettando. Ti farei la stessa domanda, ma la risposta è ovvia.” Disse. “Mi sa che ti conviene usare un incantesimo di disillusione, oppure una sciarpa. Forse Seamus ha una maglia a collo alto che può prestarti, anche Dean è uno che morde.”

“Uno che morde?” Ripeté, confuso.

Hermione appellò uno specchio e glielo offrì. Fu subito ovvio di cosa stavano parlando.

Aveva dei succhiotti viola scuro lungo tutto il collo e si era già fatto dei lividi in passato, ma nulla di quel calibro. La forma era precisamente quella della bocca di Draco. “Lo ammazzo!” Disse. “Come pensa di tenere segreta la nostra relazione se fa queste cazzate?”

“Mordilo anche tu.” Gli suggerì Hermione, una luce birichina negli occhi. Harry non le aveva mai visto addosso succhiotti da parte di Viktor, ma era abbastanza furba da coprili se ne aveva mai avuti.

Ripensò a poco prima, a quando aveva premuto il suo corpo contro quello di Draco, al suono sorpreso che gli era sfuggito quando Harry gli aveva baciando il collo e disse “Forse l’ho fatto.” Era tutto un po’ confuso, in realtà. C’era stato solo calore e Draco e le loro bocche.

Hermione si girò, come se quello potesse impedire a Harry di sentirla ridere di lui, e Ron non stava ridendo di lui, ma lo sforzo gli aveva conferito un colorito scarlatto come i suoi capelli.

“Vado a letto.” Disse, stizzito, alzando il naso all’insù in un’ottima imitazione di Draco. “Non ho bisogno di farmi trattare così.”

Alla fine fu costretto a correre su per le scale, perché Hermione e Ron gli tirarono addosso ogni cuscino a loro disposizione finché non fu sparito dal loro campo visivo.

 

-



 
Ron e Hermione erano con Harry quando la McGonagall arrivò per prelevarlo dalla Sala Comune. Gli lanciarono degli sguardi preoccupati quando lei gli chiese di seguirla, ma non dissero nulla. Lo portò nell’ufficio di Flitwick, dove il pimpante insegnante di Incantesimi era in piedi sulla sua cattedra. Anche Draco, Pansy e Blaise erano lì e per un terribile istante Harry pensò che li avessero scoperti; ma Pansy incontrò il suo sguardo e scosse impercettibilmente il capo. Poi notò Luna, mezza nascosta dietro Draco.

“Che succede?”

“La signorina Lovegood ha detto che l’avresti accompagnata al ballo, ma che non sapeva cosa avresti indossato.” Disse la McGonagall. “La signorina Parkinson ha insistito di venire a prenderti, così che potessi informare la signorina Lovegood delle tue scelte stilistiche, in modo da poter fare le proprie di conseguenza.”

Stava cercando di non suonare esasperata, ma per Harry era palese che invece fosse divertita ma stesse cercando di non darlo a vedere.

“Oh, uhm, in realtà nemmeno io so cosa mi metterò.” Confessò. “Saranno le gemelle Patil a scegliermi l’abito.”

McGonagal tossì, quasi riuscendo a mascherare la sua risata, e disse: “Andrò a prenderle. Ho il tuo permesso per entrare nella Sala Comune di Corvonero, Filius?”

“Certo, Minerva.” Disse, e Harry pensò che forse anche lui si stava divertendo.

Sfortunatamente, non era ancora sicuro di cosa stesse succedendo. “Cosa sta succedendo?” Ripeté, visto che la prima volta non aveva ricevuto una risposta.

Il fuoco nell’ufficio di Flitwick scoppiettò e raddoppiò in altezza, colorandosi di verde. Un secondo dopo, una donna fece la sua entrata dal camino.

Harry si dimenticò di respirare. Era alta e aveva la pelle scura, un naso importante e labbra piene. I suoi capelli corvini erano acconciati in centinaia di treccine che le piovevano fino al bacino, con fermagli dorati che luccicavano ovunque. Il vestito l’avvolgeva perfettamente, con maniche lunghe e un collo alto. Una bordatura di un verde delicato le copriva il vestito che terminava immediatamente sotto le ginocchia e le scarpe dello stesso verde avevano un tacco sottile che aggiungeva centimetri non necessari alla sua altezza. Non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi profondi occhi marroni.

Era la donna più bella che avesse mai visto.

“Madre.” La salutò Blaise, facendo un passo avanti. La baciò sulla guancia, dovendo alzarsi in punta di piedi per riuscirci.

“Tesoro.” Gli rispose lei, la voce di velluto.

“Zaira!” Draco sorrise, raggiante. Si inchinò e le prese la mano, baciandola. “Come riesci a diventare sempre più bella ogni volta che ti vedo? È quasi illegale il modo in cui brilli, più smagliante di chiunque ti circondi.”

Blaise sospirò. Harry ebbe l’impressione che Draco lo facesse spesso. Zaira inarcò un sopracciglio. “Oh, Draco, tu mi lusinghi.”

“Le lusinghe implicano menzogne, mentre io ho solo detto la verità.” Giurò, una mano sul cuore.

“Santo Merlino.” Disse Pansy, così piano che Harry era sicuro di essere stato l’unico ad averla sentita.

Zaira diede l’impressione di un sorriso senza effettivamente cambiare la sua espressione. “Come potrò parlare con altri uomini, quando le loro parole sono aceto in confronto al tuo miele?”

“Una parola e sono tuo.” Rispose lui con un occhiolino.

Zaira finalmente si arrese, esalando una risata delicata. “Lo terrò a mente, come sempre.”

“Salve, signora Zabini.” Salutò Pansy, ora che Draco aveva smesso di rendersi ridicolo. “È bello rivederla.”

“Pansy.” Disse lei calorosamente. “Mi dispiace essermi persa le tue visite durante le vacanze estive. Stai diventando una splendida giovane donna.”

Per la prima volta da quando la conosceva, Harry vide Pansy arrossire. Fece un piccolo inchino in risposta al complimento e avrebbe voluto prenderla in giro, ma non poteva biasimarla. “Grazie, signora Zabini.”

Zaira tese una mano. “Luna, tesoro, lasciati guardare. Non ti vedo da quando eri una bambina.”

Luna esitò, poi fece un passo in avanti, prendendo la mano di Zaira. La donna le fece fare una piroetta e disse: “Meravigliosa, sei una ragazza adorabile.”

“Davvero?” Chiese lei, gli occhi sgranati.

Draco si rabbuiò, ma Zaira non esitò nemmeno un secondo. “Certo che lo sei. Hai il viso di tua madre, tesoro, e difficilmente è mai esistita una donna più adorabile di Pandora. Ho sentito dire che eccelli a Divinazione?”

Lei annuì. “Non è difficile, non penso. Bisogna solo ascoltare.”

Harry non aveva idea di cosa stesse dicendo, ma Zaira annuì come se avesse perfettamente senso. “E questo è il tuo accompagnatore?” Chiese, girandosi a guardarlo.

“Sì.” Disse Luna. “Harry Potter. È simpatico.”

“Ciao.” Disse. Nemmeno le veela l’avevano mai fatto sentire in quel modo. Ma la signora Zabini era molto più bella di qualsiasi veela avesse mai visto. “Piacere di conoscerla.”

“Altrettanto, signor Potter.” Disse. “Ho sentito molto parlare di te.”

Fece una smorfia. McGonagall fece ritorno con le gemelle Patil alle calcagna. “Scusate il ritardo.” Disse, seccamente. “Le ragazze si sono prese un momento per chiamare loro madre. Hanno una richiesta.”

“Signora Zabini.” Disse Parvati, inchinandosi assieme alla sorella. “Possiamo per favore accompagnare lei e Luna? Abbiamo sentito molto parlare di lei e significherebbe molto se potessimo venire.”

Erano così elettrizzate da fremere visibilmente. “Vostra madre vi ha dato il permesso?” Chiese Zaira.

Annuirono.

“Beh, dal momento che sceglierete i vestiti del signor Potter sareste utili per assicurare che entrambi siano coordinati.” Ragionò. “Luna, che ne pensi?”

Luna fu sorpresa dalla domanda. “Anche Padma è simpatica. Non mi dà fastidio se vengono.”

“Molto bene.” Disse. Sorrise al resto di loro, baciò la fronte di Blaise e tornò verso il camino. Harry non la vide lanciare nessuna Polvere Volante, ma il fuoco brillò nuovamente di verde lo stesso. “Seguitemi. Distretto Kakusareta!”

Luna imitò le sue istruzioni e così fecero anche le gemelle, finché Harry rimase nell’ufficio di Flitwick con Draco, Pansy, Blaise e i professori. “Penso che sia abbastanza brio per una sola notte.” Disse la McGonagall. “Vi devo accompagnare alle vostre Sale Comuni o riuscite ad arrivarci da soli?”

Draco fece una risata a nasale, fece un cenno a Flitwick e lasciò la classe senza dire altro. Pansy e Blaise sospirarono prima di seguirlo.
“Ehm, sono a posto.” Disse Harry. “Ci vediamo più tardi.”

Fece tappa alla Sala Comune per prendere Ron e Hermione. Li aggiornò per strada e non fu sorpreso di trovare i Serpeverde nella loro classe abbandonata quando ci arrivarono.

“Devi per forza flirtare con mia madre ogni volta?” Chiese Blaise, contrariato.

“Sì.” Rispose immediatamente Draco, sorridendo alla vista di Harry. “Scusami, tesoro, l’ho amata da molto prima, sicuramente capirai.”

“Chi sono io per mettermi in mezzo al vero amore?” Chiese seccamente, sedendosi di fianco a lui. Le loro mani si stavano a malapena sfiorando, ma non voleva prendergli la mano davanti a tutti perché lo avrebbero preso in giro. “Com’è iniziata questa storia, comunque?”

Pansy fece una risata nasale. “Draco aveva una cotta mostruosa per la mamma di Blaise quando eravamo piccoli. L’aveva superata, ma Blaise lo ha preso in giro una volta e Draco ha deciso che la soluzione più ragionevole fosse farglielo rimpiangere stando al gioco in maniera talmente esagerata da fargli pentire di averglielo mai fatto notare.”

“Ha funzionato?” Chiese Ron, sorridendo.

Blaise lo fulminò. “Penso che stia andando abbastanza bene, se posso dire la mia.” Disse Draco. “Amo tua mamma, la prende così bene.”

“Sa che lo stai facendo solo per dar fastidio e che lo odio.” Disse. “Quindi è ovvio che stia al gioco.”

“Sono davvero andate in Giappone?” Chiese Harry. “Solamente per compare un vestito?”

Hermione fece spallucce. “Andare in Giappone con la Metropolvere è facile tanto quanto andare a Diagon Alley. Tanto vale fare le cose per bene.”

“Zaira parla un po’ di giapponese e Luna è fluente, com’è ovvio. Se la caveranno.” Disse Draco. “Al contrario di Harry, se non riusciamo a capire questo dannato uovo. Se va avanti così finirà ammazzato.”

Hermione allungò la mano nella borsa e tirò fuori un libro che era fin troppo spessp perché Harry si sentisse rassicurato. “Ho preso un altro volume sulle banshee.”

“Non sono banshee.” Dissero all’unisono Ron e Pansy, per poi fare una smorfia.

“Beh, è l’indizio migliore che abbiamo ed è meglio che non prepararsi affatto.” Disse. “Quindi a meno che non abbiate un’idea migliore…?”

Non ce l’avevano.

Harry sperava ardentemente di non morire. Si era appena fidanzato, dopotutto. Avrebbe voluto goderselo almeno un po’ di più prima di fare una fine violenta e dolorosa.

 

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Tutti sarebbero rimasti a Hogwarts per le vacanze in occasione del Ballo del Ceppo, quindi almeno stavolta non avrebbe avuto bisogno di trovare una scusa per non tornare a casa. Gli mancavano i suoi genitori. Stava continuando a respingere le lettere di sua madre senza aprirle. Suo padre non aveva tentato di mandargliene, ma non era sorpreso. Narcissa non aveva la pazienza necessaria per la testardaggine: quello era un tratto che aveva ereditato da suo padre.

Aveva continuato la tattica del silenzio dalla scorsa estate, ma mise un limite all’ignorare il Natale. Creare e incantare le spille gli aveva dato un’idea. Usò il fuoco e la magia per creare da un pezzo d’oro delicato due forcine per sua madre e una coppia di gemelli per suo padre. Aveva innestato nell’oro un discreto incantesimo luccicante mentre era ancora caldo, così che si consolidasse mentre il metallo riposava. I gioielli sarebbero riusciti a catturare la luce anche al buio, in modo da attirare lo sguardo di chiunque fosse vicino al suo portatore. Li spedì alla villa tramite Winky, ma non sapeva cosa dire, cosa scrivere. Alla fine, li firmò con un semplice Con affetto, Draco e sperò che fosse sufficiente.

Stavano ancora litigando, ovviamente; ma erano i suoi genitori.

La mattina dopo ricevette i regali che si aspettava dai suoi amici e dal suo fidanzato, ma in fondo alla pila c’era una piccola scatola avvolta da una scintillante carta blu. L’aprì con cautela, non sapendo quanto fossero arrabbiati i suoi genitori, se il loro regalo sarebbe stato tremendo, per esempio dei pomposi libri sulla storia dei purosangue o qualcosa di similmente insopportabile.

Dentro trovò uno spesso anello d’acciaio, apparentemente banale; ma Draco lo riconobbe immediatamente. Sua madre indossava quell’anello insieme ai suoi anelli di fidanzamento e matrimonio. Lo prese con dita tremanti e, come si aspettava, inciso all’interno c’era il motto della famiglia Malfoy: Fais ce que dois, advienne que pourra.

Fai quello che devi, costi quel che costi.

Era un’eredità, tramandata nella sua famiglia da generazioni. Sua nonna paterna lo diede a sua madre quando le disse di essere incinta. Se lo infilò al dito e si scaldò, una magia antica che lo fece adattare alla sua misura.

Sul fondo c’era un biglietto. Lo aprì, non sapendo cosa aspettarsi. Nella calligrafia di suo padre, c’era scritto:

Per un bravo figlio e Malfoy.

Era davvero, davvero grato che Blaise fosse già uscito, perché le lacrime scorsero lungo le sue guance prima che potesse fermarle. Voleva correre a casa, lanciarsi tra le braccia dei suoi genitori, ma non poteva. Non sapeva ancora cosa volesse, sapeva che suo padre non poteva semplicemente voltare le spalle al Signore Oscuro quando il suo marchio era sulla sua pelle, ma Draco sapeva anche che non avrebbe mai potuto seguire i passi di suo padre, non in quello. Amava la sua famiglia, ma… Millie ed Hermione erano sue amiche, Hagrid e Lupin erano tra le persone più gentili che conosceva e avrebbe preferito morire piuttosto che lasciare che un pazzo facesse male a chiunque di loro.

Amava i suoi genitori e loro amavano lui. Per ora, era sufficiente. Doveva esserlo.

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Parvati si fece viva giusto quando Harry iniziava a preoccuparsi, con una borsa al braccio. Si fece strada nella stanza dei ragazzi come se l’avesse sempre fatto. Neville squittì e si nascose dietro le sue tende. Dean e Seamus stavano cercando di annodarsi a vicenda le cravatte, fallendo miseramente. Ron se n’era andato da un po’ - per andare a prendere i suoi vestiti da Pansy, aveva ipotizzato Harry. Sapeva che l’amica aveva preso quell’abito orrendo come una sfida e ci stava lavorando nel tempo libero da un paio di settimane.

“Wow, brilli!” La salutò. Il suo top era di un viola intenso, mentre il resto del sari era di un viola più sfumato e l’avvolgeva in modo aderente dai fianchi alle ginocchia, lasciando più spazio intorno alle sue caviglie. La parte restante era drappeggiata elegantemente sulla spalla. Era interamente bordato in oro, con gioielli scintillanti disseminati dappertutto. Indossava un girocollo spesso, orecchini pendenti e braccialetti uguali su entrambi i polsi.

“Spogliati.” Comandò lei. “Sono furiosa. Perché non è stato finito prima?! Che senso ha pagare in più per un servizio rapido se arriva lo stesso giorno in cui lo devo usare?”

“È per le vacanze.” Sentì il bisogno di far notare. “Mi metto da solo i pantaloni, tu puoi aiutarmi con il resto.” Se avesse visto il suo marchio, la notizia avrebbe fatto il giro della scuola in meno di un’ora.

Lei sospirò come se lo trovasse ridicolo, ma li tirò fuori dalla busta e glieli porse. “Muoviti.”

Si cambiò in piedi sul letto con le tende chiuse. I pantaloni sembravano abbastanza familiari, solo un po’ troppo attillati per essere comodi. Erano di un blu scuro e non erano molto spaziosi, stringendosi vicino alle caviglie. Sbucò fuori senza maglietta e Dean fischiò. Harry gli fece il medio. “E adesso?”

Parvati gli diede una maglia senza maniche della stessa sfumatura di blu e gli disse di infilarla nei pantaloni. Poi tirò fuori una giacca, aiutandolo a indossarla. Gli arrivava alle cosce e aveva una erie di bottoni d’oro sul davanti che Parvati gli chiuse con pratica efficienza. Sotto si divideva in due, in modo da lasciare un piccolo spazio. Anche il colletto era uguale: era dritto e gli copriva la gola, ma aveva un piccolo taglio all’altezza delle clavicole. “È una divisa jodhpuri.” Gli disse, piegando con attenzione un quadrato di vivace seta verde e sistemandoglielo nella tasca sul lato sinistro della giacca. “È una moda iniziata dai Babbani, ma ora la indossano tutti.”

“È comoda.” Disse, sorpreso. Ora che ce l’aveva addosso da un po’ la sentiva meno costringente. “Mi piace il colore.”

“Non abbiamo ancora finito.” Disse, allungando la mano nella borsa. “Sei un mago, Harry.”

Era dello stesso verde del quadrato di seta, ma fatto dello stesso materiale del suo sari. Quando lo aprì sembrò proprio un grande quadrato di tessuto. Era bellissimo, con intricati ricami d’oro e perline, un bordo di quindici centimetri e decorato con fuori di seta e petali serpeggianti, con cristalli giallo chiaro sparpagliati uniformemente per tutto il tessuto. “Wow.” Esalò.

Parvati sembrò compiaciuta della sua reazione. “Stai dritto con le braccia aperte.” Ordinò. Harry obbedì. Gli si mise alle spalle e lanciò il tessuto su di lui. Non appena lo toccò, Harry sentì una scintilla di magia e il tessuto si mosse, avvolgendolo e modificandosi intorno a lui.

Gli fu finalmente permesso di guardarsi allo specchio e vide che il quadrato di tessuto si era trasformato in un mantello. Gli cadeva quasi a toccare il pavimento e le maniche erano lunghe e gonfie. Non si chiudeva; anzi, seguiva i suoi fianchi in modo che il davanti della divisa fosse visibile anche mentre manteneva la forma e la silhouette di un vero e proprio mantello.

Parvati si mise dietro di lui e guardò lo specchio con un sorriso sfrontato. “Niente male.” Lo complimentò, dandogli una gomitata sul fianco. “Ti fa quasi sembrare un vero e proprio mago.”

“Non sperarci troppo.” Ribatté, ma aveva un sorriso così grande che sapeva di non essere neanche lontanamente credibile.

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Draco indossava un abito da sera nero con piccoli bottoni blu di topazio. Pansy diceva che gli facevano risaltare gli occhi. Stava per andare a incontrarsi con Susan quando Millie fece capolino con la testa nella sua stanza e disse: “Tua cugina è qui. Dice che ha bisogno d’aiuto per prepararsi. Non posso credere che tu le abbia detto dove si trova la nostra Sala Comune!”

“Non le ho detto niente, l’ha scoperto da sola.” Disse automaticamente.

Aprì la porta della Sala Comune. Luna teneva una torre di tessuto tra le braccia, così alta che quasi non riusciva a vederle la testa. “Ho bisogno di aiuto per allacciarmi e Ginny se n’è già andata. Mi aiuti?”

“Dobbiamo fare in fretta.” La avvisò, sperando che Susan non se la prendesse troppo. Portò Luna in camera sua e l’aiutò a indossare il suo vestito. C’era una valanga di soffocanti indumenti intimi e non sapeva bene cosa farci, ma fortunatamente Luna sì, quindi si limitò a seguire le sue istruzioni. Quando arrivarono all’indumento principale - un furisode fatto a mano, con lunghe maniche e uno strascico che doveva essere costato una fortuna – rise. “Dove caspita l’hai trovato?” Domandò.

“Puoi trovare di tutto nel distretto Kakusareta.” Disse lei. Era di un blu scuro, ma non aveva una fantasia normale come fiori o nuvole. Invece, vivaci daikon incoronati da brillanti ciuffi verdi erano stati meticolosamente ricamati nel tessuto. Come minimo faceva pendant con i suoi orecchini. Anche l’obi era verde e gli ci vollero svariati tentativi coordinati dalle sue istruzioni sussurrate per riuscire ad annodarlo correttamente.

La aiutò a indossare i sandali di legno rialzati, sperando che non cadesse, e disse: “Devo andare, manderò Pansy a farti i capelli, tanto io faccio schifo.” Le tirò i capelli per sottolineare il concetto prima di andarsene, affrettandosi fuori dalla porta.

Quando Susan lo vide, sbuffò e disse: “È da maleducati far aspettare una lady, signor Malfoy!”

“Non vedo nessuna lady qui.” Disse, offrendole il braccio.

Lei fece una risata nasale, gli occhi marroni che brillavano, e disse: “Hai un pessimo atteggiamento.”

“Sì, mi hanno detto che possiedo un enorme” fece una pausa, “ego.”

A quella risposta Susan abbaiò una risata non molto signorile, prima di allacciare il braccio al suo e marciare verso la Sala Grande. Era più bassa di lui di quasi una testa, ma Draco dovette accelerare per riuscire a tenere il passo.

Chiaramente non era attirata dall’idea di essere elegantemente in ritardo. Oh beh.

 
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Harry quasi non si accorse di Luna mentre camminava, tanto era diversa. “Stai molto bene.” Disse sinceramente. Le gemelle Patil avevano fatto un buon lavoro nel coordinarli: anche se i loro vestiti erano molto diversi, sfoggiavano entrambi le stesse sfumature di blu e verde.

Lei si avvicinò di mezzo passo mentre camminavano. “Grazie. Sei molto bello.”

Il complimento fu così inaspettato che riuscì a sentire il viso avvampare. “Oh, uh, grazie.”

Si diressero per prima cosa nella stanza secondaria, visto che i campioni dovevano aprire il ballo. Entrò e la prima cosa che notò fu Hermione vicino a Viktor. Stava molto bene con il suo vestito rosso, e i suoi capelli normalmente a forma di cespuglio erano lisci e lunghi svariati centimetri in più del normale. “Adoro i tuoi capelli!” Disse.

Lei si girò verso di lui e sorrise. “Grazie! Mi sono fatta aiutare da Lavanda per applicare la pozione lisciante, visto che la usa molto più di me.”

“Oh, il tuo vestito è meraviglioso!” Disse Fleur esattamente da dietro di lui, visto che era appena entrata, e Harry si girò per ringraziarla.

Il che lo mise faccia a faccia – o meglio, faccia a petto – con Ron. Pansy aveva fatto un lavoro spettacolare con il suo abito. Era perfettamente su misura e aveva mantenuto i fronzoli, ma più piccoli, così da sembrare alla moda piuttosto che ridicoli. Il marrone scuro non lo rendeva più sciatto, ma adulto. Il vestito attirava l’attenzione sulle sue spalle larghe e faceva risaltare i suoi occhi blu, rendendoli più luminosi del solito – lo faceva sembrare più cresciuto, e per una volta la sua altezza sembrava avere un senso piuttosto che farlo sembrare allampanato.

Era a braccetto con Fleur, affascinante e adorabile in un vestito rosa pallido che minacciava di cozzare con i capelli di Ron; ma in qualche modo lei riusciva a farlo funzionare. Indossava un paio di tacchi vertiginosi che la facevano arrivare con la testa giusto oltre le spalle di Ron.

“Non mi avevi detto che saresti venuto con Fleur!” Disse Harry.

Lui si grattò il naso e alzò le spalle. “È stata una cosa dell’ultimo minuto.”

“È alto ed è stato l’unico a guardarmi in faccia mentre me lo chiedeva. I miei standard sono bassi.” Disse lei. “Non volevo andare con qualcuno della mia scuola, per fare da esempio di unità tra le scuole. E poi, sapevo che i suoi amici avrebbero aperto le danze e non volevo che rimanesse escluso.”

“Grazie.” Disse Ron. “Sono alto e penoso. Sei davvero un tesoro, te lo hanno mai detto?”

Fleur rise e Harry li fissò, ma…. Non pensava che si piacessero. Sapeva di non essere per niente un esperto in quelle cose, ma pensava che forse erano venuti come semplici amici. Sperava che fosse così. Hermione stava sorridendo, ma c’era stata una frazione di secondo in cui era sembrata… Beh, non felice. Sperò che Viktor non l’avesse notato.

Cedric e Cho arrivarono e Harry sgranò gli occhi. Non indossavano abiti da sera.

Cho aveva addosso un top bianco con le maniche lunghe e un colletto laterale che si sovrapponeva. Sia il colletto che il bordo delle maniche erano ricamati di blu. Un fine fiocco giallo era appuntato sul lato sinistro del top, esattamente dove terminava il colletto. La gonna era blu scuro con una semplice fantasia gialla e iniziava da sopra i suoi fianchi – giusto prima delle ultime costole – e cadeva fino al pavimento, lunga e gonfia.

Cedric indossava un completo fatto chiaramente in coppia con quello di lei. Aveva dei pantaloni larghi che si stringevano alle caviglie, una maglia bianca con le maniche lunghe e una lunga veste che gli arrivava sopra le ginocchia con lo stesso tipo di colletto e fantasia della gonna di Cho e lo stesso fiocco giallo del suo top. Entrambi gli outfit erano fatti di un materiale spesso e lucido.

“Mi sento trasandato.” Disse Viktor, sorridendo. “Siete molto eleganti.”

“Grazie!” Disse Cho, sorridendo a trentadue denti. “Sono hanbok. Normalmente non ne metterei uno a un ballo, ma avevo sentito che Harry avrebbe indossato qualcosa di tradizionale e non potevo lasciare che si divertisse solo lui.”

“Stai benissimo.” Disse sincero, prima di correggersi. “Tutti e due.”

“Anche tu sei un figurino.” Disse Cedric. “Le Patil hanno fatto un buon lavoro.”

Arrossì. Ron gli mise una mano sulla spalla, pronto a prenderlo in giro, ma la scampò quando la McGonagall entrò e disse “È ora.” Li guardò tutti e li onorò con un raro sorriso. “Siete tutti molto eleganti.”

Poi uscì prima che chiunque di loro potesse rispondere e tutti si affrettarono a seguirla sulla pista da ballo.

 

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Quella era vera e propria tortura. Harry era talmente bello che avrebbe voluto mangiarselo, ma lui non poteva nemmeno rischiare di fissarlo troppo a lungo senza risultare sospetto. L’intera situazione era assolutamente inaccettabile.

Era contento che Fleur fosse lì con Ron – era un ragazzo nella norma, carino e gentile, cosa che sarebbe andata a sfavore di chiunque, ma Fleur non era abituata ai carini e gentili. Sembrava che si stessero divertendo entrambi e sperava che continuassero a farlo. Ovviamente più tardi l’avrebbe presa in giro per la sua scelta – per mantenere le apparenze – ma lei non prendeva mai seriamente nessuna delle sue lamentele, quindi difficilmente ci sarebbero state conseguenze.

Harry e Luna stavano benissimo insieme e, come promesso, Luna guidò cautamente Harry per tutto il ballo d’apertura facendo sembrare che fosse lui a condurla, invece del contrario. Hermione e Krum erano adorabili, ma erano Cedric e Cho quelli che sembravano sapere cosa stavano facendo. Erano anche fidanzati da tre anni, quindi supponeva che avessero avuto il tempo per trovarsi a proprio agio l’uno con l’altra.

La pista da ballo si aprì e Susan gli scoccò uno sguardo pieno di aspettativa. Prima o poi quel pomposo ballo sarebbe diventato una vera e propria festa, ma mancava ancora un’ora prima che succedesse.

“Non mi va molto di danzare. Mi capisci, vero?” Chiese.

“Ti ucciderò nel sonno.” Rispose lei.

Draco cercò di reprimere un ghigno. “Oh, beh, se la metti così.”

Susan era brava come si era aspettato, avanzando con sicurezza e scioltezza mentre piroettavano lungo la pista. Colse di sfuggita Blaise e Lavanda nelle loro vicinanze, mentre Pansy e Flint erano imboscati in un angolo. A Pansy piaceva ballare, ma sapevano tutti che Flint faceva pena. Si appuntò mentalmente di ballare con lei almeno una volta quella notte e di assicurarsi che Blaise facesse lo stesso.

Le macchine fotografiche si illuminarono intorno a loro e Draco si tirò vicino Susan per sussurrarle all’orecchio. “Sai, potrei essere io a sembrare un moderato dopo questa farsa. Potrebbero pensare che sei così purosangue da aver degnato solo me di un appuntamento.”

Susan sbatté gli occhi per poi incupirsi. “Beh, porco Fudge, non ci avevo pensato.”

Quella risposta gli strappò una risata. “Hai appena usato il nome del ministro come un’imprecazione?”

“Calza a pennello.” Rispose lei, più riflessiva che sulla difensiva. “Hai letto il suo ultimo comunicato stampa? Come se a qualcuno fregasse qualcosa ottimizzare il processo per ottenere la patente per materializzarsi quando sta minacciando di alzare le tasse sul suo mantenimento. Praticamente tutti preferirebbero aspettare un’ora in più in coda piuttosto che pagare una tassa di rinnovo ogni anno, quindi unirle come se una cosa negasse l’altra lo fa solamente sembrare un idiota.”

“Ci sono molti vecchi a cui non importa della tassa.” Disse. “È un problema per le persone povere. Come puoi sperare di diventare ministro se non puoi promuovere efficientemente entrambe le cose?”

“Sto per caso facendo campagna elettorale in questo momento?” Chiese lei.

Le fece fare un casquè e poi disse: “Signorina Bones, se vuole diventare Ministro della Magia entro i quarant’anni, sarà sempre in campagna elettorale.”

 

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Luna era davvero, davvero brava a ballare e Harry non era mai stato così grato a qualcuno. Con Luna a dirigerlo, riuscì a sopravvivere alle danze senza sembrare un idiota e quando si misero a ballare in mezzo alla folla – senza essere più il centro dell’attenzione – addirittura si divertì.

Ron e Fleur si misero a ballare vicino a loro. “Facciamo cambio?” Chiese.

“Certo.” Disse Harry e un istante dopo il braccio di Ron gli circondò i fianchi mentre Fleur e Luna piroettavano lontano da loro. Luna sembrava ancora più piccola vicino a Fleur, ma la sua abilità nel ballo non fu per nulla intaccata dalla differenza d’altezza. “Non posso credere che tu abbia invitato Fleur.”

“Tutti avevano dei partner fighi e non volevo essere escluso.” Ammise, facendogli fare un casquè. “Era la persona più fantastica a cui potessi pensare che ancora non aveva un partner.”

Beh, aveva ragione. “Ti sta bene, l’abito.”

Si illuminò. “Pansy ha fatto un lavorone! Ehi, se vuoi possiamo continuare a ballare, ma da qualche parte c’è anche Percy. Vuoi che andiamo a salutarlo?”

Ron avrebbe preferito farsi tagliare una mano piuttosto che ammettere che gli mancava il suo tedioso fratello con la puzza sotto il naso, ma Harry lo conosceva da abbastanza tempo da capirlo. “Certo. Ma che ci fa qui?”

“L’accompagnatore. Avrebbe dovuto farlo il suo capo, ma non è riuscito a venire, quindi Percy è stato costretto a farlo al suo posto.”

Percy era solo di un anno più grande di alcuni studenti. Fare da accompagnatore lì doveva far schifo. “Il suo capo mi sembra abbastanza stronzo.”

“Già.” Disse Ron.

Quando lo trovarono Percy aveva una smorfia funerea in viso che Harry non riuscì a comprendere, perché avvinghiata al suo braccio c’era una ragazza giovane e carina con capelli corti e rosa acceso. Stavano parlando con Cedric e Cho – o almeno, la ragazza stava parlando. Percy si limitava a stare lì e lanciare occhiatacce.

Harry esitò, chiedendosi se fosse meglio non interrompere, ma Cedric lo vide e gli fece cenno di avvicinarsi. “Ron, Harry.” Li salutò calorosamente. “Questa è la mia anima gemella, Tonks. Si è appena diplomata come auror.”

Ron sgranò gli occhi e guardò Cho, ma lei stava sorridendo ed era a suo agio. Harry non aveva parlato con nessuno riguardo all’anima gemella di Cedric perché non voleva spargere pettegolezzi su fatti che nemmeno lo riguardavano, ma in quel momento quasi desiderò aver detto qualcosa prima.

“Mi hanno relegata in ufficio per adesso.” Disse, sorridendo. “Non è così male. Dopotutto, è dove ho incontrato Percy!”

Percy sembrava desiderare ardentemente che il terreno si aprisse per poi inghiottirlo. Erano ad Hogwarts, quindi non era impossibile. “Non dovevi venire con me per forza. Hai un rapporto sugli incantesimi di tracciamento da finire per lunedì.”

“Tieni d’occhio la mia agenda! Che dolce.” Tubò lei. “Che fidanzata sarei se ti lasciassi venire qui da solo?”

“Non sei la mia fidanzata.” Disse, ma suonava più stanco che irritato.

“Non ancora!” Completò lei, pimpante. “Sono i capelli? Me li posso cambiare.” Le sue ciocche rosa si allungarono e mutarono in un castano chiaro. Harry sbatté gli occhi, preso in contropiede.

Cedric aggrottò la fronte, ma Percy alzò gli occhi al cielo. “Non m’importa del tuo aspetto.”

I capelli di Tonks mutarono in un viola acceso e si accorciarono in un severo caschetto. Per un momento fece intravedere del sincero affetto, prima di tornare a ghignare in modo maniacale. “Piacere di conoscerti, Harry. Vedo che la tua dama è mia cugina.”

“Sei la cugina di Luna?” Chiese.

Tonks si corrucciò. “Beh, sono la cugina di sua cugina, quindi più o meno?”

“Cosa?” Chiese Ron.

Cho rispose: “La madre di Tonks è una Black. È la cugina di Draco Malfoy.”

“Non usatelo contro di me.” Disse lei. “Tranne tu, Percy caro, tu puoi usare contro di me quello che vuoi.” Percy avvampò.

“Per me basta così!” Disse immediatamente Ron. “Ho finito, ce ne andiamo, addio.”

Cho e Cedric stavano ridendo e Harry salutò tutti mentre Ron lo trascinava via.

 

 

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Draco aveva perso Susan nella folla degli studenti di Durmstrang. Passò un paio di minuti ad aspettarla, ma immaginò che, se l’avesse voluto, sarebbe stata lei a trovarlo. Andò a cercare Pansy, ma invece trovò Cassius, palesemente annoiato a morte e appoggiato a un muro.

Gli ci volle meno di un minuto per individuare George nella folla. Si stava divertendo, ridendo e ballando con Fred e i loro partner, due Cacciatori Grifondoro. I loro vestiti non erano orribili come quello di Ron, ma Pansy ci aveva ugualmente dato un colpo d’ago. Erano semplici, ma calzavano perfettamente grazie alle sue modifiche, e George non era mai stato così bello.

“Avresti potuto venire con lui, sai.” Non poté evitare di farglielo notare.

Cassius sussultò, poi lo fulminò con lo sguardo. “Non so di che parli.”

“Sei tu che non vuoi essere visto in pubblico con lui.” Disse Draco. “Mi sembra solo giusto che sia tu quello che si strugge nell’angolo.”

“Ti darò fuoco nel mezzo di questo ballo, Malfoy. Lo giuro.” Lo minacciò.

Non fu una minaccia efficace. Gli porse la mano. “Vuoi ballare? Almeno sarà meno patetico di… qualsiasi cosa tu stia facendo – e che chiaramente non è struggersi.”

Cassius lo fissò per un lungo momento. “Non ti capisco per niente.”

“È un sì o un no?” Chiese. Cassius sospirò, ma prese la sua mano. Si posizionò per dirigerlo e Draco si adattò. Cassius non era un bravo ballerino, ma probabilmente non gli avrebbe nemmeno pestato i piedi, quindi non si sarebbe lamentato. “Sei pronto a parlarne o sei ancora incazzoso?”

“Vai a fare in culo.” Disse, ma le sue mani erano ancora leggere su di lui, quindi non lo intendeva davvero. Le sue difese avevano iniziato a sgretolarsi, quindi ora sembrava più confuso che arrabbiato. Draco si sarebbe accontentato.

“Al primo appuntamento? Che sfrontato! Cosa direbbe mia madre?” Chiese, sorridendo quando Cassius abbaiò un’inaspettata risata e inciampò.

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Harry aveva pianificato solo di sopravvivere al Ballo del Ceppo. Ma la serata sembrava volgere al termine e la gente aveva iniziato a tornare nei loro dormitori ed era stato… bello, in verità. Aveva perso il conto del numero di persone con cui aveva ballato ed era stato pessimo con metà di loro perché non aveva idea di cosa stesse facendo, ma nessuno lo aveva preso in giro e tutti erano stati gentili, per tutta la notte. Era stato come alla festa alla Stamberga Strillante, dove tutti avevano messo da parte le loro differenze quanto bastava per essere amici per un po’.

Fleur stava augurando la buonanotte a Ron e gli diede un delicato bacio su entrambe le guance che lo fece arrossire completamente in viso. Hermione e Krum erano spariti più di un’ora prima e Harry non li aveva visti da allora. Draco aveva già trascinato via Luna e lei aveva alzato gli occhi al cielo e fatto un piccolo inchino a Harry prima di seguire il cugino, quindi ora stava aspettando solo Ron.

Seamus e Dean stavano parlando con dei Tassofrasso e sembrava che Neville e Ginny non avessero mai lasciato la pista. Erano sorprendentemente compatibili, sia nel ballo che nel modo in cui continuavano a ridere e conversare, il che era inaspettato. O Neville aveva della grinta che teneva nascosta per delle occasioni speciali, oppure Ginny non era così spaventosa come tutti pensavano.

Avrebbe scommesso i suoi soldi sulla prima.

Harry vide Cedric avvicinarsi, con Cho un passo dietro di lui che faceva uno sbadiglio dietro l’altro. Sembrava talmente stanca che Harry era sorpreso che non si fosse arrampicata sulla schiena del suo fidanzato come aveva fatto alla festa della Stamberga Strillante. Probabilmente c’entrava più l’ampia gonna dell’hanbok che altro.

“Temevo di perderti!” Disse Cedric, mettendogli una mano sulla schiena e chinandosi. “Senti, c’è qualcosa che voglio dirti. Il bagno dei prefetti… è ottimo per lavarsi.”

Ma che cazzo…? “Okay?”

Cho sgomitò per farsi strada tra loro, sbadigliando, e gli mise un braccio intorno alle spalle, gravandogli addosso con metà del suo peso. “Cedric, amore, perché lo stuzzichi?” Si girò verso di lui e disse: “Siamo appena stati nel bagno dei prefetti e se ficchi l’uovo d’oro sott’acqua e l’ascolti canterà una bella canzone. Comunque, sono sirene. Prenderanno qualcosa e tu dovrai recuperarlo. Probabilmente nel Lago Nero, a meno che non facciano qualcosa di super esagerato al campo di Quidditch.” Alzò la mano per strofinarsi gli occhi, si ricordò di essere truccata e la abbassò di nuovo. “La parola d’ordine per il bagno dei prefetti era pino qualcosa. Sentiti libero di provarlo da solo.”

“Fresco pino.” Disse Cedric, esasperato. “Stavo cercando di essere discreto!”

“La seconda prova è tra una settimana, chi ha tempo di essere discreto?” Disse. “Buona fortuna Harry, cerca di non affogare.”

“Grazie.” Disse. “Vorrebbe condividere cosa stavate facendo nel bagno dei prefetti, signorina Chang?”

“Scopando.” Rispose lei senza perdere colpi.

“Eun-hae!” Guaì Cedric, la voce più alta di svariate ottave per la mortificazione.

Harry lo avrebbe preso volentieri in giro, ma era troppo occupato a ridere a crepapelle.

-

 


Draco, nella parte del cavalier servente, scortò Susan alla sua Sala Comune. Non si illudeva che sarebbe rimasta lì, considerando le bellissime ragazze di Durmstrang che l’avevano circondata prima. Nemmeno lui sarebbe tornato al suo dormitorio, quindi non poteva giudicarla. Le diede un garbato bacio sulla guancia e disse: “Essere il tuo accompagnatore è stato meno terribile di quanto anticipato.”

“Sei una persona a posto, Draco.” Disse lei, e fu la cosa peggiore che gli avesse mai detto. Fece una smorfia a quella risposta, ma lei si limitò a fargli un occhiolino e sparire nella sua Sala Comune. Scortese.

Praticamente tutti si stavano intrufolando in dormitori che non gli appartenevano, oppure in stanzini delle scope fin troppo comodi e puliti, quindi erano troppo occupati ad assicurarsi che nessuno li beccasse per notarlo mentre sgattaiolava per i corridoi.

Scivolò nella loro classe e chiuse la porta dietro di lui. Harry si illuminò quando lo vide e avrebbe mentito se avesse negato che quella reazione gli aveva scaldato il cuore. Indossava ancora quello splendido mantello verde luccicante e la divisa blu. “Draco! Cedric mi ha detto-“

Non gli fregava un cazzo di cosa avesse detto Cedric. Diede uno strattone a Harry in modo da farlo inciampare e farselo cadere addosso, baciandolo l’istante dopo. “Può aspettare?” Chiese minuti dopo, quando Harry si tirò indietro un minimo per lasciare che entrambi riprendessero fiato.

Harry piegò la testa di lato, pensandoci seriamente su, e Draco per un momento si preoccupò che fosse davvero qualcosa di importante. Poi però disse “Sì”, tornando a baciarlo.

Draco ebbe almeno la presenza di spirito di togliere il mantello a Harry con la magia, anche se fu preso in contropiede per un secondo quando si ritrasformò in un largo quadrato di stoffa. Harry stava smanettando con il suo abito, quindi Draco se lo fece scivolare di dosso e rimase in pantaloni. Era qualcosa di nuovo e diverso. Tirò la giacca di Harry, impaziente, e lui gli lanciò una sola occhiata timida prima di aprirsi la fila di bottoni sul davanti e gettare la giacca sopra il mantello di Draco, per poi togliersi anche la maglia sotto.

C’era molta più pelle rispetto a quella a cui aveva accesso di solito. Stavolta quando tornarono a baciarsi, erano pelle contro pelle. Harry era caldo e Draco amava sfiorare in punta di dita i suoi fianchi perché gli piaceva il modo in cui rabbrividiva quando lo faceva.

Quando Draco caracollò nel suo dormitorio un paio d’ore dopo, fu con una serie di segni a forma di bocca sparsi per il petto. Uno sviluppo eccellente, per quanto lo riguardava.
Blaise lo avrebbe preso in giro senza freni. Non gliene importava assolutamente niente.

 

-

 

In un qualche momento durante la loro pomiciata, Harry gli aveva detto quello che gli avevano riferito Cho e Cedric riguardo la seconda prova, il che era il motivo per il quale Draco si era svegliato presto il giorno dopo il Ballo del Ceppo. Era quasi sicuro che nella biblioteca ci fosse un libro di incantesimi incentrato nello specifico sugli incantesimi sott’acqua e preferiva che non ci fosse nessuno a vederlo mentre lo sfogliava. Millie era acciambellata sul divano nella Sala Comune e la salutò mentre se ne andava. Non aveva idea di quando dormisse quella ragazza.

Aveva ragione e riuscì a controllare il libro senza problemi. Era quasi arrivato in Sala Grande quando, girando un angolo, quasi si scontrò con Hermione. “Granger?” Chiese, ricordandosi di non usare il suo nome all’ultimo secondo, ma non risultando abbastanza derisorio. “Che stai facendo?” Realizzò che fosse una domanda stupida quando la guardò meglio e non riuscì a impedirsi di sorridere. Aveva i capelli sciolti e indossava ancora il vestito del Ballo del Ceppo, anche se la sua faccia non aveva un filo di trucco. “Allora, com’è l’interno della nave di Durmstrang?”

“Zitto.” Sibilò lei. “Perché sei sveglio così presto? Questo è esattamente quello che stavo cercando di evitare!”

“Dimmi la verità.” Disse. “È più la grandezza della nave o il movimento dell’oceano?” Era deserto tranne che per loro due, quindi non era troppo preoccupato dal mantenere la loro facciata di arcinemici. Prenderla in giro era chiaramente più importante.

La maggior parte della rabbia la abbandonò mentre faceva un’indegna risata nasale. “Cosa?

“Mi vuoi dire che non hai cacciato tutti dal loro dormitorio per stare un po’ da soli?” Sperava che fosse esattamente quello che aveva fatto.

“Viktor ha una stanza privata.” Borbottò lei, superando la fase della negazione.

“Ti è piaciuto?” Chiese, e fu una domanda seria.

Lei arrossì e annuì, strofinandosi il naso per nasconderlo.

Draco alzò la mano per un batti-cinque. Lei sembrò scioccata, ma le sue opzioni erano arrendersi oppure ascoltarlo mentre le faceva domande imbarazzanti. Sospirò, come se la sua vita fosse molto stressante, e schiaffò la propria mano contro la sua prima di riprendere la strada verso la propria Sala Comune.

Non aveva nessun modo per provarlo, ma scommetteva che George stava facendo – oppure aveva già fatto – lo stesso tipo di fuga dalla stanza di Cassius. Avrebbe dovuto provare a interrogare Cassius di nuovo, più tardi. Sentiva che stava per cedere.

Draco abbassò lo sguardo sul libro tra le sue mani, riflettendo. Poteva tornare a dormire. Oppure poteva andare nella loro classe, cominciare a leggere e farsi portare la colazione da Winky.

Solo perché era periodo di festa non significava che la pigrizia fosse giustificata. Draco sospirò, per poi andare nella direzione opposta alla Sala Comune.

Sperò che Harry avrebbe apprezzato tutto il sonno a cui stava rinunciando per il suo bene.

 

 

-

 

La seconda prova si stava avvicinando inesorabilmente. Tutti stavano studiando, cercando di trovare un modo per riuscire a passare un’ora sott’acqua senza morire. Draco aveva immediatamente provato a insegnargli l’incantesimo Testabolla, ma continuava a incanalarci troppo potere e si dissolveva in meno di un minuto. Continuarono ad esercitarsi, ma dopo un intero giorno di prove Draco aveva sentenziato che era uno spreco di tempo: anche se Harry fosse riuscito a capire come lanciarlo correttamente per tempo, non sarebbe stato abbastanza stabile da usare. Avevano le stesse probabilità che si spezzasse in mezz’ora come no e non volevano rischiarla. Avrebbero dovuto pensare a qualcos’altro.

Era la notte prima della seconda prova e Harry si era rassegnato a dover utilizzare il suo schifoso incantesimo Testabolla e sperare per il meglio. La loro ipotesi principale su quello che le sirene gli avrebbero portato via era il suo mantello dell’invisibilità, ma quello era ancora al sicuro, chiuso dentro il suo baule, quindi non erano sicuri di cosa sarebbe successo. Ron aveva appena suggerito che magari avrebbero tenuto in ostaggio la colazione, quando la porta si spalancò violentemente e Blaise marciò dentro, contento come Harry non l’aveva mai visto.

“Sono uno stupido.” Disse allegramente, porgendo ad Harry una pallina viscida che sembrava fatta di code di ratto. “Questa è la soluzione a tutti i tuoi problemi!”

“Sembra disgustosa.” Disse Ron, alzandosi per punzecchiarla controvoglia.

“Lo è.” Disse. “Ma non c’entra. È Algabranchia. Ti permetterà di respirare sott’acqua e nuotare più facilmente. L’effetto dura per poco più di un’ora.”

“Come te la sei procurata?” Chiese Hermione.

Pansy si rabbuiò. “È un’idea terribile! È pericoloso. Molto, molto pericoloso.”

“L’ho fregata dalle scorte private della Sprout – piazza degli incantesimi di chiusura ma non dei sensori, perché pensa che dei ragazzi curiosi debbano avere accesso agli ingredienti vietati. Se sei abbastanza furbo da oltrepassare le sue protezioni, ritiene che tu sia anche abbastanza furbo da non farti del male sul serio.” Disse Blaise. “Longbottom mi ha quasi beccato mentre stavo uscendo, ma lui prende roba da lì tanto quanto me, quindi sono sicuro che non sarà un problema.”

Harry sapeva che avrebbe dovuto essere più preoccupato per la rabbia tinta d’ansia di Pansy, ma al momento era concentrato su quello che aveva appena detto Blaise. “Neville? Il nostro Neville? Che si introduce nella dispensa dell’insegnante per rubare?”

“Lei sa che prendiamo roba, non è rubare.” Disse lui. “Il consiglio della scuola non approva quasi niente per Erbologia, quindi questo è il suo modo di aggirarlo. Viene tutto dal budget per le sue ricerche, quindi in realtà è molto gentile da parte sua.”

“Aspetta, piano, torna indietro.” Disse Ron. “Perché l’Algabranchia è pericolosa? Sembra perfetta!”

Pansy lo fulminò e Blaise fece una smorfia. Lei disse: “È magia trasfigurativa, ma non è guidata, è una magia senza una volontà. Quindi, sì, praticamente chiunque può respirare sott’acqua dopo averla consumata. Ma non è chiara o logica. La maggior parte delle volte alle persone spuntano delle branchie, ma qualche volta le braccia si trasformano in tentacoli, altre volte si trasformano in pesci. È troppo casuale, è un rischio troppo grande.”

“Mi ucciderà?” Chiese Harry.

“No.” Disse fermamente Blaise.

Pansy lo guardò male, ma scosse la testa. “Dovremmo almeno andare di nascosto al Lago Nero e provarla. Perlomeno è costantemente instabile, fintanto che l’acqua e la persona rimangono le stesse.”

“Non possiamo, ne ho presa solo una.” Disse Blaise. “Sarebbe sembrato strano se ne avessi prese due. È già strano che ne abbia presa una, tanto per cominciare – a Erbologia ci limitiamo a dissezionarle per i viticci.”

Harry prese l’Algabranchia dalla mano di Blaise. “Sentite, la prendo, visto che se provassi a entrare nel Lago Nero senza probabilmente finirei per affogare. Essere un pesce per un’ora è meglio che morire.”

“A meno che tu non venga mangiato da un pesce più grande.” Disse Ron. “Allora sarà entrambe le cose.”

“Grazie, Ron.” Disse. “Che prospettiva allettante.”

Ron gli mise una mano sulla spalla. “Sono qui per te amico, quando vuoi.”

 

 

-

 


Harry fu svegliato poco prima dell’alba e, considerando quanto era stato difficile tranquillizzarsi e dormire, aprì gli occhi con l’immediato istinto di commettere un omicidio. “Neville?” Gracchiò, riconoscendo il viso ansioso sopra di lui. “Cosa vuoi?”

“Non so cos’hai programmato per dopo, forse hai trovato uno stratagemma migliore, sono sicuro che è così, ma… Per ogni eventualità-“ Spinse qualcosa di viscido e tondo nelle sue mani e Harry sbatté gli occhi in preda alla confusione quando vide dell’Algabranchia tra le sue mani. “È un po’ rischioso, ma dovrebbe aiutarti nel Lago. Bagnala nell’acqua prima di mangiarla – così facendo è più probabile che la mutazione sia più utile, se può reagire a qualcosa prima che al tuo corpo.”

“Grazie.” Disse, perché erano informazioni nuove, ma era anche molto presto ed era estremamente smarrito. “Ma come hai-“

“Devo andare, devo annaffiare il mio progetto di Erbologia prima dell’alba se non voglio che mi morda.” Non gli suonava del tutto giusto, ma era stato morso da una pianta un paio di volte prima, quindi forse si sbagliava. Avevano dei progetti di Erbologia? Era abbastanza sicuro di no. “Buona fortuna! Crediamo in te!” Sorrise, gli diede una pacca sul petto e corse fuori dal dormitorio.

“Neville!” Chiamò, affaticandosi per uscire dalle coperte, ma era già sparito. Ah e Ron non era nel suo letto, per qualche strano motivo. Forse avevano davvero un progetto di Erbologia. Chissene, poteva ancora dormire un paio d’ore se si impegnava abbastanza.

Mise l’Algabranchia assieme a quella che gli aveva dato Blaise - nella tasca del costume che Pansy aveva modificato per lui, aggiungendo tasche con la zip e un posto per tenergli la bacchetta, in modo da non doverla tenere in mano tutto il tempo. Una scorta extra non avrebbe sicuramente fatto male.

 

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Draco era sugli spalti, seduto tra Blaise e Pansy e chiedendosi chi diavolo aveva pensato che quello era un evento adatto al pubblico, visto che dovevano solo aspettare un’ora e vedere chi tornava per primo. Si era portato l’edizione di quel giorno della Gazzetta del Profeta da leggere nell’attesa. L’articolo di Luna era in prima pagina, accompagnato da una foto di Cedric sorridente che salutava con la mano. L’aveva scritto con lo pseudonimo di Mizuki Tanaka, usando una traduzione raffazzonata del suo nome e unendolo al cognome da nubile di sua madre.

Non poté impedirsi di guardare verso dov’erano seduto i Grifondoro. Hermione era seduta tra Neville e Lavanda e Ron non si vedeva, il che non aveva il benché minimo senso. Non se lo sarebbe mai perso, quindi dove Merlino era?

Silente si alzò dal suo posto al tavolo dei giudici, che era piazzato davanti agli spalti in modo da essere più vicino al limitare del lago. Lanciò un incanto Sonorus e disse: “Benvenuti, benvenuti! È davvero un piacere vedervi in questa splendida giornata. Come speriamo tutti i campioni abbiano capito, abbiamo preso qualcosa che sicuramente gli mancherà, consegnandolo alle sirene. Avete un’ora di tempo per farvi strada nel Lago Nero, recuperare cosa vi è stato sottratto e tornare a riva.”

Si sedette mentre Madame Maxime si alzava, la voce che tuonò così forte da sentirsi anche senza l’aiuto della magia. “Da Fleur Delacour abbiamo preso sua sorella minore, Gabrielle Delacour.”

Un’esclamazione di sorpresa serpeggiò tra la folla. “Non l’hanno fatto davvero.” Disse a bassa voce Pansy, nonostante l’avessero fatto eccome.

“Sono fuori di testa.” Disse Millie, seduta esattamente dietro Draco. “Le persone non sono oggetti! Non dovrebbero essere prese e usate nei tornei!”

Karkaroff annunciò: “Da Viktor Krum abbiamo preso sua madre, Elena Krum.”

Draco cercò di immaginare cos’avrebbe fatto se qualcuno avesse minacciato sua madre. Sperava che Karkaroff non tenesse troppo ai suoi arti.

Dumbledore si alzò di nuovo. “Da Cedric Diggory abbiamo preso la sua fidanzata, Cho Chang.”

“Non tengono alla propria vita.” Disse Blaise. “È l’unica spiegazione plausibile.” Nessuno la smentì.

“Da Harry Potter abbiamo preso il suo amico, Ronald Weasley.” Concluse. “Quando i fuochi d’artificio esploderanno, potrete iniziare. A tutti i campioni – buona fortuna!”

Se gli sguardi avessero potuto uccidere, i tre presidi sarebbero stati stecchiti prima ancora di cadere a terra.

 

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Gli altri campioni sembravano incazzati tanto quanto lui, quindi trovò conforto in quello, almeno. I fuochi d’artificio esplosero sopra il lago, spronandoli a correre. Fleur e Cedric usarono l’incantesimo Testabolla. Viktor si trasfigurò parzialmente in uno squalo – se il suo migliore amico non fosse stato catturato per partecipare a un torneo contro la sua volontà, gli avrebbe sicuramente detto “Che figata!”. Si ripromise di farlo comunque, sempre che nessuno dei due morisse.

Tirò fuori una delle palline di Algabranchia, la inzuppò nell’acqua e se la ficcò in bocca. Era, a tutti gli effetti, una delle cose più schifose che avesse mai mangiato. Dovette schiaffarsi una mano sulla bocca per impedirsi di sputarla. Solo perché ne aveva una di scorta non significava che fosse libero di usarla prima del tempo.

Se avesse saputo che era in gioco l’incolumità del suo migliore amico, avrebbe avuto meno rimostranze alla possibilità di trasformarsi in un pesce.

Improvvisamente non riuscì più a respirare e cadde in acqua, dopodiché ci riuscì di nuovo. Si toccò il lato del collo, dove delle branchie sfarfallavano sulla sua pelle. Poi notò che sentiva le mani diverse, così come i piedi. Oh, Merlino. Aveva mani palmate e… e non sapeva nemmeno cosa fossero i suoi piedi. Forse si stava trasformando in un pesce per davvero.

Però, dopo aver aspettato un po’, non successe nient’altro. Vide gli altri nuotare e seminarlo ma non gli interessava di fare un buon tempo, gli interessava Ron. Quindi, iniziò a nuotare. Sapeva di essere capace, ma non era molto bravo. Aveva fatto qualche vasca nel bagno dei prefetti in quei giorni, giusto per ricordarsi come fare, ma non era neanche lontanamente qualificabile come “bravo”.

Quindi fu comprensibilmente scioccato quando schizzò in avanti, superandoli tutti.

Muoversi in acqua era facile e veloce, più veloce di quanto avrebbe dovuto essere. Amava la magia.

Le sirene vivevano sul fondale al centro del lago quindi, supponendo che stessero tenendo tutti lì, almeno sapeva dove andare. Gli lanciarono dei massi, ma era talmente veloce da poterli quasi ignorare a cuor leggero. Più a lungo nuotava e più capiva che il lago doveva essere per forza incantato: vicino al bagnasciuga l’acqua era dolce, mentre ora era salata, ed era molto più largo e profondo ora che c’era dentro, rispetto a quello che si vedeva da fuori.

Dei feroci Avvincini con denti affilati lo caricarono da ogni lato e Harry infilò la mano in tasca per prendere la bacchetta. “Flipendo!” Un mucchio di loro venne sbalzato via, ma uno riuscì a scattare in avanti e affondare i denti nel suo avambraccio. Imprecò, cambiò mano per lanciare l’incantesimo stordente e staccò la creatura con cautela, in modo che i suoi denti non facessero altri danni. C’era un’altra ondata che stava per assalirlo e Harry sferzò l’acqua con la bacchetta in direzione degli Avvincini. “Pietrificus totalus maximus!”

Si congelarono tutti, fluttuando dolcemente nell’acqua, seguendo la corrente. Non sapeva quanto a lungo li avrebbe fermati, quindi si affrettò ad andarsene. Il braccio gli sanguinava copiosamente e non voleva fermarsi, ma non voleva nemmeno dissanguarsi nel mezzo del lago. Scandagliò il fondale sabbioso finché non trovò un lungo e spesso pezzo d’alga e se lo avvolse intorno alla ferita, tenendolo fermo con un incantesimo incollante. Non era sicuro di quanto igienico fosse, ma immaginò che fintanto che il suo braccio non si fosse staccato, madama Pomfrey sarebbe riuscita a rimediare a ogni danno.

Non molto dopo, vide delinearsi la città delle sirene, composta da torri a spirale e spesse colonne, e non riusciva a credere che tutto quello potesse starci nel lago. Tutti e quattro gli ostaggi dei campioni erano legati a dei larghi pali, piantati davanti ai cancelli della città.

La più vicina era la mamma di Viktor, una donna con pelle pallida e capelli scuri, poi Cho, poi una ragazzina con capelli biondo chiaro che doveva essere Gabrielle e, finalmente, Ron.

Andò verso di lui, ma non appena si avvicinò di cinque metri due dozzine di sirene armate di lance si pararono di fronte agli ostaggi. “Mi prendi in giro.”

Loro alzarono un po’ di più le loro lance.

Tirò fuori la bacchetta; e non erano Avvincini, non voleva fargli davvero del male. Ma non aveva nemmeno intenzione di lasciare che gli intralciassero la strada. Roteò il polso proprio come gli aveva insegnato Draco e gridò: “Gravitas penna!” Non era un esperto nell’incanto Pesopiuma, ma non era necessario. La sua magia piovve sulle sirene e prima che avessero modo di riprendersi lanciò: “Reducto!”. Era leggermente meno potente di Flipendo ma, grazie al suo incanto più o meno efficace, l’impatto le spedì a ruzzolare sul fondale. Nuotò verso Ron e strattonò senza successo la corda per un po’, prima di arrendersi.

Le sirene si scrollarono di dosso gli effetti del suo incantesimo e Harry alzò nuovamente la bacchetta, pronto a scacciarle di nuovo; ma loro si limitarono a rimettersi in riga davanti agli ostaggi, senza degnarlo di un solo sguardo. Huh. Ok.

“Relashio!” Le corde che legavano Ron caddero e Harry lo afferrò per i fianchi per evitare che cadesse sul fondale. Lanciò un incanto Pesopiuma anche su di lui, perché tenerlo su era abbastanza facile visto che erano sott’acqua, però il braccio gli bruciava dove l’Avvincino l’aveva morso e non voleva peggiorare la ferita se poteva evitarlo. Aveva Ron, avrebbe dovuto andarsene.

Però.

Lasciare gli altri lì, privi di sensi nel mezzo del lago gli sembrava… sbagliato. E poi, tutti quanti continuavano a ripetergli che le persone morivano in quel torneo. E se la canzone delle sirene dovesse essere intesa letteralmente e si fossero tenute chiunque non fosse stato salvato?

Appoggiò Ron contro il palo, tenendolo dritto con le corde che gli aveva appena tolto. Non voleva che fluttuasse via mentre non stava guardando. Un tritone gli si avvicinò, ma non aveva armi. Aveva la pelle e gli occhi scuri e capelli lunghi e verdi, dello stesso colore delle alghe. Aprì la bocca e ne fuoriuscì la stessa voce melodica della canzone dell’uovo. “Giovane, non sbagliare. La prova è completata – quel ragazzo puoi recuperare.”

“Non posso lasciarli.” Disse, puntando verso gli altri. “Aspetterò che gli altri campioni li vengano a prendere. Poi me ne andrò.”

Il tritone corrucciò lo sguardo. “Primo ad arrivare e ultimo ad andare? Non sono queste le persone che devi salvare.”

“Rimango qui.” Disse fermamente, alzando la bacchetta. “Vuoi provare a fermarmi?”

L’altro alzò le mani in segno di resa, la bocca incurvata agli angoli. “La decisione è tua, grazie per il chiarimento. Mi farò da parte, senza impedimento.”

Mantenendo la parola nuotò via, ma non si unì al plotone di sirene di guardia davanti agli ostaggi. Invece, si sistemò in cima ai cancelli della città, osservando la situazione con occhi attenti. Harry non ebbe tempo di pensarci ulteriormente, visto che Cedric si stava avvicinando. Non sembrava che fosse stato morso, ma era ricoperto di graffi, tra cui uno particolarmente profondo alla gamba che gli fece stringere i denti.

Cedric aveva gli occhi sbarrati mentre combatteva le sirene. “Ventus!” Gridò. Un’enorme folata di vento apparve nell’acqua, creando un piccolo ciclone che spinse via tutte le sirene. Era mille volte più figo di quello che aveva fatto Harry.

Nuotò fino a Cho, toccandole gentilmente il volto. Un po’ sua della frenesia lo abbandonò. Si girò e gli chiese: “Harry, cosa fai ancora qui?”

“Passo il tempo?” Suggerì. Cedric alzò gli occhi al cielo. “Non sto cercando di vincere, ricordi? Prendi la tua ragazza e vattene da qui. Sei il primo per adesso, se ti sbrighi continuerai a esserlo.”

Cedric gli scompigliò i capelli prima di slegare Cho. La afferrò mentre cadeva, stringendola fra le braccia mentre nuotava verso la riva.

Viktor si fece vivo qualche minuto dopo, relativamente incolume, ma dalla direzione opposta rispetto a quella da cui erano arrivati Harry e Cedric. Doveva essersi perso. Evocò uno scudo di metallo e caricò di forza le sirene come una palla da bowling. Harry stava ridendo quando Viktor riuscì a giungere a destinazione. Trasfigurò una pietra in un coltello e iniziò a tagliare le corde di sua madre. “Stai bene, Harry?” Chiese. Si caricò sua madre sulla schiena, ma esitò prima di andarsene. “Hai bisogno di aiuto?”

“Sono a posto.” Sorrise. “Porta tua mamma in superfice. Vi raggiungerò più tardi.”

Viktor alzò le spalle e si diresse nella stessa direzione di Cedric. Era più veloce, però Cedric aveva un bel distacco, quindi Harry non era sicuro di chi avrebbe vinto alla fine.

Poi aspettò.

E aspettò.

Tutta la parte del braccio al di sotto del morso dell’Avvincino gli pizzicava – il che non poteva essere un buon segno – e le sue branchie stavano iniziando a prudergli ed era abbastanza sicuro che significasse che dovesse tornare in superficie in fretta se non voleva affogare lì.

Lo stesso tritone di prima gli si avvicinò e disse: “Devi sapere questo, io credo. Un’ora è passata, puoi tornare al greto.”

Harry scandagliò l’acqua, ma non vide nessuno. Non sapeva cosa fosse successo a Fleur, ma non era lì e lui doveva andarsene. “La ragazza viene con me.” Disse al tritone. Doveva portare Ron via di lì, ma non avrebbe lasciato indietro nessuno.

Le sirene con le lance ringhiarono, avanzando, e Harry strinse la bacchetta, pronto. Il tritone davanti a lui alzò la mano e il resto di loro si zittì. “La strada non ti verrà impedita. Ma svelto, la lentezza è proibita.”

Era stato… inaspettatamente generoso. Harry non aveva tempo per farsi domande. Con un colpo di bacchetta furono entrambi liberi, lanciò un leggero incanto Pesopiuma e poi afferrò entrambi per il retro della maglia, nuotando verso la superficie. Era quasi arrivato, quando l’effetto dell’Algabranchia terminò e si ricordò all’ultimo momento di trattenere il respiro.

Riemerse boccheggiando e un secondo dopo Ron e Gabrielle si unirono a lui tossendo, visto che l’incantesimo di stasi si era spezzato. Gli occhi di Gabrielle si riempirono di lacrime e la ragazza iniziò a dimenarsi, urlando qualcosa in francese. Harry cercò di afferrarla, ma se si fosse ribellata sarebbero probabilmente affondati entrambi. Senza l’Algabranchia non pensava di essere un nuotatore abbastanza bravo per tenere entrambi a galla.

“Ehi!” Disse Ron, spingendo via Harry e tirando Gabrielle vicina per il polso, facendo da ancora. “Calmati. Va tutto bene.” Stava parlando con un tono basso e calmo, ma senza lasciarla andare, tenendola salda in modo che non potesse tirarsi indietro e affogare.

“Dov’è mia sorella?” Pianse lei, l’accento molto più marcato di Fleur. “Avevano detto che sarebbe venuta a prendermi!”

“Io sono Ron e questo è Harry.” Disse, calmo. “Siamo amici di Fleur e ti porteremo a riva. Probabilmente ti sta aspettando lì. Ma ho bisogno che tu ti calmi, ok?”
Sorprendentemente, sembrò funzionare. Lei tirò su col naso e annuì. “Non mi piace l’acqua.” Sussurrò.

Ron sorrise e le spostò i capelli dietro un orecchio. “Non c’è problema, ti proteggiamo noi. Ecco, perché non sali sulla mia schiena? In questo modo so che sei al sicuro e non devo preoccuparmi che tu ti perda nell’acqua. Va bene?”

Lei annuì di nuovo e Ron cambiò la sua presa, così da potersela tirare abbastanza vicino da farla arrampicare. Le indicò di stringere le gambe intorno ai suoi fianchi e le braccia intorno al suo collo, ma non troppo strette, in modo che potesse respirare.

Quando finì, si era calmata quasi del tutto. Harry fu impressionato. “Dove hai imparato a faro?”

Lui alzò le spalle, poi fece un cenno verso la riva. “Dai, sembra lontana ma possiamo arrivarci in un paio di minuti se ci sbrighiamo.”

Se era vero, allora era dovuto più alle proprietà magiche del lago che alla loro capacità di nuotare se gli sembrava di starsi muovendo nella melassa; e Ron non era molto più veloce di lui.

“Uhm, Harry, posso chiederti una cosa?” Chiese Ron.

Harry sperò che la sua occhiataccia stanca comunicasse quanto fosse stupida quella domanda.

Dovette riuscirci, perché Ron sorrise e disse: “Quando la McGonagall mi ha preso, ha detto che il Calice ha detto che io ero la persona che ti sarebbe mancata di più. E pensavo che sarebbe stato…” Esitò, gli occhi che saettarono verso la ragazzina sulla sua schiena. “… qualcun altro.”

Harry fu così sorpreso che si fermò per un momento, dovendo poi costringere i suoi arti a muoversi ancora più velocemente per raggiungerlo. “Sei il mio migliore amico.” Disse, più veementemente del previsto. Ron sgranò gli occhi. “Lui- lui è quello che è.” Disse. “Ma tu sei il mio migliore amico, e il mio primo amico, e io non avrei niente o nessuno se non avessi avuto te. Non mi ricordo i miei genitori, quindi tu e la tua famiglia siete- Siete i primi… Ero così solo, prima di incontrarti. Tu sei la persona che mi ha strappato alla solitudine.”

Era stato un discorso incredibilmente imbarazzante. Forse avrebbe dovuto smettere di nuotare e lasciare che il lago lo prendesse e ponesse fine alle sue sofferenze. Ron sorrise da orecchio a orecchio e lo abbracciò forte, entrambi gelati e zuppi e con Gabrielle aggrappata alla schiena di Ron. “Okay.” Disse, tirandosi indietro e incitando entrambi a riprendere il viaggio. “Io… Okay.”

Raggiunsero la riva e Gabrielle non lasciò andare Ron, quindi lui continuò a portarla sulla schiena.

Cedric e Cho erano seduti sulla sabbia di fianco a Viktor e sua madre. Cedric aveva una benda pulita sulla gamba, ma non era ancora andato da un guaritore. I visi dei giudici erano cupi. “Cos’è successo?” Chiese subito Harry.

“Fleur non è ancora tornata.” Disse Cedric, contrariato. “Speravamo fosse con te.”

“È passata quasi un’ora e mezza.” Aggiunse Viktor.

“Dobbiamo andarla a prendere!” Disse Harry. “Perché non è andato nessuno?”

Madame Maxine si alzò, il volto cinereo. “Stiamo aspettando un responso dalle sirene. Solo allora avremo il permesso di entrare in acqua a cercarla. Questo è stato il patto che abbiamo stretto in cambio del loro aiuto.”

Harry la fissò, sconvolto. “Potrebbe essere ferita! Potrebbe star morendo!” Quasi aggiunse che avrebbe potuto essere morta, ma Gabrielle aveva già ricominciato a piangere. Ron l’aveva girata in modo che fosse seduta di traverso sui suoi fianchi e lei gli si era stretta al collo, il viso nascosto nel suo petto.

“Non abbiamo il permesso di entrare nel Lago Nero.” Disse Karkaroff. “Di qualsiasi aiuto potrebbe necessitare o meno, dovremo aspettare di ricevere il permesso dalle sirene per entrare. Potrai anche essere bramoso di innescare una guerra, signor Potter, ma io no.”

Harry non aveva mai desiderato di poter tirare un pugno a qualcuno così tanto in vita sua, e quello includeva Rita Skeeter. “D’accordo. I campioni hanno il permesso di entrare nel lago, giusto? La vado a prendere io.”

“Ti aiuto!” Disse Cedric. Cercò di mettersi in piedi, ma la gamba ferita quasi gli cedette. Cho gli passò il braccio sopra la spalla, cercando di tenerlo dritto.

Viktor fece per alzarsi, ma sua madre gli afferrò il polso e lo tirò nuovamente giù, il viso incupito. Cercò di sfilarsi, ma lei non lo lasciò andare, stringendogli il braccio con entrambe le mani.

“Potresti rimanere ferito.” Disse Silente, sembrando persino più vecchio di quello che era. Sembrava stanco.

“E dovrebbe essere una novità?” Chiese Harry. Scosse la testa in direzione di Viktor e mise una mano sulla spalla di Cedric. “Tranquillo. Vado da solo.”

“Anche tu sei ferito.” Ribatté Cedric, fissandogli il braccio.

“Almeno sto in piedi.” Disse. “La troverò e la riporterò indietro. Non c’è bisogno che tu ti ferisca più di così.”

“Harry!” Lo chiamò, ma lui stava già tornando nel lago. Tirò fuori l’altra Algabranchia dalla tasca, se la ficcò in bocca ed entrò.

I cambiamenti furono gli stessi, ma non era sicuro di dove andare. Il Lago Nero era grande – molto, molto più grande di quello che sembrava da fuori – se avesse iniziato a nuotare a caso non l’avrebbe mai trovata. Hermione aveva menzionato un incantesimo una volta, ma gli era sembrato sciocco, come l’incantesimo che i gemelli avevano insegnato a Ron per far diventare gialla la coda del suo ratto, al primo anno.

Beh, non è che avesse qualcosa da perdere.

Tirò fuori la bacchetta e l’appoggiò piatta contro il suo palmo. Era un incantesimo semplice, che dipendeva dal potere di chi lo usava e da quanto fossero vicini la persona o l’oggetto. Avrebbe dovuto essere semplice. Lo sperava. “Indicami Fleur Delacour.”

La bacchetta roteò nella sua mano, puntando a sinistra. Beh, era meglio che nuotare alla cieca. Seguì l’indicazione dell’incantesimo, fermandosi ogni tot per lanciarlo di nuovo e assicurarsi di essere sulla strada giusta. Ad un certo punto, sentì un clamore distante e seguì quello.

Lontano dalla città delle sirene, le stesse di poco prima con le lance stavano lottando assieme alla piovra gigante, cercando di tenere a bada Fleur. Anche il tritone che gli aveva parlato prima era lì, ma si teneva in disparte dalla lotta, guardando la situazione con occhio critico. Sembrava disinteressato, ma aveva le mani strette a pugno. Una sirena falciò in avanti, quasi sventrando Fleur, e il tritone esclamò: “Non arrecatele danno! Disarmatela senza affanno!”

Fleur lottava come se fosse posseduta.

Il suo viso era affilato dalla furia. Lanciava incantesimi offensivi di alto livello uno dietro l’altro, cercando di colpire tutto e tutti. La piovra gigante era ricoperta di ferite che sanguinavano copiosamente – a quanto pareva aveva fatto da scudo, ricevendo la maggior parte degli attacchi. “DOV’È MIA SORELLA?” Urlò Fleur. “COSA LE AVETE FATTO?” Alcune delle sirene cercarono di parlare, ma non avevano il tempo di farlo, dovendo difendersi dal suo costante assalto.

Quello che Harry fece fu da vigliacchi, ma anche necessario.

Fleur non l’aveva ancora notato, quindi Harry alzò la bacchetta verso la sua schiena indifesa e lanciò: “Stupeficio!”

Non aveva voluto metterci troppa forza, per paura di ferirla, quindi per un momento Fleur gli resistette. Harry ne aveva un secondo sulla punta della lingua quando lei collassò, stordita. Balzò in avanti per prenderla prima che colpisse il terreno.

Le guerriere lo ignorarono immediatamente, girandosi invece verso la piovra gigante, che si stava dimenando e sanguinando. Il tritone di prima si avvicinò. “Mi dispiace.” Disse subito Harry. “Non voleva- O beh, pensava- Era preoccupata per sua sorella.”

“Quando abbiamo acconsentito a questo gioco sapevamo che il rischio non era poco.” Disse, anche se il suo viso era contorto dal dolore. “Tra di noi non c’è offesa. Riferisci alla tua gente che la pace è illesa.”

“Posso aiutare?” Chiese, guardando verso la piovra. “Avete bisogno di una mano? C’è qualcosa che posso fare?”

Il tritone inclinò la testa, pensieroso. “Non c’è da assolvere nessun debito. Ma se fosse tenuta ferma, sarebbe gradito.”

“Vi aiuterò.” Disse lui fermamente. “Pagherò il suo debito. Qualcuno può portarla a riva? Rimarrò io. Non posso comunque tornare finché non si esaurisce l’effetto dell’Algabranchia. A questo punto, tanto vale essere d’aiuto.”

Il tritone schioccò le dita e due delle guerriere si staccarono dallo squadrone che stava badando alla piovra e si avvicinarono. Harry ripeté la sua richiesta, porgendo loro il corpo privo di sensi di Fleur. Guardarono il tritone – che annuì – prima di prendere Fleur, nuotando in direzione della riva.

Il tritone indicò la piovra gigante, che si stava contorcendo e dissanguando, e Harry fece un respiro profondo. Faceva decisamente schifo negli incantesimi di guarigione, poteva a malapena guarire un taglietto, figuriamoci qualcosa di più complicato di quello. Ma tenerla ferma – quello poteva farlo. Non l’aveva mai lanciato contro qualcosa di così grande e potente, ma poteva farcela. Draco berciava sempre, dicendogli che i suoi incantesimi erano solo forza bruta senza alcuna tecnica, e ora si era presentata una situazione in cui poteva essere finalmente utile.

“Immobilus!” Lanciò, infondendoci tutto quello che aveva.

Il che, col senno di poi, fu un po’ un’esagerazione.

La magia uscì dal suo corpo in un lampo di luce accecante e quando riuscì di nuovo a mettere a fuoco, la piovra gigante era completamente ferma, incapace di muovere i suoi giganteschi arti. Quasi fu portata via dalla corrente e Harry dovette lanciare frettolosamente l’incantesimo di levitazione per tenerla sul posto. Strinse i denti mentre sosteneva la piovra gigante, perché quell’affare era pesante, e desiderò ardentemente di essere più bravo nell’incanto Pesopiuma. Con qualcosa di così grosso, il suo incantesimo si sarebbe infranto e basta. Quindi dovette ancorarla con un Wingardium Leviosa, e avrebbe dovuto risultare più facile – visto che erano in acqua – ma la magia quello non lo sapeva e Harry poteva già sentire gravargli sulle spalle lo sforzo di tenere ferma la gigantesca bestia. Se non fosse stato già esausto da prima non sarebbe stato così male, ma lo era, quindi...

“Questo incantesimo è troppo potente da mantenere.” Disse il tritone. “Molto presto ti farà dolere.”

“Portatemi indietro quando avrò finito, se non riesco a farcela da solo.” Disse Harry. Non poteva sentire il sudore sott’acqua, ma si sentiva tutto il corpo fin troppo caldo, come se stesse bollendo da dentro.

L’altro non perse ulteriore tempo a discutere. Si unì agli altri, che avevano abbandonato le loro lance e stavano ora premendo le mani sulle ferite inflitte da Fleur. All’inizio pensò che stessero solo cercando di fermare l’emorragia, ma poi i loro palmi si illuminarono di un tenue verde e quando si spostarono la pelle che avevano toccato era guarita. Il tritone che aveva parlato con Harry aveva mani che brillavano più di chiunque altro intorno a lui.

Presto non ebbe più le forze per prestare attenzione. Invece, si concentrò sul mantenere il suo incantesimo e non svenire, perché c’era una sensazione di prurito bruciante che gli stava salendo per la spina dorsale e continuava a dover sbattere gli occhi per scacciare le macchie nere dal suo campo visivo. Non riusciva a sentirsi il braccio sotto il morso dell’Avvincino, ma immaginò che fosse preferibile a un dolore lancinante. Sperò ferventemente che Pomfrey non dovesse fargli ricrescere il braccio.

Una mano ghiacciata gli toccò il collo e Harry sussultò, guardando di fianco a lui. Era il tritone di prima. Tutti gli altri si erano allontanati dalla piovra, che non stava sanguinando più. Dove prima c’erano ferite sanguinolente, ora c’erano cicatrici spesse e frastagliate. “Va bene se…?”

Il tritone annuì.

Harry tirò un sospiro di sollievo. Poteva sentire il prurito premonitore alle branchie, quindi il suo tempo stava per scadere. Doveva tornare in superficie. “Finite incantatum!”

Interrompere l’incantesimo comportò un sollievo immediato. La piovra mosse lentamente i suoi grossi tentacoli, come se si stesse abituando di nuovo ad averli, ma non si stava più dimenando dal dolore. Era andato tutto bene per davvero. Harry cercò di nuotare verso l’alto, ma le sue gambe erano troppo stanche per muoversi come dovevano e il suo braccio ferito non si muoveva proprio. Andò nel panico e si sforzò, ma non riuscì a fare più di tre metri e mezzo prima che gli effetti dell’Algabranchia svanissero. Era ancora nelle profondità dell’acqua, non sarebbe mai riuscito a tornare in superficie in tempo. I polmoni già gli bruciavano e dovette lottare contro l’istinto di aprire la bocca. La testa gli girava, ma doveva continuare a muoversi, forse la superficie non era così distante come sembrava-

Un braccio freddo lo afferrò per i fianchi e la faccia del tritone invase il suo campo visivo. Un secondo dopo, sentì delle labbra gelide contro le sue. Harry sbarrò gli occhi e il tritone si tirò indietro. La sua bocca si aprì prima che potesse impedirselo, ma improvvisamente riusciva di nuovo respirare. Non era come prima, non aveva più le branchie, stava solo… respirando sott’acqua, in qualche modo.

“La tua fine non è nel mare. Di questa intrusione spero tu mi possa perdonare.” Disse. Gli sciolse la penosa benda di alghe e sotto il profondo e frastagliato morso dell’Avvincino il suo braccio era diventato viola. Il tritone appoggiò la mano contro la ferita e ci fu di nuovo quella tenue luce verde. Harry si sentiva come se avesse sommerso il braccio in un secchio di ghiaccio. Quando la luce svanì era guarito e l’unica cosa che era rimasta era una fila di cicatrici bianche e puntinate nel punto dove l’Avvincino aveva affondato i denti.

Harry sbatté gli occhi, guardandosi il braccio. Poi di colpo registrò l’accaduto e strillò. “Ho un ragazzo!”

Gli occhi del tritone brillarono di divertimento. “Ho improvvisato, faglielo sapere. Vieni, riportarti a riva è mio dovere.”

Lo tenne stretto al suo fianco gelato e Harry stava già tremando quando avvolse tentativamente le braccia intorno alle sue spalle. Anche se lo stava trasportando, il tritone nuotò molto più velocemente e con grazia rispetto a lui quando aveva usato l’Algabranchia.

-

 

Draco immaginò che avrebbe dovuto rassegnarsi e abituarsi al fatto che Harry sparisse in continuazione senza motivo, visto che gli ci era voluta più dell’ora pattuita per ritornare e poi era stato abbastanza stupido da rituffarsi nel lago. Avrebbe voluto prendersela, ma non poteva. Harry era andato a cercare Fleur quando nessun’altro poteva, e non poteva prendersela per quello. Era preoccupato, ovviamente, ma avrebbe fatto lo stesso se avesse potuto.

Passò circa mezz’ora e due sirene portarono in superficie Fleur priva di sensi, ma Harry non si vedeva da nessuna parte. Torsero le braccia per manipolare la corrente e spingerla a riva, prima di sparire di nuovo nell’acqua. Non sembrava ferita, ma era troppo lontano per esserne sicuro. Cho e Viktor si affrettarono verso di lei, ma prima che potessero avvicinarsi lei si svegliò di soprassalto e si mise a sedere. Il suo incantesimo Testabolla si infranse e lei si tirò in piedi, barcollando. Viktor e Cho si paralizzarono sul posto e Draco non capì il perché finché Fleur non si girò verso di loro.

Era zuppa, il suo costume era stracciato – nonostante non sembrasse ferita – e la sua faccia era contorta in un’espressione di furia così intensa che Draco sentì un brivido corrergli giù per la schiena. Non era il solo, perché sia Pansy che Blaise gli si strinsero vicino.

“Fleur!” Esclamò Maxime, estasiata, perché era una stupida.

Tu.” Sibilò lei, l’acqua che evaporava dalla sua pelle. Nessuno dei presenti si ricordava che quella ragazza era per un quarto Veela? “Tu hai preso mia sorella! Me l’hai portata via!”

Silente si alzò. “Signorina Delacour, si calmi per favore-“

Gabrielle era lontana; era ancora assieme a Ron, che la stava tenendo ferma. Probabilmente non si fidava di lasciarla correre liberamente verso sua sorella quando era così furibonda. Almeno qualcuno che aveva un po’ di sale in zucca c’era.

“CALMARMI?” Ruggì lei. Oh, no. Quella gente era un branco d’idioti. Avevano preso gli studenti più potenti di ogni scuola e gli avevano portato via la persona più cara. Davvero si aspettavano che avrebbero accettato la sconfitta in silenzio? Quelli erano ragazzi che avevano accettato di guardare la morte in faccia, mentre gli adulti pensavano sul serio che fosse solo un gioco, che non ci sarebbero state conseguenze. Nessuno dei giudici si stava muovendo, nessuno di loro aveva la bacchetta in mano – a quanto pareva, non avevano capito cos’avevano fatto. “MIA SORELLA NON C’È PIÙ PER COLPA VOSTRA! MIA- MIA SORELLA-“

Draco reagì prima che potesse ripensarci, perché non gli importava di cosa lei stesse per fare, ma sapeva che dopo se ne sarebbe pentita. Si alzò, protese la bacchetta e gridò: “PROTEGO MAXIMUS!”

Uno scudo blu di magia protettiva apparve di fronte al tavolo dei giudici, giusto pochi istanti prima che Fleur sguinzagliasse delle fruste di fuoco dorato. Si abbatterono sullo scudo, che tremò ma resistette. I giudici sembravano scioccati, come se non fosse stato palese cosa stava per fare. Fleur era più potente di lui ed era furibonda. Il suo scudo si sarebbe infranto se lei avesse continuato ad attaccare, quindi doveva fare qualcosa.

“Mihi virtutem tuam, mihi virtutem tuam, mihi virtutem tuam.” Mormorò, fissando lo scudo e cercando con ogni fibra del suo essere di non sbattere gli occhi. L’incanto era antico, ma funzionò.

Il successivo incantesimo scagliato da Fleur venne assorbito dallo scudo e la zona dell’impatto si colorò di un argento iridescente. Fintantoché avesse continuato a recitare la formula e non avesse sbattuto gli occhi, avrebbe resistito. I giudici avevano finalmente capito che Fleur non scherzava affatto e si alzarono dalle sedie, indietreggiando con le bacchette in mano.

Fleur comprese che nessuno dei suoi incantesimi aveva effetto e delle fiamme le danzarono intorno alle spalle. Guardò verso di lui, verso gli spalti colmi di studenti, e Draco sapeva che sarebbe andata a finire così. “Incendio!” Ringhiò lei, vomitando un muro di fuoco diretto verso di loro. Non la prese sul personale. Pensava che sua sorella fosse morta o peggio e in preda al dolore riusciva solo a distruggere tutto quello che le si parava davanti.

Non aveva il potere di lanciare un altro Protego, ma grazie a Fleur ne aveva abbastanza per estendere quello che aveva già. Il suo scudo era ormai interamente argenteo e pulsava del potere con cui Fleur lo aveva attaccato. Trascinò la sua bacchetta di lato, senza lasciare la presa sullo scudo, e pronunciò: “Capitulum quintum!”

Lo scudo esplose in avanti, coprendo gli spalti e proteggendo tutti i presenti, alimentato dalla magia di Fleur che era riuscito a intrappolarci dentro. Il suo muro di fuoco si infranse contro lo scudo senza causare danni e nuove fiamme le sbocciarono intorno alle mani per la rabbia.

Draco pensò di stare allucinando, perché gli sembrò di vedere Ron correre sulla spiaggia verso la strega furiosa, ma non poteva essere così, perché altrimenti sarebbe stato completamente pazzo.

“Fleur!” Chiamò. “Tua sorella è qui! Gabrielle sta bene!”

Lei si girò verso di lui, ma Ron era abbastanza vicino da riuscire ad afferrarle le braccia, evitando le fiamme. “Lasciami andare!” Ululò lei. Ron era forte, ma anche Fleur lo era, e se non fosse stato attento lo avrebbe atterrato senza l’utilizzo della magia.

Lui la scosse e la girò di forza, voltandola per farle guardare dove Gabrielle era rimasta tra Cedric e Cho. Le fiamme che la ricoprivano si spensero e i suoi occhi si riempirono di lacrime. “Gabrielle?”

Ron la lasciò andare e Cedric e Cho fecero lo stesso con Gabrielle. Lei scattò, correndo verso la sorella con le braccia spalancate. “Sto bene!” Disse, in francese. “Sto bene, va tutto bene, Harry e Ron mi hanno riportata indietro!

Collisero l’una tra le braccia dell’altra. Fleur cadde in ginocchio per abbracciare Gabrielle, che si mise a piangere affondando il viso nel petto della sorella.

Draco tirò un sospiro di sollievo e rilasciò lo scudo. Cadde a sedere, strofinandosi il sudore dalla fronte e cercando di evitare quel paio di centinaia di occhi che lo stavano fissando. Blaise gli evocò un bicchiere d’acqua e Pansy gli si avvicinò, in modo che potesse appoggiarsi su di lei senza renderlo ovvio.

Era a malapena riuscito a riprendere fiato quando il lago iniziò a ribollire e una corrente d’acqua ne schizzò fuori, alzandosi verticalmente in aria. Un tritone dalla pelle scura e i capelli verdi sedeva al suo interno, stringendo cautamente Harry al suo fianco. Il tutto era già strano di per sé, ma poi riuscì a vedere meglio la sua coda. Era di un bronzo scuro con riflessi dorati, il che significava… Che Merlino era successo lì sotto?!

Maxime stava guardando verso Fleur, torcendosi le mani, e Karkaroff avrebbe chiaramente preferito tagliarsi le mani piuttosto che avanzare di un altro passo; quindi, fu Silente a farsi avanti, inchinandosi profondamente. “Principe Akeakamai.”

“Principe!” Esclamò Harry. “Non me l’avevi detto!”

Che cazzo? Perché Harry stava chiacchierando con il principe dei sirenidi come se niente fosse?

Fleur si tirò in piedi, stringendo ancora Gabrielle a sé. “Mi dispiace.” Singhiozzò, il viso rosso e gonfio per il pianto. “Pensavo che aveste- Mi dispiace tantissimo.”

Akeakamai alzò una mano e lei si zittì. “Hai fatto quel che dovevi, tua sorella volevi vendicare. Non c’è guerra tra noi, non ti crucciare.” Visto che si trovava dentro la colonna d’acqua, le parole uscirono leggere e melodiche e non come gli strilli inconcludenti che erano le voci delle sirene nell’aria.

“Ma io-“

Lui scosse la testa. “Con coraggio ti sei battuta, fanciulla, e per questo dovresti essere ammirata.”

Fleur si lasciò andare di nuovo al pianto, ma non cercò più di contraddirlo.

Il principe usò l’acqua per depositare con gentilezza Harry sulla battigia e lui barcollò ma non cadde. “Grazie per l’aiuto!” Esclamò, salutandolo con la mano. Chiaramente non aveva idea di quanto fosse importante o potente quel tritone, anche se ora sapeva che era un principe.

Akeakamai sorrise e chinò la testa verso Harry, un onore che non aveva rivolto nemmeno a Silente. “Spero di rivederti, amico mio.” La colonna d’acqua ridiscese nel lago, portando il principe con sé.

Harry spostò lo sguardo su di loro, da Fleur in lacrime, ai giudici scarmigliati, a Ron che esitava ad allontanarsi dalle sorelle Delacour, al modo in cui metà dei presenti lo stava fissando mentre la restante metà fissava Draco, e inclinò la testa di lato. “Mi sono perso qualcosa?”

Ron si strinse la radice del naso.

“Qualcosa mi dice,” disse Cedric, seccamente, “che dovremmo chiederlo noi a te.”

Harry sbatté gli occhi, senza capire. Non poteva crederci.



Nota autrice: L’adorabile, favolosa e talentuosa PitViperOfDoom ha creato una pagina TvTropes per questa fic! Andatela a vedere e fatevi un giro anche da lei! (se vi piace bnha e non avete ancora letto yesterday upon the stair, che state aspettando??)
Dovecandies ha creato una fanart super carina che potete vedere QUI QUI
Megalania-prisca ha creato svariate fanart bellissime per siat e potete vederle qui
Spero che vi sia piaciuto!
Sentitevi liberi di seguirmi/stalkerarmi a: shanastoryteller.tumblr.com
Posto aggiornamenti sulla mia scrittura nella mia tag “progress report”, se è qualcosa che siete interessati a seguire da vicino!

Note traduttrice: Mi dispiace veramente tanto per l'attesa, purtroppo le mie circostanze attuali non mi permettono di dedicarmi molto alla traduzione o alla scrittura in generale. Spero comunque che questo capitolo vi piaccia e che i periodi di vuoto non inficino sul godimento del capitolo. Per quanto riguarda le fanart menzionate nelle note autrice, purtroppo megalania-prisca ha disattivato il proprio account e quindi non siamo riuscite a linkare le sue fanart. Per quanto riguarda la menzione di yesterday upon the stair... Beh, immagino che un po' di marchetta non faccia mai male!
Sia io che DanceLikeAnHippogriff ci impegnamo sempre molto e visto che i Shana sta allungando sempre di più i capitoli il vostro feedback è letteralmente un lenitivo per la fatica. Per la cronaca, mancano ancora due parti alla conclusione del Calice di Fuoco!
Vi consiglio ardentemente di seguire il mio blog per rimanere aggiornati sulle tempistiche e i vari lavori, ve lo lascio qui sotto! Buon inizio di sessione a tutti e per chi sta iniziando la maturità... mettetecela tutta! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su TUMBLR (<-CLICCA QUI!)!

   
 
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