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Autore: Placebogirl_Black Stones    25/05/2021    2 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 34: Voci di corridoio
 
 
 
Quando arrivò in ufficio trovò come sempre Shuichi già seduto alla sua scrivania, ma stavolta non da solo: di fianco a lui c’era Yuriy, con cui stava parlando mentre guardavano fogli e fotografie probabilmente inerenti al caso della mafia russa. Indugiò un attimo sulla porta, prendendo tempo prima di entrare. Doveva prepararsi psicologicamente a recitare la parte della semplice collega, come faceva ogni giorno, ma stava diventando sempre più difficile man mano che il suo rapporto con Shuichi progrediva. Ripensò alla sera prima, quando erano tornati a casa dopo essere stati al parco: avevano cenato con qualcosa di leggero e fresco, poi si erano seduti sul divano a parlare e si erano concessi un altro bicchiere dello Scotch avanzato dal loro primo appuntamento. Inutile dire che alla fine di tutto ciò avevano ripreso ciò che era stato interrotto al parco. Le sembrava di sentire ancora le mani di Shuichi sollevarle il top e accarezzarle la schiena nuda, la pelle che s’infiammava al contatto con le sue dita. Anche lei aveva osato infilargli una mano sotto la maglietta e accarezzare gli addominali proprio sopra alla cintura dei pantaloni, senza mai però oltrepassare quella linea. Avrebbero potuto seguire l’istinto e lasciare che la natura facesse il suo corso, ma alla fine si erano fermati prima di quel confine che per il momento si erano imposti di non varcare. Nonostante ciò non potevano cancellare quei baci appassionati e quelle carezze profonde e ora si chiedeva come avrebbe fatto a fingere che Shuichi fosse solo un collega.
 
- Guarda che puoi entrare, non mordiamo-
 
La voce di Yuriy la riportò alla realtà. Si accorse che Shuichi la fissava sorridendo e lei ricambiò, stando attenta a non farlo in un modo che potesse destare sospetti nel collega presente in quella stanza insieme a loro.
 
- Buongiorno a tutti- salutò, entrando e prendendo posto alla sua scrivania - Non sapevo che fossi mattiniero come Shu, Yuriy-
- In realtà non arrivo così presto tutte le mattine, diciamo che mi piace alternare giornate mattiniere e giornate in cui mi concedo un po’ più di sonno-
 
Prese posto anche lei alla sua scrivania e lanciò una veloce occhiata a Shuichi, che la guardò a sua volta sorridendole di nuovo. Probabilmente anche lui stava ripensando alla giornata di ieri e a quei baci e carezze bollenti come il sole d’agosto. Sentì lo stesso calore espandersi sulle sue guance e realizzò che stava arrossendo: si girò velocemente dalla parte opposta prima che Yuriy potesse notarlo e farle domande.
 
- Buongiorno- la salvò Camel, che entrò salutando.
 
Sgranò gli occhi al suono della sua voce, realizzando che non era di certo Yuriy quello di cui si doveva preoccupare: Camel li aveva visti al parco e non sapeva che idea si era fatto della cosa. Pregò con tutta se stessa che non tirasse fuori l’argomento, non avrebbe saputo come affrontarlo esattamente come non aveva saputo farlo il giorno prima.
 
- Qualche novità sul caso?-
 
Fece un sospiro di sollievo a quella domanda, forse poteva confidare nel fatto che Camel si fosse dimenticato di quell’incontro o meglio che non gli avesse dato troppo peso. Chissà se anche Jonathan, che temeva più dello stesso Camel, avesse rimosso quello che aveva visto.
 
- Sì, sono riuscito ad avere qualche informazione in più- parlò Yuriy - Ne ho appena parlato con Akai, aspettavamo che arrivaste anche voi per aggiornarci tutti insieme e decidere come procedere-
 
Si riunirono tutti vicini, per poter osservare foto e documenti nello stesso istante senza farli girare. Per qualche strano scherzo del destino Yuriy, che fino a quel momento era rimasto fra lei e Shuichi come una specie di divisoria umana, si spostò dal lato opposto, restando comunque al fianco del compagno. Camel invece si posizionò dietro di lei, dandole la sensazione di avere un gigante di pietra alle spalle. Perfetto, ora si trovava di fianco a Shuichi, con Camel da un lato e Yuriy dall’altro, come due avvoltoi pronti a divorare i resti di carcasse. Questa bizzarra disposizione le mise ancora più ansia di quanta non ne avesse già.
 
- Il nostro uomo d’affari che è stato assassinato si chiamava Russell Harrington, proprietario delle Harrington Wineries Inc. La sua società dispone di cantine sparse per tutto il mondo, di cui le più importanti in Francia e in Italia dove si producono i vini migliori. Non ci ha messo molto a farsi un nome nell’Upper East Side, tra feste mondane e cene di lavoro il consumo di vini pregiati è la normalità: questo gli ha permesso di aprire anche dei locali, raffinati wine bar dove assaggiare le sue produzioni a modiche cifre da far girare la testa. Una vita perfetta: soldi, successo, una bellissima moglie. Il nostro amico però aveva un piccolo vizio stando ai risultati dell’autopsia effettuata sul suo cadavere-
- Cioè?- chiese Camel, che sembrava piuttosto attento e interessato.
- Droga. Nel taschino interno della giacca che indossava quando è stato assassinato hanno trovato una bustina con dentro una sostanza bianca che si è poi rivelata essere cocaina; inoltre sono state trovate tracce della stessa sostanza anche nei capelli, nel sangue e nelle urine-
- Questo vuol dire che l’aveva assunta poco prima di morire- rifletté Camel ad alta voce.
- Non è detto- lo corresse - A seconda del consumo che si fa della sostanza, la cocaina può essere rilevata nelle urine fino a quattro giorni dopo l’assunzione. Se vogliamo essere precisi ciò che viene rilevato non è la cocaina in sé ma il suo sottoprodotto, la norcocaina: la maggior parte di essa viene espulsa con le urine, ma nei consumatori abituali rimangono in circolo dei metaboliti inattivi che sono rilevabili anche a distanza di alcune settimane. Per quanto riguarda invece il sangue, le tracce rimangono visibili fino a cinque giorni dopo l’assunzione, ma è necessario fare esami specifici per il rilevamento delle tracce di cocaina, in quanto non è possibile trovarle con delle semplici analisi del sangue di routine. Infine abbiamo i capelli, dove le tracce possono restare per mesi e quindi ci sono più possibilità di individuarle- concluse.
 
La fissarono tutti con grande stupore, come se avesse appena rivelato un segreto sconcertante. Probabilmente non si aspettavano una tale preparazione su un campo come quelle delle droghe o forse sottovalutavano le sue capacità. Si sentì fiera di averli lasciati senza parole: non aveva nulla di cui sentirsi inferiore a loro, anche lei si era preparata negli anni e sapeva fare bene il suo lavoro.
 
- Caspita Jodie, vedo che sei informata- si complimentò Yuriy- Hai un passato da narcotrafficante o fai uso di droghe?- la prese in giro subito dopo.
- Entrambe le cose- replicò storcendo il naso, un po’ risentita di non essere stata presa sul serio.
- Harrington è stato ucciso fuori da uno dei suoi wine bar: questo fa presumere che l’assassino sia qualcuno che lo conosceva e frequentava i suoi locali- li riportò a discorsi seri Shuichi.
- Ma se a ucciderlo sono stati quelli della mafia russa, come potevano frequentare locali tanto mondani per gente ricca e apparentemente per bene? Avrebbero di certo dato nell’occhio e la clientela non ne sarebbe stata entusiasta- rifletté.
- Mai sentito parlare di porte sul retro?- scherzò Yuriy – Sicuramente li faceva entrare nel locale da una porta di servizio, in modo che non potessero essere visti, e altrettanto sicuramente non li faceva accedere alla sala principale del locale-
- Intendi dire che ci sono sale nascoste alla clientela?-
- Beh, se volessi chiudere affari loschi in un luogo sicuro di mia proprietà mi accerterei di costruire assolutamente una sala privata non accessibile al pubblico-
- Pensi che la droga che Harrington acquistava e la mafia russa abbiano una correlazione fra loro?- chiese Camel.
- È molto probabile, la mafia russa si occupa di diverse cose e lo spaccio di droga è il traffico più comune. Come dicevo è un clan ancora piccolo anche se fa già parlare molto di sé, quindi è plausibile che in quanto emergenti abbiano iniziato dal traffico di droghe. Se continuano così non gli ci vorrà molto per passare ad altro- rispose Yuriy.
- Possiamo stare qui a ipotizzare qualunque cosa, ma credo che l’unico modo per scoprire la verità sia andare in quel locale e fare qualche domanda a chi ci lavora- concluse Shuichi.
- Ci sono un sacco di articoli su Internet che celebrano i suoi successi, non pensavo fosse così famoso- osservò lei, mentre cercava al computer qualche informazione sulla vittima - Qui dice che ha un fratello, Daniel Harrington, ed è in affari con lui-
- Pensate che centri qualcosa con la sua morte?- azzardò Camel.
- È un’ipotesi da non escludere- rispose Shuichi - Parleremo anche con lui-
 
Terminata quella conversazione, lasciarono l’ufficio diretti verso il wine bar. Per uno strano scherzo del destino, lungo il corridoio incrociarono Tara e Jonathan che stavano parlottando fitto tra loro. Quando gli passarono accanto si accorse delle occhiate che lanciarono prima a lei e poi a Shuichi, che non facevano presagire nulla di buono. Deglutì a fatica, fingendo indifferenza per quanto possibile ma cercando il compagno con lo sguardo. Shuichi guardava dritto davanti a sé, fiero come un leone, come se non si fosse accorto di nulla. Di certo era più bravo di lei a mascherare le emozioni, o forse era stata solo la suggestione a farle percepire quelle occhiate come qualcosa di negativo. Di una cosa poteva essere certa però: Tara era risentita per il modo in cui Shuichi l’aveva trattata e Jonathan doveva aver intuito qualcosa il giorno prima trovandoli insieme e da soli in un angolo di un parco. Quei due insieme potevano dare vita alla loro più grande minaccia.
Assorta in quei pensieri, non si accorse nemmeno che erano già arrivati al parcheggio. Concordarono che non era il caso di andare in quattro al locale, bastavano due per il momento; gli altri due sarebbero andati invece dal fratello di Russel. Shuichi fece in modo di restare con lei e di occuparsi del locale, incaricando Yuriy di andare con Camel da Daniel Harrington.
 
 
Una volta rimasti soli, in macchina verso il wine bar, sentì il bisogno di esporre la sua preoccupazione anche a lui. Necessitava di sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene.
 
- Senti Shu- spezzò improvvisamente il silenzio - Prima nel corridoio c’erano Tara e Jonathan e…-
- Lo so, ho visto- disse semplicemente, senza staccare gli occhi dalla strada.
- Cosa facciamo? Tara non aspettava altro che un’occasione per fartela pagare-
- Non credo ci sia nulla che possiamo fare, di certo metteranno in giro delle voci. Dobbiamo capire quali e poi smentirle in qualche modo-
- Ma come facciamo a giustificare il fatto che eravamo insieme appartati in un parco pubblico di domenica pomeriggio?- scosse la testa, portandosi una mano sulla fronte.
- Siamo andati ognuno per i fatti suoi e poi ci siamo casualmente incontrati lì. Mentre passeggiavamo ti sei sentita poco bene per il troppo caldo e quindi ci siamo fermati in un luogo fresco e non affollato. Devi imparare a mentire Jodie, a volte è necessario-
- Ti ricordo che ne ho raccontate un sacco di frottole quando eravamo sotto copertura in Giappone-
- Il problema non è trovare una scusa da raccontare, il problema è come la racconti e tu non sembri credibile quando menti. Devi mostrarti più sicura quando affermi qualcosa, altrimenti se non ci credi nemmeno tu come puoi pretendere che ci credano gli altri?-
- Grazie per le dritte, Professor “adoro ingannare i miei amici”- ironizzò, seccata dal suo atteggiamento troppo saccente - Tu invece ricordati di non far fare brutte figure ai tuoi colleghi, altrimenti questi cercheranno vendetta- fece una velata allusione a Tara.
- Ti stai preoccupando troppo Jodie- sorrise - Tranquilla, troveremo una soluzione-
 
Sospirò, consapevole del fatto che per Shuichi le cose erano sempre più semplici di quello che sembravano e che la sua capacità di trovare soluzioni istantanee era molto più grande della sua. Doveva fidarsi di lui e aiutarlo a reggere il gioco, qualunque cosa si sarebbe inventato.
Non ebbero modo di proseguire oltre quella conversazione: ormai erano arrivati davanti al wine bar di Harrington. Parcheggiarono l’auto e si diressero all’interno del locale.
 
 
…………………………..
 
 
Quando tornarono alla sede dell’FBI era trascorso da poco l’orario del pranzo. Avevano mangiato fuori ma senza riunirsi con Camel e Yuriy, in modo da poter stare un po’ da soli lontano da occhi indiscreti e scambiarsi qualche carezza e bacio. Quel pranzo insieme aveva risollevato il suo umore, ma purtroppo i loro colleghi contribuirono a rovinarlo nuovamente. Stavolta non erano solo gli occhi di Tara e Jonathan ad essere puntati su di loro, ma anche quelli di altri loro colleghi. In una sola mattinata quella vipera dai capelli rossi era riuscita a far circolare un pettegolezzo più veloce della luce. Quegli sguardi le pesavano addosso come fossero le luci dei riflettori su un palcoscenico dove era stata costretta a salire insieme a Shuichi: erano diventati gli attori di una commedia che nessuno dei due voleva recitare.
Cercò di ignorare i bisbigli, le occhiate e i sorrisetti stupidi, ma il fastidio cresceva dentro di lei. Al suo fianco Shuichi non si scomponeva di una virgola, sempre stoico e perfetto. Non sembrava minimamente turbato, era come se non gli importasse nulla di essere l’oggetto delle attenzioni dei loro colleghi.
Appena entrati in ufficio, il compagno chiuse la porta alle loro spalle e lei poté finalmente lasciarsi andare, dal momento che Camel e Yuriy non erano ancora tornati.
 
- Brutta bastarda!- disse a denti stretti, gettando la giacca sulla sedia in malo modo.
 
Shuichi la guardò sorpreso, probabilmente perché non era abituato a sentirla usare parole così grosse o a offendere pesantemente una collega. Di solito il suo linguaggio e i suoi modi erano eleganti ed educati, ma era troppo arrabbiata per curarsi di sembrare una principessina per bene.
 
- Ti rendi conto di quello che ha fatto?!- allargò le braccia, rivolgendosi a lui - Per non parlare di quell’idiota di Jonathan, peggio della comare del villaggio! Vorrei tanto avere un grosso ago per sgonfiare quei suoi inutili muscoli da lottatore di wrestling dei poveri! Forse potrei fare la punta a una matita e provare con quella…-
- Calmati- le rispose lui, avvicinandosi - Se ti arrabbi così fai solo il loro gioco-
- E cosa dovrei fare secondo te?! Stringergli la mano e dirgli “che bravi che siete stati a spargere un giro l’ennesimo pettegolezzo sulla mia vita amorosa, vi prego continuate pure!”- sbottò, agitando le braccia.
- Comportati come se non t’importasse nulla. L’indifferenza è la cosa che le persone come Tara e Jonathan temono di più. Se te la prendi loro si sentiranno superiori a te, se invece li ignori e gli fai capire che non ti interessano i loro pettegolezzi, si sentiranno dei falliti e la cosa morirà esattamente come è nata-
- Tu la fai troppo facile Shu, ma io non so se ce la faccio a fingere. Non so se ce la faccio a rivivere questa situazione da capo- abbassò la testa, alludendo a quanto gli aveva raccontato la sera della pioggia di comete.
- Non sei sola stavolta- la rassicurò, posandole una mano sulla spalla.
- Cosa facciamo adesso, Shu?- chiese per l’ennesima volta in quella giornata.
- Andiamo a prenderci un caffè, offro io- sorrise.
- Ma sei matto?! Vuoi uscire da questo ufficio e andare dritto nella bocca dei leoni?!- sgranò gli occhi.
- Voglio solo andare a prendere un caffè. Allora, vieni?- la invitò nuovamente, con la mano posata sulla maniglia e già pronta ad aprire la porta.
 
Sospirò, scuotendo la testa: si era innamorata di un idiota. Mentre lei era preoccupata di poter riconquistare agli occhi dei colleghi il suo titolo di regina dei drammi amorosi, lui sembrava persino divertito da quella situazione e non gliene importava assolutamente nulla, come se non fosse minimamente coinvolto. Una cosa però la rincuorò: il fatto che le avesse detto “non sei sola stavolta”. Lui era lì al suo fianco, era il suo uomo e non più il suo ex. Non sarebbe stata la poverina sedotta e abbandonata, ma la donna con cui lui aveva scelto di stare. Arrossì a quei pensieri, chiedendosi ancora una volta se Shuichi la considerasse davvero la sua donna o se fossero ancora fermi in quel limbo dove la loro relazione non aveva un’etichetta definita. Se fosse stata certa di questo non avrebbe avuto paura di andare da Tara e Jonathan a dire loro in faccia “ebbene sì, io e Shuichi stiamo insieme”, ma la paura che per lui non fosse lo stesso le rendeva difficile rivalersi sui colleghi impiccioni.
Si avvicinò a lui e insieme uscirono nuovamente in corridoio. La scena di poco prima si ripeté, come previsto. Strinse i pugni, le unghie quasi conficcate nei palmi, mentre intorno a loro la gente bisbigliava parole che non riusciva a comprendere ma di cui poteva immaginare il senso.
 
- Tutto bene?- le chiese lui, probabilmente accortosi del suo nervosismo.
- A meraviglia- mentì, guardandolo storto - Non è che per caso hai uno dei tuoi fucili a portata di mano, vero?-
 
Shuichi non riuscì a trattenere una risata, cosa che la sconcertò lasciandola a bocca aperta, mentre lo fissava inebetita. Come c’era da aspettarsi, i bisbigli si mutarono e tutti quelli nei paraggi si impietrirono, come se una folata di vento gelido li avesse ibernati. Shuichi Akai che rideva era un evento più unico che raro, ma il fatto che ridesse in sua compagnia dopo i pettegolezzi che erano circolati rendeva quella situazione ancora più stupefacente agli occhi di tutti.
 
- No dico, ma sei impazzito?!- sussurrò a denti stretti, guardandolo sconvolta mentre lui aveva ancora un ghigno beffardo stampato sul volto - Non ridi neanche se ti pagano per farlo e ti metti a ridere così adesso?! Se vuoi dare spettacolo possiamo baciarci davanti a tutti, così chiudiamo in bellezza!-
- Ammetto che questa situazione mi diverte, o forse è la tua eccessiva preoccupazione ad essere esilarante- rispose.
- Sono felice che le mie preoccupazioni ti divertano, il tuo livello di sadismo ha appena guadagnato dieci punti extra!-
 
Senza mai togliersi quel sorrisetto dalla faccia, il compagno si fermò davanti alla macchinetta ed estrasse il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni, prendendo qualche spicciolo.
 
- Cosa vuoi?- le chiese.
- Andarmene a casa mia- rispose lei, incrociando le braccia al petto.
- Intendevo che bevanda vuoi-
- In questo momento vorrei solo una bella tisana rilassante. O forse sarebbe meglio bere direttamente del cianuro sciolto nell’acqua con un po’ di zucchero- storse le labbra.
- Ho capito, scelgo io- continuò a sorridere, inserendo le monete e selezionando il caffè alla nocciola.
 
Quando l’erogazione della bevanda fu terminata, Shuichi prese il bicchiere e glielo porse. Lo ringraziò con un sorriso abbozzato e nel prendere il bicchiere dalle sue mani, le loro dita si sfiorarono. Un “guarda, guarda” arrivò distintamente alle loro orecchie. Strinse la mano intorno al bicchiere mentre Shuichi, che fino a quel momento aveva ignorato qualunque cosa, si girò nella direzione da cui quella voce era arrivata e lanciò una delle sue peggiori occhiatacce, che avrebbero fatto tremare anche il diavolo. I pettegoli alle loro spalle si impietrirono senza più fiatare, qualcuno di loro probabilmente stava sudando freddo. Di lei e dei suoi occhioni azzurri non avevano di certo paura, ma Shuichi era decisamente temuto sia per il suo carattere poco amichevole sia per quella faccia alle volte inquietante che si ritrovava.
Soddisfatto del suo operato, rivolse nuovamente lo sguardo alla macchinetta e si prese, come sempre, un meritato caffè nero.
 
- Vieni da me stasera?- le chiese, prendendo un sorso dal bicchiere.
- Se ti fa piacere sì- rispose, sorridendo mentre si mordeva il labbro.
- Se non mi facesse piacere non te lo chiederei, no?-
- Allora d’accordo, vengo volentieri. Mi cucini qualcosa?-
- Cosa vorresti? Non sono così bravo da saper fare tutto- ammise.
- Ho tanta voglia di sushi- assunse quell’espressione supplicante che le piaceva fare quando cercava di ottenere qualcosa.
- Si può fare, ma mi servono gli ingredienti. Non li tengo in casa, preferisco comprarli freschi al momento-
- Possiamo andare al supermercato quando usciamo da qui, poi andiamo direttamente da te. Cosa ne dici?-
- Mi sembra una buona idea. Ora però torniamo al lavoro-
 
Finirono i rispettivi caffè e ripercorsero per la terza volta il corridoio, ma stavolta non sentirono volare una mosca e le persone intorno a loro finsero di non essere interessate, anche se notò che qualcuno guardava con la coda dell’occhio. La reazione di Shuichi li aveva messi a tacere, almeno per il momento, ma di certo non era bastata a cancellare quel pettegolezzo che rischiava di metterli in una posizione davvero scomoda. Le relazioni fra colleghi nel loro ambiente non erano ben viste: se a questo si univa il fatto che erano già stati insieme in passato e che lui l’aveva lasciata per frequentare “per finta” un’altra donna, di certo non ne usciva nulla di buono.
Quando tornarono in ufficio trovarono Camel e Yuriy già seduti alle scrivanie, probabilmente li stavano attendendo per scambiarsi le rispettive informazioni reperite nella mattinata.
 
- Dove eravate?- chiese Camel, che sembrava stranamente preoccupato.
- Stavamo prendendo il caffè in attesa che tornaste- rispose lei.
- Ah, capisco- rispose il collega.
 
Aggrottò le sopracciglia, stranita da quella reazione così sospetta: aveva la sensazione che Camel nascondesse qualcosa, ma non riuscì a capire cosa. Spostava lo sguardo prima su di lei e poi su Shuichi, le sue guance erano più colorite del solito. Imbarazzo. Camel era in evidente imbarazzo. Un dubbio atroce penetrò la sua mente come una freccia scoccata da un abile arciere: il pettegolezzo era arrivato anche alle sue orecchie. Proprio lui, che il giorno prima li aveva colti di sorpresa in un parco…Si girò allarmata verso Yuriy, per verificare se anche sul suo volto vi fosse la stessa espressione: lo trovò sorridente mentre si rigirava una penna fra le dita. Nulla di strano, se non fosse stato che quel sorriso in realtà somigliava più a uno di quei ghigni beffardi che faceva anche Shuichi. Si fissarono per qualche istante e le sembrò che lo sguardo volesse scavarle nella mente per scoprirne i più intimi segreti. Il dubbio si tramutò in certezza: entrambi i colleghi con cui avrebbero dovuto lavorare a stretto contatto avevano saputo la notizia e ora cercavano di dissimulare in malo modo il desiderio di sapere se quanto avevano appreso fosse vero.
Shuichi si avvicinò a loro in tutta calma, come se non si fosse accorto di nulla, sedendosi al suo posto.
 
- Allora, cosa avete scoperto? Il fratello della nostra vittima ha fornito informazioni interessanti?- chiese loro.
- Beh, ecco…- riuscì solo a dire Camel, che di nuovo la guardò mentre a testa bassa prendeva anche lei posto alla scrivania.
- Abbastanza, ma forse non così interessanti come le vostre- rispose Yuriy, continuando a giocherellare con la penna.
- Cosa ti fa pensare che al locale abbiamo trovato più informazioni di quelle che può avervi dato Daniel Harrington?- replicò Shuichi.
 
Fingeva di non capire, ma probabilmente si era accorto di tutto anche lui. Solo che, invece di preoccuparsi come faceva lei, si stava divertendo a giocare con chiunque gli capitasse a tiro, certo che avrebbe vinto anche quella partita. Lei invece era stanca, stanca di giocare e stanca di nascondersi.
 
- Non si riferiva al caso- trovò infine la forza di parlare, fissando Yuriy dritto negli occhi e cercando di imitare quegli sguardi intimidatori che solo a Shuichi riuscivano - Si stava riferendo all’argomento del giorno che sta girando per i corridoi, non è così?-
 
Spostò lo sguardo su Camel, che era più suscettibile di Yuriy e cercò di trasmettergli tutta la rabbia che stava provando: in qualche modo ci riuscì, ne ebbe la conferma quando vide sul suo volto la stessa paura che anche lei aveva provato poco prima. Non ebbe però il coraggio di guardare Shuichi, probabilmente la stava odiando per aver mandato a monte il piano di fingere indifferenza.
 
- In realtà io mi riferivo al caso invece: credo che sul luogo del delitto si possano trovare informazioni più importanti rispetto a quelle date da un fratello che forse preferisce nascondere quello che sa piuttosto che rivelarlo- spiegò il collega russo - L’argomento del giorno è interessante ma fino a un certo punto, non ci perderei un pomeriggio sopra francamente-
- Davvero? Allora come mai tu e quell’altro lì- puntò l’indice verso Camel - Avete messo in piedi questo patetico teatrino fatto di sorrisetti, sguardi e “facciamo finta di non sapere nulla che è meglio”? Se non vi importa allora comportatevi come avete fatto fino a stamattina!-
 
Non riusciva a fermarsi, le parole le uscivano acide e dirette verso quelli che erano diventati i suoi due capri espiatori. Shuichi restò in silenzio seduto a un metro da lei, con gli occhi chiusi e l’espressione accigliata.
 
- Cerca di capire, non sapevamo come comportarci…- si giustificò Camel, grattandosi la nuca.
- In modo normale André, vi potete comportare in modo normale-
- Mi dispiace, scommetto che è stato Jonathan- sospirò Camel - Ieri pomeriggio quando siamo andati via ha iniziato a fare delle insinuazioni; io ho cercato di dirgli che non era vero ma si era fissato con questa storia-
- Ma scusa, io non capisco quale sia il problema- intervenne Yuriy - Se quello che dice Jonathan è solo frutto della sua immaginazione, perché te la stai prendendo tanto?- chiese, guardandola con aria di sfida.
 
Yuriy era uno tosto, non si lasciava spaventare facilmente. Assomigliava a Shuichi per certi versi: era capace di penetrare dentro le persone senza chiedere il permesso. Forse era per questo che sembravano andare d’accordo.
 
- Se mettessero in giro voci false sul tuo conto tu ne saresti felice? Non credo proprio-
- Se fossero voci false non avrei problemi perché saprei esattamente come smentirle-
- E cosa ti fa pensare che io non lo sappia invece?-
- La tua reazione esagerata- ghignò - Oltre a tanti altri piccoli dettagli che non starò ad evidenziare perché come ho detto la cosa non mi interessa. Vi frequentate? Bene, buon per voi. Volete sposarvi? Ancora meglio, ricordatevi di invitarmi al matrimonio. Io credo che fuori di qua siamo liberi di fare ciò che vogliamo, senza oltrepassare i limiti e l’eticità s’intende: se vi amate e volete stare insieme non ci vedo nulla di scandaloso. Basta che lasciate i vostri problemi di coppia fuori dalla porta quando mettete piede qui dentro. Per il resto avete la mia benedizione, per quel che vale-
 
Restò a fissarlo incredula per qualche secondo, senza riuscire a metabolizzare bene quel discorso. Quando ci riuscì si rese conto che Yuriy aveva ragione su ogni cosa e che era riuscito a rendere semplice qualcosa che lei aveva complicato più del dovuto, forse per paura di dover rivivere il passato. Si sentiva piccola di fronte a quella reazione così pacata e matura di un collega che fino a quel momento non aveva mai conosciuto fino in fondo. All’apparenza le era sempre sembrato uno a cui piaceva scherzare e anche un po’ donnaiolo, ma non avrebbe mai immaginato che nascondesse una tale saggezza. Abbassò lo sguardo, imbarazzata e senza parole: non era possibile replicare a qualcosa che di fatto era già un discorso giusto e sensato.
 
- La penso come lui- intervenne Camel - Se anche i sospetti di Jonathan dovessero essere fondati, non cambierebbe quello che penso di voi come persone e colleghi. Ne abbiamo passate tante nell’ultimo anno, questo non è certo un argomento di cui preoccuparsi- sorrise.
- Esatto, la vostra vita amorosa e personale non cambia quello che siete o il lavoro che fate. Siete due ottimi agenti e lo siete sia da amici sia da amanti- concluse Yuriy.
 
Per la prima volta da quando aveva iniziato quello sfogo, trovò il coraggio di girarsi a guardare Shuichi: lo trovò ancora seduto nella stessa posizione, gambe accavallate e braccia conserte, ma il suo volto non era più severo come prima. Stava sorridendo, nonostante continuasse a tenere gli occhi chiusi. Lo considerò un buon segno: forse la reazione positiva di Camel e Yuriy le aveva evitato una ramanzina.
 
- D’accordo, ho capito- scosse le mani, sospirando - Chiudiamola qui. Scusate se ho reagito bruscamente-
- Scuse accettate, non riesco a fare il duro con una bella donna- scherzò il russo - E in fondo hai ragione, ammetto che probabilmente i miei sguardi e sorrisetti erano fatti di proposito perché volevo capire dalla tua espressione se quello che ci avevano detto in corridoio era vero o no- ammise.
- Ma hai appena detto che non ti interessa-
- Non mi interessa perderci troppo tempo, ma ero comunque curioso. Quelle curiosità che durano il tempo di bere un caffè e poi muoiono sul nascere-
- Bene, visto che abbiamo risolto questa futile questione possiamo riprendere il nostro lavoro?- parlò finalmente Shuichi, che da bravo stacanovista non vedeva l’ora di concentrarsi solo e unicamente sul caso.
- Assolutamente sì- lo appoggiò Yuriy - Cosa avete scoperto?-
- Probabilmente il luogo dove Harrington incontrava le persone poco raccomandabili con cui aveva a che fare, inclusi quelli del clan russo- sorrise soddisfatto Shuichi.
- Ma il luogo non era proprio il locale stesso?- chiese Camel.
- Intendo la stanza all’interno del locale- precisò - Quando siamo entrati c’erano il barista e il direttore del wine bar. Apparentemente sembrava un locale perfetto, ma quando gli abbiamo chiesto di mostrarci le sale private la loro espressione è cambiata. Alla fine ce le hanno mostrate tutte tranne una. La porta di quella stanza, a differenza delle altre, era chiusa a chiave. Abbiamo chiesto di vedere anche quella, ma il direttore ha risposto che era solo uno sgabuzzino in realtà e non c’era nulla di interessante- fece una pausa.
- Ma non era così, giusto?- azzardò Yuriy.
- Decisamente no. Alla fine l’ho messo alle strette e ha aperto quella porta-
- E cosa c’era?- chiese Camel, sempre più preso da quel racconto.
- Un privé, di quelli che danno l’idea dell’atmosfera a luci rosse per intenderci- intervenne lei - Divanetti rossi, un piccolo palco dove far esibire escort e spogliarelliste, un biliardo e dei tavolini rotondi con ancora le carte da gioco sopra. Una stanza chiaramente non dedicata ai clienti dell’alta società-
- Dentro vi è una porta che si affaccia direttamente sul retro del locale, quindi è da lì che Harrington faceva entrare quei clienti speciali- aggiunse Shuichi.
- Immagino che dalla reazione che hanno avuto, sia il direttore che il barista sapessero di questi incontri- intervenne Camel.
- Ovvio, ma probabilmente Russel li pagava profumatamente per il loro silenzio. Senza contare che ora che è morto, probabilmente ucciso da uno di quei clienti, loro potrebbero ricevere l’accusa di essere complici di traffici loschi e chissà cos’altro- disse lei.
- Quindi sappiamo con certezza che Russel Harrington era coinvolto in affari loschi che coinvolgevano in qualche modo anche un clan mafioso russo, che nel suo locale di classe nascondeva una sala privé dedita alla perdizione e che il personale che lavora per lui sembra sapere più di quanto vogliano dire- ragionò a voce alta Yuriy - Non male come primo giro di investigazioni-
- Voi siete riusciti ad ottenere qualcosa dal fratello di Russel?- gli chiese.
- Non molto purtroppo. È un osso duro oltre che presuntuoso e montato come ogni riccone di New York-
- Ma qualcosa ve lo avrà pur detto, no?-
- A quanto pare sapeva che Russel faceva uso di cocaina, ma a suo dire non era a conoscenza di chi gliela forniva. Sapeva anche del privé nel wine bar e del fatto che in quella stanza avvenissero cose non proprio legali, ma ha preferito tenersene alla larga e quindi non ha saputo dirci chi frequentava quel giro. Tra i due non scorreva buon sangue anche se erano soci in affari, quindi al di là di discutere di questioni lavorative non sapevano molto delle rispettive vite personali- spiegò Yuriy.
- Gli avete mostrato la foto di Viktor Krayevsky?- chiese Shuichi - Come ha reagito?-
- Ha riconosciuto che il tatuaggio sull’avambraccio era uguale al simbolo trovato sulla scena del crimine del fratello, ma non ha saputo riconoscere l’identità di Viktor. O almeno questo è quello che ha detto a parole, ma ho avuto l’impressione che la sua faccia stesse dicendo tutt’altro…Non so, c’è qualcosa che non mi ha convinto in Daniel Harrington- scosse la testa.
- Davvero?- si stupì Camel - A me non è sembrato di notare nulla di strano nel suo comportamento-
- Chissà, forse sono troppo sospettoso io-
- No, io non credo- ghignò Shuichi - Da quello che hai raccontato anche io ho l’impressione che Daniel sappia più di quanto vuole farci credere. Credo che dovremmo tornare a fargli visita e convincerlo a vuotare il sacco, con le buone o con le cattive-
- Ma se torniamo da lui subito rischiamo che si innervosisca e quindi di ottenere l’effetto contrario- rifletté lei.
- Infatti non ci andremo oggi. Lasciamo passare qualche giorno e facciamogli credere che ci siamo fidati delle sue parole e ci stiamo concentrando su altro. Poi torneremo da lui-
 
Dopo quell’approfondito confronto sulle rispettive informazioni trovate, dedicarono il resto del pomeriggio a mettere nero su bianco quanto avevano anticipato a voce. Purtroppo anche la noiosa compilazione di scartoffie e rapporti era parte del loro lavoro ed era quella parte che persone come Shuichi e Yuriy, desiderosi di azione, detestavano più degli altri.
Nessuno toccò più l’argomento relazione segreta fra lei e Shuichi, come se la conversazione di prima non fosse mai avvenuta. In un certo senso si sentiva sollevata che Camel e Yuriy fossero venuti a conoscenza della verità: almeno con loro non avrebbero più dovuto fingere da quel momento in poi. Era grata che avessero preso bene la notizia, ma d’altra parte Camel non avrebbe mai usato quell’informazione per arrecare danno né a lei né tantomeno a Shuichi, di cui aveva una immensa stima, e Yuriy sembrava essere molto diverso da persone come Tara e Jonathan. Ciò che continuava a spaventarla era che quella voce di corridoio arrivasse fino alle orecchie di James. Quell’uomo era stato il suo tutore legale per anni, era un vecchio amico di suo padre, le voleva bene come a una figlia ma era prima di tutto il suo capo e sapeva per certo che detestava i pettegolezzi sul lavoro. Se a questo si aggiungeva il fatto che sapeva quanto avesse sofferto per colpa di Shuichi…forse non sarebbe stato proprio così felice di vederli di nuovo insieme.
 
- Direi che per oggi può bastare- la voce di Yuriy la riportò alla realtà.
 
Il loro orario di lavoro era terminato, era libera di tornare a casa e dimenticare quella giornata pesante. Si ricordò però dell’appuntamento con Shuichi e del sushi che le avrebbe preparato. Chissà se ne aveva ancora voglia, non era certa di come si sentisse nei suoi riguardi dopo quella sfuriata che aveva fatto qualche ora prima. Sospirò, radunando le carte sulla sua scrivania a testa bassa.
 
- Andiamo subito a fare la spesa?-
 
La voce di Shuichi, così vicina a lei, la fece sobbalzare. Era così assorta nei suoi pensieri da non essersi nemmeno accorta che si era avvicinato a lei.
 
- Tutto ok?- le chiese, notando la sua reazione.
- Sì, scusami, ero sovrappensiero e la tua voce mi ha colta alla sprovvista- sorrise.
- Stai pensando a cosa ci sarà fuori da questo ufficio?-
- No, ad essere sincera mi stavo proprio chiedendo se volessi ancora cenare con me dopo il casino che ho combinato prima con Yuriy e Camel- ammise - Credevo fossi arrabbiato-
- In tutta onestà non ho gradito molto il modo ma alla fine è andato tutto bene-
- Ora però sanno la verità su di noi-
- Già, ma a differenza di altri non la useranno come argomento del giorno davanti alla macchinetta del caffè. Di loro mi fido- sorrise.
- Senti Shu…pensi che dovremmo invitare anche loro a cena? So che avevamo programmato una serata da soli, ma mi sento un po’ in colpa per come li ho attaccati prima…- abbassò la testa.
- Per me non è un problema, ma stasera avevo programmato di guardare la partita di shogi che disputerà mio fratello. È un problema se li invitiamo un’altra volta?-
- No, nessun problema, ma non sapevo di tuo fratello. Sei sicuro che vuoi che venga? Se preferisci guardare in pace la partita ci possiamo vedere domani sera-
- Perdonami, avevo scordato di dirtelo. L’idea era di mangiare qualcosa e poi guardare la diretta, ma se ti annoia troppo possiamo rimandare la nostra cena-
- Io voglio solo passare un po’ di tempo con te, non mi importa se lo facciamo passeggiando in un parco o guardando tuo fratello che fa una partita a un gioco di cui non credo di averci capito molto- sorrise imbarazzata.
 
La loro conversazione venne interrotta da Yuriy che si schiarì la gola, non tanto per necessità quanto per attirare l’attenzione.
 
- Bene, io me ne vado perché sinceramente con voi due che vi guardate così mi sento di troppo- scherzò, senza il minimo timore di metterli in imbarazzo.
- Vengo con te- disse Camel, che era probabilmente il più imbarazzato di tutti incapace com’era di gestire situazioni di quel tipo.
- Piantatela di fare gli idioti!- li riprese, le guance tinte di rosso - Ora usciamo anche noi-
- Sicura? Pronta all’apocalisse che ti aspetta appena varcherai questa porta?- le chiese Yuriy, che sembrava divertito dalla situazione.
- Ti giuro che se non la smetti l’apocalisse si abbatterà su di te!- afferrò la borsa e si diresse anche lei verso i due colleghi, seguita da Shuichi.
 
Yuriy alzò le braccia come in segno di resa, ma quel sorrisetto beffardo non scomparve dalla sua faccia. La guardò negli occhi un’ultima volta, come a volerle chiedere conferma se poteva aprire quella porta. Gli fece un cenno col capo e il silenzio che si era creato venne interrotto dal “click” della serratura che scattava. Uscirono uno dopo l’altro, trovando il corridoio quasi vuoto: probabilmente gran parte dei loro colleghi erano andati via oppure erano ancora chiusi nei rispettivi uffici.
 
- Ti è andata bene- ironizzò il russo.
- Magari se ne sono già dimenticati- provò a sminuire la situazione Camel, ma non ci credeva troppo nemmeno lui mentre lo diceva.
 
Sapeva bene che non sarebbe finita così presto, ma per il momento le bastava poter uscire di lì senza più sentire mormorii e senza sentirsi osservata come se fosse una criminale.
Il suo attimo di sollievo durò poco, infrangendosi al suolo quando vide che il loro cammino verso l’ascensore stava per incrociarsi con quello dell’ultima persona che avrebbe voluto incontrare quel giorno: Tara. Prese un lungo respiro e cercò invano di rilassare i nervi tesi. Accanto a lei, Shuichi se ne accorse e sorprendentemente le mise una mano sulla parte bassa della schiena, come a volerle dire di calmarsi.
Più si avvicinava a loro e più poteva scorgere il sorrisetto di vittoria sul suo viso: era soddisfatta della sua piccola vendetta.
Quando fu a un metro da loro si degnò finalmente di parlare, dopo averli fissati per tutto il tempo.
 
- Congratulazioni alla nuova coppia!- disse semplicemente, ma mettendo tutta l’acidità possibile in quelle parole.
 
Strinse i pugni e chiuse gli occhi, cercando di trattenersi dal fare la seconda sfuriata di quel giorno. Avrebbe tanto voluto dare un pugno in faccia a quella vipera, ma le ragioni per non farlo erano purtroppo più forti e valide di quelle per farlo.
 
- Grazie mille, ma non ti invitiamo lo stesso al matrimonio- intervenne Yuriy, sorprendendola - Le tue congratulazioni sono più false dei soldi del Monopoli, magari la prossima volta studiati meglio la battuta perché non sei credibile per niente-
 
Tara si fermò davanti a lui, guardandolo con aria di sfida. Non voleva che due estranei litigassero per una questione che riguardava lei, ma in cuor suo sperava silenziosamente che Yuriy la distruggesse.
 
- Tu che vuoi? Non parlavo con te- gli fece notare seccata.
- Ah no? Perdonami, allora ritiro l’invito al matrimonio-
- Quale matrimonio?- chiese, annoiata dai suoi discorsi apparentemente senza senso.
- Il mio ovviamente. Pensavo lo sapessi, sei sempre così informata su tutte le cose inutili e sulla vita privata dei tuoi colleghi-
 
Uno a zero per Yuriy. Se avesse avuto un’uniforme da cheerleader e un paio di pompon avrebbe iniziato a fare il tifo per lui.
 
- Tu ti sposi?- chiese sprezzante, come se fosse assurdo che proprio lui convolasse a nozze.
- C’è speranza per tutti- sorrise - Tranne che per te, forse-
- Ma che simpatico, fai le condoglianze alla poverina che dovrà sopportare le tue battute squallide-
 
Con grande sorpresa di tutti, Yuriy si girò verso Camel e gli prese le mani, stringendole fra le sue. Oltre alla situazione di per sé era esilarante il contrasto fra le mani quasi ossute del primo e quelle grandi e robuste del secondo.
 
- Perdona le mie battute squallide tesoro, sappi che qualunque stupidaggine dirò non sarà mai più grande dell’amore che provo per te- disse guardando seriamente il collega negli occhi.
 
La faccia di Tara assunse un’espressione indescrivibile, un misto fra incredulità e sconcerto, mentre Camel osservava inebetito il collega che si era appena dichiarato, sudando freddo. Non riuscì a trattenersi di fronte a quel teatrino e la sua risata echeggiò lungo il corridoio. Si mise una mano davanti alla bocca per attutire, ma non riuscì comunque a smettere. Yuriy si era girato a guardarla e sorrideva soddisfatto, mentre Shuichi nel suo stoicismo si era comunque concesso un sorrisetto beffardo, segno che la scenetta del collega lo aveva divertito. Gli unici a non partecipare all’ilarità di gruppo erano Camel (imbarazzato come mai lo era stato nella vita) e Tara, che stava odiando Yuriy più che mai per essersi preso gioco di lei.
 
- Molto divertente- storse la bocca, interrompendo il divertimento.
- Più dei pettegolezzi che mettete in giro tu e quell’altro- le rispose a tono il russo.
- Non sono affatto pettegolezzi, Jonathan ha le prove e a quanto so le ha anche André, che ora se ne sta zitto perché gli conviene- rivolse lo sguardo a Camel, con fare provocatorio.
- I-io non ho proprio niente- cercò di dissimulare in malo modo.
- Sai che cosa non hai tu invece, a differenza di Jodie?- se ne uscì Yuriy, facendole drizzare le orecchie quando pronunciò il suo nome.
- Sentiamo- incrociò le braccia al petto la rossa.
- Un uomo con cui andare a casa stasera e divertirsi un sacco-
- Yuriy!- lo rimbeccò, arrossendo per quell’affermazione così sfacciata detta davanti a tutti.
 
La differenza fondamentale fra lui e Shuichi era che Yuriy parlava anche troppo e non si vergognava di dire apertamente qualsiasi cosa che gli passasse per la testa. Non aveva segreti e soprattutto non aveva filtri: questo lo rendeva un soggetto “pericoloso” che era meglio avere come alleato che come nemico.
Tara inspirò sonoramente, segno che le parole di Yuriy l’avevano colpita nel vivo: evidentemente non avere un fidanzato o un uomo da frequentare era qualcosa che le pesava non poco e per qualche ragione lui ne era a conoscenza e lo aveva usato come arma contro di lei.
 
- Bene, ora ce ne possiamo andare a casa- concluse soddisfatto, muovendo qualche passo per allontanarsi.
 
Camel, che non vedeva l’ora di defilarsi da quella situazione, lo seguì prima che cambiasse idea o prima che Tara reagisse in qualche modo. Anche lei fece per raggiungerli, convinta di essere seguita da Shuichi, il quale invece restò immobile dando le spalle alla collega impicciona, come aveva fatto fino a quel momento.
 
- Tara?- la chiamò, senza però ricevere risposta.
 
Si fermarono nuovamente e si girarono a guardare la scena trattenendo il respiro. Yuriy era divertente, ma Shuichi invece faceva paura anche ai muri, specie quando diventava così serio e cupo.
La rossa lo guardò ma non proferì parola.
 
- Credevo di essere stato chiaro l’altro giorno sulla questione pettegolezzi. Devi prestare più attenzione, perché se tiri troppo la corda alla fine si spezza. Quello che dici e che fai ti si potrebbe ritorcere contro-
 
La tensione nell’aria era così percepibile che l’avvertiva come un peso sulle spalle. Sentì Camel deglutire rumorosamente, mentre Yuriy non si muoveva di un millimetro.
 
- Mi stai forse minacciando?- chiese Tara, per nulla soddisfatta di quell’intervento.
- Ti sto mettendo in guardia- rispose Shuichi, muovendo i primi passi per andarsene.
 
Senza più dire nulla li raggiunse e li superò, segno che non aveva intenzione di rimanere lì un secondo di più. Lo raggiunse e lo affiancò, girandosi per guardare l’espressione sul suo volto e capire cosa stesse provando: quando se ne accorse girò la testa e la guardò a sua volta, per poi farle un piccolo sorriso come a volerla tranquillizzare. Alle sue spalle sentiva i passi di Camel e Yuriy che li seguivano in silenzio. Pensò che fossero una bella squadra dopotutto e si sentì meno sola di sei anni prima, quando quei pettegolezzi che aveva dovuto affrontare senza nessuno al suo fianco avevano pesato su di lei come la falce del boia sul capo del condannato.
Presero l’ascensore tutti insieme e una volta arrivati al parcheggio si salutarono, senza aggiungere altro.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Mi è uscito un capitolo lunghissimo, non avevo pianificato che fosse così lungo, scusate!
Penso non ci sia molto da spiegare su quale fosse l’intento di questo capitolo, ovvero spargere la voce per i corridoi dell’FBI della frequentazione fra Jodie e Shuichi e rafforzare il loro legame di amici e colleghi con Camel e soprattutto con la new entry Yuriy (che sto adorando).
La parte in cui Jodie spiega tutte quelle cose sulla cocaina e derivati e sulle tracce che restano in circolo non è mia invenzione ma è realtà, ho fatto delle ricerche in merito.
È un capitolo abbastanza comico come avete visto, spero vi sia piaciuto anche se non ci sono state scene fluff su Jodie e Shuichi (ma non preoccupatevi, rimedierò…forse).
Grazie a tutti quelli che leggeranno!
   
 
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