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Autore: Placebogirl_Black Stones    03/06/2021    0 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 35: Parole non dette
 
 
 
- Niente male, hai fatto un buon lavoro!- si complimentò con lui, dopo aver assaggiato il primo boccone del sushi che aveva preparato per cena.
- L’aspetto non è dei migliori- replicò lui, poco convinto del suo stesso operato.
- E allora? Non dobbiamo guardarlo, dobbiamo mangiarlo. Il sapore è buono, quindi va bene così- gli fece un sorriso, per poi prendere un altro pezzo dal vassoio che avevano posizionato al centro del tavolo.
 
Invece di cenare al tavolo della cucina avevano apparecchiato sul tavolino del salotto, sedendosi a terra sui cuscini come d’usanza in Giappone. Era un modo per rivivere per qualche ora l’atmosfera di quel paese in cui avevano lasciato un pezzo del loro cuore e anche per fare qualcosa di diverso dal solito.
Intinse un pezzo di uramaki nella salsa di soia e se lo portò alla bocca, per poi masticarlo sorridendo come una bambina felice. Solo dopo averne mangiati altri due pezzi si accorse che Shuichi, invece di fare lo stesso, si era fermato a fissarla.
 
- Che c’è? Sono sporca?- gli chiese, coprendosi istintivamente la bocca con una mano nel timore di avere delle tracce di cibo sulle labbra e agli angoli.
- No, sono solo sorpreso che sia bastato del sushi di scarsa qualità per farti tornare di buon umore- sorrise, prendendo finalmente anche lui un nigiri -Oggi sei stata nervosa per quasi tutto il giorno-
- Sai com’è, abbiamo colleghi molto simpatici che mettono in giro voci sul nostro conto- storse la bocca.
- Non riesci proprio a ignorarli e passarci sopra, eh?-
- Non riesco a sopportare che la gente si faccia gli affari miei- precisò.
- Ora che Yuriy e Camel sanno di noi sei più serena?- le chiese.
- Beh un po’ sì- ammise - Sono le due persone con le quali lavoriamo a stretto contatto più che con tutti gli altri in questo momento, perciò il fatto di non doverci più nascondere almeno davanti a loro mi rincuora-
- Il fatto che sappiano non significa che in ufficio possiamo fare quello che vogliamo- precisò.
- Questo lo so bene, non intendo certo baciarti appassionatamente sulla scrivania!- arrossì mentre pronunciava quella frase - Ma almeno se voglio guardarti o sorriderti posso farlo senza il timore continuo di essere scoperta-
- Invece che guardare me dovresti concentrarti sui fogli che hai sulla scrivania-
 
Lo fissò con la faccia di chi non aveva gradito, nonostante la consapevolezza che il suo non fosse un ammonimento ma più una battuta. La sua faccia non era per niente seria mentre glielo aveva detto, quindi forse il fatto di essere oggetto delle sue attenzioni gli faceva in qualche modo piacere.
 
- Ai suoi ordini stacanovista- replicò, addentando un nigiri uguale a quello che aveva preso lui poco prima.
 
Continuarono per un po’ a mangiare in silenzio, fino a quando lei non lo ruppe nuovamente.
 
- Come pensi che finirà questa storia del pettegolezzo?- gli chiese a bruciapelo, fissandolo seria.
- In che senso?- rispose, non capendo.
- Credi che verremo rimproverati? Se dovesse arrivare alle orecchie di James…sai, a lui non piacciono queste cose. Dobbiamo far parlare di noi per la nostra abilità come agenti e non per le nostre vicende amorose. In passato ha accettato la nostra relazione purché non implicasse problemi sul lavoro, ma ora…- non riuscì a terminare la frase.
- Ora?- la invitò a continuare.
- Dopo tutto quello che è successo sinceramente non penso che la sua reazione sarebbe come quella di Camel e Yuriy- sospirò - Io non credo che lui abbia del rancore o del risentimento nei tuoi confronti, anzi, ha molta stima di te e sa quanto vali sul lavoro: ti ha sempre definito il suo uomo migliore e anche quando fai di testa tua ti lascia fare perché sa che faresti mille volte meglio di lui. Però quando mi hai lasciata, lui mi ha vista soffrire da sola e in silenzio…-
 
Si fermò un attimo, deglutendo per mandare giù quel nodo che le si era formato nella gola mentre gli occhi iniziavano a inumidirsi.
 
- Veniva da me ogni sera per assicurarsi che stessi bene, mi ha aiutato a raccogliere i pezzi. So che mi considera come una figlia anche se cerca di dissimularlo quando siamo al lavoro, quindi vedermi soffrire ha spezzato il cuore anche a lui. Una volta mi ha detto di essersi pentito di aver acconsentito alla nostra relazione, se avesse saputo che sarebbe finita così non lo avrebbe fatto. Le sue parole mi hanno fatto male, Shu- abbassò la testa.
 
Nonostante la felicità di avere di nuovo l’uomo che amava per sé, le ferite del passato bruciavano ancora e probabilmente sarebbero bruciate per sempre. Certe cose non si possono cancellare, si può solo andare avanti.
 
- Hai paura che possa impedirci di frequentarci?- le chiese, con gli occhi chiusi e un’espressione rabbuiata sul volto.
- Ho paura che ci metta davanti a una scelta dove in realtà non c’è scelta, c’è una sola opzione-
- Cioè?-
- Se ti chiedessero “o la tua donna o il tuo lavoro”, la tua risposta quale sarebbe?- alzò la testa e gli sorrise, ma uno di quei sorrisi tristi e finti fatti davanti a una domanda di cui conosceva già la risposta.
 
Shuichi non disse nulla, rimase a riflettere ad occhi chiusi. Sapeva anche lui che non c’era scelta, essere agenti dell’FBI comportava delle rinunce e dei sacrifici e a volte dovevano mettere la loro felicità in un cassetto. Soldati che non dovevano perdere la loro compostezza, questo erano. Questo era Shuichi, più di tutti loro.
 
- Adesso mangiamo però, non voglio più parlare di questa storia- allungò una mano per accarezzargli dolcemente il braccio - Voglio solo passare una serata tranquilla con te a mangiare il sushi che mi hai preparato-
- Io non penso che James ci metterà mai di fronte a una scelta simile, anche se quel disgraziato del suo “uomo migliore” ha fatto piangere la sua bambina- replicò lui, senza cattiveria nel tono ma forse un po’ amareggiato da quel racconto - Inoltre, se lo facesse, rischierebbe di perdere uno dei due se non entrambi e non credo gli convenga in nessuno dei casi-
- Che intendi dire?- chiese, non capendo quell’ultima frase criptica.
- Niente di cui preoccuparsi. Ora mangiamo- le sorrise, come se nulla fosse successo.
 
A volte non riusciva proprio a capirlo quell’uomo. Aveva il potere di trasformarsi in una specie di Yakuza che lanciava velate minacce, per poi dissimulare e ritornare a parlare in modo cordiale. Poteva fare davvero paura se non lo si conosceva bene. Sapeva che dietro quelle parole aveva voluto nascondere un messaggio, ma non era riuscita a coglierlo, forse perché lui non voleva che lo cogliesse e questo la preoccupava. Si rese conto solo in quel momento che non era tanto il pensiero che i loro colleghi spargessero voci di corridoio a farle paura, ma la reazione di James quando lo avrebbe saputo. Se James avesse fatto sul serio, forse sarebbe persino stata costretta a mettere fine alla sua storia appena rinata con Shuichi e il solo pensiero le spaccava il cuore. Scacciò via quel brutto pensiero e cercò di godersi quella cena, sperando di poter trascorrere il resto della serata fra le sue braccia.
Dopo circa venti minuti avevano terminato tutto ciò che Shuichi aveva preparato.
 
- Grazie, era tutto buonissimo!- gli regalò un sorriso radioso, per poi baciarlo velocemente sulla guancia - Abbiamo anche un dessert?- chiese speranzosa.
- Non abbiamo comprato nulla di dolce, mi sembra-
- Ero concentrata sul sushi e mi sono scordata del dopo cena- assunse un’espressione infelice, come una bambina a cui era appena stato negato qualcosa.
- Purtroppo non ho nulla in casa a parte della marmellata che puoi spalmare sul pane-
- Ma che tristezza Shu!-
- Ti posso offrire da bere allora?-
- Che cos’hai di buono?-
- Bourbon e Scotch, il solito-
- Sei un vecchio abitudinario e noioso!- scosse la mano, snobbandolo.
 
Shuichi sorrise e si alzò in piedi, prendendo i piatti e portandoli con sé in cucina. Lo seguì con il vassoio e i bicchieri, caricarono la lavastoviglie e azionarono il lavaggio.
 
- Hai deciso cosa vuoi bere?- le chiese nuovamente.
- In realtà non ho molta voglia né dell’uno né dell’altro. A meno che tu non abbia qualcos’altro di alternativo e alcolico da propormi, credo che passerò-
- Purtroppo non ho nient’altro, Sua Maestà- la prese in giro.
- Che servitore inutile!- stette al gioco.
- Oggi dicevi di aver voglia di una tisana per rilassarti: purtroppo non ne ho perché non sono solito berle, ma se ti va posso fare del tè-
 
Ci pensò su un attimo per poi fare spallucce e accettare la proposta.
 
- D’accordo, ma mettilo in un bicchiere con del ghiaccio. D’estate non mi piace berlo caldo-
- Ci vuoi anche il latte?-
- Eh?!- lo guardò storto, facendo un’espressione quasi raccapricciata.
- Nel tè ci vuoi il latte?- ripeté la domanda.
- Tu metti il latte dentro il tè…? - chiese, sconvolta da quella rivelazione.
- In Inghilterra è normale-
- Già, dimenticavo le tue abitudini inglesi. Io però preferirei metterci il limone se non ti dispiace-
- Come vuoi, ma dovresti assaggiarlo con il latte-
- Se un giorno avrò abbastanza coraggio lo farò-
 
Shuichi prese due bicchieri, riempiendoli entrambi con dei cubetti di ghiaccio presi dal freezer. In uno dei due ci versò un goccio di Bourbon, nell’altro ci mise una bustina di tè e ci versò dentro dell’acqua, che fece sciogliere in parte il ghiaccio. Prese entrambi i bicchieri e la invitò a seguirlo nuovamente nel soggiorno, dove li posò sul tavolino che avevano utilizzato per cenare.
 
- Siediti pure, io vado a prendere il mio portatile e torno subito-
 
Annuì e si accomodò sul divano, accavallando le gambe e prendendo il suo bicchiere. Mosse la bustina del tè e l’acqua assunse un colore ancora più ambrato, mentre il ghiaccio continuava a sciogliersi. Ancora un paio di minuti e sarebbe stato pronto.
Shuichi ritornò poco dopo, sedendosi accanto a lei e posando sul tavolino il PC portatile, per poi cercare la diretta web sul sito di un’emittente televisiva giapponese. Quando tutto fu pronto, si concesse finalmente un goccio di Bourbon.
 
- Tra quanto inizia?- chiese, fissando lo schermo.
- Non dovrebbe mancare molto-
- Ci sono davvero tanti giornalisti- commentò.
- Lo shogi è molto popolare in Giappone, un po’ come il basket qui in America-
- Quindi tuo fratello è famoso?- si stupì.
- Diciamo di sì-
- Capisco- annuì - Mi piacerebbe molto conoscerlo-
 
Aveva conosciuto ormai tutta la sua famiglia, tranne suo fratello minore. Era curiosa di sapere se si somigliassero almeno nel carattere, voleva vederli interagire. Shuichi era molto distaccato persino con Masumi, che era la più piccola, perciò a maggior ragione avrebbe dovuto esserlo con quel fratello che era più vicino a lui come età e con cui aveva condiviso più momenti. Le tornò in mente ciò che le aveva raccontato al parco, i sabati trascorsi insieme al fratello e al padre. Se avesse potuto gli avrebbe ridato indietro anche solo un giorno come quelli, per vederlo sorridere.
 
- Un giorno te lo presenterò- le rispose, interrompendo i suoi pensieri.
 
Si guardarono per qualche secondo, sorridendosi a vicenda, poi entrambi sentirono il bisogno di fare molto di più che fissarsi e accorciarono le distanze, baciandosi dapprima delicatamente e poi in modo sempre più appassionato. Senza nemmeno accorgersene si ritrovò a cingergli il collo con le braccia, passandogli le mani fra i capelli della nuca, mentre lui la accarezzava provocandole brividi in tutto il corpo.
La voce del telecronista che annunciava l’entrata dei giocatori interruppe quel momento.
 
- Forse è meglio se ci concentriamo su tuo fratello- si morse il labbro inferiore.
- Già- sorrise, spostando poi lo sguardo sullo schermo del PC - Questa partita è molto importante per lui-
- Ah sì? È una partita speciale?-
- Nello shogi ci sono sette titoli da conquistare: Meijin, Ryūō, Kisei, Ōi, Ōza, Kiō, e Ōshō. Ovviamente ogni giocatore aspira a conquistarli tutti e sette, perciò si sfidano l’uno con l’altro nella speranza di ottenerli. Shuukichi era riuscito ad averli tutti, ma purtroppo in una partita ha perso il titolo di Ōshō. Oggi gioca per riconquistarlo: se ce la farà, avrà ottenuto nuovamente tutti e sette i titoli- spiegò, con una scintilla di orgoglio negli occhi.
- Pensi che riuscirà a vincere?-
- Ne sono certo, lui è il migliore- dichiarò convinto - Senza contare che in ballo non c’è solo il titolo di Ōshō ma qualcosa a cui forse tiene ancora di più-
- E cosa?- chiese curiosa.
- Questo è un discorso personale, non voglio entrare nei dettagli delle questioni private di mio fratello-
- Dimenticavo che adori tenere i segreti- storse le labbra - Ma è bello come tu sia così orgoglioso di tuo fratello, non è da te sbilanciarti in questo modo. Sarebbe piaciuto tanto anche a me avere un fratello, oppure una sorella- ammise.
 
Appoggiò la testa contro la sua spalla mentre lui le cingeva le spalle con un braccio e restò così per quasi tutta la partita, inspirando il profumo della sua colonia maschile. Cercò di prestare attenzione al gioco, facendogli di tanto in tanto domande per cercare di capire meglio come funzionasse. Qualche volta, per non disturbarlo e permettergli di guardare in pace il fratello, cercò informazioni su Google con il cellulare, ignara che lui la stesse osservando con la coda dell’occhio e che si stesse anche divertendo nel vederla così intenta a comprendere quel gioco. Alla fine della partita continuò comunque ad avere comunque dei dubbi, ma non ebbe il coraggio di confessarlo apertamente. Si chiese se a Shuichi piacesse davvero lo shogi o se lo guardasse solo per sostenere il fratello.
Il match fu vinto da Shuukichi, proprio come aveva previsto lui. I giornalisti iniziarono a scattare foto a raffica, mentre il fratello sorrideva felice della sua vittoria. Sollevò la testa per guardare l’espressione di Shuichi: anche lui sorrideva, visibilmente fiero.
 
- È bello vederti così felice, sai Shu?- gli disse, distogliendo la sua attenzione dallo schermo.
- Sono contento che mio fratello abbia ottenuto ciò che voleva-
- Io sono tanto curiosa di sapere cosa voleva a parte riprendersi il titolo- provò a corromperlo facendogli gli occhioni dolci, anche se sapeva che al novantanove per cento dei casi non avrebbe funzionato.
- Lo scoprirai a tempo debito- ghignò.
- Ovvero?-
- Vuoi davvero giocare a storcermi informazioni? Perché se è così, hai perso ancora prima di cominciare-
- D’accordo, tieniti pure i tuoi segreti- incrociò le braccia al petto, fingendosi stizzita.
 
La sua recita durò meno del previsto, non riuscì a indossare oltre quella maschera quando Shuichi le sollevò la testa mettendole un dito sotto al mento e costringendola a guardarlo. Tutte le sue difese crollarono e sentì solo il desiderio di baciare ancora, ancora e ancora quell’uomo che aveva tutto quel potere su di lei e sul suo cuore.
Mentre i giornalisti continuavano a fare domande in sottofondo, si mise a cavalcioni sopra di lui e lo baciò stringendolo forte a sé. Gli tolse quel berretto che portava sempre e giocherellò con quei riccioli ribelli che tanto le piacevano, più di quei lunghi capelli che aveva quando si erano conosciuti. Non riusciva proprio ad andarci piano, nonostante se lo fosse ripetuta più volte. Sentì le mani di Shuichi posarsi dapprima sui suoi fianchi, per poi insinuarsi lentamente sotto la maglietta che stava indossando. Le accarezzava la schiena, proprio come aveva fatto al parco, ma senza osare troppo. Era come se volesse chiedere il suo consenso prima di andare oltre: la rispettava e non avrebbe mai fatto nulla che non andasse anche a lei. Faticava a tenere la mente lucida, voleva solo perdersi in quelle carezze.
Cominciò a sbottonargli la camicia a maniche corte, senza staccare le labbra dalle sue. Di riflesso, Shuichi le sollevò lentamente la maglietta fin sopra al reggiseno, nell’evidente tentativo di togliergliela. Interruppe il loro bacio solo per permettergli di farlo e ne approfittò per togliersi anche gli occhiali e posarli sul divano accanto a loro. Si concesse un attimo per guardarlo mentre faceva scorrere gli occhi sul suo busto mezzo nudo, soffermandosi sui seni prosperosi seminascosti da un fine reggiseno in pizzo: si compiacque di vedere desiderio nei suoi occhi verdi. La voleva, l’uomo che amava la voleva come lei voleva lui.
Catturò nuovamente le sue labbra, terminando di sbottonare la camicia e aprendola per osservare meglio il suo fisico atletico: era perfetto come un dio greco e lei non poteva desiderare di meglio. Accarezzò i suoi addominali mentre lui le abbassava le spalline del reggiseno e l’attirava delicatamente a sé. Cominciò a baciarle il collo, scendendo lungo lo sterno e arrivando infine ai seni. Sospirò sonoramente, chiamando il suo nome.
 
- Aspetta…- sussurrò, quasi senza fiato.
 
Senza farselo ripetere si fermò e la guardò negli occhi, cercando una motivazione a quel freno improvviso.
 
- Cosa stiamo facendo?- gli chiese, cercando una risposta nei suoi occhi - Avevamo detto di andarci piano…-
- Se vuoi aspettare ancora per me va bene, non voglio forzarti- rispose, accarezzandole le braccia.
- Tu lo vuoi?- gli chiese di rimando.
- Se me lo chiedi mentre stai seduta a cavalcioni sopra di me e senza maglietta, come pretendi che ti dica di no?- ghignò.
- Ma se fossi vestita lo vorresti lo stesso?- insistette.
- Mi sembra che lo fossi fino a pochi minuti fa-
 
Non le diede il tempo di rispondere, riprendendo a baciarle la pelle nuda delle spalle mentre faceva scorrere le mani dal ventre fino ai suoi seni, toccandoli senza però lasciarsi andare troppo. Quel poco di lucidità che aveva recuperato l’abbandonò nuovamente e si ritrovò ad ansimare con la testa piegata all’indietro. La ritrovò solo quando Shuichi smise di baciarla, per guardarla mentre si perdeva in lui. La ragione prese di nuovo il sopravvento.
 
- È tutto così sbagliato- sussurrò sulle sue labbra, mentre moriva dalla voglia di unirle con le sue - Eppure…-
- Eppure?- la invitò a continuare la frase.
- Eppure è tutto così giusto-
 
Lo strinse forte a sé in un abbraccio che non lasciava via di fuga e lo baciò appassionatamente. Le loro lingue danzavano come ballerini sulle note di un tango, intrecciandosi ed esplorandosi a vicenda, e i loro bacini spingevano sempre più l’uno verso l’altro.
 
- Aspetta- lo fermò nuovamente, ma stavolta sorridendo con le guance arrossate.
- Cosa c’è?-
- Forse è meglio se togli il cellulare dalla tasca dei pantaloni- indicò in basso con lo sguardo.
- Guarda che il cellulare è sul tavolo, è sempre stato lì- fece un cenno con la testa verso il tavolino.
 
Si girò e con sua grande sorpresa vide che effettivamente il cellulare di Shuichi era posato a fianco del PC, il quale stava ancora trasmettendo la conferenza stampa del dopo partita.
 
- Allora le sigarette?- azzardò.
- Anche quelle sono sul tavolo, dietro al PC insieme al posacenere-
- L’accendino? Insomma, sento che sono seduta su qualcosa di duro ed è imbarazzante- ammise, vergognandosi di ciò che aveva appena detto.
 
Shuichi chiuse gli occhi e sorrise beffardo, come faceva quando stava per prenderla in giro.
 
- L’accendino è insieme alle sigarette e forse, vista la situazione, la cosa dura su cui sei seduta potrebbe non trovarsi esattamente nelle mie tasche. Non pensavo di doverti spiegare certe cose alla tua età-
- Oh- riuscì solo a dire, stringendo il collo nelle spalle e facendosi piccola piccola mentre l’imbarazzo la consumava.
 
Nascose il volto nell’incavo del suo collo e pregò che quel momento passasse presto. Aveva fatto la figura della ragazzina liceale che non sapeva cosa succedeva a un uomo quando si eccitava. Ma lui, invece di fargli pesare la cosa, aveva iniziato ad accarezzarle dolcemente la schiena.
 
- Scusami, sono una stupida- disse, senza alzare la testa.
- Non sei stupida, però sei parecchio nervosa e questo non aiuta-
 
Aveva ragione, nonostante volesse davvero fare l’amore con lui una parte di lei era terribilmente nervosa all’idea, come se avesse paura. Fare quel passo avrebbe cambiato le dinamiche del loro rapporto, forse lo avrebbe rafforzato, ma la Jodie del passato ferita e abbandonata temeva ancora che lasciarsi andare completamente potesse rivelarsi uno sbaglio il quale non poteva essere corretto una volta fatto.
 
- Hai ragione e mi sento stupida anche per questo- confessò.
- Non preoccuparti, forse non è ancora arrivato il momento giusto- la tranquillizzò.
- Ma come è possibile che non sia arrivato?! Insomma, fino a poco fa ci stavamo spogliando e baciando!- lo guardò seria negli occhi, cercando da lui una risposta alle sue domande.
- Evidentemente sei pronta a fare questo ma non a fare l’ultimo passo. Non c’è nulla di sbagliato in questo, perciò non preoccuparti. Quando sarai davvero pronta succederà in modo naturale-
 
Era incredibile come quel pezzo di ghiaccio fosse in grado di dimostrare una tale sensibilità nel momento più opportuno. Come uno specchio che rifletteva la sua immagine, riusciva a dirle esattamente quello che aveva bisogno di sentirsi dire. Lo amava per questo e avrebbe voluto confessarglielo, ma non era certa di come avrebbe preso un “ti amo” improvviso: per questo si limitò a prendergli il volto fra le mani e sorridergli dolcemente.
 
- Lo sai che se continui a dirmi parole come queste potrei essere pronta anche fra cinque secondi?-
 
Chinò il volto sul suo e lo baciò, ma senza troppa foga. Lui ricambiò, stringendola a sé. Il loro momento idilliaco venne però interrotto dalla suoneria del cellulare di Shuichi: qualcuno lo stava chiamando.
 
- Che tempismo!- si lasciò sfuggire lei, scendendo da sopra di lui e sedendosi sul divano, stando attenta a non rompere gli occhiali di suo padre.
 
Shuichi si piegò in avanti e prese il cellulare dal tavolo, leggendo il nome sul display. Buttò l’occhio anche lei e vide scritto “Shuukichi”. Istintivamente spostò lo sguardo sul PC ancora acceso e si accorse che ormai la conferenza era terminata e stavano mandando in onda un altro programma.
Shuichi iniziò a riallacciarsi i bottoni della camicia, mentre il telefono continuava a squillare.
 
- Non rispondi?- chiese perplessa.
- Prima è meglio se mi rivesto, è una videochiamata.
 
Spalancò gli occhi a quelle parole e si affrettò a sistemare il reggiseno e a indossare anche lei la sua maglietta, per poi pettinarsi alla bell’e meglio passandosi le dita fra i capelli. Forse gli avrebbe presentato il fratello e non voleva certo apparire in quello stato, mezza nuda e ancora estasiata dalle carezze dell’uomo con cui stava avendo un momento intimo.
 
- Pronto?-
 
Shuichi rispose alla chiamata parlando in giapponese, evidentemente quella era la lingua che usavano fra loro nonostante le origini britanniche. Forse suo fratello non era più abituato a parlare inglese, dopo anni vissuti lontano dalla loro città natale.
Allungò il collo per vedere anche lei lo schermo del telefono senza però essere inquadrata.
 
- Shuichi-niisan, ce l’ho fatta! Li ho conquistati tutti e sette!- si sentì una voce squillante dall’altro lato, completamente opposta a quella del compagno.
- Ho seguito la partita in diretta streaming. Congratulazioni Shuukichi- sorrise, ma senza esultare troppo.
 
Scosse la testa: non sarebbe mai cambiato. Nemmeno di fronte all’euforia del fratello riusciva a scomporsi o lasciarsi andare ai festeggiamenti.
 
- Ora potrò finalmente sposare Yumi-san!-
- Mamma e papà ne saranno felici- commentò, sempre senza troppo entusiasmo.
- Gliel’ho già presentata e a papà piace molto. Mamma non si è sbilanciata troppo ma credo sia contenta-
 
Le venne da ridacchiare: Mary e Shuichi erano due gocce d’acqua, eppure si scontravano come tori in un’arena. Shuichi si girò a guardarla, attratto dalla sua risatina. Si coprì la bocca con una mano ma continuò a sorridere e a fissarlo con occhi vispi, curiosa di ascoltare il resto della conversazione: a quanto pare Shuukichi doveva sposarsi e aveva aspettato quella vittoria prima di farlo. Questo particolare evidenziò ancora di più la profonda differenza tra i due fratelli: mentre uno urlava il proprio amore ai quattro venti ed era pronto al matrimonio, l’altro non si sprecava di certo in dichiarazioni e parole dolci. Aveva decisamente sbagliato fratello.
 
- Ma c’è qualcuno lì con te? Mi è sembrato di sentire una voce- chiese Shuukichi, che probabilmente aveva udito la sua risata.
- No, è che ho lasciato il PC acceso sul sito del canale televisivo che trasmetteva la diretta. Se senti delle voci provengono da lì-
 
Bastarono quelle parole a spegnere completamente il suo entusiasmo come acqua gettata sul fuoco. Aveva desiderato così tanto che Shuichi la presentasse al fratello minore di cui andava così fiero, perché farlo avrebbe significato introdurla definitivamente nella famiglia e quindi etichettarla come parte di essa. Sarebbe stata a tutti gli effetti la sua ragazza, la sua donna, la sua compagna. Invece lui non solo non l’aveva inquadrata con il cellulare, ma aveva persino mentito sulla sua presenza in quella stanza. Si chiese perché volesse tenerla segreta e l’unica risposta che riuscì a darsi non le piacque affatto. La dura realtà dei fatti la colpì come un proiettile nel petto: Shuichi non la amava. Era attratto fisicamente da lei e lo aveva dimostrato poco prima sul divano, le voleva molto bene e si sentiva sereno accanto a lei, però non la amava al punto tale da presentarla a suo fratello. A ben pensarci da dopo la fine del processo non le aveva più fatto avere alcun tipo di contatto con la sua famiglia, tutto ciò che sapeva era stata Shiho a dirglielo durante le loro telefonate. Ripensò a quest’ultima, che aveva già detto a tutti della loro relazione, e il cuore le si strinse. Forse le sue paure non erano così prive di fondamento, forse c’era un motivo se la sua testa continuava a dirle di andarci piano, nonostante tutto: quella telefonata ne era la prova. Aveva voglia di piangere, ma non voleva farlo e soprattutto non davanti a lui. Quell’uomo aveva avuto metà delle lacrime piante nella sua intera vita, non se ne meritava altre. Come aveva detto a Shiho, era disposta ad aspettarlo fino a un certo punto, oltre il quale avrebbe preteso delle dimostrazioni: quel limite era appena stato raggiunto. Da quel preciso istante non avrebbe più fatto niente per lui, non l’avrebbe rincorso e non l’avrebbe supplicato. L’amore non si implora, si da e basta: se Shuichi l’amava avrebbe dovuto dimostrarglielo andandosela a riprendere.
Si alzò dal divano e senza nemmeno salutarlo s’incamminò verso la porta, mentre lui si era spostato vicino alla portafinestra del balcone e stava continuando la conversazione con Shuukichi. I tacchi delle scarpe facevano troppo rumore perché potesse lasciare l’appartamento indisturbata e li maledisse in silenzio.
 
- Scusa, posso richiamarti?- sentì la voce di Shuichi alle sue spalle.
 
Probabilmente doveva essersi accorto che stava andando via e voleva mettere fine alla telefonata. Non poteva sfuggirgli ma al tempo stesso non voleva affrontarlo. Aveva una paura tremenda che una volta varcata quella porta la loro relazione sarebbe finita, per la seconda volta.
Sentì i suoi passi avvicinarsi e infine la sua mano sinistra le si posò su una spalla, costringendola a voltarsi e guardarlo.
 
- Dove vai? Perché sei scappata così?- le chiese, il volto a metà fra il serio e il perplesso.
- Era una conversazione privata e non volevo essere di troppo- mentì, ma il suo volto tradiva la delusione provata.
- Perdonami, mi sono dilungato. Mi sembrava scortese riattaccare ma quando Shuukichi si mette a parlare della sua fidanzata riesce ad andare avanti per ore-
- È una donna fortunata- pronunciò quelle parole con invidia, senza curarsi che lui potesse percepirla.
- Va tutto bene?-
 
Era ovvio che si fosse accorto che qualcosa non andava, non stava facendo nulla per mascherare il malumore che si era insinuato dentro di lei. Non sapeva se continuare a mentire o se confessargli quello che sentiva. Alla fine scelse di mentire.
 
- Sì, ma si è fatto tardi ed è meglio se vado-
- Sicura che è solo questo? Hai una faccia strana- le fece notare.
- Sono solo stanca-
- Guarda che se è per la storia di prima te l’ho detto, non c’è nessun problema-
- Ti ho detto che sono solo stanca- alzò il tono della voce, quasi esasperata.
 
Non era riuscita a controllarsi, le faceva troppa rabbia il fatto che non riuscisse nemmeno a rendersi conto di cosa l’aveva ferita. Si preoccupava di quello che era successo sul divano piuttosto che di averla tenuta nascosta a suo fratello…tutto ciò era assurdo.
 
- Jodie- la fissò serio - Te l’ho già detto: tu non sai mentire. È evidente che qualcosa non va, altrimenti non avresti quell’espressione sulla faccia e non te ne saresti andata senza dire nulla-
 
Abbassò la testa, consapevole di non poter vincere contro di lui: mentre lei non riusciva a interpretare i suoi sentimenti, lui sapeva leggerle dentro come nessun altro. Lei non aveva segreti per lui, lui era un segreto vivente per lei. Era destinata a perdere quella partita, qualunque mossa avrebbe fatto.
 
- D’accordo- si arrese, facendo un gesto stizzito con la mano - Perché mi hai tenuta nascosta da tuo fratello?-
- È per questo che sei arrabbiata?-
- Perché, non è un motivo sufficiente per esserlo?!-
 
Era incredibile come stesse sminuendo le motivazioni della sua delusione, la faceva sentire una stupida.
 
- Volevo solo presentarvi al momento opportuno e per telefono mi sembrava brutto- si giustificò.
- Al momento opportuno?- ripeté le sue parole - E quando verrà questo momento opportuno?!-
- Ho capito, volevo farti una sorpresa ma a questo punto sono costretto a rinunciare- chiuse gli occhi, appoggiandosi con la schiena alla parete e tenendo le braccia conserte - Volevo chiedere a Shuukichi se potevo portarti con me al suo matrimonio, così vi avrei presentati di persona come ho fatto con i miei. Non mi piace presentare le persone per telefono, ecco perché ho mentito dicendo che non c’era nessuno in casa a parte me- concluse.
 
La sua spiegazione non aveva un singolo difetto e si stupì di sapere che volesse addirittura portarla con sé al matrimonio del fratello. Ne era lusingata e avrebbe voluto gettargli le braccia al collo e scusarsi, ma la voce della sua coscienza le intimò di non cedere di nuovo alle prime parole dolci che le rivolgeva. Doveva fare di più, doveva esprimerle i suoi sentimenti a parole.
 
- Se vuoi davvero fare tutto questo…allora perché non mi hai ancora chiesto di essere la tua fidanzata?-
 
Lo aveva fatto, aveva detto la verità. Non poteva più tornare indietro.
Shuichi restò visibilmente sorpreso da quelle parole, tanto da non riuscire a replicare subito.
 
- Non pensavo di dovertelo chiedere, mi sembrava ovvio- rispose infine.
- Ovvio?!- lo guardò esasperata - Shuichi, amare una persona non è una cosa “ovvia” e se frequenti una ragazza questo non fa di lei la tua fidanzata solo perché la baci su un divano! Noi ci stiamo nascondendo da tutti, da colleghi, amici e parenti! Sembriamo i colpevoli di un crimine che però non abbiamo commesso!-
- Mi sembrava che fossi d’accordo anche tu con l’idea di non esporci davanti ai colleghi, ti ricordo che oggi sei stata tu a servire la cosa su un piatto d’argento a Camel e Yuriy-
- Me lo stai rinfacciando?- chiese risentita.
- No, sto solo dicendo che eravamo entrambi d’accordo sulla cosa-
- Restare anonimi sul luogo di lavoro non significa chiudersi in casa per paura di incontrare qualcuno e soprattutto non significa nascondermi alla tua famiglia-
- Io non ti sto nascondendo, la mia famiglia sa perfettamente di noi due-
- Allora perché quando ti telefonano te ne vai in un angolo e ti assicuri che non percepiscano la mia presenza?-
- Ti ho già spiegato perché non ho voluto dire a Shuukichi che eri qui-
- Non mi riferisco solo a stasera, tu non mi hai mai proposto di fare insieme una telefonata ai tuoi genitori o di avere qualsiasi contatto con loro-
- E questo secondo te basta a stabilire che non provo nulla per te e ti sto solo usando? A che scopo, Jodie? Dove potrei mai arrivare usandoti?-
 
Sentiva che anche lui si stava alterando, nonostante mantenesse una calma apparente, e questa non era affatto una buona cosa. Due persone arrabbiate che litigano finiscono sempre col dire cose spiacevoli.
 
- Io non ho mai detto che mi stai usando, so che ci tieni a me ma forse non abbastanza da considerarmi come la tua fidanzata o da farmi avere contatti con la tua famiglia. Se mio padre fosse qui te lo avrei già fatto incontrare mille volte-
 
Si portò una mano alla bocca nel tentativo di frenare quel pianto che ormai voleva uscire insistentemente.
 
- Se non te lo chiedo come fanno i ragazzini del liceo allora significa che non ti considero la mia donna? Non abbiamo più diciassette anni, è scontato che se facciamo quello che abbiamo fatto nelle ultime settimane siamo a tutti gli effetti una coppia-
 
Scosse la testa, distogliendo lo sguardo: era arrivata al limite. Non capiva che cosa gli costasse fare una dichiarazione come si doveva e soprattutto non capiva perché continuasse a dare per scontato tutto ciò che la riguardava.
 
- Anche quando hai iniziato a frequentare lei hai dato per scontato che fosse la tua fidanzata oppure glielo hai chiesto per apparire come l’uomo perfetto?-
 
Chiuse gli occhi e li strinse forte quando realizzò cosa aveva appena detto. Non voleva ferirlo di proposito, eppure lo aveva colpito nell’unico punto debole che conosceva. Delusa dalla sua mancanza di sensibilità non si era nemmeno accorta di essersi appena comportata esattamente come lui.
Shuichi non disse nulla, si limitò a spostare lo sguardo su un punto fisso del pavimento. Avrebbe voluto dirgli qualcosa ma non sapeva cosa. Non sapeva se doversi scusare oppure se andarsene via e basta. Alla fine era lei quella ad essere stata ferita per prima, aveva solo contrattaccato per proteggersi. Il suo contrattacco però le sarebbe costato parecchio. Ormai era più che certa che una volta uscita dalla porta la loro relazione sarebbe finita, dopo quello che gli aveva appena detto non poteva sperare che la guardasse ancora in faccia.
Senza più controllare le lacrime che scorrevano sulle sue guance, gli diede le spalle e uscì quasi correndo dalla porta.
 
 
…………………………..
 
 
Avrebbe dovuto fermarla e chiarire quella questione una volta per tutte, ma le sue parole gli avevano fatto male. Doveva essere terribilmente arrabbiata e delusa per colpirlo così, forse sarebbe stato impossibile avere una conversazione con lei senza farla finire in tragedia com’era appena successo. Non aveva mai usato Akemi come arma contro di lui, ad essere onesti non la nominava quasi mai davanti a lui, perciò le sue parole velenose erano la prova schiacciante di quanto fosse amareggiata. Probabilmente la giornata difficile che aveva avuto al lavoro, con tutta quella storia del pettegolezzo, non aveva certo aiutato il suo umore. Si chiese perché desse così tanta importanza alle parole che non le diceva più che ai gesti che faceva per farle capire quanto tenesse a lei. Non era mai stato il numero uno quando si trattava di esprimere i propri sentimenti, eppure gli sembrava di essere stato anche più espansivo del solito negli ultimi tempi. Il suo impuntarsi sulla cosa lo aveva infastidito e non era riuscito a leggere fra le righe che quello che apparentemente sembrava solo un capriccio da bambina viziata e desiderosa di attenzioni era in realtà l’espressione di una paura e un’insicurezza che andavano oltre ciò che si sarebbe mai potuto immaginare. Si rivide per un attimo in lei: entrambi vittime dei fantasmi di un passato che ogni tanto tornava a tormentarli e che li aveva segnati in modo indelebile. Lui che più di tutti avrebbe dovuto capire, aveva dato di nuovo per scontato che a Jodie non servissero parole ma fatti; scontato però non era un termine che a Jodie piaceva. Gli ritornarono in mente le parole che gli aveva detto la notte della pioggia di comete, in quel parco dove era ricominciato tutto: “Tu mi hai sempre data per scontata, sapevi che ero lì per te e ci sarei stata qualunque cosa mi avessi fatto”. Chissà se sarebbe stata ancora lì per lui, dopo quello che si erano detti a vicenda. Non sapeva se sarebbe mai riuscito a far uscire dalla sua bocca parole come “ti amo” o “voglio che tu sia la mia fidanzata”, non perché non provasse quei sentimenti ma perché non era capace di esprimerli apertamente al cento per cento, specie con le parole. Lui non era come Shuukichi o come suo padre, piuttosto somigliava in tutto e per tutto a sua madre da quel punto di vista. Entrambi amavano la loro famiglia ma non si sprecavano in abbracci o parole dolci. Aveva più domande che risposte nella testa, ma di una cosa era certo: amava Jodie, l’amava in principio, l’aveva amata di nascosto negandolo a se stesso anche quando nel suo cuore c’era un’altra donna a dividere lo spazio con lei e l’avrebbe amata fin che il tempo glielo avrebbe concesso.
Prese il cellulare e chiamò nuovamente il fratello.
 
- Shuichi-niisan, va tutto bene? Hai riattaccato in tutta fretta- rispose la voce all’altro capo.
- Sì, solo un piccolo imprevisto. Vorrei chiederti una cosa, se non hai altre conferenze o impegni-
- No, dimmi pure-
- Hai già fissato la data del matrimonio?-
- Non ancora, ne parlerò con Yumi e decideremo, ma spero il prima possibile- disse entusiasta.
- Allora appena avrai la data fammi sapere. Devo prendermi le ferie con un po’ di anticipo-
- Ma certo!-
- Un’altra cosa: è un problema se porto con me un’altra persona al matrimonio? Immagino che la cerimonia non avrà troppi invitati, considerando la tua posizione. Se date nell’occhio avrai i giornalisti alle calcagna-
- Beh, dipende da Yumi-san. Non so se voglia invitare tutti i suoi colleghi, in quel caso sarà difficile fare una cosa con poche persone-
- Capisco-
- Ma non è affatto un problema se vuoi portare qualcuno, però vorrei sapere chi è-
- La mia fidanzata- disse sorridendo, anche se nessuno poteva vederlo.
- Dici sul serio?!- si entusiasmò Shuukichi, al quale bastava poco per elettrizzarsi - Mamma e papà ne parlavano la scorsa settimana e Shiho mi ha mostrato una foto di te con una bella ragazza bionda. Allora è vero!-
- Già-
- Congratulazioni Shuichi-niisan! Presto ti sposerai anche tu!-
 
Se avesse messo il vivavoce forse i vicini si sarebbero svegliati tanto era alto il tono che suo fratello stava usando. Per un attimo gli sembrò che fosse più esaltato all’idea di un suo possibile matrimonio con Jodie piuttosto che a quella del suo stesso matrimonio.
 
- È presto per parlarne, per ora vorrei solo farvela conoscere. In realtà mamma, papà e Masumi l’hanno già incontrata quando sono venuti qui mesi fa, ma lei vorrebbe tanto conoscere anche te-
- Davvero?- si rallegrò - Anche io voglio conoscerla! Allora organizzeremo il matrimonio il prima possibile!-
- Ti ringrazio-
 
Terminò quella telefonata con un pensiero in meno, ma con la consapevolezza che ciò che aveva appena fatto non bastava di certo a riparare l’errore commesso. Per portare Jodie al matrimonio di Shuukichi doveva prima convincerla dei sentimenti che provava per lei e a quanto pare l’unico modo che aveva era pronunciare quelle cinque lettere. Non aveva paura di sminuire la sua virilità facendolo, quelle erano tutte fandonie: la verità è che a lui le parole erano sempre importate meno dei fatti. In un’altra circostanza avrebbe lasciato perdere, ma dal momento che si trattava di Jodie doveva fare qualcosa e doveva farlo il prima possibile. Le aveva promesso di non farla più soffrire e ora non poteva venire meno alla parola data, non se lo sarebbe perdonato.
Si sedette sul divano che odorava ancora del profumo di Jodie e nel silenzio che era caduto in quella stanza si mise a riflettere sulla mossa da fare.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Vi mancavano i drammi? Bene, allora vi accontento! (Sono pessima lo so XD)
Penso che la dinamica del capitolo si spieghi da sé, quindi vi lascio con una piccola nota come solito:
 
- la frase pronunciata da Jodie “Soldati che non dovevano perdere la loro compostezza, questo erano” è un riferimento al brano di Eminem “Like Toy Soldiers” (I’m supposed to be the soldier who never blows his composure)
 
Grazie a tutti quelli che leggeranno e a chi vorrà lasciarmi un piccolo commento!
   
 
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