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Autore: Nana_13    26/05/2021    0 recensioni
- Terzo capitolo della saga Bloody Castle -
Dopo aver assistito impotenti allo scambio di Cedric e Claire, i nostri protagonisti si ritrovano a dover fare i conti con un epilogo inaspettato.
Ciò che avevano cercato a tutti i costi di evitare si è verificato e ora perdonare sembra impossibile, ogni tentativo di confronto inutile. Ma il tempo per le riflessioni è limitato. Un nuovo viaggio li attende e il suo esito è più incerto che mai. Pronti a scoprire a quale destino andranno incontro?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

 

La cosa giusta


L’alba doveva ancora sorgere su Bran, ma l’arrivo di un nuovo giorno non avrebbe significato l’inizio di una nuova vita. La meta era sfumata ancor prima di poterla sfiorare, non lasciando altro che cenere. 

Abbandonato il ponte e tutto ciò che lo riguardava, in pochi minuti Nickolaij aveva già raggiunto i suoi appartamenti nella torre nord, impaziente di restare solo. Mentre passava in mezzo ai suoi, nessuno aveva osato guardarlo in faccia, tantomeno rivolgergli la parola, ben consapevole dei rischi. La rabbia in quel momento era tale da renderlo incapace di distinguere gli amici dai nemici. 

Le pareti dello studio tremarono quando vi entrò sbattendo la porta e il vetro della finestra scricchiolò pericolosamente. Rimase lì, in piedi, per un tempo indefinito, tentando di metabolizzare quanto accaduto e di rimettere insieme i pezzi.

Fregato da una ragazzina, come l’ultimo degli ingenui. Non credeva che fosse possibile cadere così in basso. Non per lui, almeno. Ed Elizabeth. Anche da morta aveva trovato il modo di tarpargli le ali. Claire era stata solo lo strumento per impedirgli di riprendersi ciò che gli aveva tolto secoli prima e il ricordo del suo ghigno trionfante mentre gli comunicava la fine delle sue speranze era impossibile da sostenere, al punto che una furia cieca si impadronì di lui. Furia che indirizzò per primo verso il vaso di rose rosse sulla scrivania. Non riusciva a sopportarne la vista, così lo afferrò a due mani, frantumandolo sul pavimento con tanta violenza che i cocci schizzarono in tutte le direzioni. Ma non era abbastanza. Ormai incontenibile, si diresse alla libreria e con una sola spinta la staccò dal muro, rovesciando ogni oggetto che conteneva. 

Per sfogare la rabbia si scagliò brutalmente su tutto ciò che gli capitava a tiro, urlando la sua frustrazione, ma niente sembrava placarlo; finché, guardandosi intorno ansante, non trovò più niente da distruggere. L’ambiente era irriconoscibile, più simile a un campo di battaglia che al suo studio, e fu allora che avvertì la ragione farsi spazio a poco a poco nella sua mente, là dove prima regnava solo il caos.

Inspirò profondamente dalle narici ritrovando un certo contegno, poi calpestando resti di mobilio si diresse verso la piccola vetrina di legno seminascosta in un angolo buio, una delle poche cose rimaste intatte, la aprì e prese a colpo sicuro quello che gli serviva. Teneva sempre un’ampolla di riserva nello studio, per ogni evenienza, e adesso ne avvertiva proprio il bisogno. Tutto quel movimento lo aveva indebolito parecchio. Svitò il tappo e la portò alle labbra, svuotandone in pochi attimi il contenuto. Il sapore era sempre disgustoso, ma dopo anni ci era abituato e neanche ci badava più. Chiuse gli occhi e, mentre lasciava che il liquido gli scendesse in gola, percepì già un senso di benessere, per quanto minimo rispetto al sangue. Ricordava a malapena cosa significasse... 

Perdere la testa ora non avrebbe risolto nulla, doveva calmarsi e cercare di mettere a fuoco le prossime mosse. Visto l’accaduto, la sua situazione era ormai irreversibile, ma non avrebbe posto la parola fine a quella storia senza prima assicurarsi che i responsabili pagassero e in cima alla lista c’era lui. Dean.

Era sempre stato una spina nel fianco, fin dall’inizio di quella storia. Ora, se non altro, avrebbe pregustato ogni singolo istante prima di concedergli la morte. Doveva solo aspettare che i suoi uomini glielo consegnassero. 

Già più sollevato da quel pensiero, si portò la mano al collo, cercando la collana di Elizabeth in un gesto istintivo, ma si rese conto solo in quel momento che era sparita. Si guardò intorno in maniera frenetica alla sua ricerca, ma di lei nessuna traccia. Non ce l’aveva addosso, né era finita per terra mentre demoliva lo studio. Non c’era più. Allora provò a ripercorrere con la mente le azioni passate, dall’arrivo sul ponte, in cui era sicuro di averla ancora, fino al ritorno nel castello e solo quando giunse all’attimo in cui aveva soccorso Claire gli apparve la soluzione più plausibile. Doveva avergliela strappata quando si era aggrappata a lui e poi era finita chissà dove. Ora doveva sopportare anche questo. Nonostante la odiasse per quello che gli aveva fatto, aveva perso l’unico oggetto che lo teneva legato a Elizabeth, la sola cosa in grado di fargli ancora sentire la sua presenza. 

Se mai avesse recuperato un briciolo di lucidità dopo quanto accaduto, ora lo mise definitivamente da parte e lasciò che la sua collera si abbattesse sulla sedia foderata in velluto rosso dove spesso trascorreva ore intere a meditare. Dopo averla presa a calci più volte, la ridusse in un mucchio di pezzi buoni solo come legna da ardere.

A quel punto, un battito di mani lo distolse dalla sua opera. “I miei complimenti. Notevole prova di forza.” disse una voce che sul momento non riuscì a riconoscere. “Quei mobili si trovavano qui da prima che nascesti e ora guarda cosa ne hai fatto.”

Colto dal sospetto su chi potesse essere, Nickolaij si voltò e spalancò gli occhi incredulo. –È impossibile- pensò. La rabbia doveva avergli annebbiato il cervello, non c’era altra spiegazione. Sbatté più volte le palpebre nel tentativo di razionalizzare, poi raccolse il coraggio e concentrò l’attenzione verso il punto della stanza da cui era giunta la voce. “Nonno?”

 

-o-

 

Un vortice d’aria investì Juliet mentre attraversava il portale e in pochi attimi si ritrovò dall’altra parte. Lei e Rachel arrivarono quasi nello stesso momento, insieme a Mark e a buona parte degli altri. Ancora con il cuore a mille, si voltò subito nella direzione da cui erano appena venuti, cercandolo con lo sguardo carico d’ansia, ma gli unici che vide arrivare furono Najat, Kira e per ultimo Evan. Poi nessun altro. 

“Dov’è Dean?” gridò nel panico per sovrastare il fragore del vento. Non poteva essere rimasto laggiù. Non di nuovo.

Presa alla sprovvista, anche Najat si guardò alle spalle. “Era dietro di noi!”

Intanto erano stati raggiunti da Laurenne e dal guerriero che Jamaal aveva lasciato con lei. “Il portale sta per chiudersi, mancano pochi minuti!” li avvertì.

Per qualche istante rimasero in attesa, scrutando il portale, che però iniziava pericolosamente a restringersi. Il tempo era ormai agli sgoccioli e di Dean nessuna traccia. Juliet si sentiva morire dall’angoscia. Forse era rimasto ferito nello scontro, magari catturato…

Non poteva restarsene lì, doveva sapere. Così fece un passo avanti, guidata dall’istinto, ma Rachel impiegò un secondo a intuire le sue intenzioni. 

“Ferma! Che stai facendo?” esclamò, trattenendola per un braccio. “Non puoi tornare indietro! Se dovesse chiudersi…”

Lei però si divincolò dalla sua presa. “L’ho già abbandonato una volta, non succederà di nuovo!” ribatté disperata. Fece per riavvicinarsi al portale, ma a quel punto due corpi irruppero in mezzo a loro, rotolando a terra mentre l’uno cercava di prevaricare sull’altro. Una manciata di secondi dopo, il vortice implose, richiudendosi su se stesso.

Accortosi di non trovarsi più a Bran, il vampiro abbassò la guardia, così Dean ne approfittò per assestargli un calcio nello stomaco e toglierselo di dosso. 

“Non uccidetelo!” ordinò Najat a Evan e Qiang, che lo avevano già afferrato mentre tentava di scappare. “Potrebbe sapere qualcosa in più su Tareq.”

Fu allora che Laurenne vide il corpo esanime di Jamaal tra le braccia di Abe e si rese conto dell’accaduto. Sconvolta, si portò una mano alla bocca, subito assalita dal pianto e incapace di chiedere spiegazioni. Ben presto il suo sguardo si posò su Najat, che però abbassò gli occhi, altrettanto provata da quanto accaduto. Non c’erano parole per descrivere il suo dolore, quindi non le usò, limitandosi a dire ad Abe di caricare Jamaal sul suo cavallo. Sarebbe stata lei stessa a riportarlo a casa. 

Nel frattempo, Dean si era rimesso in piedi, spolverandosi via la sabbia dai vestiti. Se l’era vista brutta stavolta e per un momento aveva addirittura pensato di non riuscire a tornare. Il vampiro lo aveva agguantato all’ultimo secondo, mentre metà del suo corpo era già dentro il portale. Trascinato di nuovo nella foresta, aveva cercato di liberarsene, ma alla fine non aveva potuto fare altro che lanciarsi insieme a lui, nella speranza che non fosse troppo tardi. 

Juliet gli si avvicinò, visibilmente spaventata. “Stai bene?” gli chiese quasi mormorando, subito dopo aver cercato il contatto tra i loro corpi.

Dean annuì, mentre la stringeva a sé cingendole la vita con un braccio e affondava il viso tra i suoi capelli biondi. La paura di non rivederla più era stata il vero motore che lo aveva spinto a lottare con tutte le sue forze. 

“Claire…” esordì Laurenne, asciugandosi le lacrime. “Cos’è successo? L’ho vista attraversare il portale, ma non siamo riusciti a fermarla. Ho cercato di avvisarvi…” spiegò, la voce poco ferma a causa del suo stato emotivo. Vedere Jamaal senza vita doveva averla davvero distrutta.

“Il falco è arrivato troppo tardi. Ormai lei era…” Kira tentò di andare avanti, ma le parole non uscirono. In realtà, nessuno dei presenti sapeva esattamente cosa fosse accaduto su quel ponte, perché Claire fosse lì e come avesse potuto compiere un gesto così folle. Una miriade di domande ancora senza risposta e l’unico in grado di fornirle era lì davanti a loro.

Infatti, lo sguardo di Rachel saettò accusatore verso Dean. “Voglio sapere cos’è successo. Subito. Che ti ha detto Claire prima di consegnarsi a quello psicopatico? E non provare a raccontarmi che non vi siete parlati…”

-Si comincia- pensò Dean tra sé. Era perfettamente conscio di dover dare un bel po’ di spiegazioni e l’idea di riuscire a sottrarsi all’inevitabile non lo aveva mai sfiorato. Tuttavia, non rispose subito, prendendosi qualche istante per raccogliere i pensieri. Quanto accaduto in quella foresta era a malapena digeribile per lui, figurarsi per loro. Doveva ponderare bene le parole.

Rachel però interpretò la sua esitazione come sintomo di colpevolezza e d’un tratto un brutto presentimento si fece strada dentro di lei. “Cosa le hai fatto?” gli chiese, sospettando che dietro alla decisione di Claire ci fosse qualcosa di più che un gesto istintivo dettato dall’ansia di salvare Cedric.

Dean sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, anche se era lo sguardo allarmato di Juliet a fargli più male. Ciò che stava per dire l’avrebbe ferita, ne era certo, ma evitarlo era impossibile. Stavolta non esistevano vie d’uscita alternative alla pura e semplice verità. “L’ho morsa.” ammise allora in tono neutro. 

Nessuno fiatò per diversi secondi, cercando di elaborare quanto gli era appena uscito di bocca. Dean sentì solo Juliet, finora rimasta accanto a lui, scostarsi, continuando a fissarlo come se si fosse appena trasformato in un mostro con le corna e la coda. 

“Cosa…” mormorò Mark incredulo.

Dean si affrettò a parlare, deciso a spiegare come erano andate veramente le cose. “Statemi a sentire, per favore. So che per voi è difficile da accettare, ma non c’era altro modo…” 

Cedric, però, già non lo ascoltava più. Prima che qualcuno potesse anche solo realizzare le sue intenzioni e provare a fermarlo, si era già scagliato contro di lui. Incurante di tutto e tutti cominciò a riempirlo di pugni, pieno di tanta rabbia da ritrovare la forza che giorni di prigionia e privazioni gli avevano tolto.

“Ced, no!” gli urlò dietro Mark, accorrendo subito per fermarlo. Tuttavia, l’irruenza di Cedric era tale che fu necessario l’intervento di altre due persone per trascinarlo via da Dean.

Lui gridò come una furia, cercando di divincolarsi per potergli saltare addosso, ma loro lo tenevano saldamente, finché non fu costretto a rinunciarci. “Ti ammazzo! Hai capito? Hai finito di vivere!” continuava a urlare, il viso stravolto da un indicibile disprezzo. Alla fine, calata l’adrenalina, il suo corpo non resse e si afflosciò sulle ginocchia.

Ancora a terra e con metà del volto tumefatta, Dean incassò le minacce senza replicare. Sebbene non si aspettasse di venir aggredito fisicamente, ora doveva riconoscere che quella era esattamente la reazione più prevedibile da parte di Cedric. E non poteva neanche biasimarlo. Un po’ affannato si rimise in piedi, pulendosi con un lembo della manica il sangue che gli usciva dal naso. A giudicare da come pulsava doveva essere rotto, ma non era un grosso problema. Sarebbe guarito da lì a un paio d’ore. Comunque, accelerò la cosa aggiustando l’osso con un colpo secco, per poi prepararsi ad affrontare ciò che sarebbe venuto dopo. 

Quando tornò a guardarli, infatti, lesse lo sgomento misto a sdegno sui volti di ciascuno. Ad ogni modo, si sforzò di non sembrarne troppo turbato e quando Najat parlò di nuovo le fu grato di aver distolto l’attenzione generale da lui.

“Torniamo al villaggio, la mia gente deve sapere cos’è successo a Jamaal.” dispose pratica, mantenendo un tono di voce piatto e privo di emozioni. “Risolverete i vostri problemi in un altro momento.” Detto ciò, si diresse verso il punto in cui avevano lasciato i cavalli, seguita dal resto del gruppo. Kira e Qiang trascinarono con loro il vampiro, a cui nel frattempo avevano legato mani e piedi per evitare che facesse scherzi, e lo scaricarono in sella. 

Dean fu l’ultimo a salire sul suo cavallo. Chissà perché per un attimo si era illuso che Juliet sarebbe venuta con lui, invece la vide salire dietro a Rachel, cingendole saldamente la vita per non cadere. Dandosi dell’idiota per averlo pensato, con un leggero colpo di tacco ordinò all’animale di muoversi. 

Il viaggio di ritorno fu più breve del previsto, forse perché non vedevano l’ora di lasciarsi alle spalle il deserto e i terribili avvenimenti di poche ore prima. Giunsero al villaggio che era già mattina, ma ancora non si vedeva molta gente in giro. Una fortuna visto che Najat preferiva mantenere il riserbo sulla morte di Jamaal, almeno per il momento. La brutta notizia andava comunicata con calma e senza troppo clamore, così per prima cosa si diressero alla stalla per lasciare i cavalli e trasferire il corpo in un luogo che fosse lontano da occhi indiscreti. Laurenne propose di portarlo alla sua tenda-laboratorio, dove avrebbe provveduto a lavarlo e prepararlo per il funerale. Najat fu d’accordo e, senza perdere altro tempo, insieme ad Abe lo trasportarono subito lì, mentre gli altri stabilivano il da farsi.

“È meglio che portiate Cedric a casa. Ha bisogno di riposare.” disse loro la sciamana. “Io devo passare a riprendere Samir e poi mi occuperò di Jamaal. Ci vedremo più tardi.”

In realtà sentivano tutti il bisogno di starsene tranquilli per un po’, così non se lo fecero ripetere due volte. Salutati Evan e i gemelli, si incamminarono. Ormai conoscevano la strada e di lì a poco rimisero piede in quello che era stato il loro rifugio per settimane. Nessuno aveva parlato durante il tragitto, ancora troppo scossi per trovare la forza di riprendere la discussione iniziata nel deserto. 

Una volta dentro, Mark accompagnò l’amico, visibilmente provato, al piano di sopra, mentre Juliet si premurava di preparargli qualcosa da mangiare. Doveva pur distrarsi in qualche modo o la valanga di pensieri che la assillavano l’avrebbe sommersa. Adesso capiva il perché di quegli occhi venati di rosso, non se l’era immaginato. “Tu non hai idea di come sia in realtà. Non lo conosci neanche la metà di quanto lo conosco io.” Le parole di Mary le rimbombavano nella testa senza che riuscisse a impedirlo. Se allora aveva pensato che si sbagliasse, che Dean non fosse come lei credeva, adesso non ne era più tanto sicura. In fondo, l’unico Dean che aveva mai conosciuto era quello che le aveva detto di amarla un paio di giorni prima, tutto qui. Il loro non poteva certo considerarsi un rapporto solido e duraturo, visto che durante il campeggio lui aveva finto di essere qualcun altro e per gran parte del loro soggiorno nel deserto era stata lei a non essere se stessa. Nonostante il tempo passato insieme, Dean rimaneva un mistero. Quanti altri lati del suo carattere avrebbe scoperto? Quante personalità nascondeva ancora?

Quando il piatto di carne e verdure fu pronto, avvertì Rachel che stava salendo per portarlo a Cedric e l’amica annuì senza troppa convinzione, continuando a fissare il vuoto dalla sedia in cui si era accasciata subito dopo essere arrivati. Dean invece se ne stava in un angolo appoggiato alla parete, intento a meditare sulle sue colpe, o almeno sperava. Comunque non lo degnò di uno sguardo e andò dritta per la sua strada.

Proprio nello stesso momento Mark stava scendendo e si incontrarono sulle scale. 

“Come sta?” gli chiese preoccupata. 

Lui scosse leggermente la testa, abbassando lo sguardo con aria amareggiata. “Ho provato a farlo sfogare, ma si rifiuta di parlarmi. Alla fine ho pensato fosse meglio lasciarlo solo per un po’. Magari riesce a prendere sonno.” 

Juliet annuì. “Allora gli lascio il piatto in caldo, dovrà pur mangiare qualcosa. Più tardi salgo a portarglielo.” Le spezzava il cuore sapere Cedric in quelle condizioni. Tutti loro erano distrutti per quello che era successo a Claire, ma lui doveva sentirsi più in colpa per esserne stato la causa. La necessità di salvargli la vita l’aveva spinta a compiere quel gesto così estremo.

Di nuovo di sotto, Mark si avvicinò a Rachel per convincerla ad andare a riposarsi, ma lei rispose che le era passato il sonno. “L’ultima cosa che riuscirei a fare è dormire in questo momento.” aggiunse in tono secco. Poi lanciò un’occhiata di traverso a Dean. “Spero che tu abbia riflettuto bene su quello che dovrai dire, perché stavolta non te la caverai con i soliti giochetti.” minacciò, continuando a guardarlo sdegnata. La pelle del suo viso, prima resa violacea dai lividi, stava già tornando del solito colore rosa pallido e questo non fece altro che farle montare la rabbia. Neanche la soddisfazione di vederlo sistemato per le feste per più di un paio d’ore.

“Non c’è nulla su cui riflettere. So cosa è successo in quella foresta e so perché ho fatto quello che ho fatto.” ribatté lui, insopportabilmente calmo.

“Bene, allora spiegalo anche a noi.” intervenne Mark, incrociando le braccia e guardandolo deciso. 

Rachel però non aveva la stessa accondiscendenza nei suoi confronti. Solo il modo in cui le aveva risposto era bastato a farle saltare i nervi. “Come faceva Claire ad essere lì e perché non ci hai avvertito quando l’hai vista?” 

“Alla prima domanda non so rispondere. Immagino ci abbia seguito.” disse Dean pacato. “Quanto alla seconda, non ce n’era il tempo. L’ultimatum di Nickolaij stava per scadere.” 

Rimasero ad ascoltarlo mentre raccontava loro l’accaduto. A quanto sosteneva, Claire era sbucata dal nulla, informandolo di voler accettare l’offerta di Nickolaij e scambiarsi con Cedric, ma entrambi sapevano che se lo avesse fatto da umana avrebbe significato dargli la possibilità di riportare in vita Elizabeth, con chissà quali tremende conseguenze. 

“Dovevi impedirglielo!” proruppe Rachel a quel punto. “Dovevi venire da noi. L’avremmo fatta ragionare.”

Dean scosse la testa. “Ne dubito, non ci sono riuscito neanch’io. Era troppo determinata.” 

“Ma per favore.” intervenne Mark, lanciandogli un’occhiata eloquente. “Sei riuscito a convincere una squadra di guerrieri arabi a non farti la pelle e Claire sarebbe l’osso duro? Andiamo…”

Lui si abbandonò a un sospiro. “Siete liberi di crederci o no, ma i fatti sono questi. Non volevo che accadesse, davvero. Se avessi potuto scegliere, di sicuro sarebbe finita in maniera molto diversa, ma la priorità era fermare Nickolaij e l’unico modo era rendere impuro il corpo di Claire.”

“E per fare questo l’hai morsa!” concluse Rachel di conseguenza. “Ti rendi conto che così facendo l’hai mandata a morire? Perché dovrebbe risparmiarla ora che non gli serve più a niente? Anzi, per quanto ne sappiamo potrebbe averla già uccisa!” lo aggredì furibonda. 

Alla terza volta che si sentiva attaccato, Dean non riuscì più a mantenere lo stato di zen che si era imposto per non peggiorare la sua situazione. “Sì, eravamo tutti sul punto di rimetterci la pelle e ho rischiato, ma se pensi che l’idea sia partita da me ti sbagli di grosso!” ribatté, deciso a difendersi. Subito dopo vide le loro espressioni intimorite e si rese conto di aver esagerato, così cercò di ritrovare la calma perduta. Ci mancava solo che pensassero fosse pericoloso. “Claire ha insistito perché lo facessi. Quando me l’ha chiesto ho provato a spiegarle le conseguenze, ma…”

A quel punto, però, Rachel non riuscì a sopportare una parola di più. La bile le risalì dallo stomaco fino ad annebbiarle la vista e, quasi d’impulso, lo raggiunse in pochi passi per rifilargli uno schiaffo in pieno volto. “Non provarci nemmeno…” mormorò, la voce tremante di rabbia. “Non ti azzardare a incolpare lei della tua insensibilità. Sei un essere spregevole, sei un…” In quel momento il disprezzo nei suoi confronti era tale da impedirle addirittura di continuare a insultarlo. 

Mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, sentì una mano sfiorarle il braccio e allontanarla delicatamente da lui. “Ray, basta. Sei sconvolta, devi riposare.” le disse Mark premuroso, senza che nelle sue parole ci fosse alcuna forma di rimprovero o disappunto. Priva di forze, lasciò che la accompagnasse di sopra, grata che le avesse tolto quell’individuo dalla vista. 

Juliet rimase sola con Dean, una circostanza che aveva cercato di evitare da quando erano tornati. Non riusciva a rivolgergli la parola, a maggior ragione dopo averlo sentito scaricare la responsabilità di quanto accaduto su Claire. Non avrebbe potuto essere più d’accordo con Rachel per averlo picchiato. Anzi, ci avrebbe pensato lei se solo l’idea le fosse venuta prima.

D’un tratto iniziò a soffocare in quella stanza e avvertì il bisogno di una boccata d’aria, così se ne andò, diretta alla porta sul retro. 

“Juliet.” lo sentì chiamarla, ma lo ignorò. “Juliet!”

Nonostante fuori facesse già un gran caldo, era disposta a sopportarlo pur di non restare in quella casa. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, pregando che non la seguisse, ma ovviamente fu una speranza vana. Dean era già lì.

“Aspetta, ti prego. Voglio spiegarti…”

Ancora? Non credeva ci fosse altro da spiegare. “Lasciami in pace.” replicò secca, dandogli le spalle. 

La sua testardaggine però era proverbiale e non le diede minimamente ascolto. “No, questa faccenda va chiarita. Almeno tu potresti ascoltare le mie ragioni, per favore?”

“Non voglio ascoltare un bel niente!” gridò furiosa, voltandosi finalmente a guardarlo. “Come al solito hai fatto tutto di testa tua, senza preoccuparti dei sentimenti degli altri!”

“Se avessi dato retta ai sentimenti a quest’ora saremmo tutti morti e sepolti. Era la cosa giusta da fare e l’ho fatta.” 

Juliet non credeva alle proprie orecchie. “Giusta?” ripeté incredula. “Giusta per chi? È incredibile, sei davvero convinto che sia stata una grande idea consegnare Claire a quel pazzo!” E aveva anche il coraggio di dire che era stata lei stessa a proporglielo. Se anche fosse stato, si era mostrato d’accordo.

Dean sospirò, portandosi sfinito una mano agli occhi. “Credimi, vorrei non doverlo dire, ma purtroppo è così. Ne sono convinto. In questo modo almeno abbiamo evitato che Nickolaij usasse Claire per i suoi fini…”

“Cosa vuoi che m’importi di Nickolaij e dei suoi fini?” lo interruppe. “Tu mi hai mentito.” gli sbatté in faccia velenosa, ignorando l’espressione confusa che ne seguì. “Quando su quel ponte ti ho chiesto spiegazioni mi hai guardato negli occhi e hai detto fidati di me, come se avessi in mente un piano che comprendesse anche Claire.”

Dean a quel punto sembrò capire. “Non ti ho mentito. Ce l’avevo un piano, solo che non era quello che pensavi tu.” 

“Credevo che mi amassi!” gli urlò, sovrastando la sua voce. Le lacrime invasero i suoi occhi come un fiume in piena, ma non fece nulla per fermarle. Voleva che la vedesse piangere, che si rendesse conto di quanto la stesse facendo soffrire. Possibile che anche in momenti del genere non riusciva ad avere tatto e a comprendere quale fosse realmente il punto?

Per qualche istante lesse la perplessità sul suo volto, prima di vederlo riscuotersi. “Sai bene che è così.” confermò, senza capire cosa c’entrasse questo con la storia di Claire.

“No, invece! Dopo quello che hai fatto non lo so più!” esclamò esasperata. Le sembrava di essere tornati ai tempi del campeggio, quando la sua ottusità e scarsissima empatia la mandavano fuori di testa. “La cosa peggiore è che non ti sei preoccupato di come l’avrei presa io, di quanto ci sarei stata male. So che chiederti di pensare agli altri sarebbe troppo, ma almeno a me…”

“Certo che ci ho pensato! Per chi credi che l'abbia fatto? È proprio per la tua sicurezza che ho agito così. Ho messo da parte la mia morale per proteggere te, per proteggervi tutti.” 

Juliet lo fissò altrettanto spaesata. La sua morale? Arrivati a quel punto dubitava perfino che ne avesse mai avuta una. Avrebbe tanto voluto credergli, ma le sembrava di avere davanti un perfetto sconosciuto. Non l’avrebbe mai ritenuto capace di un egoismo tale da sacrificare Claire per mettere i bastoni tra le ruote a Nickolaij. Per la prima volta da quando lo conosceva trovava impossibile giustificare il suo gesto. Aveva davvero passato il limite. “E Claire? È così che l’hai protetta? Trasformandola in un mostro?” Le parole le uscirono di bocca ancora prima che il cervello potesse razionalizzare, ma si rese conto subito di quello che aveva detto e se ne pentì all’istante. 

La sua domanda risuonò nell’aria, seguita da un silenzio che sembrò infinito. Pian piano vide il volto di Dean intristirsi. 

“Non credevo che per te fosse un problema.” mormorò ferito, accennando a mezza bocca un sorriso amaro. La delusione in lui era lampante.

Juliet tentò di correre ai ripari, ma ormai il danno era fatto. “Certo che non lo è. Sai cosa intendo…”

“Lascia stare, ho capito.” la interruppe in tono freddo, distogliendo lo sguardo da lei per la prima volta. “A questo punto direi che non c’è nient’altro da aggiungere. Dormi bene.” Detto questo, girò i tacchi e si allontanò.

-o-

 

Il corpo di Jamaal, a cui Laurenne aveva donato nuova bellezza ripulendolo e vestendolo con i suoi abiti da guerriero, giaceva su un’alta pira funeraria che i suoi fedeli compagni avevano costruito per lui durante il giorno. Ora, a tarda sera, l’intero villaggio si era riunito nella piazza principale per assistere alla cerimonia funebre e dare l’estremo saluto a colui che l’aveva guidato con forza e saggezza negli ultimi anni. C’erano donne che piangevano, ma anche uomini comuni e perfino guerrieri, segno di come la morte di Jamaal avesse colpito nel profondo ogni singola persona. Eppure, nonostante tutto quel dolore, si respirava un’atmosfera di composta dignità.

Juliet era in piedi vicino a Mark e Rachel, insieme a tutti gli altri ma allo stesso tempo tenendosi a rispettosa distanza. In fondo non facevano parte della comunità e la loro presenza lì era solo per gentile concessione di Najat e della sua gente. Erano degli ospiti, ecco. Per di più responsabili dell’accaduto, anche se nessuno nel villaggio ne era al corrente, a parte coloro che avevano partecipato alla spedizione di salvataggio. Lei però lo sapeva bene e non riusciva a fare a meno di sentirsi in colpa. Per Jamaal, che era morto nel tentativo di aiutarli, ma soprattutto per Claire. Se solo avesse immaginato un epilogo del genere, non si sarebbe accontentata delle poche e liquidanti parole di Dean su quel ponte. L’avrebbe ostacolata con qualunque mezzo, anche a costo di impedirle fisicamente di raggiungere Nickolaij. E invece aveva riposto tutta la sua fiducia in lui, affidandogli la vita della sua migliore amica. Che stupida era stata…

Mentre le lacrime solcavano le sue guance, chiuse gli occhi per un istante, ingoiando l’amarezza, e si concentrò su Laurenne, che intanto si era staccata dal folto gruppo di persone che circondava la pira e stava avanzando lentamente verso il centro. Giunta a poca distanza dal punto in cui era collocato il corpo, sollevò leggermente le braccia, i palmi delle mani rivolti verso l’alto e lo sguardo alla luna. Le luci calde delle fiaccole posizionate nel terreno tutte intorno alla piazza mettevano in risalto il bianco candido del lungo caftano indossato dalla sciamana, che dopo aver atteso qualche istante prese a intonare una sorta di preghiera. Era come un canto, dapprima un mormorio lento e quasi sussurrato, ma che via via acquistava sempre maggior ritmo. Laurenne non distolse lo sguardo dallo spicchio perlaceo della luna, mentre intorno a lei anche il resto del villaggio iniziava a cantare. 

Non conoscendo la lingua, sia Juliet che gli altri si limitarono a osservare, mentre la preghiera aumentava costantemente di tono, fino a sembrare una specie di grido. Un appello accorato al cielo affinché accogliesse nella sua infinità l’anima dell’amato Qayid.

Dopo diversi minuti di quel canto, videro la sciamana abbassare le braccia con un gesto secco, ripristinando all’improvviso il silenzio. La preghiera era ultimata. A quel punto Laurenne rimase in attesa, finché non si fece avanti la persona che da lì in poi avrebbe preso il posto di Jamaal come capo della tribù. Era stato lui stesso a scegliere Najat di fronte a tutta la loro gente, dunque sarebbe toccato a lei accendere la pira e restituire il suo predecessore agli antenati. Così aveva spiegato Laurenne quella sera, mentre erano a cena. 

La ragazza prese un ciocco di legno dal mucchio e lo appoggiò sopra una delle lanterne, lasciando che la fiamma attecchisse. Poi tornò alla catasta su cui giaceva Jamaal e, dopo averle dato fuoco, fece qualche passo indietro e restò a guardarla incendiarsi. Ben presto la legna fece il suo dovere e il fumo avvolse lentamente la pira, fino a nascondere del tutto il corpo. 

-Riposa in pace- gli augurò Juliet, ignorando le lacrime che nel frattempo continuavano a scendere. Non aveva avuto molto tempo per conoscere Jamaal, ma quel poco che aveva visto di lui era bastato per capire quanto fosse generoso e disinteressato nell’aiutare chi era in difficoltà. 

La pira stava ancora bruciando quando la gente iniziò a disperdersi e la cosa li lasciò spaesati. Laurenne però provvide a fornire loro spiegazioni. Dopo ogni funerale, era in uso presso gli Jurhaysh organizzare un grande banchetto per onorare il defunto e, in particolare se si trattava di un guerriero, ricordarne le gesta compiute in vita. Ecco il motivo di tutto quell’affrettarsi. C’erano gli ultimi dettagli da ultimare.

“Purtroppo è un evento riservato ai soli membri della tribù.” aggiunse un po’ dispiaciuta, lasciando intendere che per loro non ci sarebbe stato spazio stavolta.

“Non importa. Tanto volevamo comunque tornare a casa.” la rassicurò Mark, abbozzando un sorriso. “Cedric è rimasto da solo e non vorrei gli venisse di nuovo in mente di prendere a pugni Dean.” 

Rachel storse il naso. “Se lo meriterebbe.” mormorò stizzita, ignorando prontamente l’occhiata di traverso che lui le rivolse.

Così, dopo aver salutato la sciamana, si diressero di nuovo verso casa. Juliet non poteva fare altrimenti e seguì gli amici, anche se avrebbe preferito di gran lunga partecipare alla festa in onore di Jamaal e trascorrere la notte fuori. Il pensiero di dover incrociare ancora lo sguardo di Dean che la faceva sentire in colpa per avergli dato del mostro era insopportabile.

   
 
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