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Autore: rose07    27/05/2021    0 recensioni
Valeryn e Vittorio sono due cugini di terzo grado che sono stati travolti da una passione tale da tradire la fiducia del migliore amico di lui e da non pensare alle conseguenze delle loro scelte avventate.
Dopo circa un anno, quelle conseguenze cominciano a palesarsi di fronte ai loro occhi, cambiando in primis la visione della realtà di Valeryn, la quale si ritrova a scoprire un fatto che le cambierà per sempre la vita.
Vittorio deve fare i conti con le volontà della ragazza, ma in momenti di difficoltà alcune persone inaspettate bussano alla porta offrendo una spalla di conforto. Quello che Vittorio troverà in Elia lo lascerà senza difese alcune, permettendo libero sfogo ad un piacere del tutto nuovo, cedendo a delle sensazioni che i due amici avevano da sempre fatto finta di non provare.
Seguito della mia vecchia storia "Splendida Follia", revisionata e corretta. Serie "Ubi Maior Minor Cessat".
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubi maior minor cessat'
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Le ore di scuola sembravano non passare mai. Dopo aver preso quattro in filosofia, cosa non da lei, data la sua particolare devozione per le materie umanistiche, la professoressa la chiamò in privato chiedendole spiegazioni. Valeryn spostò lo sguardo stanco verso la porta della classe di Angelina, di fronte a lei. Per un attimo desiderò barricarsi lì dentro per sfuggire alla prof e ai suoi compagni rumorosi. Le scoppiava la testa e sentiva le gambe tremare ogni volta che si alzava. 
«Valeryn» incominciò la professoressa apprensiva «mi chiedo come mai tu non abbia studiato. Eppure sapevi che ti avrei interrogata oggi. Cos’è successo?» 
Valeryn evitò accuratamente di guardarla, concentrandosi su alcune ragazzine del primo che sghignazzavano. Anche lei avrebbe voluto essere felice. Anche lei avrebbe voluto ridere come loro. Sospirò. Per quanto volesse dire qualcosa, seppur una scusa idiota, non ci riuscì. 
La professoressa di filosofia si rivolse nuovamente a lei. 
«Allora, dimmi, se c’è qualcosa di cui vuoi parlarmi sai benissimo che puoi farlo» 
La prof la fissava aspettando un suo qualunque segnale o parola. Valeryn non sapeva che dire. Per un attimo, un dannatissimo attimo che le sembrò un’eternità, pensò di spifferarle tutto. Di dire alla sua professoressa che il problema che l’affliggeva era una cosa seria, che aspettava un bambino, che la sua vita aveva assunto una piega diversa. Ma diamine era una follia, come poteva pensare una cosa del genere? 
«C’entra qualcosa... Servante?» La donna ammiccò verso la porta chiusa, alludendo a Elia, il suo ex ragazzo che stava in classe con lei. 
«Capisco che l’amore alla tua età possa influire sul rendimento scolastico, ma non bisogna affliggersi così, cara» 
Valeryn guardò bieca la professoressa che parlava con una convinzione tale da metter i brividi. Che la signora Rambaldi fosse esclusivamente certa che lei ed Elia stessero ancora insieme era evidente. 
«Io e lui non stiamo più insieme da tanto, prof» sbiascicò la ragazza, un po’ in imbarazzo, facendo ammutolire improvvisamente la donna. 
«Oh, davvero?» chiese esterrefatta, mentre Valeryn faceva un sorrisino tirato. 
«Scusami, cara, io... Beh sai, fino a l’anno scorso vi vedevo molto uniti, e credevo che... Oh ma non importa, perdona la pecca!» 
La Rambaldi rideva a mo’ di scuse. Ma in verità era Valeryn che doveva inventarsi una scusa al più presto. Perché non aveva studiato? Mh, era incinta... Troppo diretta? 
«Prof, deve scusarmi, ma sono stata poco bene. Le assicuro che recupererò il brutto voto...» 
«Lo spero, Valeryn, tu sei molto capace» disse la donna seria «Non voglio che il quattro di stamattina ti rovini la media. Capisci cosa intendo?» 
Valeryn non rispose abbandonandosi ad un capogiro. Sentiva una sensazione di vertigine tale da non riuscire a reggersi in piedi. Si aggrappò al muro barcollando, facendo allarmare la prof. 
«Stai bene, cara, che ti succede?» 
La sorresse appena in tempo, mentre quella apriva gli occhi e annuiva. 
«N-niente professoressa, tutto apposto» sussurrò mentre la donna la guardava poco convinta. 
«Sei sicura che non ci sia altro?» 
La fissò per un attimo negli occhi trattenendosi dal non urlare tutto. Era talmente complicato. Era diventato difficile sopportare quel segreto. 
La campanella salvò in extremis la sua folle idea. Fece un sospiro di sollievo, mentre i suoi compagni di classe aprivano la porta riversandosi sui corridoi. La prof se ne andò quasi subito, e Valeryn tornò dalle sue amiche con aria stanca. 
Maia le scoccò uno sguardo preoccupato. Le diede un piccolo abbraccio e le sorrise, mentre Sara e Conny si stiracchiavano la braccia. 
«Tutto bene?» le sussurrò la ricciolina. Valeryn non fece in tempo a rispondere, che una sfilza di domande la precedettero a raffica. 
«Allora che ti ha detto?» 
«Ti ha rimproverato per il voto?» 
«Non è che ti vuole lasciare la materia?» 
«Ma Conny, ancora siamo a dicembre!» 
«Zitta, Sara, tu non puoi capire. I professori lo sanno già da ora!» 
«Cosa?! Allora il mio Dan è automaticamente bocciato!» 
Valeryn si portò una mano alla testa che le scoppiava. Perché non stavano zitte quelle due? Maia se ne accorse e venne in suo aiuto. 
«Basta ragazze, fate parlare lei.» 
La castana le rivolse uno sguardo riconoscente, poi volse lo sguardo di fronte a sé osservando i suoi compagni di classe saltellare su e giù. 
«Niente, solo per il voto...» appena pronunciate tali parole, le ragazze furono investite da un vortice castano dai capelli a caschetto perfettamente lisci. Daniel batteva un pugno sul banco di Valeryn, cantando a squarciagola, con aria felice. 
«Lo sbirro è il mestiere più infame che c’è!» si rivolse alla ragazza prendendola in giro «Quando indossa la divisa è un leone» imitò un ruggito «Ma nella vita sai che uomo è... di merda!» 
Urlò l’ultima parola sghignazzando come un matto. Maia alzò gli occhi al cielo, infastidita. Daniel era contento per il brutto voto di Valeryn, quel ragazzo stava diventando veramente insopportabile. 
Sara ammonì il fidanzato con lo sguardo, Conny lo guardò schifata, mentre quello riprendeva a cantare quella stupida canzoncina nei confronti della ragazza. Tutte e tre si aspettavano una bella strigliata da parte sua, magari anche con una bella tirata dai capelli; Conny si era perfino tappata le orecchie. 
Ma fu costretta a stapparsele subito, dato che Valeryn non sembrava far cenno di reagire. Mise una mano sulla pancia, socchiudendo gli occhi. 
«M-mi viene la nausea!» 
Sara, Conny e lo stesso Daniel si guardarono stralunati. Quest’ultimo, deluso per non essere riuscito a far arrabbiare l’amica, se ne andò sconsolato. 
«Nausea?!» chiese Sara non capendo «Che vuoi dire? Dan ti fa venire il voltastomaco?» 
«Questo è certo» rispose al suo posto Maia. 
Poi la prese dalla mano e la trascinò verso la porta. Doveva portarla al più presto lontana da lì. Optò per il bagno, tanto avevano l’ora di educazione fisica, non se ne sarebbe accorto nessuno. 
Valeryn, trascinata dall’amica, si scontrò con un biondo di sua conoscenza. Elia la sorresse appena in tempo. 
«Ehi, tutto bene?» le chiese, alzando un sopracciglio «Hai una faccia!» 
«Certo che va tutto bene, Elia. Torna a giocare coi lupi!» 
«Non dicevo a te, Maia» 
«Toh scusami tanto, devo essermi confusa!» 
La riccia si dileguò senza lasciare il tempo di proferire altro. Il ragazzo guardò interrogativo la direzione in cui erano sparite le due, poi scoccò uno sguardo a Sara e Conny che alzarono le spalle, sapendone almeno quanto lui. 
 
 
 
 
 
 
«No, no, no!» Maia strappò dalle mani la sigaretta che l’altra aveva appena acceso 
«Non si fuma in gravidanza, lo sai!» 
La castana fece un sospiro, alzando gli occhi al cielo. 
«Ma ne ho bisogno!» 
La riccia sbraitò, portandosi le mani sui fianchi 
«Quando la smetterete di fumare voi tutti?! Mettevi in testa che il fumo fa male!» 
Ritornò la sigaretta all’amica, che la portò alla bocca aspirandola. Quella continuò a guardarla di traverso. 
«Questa è l’ultima che fumerai in queste condizioni, ci siamo capite?» 
«Quali condizioni?» Valeryn la guardò in cerca di risposte. Non poteva considerarla diversa solo perché aspettava un bambino... 
«Hai la nausea, Vale, può essere pericoloso!» 
Lei sbuffò con evidente irritazione. Aveva sempre odiato le raccomandazioni, non sopportava che le venisse detto ciò che doveva fare. 
«Maia, mi fa piacere che tu voglia aiutarmi» disse tentando di rimanere calma «ma so benissimo ciò che devo fare» 
L’amica rimase impalata per qualche secondo, chiedendosi se quella ragazza si fosse rincitrullita. 
«Non puoi fumare! Ricordati che adesso non ci sei solo tu, c’è un bimbo dentro te. A lui fa male!» 
Valeryn sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé appena l’amica pronunciò l’ultima frase. Forse non era ancora capace di comprendere che era incinta, forse era troppo egoista da poter pensare ad un’altra piccola vita. 
Gettò la sigaretta dentro la tazza del gabinetto. Poi sorpassò Maia, che la fissava ancora con le braccia conserte, e si sciacquò la faccia. 
«Cos’hai intenzione di fare?» chiese la moretta, dopo che si ridestò. 
«Niente. Proprio niente» 
«Tu devi dirglielo!» La riccia l’afferrò per il braccio stringendolo forte. Valeryn si voltò verso di lei perplessa. Non aveva mai usato un tono del genere nei suoi confronti 
«Vittorio deve saperlo! Deve saperlo subito!» 
«So io cos’è giusto fare per me e... lui…»  si toccò piano la pancia. 
«No! Non lo sai!» continuò Maia, determinata a farle cambiare idea «Tu stai male così. E poi hai dimenticato che è pure figlio suo? Cosa dirai poi, quando tutto questo sarà evidente?» 
Valeryn, ferita, volse gli occhi verdi sul pavimento. Odiava dare ragione alle altre persone, ma questa volta era così. Maia voleva solo aiutarla. E lei non faceva altro che aggravare la situazione, continuando a nascondere la gravidanza al mondo intero. E poi era vero che Vittorio doveva saperlo. A chi la dava a bere? Tutti si sarebbero accorti prima o poi che aspettava un bambino, pure i suoi genitori. 
La paura prendeva ogni istante il sopravvento in lei. Era questo il motivo del suo silenzio. Sospirò pesantemente. Era stanca. 
Cominciò a piangere. 
«E’ l’errore più grosso della mia vita» singhiozzò affranta. 
«No, non è vero» la mora cercò di confortarla «E’ tuo figlio, ricordi? E’ una parte di te ormai, anzi di voi. Non sarà mai un errore, perché tu lo amerai sempre» 
Valeryn si soffiò il naso poco convinta. Maia, la solita romanticona. Sua madre non avrebbe di certo pensato questo, si disse, nemmeno la mamma di Vittorio, nemmeno lui stesso. 
«Devi dirglielo. È necessario per voi» 
Non rispose. Aprì la porta del bagno uscendo per raggiungere la palestra. Maia la seguì sbattendo il capo. Eppure voleva solo darle una mano, ma era difficile se lei si comportava così, pensò sconsolata. 
 
 
 
 
 
Più tardi, in palestra, Valeryn mise di lato il libro di chimica. Non riusciva a ripassare nulla con tutto quel chiasso. Il tentativo di recuperare un buon voto in quella materia era fallito. Spostò lo sguardo su Maia che, seduta nella panca accanto a lei, guardava i loro compagni giocare a pallavolo. 
Forse aveva bisogno di sfogarsi, si disse, doveva togliersi di dosso quella sensazione di malessere. Non riusciva nemmeno a studiare, i pensieri si affollavano dentro la sua testa. Era impossibile concentrarsi. 
Continuò a guardare i compagni di classe lanciare la palla in aria, sentendo un bisogno fortissimo di liberarsi. D’altronde era abbastanza brava a pallavolo. Dove stava il problema? 
Gettando un ultimo sguardo a Maia che le faceva cenno di star andando in bagno, ne approfittò per alzarsi e giocare. Sapeva che l’amica non sarebbe stata contenta, ma raggiunse i compagni in campo lo stesso. 
Alcuni si rallegrarono a vederla entrare nella loro squadra. 
«Giochi?» le chiese Elia, passandole a palla. 
Lei annuì facendo un sorriso. 
Daniel, dall’altra parte del campo, s’imbronciò. 
«Non è giusto! È inammissibile che quella entri adesso, cavolo, così vincer... ehm, intendevo... Oh, lei non può giocare, è antipatica e isterica!» 
Il biondo lo guardò di traverso. 
«Sta’ zitto, Dan. Gioca con noi, non farti problemi» 
Fece cenno a Valeryn di schiacciare e la partita ricominciò. 
Giocare quasi attenuava il dolore, pensò, quasi si sentiva più leggera. Tentava di convincersi che in fin dei conti la sua vita era rimasta invariata, con la solita scuola, i soliti amici. Per un attimo ci riuscì pure. 
Recuperò una palla impossibile, lanciandosi perfino fuori campo per salvare un lancio di un compagno di squadra poco bravo. Elia si voltò verso di lei dandole un cinque. Stavano vincendo! La faccia di Daniel parlava chiaro: era arrabbiato nero, non poteva sopportare di essere battuto da lei. 
Incominciò a sbraitare verso Sara, che aveva mandato la palla dietro di sé. Valeryn rise. 
Rise di cuore perché trovava quelle situazioni abbastanza normali, e lei non voleva cambiare nulla. Per la durata della partita non pensò a niente, solo a schiacciare e a fare punti. 
Ogni tanto osservava Elia davanti a sé e le venivano strani pensieri in testa. Ricordava la loro storia finita da molto tempo, e si chiese come avrebbe reagito lui alla notizia della sua gravidanza. 
Elia era un tipo davvero tosto, si disse mentre lo vedeva schiacciare. Forse era per questo motivo che si era messa con lui tempo fa. Ma poi... Poi aveva scoperto lui. 
Si fermò di scatto appena il ricordo di Vittorio le riaffiorò in mente, supino. Mancò una palla facile. 
Daniel esultò con giubilo, mentre i compagni di squadra la guardavano straniti. 
«Tutto okay?» le chiese Elia avvicinandosi, mentre lei continuava a guardare di fronte a sé, senza vedere realmente. 
Annuì. 
«Scusa, mi sono distratta...» 
«Dai, rimonta, che gli spacchiamo il culo» le fece l’occhiolino e ritornò sotto rete. 
Valeryn non sentì nemmeno il fischio del prof. Continuò a viaggiare con la mente, ricordando l’estate scorsa, gli sguardi con Vittorio e il suo amore per lui. Quanto era passato? Solo un anno. Come potevano mutare le cose nell’arco di un anno? Eppure era cambiato tutto. 
Prese una palla male in bagher, ma Elia fortunatamente corse a recuperarla. Forse si stava distraendo con quei pensieri. Eppure non riusciva a smettere di pensare a Vittorio. 
Non riusciva a non amarlo, ma nello stesso tempo sentiva che il loro rapporto non sarebbe rimasto invariato. Forse stava solo delirando... Le seghe mentali erano il suo forte. 
Ma... qualcosa la turbava. Come avrebbe preso la notizia? Ma cosa più importante, lei stessa avrebbe avuto il coraggio di dirglielo prima o poi? 
Prese una palla da centrale lanciata da Daniel. Fu così forte che si fece male ai polsi. E poi guardò nuovamente davanti a sé. 
Era incinta. 
Queste due parole inondarono la sua mente. Barcollò un attimo, fino a quando tutti i rumori si spensero, tutti i colori sbiadirono e un tonfo sordo la pervase. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Ma sta bene?!» 
 
«Mamma mia, è crollata di colpo!» 
 
«Non sarà... morta, vero?» 
 
«Che cazzo dici, Conny?! Non senti che respira?» 
 
«Non parlate tutti in una volta!» 
 
Sentiva voci distanti, quasi irriconoscibili. Eppure sapeva di essere cosciente. 
 
«Com’è successo?!» e poi quella voce, l’unica fra tante «Si sentiva male?» 
 
«No, è svenuta mentre giocavamo» 
 
«Ma aveva qualcosa, Eli’?» 
 
Lui. Vittorio era lì... Tenne ancora gli occhi chiusi. Non gli andava di vederlo così presto. 
 
«Non credo, giocava bene. Poi d’un tratto ha incominciato a sbagliare e…» 
 
Sentì una mano posarsi sulla sua guancia. Una mano calda, che riconosceva bene. Vittorio la stava accarezzando, poteva percepire quanto era preoccupato. 
«Amore...» gli sussurrò avvicinandosi al suo orecchio «Svegliati, ti prego… Ho bisogno di te» 
Senza pensarci, aprì gli occhi di scatto, trovandosi davanti il suo ragazzo che la guardava angosciato. Appena si accorse che era sveglia l’abbracciò forte. Poi le diede un bacio sulle labbra. 
«Mi hai fatto preoccupare. Stai bene?» 
Perché lui era lì? Un attimo prima era sicura di star giocando... E poi ricordò che lui aveva l’ora dopo in palestra. Sospirò, mentre alzava lo sguardo, accorgendosi di tutti i suoi compagni che la fissavano. 
«Il prof è andato a chiamare il dottore» disse Sara entrando nello scantinato dove avevano fatto sdraiare Valeryn, seguita da Daniel. 
«Oh, si è svegliata, per fortuna!» 
Quest’ultimo fece una faccia indecifrabile, poi si gettò ai piedi di Vittorio urlando. 
«Scusami, Vitto, scusami tanto, ma non sono stato io! Non è stata colpa mia! La palla ha sbagliato traiettoria, non voleva prendere lei, mirava ad un altro... Oh, mi dispiace, scusami, scusami...» 
Piagnucolava tirando Vittorio dalla maglia. Questi gettò uno sguardo interrogativo a Valeryn che osservava la scena stordita. Non era di certo stato il tiro di Dan a metterla k.o, si disse. Non proprio. 
«E tirati su!» lo rimbeccò Elia, infastidito «Che cazzo piangi a fare? Prima la insulti, poi chiedi scusa... E cosa c’entra lui? È con lei che devi scusarti!» 
Daniel voltò lo sguardo impaurito verso Valeryn, che lo guardava con aria indifferente. S’infuriò, come suo solito. 
«Che diamine vuoi, Eli’, cosa ne sapevo io che quella lì sarebbe crollata per terra? Non conosco persone che svengono colpite da una palla!» 
«Chiedile scusa, coglione» sibilò quello. 
«Ho chiesto scusa a Vittorio, è lo stesso» rispose Daniel con aria da snob. 
Elia alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi. 
«Non solo le fai perdere i sensi, ma non sei capace di dimostrarti un amico nei suoi confronti nemmeno quando sta male?» disse arrabbiato. 
Vittorio gli fece cenno di lasciar perdere. 
«Lascia stare, non ne vale la pena» 
Il biondo alzò lo sguardo verso il suo migliore amico, accigliato. 
«Ma l’ha fatta svenire, tu gliela fai passare?» 
Valeryn, che era rimasta in silenzio, intervenne stancamente. 
«Daniel non c’entra, ve lo assicuro. Sono io che non sto bene» 
«Ecco hai visto?!» Il ragazzo con i capelli a caschetto fece una linguaccia verso il biondo, che lo fulminò con lo sguardo. 
«E allora...» Vittorio la guardò negli occhi, tentando di capire cosa le era successo 
«Si può sapere che cos'hai?» 
Valeryn non rispose. Voltò lo sguardo altrove, sentendosi in colpa. Nella più assoluta delle colpe. Perché era così dannatamente difficile? Tutti si aspettavano una risposta. Tutti. Ma non poteva dirlo. 
Oh, si sentiva così sola... Dov’era Maia? La porta dello scantinato si spalancò, e come una furia una ragazza riccia entrò abbracciandola forte, tanto da farla sdraiare sulle sedie in cui era seduta. 
«Tesoro» singhiozzava «Oh mio Dio, oh mio Dio! È colpa mia, non avrei dovuto lasciarti sola!» 
E continuò con parole del genere. Tutti si guardarono stralunati. Vittorio guardò Elia interrogativo, quello fece lo stesso. Perché Maia reagiva in quel modo? Cosa stava succedendo? 
La ragazza, dal suo canto, con ancora le lacrime agli occhi, prese Valeryn dalle guance. 
«Mi prometti che glielo dirai? Promettimelo» le sussurrò. 
La scosse un poco, e lei guardò di fronte a sé. Come faceva a dirglielo? Era dannatamente complicato... 
«Sì» soffiò solamente, mentre Maia continuava. 
«Lo farai subito, vero?» 
Valeryn non rispose, continuando a guardare davanti a sé. I suoi occhi smeraldini si incontrarono con quelli grigi di Vittorio. E i due si guardarono per dei secondi che sembrarono un’eternità, nei quali tutta la loro vita sembrava passarle davanti. 
Gliel’avrebbe detto presto. 
 

   
 
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