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Autore: rose07    01/06/2021    0 recensioni
Valeryn e Vittorio sono due cugini di terzo grado che sono stati travolti da una passione tale da tradire la fiducia del migliore amico di lui e da non pensare alle conseguenze delle loro scelte avventate.
Dopo circa un anno, quelle conseguenze cominciano a palesarsi di fronte ai loro occhi, cambiando in primis la visione della realtà di Valeryn, la quale si ritrova a scoprire un fatto che le cambierà per sempre la vita.
Vittorio deve fare i conti con le volontà della ragazza, ma in momenti di difficoltà alcune persone inaspettate bussano alla porta offrendo una spalla di conforto. Quello che Vittorio troverà in Elia lo lascerà senza difese alcune, permettendo libero sfogo ad un piacere del tutto nuovo, cedendo a delle sensazioni che i due amici avevano da sempre fatto finta di non provare.
Seguito della mia vecchia storia "Splendida Follia", revisionata e corretta. Serie "Ubi Maior Minor Cessat".
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubi maior minor cessat'
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Valeryn si sistemò un’ultima volta i capelli ondulati specchiandosi critica. 
Era leggermente più pallida rispetto alle scorse settimane, non toccava cibo per via della nausea e sentiva piccoli dolori al seno che le creavano disturbo. Sospirò, guardandosi la pancia ancora piatta. Chissà come sarebbe ingrossata nell’arco di tre mesi a quella parte... Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, continuando ad esaminarsi. Era la stessa ragazza di sempre, sempre molto carina, sempre con i capelli castani, sempre con gli stessi occhi verdi. Eppure quella gravidanza la stava cambiando interiormente; stava cambiando il suo modo di pensare, di agire, perfino di reagire. Non riusciva nemmeno a rispondere alle critiche di Daniel, non riusciva nemmeno a zittire chi la contraddiceva. Queste cose non erano da lei. 
La sua aggressività, la sua impulsività... entrambe stavano scomparendo cedendo il posto ad una tristezza cronica. Forse la gravidanza la stava facendo riflettere sulla sua vita, sui suoi errori e forse la stava facendo un po’ crescere, ed aveva talmente tanta paura di crescere, di ritrovarsi con un bimbo in braccio, di finire il liceo e scegliere l’università, metter su famiglia, casa, trovarsi un lavoro... No, non voleva crescere così presto, si disse. Aveva ancora diciassette anni e non si sentiva pronta ad affrontare il mondo degli adulti. 
Eppure avrebbe dovuto farlo. Avrebbe dovuto dire addio a feste, compagnia, fumo, discoteca... Avrebbe dovuto occuparsi del suo bambino. 
I suoi pensieri malinconici andarono a Vittorio, mentre con una mano si asciugava una lacrima appena scesa lungo la guancia. 
Perché avevano sbagliato? Soprattutto, dove avevano sbagliato? La sua mente vagò fino a quel supposto giorno di fine novembre. Loro, lì da soli a casa sua, decisamente desiderosi, a fare l’amore un po’ dovunque, un po’ a caso, senza pensare a cosa avrebbero potuto scatenare. Quasi si vergognò ricordando. Forse erano stati incoscienti, o forse doveva capitare. Forse era destino. Sì, forse era il destino crudele a non volerli felici insieme. 
Pensò immediatamente che un bambino inaspettato non avrebbe rovinato la loro felicità, il loro amore... Ma si ricredette subito, rassegnata, con malincuore. 
Suo padre la chiamò destandola dai suoi pensieri. Lei tornò con i piedi per terra voltandosi in sua direzione. 
«Quanto sei bella, figliola! Sei tutta tua madre» 
Valeryn fece mezzo sorriso. Per quanto volesse riuscire ad apprezzar quel complimento, non ci riusciva. Suo padre le rubò lo specchio, si aggiustò i pochi capelli che aveva e sorrise. 
«Siamo pronti?» batté le mani 
«Mena ci aspetta, peraltro mi ha anticipato degli involtini gratinati con le patatine di contorno! Ci senti, Rosa? Le patatine di contorno 
«Sì, Piero, non c’è bisogno che urli. Sono quasi pronta» 
Rosa, la madre di Valeryn, uscì dalla camera da letto tentando di infilarsi una scarpa. 
Valeryn osservò tutti e due i genitori impegnati ad agghindarsi come si deve. Tra non molto sarebbero andati a pranzare a casa di Vittorio. Sospirò. 
Non che l’idea non le piacesse, ma non si sentiva ancora pronta ad affrontarlo, non si sentiva pronta a dirgli la verità. Eppure avrebbe dovuto farlo, lo aveva promesso a Maia, lo aveva promesso a sé stessa. Era passato molto tempo e ancora né lui, né i suoi, né il gruppo ne era a conoscenza. Si tastò la pancia, ed ebbe quasi voglia di urlare tutto a sua madre e suo padre. 
Per fortuna ebbe la decenza di trattenersi, prima che un conato di vomito la sorprendesse. Portò una mano alla bocca bloccandolo. 
«Apposto, Vale? Ti sei fatta bella per Vittorio?» 
Sua madre la squadrò con un ghigno malizioso, poi prese la borsa alla sua destra, pronta per uscire di casa. Piero fece uno sguardo di disapprovazione. 
Valeryn pensò che suo padre non aveva ancora preso bene la sua relazione e chissà come avrebbe reagito alla notizia della sua gravidanza. Fu scossa da un vortice di paura che durò qualche secondo, dato che fu troppo impegnata a scendere le scale di casa sua per raggiungere l’auto blu scuro parcheggiata lì davanti. 
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
Per tutto il tragitto, la ragazza si accarezzò la pancia guardando fuori dal finestrino, salutando alcuni conoscenti come Andy, un tipo di colore simpatico e fessacchiotto, e Clarissa, una sua compagna di classe per la quale non aveva mai nutrito una gran simpatia. 
Piero prese una curva e poi un’altra ancora. La casa di Vittorio era vicina a quella di sua nonna, conosceva bene quella zona. Parcheggiarono e si avviarono. 
Appena scesero le scale e suonarono il campanello, Valeryn si sentì in difficoltà come non mai. 
Non voleva vederli. Non voleva vederlo. Ma che diamine stava dicendo, lei doveva vederlo... 
«Ciao a voi! Prego, accomodatevi» 
Mena aveva aperto la porta accogliendoli con un sorriso da qua a là fuori. Diede una pacca sulla schiena di suo cugino Piero, il quale fece una smorfietta di dolore facendo un salto per avanti. La guardò torva. 
Sorrise a Rosa e Valeryn, e si rivolse a quest’ultima facendo per toglierle la giacca. 
«Vale cara, non indovinerai mai chi sta sistemando in cucina!» 
La castana fece spallucce, anche se in realtà aveva capito benissimo. 
«Ho detto a Vitto di apparecchiare, altrimenti sarà servito lui per pranzo al posto degli involtini. Capito, Piero? E c’è anche il contorno di patate!» 
Mena si rivolse al cugino che aveva l’acquolina in bocca. Rosa tirò una gomitata al marito per incitarlo a destarsi. Mena rise e accompagnò i tre in salotto, dove i suoi figli, la nonna Antonia e zia Giolis stavano seduti sul divano. 
Valeryn sorrise a tutti, e gli altri dal loro canto la salutarono calorosamente. Giolis si alzò per baciarla, ma quasi inciampò sopra il tappetto. 
«Mannaggia a questo coso peloso!» 
«Se ti sente mamma ti uccide» 
Ross, a gambe divaricate davanti alla tv, fece un ghigno, intento a seguire le partite. 
Valeryn guardò tutti con aria un po’ sofferente. Ci sarebbe stato molto caos come in tutti i pranzi tra parenti. Lei non stava bene e non aveva voglia di sentire niente. 
Natalie sbucò da una stanza con accanto Nicole, la fidanzata di Ross, che teneva in braccio una creaturina di circa un mese. 
Valeryn fu subito catturata da loro. Le salutò entrambe, dopo spostò nuovamente lo sguardo sul piccolino. Nicole lo portava dal padre, che adesso lo cullava tra le braccia amorevolmente. Era strano vedere Ross in quella situazione, ma in quel momento sembrava veramente un'altra persona. Lo vedeva dal modo in cui abbracciava suo figlio. Anche lei sarebbe diventata così, tra nove mesi a quella parte? Anche lei avrebbe dovuto stringere a sé un neonato così piccino, avendo perfino paura di fargli male? Anche Vittorio avrebbe dovuto fare il padre? 
Sentì un capogiro pervaderla e si abbandonò sopra una sedia. Strani pensieri le affollavano la mente, il piccolino aveva incominciato a piangere e Nicole intimava al compagno di zittirlo, mentre lei preparava il latte. 
Gli altri parlavano tra loro, sua madre era in cucina ad aiutare Mena e Ross non era in grado di farlo stare zitto. 
«Su, amore di papà, su, non piangere» gli sussurrava. 
Il bambino continuava a frignare e Ross stava perdendo la calma. Si muoveva avanti e indietro, lo dondolava, ma niente. Possibile che nessuno veniva in suo aiuto? Nessuno se ne accorgeva? 
Valeryn faceva finta di niente, ma il pianto del bimbo le penetrava il cuore, le faceva pensare che in fondo lei era molto vicina a quella realtà. 
«Porco cane, possibile che questo moccioso pianga sempre?!» sbottò Ross, in preda al panico 
«Ma che ha da piangere così tanto, io non capisco!» 
Valeryn rise e decise di avvicinarsi al cugino. Allargò le braccia, e il ragazzo, non sapendo che fare, porse il figlio a lei. Appena il piccolino fu tra le braccia della ragazza, aprì gli occhietti pieni di lacrime e la guardò. La ragazza sorrise amorevolmente e lo dondolò avanti in dietro. Le veniva così spontaneo fare in quel modo, che Ross si meravigliò di lei, che era sempre stata una persona suscettibile e impaziente. 
«Tranquillo, Claudio» gli bisbigliava, come rassicurandolo 
«Adesso la mamma ti porta da mangiare» 
Si sentiva come chiusa in una bolla. Lei e il bambino, soli, lontani da tutto quel chiasso. Era davvero così bello cullare un piccino tra le braccia? 
Si sentiva strana, come se il figlio di Ross fosse suo figlio, e lei si ritrovava di colpo a fare da madre, a cullarlo, coccolarlo, baciarlo. 
Nel frattempo, Vittorio era entrato in salotto per salutarla. Rimase perplesso appena la vide stringere a sé quel fagottino con così tanto amore. Sempre più stupito, interrogò Ross con gli occhi che alzò le spalle. 
Valeryn sembrava proprio strana. Non era da lei comportarsi in quel modo. 
La ragazza si voltò in direzione di lui, e si fermò presa alla sprovvista, interrompendo quel momento magico. Vittorio le sorrise, e lei abbassò lo sguardo quasi sentendosi in colpa. Poi porse nuovamente il figlio a Ross, che aveva ricominciato a piangere. Fortuna che Nicole era appena arrivata a penderlo. 
Quasi sollevata per il piccolo Claudio, Valeryn si voltò verso il fidanzato che ancora la fissava. Si sentì un po’ in imbarazzo. 
«Non sapevo ti piacessero i bambini» le disse, mentre lei si mordeva il labbro. 
«Giusto un po’, sì» rispose tentando di mostrarsi vaga, per non destar alcun sospetto. 
Lui l’avvicinò a sé mettendole una mano sui fianchi. Valeryn sentiva il respiro mozzarle in gola, il cuore le batteva forte. 
«Sembravi sua madre» 
Vittorio sogghignò, poi le scoccò un bacio. Lei rimase senza parole, ricacciò la sua mano da sopra la guancia, mentre lui la guardava interrogativo. 
«C’è qualcosa che non va?» 
«Io... Ho da dirti una cosa» sussurrò, evitando di guardarlo negli occhi. 
«Devo preoccuparmi?» le chiese lui, prendendole il mento e costringendola a voltarsi. 
Lei non rispose, ma la sua testa continuava a ripetere continui “sì”. Si sentì un pesce fuor d’acqua per qualche secondo e volle scomparire da quel salotto. Vittorio l’osservò ancora, preoccupato. 
Vennero però interrotti dalla voce di Natalie che li invitava a sedersi a tavola. Il ragazzo scosse lievemente la testa, e prese la mano della sua fidanzata, entrando in cucina. 
  
  
  
  
  
  
  
  
Giolis aveva appena rovesciato un bicchiere pieno d’acqua sul tavolo non appena Valeryn sentì un forte capogiro e fu costretta a tenersi il capo. Fortuna che in tutto quel caos non se ne accorse nessuno. Aveva mangiato come un maiale, si era ingozzata di cibarie che in tutta la sua vita non aveva nemmeno sfiorato. 
Rosa, sua madre, la guardava stupita, chiedendosi da dove le uscisse tutta quella fame improvvisa soprattutto per piatti che disdegnava. 
«Poi mi spiegherai che cos’hai in testa, signorina» le disse 
«Sembri appena uscita fuori da prigione!» 
Lei fece cenno di lasciar perdere e si concentrò nuovamente sul cibo. Vittorio l’osservò interrogativo per dei secondi, il tempo necessario prima che la vocina del piccolo Claudio facesse capolino dalla stanza da letto. 
«Ecco che si è svegliato!» esclamò Nicole, un po’ sofferente. Poi si rivolse al fidanzato 
«Amore, perché non te la vedi tu?» 
Ross alzò un sopracciglio scettico da sopra il piatto di funghi ripieni. 
«Vorrai scherzare? Occupati tu del moccioso!» 
«Ma, Ross, sto mangiando! Dai, per favore!» continuò la ragazza con un’aria davvero stanca e provata. 
«Non se ne parla. Quello lì piange sempre, è urtante!» sbottò l’altro, passandosi una mano sugli occhi gonfi dal sonno. 
Claudio non faceva altro che mangiare e dormire tutto il giorno, era la notte che si svegliava e faceva i capricci non permettendo loro di riposare. 
Ross e Nicole come genitori avevano ancora tanto da imparare ed era dura dividersi i compiti. 
Vittorio lo guardò torvo, mentre questi continuava ad ingozzarsi. 
«E’ tuo figlio, idiota!» lo redarguì. 
«Beh, è urtante lo stesso» 
Ross bevve un sorso di vino, poi incontrò lo sguardo esasperato di sua madre, quello minaccioso di Natalie e con uno sbuffo si alzò dalla sedia. 
«E va bene, ma solo perché il moccioso è tutto suo padre» acconsentì infine. 
Detto questo, Nicole fece una faccia soddisfatta e Giolis scoppiò a ridere, come suo solito. 
Valeryn finì con i funghi e bevve un po’ di vino. Suo padre la fulminò con lo sguardo, ma lei lo ignorò. Non era niente per lei un goccetto di vino, aveva provato di peggio. Penso agli alcolici più schifosi che aveva bevuto con i suoi amici e quasi le scappò un risolino. 
Mena e Rosa avevano intrapreso un discorso riguardante la scuola e i compiti. Vittorio sbuffò pesantemente, facendo cenno a sua madre di piantarla, ma lei lo guardò bieca, e continuò a conversare con l’altra. Decise allora di alzarsi da tavola e dileguarsi, catturando l’attenzione della sua ragazza. Valeryn lo guardò e lui le fece segno di seguirlo. 
Lei si guardò intorno spaesata. Non sapeva che fare, non sapeva se doveva seguirlo. Ma come? Lei doveva parlare con lui, doveva dirgli tutto. 
D’un tratto si sentì impaurita. 
Non voleva alzarsi. Non voleva affrontarlo. 
Alzò nuovamente lo sguardo, e lo vide ancora lì, sulla soglia della porta del salotto ad aspettarla. Sempre bello, con i suoi capelli castani e i suoi occhi grigi. 
Lui era lì per lei, si disse, lui voleva stare con lei. E lei doveva dirglielo, lo aveva promesso, era il momento giusto. Si alzò e lo seguì con il cuore che martellava in petto. 
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
Arrivarono in camera del ragazzo e si chiusero la porta alle spalle. Valeryn gettò uno sguardo alla veranda di fronte a sé, leggermente inquieta. Vittorio si lasciò cadere sul letto, aspettando che anche lei facesse lo stesso, ma la ragazza rimase in piedi. Il castano continuò a fissarla interrogativo. 
Perché Valeryn era strana? Perché da un paio di giorni a quella parte, era diventata come un’altra persona? Silenziosa, triste... Cosa le stava succedendo? E poi lo svenimento dell’altro giorno... 
Il ragazzo sospirò e si mise a sedere. La guardò per un lungo istante. 
«Amore, che hai?» chiese, e Valeryn sentì che era preoccupato 
«Sei strana. Cos’è successo?» 
Ecco, si disse lei. Cosa diamine doveva rispondere ad una domanda del genere? Continuare a far finta di niente, o dire tutta la verità? 
Si limitò a scuotere la testa e a tenere lo sguardo basso. Non era difficile, cercò di incoraggiarsi, doveva solo prendere aria e dirlo tutto ad un fiato. 
  
  
  
Sono incinta. 
  
  
  
Sbuffò pesantemente, sentendo gli occhi verdi inumidirsi tutt’ad un tratto. Se li sfregò con una mano e Vittorio la tirò da un braccio facendola sedere accanto a lui. Poi la circondò con un abbraccio. 
«Mi dici che hai?» chiese nuovamente, dandole un bacio sulla guancia. 
Valeryn si sentiva paralizzata. Cominciò a toccarsi i capelli, come faceva quando era nervosa. Il ragazzo sapeva che quando si attorcigliava una ciocca tra le dita c’era qualcosa che non andava. Ma non riusciva a capire cosa... 
«Vale, non voglio obbligarti a parlare, okay?» disse un po’ esasperato 
«Però se ti comporti così mi metti in difficoltà. Ripeto, c’è qualcosa che non va 
Vittorio si era stancato del suo silenzio, era evidente. Lei si sentì un mostro in quel momento. Era una sciocca a non riuscire a dire la verità al suo ragazzo. Loro si dicevano tutto, si capivano... Non doveva aver timore di niente, si disse. Ma se poi lui avrebbe reagito male? Magari l’avrebbe lasciata, magari non voleva prendersi una responsabilità troppo grande... 
«Sto aspettando, Valeryn, ti avverto che mi sono seccato!» esclamò il ragazzo con una nota di irritazione nella voce. 
Valeryn sentì una lacrima scendere, l’asciugò senza farsi vedere e disse di no. 
Vittorio la guardò non convinto. Se non aveva niente perché stava in quel modo? 
«Non prendermi in giro. L’ho capito che è successo qualcosa, ma non capisco perché non vuoi dirmelo» 
La ragazza ebbe uno scatto istintivo a quelle parole, lo circondò con un abbraccio e poggiò la testa nell’incavo del suo collo. 
«No, io... Scusa, scusa...» biascicò. 
Vittorio era perplesso quanto stupito. Non riusciva a capirla, gli veniva difficile in quel dannato momento. 
Stette in silenzio accarezzandole i capelli. Non sapeva che dire. Vedeva la sua ragazza disperata e non riusciva ad immaginare il motivo. E poi lei che si scusava... perché lo faceva? Aveva fatto qualcosa di grave allora? Ma certo, c’era qualcosa di grave. Aveva combinato un guaio forse, e non sapeva come dirglielo... 
Subito i suoi pensieri volarono verso Elia. Non sapeva perché. La loro storia era finita da un anno a quella parte, era il suo migliore amico... Ma era tipico suo pensare al peggio. D’altronde, Valeryn era andata con lui quando stava ancora con il biondo, quindi... Okay, era impossibile. 
«Amore, se c’è qualcosa che devi dirmi, dimmela» fece «Io sono qua per ascoltarti» 
Valeryn negò con la testa, ancora stretta a lui. 
«Sei sicura che non ci sia niente?» 
La ragazza esitò un attimo. Si diede della stupida, della cogliona, dell’idiota e quant’altro. Perché non glielo diceva? Perché non riusciva a dirglielo? 
Vittorio, nel frattempo, l’allontanò leggermente da sé per guardarla negli occhi. Poi si avvicinò alle sue labbra e la baciò. Approfondirono il bacio sdraiandosi sul letto, Si mise sopra di lei. Non riusciva a farla parlare, ma forse sarebbe riuscito a tirarla un po’ su. Le baciò il collo, facendole il solletico con la lingua. Valeryn si lasciò scappare un risolino. Le veniva sempre da ridere quando faceva in quel modo. 
Il ragazzo rise con lei abbracciandola e passandole una mano sotto la maglietta. Arrivò al suo seno e la ragazza divenne all’improvviso rigida. Non voleva mica fare l’amore in quello stato, si disse. Non poteva e non ce la faceva. Si alzò, Vittorio la guardò quasi male. 
«Non posso, scusami» si sistemò la maglietta. Lui spalancò gli occhi grigi. Poteva leggergli in faccia lo stupore. 
«Spiegami cosa cavolo significa, Valeryn, non capisco più un cazzo!» sbottò arrabbiato. 
«Hai qualcosa e non vuoi dirmi cosa, mi tratti in questo modo... Ma che cosa cazzo è successo?!» 
La ragazza fece una faccia quasi impaurita. 
Vittorio di certo non mancava di essere impulsivo o autoritario, ma con lei era sempre gentile, a parte quando faceva l’arrogante o l’idiota. E in quel momento stava, per l’appunto, facendo l’idiota. 
«Io... non so se...» 
«Cosa?» 
«E’... è difficile, io non so... non so come dirtelo» 
«Dillo come vuoi, Valeryn. Lo sai che odio aspettare» 
Il ragazzo fece una smorfia infastidita e la ragazza prese un respiro profondo. Il cuore le martellava in petto, la paura l’assaliva nuovamente. 
Doveva dirglielo, era il momento. 
Si schiarì la voce indugiando alcuni secondi. Sentiva la gola asciutta. 
«Io ho... Insomma, è successa una cosa che è difficile da spiegare» vide la sua faccia esasperata e abbassò lo sguardo, poi si tastò la pancia e deglutì a fatica. 
«A-adesso cambierà tutto... D-dopo quello che sto per dirti non sarà più lo stesso» 
La ragazza continuava a toccarsi all’altezza della pancia, in ovvia difficoltà. 
Vittorio la guardava senza capire. Cosa voleva dirgli? Forse stava male? 
«Ho paura che questo ci r-renderà infelici...» 
E perché balbettava? Non era da lei, si disse il ragazzo basito e preoccupato allo stesso tempo. 
«F-forse r-rovinerà la nostra storia, e io... i-io non voglio!» 
Il castano era confuso. Aveva mai avuto dubbi su di lei? No, non gli risultava. Ma... ma forse lei stava cercando di dirgli che aveva fatto male a non averne. 
Nella sua testa vorticarono un sacco di conclusioni affrettate. Non voleva pensare al peggio, che magari c’era qualcun altro... Non avrebbe potuto sopportarlo, dato che l’amava. Eppure lei sembrava così a disagio, quasi fosse pentita di qualcosa. 
Subito la sua mente volò verso una persona, fu più forte di lui, fu inevitabile per ragioni pregresse. Aveva a cuore non solo la loro amicizia, ma anche lui, in un senso che era difficile da spiegare. 
«Dimmi una cosa» prese la parola, passandosi una mano sul viso 
«Elia? Dimmi che lui non c’entra niente, ti prego» 
Valeryn scrollò le spalle, negando con la testa. Quasi le venne da ridere. Aveva pensato subito al suo amico, aveva pensato che lo aveva tradito con il suo amico perché in passato era successo al contrario, ma lei non l’avrebbe mai fatto. Lei lo amava. E siccome lo amava, doveva dirglielo senza tante storie. 
Inspirò pesantemente, mentre Vittorio attendeva una risposta trattenendo quasi il fiato. 
«No, Vitto» rispose dolcemente. 
Lui tirò un sospiro di sollievo. 
«La cosa che devo dirti sta tutta qua» 
Si tastò nuovamente la pancia. Lui parve confuso, molto confuso. Lei gli prese la mano e la poggiò sopra il suo grembo. Vittorio fu scosso da un brivido, e pian piano cominciò a capire. 
«Qui, dentro di me. Io... Io sono incinta» sputò quelle parole come la sua più eterna liberazione.  
Chiuse gli occhi per alcuni secondi, assaporandosi l’effetto di quel segreto appena svelato. Poi li riaprì e vide Vittorio che la guardava. Aveva leggermente spalancato la bocca, poteva leggergli negli occhi grigi lo stupore, quasi il timore di quella notizia troppo grande. 
Il ragazzo deglutì, scosso, senza parole, quasi ebbe l’idea che fosse tutto uno scherzo e lei lo stesse prendendo in giro. Poi la guardò negli occhi smeraldini e sentì un brivido su per la schiena, capì che non stava affatto mentendo. 
«M-ma... ma da quando?» riuscì solo a chiedere. 
«Qualche settimana» 
«E... e perché me lo stai dicendo solo adesso?» 
Si sentiva come dentro un fuoco. Aveva caldo, un insopportabile caldo, inspiegabile per il mese di dicembre. Era come se fosse alienato in quel momento, sembrava come se avesse perso il focus di quello che doveva dire o fare. 
Valeryn se ne rese conto e sentì subito le lacrime agli occhi. Lo sapeva che sarebbe andata così. 
«Io non... Scusa se non te l’ho detto ma non ci riuscivo! Avevo paura, amore, avevo paura» incominciò a piangere. 
Il ragazzo la guardò senza saper che dire. Non riusciva in alcun modo ad assimilare la notizia, cercava di capire e farsene una ragione, ma era difficile, era come in uno stato di shock temporaneo. 
«Non mi veniva il ciclo da due settimane, ero così preoccupata! Io e Maia abbiamo comprato il test e io... io ho sperato che fosse negativo, ma... ma non lo era! Era rosso, rosso!» incominciò a singhiozzare coprendosi il volto con le mani. 
Vittorio socchiuse gli occhi, udendo i suoi gemiti rimbombare dentro la sua testa insieme ad una serie di domande. 
Com’era potuto accadere? 
Cosa sarebbe successo adesso? 
Si passò una mano sul viso, sospirando, e poi guardò la sua ragazza. Era incredulo, stupito... non sapeva cosa dirle, aveva paura di sbagliare ancora solo ad emettere un suono e farla sentire peggio. 
Le prese solo una mano. 
«Non piangere» le disse piano per incoraggiarla 
«Io sono qui, non me ne vado» 
Valeryn si accostò al suo petto, lui la circondò con un abbraccio poggiando il mento sopra la sua testa. 
«Scusami... scusami se non te l’ho detto, sono una stupida» 
Vittorio le accarezzò i capelli quasi in automatico. 
«Va tutto bene, amore. Noi ce la caveremo, come... come abbiamo sempre fatto. Stai... stai tranquilla» le sussurrò dolcemente. 
Eppure Vittorio doveva ancora tranquillizzare sé stesso. Non riusciva a capire. Non comprendeva dove avevano sbagliato, com’era successo... Non si aspettava mai e poi mai quello. Valeryn, era palese che stava male, ma che fosse incinta... non riusciva a capacitarsene. Eppure era vero, lei non stava scherzando, lei stava piangendo... Non voleva che piangesse, lo distruggeva. Voleva solo vederla sorridere, voleva solo che fosse felice. Ed un bambino... un bambino alla loro età era troppo, si disse. Era troppo presto, erano troppo piccoli... Ma era lei ciò che contava in quel momento, voleva solo che stesse bene, ci avrebbero pensato dopo, dopo. 
L’abbracciò forte, le baciò i capelli e non la mollò. La ragazza si lasciò cullare amorevolmente dal suo abbraccio e non pianse più. 

   
 
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