Valeryn si sistemò
un’ultima volta i capelli ondulati specchiandosi critica.
Era leggermente
più pallida rispetto alle scorse settimane, non toccava cibo
per via della nausea e sentiva piccoli dolori al seno che le creavano
disturbo. Sospirò, guardandosi la pancia ancora piatta.
Chissà come sarebbe ingrossata nell’arco di tre
mesi a quella parte... Si portò una ciocca di capelli dietro
l’orecchio, continuando ad esaminarsi. Era la stessa ragazza
di sempre, sempre molto carina, sempre con i capelli castani, sempre
con gli stessi occhi verdi. Eppure quella gravidanza la stava cambiando
interiormente; stava cambiando il suo modo di pensare, di agire,
perfino di reagire. Non riusciva
nemmeno a rispondere alle critiche di Daniel, non riusciva nemmeno a
zittire chi la contraddiceva. Queste cose non erano da lei.
La sua
aggressività, la sua impulsività... entrambe
stavano scomparendo cedendo il posto ad una tristezza cronica. Forse la
gravidanza la stava facendo riflettere sulla sua vita, sui suoi errori
e forse la stava facendo un po’ crescere, ed aveva talmente
tanta paura di crescere, di ritrovarsi con un bimbo in braccio, di
finire il liceo e scegliere l’università, metter
su famiglia, casa, trovarsi un lavoro... No, non voleva crescere
così presto, si disse. Aveva ancora diciassette anni e non
si sentiva pronta ad affrontare il mondo degli adulti.
Eppure avrebbe dovuto
farlo. Avrebbe dovuto dire addio a feste, compagnia, fumo, discoteca...
Avrebbe dovuto occuparsi del suo bambino.
I suoi pensieri
malinconici andarono a Vittorio, mentre con una mano si asciugava una
lacrima appena scesa lungo la guancia.
Perché avevano
sbagliato? Soprattutto, dove avevano
sbagliato? La sua mente vagò fino a quel supposto giorno di
fine novembre. Loro, lì da soli a casa sua, decisamente
desiderosi, a fare l’amore un po’ dovunque, un
po’ a caso, senza pensare a cosa avrebbero potuto scatenare.
Quasi si vergognò ricordando. Forse erano stati incoscienti,
o forse doveva capitare. Forse era destino. Sì, forse era il
destino crudele a non volerli felici insieme.
Pensò
immediatamente che un bambino inaspettato non avrebbe rovinato la loro
felicità, il loro amore... Ma si ricredette subito,
rassegnata, con malincuore.
Suo padre la
chiamò destandola dai suoi pensieri. Lei tornò
con i piedi per terra voltandosi in sua direzione.
«Quanto sei
bella, figliola! Sei tutta tua madre»
Valeryn fece mezzo sorriso. Per
quanto volesse riuscire ad apprezzar quel complimento, non ci riusciva.
Suo padre le rubò lo specchio, si aggiustò i
pochi capelli che aveva e sorrise.
«Siamo
pronti?» batté le mani
«Mena ci
aspetta, peraltro mi ha anticipato degli involtini gratinati con le
patatine di contorno! Ci senti, Rosa? Le patatine di contorno!»
«Sì,
Piero, non c’è bisogno che urli. Sono quasi
pronta»
Rosa, la madre di Valeryn, uscì dalla
camera da letto tentando di infilarsi una scarpa.
Valeryn osservò tutti
e due i genitori impegnati ad agghindarsi come si deve. Tra non molto
sarebbero andati a pranzare a casa di Vittorio. Sospirò.
Non che l’idea
non le piacesse, ma non si sentiva ancora pronta ad affrontarlo, non si
sentiva pronta a dirgli la verità. Eppure avrebbe dovuto
farlo, lo aveva promesso a Maia, lo aveva promesso a
sé stessa. Era passato molto tempo e ancora né
lui, né i suoi, né il gruppo ne era a conoscenza.
Si tastò la pancia, ed ebbe quasi voglia di urlare tutto a
sua madre e suo padre.
Per fortuna ebbe la
decenza di trattenersi, prima che un conato di vomito la sorprendesse.
Portò una mano alla bocca bloccandolo.
«Apposto, Vale?
Ti sei fatta bella per Vittorio?»
Sua madre la
squadrò con un ghigno malizioso, poi prese la borsa alla sua
destra, pronta per uscire di casa. Piero fece uno sguardo di
disapprovazione.
Valeryn pensò che suo
padre non aveva ancora preso bene la sua relazione e chissà
come avrebbe reagito alla notizia della sua gravidanza. Fu scossa da un
vortice di paura che durò qualche secondo, dato che fu
troppo impegnata a scendere le scale di casa sua per raggiungere
l’auto blu scuro parcheggiata lì davanti.
Per tutto il tragitto, la
ragazza si accarezzò la pancia guardando fuori dal
finestrino, salutando alcuni conoscenti come Andy, un tipo di colore
simpatico e fessacchiotto, e Clarissa, una sua compagna di classe per
la quale non aveva mai nutrito una gran simpatia.
Piero prese una curva e
poi un’altra ancora. La casa di Vittorio era vicina a quella
di sua nonna, conosceva bene quella zona. Parcheggiarono e si avviarono.
Appena scesero le scale e
suonarono il campanello, Valeryn si sentì in
difficoltà come non mai.
Non voleva vederli. Non
voleva vederlo. Ma che diamine stava dicendo, lei doveva vederlo...
«Ciao a voi!
Prego, accomodatevi»
Mena aveva aperto la
porta accogliendoli con un sorriso da qua a là fuori. Diede
una pacca sulla schiena di suo cugino Piero, il quale fece una
smorfietta di dolore facendo un salto per avanti. La guardò
torva.
Sorrise a Rosa e Valeryn, e si rivolse a
quest’ultima facendo per toglierle la giacca.
«Vale cara, non
indovinerai mai chi sta sistemando in cucina!»
La castana fece
spallucce, anche se in realtà aveva capito benissimo.
«Ho detto a
Vitto di apparecchiare, altrimenti sarà servito lui per
pranzo al posto degli involtini. Capito, Piero? E
c’è anche il contorno di patate!»
Mena si rivolse al cugino
che aveva l’acquolina in bocca. Rosa tirò una
gomitata al marito per incitarlo a destarsi. Mena rise e
accompagnò i tre in salotto, dove i suoi figli, la nonna
Antonia e zia Giolis stavano seduti sul
divano.
Valeryn sorrise a tutti, e gli
altri dal loro canto la salutarono calorosamente. Giolis si alzò per
baciarla, ma quasi inciampò sopra il tappetto.
«Mannaggia a
questo coso peloso!»
«Se ti sente
mamma ti uccide»
Ross, a gambe divaricate
davanti alla tv, fece un ghigno, intento a seguire le partite.
Valeryn guardò tutti
con aria un po’ sofferente. Ci sarebbe stato molto caos come
in tutti i pranzi tra parenti. Lei non stava bene e non aveva voglia di
sentire niente.
Natalie sbucò
da una stanza con accanto Nicole, la fidanzata di Ross, che teneva in
braccio una creaturina di circa un mese.
Valeryn fu subito catturata da
loro. Le salutò entrambe, dopo spostò nuovamente
lo sguardo sul piccolino. Nicole lo portava dal padre, che adesso lo
cullava tra le braccia amorevolmente. Era strano vedere Ross in quella
situazione, ma in quel momento sembrava veramente un'altra persona. Lo
vedeva dal modo in cui abbracciava suo figlio. Anche lei sarebbe
diventata così, tra nove mesi a quella parte? Anche lei
avrebbe dovuto stringere a sé un neonato così
piccino, avendo perfino paura di fargli male? Anche Vittorio avrebbe
dovuto fare il padre?
Sentì un
capogiro pervaderla e si abbandonò sopra una sedia. Strani
pensieri le affollavano la mente, il piccolino aveva incominciato a
piangere e Nicole intimava al compagno di zittirlo, mentre lei
preparava il latte.
Gli altri parlavano tra
loro, sua madre era in cucina ad aiutare Mena e Ross non era in grado
di farlo stare zitto.
«Su, amore di
papà, su, non piangere» gli sussurrava.
Il bambino continuava a
frignare e Ross stava perdendo la calma. Si muoveva avanti e indietro,
lo dondolava, ma niente. Possibile che nessuno veniva in suo aiuto?
Nessuno se ne accorgeva?
Valeryn faceva finta di niente,
ma il pianto del bimbo le penetrava il cuore, le faceva pensare che in
fondo lei era molto vicina a quella realtà.
«Porco cane,
possibile che questo moccioso pianga sempre?!»
sbottò Ross, in preda al panico
«Ma che ha da
piangere così tanto, io non capisco!»
Valeryn rise e decise di
avvicinarsi al cugino. Allargò le braccia, e il ragazzo, non
sapendo che fare, porse il figlio a lei. Appena il piccolino fu tra le
braccia della ragazza, aprì gli occhietti pieni di lacrime e
la guardò. La ragazza sorrise amorevolmente e lo
dondolò avanti in dietro. Le veniva così
spontaneo fare in quel modo, che Ross si meravigliò di lei,
che era sempre stata una persona suscettibile e impaziente.
«Tranquillo,
Claudio» gli bisbigliava, come rassicurandolo
«Adesso la
mamma ti porta da mangiare»
Si sentiva come chiusa in
una bolla. Lei e il bambino, soli, lontani da tutto quel chiasso. Era
davvero così bello cullare un piccino tra le braccia?
Si sentiva strana, come
se il figlio di Ross fosse suo figlio, e lei
si ritrovava di colpo a fare da madre, a cullarlo, coccolarlo, baciarlo.
Nel frattempo, Vittorio
era entrato in salotto per salutarla. Rimase perplesso appena la vide
stringere a sé quel fagottino con così tanto
amore. Sempre più stupito, interrogò Ross con gli
occhi che alzò le spalle.
Valeryn sembrava proprio strana.
Non era da lei comportarsi in quel modo.
La ragazza si
voltò in direzione di lui, e si fermò presa alla
sprovvista, interrompendo quel momento magico. Vittorio le sorrise, e
lei abbassò lo sguardo quasi sentendosi in colpa. Poi porse
nuovamente il figlio a Ross, che aveva ricominciato a piangere. Fortuna
che Nicole era appena arrivata a penderlo.
Quasi sollevata per il
piccolo Claudio, Valeryn si voltò
verso il fidanzato che ancora la fissava. Si sentì un
po’ in imbarazzo.
«Non sapevo ti
piacessero i bambini» le disse, mentre lei si mordeva il
labbro.
«Giusto un
po’, sì» rispose tentando di mostrarsi
vaga, per non destar alcun sospetto.
Lui
l’avvicinò a sé mettendole una mano sui
fianchi. Valeryn sentiva il respiro
mozzarle in gola, il cuore le batteva forte.
«Sembravi
sua madre»
Vittorio
sogghignò, poi le scoccò un bacio. Lei rimase
senza parole, ricacciò la sua mano da sopra la guancia,
mentre lui la guardava interrogativo.
«C’è
qualcosa che non va?»
«Io... Ho da
dirti una cosa» sussurrò, evitando di guardarlo
negli occhi.
«Devo
preoccuparmi?» le chiese lui, prendendole il mento e
costringendola a voltarsi.
Lei non rispose, ma la
sua testa continuava a ripetere continui
“sì”. Si sentì un pesce fuor
d’acqua per qualche secondo e volle scomparire da quel
salotto. Vittorio l’osservò ancora, preoccupato.
Vennero però
interrotti dalla voce di Natalie che li invitava a sedersi a tavola. Il
ragazzo scosse lievemente la testa, e prese la mano della sua
fidanzata, entrando in cucina.
Giolis aveva appena rovesciato
un bicchiere pieno d’acqua sul tavolo non appena Valeryn sentì un
forte capogiro e fu costretta a tenersi il capo. Fortuna che in tutto
quel caos non se ne accorse nessuno. Aveva mangiato come un maiale, si
era ingozzata di cibarie che in tutta la sua vita non aveva nemmeno
sfiorato.
Rosa, sua madre, la
guardava stupita, chiedendosi da dove le uscisse tutta quella fame
improvvisa soprattutto per piatti che disdegnava.
«Poi mi
spiegherai che cos’hai in testa, signorina» le disse
«Sembri appena
uscita fuori da prigione!»
Lei fece cenno di lasciar
perdere e si concentrò nuovamente sul cibo. Vittorio
l’osservò interrogativo per dei secondi, il tempo
necessario prima che la vocina del piccolo Claudio facesse capolino
dalla stanza da letto.
«Ecco che si
è svegliato!» esclamò Nicole, un
po’ sofferente. Poi si rivolse al fidanzato
«Amore,
perché non te la vedi tu?»
Ross alzò un
sopracciglio scettico da sopra il piatto di funghi ripieni.
«Vorrai
scherzare? Occupati tu del moccioso!»
«Ma, Ross, sto
mangiando! Dai, per favore!» continuò la ragazza
con un’aria davvero stanca e provata.
«Non se ne
parla. Quello lì piange sempre, è
urtante!» sbottò l’altro, passandosi una
mano sugli occhi gonfi dal sonno.
Claudio non faceva altro
che mangiare e dormire tutto il giorno, era la notte che si svegliava e
faceva i capricci non permettendo loro di riposare.
Ross e Nicole come
genitori avevano ancora tanto da imparare ed era dura dividersi i
compiti.
Vittorio lo
guardò torvo, mentre questi continuava ad ingozzarsi.
«E’
tuo figlio, idiota!» lo redarguì.
«Beh,
è urtante lo stesso»
Ross bevve un sorso di
vino, poi incontrò lo sguardo esasperato di sua madre,
quello minaccioso di Natalie e con uno sbuffo si alzò dalla
sedia.
«E va bene, ma
solo perché il moccioso è tutto suo
padre» acconsentì infine.
Detto questo, Nicole fece
una faccia soddisfatta e Giolis scoppiò a
ridere, come suo solito.
Valeryn finì con i
funghi e bevve un po’ di vino. Suo padre la
fulminò con lo sguardo, ma lei lo ignorò. Non era
niente per lei un goccetto di vino, aveva provato di peggio. Penso agli
alcolici più schifosi che aveva bevuto con i suoi amici e
quasi le scappò un risolino.
Mena e Rosa avevano
intrapreso un discorso riguardante la scuola e i compiti. Vittorio
sbuffò pesantemente, facendo cenno a sua madre di piantarla,
ma lei lo guardò bieca, e continuò a conversare
con l’altra. Decise allora di alzarsi da tavola e dileguarsi,
catturando l’attenzione della sua ragazza. Valeryn lo guardò e
lui le fece segno di seguirlo.
Lei si guardò
intorno spaesata. Non sapeva che fare, non sapeva se doveva seguirlo.
Ma come? Lei doveva parlare con lui, doveva dirgli tutto.
D’un tratto si
sentì impaurita.
Non voleva alzarsi. Non
voleva affrontarlo.
Alzò
nuovamente lo sguardo, e lo vide ancora lì, sulla soglia
della porta del salotto ad aspettarla. Sempre bello, con i suoi capelli
castani e i suoi occhi grigi.
Lui era lì per
lei, si disse, lui voleva stare con lei. E lei doveva dirglielo, lo
aveva promesso, era il momento giusto. Si alzò e lo
seguì con il cuore che martellava in petto.
Arrivarono in camera del
ragazzo e si chiusero la porta alle spalle. Valeryn gettò uno
sguardo alla veranda di fronte a sé, leggermente inquieta.
Vittorio si lasciò cadere sul letto, aspettando che anche
lei facesse lo stesso, ma la ragazza rimase in piedi. Il castano
continuò a fissarla interrogativo.
Perché Valeryn era strana?
Perché da un paio di giorni a quella parte, era diventata
come un’altra persona? Silenziosa, triste... Cosa le stava
succedendo? E poi lo svenimento dell’altro giorno...
Il ragazzo
sospirò e si mise a sedere. La guardò per un
lungo istante.
«Amore, che
hai?» chiese, e Valeryn sentì che era
preoccupato
«Sei strana.
Cos’è successo?»
Ecco, si disse lei. Cosa
diamine doveva rispondere ad una domanda del genere? Continuare a far
finta di niente, o dire tutta la verità?
Si limitò a
scuotere la testa e a tenere lo sguardo basso. Non era difficile,
cercò di incoraggiarsi, doveva solo prendere aria e dirlo
tutto ad un fiato.
Sono incinta.
Sbuffò
pesantemente, sentendo gli occhi verdi inumidirsi tutt’ad un
tratto. Se li sfregò con una mano e Vittorio la
tirò da un braccio facendola sedere accanto a lui. Poi la
circondò con un abbraccio.
«Mi dici che
hai?» chiese nuovamente, dandole un bacio sulla guancia.
Valeryn si sentiva paralizzata.
Cominciò a toccarsi i capelli, come faceva quando era
nervosa. Il ragazzo sapeva che quando si attorcigliava una ciocca tra
le dita c’era qualcosa che non andava. Ma non riusciva a
capire cosa...
«Vale, non
voglio obbligarti a parlare, okay?» disse un po’
esasperato
«Però
se ti comporti così mi metti in difficoltà.
Ripeto, c’è
qualcosa che non va?»
Vittorio si era stancato
del suo silenzio, era evidente. Lei si sentì un mostro in
quel momento. Era una sciocca a non riuscire a dire la
verità al suo ragazzo. Loro si dicevano tutto, si
capivano... Non doveva aver timore di niente, si disse. Ma se poi lui
avrebbe reagito male? Magari l’avrebbe lasciata, magari non
voleva prendersi una responsabilità troppo grande...
«Sto
aspettando, Valeryn, ti avverto che mi sono
seccato!» esclamò il ragazzo con una nota di
irritazione nella voce.
Valeryn sentì una
lacrima scendere, l’asciugò senza farsi vedere e
disse di no.
Vittorio la
guardò non convinto. Se non aveva niente perché
stava in quel modo?
«Non prendermi
in giro. L’ho capito che è successo qualcosa, ma
non capisco perché non vuoi dirmelo»
La ragazza ebbe uno
scatto istintivo a quelle parole, lo circondò con un
abbraccio e poggiò la testa nell’incavo del suo
collo.
«No, io...
Scusa, scusa...» biascicò.
Vittorio era perplesso
quanto stupito. Non riusciva a capirla, gli veniva difficile in quel
dannato momento.
Stette in silenzio
accarezzandole i capelli. Non sapeva che dire. Vedeva la sua ragazza
disperata e non riusciva ad immaginare il motivo. E poi lei che si
scusava... perché lo faceva? Aveva fatto qualcosa di grave
allora? Ma certo, c’era qualcosa di grave. Aveva combinato un
guaio forse, e non sapeva come dirglielo...
Subito i suoi pensieri
volarono verso Elia. Non sapeva perché. La loro storia era
finita da un anno a quella parte, era il suo migliore amico... Ma era
tipico suo pensare al peggio. D’altronde, Valeryn era andata con lui
quando stava ancora con il biondo, quindi... Okay, era impossibile.
«Amore, se
c’è qualcosa che devi dirmi, dimmela»
fece «Io sono qua per ascoltarti»
Valeryn negò con la
testa, ancora stretta a lui.
«Sei sicura che
non ci sia niente?»
La ragazza
esitò un attimo. Si diede della stupida, della cogliona,
dell’idiota e quant’altro. Perché non
glielo diceva? Perché non riusciva a dirglielo?
Vittorio, nel frattempo,
l’allontanò leggermente da sé per
guardarla negli occhi. Poi si avvicinò alle sue labbra e la
baciò. Approfondirono il bacio sdraiandosi sul letto, Si
mise sopra di lei. Non riusciva a farla parlare, ma forse sarebbe
riuscito a tirarla un po’ su. Le baciò il collo,
facendole il solletico con la lingua. Valeryn si lasciò
scappare un risolino. Le veniva sempre da ridere quando faceva in quel
modo.
Il ragazzo rise con lei
abbracciandola e passandole una mano sotto la maglietta.
Arrivò al suo seno e la ragazza divenne
all’improvviso rigida. Non voleva mica fare l’amore
in quello stato, si disse. Non poteva e non ce la faceva. Si
alzò, Vittorio la guardò quasi male.
«Non posso,
scusami» si sistemò la maglietta. Lui
spalancò gli occhi grigi. Poteva leggergli in faccia lo
stupore.
«Spiegami cosa
cavolo significa, Valeryn, non capisco
più un cazzo!» sbottò arrabbiato.
«Hai qualcosa e
non vuoi dirmi cosa, mi tratti in questo modo... Ma che cosa cazzo
è successo?!»
La ragazza fece una
faccia quasi impaurita.
Vittorio di certo non
mancava di essere impulsivo o autoritario, ma con lei era sempre
gentile, a parte quando faceva l’arrogante o
l’idiota. E in quel momento stava, per l’appunto,
facendo l’idiota.
«Io... non so
se...»
«Cosa?»
«E’...
è difficile, io non so... non so come dirtelo»
«Dillo come
vuoi, Valeryn. Lo sai che odio
aspettare»
Il ragazzo fece una
smorfia infastidita e la ragazza prese un respiro profondo. Il cuore le
martellava in petto, la paura l’assaliva nuovamente.
Doveva dirglielo, era il
momento.
Si schiarì la
voce indugiando alcuni secondi. Sentiva la gola asciutta.
«Io ho...
Insomma, è successa una cosa che è difficile da
spiegare» vide la sua faccia esasperata e abbassò
lo sguardo, poi si tastò la pancia e deglutì a
fatica.
«A-adesso
cambierà tutto... D-dopo quello che sto per dirti non
sarà più lo stesso»
La ragazza continuava a
toccarsi all’altezza della pancia, in ovvia
difficoltà.
Vittorio la guardava
senza capire. Cosa voleva dirgli? Forse stava male?
«Ho paura che
questo ci r-renderà infelici...»
E perché
balbettava? Non era da lei, si disse il ragazzo basito e preoccupato
allo stesso tempo.
«F-forse
r-rovinerà la nostra storia, e io... i-io non
voglio!»
Il castano era confuso.
Aveva mai avuto dubbi su di lei? No, non gli risultava. Ma... ma forse
lei stava cercando di dirgli che aveva fatto male a non averne.
Nella sua testa
vorticarono un sacco di conclusioni affrettate. Non voleva pensare al
peggio, che magari c’era qualcun altro... Non avrebbe potuto
sopportarlo, dato che l’amava. Eppure lei sembrava
così a disagio, quasi fosse pentita di qualcosa.
Subito la sua mente
volò verso una persona, fu più forte di lui, fu
inevitabile per ragioni pregresse. Aveva a cuore non solo la loro
amicizia, ma anche lui, in un senso che era difficile da spiegare.
«Dimmi una
cosa» prese la parola, passandosi una mano sul viso
«Elia? Dimmi che lui non
c’entra niente, ti prego»
Valeryn scrollò le
spalle, negando con la testa. Quasi le venne da ridere. Aveva pensato
subito al suo amico, aveva pensato che lo aveva tradito con il suo
amico perché in passato era successo al contrario, ma lei
non l’avrebbe mai fatto. Lei lo amava. E siccome lo amava,
doveva dirglielo senza tante storie.
Inspirò
pesantemente, mentre Vittorio attendeva una risposta trattenendo quasi
il fiato.
«No,
Vitto» rispose dolcemente.
Lui tirò un
sospiro di sollievo.
«La cosa che
devo dirti sta tutta qua»
Si tastò
nuovamente la pancia. Lui parve confuso, molto confuso. Lei gli prese
la mano e la poggiò sopra il suo grembo. Vittorio fu scosso
da un brivido, e pian piano cominciò a capire.
«Qui, dentro di
me. Io... Io sono incinta»
sputò quelle parole come la sua più eterna
liberazione.
Chiuse gli occhi per
alcuni secondi, assaporandosi l’effetto di quel segreto
appena svelato. Poi li riaprì e vide Vittorio che la
guardava. Aveva leggermente spalancato la bocca, poteva leggergli negli
occhi grigi lo stupore, quasi il timore di quella notizia troppo grande.
Il ragazzo
deglutì, scosso, senza parole, quasi ebbe l’idea
che fosse tutto uno scherzo e lei lo stesse prendendo in giro. Poi la
guardò negli occhi smeraldini e sentì un brivido
su per la schiena, capì che non stava affatto mentendo.
«M-ma... ma da
quando?» riuscì solo a chiedere.
«Qualche
settimana»
«E... e perché me
lo stai dicendo solo adesso?»
Si sentiva come dentro un
fuoco. Aveva caldo, un insopportabile caldo, inspiegabile per il mese
di dicembre. Era come se fosse alienato in quel momento, sembrava come
se avesse perso il focus di quello che doveva dire o fare.
Valeryn se ne rese conto e
sentì subito le lacrime agli occhi. Lo sapeva che sarebbe
andata così.
«Io non...
Scusa se non te l’ho detto ma non ci riuscivo! Avevo paura,
amore, avevo paura» incominciò a piangere.
Il ragazzo la
guardò senza saper che dire. Non riusciva in alcun modo ad
assimilare la notizia, cercava di capire e farsene una ragione, ma era
difficile, era come in uno stato di shock temporaneo.
«Non mi veniva
il ciclo da due settimane, ero così preoccupata! Io e Maia abbiamo comprato il test
e io... io ho sperato che fosse negativo, ma... ma non lo era! Era
rosso, rosso!»
incominciò a singhiozzare coprendosi il volto con le mani.
Vittorio socchiuse gli
occhi, udendo i suoi gemiti rimbombare dentro la sua testa insieme ad
una serie di domande.
Com’era potuto
accadere?
Cosa sarebbe successo
adesso?
Si passò una
mano sul viso, sospirando, e poi guardò la sua ragazza. Era
incredulo, stupito... non sapeva cosa dirle, aveva paura di sbagliare
ancora solo ad emettere un suono e farla sentire peggio.
Le prese solo una mano.
«Non
piangere» le disse piano per incoraggiarla
«Io sono qui,
non me ne vado»
Valeryn si accostò al
suo petto, lui la circondò con un abbraccio poggiando il
mento sopra la sua testa.
«Scusami...
scusami se non te l’ho detto, sono una stupida»
Vittorio le
accarezzò i capelli quasi in automatico.
«Va tutto bene,
amore. Noi ce la caveremo, come... come abbiamo sempre fatto. Stai...
stai tranquilla» le sussurrò dolcemente.
Eppure Vittorio doveva
ancora tranquillizzare sé stesso. Non riusciva a capire. Non
comprendeva dove avevano sbagliato, com’era successo... Non
si aspettava mai e poi mai quello. Valeryn, era palese che stava
male, ma che fosse incinta... non riusciva a capacitarsene. Eppure era
vero, lei non stava scherzando, lei stava piangendo... Non voleva che
piangesse, lo distruggeva. Voleva solo vederla sorridere, voleva solo
che fosse felice. Ed un bambino... un bambino alla loro età
era troppo, si disse. Era troppo presto, erano troppo piccoli... Ma
era lei ciò
che contava in quel momento, voleva solo che stesse bene, ci avrebbero
pensato dopo, dopo.
L’abbracciò
forte, le baciò i capelli e non la mollò. La
ragazza si lasciò cullare amorevolmente dal suo abbraccio e
non pianse più.