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Autore: IndianaJones25    28/05/2021    1 recensioni
Indiana Jones si trova coinvolto in quella che è destinata a diventare la più celebre delle sue avventure: la conquista dell’Arca dell’Alleanza, il mitico artefatto biblico di cui gli esseri umani sono andati alla ricerca per oltre tremila anni. Tutto questo, però, non sarà soltanto una semplice impresa in competizione con i nazisti e con Belloq, il grande rivale di sempre: per Indiana Jones, infatti, significa dover finalmente fare i conti con il passato e chiudere un cerchio rimasto aperto per dieci anni, riannodando il legame perduto con Marion Ravenwood…
Una storia scritta in occasione del quarantesimo anniversario dell’uscita nei cinema del film “I predatori dell’Arca perduta” e della prima apparizione di Indiana Jones, 12 giugno 1981.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Marion Ravenwood, René Emile Belloq, Sallah el-Kahir
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III
QUESTIONE DI CHILOMETRI

    In mezzo al Mediterraneo

    E, così, erano di nuovo insieme. Lei e Indiana Jones. Chi avrebbe mai creduto che potesse essere possibile?
   Fino a pochi giorni prima, aveva odiato quell’uomo con tutta se stessa. Lo aveva odiato così tanto che, quando voleva arrabbiarsi per qualcosa, le era sufficiente farselo venire in mente per perdere le staffe e andare su tutte le furie. Era un modo semplice e rapido per farsi cogliere dalla rabbia e dire qualcosa di sferzante a chiunque fosse stato insieme a lei in quel momento, perché in quelle occasioni Marion non vedeva più il suo reale interlocutore – fosse Abner, o chiunque altro – bensì quella bestia di un Jones.
   Quando, poi, se l’era ritrovato davanti e lui, come se nulla fosse successo, come se non ci fosse niente altro di cui discutere – senza neppure scusarsi per… be’, per tutto! – aveva subito iniziato a parlare con quei suoi modi rozzi e sbrigativi, domandandole dove fosse il medaglione che le aveva regalato suo padre, non ci aveva visto più. Aveva stretto le dita, aveva lasciato partire il pugno, lo aveva colpito al mento, così forte da fargli girare la testa dall’altra parte. Sapeva di avergli fatto male e, in quel momento, ne aveva goduto parecchio. Sapere di avergli restituito almeno un briciolo del dolore che lei aveva patito per dieci anni a causa sua, l’aveva rinvigorita molto più dell’acqua bollente che, adesso, nelle docce della Bantu Wind, le scorreva sulla pelle, liberandola dal sudore, dalla polvere del deserto, dalla fatica.
   A dire il vero, la soddisfazione per aver colpito quello scimmione di Jones era stata così effimera che, quasi, non si era resa conto di averla provata. Subito, infatti, i ricordi le si erano riversati addosso con la violenza di un fiume in piena, e aveva avvertito di nuovo il bisogno di bere. Poco importava che avesse appena vinto una gara a base di alcol che avrebbe potuto stendere anche un cosacco delle steppe; si era sentita l’anima così inaridita che aveva dovuto sciacquarla in qualche maniera.
   In quel momento, lo aveva odiato più che mai. E, con trasecolato orrore e sgomento, si era resa conto di come il suo odio fosse amplificato da una certezza che aveva sempre avuto, ma che soltanto nel vederlo là, fermo accanto al caminetto acceso del suo bar, con quella specie di ghigno ironico e sfacciato dipinto sul volto da sbruffone matricolato, era divenuto una conferma. Nonostante il male che le aveva fatto, nonostante fosse stato così spregevole, nonostante tutto, dopo dieci anni lei lo amava ancora. Lo amava come il primo giorno, e tutto quell’odio era stata solo una bugia, un modo per mentire a se stessa. E forse – anzi, di sicuro – era stato questo a caricare il suo pugno con una forza maggiore di quella che pensasse di possedere.
   «Come si può amare uno così?» rifletté, senza trovare una risposta valida.
   Era così e basta. L’amore è una pazzia, una brutta bestia, la peggiore di tutte, che non conosce regole, che divampa come un fuoco improvviso fregandosene di tutto e di tutti. Per certe persone è una benedizione ma, a volte, anzi il più delle volte, si rivela quasi una maledizione, a cui purtroppo non esiste rimedio, all’infuori del tempo e della lontananza. Ma se, dopo dieci anni e due vite trascorse lontanissime senza incrociarsi mai, quel fuoco non si è ancora spento, neppure affievolito, allora si può stare certi che arderà in eterno, a dispetto di ogni più intima e profonda convinzione personale.
   Nei momenti e nei giorni successivi erano accadute talmente tante cose che non era quasi più riuscita a tornare su quei pensieri così contrastanti. Erano rimasti lì, da qualche parte nel suo subconscio, mentre si concentrava su tutto il resto. Soltanto ora, lontana dai pericoli e dalla frenesia, nella pace silenziosa del locale delle docce – da cui tutti i marinai intenti a darsi una ripulita, nel vederla sopraggiungere lungo il corridoio, si erano allontanati con modi deferenti, senza neppure bisogno che il capitano Katanga ordinasse alcunché – riusciva a trovare il modo di riepilogare tutto, facendo ordine nella costellazione di idee, ricordi, sensazioni e quant’altro che le si affastellava dentro la testa.
   Aveva dovuto convenire con se stessa, ovviamente, che Indy era un bell’uomo. Ancora più bello di quanto ricordasse; gli anni e le avventure, anziché infiacchirlo, lo avevano reso ancora più seducente e intrigante. Lo trovava attraente, soprattutto, ed emanava un fascino magnetico. Questo era innegabile. Marion non poteva fingere che non fosse così: era una donna e gli uomini le piacevano, poco da discutere su questo.
   Ma del fisico di Indiana Jones le importava poco o niente. Il mondo è pieno di uomini molto belli, anche più di lui, di certo maggiormente espressivi. A lei, semmai, interessava scoprire che cosa si nascondesse là dentro, sotto quella scorza dura da avventuriero provato a tutto. C’era ancora, nascosto da qualche parte, quell’animo buono, dolce e generoso di cui si era perdutamente innamorata quando era poco più che una ragazzina, oppure era stato tutto fagocitato dall’animaccia nera del giramondo egoista e brutale?
   Tale quesito l’aveva accompagnata per tutto il viaggio dal Nepal all’Egitto e si era acuito la prima notte al Cairo, mentre dormiva nella stanza che le era stata riservata in casa di Sallah. Dormiva per modo di dire. In verità si era svegliata nel pieno della notte.
   In un primo momento, aveva creduto che, a richiamarla dal sonno, fosse stato il chiarore della luna, che penetrava attraverso le imposte socchiuse e la circonfondeva di una luce argentea e lattiginosa. Poi, però, si era resa conto che a richiamare la sua attenzione era stato qualcos’altro.
   Una presenza là, sulla soglia. Aveva subito capito di chi si trattasse. Indy. La stava contemplando in silenzio, il respiro appena percettibile nel silenzio assoluto. Poteva quasi immaginare il suo sguardo fisso su di lei, il braccio e la spalla destri appoggiato allo stipite della porta, la mano sinistra infilata in tasca.
   Non si era mossa, cercando di scoprire le sue intenzioni. Voleva metterlo alla prova. Aveva udito i suoi passi leggeri – quanto sapeva essere leggero, quell’uomo così grossolano, quando lo desiderava – attraversare la stanza. Il materasso si era abbassato, cigolando lievemente, quando lui vi si era seduto sopra, e lei aveva trattenuto il respiro.
   Aveva continuato a mantenersi immobile, fingendo di dormire. Ma era anche ansiosa. Voleva vedere fin dove lui sarebbe arrivato.
   Se l’avesse toccata, se magari si fosse chinato per baciarla, per svegliarla e domandarle di concedersi a lui… non si sarebbe tirata indietro. Non avrebbe esitato a dargli la sua bocca, ad allargare le cosce per trarne reciproco piacere. Era una donna, anche lei aveva i suoi bisogni, e ricordava più che bene di come Indiana Jones fosse stato in grado di soddisfarla, nelle loro ardenti notti di tanti anni prima. Non avrebbe disdegnato l’idea di provare ancora una volta uno di quegli orgasmi vibranti e bollenti che, da adolescente, l’avevano sconvolta.
   Se lo avessero fatto, però, sarebbe stato qualcosa di insipido, privo di sentimento, semplice soddisfazione della carne e non dell’anima; e in quel preciso istante aveva giurato a se stessa che poi, dopo quella volta, non lo avrebbe nemmeno più sfiorato con un dito, né gli avrebbe mai più permesso di provare anche solo ad azzardarsi ad allungare una mano verso di lei.
   Ma Indy non si era mosso. Se ne stava semplicemente fermo lì, a guardarla, perso in chissà quali pensieri.
   Marion aveva aperto gli occhi e lo aveva fissato per un istante. Poi si era resa conto che, la vestaglia che le aveva prestato Fayah, era troppo larga per il suo corpo piuttosto minuto, e durante la notte era scivolata in basso, scoprendole il seno. Istintivamente, aveva raccolto le lenzuola e se le era tirate fin sul petto. Indy non aveva mosso un muscolo, come se non se ne fosse neppure accorto, limitandosi a ricambiare il suo sguardo, acceso di una luce misteriosa e penetrante per i riflessi della luna.
   Infine, dopo un attesa che era sembrata durare un’eternità, si era chinato in avanti. La ragazza aveva tremato per la delusione, in quel momento, perché aveva capito che lui la voleva e basta, e che il sognatore che aveva conosciuto dieci anni prima era ormai morto e sepolto sotto le coltri di arida sabbia che, molto più che attorno alle millenarie tombe di cui andava perennemente alla ricerca, si erano accumulate sopra il suo cuore.
   Invece, sorprendendo Marion e forse anche se stesso, Jones le aveva soltanto sfiorato la punta del naso con le labbra e si era rialzato, incamminandosi verso la porta.
   Mentre usciva, lei lo aveva richiamato.
   «Non pensare che non abbia voglia di te…» si era sorpresa a dire. «Non pensare che tutto questo mi sia indifferente… però, lasciami tempo… lasciami pensare…»
   Lui non aveva replicato nulla, però era certa che avesse sorriso. Un sorriso che non aveva niente a che fare con quel suo solito e orribile ghigno che trasudava ironia e sarcasmo. Era stato un sorriso vero, invece, un sorriso sincero e colmo di quella che, forse, poteva sembrare speranza. La speranza di un innamorato che non aveva mai rinunciato a cercare il suo tesoro più prezioso.
   Ma il tempo per pensare, nei due frenetici giorni che erano seguiti a quella notte, non c’era stato.

 
* * *

   Soltanto adesso, sotto il getto bollente della doccia, poteva sperare di capire qualcosa. Ma che cosa c’era da capire? Lei aveva già capito tutto.
   Aveva capito di aver giudicato troppo in fretta Indiana Jones, a causa della rabbia sua e del vecchio Abner. Indy, anni prima, l’aveva tradita, su questo non c’era dubbio; pur avendo giurato di avere in mente e nel cuore soltanto lei, era andato a letto con un’altra. Ma quello che sarebbe potuto essere un semplice litigio tra fidanzati, facilmente risolvibile dopo un periodo più o meno lungo di lontananza e di scuse, era stato tramutato in una tragedia dalla presenza ingombrante di Ravenwood. Il vecchio archeologo, che non attendeva altro che di trovare una scusa valida per saltare al collo di Jones, era scattato come una molla. E un litigio comune si era trasformato in quella specie di grottesca tragedia che, da anni, riviveva come il peggiore degli incubi a occhi aperti.
   Suo padre l’aveva influenzata con il suo rancore, ne era certa, anche se stava cominciando a rendersene conto solo ora. E, quando era morto, era come se glielo avesse lasciato tutto in eredità, insieme a ben poche altre cose, se si escludevano i numerosi debiti contratti per mezzo mondo.
   Era stato facile, e anche confortante, in tutto quel tempo, addebitare ogni colpa a Indiana Jones. Un modo per lavarsi la coscienza e, in qualche modo, sfuggire alla realtà, sottrarsi a ciò che sarebbe dovuto essere così palese: le condizioni miserevoli in cui avevano vissuto erano da addebitarsi solo ed esclusivamente alla testardaggine e all’orgoglio ferito di Abner, nonché alla sua rabbia che le aveva impedito, anche una volta divenuta maggiorenne, di far ragionare il vecchio prima che fosse troppo tardi.
   L’acqua le scorreva addosso, rinfrancandola, lambendo ogni millimetro della sua pelle e facendo venire a galla ogni pensiero. Sembrava che la sua coscienza aleggiasse nell’aria, sostenuta dai fumi biancastri del vapore, e questo l’aiutava tantissimo. Per la prima volta da dieci anni a quella parte, Marion si sentiva libera di fare un ragionamento compiuto e privo dei filtri rossi e incandescenti della collera.
   Aveva capito che Indy non era il meschino che lei sperava che fosse. Non assomigliava affatto all’essere immondo e mostruoso che, per semplice ripicca, si era figurata dinnanzi agli occhi in quegli anni ogni volta che aveva pensato a lui. Era un brav’uomo, invece. Era fatto a modo suo, d’accordo: non era un santo, tanto per dirne una. Di che lamentarsi? Nemmeno lei lo era. Non una santa e nemmeno una suora, eppure non pensava a se stessa come a una specie di creatura ripugnante. Erano semplicemente due libertini, con la sola differenza che lui lo era per totale scelta, lei più per necessità, anche se non poteva negare di essere stata spesso parecchio compiaciuta, di fronte alle attenzioni che le riservavano gli uomini a cui si accompagnava per bisogno.
   In compenso, Indy era pronto persino a correre rischi enormi pur di aiutare le persone a cui teneva e per impedire che si compisse il male. E glielo aveva ampiamente dimostrato, senza esitare nemmeno per un istante. Quando l’aveva ritrovata in quella tenda nell’accampamento… era stato in quel momento che aveva compreso che lui l’amava. Nei suoi occhi aveva visto accendersi una scintilla che aveva espresso tutta la sua gioia nel ritrovarla viva. E aveva talmente dimostrato di amarla – anche di questo si rendeva conto solo ora – che aveva preferito lasciarla lì, nella relativa sicurezza della prigionia, piuttosto che condurla con sé, dove sarebbe stata maggiormente in pericolo. E, più tardi, aveva corso rischi enormi, non soltanto per recuperare l’Arca, ma anche – e soprattutto – per salvare lei.
   Aveva capito di amarlo ancora, senza più nessuna traccia di quell’odio che non era mai davvero esistito, che era stato un semplice parto della sua immaginazione.
   «E adesso?» mormorò.
   Che cosa doveva fare, adesso che aveva raggiunto quella consapevolezza? Continuare a fingere non sarebbe più servito a nulla. E anche mantenersi distaccata, giunti a questo punto, sarebbe stato ridicolo. Poteva soltanto attendere, aspettare che lui facesse il primo passo. E se non lo avesse fatto? Se si fosse mantenuto immobile, come quella notte nella stanza al Cairo? Be’, in questo caso, avrebbe agito lei. Non era il tipo da perdersi in tentennamenti, Marion Ravenwood. Se Indiana Jones fosse rimasto bloccato nella sua apatia, avrebbe pensato lei a riscuoterlo. Esattamente come recitava quel vecchio detto su Maometto che andava alla montagna visto che la montagna non si decideva proprio a venire da Maometto: in pratica, se una cosa non accade, falla accadere tu.
   Chiuse il rubinetto incrostato di calcare e di ruggine e cominciò ad asciugarsi con una salvietta non troppo pulita che aveva preso dal portasciugamani.
   Un sorrisetto le comparve sulle labbra mentre ripensava alla situazione analoga di dieci anni prima, quando la loro passione era sbocciata. Anche allora, Indy era rimasto fermo a guardarla, era proprio il caso di dirlo. Era stata lei a fare il primo passo, vincendo ogni barriera, e alla fine lui le si era abbandonato completamente. Con ogni probabilità, il loro amore era nato proprio quella notte lontana e, da allora, non si era mai affievolito, sebbene avessero fatto entrambi di tutto e di più per riuscire a distruggerlo.
   Si avvolse nell’asciugamano, stringendolo con un nodo all’altezza delle spalle, e si avviò verso la porta del locale. L’aprì e si trovò dinnanzi il capitano Katanga, appoggiato mollemente contro la paratia. Tra le mani teneva un involto.
   «Capitano…» mormorò Marion, lievemente a disagio. «Mi aspettava?»
   Katanga parve subito intenzionato a mettere le cose in chiaro.
   «Sapendo che si stava lavando, ho voluto montare personalmente di guardia alla porta per evitare che qualcuno entrasse, per sbaglio o… apposta» rispose. «Conosco benissimo i miei marinai e so quanto siano rispettosi, ma sa com’è… non capita spesso di avere una ragazza a bordo, specialmente incantevole come lei, signorina Marion, e non volevo che qualcuno di loro si facesse prendere dalla curiosità di venire a darle una sbirciatina troppo da vicino.»
   Marion allargò le labbra in un grande sorriso luminoso.
   «Oh, capitano, non doveva affatto preoccuparsi di questo» rispose, con ilarità. «I suoi uomini sono stati bravissimi, appena mi hanno notata si sono defilati. E le assicuro che, da parte mia, non avrei avuto alcun problema a fare la doccia in mezzo agli uomini… ne ho passate talmente tante, in questi anni, che gli sguardi maschili, anche i più indiscreti, non mi fanno più nessun effetto. Stare nuda in mezzo a loro non mi avrebbe scandalizzata.» Velocemente, ripensò a quando Indy si era seduto sul letto e si era coperta velocemente il seno: doveva correggersi, c’era almeno uno sguardo maschile, uno in tutto il mondo, che riusciva a farle un certo tipo di effetto.
   Katanga ridacchiò.
   «Non ho dubbi su questo, signorina Ravenwood. Ma il problema sarebbe stato mio, perché poi mi sarei ritrovato con una schiera di fannulloni arrapati e desiderosi soltanto di commentare per tutta la notte l’inatteso spettacolo… no, no, è stato meglio così.»
   Sollevate le braccia, le porse l’involto.
   «Comunque, l’aspettavo anche per darle questo…»
   Il volto di Marion, ancora arrossato per l’acqua calda, parve illuminarsi.
   «Un regalo? Per me?»
   In quel momento, si sentiva davvero come una bambina. Da quanto tempo non riceveva più un regalo? Non riusciva nemmeno a rammentarselo. Anni e anni, di sicuro. Fece per allungare le mani, ma poi le ritrasse, colta da un lieve imbarazzo.
   «Ma… capitano… non doveva disturbarsi…»
   «Nessun disturbo» assicurò lui, porgendole ancora il pacco e incitandola con lo sguardo perché lo prendesse. «Visto che deve trascorrere la notte nella mia cabina, e considerate le condizioni del suo abito quando è salita a bordo, ho pensato che ne avrebbe avuto bisogno…»
   Marion, non resistendo oltre alla tentazione, lo prese tra le mani. La carta dell’involto sembrava contenere qualcosa di impalpabile. Vinta dalla curiosità, la disfò. Sotto i suoi occhi comparve una splendida vestaglia di seta color argento.
   «Ma… è…» balbettò, incredula. Alzò lo sguardo su Katanga. «Capitano… grazie…»
   Il pirata fece un sorrisetto audace e accolse volentieri il bacio che, subito dopo, Marion gli stampò sulla guancia che odorava di tabacco. Restò per qualche secondo a contemplarla – forse, a dispetto di tutte le sue buone intenzioni, non gli sarebbe affatto dispiaciuto vedere la ragazza sfilarsi di dosso l’asciugamano e sostituirlo con la camicia da notte  proprio davanti ai suoi occhi – quindi sorrise ancora.
   «Le auguro la buonanotte, signorina Ravenwood.»
   Lei, che aveva ripreso a palpare la stoffa morbida, alzò di nuovo gli occhi per ringraziare ancora e ricambiare la buonanotte, ma Katanga si stava già allontanando lungo il corridoio, facendo scricchiolare le assi del pavimento con il suo passo rapido e deciso.
   Marion lo osservò finché non ebbe girato l’angolo. A quel punto, come riscossasi, tornò dentro il locale delle docce per indossare la vestaglia.

 
* * *

   Indy, in un primo momento, non era sembrato molto propenso a ricevere le sue attenzioni. Non aveva fatto altro che lamentarsi dei dolori, dicendo che aveva male dappertutto e che voleva soltanto stendersi e mettersi a dormire. Non aveva affatto bisogno di un’infermiera che si prendesse cura di lui.
   «Non sei più l’uomo che ho conosciuto dieci anni fa» aveva sorriso lei, osservando nello specchio la sua immagine disfatta.
   «Non sono gli anni, amore» aveva borbottato per tutta risposta Jones. «Sono i chilometri…»
   Poi, a poco a poco, si era finalmente lasciato andare. Il suo corpo, così teso e rigido, si era ammorbidito sotto i suoi tocchi delicati, mentre posava le labbra in ogni punto che, a suo dire, non gli faceva male. Quando, alla fine, lui le aveva detto che nemmeno le labbra gli dolevano, Marion si era sentita sciogliere. Si era distesa meglio su di lui, aveva avvicinato la bocca alla sua e aveva chiuso gli occhi.
   Finalmente il bacio era arrivato, quel bacio che avevano sognato per anni, quel bacio che avevano così a lungo atteso e, allo stesso tempo, temuto, perché non sapevano che cosa avrebbe significato per davvero… e, mentre lo baciava, Indy si era rilassato un po’ troppo, crollando addormentato a causa della fatica e della stanchezza.
   Sulle prime, Marion aveva creduto che stesse scherzando. Poi, però, con disappunto, si era resa conto che non fingeva. Il respiro regolare, gli occhi chiusi, il volto girato leggermente di lato. Jones dormiva per davvero.
   Si sentiva pronta a ricominciare tutto da dove lo avevano interrotto tanto tempo prima, voleva davvero riavviare la loro vecchia storia, ma se lui collaborava a quel modo… non aveva nessuna voglia di dover aspettare ancora – magari persino altri dieci anni! – perché Indy si decidesse a uscire dal suo guscio.
   Poi, però, guardandolo addormentato, si era sentita addolcire. Da quanto tempo era, che non avevano più condiviso un momento così intimo e delicato come il sonno? Quand’era stata l’ultima volta che si erano trovati assieme in un letto, immersi nel buio e nel silenzio?
   Quella visione inattesa la stava facendo sentire davvero bene. Forse non era esattamente come fare l’amore, però era qualcosa che gli si avvicinava parecchio. Dormire uno accanto all’altra, come una volta… era la cosa più romantica a cui riuscisse a pensare in quel momento.
   Era tornata a rilassarsi, adagiandosi piano contro il suo petto. Indy non aveva esattamente un buon odore – al contrario di lei, si era ben guardato dal farsi una doccia – ma a lei non dava fastidio per niente. Tutto ciò che proveniva da lui, in quel momento, le sembrava quanto di più bello e di più dolce potesse sperare di incontrare in vita sua.
   Aveva ascoltato il suo respiro, vi si era sincronizzata, aveva chiuso gli occhi.

 
* * *

   Marion era stata risvegliata nel cuore della notte da qualcosa che si muoveva tra i suoi capelli.
   In un primo momento, atterrita, aveva pensato che un topo fosse entrato nella cabina e si fosse arrampicato sul letto, venendo a giocare proprio addosso a lei. Di topi, su quella vecchia nave rugginosa, dovevano essercene una vera infinità. Poi, però, nell’oscurità che la circondava, si era resa conto che quel tocco erano le dita di Indy, che l’accarezzavano piano.
   «Non avevi detto che i chilometri ti avevano abbattuto?» lo canzonò con un bisbiglio improvviso.
   Indy quasi sussultò, non aspettandosi di udire la sua voce. Anche attraverso il buio, però, Marion fu certa di avere visto un sorriso increspargli le labbra.
   «I chilometri, amore, li ho lasciati nel deserto. Ora sono qui, sdraiato con la più bella creatura su cui si siano mai posati i miei occhi…»
   Marion fece un risolino.
   «Vuoi forse dire che c’è un topo, qui dentro?» disse, avvicinando il volto al suo. «Allora era vera, la sensazione che ho avuto nel svegliarmi…»
   Anziché risponderle, Indy l’attirò a sé e cominciò a baciarla. Continuò a muovere le mani tra i suoi capelli, prima di abbassarle lentamente e quasi con timidezza lungo il collo e sulle spalle, dove indugiò attorno alle spalline della camicia da notte. Sembrava quasi che attendesse che lei gli desse il permesso per spingersi più oltre. La toccava adagio, con estrema delicatezza, come se lei fosse stata una fragile e preziosa porcellana rifinita e lui avesse avuto paura di poterla rompere con i suoi modi grezzi.
   Marion sospirò, assaporando le sue labbra, facendo scivolare la lingua nella sua bocca.
   Poco per volta, si stavano riappropriando di quel terreno che avevano perduto senza averlo mai dimenticato. E le piaceva, le piaceva davvero moltissimo. Non c’era nulla che potesse essere considerato migliore o più desiderabile che starsene lì, insieme, ad accarezzarsi, a baciarsi, a spogliarsi con studiata lentezza, mentre tutti gli anni che avevano perduto e sprecato si condensavano in quella prima notte d’amore e di passione, durante la quale il bisogno di parlare fu smorzato dalla voglia di stare insieme, ancora una volta, e magari questa volta per sempre.
   
 
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