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Autore: artemide88    30/05/2021    2 recensioni
Isabella Black frequenta la più importante scuola della Virginia e non solo ha ottimi voti, ma sta per diplomarsi con un anno di anticipo. Vuole andarsene, da quella scuola e quella città, il prima possibile perché odia i bulli che la perseguitano. Potrebbe però avere vita più facile se rivelasse un piccolo dettaglio sulla sua vita...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buona lettura.




CAPITOLO 21

“Baciami. Baciami ancora come se fosse l’ultimo bacio che mi dai.” Adesso che sapevo che sarebbe tornato a casa con me, potevo implorarlo e avevo i miei buoni motivi per farlo. “Pensi che a tua nonna dispiaccia se ci chiudiamo qui in camera?”
“Signorina Swan,” Mi disse fintamente inorridito. “Non la facevo così audace.”
Visto che pensava solo a fare lo spiritoso, presi io l’iniziativa, scattai veloce verso la porta, la chiusi a chiave e poi mi avventai su di lui. Quasi un mese di lontananza per me, che ero diventata dipendete dai suoi baci e dalle sue carezze, era un’eternità.
Ci trovammo a rotolare sul letto, presi dalla passione. Emisi sospiri di piacere così forti che Edward mi tappò la bocca con un bacio per non farmi sentire dagli altri abitanti della casa.
“Shhh, piccola, o ti sentiranno pure in strada.” 
In strada. Un barlume di lucidità mi riscosse dal vortice di piacere. Avrei continuato volentieri a dedicarmi alla terza base con Edward, ma ricordai fin troppo bene il motivo per cui ero stata così sfacciata.
Rimandai a un altro momento le esternazioni meno pudiche. 
Proposi quindi di salutare i Masen, cenare e andare direttamente in aeroporto. Avevo anche paura che Edward cambiasse idea, meglio uscire il prima possibile da quella casa. 
“Oh, ma c’è la piccola Rossella.” La zia di Edward nemmeno ci provava a essere carina con me. Mi aveva chiamato sempre così. Nei due giorni che ero rimasta con loro per il funerale; mi ero mostrata superiore, senza cedere agli insulti che sentivo bloccati sulla lingua.
“Camilla.” Nonna Masen non approvava la scortesia della nuora, anche se non le andavo a genio. Si vedeva lontano chilometri che adorava suo nipote e che avrebbe voluto tenerlo lì con sé per sempre. “Hai deciso di partire, Edward?” Il suo sguardo si spostò dalla nuora alle nostre mani intrecciate e infine sulla valigia pronta alle nostre spalle. Mi voltai verso il mio ragazzo che si passò la mano libera tra i capelli, colpevole. Non aveva detto ancora nulla alla nonna.
“La piccola Rossella è venuta a rimetterti il guinzaglio?”
Sospirai pesantemente. “Via col vento è ambientato in Georgia, non in Virginia.” Edward trattenne a stento una risatina. Alla zia andò di traverso la bile, tanto era verde.
“È ora che io torni a casa, nonna. Ho abusato fin troppo della tua ospitalità.”
“Non devi per forza vivere con tuo padre, se non vuoi. Qui hai una famiglia che ti vuole bene.”
Edward si fece avanti e prese le mani di sua nonna tra le sue. “Grazie di tutto. Ma non posso nascondermi qui ancora a lungo. Mamma...mamma non voleva che vivessi a New York e non credo di volerlo nemmeno io. È stato bello stare qui per un mese, mi è sembrato di stare vicino a mamma in qualche modo.” La nonna annuì, il dolore ancora fresco, ma addolcito dalla vicinanza del nipote.
“Inoltre ho perso fin troppi giorni di scuola.” Si voltò per farmi l’occhiolino. “Il preside mi ha garantito una certa libertà data la situazione, devo solo sostenere alcune verifiche.”
“Potrei farti ammettere domani stesso nella migliore scuola della città se tu lo volessi. Sei lo studente migliore della Virginia.” Edward sbuffò ridacchiando.
“Vorrei fosse così, ma temo di doverti deludere. È Isabella la migliore. Frequenta tutti i corsi avanzati dell’ultimo anno e si diploma con un anno di anticipo.” La signora Masen mi squadrò oltre la spalla del nipote. Per essere una Yankee ne aveva di pregiudizi. 
“Non credo proprio di esser più dotata di suo nipote. Faccio fatica a stargli dietro a biologia.” 
Lui tese la mano all’indietro perché la stringessi. Eppure la signora non si diede per vita e attaccò anche il titolo di Cigno Bianco. Ripensai alla lettera di Elisabeth, a come lei avesse compreso che il Cigno Bianco non era solo un titolo scolastico, ma qualcosa di più profondo, un’attitudine caratteriale e morale. Sarà stata anche di New York, ma aveva un’anima molto più del sud di quanto sospettasse la madre la quale conosceva davvero poco Edward e la nostra realtà.
Lungo le nostre mani intrecciate passò in silenzio la vecchia maledizione di famiglia.
“Nonna ti prego. Non rendere questo arrivederci ancora più difficile.”
Interruppi il pesante silenzio che si era creato.
“Ti aspetto all’ascensore, Edward.” Volevo lasciare loro un attimo privato per salutarsi a dovere. Io accennai freddamente un arrivederci alle due donne e mi avviai all’ingresso. Avevo solo fatto un passo in quella direzione che sentii dire dalla zia Camilla che Edward non doveva tornare in Virginia solo per seguire una gonnella. Aveva davvero un’alta considerazione dell’amore.
Mike Newton mi teneva la porta aperta per farmi uscire il prima possibile dalle loro vite. Avevo il terrore immotivato che volessero chiudere Edward in quella casa per sempre. Presi un biglietto sulla consolle del corridoio e vergai in fretta un breve messaggio per nonna Masen, restando nello spazio vuoto della porta, così il lacchè non avrebbe potuto chiuderla.
Quando Edward arrivò dopo cinque minuti, consegnai il biglietto a Mike e ce ne andammo.
“Baciami ancora, ti prego.”
“A cosa devo questa focosità?” Ridacchiò sul mio collo, le ombre scure che gli adombravano il viso per i saluti alla famiglia erano quasi sparite.
Il plin dell’ascensore mi tolse la possibilità di avvertirlo.
“Ce ne avete messo di tempo!”
Purtroppo Jacob era a casa quel week end e aveva fatto spuntare la sua testa dal soggiorno quando ero tornata dal poligono, insistendo per accompagnarmi a New York, non appena mamma mi aveva dato il permesso di partire. Voleva assicurarsi che non finissi nei guai e che almeno io tornassi a casa. 
Fratello stupido e iperprotettivo. 
In più papà aveva caldeggiato la sua presenza al mio fianco. Senza dubbio, si era rivelato almeno utilissimo nel distrarre il portiere del palazzo per permettermi di salire indisturbata sull’ascensore, ma sapevo che non avrebbe gradito troppe esternazioni affettuose da parte nostra. La fretta di andarmene dall’appartamento era dettata anche dal comportamento da cavernicolo di Jacob, che avrebbe potuto stendere il portiere, salire al piano dei Masen e buttar giù una serie di porte se avesse anche solo sospettato, giustamente, cosa stavamo facendo.
Le porte dell’ascensore si chiusero alle nostre spalle e fui costretta a guardare il brutto muso di mio fratello. Edward storse il naso. “Poteva essere un volo interessante.”
Mi venne quasi da piangere al pensiero del volo, funestato dalla presenza di Jacob.
Mio fratello, come previsto, cercò di tenerci il più possibile separati. Sul taxi spedì Edward vicino al taxista e al ristorante si mise tra di noi.
Eravamo seduti nella vip lounge dell’aeroporto, in attesa del nostro volo e Jacob si era allontanato per andare in bagno. Gli doveva proprio scoppiare la vescica se aveva deciso di lasciarci soli, senza trascinarmi con lui.
“Dormi, Bella.” La testa mi cadeva in avanti con scatti che mi svegliavano all’improvviso. Non erano passate neanche ventiquattro ore dal mio intenso allenamento al poligono. Era davvero troppo tempo che non ci mettevo piede e la fatica e l’acido lattico riempivano i miei muscoli che protestavano a ogni piccolo movimento. 
“Tu pensi davvero che io sia la migliore a scuola?” Domandai tra uno sbadiglio e l’altro.
“Meriteresti tu il titolo di Cigno Bianco. O forse no.” Edward mi fece accoccolare sulle poltroncine, le sue gambe come cuscino. “Tu sei un Cigno Nero. Sai che prima della scoperta in Australia, si pensava che tutti i cigni fossero bianchi? Tu sei l’evento inaspettato, imprevedibile e raro. Per questo sei la migliore.”
Avrei dovuto mettermi a piangere a questa dichiarazione, ma non ebbi la forza di far altro che sorridere debolmente sulle sue cosce muscolose. 
“Dorme, finalmente?” La voce possente di Jake mi arrivò attutita attraverso il velo del sonno. “Ai miei è preso un colpo quando l’hanno vista togliere l’arco dal ripostiglio.”
“...per tua madre.” La voce di mio fratello andava e veniva, come se fosse su una radio sintonizzata male e che trasmetteva solo la sua voce. Ma apprezzai che volesse conversare civilmente con il mio ragazzo. La mia coscienza fluttuava nel limbo dei sogni, al di qua e al di là del sonno profondo. Al di là quando parlarono di football, al di qua quando l’argomento ero io.
“Voglio solo sapere che intenzioni hai.”
“Non credo proprio che siano affari tuoi.” Edward manteneva un tono di voce vellutato che accarezzava i miei sensi, così come la sua mano accarezzava la mia schiena. 
“Tutto d’un tratto ti accorgi che esiste, le dai la tua maglia da quarterback e smetti di insultarla?”
“Dovresti esserne felice, no? Io e Bella abbiamo risolto i nostri...contrasti.” Jake disse qualcosa che non compresi e Edward sbottò. “Non riesci proprio a capacitarti del fatto che tua sorella mi piaccia? Il vero peccato è che in pochi sappiano quanto sia straordinaria.”
“Io devo proteggerla.”
“Tu devi rispettarla.” Temevo che si mettessero a litigare in mezzo alla stanza. Per fortuna c’erano pochi altri passeggeri vista l’ora. Involontariamente la mia schiena ebbe un sussulto. La mano di Edward si fermò per un secondo e poi riprese la sua carezza, come se avesse intuito che ero solo in dormiveglia.
“E tu la rispetti? Isabella è…insomma, ha poca dimestichezza con i ragazzi.”
“Oh beh, lo avevo intuito.” Jake poteva anche tenere la bocca chiusa, una volta tanto.
“È ingenua. Noi ci divertiamo con le ragazze Edward. Siamo indelicati, soprattutto con i loro sentimenti.”
“È indelicato parlare di tua sorella alle tre di notte, in aeroporto, con lei presente, anche se addormentata. Ma non stiamo parlando solo dei suoi sentimenti.” Lo sbuffo di Jake valse più di mille parole. “Davvero vuoi parlarne?”
“Noi ci divertiamo con le ragazze.” Ripeté mio fratello, come se il fatto di essere vergine inducesse Edward a stare con me per divertimento. Sprofondai nel sonno pur di non sentir più parlare della mia verginità.
Dormii forse cinque minuti, forse un’ora. Mi svegliai all’improvviso quando annunciarono il nostro volo all’altoparlante.
Jake stava chiedendo qualcosa circa il successore.
“Successore?” Chiesi con la voce impastata. Mi sentivo stordita e mi alzai a fatica dalle gambe di Edward.
“L’anno prossimo qualcuno andrà al college, no? Non si può lasciare il posto di Cigno al primo che capita.” 
Mio fratello alzò gli occhi al cielo perché non si capacitava mai della mia indifferenza per le tradizioni scolastiche. "Il sostituto del tuo ragazzo è un inetto, ha voti mediocri. Per me era stato facile scegliere.”
“Potrebbe anche essere una ragazza per una volta.” Feci notare, ma il sibilo di Jacob mi tolse ogni dubbio. Ah, il maschilismo intrecciato alle vecchie tradizioni famigliari.
Alzai le spalle, mentre Edward che se la rideva sotto i baffi, mi aiutò a rimettermi in piedi e recuperò il mio zaino, oltre che la sua valigia. 
Stupido uomo del sud.

Il nostro tavolo a mensa era troppo affollato per i miei gusti quel lunedì a mezzogiorno. Un’interminabile processione di strette di mano e condoglianze tali da indurre Edward a chiedermi di fuggire, la mano dolorante e il cuore pesante. Troppi commenti fuori luogo e sentimenti falsi.
In corridoio, gli strinsi delicatamente la sinistra e camminammo lenti, godendoci il silenzio.
“Infilzare qualche freccia...funziona?”
“Funziona se sai su chi indirizzare la tua rabbia, tipo bambolina vudù.”
“Hai qualche foto della Stanley?”
“Qualcuna. Dipende da quante te ne servono.” Ne avevo circa un centinaio, ma avrei voluto tenermene qualcuna di scorta. Il plico di quelle di Edward si era assottigliato parecchio il sabato precedente. Una era finita anche nel mio comodino. “Se becchi il naso sono cinquanta punti, la bocca cento, la fronte mille. Che ha fatto?”
La stronza, come al solito. Dopo l’allenamento prescolastico, perfetto a detta di Edward, il mio ragazzo era andato a prendere i libri al suo armadietto, i capelli ancora umidi di doccia, prima di raggiungermi al mio come stabilito.
Lì aveva però trovato Jessica in attesa. La voce del rientro del Cigno Bianco a scuola si era diffusa in fretta e lei ne aveva subito approfittato per sbarragli la strada, per accarezzagli in modo provocante il braccio, prima di singhiozzare il suo finto dolore per il lutto di Edward. Gli aveva offerto conforto, anche fisico.
Avrei totalizzato un bel punteggio, pensai vista la rabbia che quell’arpia riusciva sempre a suscitare in me. 
Strinsi di più la mano di Edward.
Quella stupida vipera. Forse avrei portato l’arco anche a scuola, stile amazzone selvaggia, e avrei messo una sua foto bucata sul suo armadietto. Bucata con una freccia in fronte. E che mi sospendessero pure, la soddisfazione sarebbe stata troppa. Forse avrebbe capito che non ci guadagnava nulla a sfidarmi o a cercare di prendere ciò che era mio.
Edward stava ancora troppo male per sopportare quei finti cordogli e lacrime ipocrite.
“Speravo venissi a salvarmi.” Disse rivolgendomi un’occhiata da cerbiatto ferito.
“Un uomo del sud come te che non sa difendersi?” Lo provocai ironica. “Sono stata trattenuta. Emmett e Jasper piangevano come femminucce perché sei tornato e volevano ringraziarmi. Ho offerto loro un fazzolettino.” Emmett mi aveva spintonato e i miei muscoli avevano emesso un gemito di protesta.
Riuscii a farlo ridere. “Anche il coach non scherzava stamattina.”
Avevamo mantenuto il segreto sul suo rientro e papà era stato una tomba con chiunque per fare una sorpresa a tutta la scuola. “Potrebbe anche farti una statua in mezzo al campo di football se sapesse che gli hai riportato il suo preferito.”
Restò in silenzio qualche secondo, l’eco della risata ormai lontana, prima che osasse chiedere quante fossero le sue, di foto.
“Quindi i miei mal di testa continui erano dovuti a te e alle tue frecce. Che bei punteggi devi aver fatto.” Sorrise timido e imbarazzato.
“Come i miei erano dovuti a te. Mi facevi impazzire e mi piacevi così tanto allo stesso tempo.” Confessai arrossendo come una scolaretta.
“Siamo stati lontano troppo a lungo. New York è stata una pausa non necessaria e decisamente troppo lunga.”
Scossi la testa. “Ne avevi bisogno. Tuo padre e tua nonna ne avevano bisogno.” Edward mi aveva raccontato della lunga conversazione, per una volta civile e sincera, avuta con il padre dopo che quest’ultimo era venuto, a sorpresa, a prenderlo in aeroporto. Si erano scambiati una rigida stretta di mano e un abbraccio non meno impacciato e erano andati a casa senza nessuna parola. Il dottor Cullen mi aveva solo sorriso e rivolto un cenno oltre la spalla, a mo’ di ringraziamento.
In quel gesto avevo rivisto così tanto del ragazzo al mio fianco che nemmeno di rendeva conto di quanto assomigliasse a suo padre.
“Ho fatto richiesta per Georgetown e per la Brown.” Mi annunciò Edward.
“Niente California o Boston?”
“Niente California o Boston.” Confermò.
“Peccato. Io ho fatto richiesta per la California o Boston.” Eravamo arrivati quasi alla biblioteca, nel corridoio testimone del nostro primo bacio. “Quando avremo le risposte, decideremo dove andare, insieme.”
Ci baciammo come era successo quasi due mesi prima.
“Spero tu non abbia impegni per Capodanno.” Osai chiedergli quando ci staccammo, senza fiato. “Avevo pensato di festeggiarlo insieme a Time Sqare.” Proposi con nonchalance. Dovevo confessare tutto d’un fiato per non perdere il coraggio della mia bravata. Non era facile con la sua bocca a pochi centimetri dalla mia. “Potrei aver promesso a tua nonna che saresti tornato a farle visita per l’anno nuovo.”
“Mi stavo giusto chiedendo quando me lo avresti detto. A nonna è preso un colpo quando ha letto il tuo biglietto e ieri mi ha chiamato per dirmi che le farebbe piacere ospitarci e che forse si è sbagliata su di te. Ha riso, come non faceva da un anno, leggendo che un’educata ragazza del sud di buona famiglia usa espressioni come a costo di prenderlo a calci in culo.”
Mi strinse di più nel suo abbraccio e soffocò le risate tra i miei capelli. Il bacio che seguì fu casto e pieno di tutto il nostro amore.

   
 
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