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Autore: GReina    31/05/2021    3 recensioni
[sakuatsu]
La vita di Atsumu ha raggiunto una perfetta routine quotidiana insieme a Kiyoomi fin quando un uomo non bussa in casa loro con una notizia: Atsumu ha due figli di quattro anni e dovrà prendersi cura di loro.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 14

Kiyoomi vide Atsumu suonare teso il campanello di casa Suzuki, così allungò una mano ed intrecciò le dita con quelle del suo ragazzo. Quando i loro sguardi s’incontrarono gli sorrise incoraggiante ed il biondo si rilassò. Subito dopo la signora Suzuki stava aprendo la porta.
“Atsumu, Sakusa, benvenuti.” sorrise cordiale prima di abbassare lo sguardo sui bambini ed ampliare il sorriso “Akihiko, Kamiko! Ciao, cari.” li abbracciò, poi lasciò entrare tutti guidandoli in salotto dove vennero salutati anche dall’uomo di casa.
Il giorno prima Atsumu aveva telefonato ai coniugi per avvertirli della trasferta ad Osaka e chiedergli se avessero voglia di riabbracciare i nipoti. Lui e Kiyoomi non erano sicuri di che metodo usassero per educarli, ma era chiaro che gli volessero bene almeno tanto quanto era chiaro che tenessero alle apparenze: sapevano che non avrebbero rifiutato.
Bevvero con calma il caffè che gli venne offerto chiacchierando dei gemelli, perlopiù. Gli dissero dell’asilo, dei disegni e poco altro. Kobayashi – al quale avevano spiegato del cellulare e della tattica per recuperarlo – aveva consigliato loro di non dilungarsi in dettagli, e così fecero.
“Nonna, posso prendere alcuni giochi da portare via?” chiese Kami con fare innocente; Aki era aggrappato a lei e guardava la nonna come se temesse di essere scoperto.
“Certo, cara. Ma non lasciare la camera in disordine.” si raccomandò. La bambina annuì contenta e corse di sopra insieme al fratellino. Gli adulti continuarono a parlare del più e del meno, ma Kiyoomi stava seguendo solo in parte la conversazione; il resto di lui era attento a cogliere le più lievi sfumature di marcio nei Suzuki, sfumature che al loro precedente e unico incontro non avevano colto. Iniziò a storcere il naso, quindi, ogni volta che si riferivano a lui come amico di Atsumu dubitando che fosse sempre un errore, o quando alludevano al fatto che Kami avrebbe avuto bisogno di una figura femminile, o ancora quando – palesemente falsi – sorridevano senza realmente rispondere a certe loro affermazioni con cui non andavano d’accordo.
Quando Honzo finì di parlare delle ultime elezioni sindacali della città, tutti poterono sentire i passi dei bambini scendere le scale. Kiyoomi percepì il corpo di Atsumu irrigidirsi come fece lui, ma entrambi riuscirono bene a camuffare la tensione e quando – entrando in salotto con le mani piede di peluche – Kami sorrise malandrina verso il biondo con tanto di occhiolino, poterono rilassarsi davvero. Sakusa non poteva farne a meno, ed ogni volta che nelle smorfie della bambina ne riconosceva una di Atsumu sorrideva felice e orgoglioso.
“Sarà meglio andare.” disse alzandosi insieme al proprio compagno. L’alzatore annuì e gli diede manforte:
“Abbiamo gli ultimi allenamenti con la squadra prima della partita di domani.” inventò di sana pianta.
“Ma certo.” intervenne Mayumi.
“Potete lasciarli qui per stanotte, se non avete chi li tiene d’occhio mentre giocate.” propose il marito, ma gli altri si affrettarono a negare.
“È tutto a posto, abbiamo chi ce li tiene e le partite non dureranno molto.” i signori Suzuki annuirono, poi fecero strada verso la porta. Abbracciarono ancora i gemelli, poi salutarono loro.
“Kobayashi aveva ragione.” sospirò di sollievo Atsumu una volta che furono in macchina “A loro non sono ancora arrivati i documenti.” Kiyoomi annuì. In caso contrario sarebbe stato meno semplice convincerli a lasciare ad Atsumu ancora qualche giorno per firmarli.
“Fortuna che non sanno come funzionano i computer.” rispose, poi entrambi si voltarono verso Kami.
“Allora?” chiese il biondo “L’hai preso?” la bambina alzò vittoriosa il cellulare.
“Preso!!” poi lo porse ad Atsumu che se lo rigirò tra le mani giusto per un attimo prima di guardare sorridente verso Kiyoomi.
“Ha il mio stesso caricabatteria!”
“Andiamo a scoprire cosa c’è lì dentro di tanto importante, allora.”

 
===
 
Mentre aspettavano quei pochi minuti affinché il cellulare si caricasse abbastanza da essere acceso, Atsumu si ritrovò a sospirare pensando che ne aveva abbastanza di provare tanta ansia in pochi giorni.
“Ma immagino faccia parte dell’essere padre.” si disse continuando a tamburellare a terra con un piede. Kiyoomi fermò il suo movimento poggiandogli una mano sul ginocchio.
Si trovavano nella stanza di sua madre; la stessa che avrebbero usato quella notte per dormire. Avevano deciso di esaminare il cellulare per conto loro e solo dopo decidere se rendere i bambini partecipi.
“Ci siamo.” informò Atsumu quando finalmente lo schermo si illuminò.
“Oh no! Ci vuole un codice!” entrò nel panico il biondo. Avrebbe voluto mettersi le mani sui capelli ed urlare; tutti i loro sforzi vanificati da quattro numeri.
“Prova 0709.” l’alzatore era talmente in tilt da provarci senza realmente chiedersi perché Kiyoomi avesse suggerito proprio quella combinazione.
“Ha funzionato! Come hai fatto a indovinare?” il suo ragazzo lo guardò come se fosse pazzo.
“Sei serio?” chiese stupefatto e forse un poco divertito. “È il compleanno dei gemelli.” Atsumu arrossì prima di tornare a concentrarsi sul telefono.
“Giusto.”
Non sapevano bene cosa cercare, quindi Atsumu iniziò scrollando le app che aveva salvate nello sfondo per poi passare alla galleria. Infine, provò con le note e subito capì quale aprire: “PER ATSUMU” ne era intitolata una, quindi il suo cuore accelerò e cliccò su quella.
“Controlla i video.” erano le uniche parole presenti. Il biondo sospirò in ansia e fece come da istruzioni. L’ultimo aveva come anteprima il volto tumefatto di Isako con tanto di tubicini al naso per respirare e sfondo da ospedale. L’alzatore deglutì, poi ci cliccò sopra.

 
“Ciao, Atsumu.” il video iniziò con il sorriso triste della ragazza. Aveva i capelli biondi che le ricadevano disordinati e spettinati sulle spalle; gli occhi spenti e pieni di dolore; il volto pallido, scavato sotto i lividi rossi e violacei causati dall’incidente. Isako sospirò accompagnando quel respiro con un’espressione di dolore, poi continuò:
“Se stai guardando questo video, non c’è bisogno che io ti dica che hai due figli di quattro anni.” rise triste prima di esclamare sussurrando con finto entusiasmo “Sorpresaa.” poi tornò seria sospirando ancora, questa volta cauta.
“Se stai guardando questo video, vuol dire anche che hai chiesto ai bambini di rimanere insieme a te.” sembrò provare giusto per un secondo a trattenere le lacrime, poi si arrese e le lasciò scorrere. “Ero sicura che l’avresti fatto, tanto che ho scommesso il loro futuro su questo.” prese ancora un ampio respiro. Sembrava come se ogni frase le costasse una grande sofferenza, ma lei sembrava non accorgersene nemmeno.
“Quando ci siamo conosciuti, la mia prima impressione su di te non è stata tra le più lusinghiere.” rise; sembrava quasi divertita al ricordo. Anche Atsumu sorrise mesto ricordando esattamente quel momento.
“Ti ho visto attorniato da tutte quelle ragazze… quindi ero sicura che usassi il club sportivo solo per fare colpo. Ma non potevo sbagliarmi di più, non è così?” il sorriso – seppure pallido – era sempre presente sulle sue labbra. L’alzatore ricordò quanto fosse bello negli anni di liceo, così ampio e luminoso da far dimenticare ad Atsumu tutti i suoi problemi.
“Atsumu,” chiamò tremante mentre gli occhi le riprendevano a bagnarsi “io sto morendo.” singhiozzò “Sono arrivata al capolinea, davanti a me non vedo più nulla, quindi non posso far altro che guardami indietro.” dovette interrompersi un momento, poi continuò: “Io… immagino che debba chiederti scusa. E non solo per averti tenuto nascosto di Akihiko e Kamiko.” sorrise mesta e si asciugò gli occhi “Sai, noi abbiamo avuto tanti alti e bassi. La nostra relazione era tutt’altro che perfetta, ma io ti amavo davvero. Ti amavo perché sono riuscita a vederti, Atsumu. Sono riuscita a farlo nonostante tu ti ostinassi a fingerti ciò che non eri.” scosse la testa fintamente divertita “All’inizio ricordo che eri sospettoso. Pensavi che stessi usando la pallavolo per conquistarti, non è così? Ma non ti biasimo. In quante lo hanno fatto?” sospirò “E poi, hai capito che ero sincera, quindi hai iniziato a esserlo anche tu, e quando hai capito che la nostra storia si stava facendo importante ti sei spaventato.” Atsumu deglutì. Sapeva che Isako era arrivata a capirlo come solo la sua famiglia prima di allora era riuscita a fare, ma non aveva mai pensato fino a quel punto.
“Così hai iniziato a fare l’idiota in giro con il tuo piccolo fanclub, ma io sapevo che lo facevi solo perché volevi proteggerti… sapevo che mi amavi e che non pensavi realmente a nessun’altra. Così ho resistito, e ho resistito, e poi-” si interruppe con un singhiozzo; chiuse gli occhi per un paio di secondi, infine riprese: “e poi non ci sono più riuscita. Devo chiederti scusa, perché sono stata debole. Tu avevi bisogno di me, a quell’epoca. Avevi bisogno che io fossi forte per entrambi, ma non ce l’ho fatta. Sapevo che ti stavi autodistruggendo; che – chissà per quale assurda ragione – stavi facendo di tutto per allontanare la possibilità che avevamo di essere felici. E sapevo anche che avrei potuto rendere felici entrambi, che ci sarei riuscita se solo avessi lottato. Però non l’ho fatto.” i suoi occhi si fecero più tristi e quasi sovrappensiero aggiunse: “Mi sono chiesta spesso come sarebbe stata la mia vita se non fossi stata una codarda. Io, te, Akihiko e Kamiko… forse a quest’ora saremmo stati una famiglia.” ma subito dopo chiuse gli occhi e scosse la testa.
“Non ha più importanza pensarci adesso.” le tremò il labbro prima di aggiungere “Io sto morendo, e l’unica cosa che mi è rimasta da fare è assicurare un’infanzia felice ai miei figli.” le si inclinò la voce, e lo fece ancora di più quando continuò dicendo: “La mia non lo è stata, Atsumu. Non voglio che anche i miei bambini vivano così, ti prego.” supplicò piangendo. Fece alcuni sospiri tremanti, tentò di frenare le lacrime e con voce più sicura riprese.
“I miei genitori non sono persone cattive.” disse “Ma sono molto, molto rigidi. Hanno una certa visione del mondo e non accettano di credere che invece le cose non stanno come dicono loro. Sin da piccola ho dovuto imparare che dire la mia dentro quella casa equivaleva a sbattere la testa contro un muro duro e incrollabile. E la cosa peggiore è che per anni hanno tentato di abbattere i miei morali per sostituirli con i loro.
“Quando penso al futuro di Akihiko e Kamiko e dico di non volere che crescano con loro, non penso a tutte le feste che mi hanno fatto saltare per paura dei ragazzi e dell’alcol che vi avrei trovato; non penso al fatto che a vent’anni avessi il coprifuoco alle dieci di sera; non penso che non accettassero che avessi amici se questi non fossero stati con genitori laureati e benestanti.” sospirò ancora a fondo per riprendere fiato.
“Invece, penso al giorno in cui hanno scoperto che ero incinta. Penso a come mi abbiano fatto ritirare dall’università per farmi studiare in casa; penso a come mi abbiano impedito di uscire anche solo per andare a fare la spesa quando la pancia ha iniziato a gonfiarsi.
La vergogna di far vedere ai vicini una figlia ancora giovane e nubile ma già in attesa ha superato l’amore che provavano verso di me. Sono stata prigioniera in casa mia e quando poi i gemelli sono nati… sapevo che non avrei potuto scappare. Mi ripetevo che io ero lì per loro, che avrei compensato con le mie idee i loro pensieri ristretti e che quando avessi avuto abbastanza soldi sarei finalmente andata via. Ma ora non posso più. Non posso più scappare via.” pianse gettando la testa all’indietro sulla montagna di cuscini che le reggeva la schiena.
“Però…” singhiozzò “Però i miei figli possono ancora farlo. Possono avere una vita migliore, anche se sarà senza di me.” sorrise tra le lacrime.
“Lotta per loro, Atsumu. Lotta come io avrei dovuto fare per te.” sospirò tremante “Io ci ho provato. Ci ho provato almeno per loro… ma non posso più farlo. Proprio ora che ho due magnifiche ragioni per continuare a lottare io…” chiuse gli occhi e fece una smorfia piena di dolore e sofferenza “Non riuscirò a sopravvivere a questo.” mosse una mano fuori dall’inquadratura, ma Atsumu suppose si stesse accarezzando la ferita mortale che aveva in grembo.
“Sono stata pessima, lo so. Pessima a non riuscire a rendermi indipendente dai miei genitori; pessima nell’averti nascosto dei tuoi figli. Ma ora non ho tempo. Non ho tempo per scusarmi, né per pentirmi delle mie azioni o per provare a rimediare. Ho solo il tempo di registrare un video e di dire addio per sempre ai miei bambini. Ho solo il tempo di pregare perché questo video arrivi a te.
So che persona sei, Atsumu. L’ho sempre saputo, anche prima che lo sapessi tu. Ma adesso ho bisogno che tu sia l’uomo che hai finto per tutti quegli anni di non essere.” sembrò quasi che avesse finito e che stesse per staccare la registrazione quando continuò dicendo:
“Ho continuato a seguire la tua carriera. Volevo che in qualche modo Akihiko e Kamiko ti conoscessero. So della tua relazione con Sakusa Kiyoomi. Non lo conosco, ma so che saremmo andati d’accordo. Avremmo avuto tante storie divertenti da raccontarci su di te.” rise nostalgica “L’ultima cosa che voglio è di rovinargli la vita; lui non c’entra niente con tutto questo e non avrei mai voluto stravolgere la vostra vita o rovinare la vostra relazione, ma tutto passa in secondo piano quando si tratta dei miei figli. Spero che una volta che li avrai conosciuti la penserai come me.
Perdonatemi per questo, vi prego.” sussurrò disperata “Ma aiutatemi. Aiutateli. Amateli, perché io non potrò più farlo.” pianse, pianse a dirotto, e così facendo il video finì.
 
Atsumu non riconobbe il proprio riflesso quando bloccò il cellulare e si vide in lacrime e distrutto sullo schermo nero. Isako non era mai sparita dal suo cuore e proprio lì quando aveva scoperto della sua morte gli si era aperto un buco nero che aveva lasciato un doloroso vuoto al suo posto. La ragazza era stata l’unica che avesse mai amato prima di Kiyoomi; l’unica al di là della sua famiglia che fosse mai riuscita ad amarlo per quello che era.
Lasciò il cellulare sul letto e si portò entrambe le mani agli occhi per tentare di asciugarli. Kiyoomi lo abbracciò stretto, ma il suo conforto ebbe il solo effetto di farlo piangere ancora più a dirotto.
Non riuscì a non colpevolizzarsi; a non rimproverarsi per non aver capito quanto Isako stesse soffrendo mentre lei di lui aveva capito tutto. Si chiese se avrebbe potuto aiutarla se solo avesse guardato più in là del suo naso, se solo fosse stato più coraggioso.
Non riuscì a non avercela con sé stesso per essere stato felice mentre lei ed i suoi figli vivevano in trappola in una casa poco piena di amore e troppo attaccata alle apparenze.
Non riuscì a non chiedersi “Perché? Perché proprio a lei. Perché a chi non se lo merita”.
Kiyoomi non disse nulla. Si limitò ad abbracciarlo e ad accarezzarlo sulla schiena con fare rassicurante ed amorevole, così i singhiozzi di Atsumu iniziarono a diminuire e poi cessarono.
“Scusa…” gli mormorò. Sakusa lo accarezzò ancora per un paio di secondi prima di chiedere piano:
“Per cosa ti stai scusando?” Atsumu non lo sapeva. Forse per essere così difficile da amare, per averlo costretto a riconsiderare tutta la sua vita, per chiedergli così tanto nonostante la sua misofobia. Per star piangendo in modo così disperato per la morte della ragazza che aveva amato, la ragazza con la quale avrebbe potuto avere una famiglia. Probabilmente Kiyoomi conosceva tutti quei pensieri. Kiyoomi lo conosceva meglio di chiunque altro.
“Ti amo così tanto, Omi.” sospirò stretto tra le sue braccia. “Non sarei sopravvissuto a tutto questo senza di te.”
“Non dovrai mai farlo. Io sono qui. Ci sarò sempre.” Atsumu sospirò tremante e si strinse ancora più forte a lui.
“Atsumu,” lo chiamò continuando a coccolarlo “cresceremo Kami ed Aki come loro madre avrebbe voluto. Cresceremo i nostri figli, i figli di Isako, pieni di amore e felicità.” il biondo annuì deciso.
“I nostri figli…” ripeté per il puro gusto di pronunciare quelle lettere. “Faremo in modo che non si dimentichino mai di chi fosse loro madre e di quanto abbia combattuto per loro.”
Uscire da quella stanza fu tutt’altro che semplice. Atsumu era rimasto devastato da quanto avevano appena visto e lasciare che si riprendesse non fu una cosa veloce, ma Kiyoomi era lì per quello. C’era una cosa su cui Isako si sbagliava: “lui non c’entra niente con tutto questo” aveva detto ad Atsumu, ma era il contrario, perché tutto ciò che riguardava l’uomo che amava, automaticamente riguardava anche lui.
Coccolò il proprio ragazzo come meglio poté. Preferì limitarsi a molte carezze e poche parole sussurrate direttamente nell’orecchio. Infine, quando il biondo fu pronto, aprirono la porta e si lasciarono la camera da letto alle spalle.
Fu Kiyoomi l’unico a raggiungere il resto della famiglia in salotto mentre Atsumu aspettava in cucina. Come previsto, infatti, subito i bambini chiesero cosa avessero trovato nel telefono della mamma.
“Ci ha detto quanto vi vuole bene, e che vuole che siate felici.” non si stupì quando gli chiesero di vedere anche loro dove lo diceva, ma lui gli spiegò che non potevano ancora farlo; che l’avrebbero visto quando fossero stati più grandi. Infine, disse loro di andare a giocare in camera da letto e tutti gli altri si spostarono in cucina.
Raccontarono del video e delle ragioni di Isako, poi subito chiamarono il loro fedele avvocato.
“È assolutamente perfetto.” disse loro il volto di Kobayashi al di là dello schermo del cellulare di Atsumu “In questo modo i signori Suzuki non potranno farla dichiarare instabile mentalmente al momento della scrittura del testamento.”
“Vuol dire che avremo l’affidamento?” chiese speranzoso Atsumu.
“Non sto dicendo che non dovremo combattere. I signori Suzuki possono tentare ancora qualcosa, ma le loro possibilità di successo si sono ridotte drasticamente. Mandatemi una copia del video via e-mail e mettete al sicuro la vostra.” Kiyoomi subito annuì.
“Ma certo.” disse.
“I documenti che avreste dovuto firmare ormai saranno in dirittura d’arrivo anche per i signori Suzuki. Non abbiamo più tempo da perdere. Godetevi questo finesettimana, perché da lunedì inizia la vostra battaglia”.
Quella sera si misero a letto inevitabilmente con un filo d’ansia, ma bastava ad entrambi stringere a sé i gemelli addormentarti per rasserenarsi. Il giorno successivo partirono di buon’ora alla volta di Osaka con Izumi, Osamu e Suna al seguito. Raggiunsero la squadra nell’hotel messo a disposizione dalla V-League e lì gli spiegarono cosa avevano fatto negli ultimi due giorni.
“So che le abbiamo chiesto già tanto,” stava dicendo Atsumu al coach con il corpo in un inchino di ringraziamenti e scuse “ma le chiedo ancora pazienza per la prossima settimana.” Foster gli mise una mano sulla spalla, poi sorrise ad entrambi assicurandogli che non avevano bisogno di scusarsi. L’ammirazione che avevano per quell’uomo non poteva che aumentare, e lo ripagarono con delle magnifiche azioni quello stesso pomeriggio.
Per Kiyoomi fu semplice: usò la palla per scaricare la tensione colpendola forte e preciso rendendo le proprie schiacciate impossibili da ricevere. Volle fare provare quella sensazione anche ad Atsumu, così – a fine partita – quando Kiyoomi ricevette la palla, preferì non fare una ricezione CC ma invece porla in modo che Atsumu avesse potuto schiacciare, e lo fece portando i Black Jackals alla vittoria. Il corvino si ubriacò del sorriso luminoso del suo ragazzo, poi non resistette oltre e lo baciò davanti a tutti. Era una cosa che non faceva mai: odiava l’attenzione, quindi almeno altrettanto odiava le effusioni in pubblico che non potevano far altro che attirarne parecchia, anche perché – in quanto personaggi pubblici – per giorni un singolo bacio non avrebbe fatto altro che spuntare nelle riviste di gossip, eppure era stato più forte di lui.
Festeggiarono con la squadra ed i bambini e in un batter d’occhio si ritrovarono a lunedì.
   
 
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