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Autore: Aqua Keta    04/06/2021    9 recensioni
Le parole di Oscar erano state chiare, perentorie, inequivocabili.
Di lui non aveva più bisogno ...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho sempre amato Arras. Fin dall’infanzia.
Adoro passeggiare tra le sue vie piene di vita. Mi aiuta a non pensare.
Avrei potuto scegliere una meta differente per questo momento d’attesa.
Non essere particolarmente lontana da Parigi mi permetterà di rientrare rapidamente nel qual caso mi venga comunicata la nuova designazione.
Il vociare caotico mi distrae da Fersen. Un beneficio per intraprendere serenamente la strada di questa mia nuova vita.
Non avrò più modo di lasciarmi andare a debolezze e frivolezze da donna.
Gradirei particolarmente una posizione in uno degli eserciti posti al confine. Ne sarebbe orgoglioso anche mio padre.
Ma è qualcosa che faccio prima e soprattutto per me stessa.
So bene, madre, che la cosa non vi farà piacere. Voi che non vi siete mai, in alcun modo, opposta al volere dell’uomo che avete al vostro fianco, al padre delle vostre figlie.
Non riesco ad immaginarmi diversa da quella che sono, nonostante abbia indossato per una volta i panni femminili. Un mio sciocco vezzo. Ho ben compreso non sia quella la strada da percorrere. Risulterebbe alquanto complicato apprenderne modalità, tecniche, organizzazione. Un goffo e alquanto ridicolo manichino.
Ad agitare un ventaglio preferisco di gran lunga incrociare una spada.
E tu Andrè? Cos’avrai deciso di fare?
Questi giorni distanti da casa, allontaneranno quelle immagini che voglio a tutti i costi cancellare dalla mente.
Per sempre.
Sono a conoscenza di quanto tu sia forte. Ma non immaginavo il tuo corpo così possente, non ne avevo mai percepito il calore. Ho come la sensazione di averti ancora addosso. Il tuo odore si è insinuato nella mia pelle.
Mi da quasi un piacevole senso di stordimento.
Sono stata tra le braccia di un uomo. Un uomo che credevo amico. Un uomo che, al contrario di Fersen, mi ha sempre desiderata, amata, senza che fossi in grado di coglierne il benché minimo segno.
Appoggio una mano alla fontana.
Dio mio, sto farneticando.
Mi sciacquo il viso con l’acqua fresca.
Rammenti?  Venivamo qui per le vacanze. Scorrazzavamo per le viuzze e poi via per i campi, le corse sfrenate a cavallo. Si rideva. Si scherzava. Nonna ci faceva trovare una fetta di torta. Tutto era spensierato.
Poi arrivava mio padre. 
Era un tornare alla realtà.
 

Non ho chiuso occhio.
Anima dannata.
Non avrei dovuto. O forse si.
Si, dovevi sapere.
Possibile che in tutti questi anni tu non ti sia mai accorta di nulla?  Ti sono sempre stato al fianco … e non hai visto che Fersen.
Già. Avresti meritato più lui di me?
Sono stanco di lacerarmi il cuore.
Me ne sto qui in giardino di fronte alle tue finestre, attorniato come un idiota da piccioni mentre alcuni mi beccano in mano.
Il Generale mi chiama.
Il mio sguardo da perfetto imbecille. Mi alzo. I pennuti volano via.
“No, non ha voluto darmi alcuna giustificazione.  Con me non ha fatto cenno di nulla”. Che cos’avrei dovuto rispondere “Guardate, ho baciato vostra figlia e in un tentativo di resistenza, la mia ira è esplosa e le ho strappato la camicia”?
Sono così inutile in questo preciso momento.
Tu sei lontana.
Io mi sento morire.
Immobile, con sguardo severo mentre mi fissa quasi cercasse la verità di tutto questo.
Poche parole e mi ritrovo in sella ad Alexander.
Il Generale mi ha ordinato di raggiungerti ad Arras. Il mio compito è quello di sempre.
A nulla è valso il tentativo di fargli comprendere che fosse meglio non andare contro la tua decisione.
Mi trovo pertanto a dover obbedire.
A malincuore per un verso ben cosciente della tua reazione. Desideroso di vederti dall’altra.
Lungo la strada mi sono domandato per quale ragione tu avessi scelto di rifugiarti in un luogo a noi così caro, carico di ricordi. Non vuoi spezzare del tutto quel filo che ancora ci lega?
E’ quasi ora di cena quando raggiungo la piccola tenuta alle porte della cittadina.
Conosco uno ad uno i domestici.
Ai piedi della scala resto in attesa che ti avvisino.
Percepisco il gelo del tuo sguardo nel silenzio.
“Ti ha mandato mio padre?”- nella tua voce nessuna emozione.
Annuisco sollevando appena gli occhi.
Quando li riabbasso capisco solo che non sei più in cima alle scale.
Tiro un leggero sospiro di sollievo. Tutto sommato mi è andata bene.
Ripongo le poche cose nella mia stanza e me ne vado in cucina a mangiare un boccone.
Passo il tozzo di pane sul bordo del piatto e lo addento. Un sorso di vino.
Poso il bicchiere.
Stringo i pugni.
Perché te ne stai in silenzio alle mie spalle?
Credi non abbia riconosciuto i tuoi passi sebbene leggeri?
Non vedo da un occhio, ma l’udito è fino.
Mi viene da sorridere.
Non mi volto.
Il tuo respiro si percepisce appena.
Dimmi Oscar.
Sono qui.
 
 
   
 
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