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Autore: Juriaka    06/06/2021    4 recensioni
[AtsuHina - Werewolf/Vampire!AU]
''Kenma,'' gli aveva detto un giorno Hinata, mentre lo osservava pescare un pesce balena ad Animal Crossing. ''Che ne pensi dei vampiri?''
''Centodiciassette punti attacco. Centonovantuno punti magia. Punti vita praticamente infiniti, ma troppo vulnerabili ai danni fisici. Meglio dei lupi mannari, comunque.''
''Bene. Perché io sono un vampiro.''
Kenma non si era disturbato a sollevare lo sguardo dallo schermo. ''Figo. Se vuoi cenare, Kuroo arriva fra dieci minuti con le pizze. Io prendo le pizze.''
(Storia veramente stupida, stupidissima!)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Shouyou Hinata
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Home is where your blood is


Hinata Shouyou, il suo nuovo coinquilino, era un vampiro. Atsumu lo scoprì porgendo la carta di credito alla cassiera, mentre l’odore delle salsicce fresche gli gonfiava il cuore di luce e di una gioia viscerale e...
‘’Ma che cazzo?’’ sbottò, e la cassiera trasalì a causa del tono brusco e improvviso. ‘’E tu me lo dici adesso?’’
La risata di Oikawa riecheggiò in linea come una sirena stonata. Atsumu avrebbe voluto spaccargli la faccia. ‘’Non dirmi che hai paura.’’
‘’Vai a infilarti un mestolo nel culo.’’
‘’Oh, non ci avevo mai pensato. Grazie per l’ide-’’
Atsumu chiuse la telefonata. Riprese la carta, afferrò la busta con la sua gloriosa cena e fece un cenno di saluto alla cassiera, che lo ricambiò inarcando le sopracciglia in un’espressione di disgusto.
Atsumu non aveva paura. Atsumu non aveva paura di niente, tranne dei gatti. Però sarebbe stato decisamente più corretto se avesse ricevuto quell’informazione con qualche giorno di anticipo, e non due ore prima del suo arrivo. Si sarebbe preparato, avrebbe fatto una scorta di aglio, comprato un girocollo imbottito, stilato una lista dei punti deboli dei vampiri. Soltanto per precauzione, ovvio. Soltanto perché in quelle situazioni incerte preferiva essere lungimirante, non perché avesse paura. Dopotutto, Atsumu era un lupo mannaro.
Un esemplare maledettamente affascinante, per essere precisi, dagli occhi chiari e le ciglia scure e il naso dritto e le spalle larghe e la linea della mascella in grado di affettare l’acciaio come se fosse prosciutto.
E se i vampiri erano mostri dotati di canini affilati, i lupi, si sa, possedevano zanne e artigli altrettanto letali.
Atsumu era una feroce creatura mitologica scolpita nel marmo dalle sirene, protetta dalla luce lattiginosa della luna, di conseguenza non temeva la presenza di un vampiro sotto il suo stesso tetto, non aveva paura di finire con un paio di denti piantati nella carotide, non lo spaventava la prospettiva di essiccarsi come una prugna privato del sangue e di ogni liquido vitale.

Quando dunque il campanello suonò, un paio d’ore più tardi, Atsumu avanzò spavaldo verso la porta con lo sguardo determinato, il mento alto e il petto in fuori: tanto valeva mettere le cose in chiaro fin da subito. La prima impressione era fondamentale, era in quell’istante che Atsumu avrebbe dovuto far comprendere all’altro che non sarebbe stato lui quello a temere la nuova convivenza, non sarebbe stato lui il coniglietto spaurito e tremante, semmai il contrario.
Quando però aprì la porta di casa per accogliere (e terrorizzare) il nuovo coinquilino, Hinata Shouyou gli sorrise nella notte scoprendo i denti che luccicavano impavidi e maliziosi sotto la luce fioca dei lampioni, i riccioli rossi come il sangue di cui si nutriva che si curvano morbidi intorno al viso tondo, gli occhi grandi, caldi, in cui sembrava si riflettesse l'intero firmamento. Atsumu si domandò se i vampiri fossero sempre così extra. Poi annaspò, biascicò qualche parola, o insulto, o forse una proposta di matrimonio, e gli richiuse la porta in faccia.

Fottuta puttana, sibilò, la schiena premuta contro la porta e il cuore che batteva a tremila. Fottuta puttana, Hinata Shouyou era una cazzo di meraviglia.


*

''Quante persone hai ucciso?'' gli domandò qualche minuto più tardi, ficcandosi in bocca un soave e glorioso pezzo di salsiccia cruda. Le tipiche cose di cui chiacchierare a cena.
Shouyou gli rivolse un’occhiata smarrita. ''Intendi nell’ultima settimana?''
''No, intendo… Lasciamo perdere. Quanti anni hai?''
''Tecnicamente centoventisette,'' rispose Shouyou con un sorriso dolce come il miele e letale come arsenico, sorseggiando un bicchiere di sangue che emanava il medesimo odore metallico delle salsicce. ''Il mio corpo però ne ha venticinque.''
''Figo,'' rispose Atsumu, chiedendosi come diamine sarebbe riuscito a conquistare un vampiro con più di cento anni di esperienza alle spalle senza lasciarsi ammazzare. ''Figo.''
''E tu? Quanti anni hai?''
''Ventisei.''
''Figo,'' rispose Shouyou, il tono di voce improvvisamente più basso di un’ottava. Poi cucì il suo sguardo al proprio e inclinò la nuca. L’angolo della bocca era macchiato di rosso, le lentiggini luccicavano come se il suo intero viso fosse una mappa stellare. ''Adoro il sangue di quelli della tua età.''
Shouyou si leccò le labbra, e la lucidità di Atsumu fluttuò via come una bolla scivolosa di sapone. D’improvviso, l’idea di lasciarsi perforare la gola da un paio di canini non gli apparve più così terrificante. Se fosse riuscito a raggiungere l’orgasmo prima di morire dissanguato, forse ne sarebbe persino valsa la pena.
''Ma adesso sono diventato vegano!'' aggiunse Shouyou gesticolando, e la tensione voluttuosa di cui si era saturata l’aria svanì, soffiata via dalla sua espressione innocente. ''Perciò non preoccuparti, non uccido più. Rubo direttamente le sacche di sangue dai centri di trasfusione. Non troppe, comunque. Il minimo indispensabile.''
''E non c’è pericolo di ricaduta?''
''Beh, è improbabile. Sono super testardo, e se dico una cosa poi di solito la faccio. Però ti consiglierei di stare attento lo stesso, Atsumu-san.''
Un brivido gli attraversò la schiena, perché sentirsi chiamare ‘Atsumu-san’ da un vampiro che sorseggiava una coppa di sangue e gli gettava occhiate lascive nella notte era decisamente troppo eccitante. Dunque ghignò, un po’ terrorizzato, un po’ compiaciuto, e Shouyou scoprì a sua volta i denti appuntiti in un sorriso che prese a braccetto il suo.
''Ho sempre voluto assaggiare un lupo mannaro.''

Atsumu chiuse la porta della propria stanza con il cuore che pulsava accelerato. Lasciò che il silenzio si prolungasse per qualche minuto, infine strinse le dita attorno alla chiave e la girò piano nella toppa, chiudendosi dentro. La prudenza non era mai abbastanza.
Atsumu Non Ho Paura Di Niente Miya, si tolse la maglia sudata e si infilò sotto le lenzuola. Il giorno seguente avrebbe dovuto assolutamente acquistare tonnellate di aglio al combini dietro l’angolo, da appendere ovunque, da infilare persino sotto il cuscino come i denti che si strappava da bambino. Lo sguardo che gli aveva lanciato Shouyou a fine serata non gli era piaciuto affatto. Non l’aveva guardato come si guarda qualcuno da cui vuoi farti scopare, l’aveva guardato come Atsumu guarda le bistecche esposte sul bancone del macellaio.

*

''Atsumu-san!''
Atsumu aprì un occhio solo e poi lo richiuse, la nebbia dell’oblio agganciata prepotentemente alla sua coscienza.
''Atsumu-san!''
Atsumu aprì nuovamente l’occhio, costringendo la pupilla a mettere a fuoco il viso pallido di Shouyou che si trovava a pochi centimetri dal suo, le guance piene, la bocca minuta e un po’ screpolata, le iridi calde come il sole a mezzogiorno. Un delicato odore di arancia aleggiava nell’aria.
Sì, avrebbe decisamente potuto abituarsi a quel genere di risveglio. Avrebbe potuto abituarsi ad ascoltare la voce sussurrare il suo nome. Avrebbe potuto abituarsi a fissargli le orecchie minute incorniciate dai riccioli morbidi. Certo che gli era andata proprio alla grande, con il nuovo coinquilino. A parte il fatto che fosse un vampiro, ovvio.
Atsumu sgranò gli occhi, fulminato dalla realizzazione improvvisa. Il coinquilino era un vampiro che adesso era vegano, giusto, ma che aveva ucciso centinaia di persone per sfamarsi nell’arco dei suoi centoventisette anni di vita in un corpo di venticinque. Il coinquilino dotato di una bellezza mozzafiato era un assassino a piede libero che era riuscito a entrare nella sua stanza nonostante Atsumu l’avesse chiusa a chiave la sera prima.
''AAAAH!!'' gridò dunque, balzando all’indietro e rotolando giù dal letto con un tonfo.
''Atsumu-san, non voglio farti niente! C’è Oikawa al telefono!'' gli spiegò precipitosamente Shouyou, porgendogli il cellulare.
Atsumu fissò disgustato il telefono come se fosse un piatto di insalata, poi alzò lo sguardo e lo inchiodò negli occhi di Shouyou, che sembrava sinceramente mortificato. La risata di Oikawa riecheggiò nel silenzio della stanza, e allora Atsumu rinsavì.
‘’Che cazzo vuoi?’’
‘’Ti ho provato a chiamare al cellulare, ma non rispondevi. Volevo sapere com’era andata la prima notte.’’
‘’Che carino, ti eri preoccupato?’’
‘’Speravo solo che Shouyou-chan ti avesse sbranato. Pazienza, aspetterò qualche altro giorn-’’
Atsumu imprecò e chiuse la telefonata. Poi restituì il telefono a Shouyou, che lo fissava affamato.
In quell’istante, si rese conto di essere in mutande. E le iridi di Shouyou scivolarono bramose lungo la pelle come se la stessero leccando, come se fosse fatta di crema e gelato.
Atsumu s’irrigidì, contrasse l’addome, lasciò che un brivido gli attraversasse la schiena, sensibile alla lascivia che impregnava l’aria, al desiderio, alla voglia improvvisa di baciare e di sentire l’altro gemergli dentro la gola.
Shouyou però inspirò profondamente, e uscì dalla sua stanza.


''Mi dispiace!'' Gli disse Shouyou, non appena Atsumu lo raggiunse in cucina. ''Scusami se sono entrato nella tua stanza senza permesso, ma Oikawa-san pensava che ti avessi mangiato visto che non rispondevi!''
''Non preoccuparti,'' rispose Atsumu minimizzando con la mano. ‘’Ma come hai fatto ad entrare? Era chiusa a chiave.’’
''Così!''
Shouyou si sgretolò come carta bruciata, sino a svanire del tutto davanti ai suoi occhi.
‘’Bhu!’’ esclamò improvvisamente una voce dietro il suo orecchio. Atsumu starnazzò e fece un saltello, voltandosi con foga.
''Non farlo mai più,'' sibilò.
Shouyou, ridendo, promise e si disegnò una croce sul cuore. Atsumu si domandò quanta attendibilità avesse il giuramento di un vampiro.
''Atsumu-san, guarda che non ho intenzione di farti del male. E poi sono quattro giorni che non uccido qualcuno!''
Poi però Shouyou si portò l'indice sulle labbra, pensieroso. ‘’Beh, che non uccido qualcuno per fame, almeno.’’
Atsumu si limitò a inarcare le sopracciglia, senza però approfondire la tematica. Non era troppo sicuro che scherzasse, e doveva ammettere di non essere poi così ansioso di conoscere la verità.
‘’Va bene. Fai colazione?’’
‘’No, grazie. Ho bevuto del sangue ieri, perciò per qualche giorno starò bene. Però ti faccio compagnia, se non è un problema!
Atsumu annuì. Aprì il frigo, arricciò il naso non appena vide le sacche di sangue nel ripiano superiore, poi tirò fuori quattro salsicce rimaste, le sbattè su un piatto senza troppi complimenti e senza cuocerle. Infine, prima di sedersi al tavolo, si avvicinò alla finestra.
‘’No’’, esclamò Shouyou. ‘’Aspetta un mom-’’
Atsumu la spalancò, come d’abitudine. Al mattino detestava mangiare con l’illuminazione artificiale: lo faceva sentire esausto e depresso ancor prima che la giornata vera e propria iniziasse.
La luce delle dieci inondò la cucina come un fiume che straripa. Atsumu sorrise, baciato di raggi dorati del sole.
E Shouyou prese fuoco.

*

''È stato decisamente un risveglio bollente!''
''Fottuta puttana,'' sibilò Atsumu, le pupille dilatate dal terrore. ''Fottuta, fottutissima puttana, dovevi dirmelo prima, porco di quel…''
''Mi dispiace!'' lo interruppe Shouyou, cercando con tutte le forze di reprimere un sorriso. È che Atsumu-san era così carino. ''Non ci stavo pensando, credevo che lo sapessi! Insomma, lo sanno tutti che la luce del sole è letale per i vampiri.''
Atsumu sospirò pesantemente, prima di ricadere sulla sedia. ''C’è qualcos’altro che dovrei sapere per evitare di ammazzarti involontariamente?''
''Uhm, non comprare l’aglio e non piantarmi un palo nel cuore.''
''Grazie per la dritta, Shouyou-kun,'' rispose Atsumu, tornando ad addentare le salsicce. Adesso la finestra era semi spalancata. Un fascio di giorno illuminava benevolo il profilo di Atsumu e metà della cucina, mentre Shouyou, seduto di fronte a lui al riparo nella metà all’ombra, dondolava arzillo i piedi sotto al tavolo.

''Vado a dormire,'' esclamò poi con un sorriso, dopo che Atsumu ebbe ingoiato l’ultimo pezzo di salsiccia.
''Alle dieci passate?''
''I vampiri sono creature notturne. Di solito, almeno. Però sto tentando di abituarmi all’orario umano, perciò magari per pranzo mi sveglio!''
''Oh,'' rispose Atsumu. ''Figo. Allora, uhm, buonanotte?''
''Grazie, Atsumu-san.''
Non appena si chiuse nella propria stanza, Shouyou afferrò la sua agenda e una penna, e si infilò nella bara di mogano.
Uscire con lui, scrisse, sdraiato a pancia in giù. Pro e contro.
Poi voltò pagina.
Mangiarlo, scrisse. Pro e contro.
Mordicchiò nervosamente il tappo della penna, aggrottando le sopracciglia sottili.
Atsumu, di fatto, possedeva un sapore squisito. Shouyou l’aveva percepito sin dal primo istante, grazie all’odore della sua pelle. Gruppo sanguigno zero positivo, il suo preferito, dissetante e dal retrogusto non esageratamente dolce.
Le sacche di sangue gli permettevano di nutrirsi senza essere costretto a uccidere, certo, ma affondare i canini in un vena che pulsava di vita, con il sangue caldo e denso che esplodeva sotto al palato, era estasi pura, un piacere imparagonabile alla mera sopravvivenza. E Atsumu non si limitava a essere carne fresca, Atsumu era un vero e proprio banchetto nuziale.
Però, però, se l’avesse divorato, Atsumu sarebbe morto. E Shouyou lo reputava davvero troppo, troppo carino. Porre fine alla sua esistenza sarebbe stato uno spreco. Però sarebbe stato uno spreco anche non approfittare di quella prelibatezza, e dopo centoventisette anni di esperienza, Shouyou di delizie se ne intendeva eccome.
Sospirò frustrato, tamburellando le dita sul legno. Infine si rannicchiò su un fianco e chiuse gli occhi, il quaderno stretto al petto. Magari il giorno gli avrebbe portato consiglio.

Shouyou si risvegliò alle nove di sera. Scoprendo i denti in uno sbadiglio, spostò il coperchio della bara e uscì dalla propria stanza. Trovò Atsumu sprofondato nel piccolo divano del salone.
''Ciao,'' disse Shouyou, sedendosi accanto a lui.  
''Ehi,'' rispose Atsumu, alzando gli occhi dal cellulare.
Shouyou lo osservò con maggiore attenzione. C’era qualcosa di strano nel suo viso. Gli occhi apparivano più definiti, quasi lampeggianti, e le guance erano luminose.
''Atsumu-san, perché brilli?''
Atsumu avvampò. ''Come?''
''Perché brilli?'' ripetè Shouyou, scandendo meglio le parole. ''Ti luccica la faccia.''
''Forse è per il servizio fotografico di prima,'' rispose Atsumu. ''Mi hanno truccato per dei primi piani.'' Poi si strofinò lo zigomo, ma Shouyou lo bloccò.
''Non te lo togliere, stai bene. Che genere di foto?''
''Erano per un profumo, anche se di solito lavoro con le marche di abbigliamento.''
''Ma quindi sei un modello?''
''Beh, sì. Non te l’avevo detto?''
''No!'' Esclamò Shouyou, sgranando gli occhi ammirato. Lui non aveva mai assaggiato il sangue di un modello, per giunta lupo mannaro! ''E hai mai fatto delle sfilate?''
''Qualcuna, sì.''
''Hai dei video?''
Atsumu, compiaciuto, si avvicinò a lui e gli mostrò dal cellulare i video delle sfilate e alcuni scatti particolarmente ben riusciti. Shouyou, tuttavia, venne stordito dall’odore della sua pelle, come se gli avessero spruzzato dell’afrodisiaco nel naso. Il suo collo alto e meraviglioso, col pomo d’adamo in bellavista, era a pochi centimetri dalle sue labbra. Sarebbe bastato inclinare appena la nuca per saggiare con la lingua la pelle tenera, prima di scoprire i denti appuntiti e affondarli nella carotide e bere tutto il suo sangue e…
''Shouyou-kun,'' lo chiamò Atsumu. ''Mi stai ascoltando?''
''No,'' rispose lui, perché era un vampiro sincero. ''È che hai un odore troppo buono. E vorrei…''
Assaggiarti. Morderti. Fare dei ghiaccioli con il tuo sangue. Sbranarti senza lasciare neanche le ossa.
''...giocare a mario kart,'' disse infine, perché era un vampiro sincero ma non del tutto. ''Ti va?''
''Oh.'' Atsumu sospirò sollevato. ''Certo. Ma guarda che ti straccio. E Peach la prendo io.''

*

''Shouyou-kun,'' gli domandò Atsumu addentando una salsiccia a colazione, ostentando una noncuranza che di fatto non provava. ''Ti vedi con qualcuno?''
Shouyou, seduto nella metà della cucina all’ombra, scosse la testa. ''No, non mi vedo con nessuno. Sai, non mi piacciono troppo le relazioni.''
L’entusiasmo di Atsumu si afflosciò come un palloncino sgonfio. Andare al cinema insieme, passeggiare di notte, tenergli la mano, stringersi al suo corpo freddo durante l’estate, scoparselo sul tavolo della cucina (e sul divano, e sul piccolo balcone, e contro ogni parete), cantargli una serenata come quelle che ululava alla luna, furono tutte speranze che sgusciarono via come meduse.
''Perché?''
''Beh, perché la prima persona con cui sono stato mi ha trasformato in un vampiro,'' rispose Shouyou. ''Perciò sono ancora un po’... diffidente, ecco.''
''Oh,'' disse Atsumu. Ma io sono un lupo mannaro.
''Questo comunque non significa che non possa provare con qualcuno che mi piaccia davvero,'' aggiunse Shouyou. Poi sorrise complice e gli fece l’occhiolino.
Atsumu abbaiò.
''Scusa,'' aggiunse subito, con le orecchie che arrossivano. ''Mi è scappato.''

*

''Shouyou-kun!''
Shouyou farfugliò qualcosa di indistinto nella bara, voltandosi dall’altra parte.
''Shouyou-kun!''
Shouyou non voleva svegliarsi. Stava facendo un sogno splendido, era immerso in una vasca di sangue con i cadaveri che galleggiavano intorno a lui come paperelle di gomma. Qualcuno si muoveva ancora, preda degli ultimi spasmi della vita che lo abbandonava mentre il sangue sgorgava a fiotti dai due fori sul collo.
''Shouyou-kun!''
Il sogno gli scivolò via dalle mani, e allora riconobbe la voce di Atsumu che lo chiamava insistentemente dalla porta.
''Che c’è?'' biascicò allora, la lingua impastata.
''Devo dirti una cosa importante. Stasera, beh, ci sarà la luna piena. Perciò io…''
Saaangue. Urla strazianti. Cibo.
''...uscire dalla tua stanza. Mi stai ascoltando?''
''Certo,'' rispose Shouyou, che in realtà non stava ascoltando affatto.
''Okay. Mi raccomando. Non voglio svegliarmi con il tuo cadavere accanto.''
''Guarda che io sono immortale,'' avrebbe voluto specificare. Ma il sonno si appropriò della sua mente con prepotenza, e la frase gli appassì in gola.

Quando si svegliò, erano le dieci di sera passate. Sollevò le braccia per stiracchiarsi e uscì dalla stanza. Il corridoio era buio pesto, non c’era neanche una lampadina accesa.
''Atsumu-san?'' chiamò Shouyou, accigliato.
Nessuno rispose.
Forse è uscito, pensò, scrollando le spalle. Si diresse verso la cucina, deciso a gustarsi un bicchiere di sangue perché si sentiva debole e fiacco.
All’improvviso, udì un ticchettio irregolare. Shouyou accese la luce - perché sì, era un vampiro immortale, ma il buio gli faceva paura comunque - ed esclamò dalla sorpresa.
Acciambellato sul piccolo divano, c’era un husky che lo fissava con gli occhioni sgranati. Scodinzolava, e la coda che sbatteva contro il cuscino produceva il rumore di un orologio rotto.
Fu amore a prima vista.
‘’Ciaaaao’’ esclamò, accovacciandosi vicino a lui. Allungò piano la mano, e il cane strofinò il naso umido contro il palmo. Shouyou iniziò a grattarlo dietro le orecchie soffici e sotto al mento e l’altro socchiuse lo sguardo in un’espressione beata. Poi uggiolò e si rotolò sul divano, mostrando la pancia.
''Ma sei il cane più bello del mondo,'' sussurrò Shouyou massaggiandogli lo stomaco morbido. Il cane abbaiò, come se fosse d’accordo. ''Sei il più dolce e tenero e meraviglioso e…''
Ma perché c’è un cane nell’appartamento?, pensò all’improvviso, smettendo di parlare.
Continuando a coccolarlo, prese il cellulare e chiamò Atsumu. Il rumore di una vibrazione riecheggiò nella stanza, e Shouyou vide il suo telefono illuminarsi sul tavolo della cucina. L’aveva dimenticato a casa.
Chissà dov’era andato. 
Continuando ad accarezzare il cane, notò che i suoi occhi espressivi  erano dello stesso colore chiaro di quelli di Atsumu. In quel momento, reminiscenze di ciò che credeva fosse un sogno si affacciarono nella sua mente. Ricordò Atsumu che bussava alla sua porta, ribadendo qualcosa che sembrava importante, ma che Shouyou era troppo assonnato per ascoltare. Si diresse quindi verso la finestra, e il cane balzò giù dal divano con uno zampettio eccitato.
Nel cielo brillava la luna piena, che avvolgeva le strade in una luce lattiginosa, quasi onirica. Il cane, guardandola, ululò solennemente.
''Aspetta un momento,'' disse di nuovo Shouyou. ''Ma tu sei Atsumu-san.''
Atsumu abbaiò, scodinzolando contento per essere stato riconosciuto.

Shouyou scoprì che Atsumu, o almeno il cane che aveva dentro, era un coccolone professionista. Gli leccò le mani e lo seguì ovunque, come una fedele guardia del corpo. Shouyou, per ricompensa, gli sminuzzò in un piatto un paio di salsicce crude, e mentre Atsumu leccava via le briciole, Shouyou sorseggiò un calice di sangue godendosi la tranquillità della notte. Dopo si sedette sul divano e accese la televisione. Atsumu abbaiò, poi con un balzo si acciambellò accanto a lui, poggiando il musetto sul suo grembo.
Shouyou passò da un canale all’altro finché non trovò un film horror. Stravedeva per quel genere, soprattutto quando c’erano i vampiri di mezzo. Rise forte quando al protagonista cavarono gli occhi con un uncino, e quando infine lo sbrindellarono con una motosega.
Atsumu-cane, nel frattempo, continuò a scodinzolare e a leccargli il palmo della mano di tanto in tanto, per manifestare apprezzamento.
Tre film più tardi, Atsumu si ritrasformò in umano. Il corpo tremolò, allungandosi ed emettendo schiocchi sinistri, il pelo si ritrasse e le orecchie soffici svanirono. Shouyou si ritrovò ad accarezzargli i capelli, altrettanto setosi.
Atsumu biascicò qualcosa senza svegliarsi, la guancia premuta sulla sua coscia.
Shouyou inspirò. Inalò il suo odore, quello del suo sangue non esageratamente dolce, cucì gli occhi lascivi sulla pelle sottile del suo collo scoperto. Atsumu, in quel momento, era estremamente vulnerabile. Shouyou avrebbe potuto perforargli la carotide e succhiarlo via come un ghiacciolo senza che lui neanche se ne rendesse conto. Poi però di Atsumu sarebbe rimasto solo un involucro vuoto, un’esuvia di pelle secca, e Shouyou sarebbe sicuramente stato triste, nonostante la pancia piena.
Dunque chiuse gli occhi, trattenne il fiato, e si alzò dal divano. Lasciò Atsumu rannicchiato fra i cuscini, poi prese una coperta e gliela poggiò addosso. Sorrise quando lo udì biascicare una sottospecie di ululato, e in punta di piedi tornò nella sua stanza.

*

Atsumu si svegliò a causa del cellulare che squillava.
''Samu,'' borbottó stordito, la lingua impastata a causa dei postumi della luna piena.
''Oh,'' rispose l’altro, quasi deluso. ''Sei ancora vivo. E io che speravo nel nuovo coinquilino.''
''Ma vai a cagare sangue, ‘Samu .''
''Forse fai così schifo che non ti vuole succhiare neanche un vampiro.''
Atsumu riagganció.
Si osservó intorno, la mente così annebbiata che gli sembrava di star fluttuando nello zucchero filato.
''Bhu!''
''AAAH!''
Atsumu saltò per lo spavento, poi si voltò di scatto e si ritrovò davanti Shouyou, che rideva con i riccioli che gli incorniciavano le orecchie.
''Vaffanculo pure a te!'' sbottó Atsumu.
''Scusa, scusa, è troppo divertente,'' rispose l’altro, prima di rivolgergli un'occhiata luccicante come quella di una gazza ladra. ''Lo sai, ieri non la finivi di scodinzolare,'' aggiunse infine.
Atsumu boccheggió. ''Ti avevo detto di restare in camera! Avrei potuto farti male!''
''Male? Atsumu-san, come cane sei adorabile.''
''Sono sempre adorabile. E poi aspetta, cane?! Io sono un lupo. Un lupo ferocissimo.''
''Sembravi più un Husky.''
''Un Husky?!''
''Sì, un Husky. E ho scoperto pure che sei un gran coccolone. E che ti piacciono le carezze sulla pancia.''
Atsumu continuò ad arrossire.
''Vuoi sapere cos’altro ho scoperto?'' aggiunse l’altro, ammiccando malizioso.
Shouyou si avvicinò. Atsumu sentì il suo odore, vide le ciglia che sfarfallavano a pochi millimetri dalle proprie, e si domandò se per caso non stesse ancora sognando.
Poi sollevò una mano e la aprì. Poggiata sul palmo, c’era una pallina di gomma.
''Prendila!'' esclamò, e lanciò la pallina nel corridoio.
Atsumu abbaiò e corse come un pazzo all’inseguimento della pallina, mentre Shouyou dietro di lui era piegato in due dalle risate.

*

''Sei una disgrazia,'' sussurrò Atsumu con il viso premuto contro il vetro della finestra. ''Sei la cosa più brutta che esista sulla faccia della terra. Vorrei cavarti gli occhi e poi giocarci a flipper. Spezzarti le gambe una alla volta. Lanciarti come un frisbee in mezzo al mare e guardarti affogare. Ti odio. Ti odio così tanto.''
''Atsumu-san, ma con chi stai parlando?''
''Con Becky,'' rispose lui.
''Becky?''
''Becky.''
Shouyou, incuriosito, si avvicinò alla finestra dato che il sole era già tramontato. ''Chi è Becky?''
''L’incarnazione del male nell’universo,'' ringhiò Atsumu, prima di premere l’indice sulla superficie di vetro.
Shouyou strinse gli occhi, e vide un persiano acciambellato su se stesso, che muoveva pigramente la coda.
''Lei è Becky. La gatta dei vicini.''

*

Lo schermo del cellulare s’illuminò, e Atsumu schioccò la lingua infastidito quando vide che si trattava di un messaggio di Osamu.
Mandami una sua foto, diceva.  
Atsumu, poiché quel giorno si sentiva così magnanimo da accontentarlo, aprì la fotocamera e la puntò verso Shouyou, seduto a gambe incrociate sul divano a giocare alla playstation. Quando scattò, però, sullo schermo comparve solo il divano e la coperta sgualcita, senza Shouyou sopra.
''Ma cosa cazzo,'' sibilò Atsumu, riprovando di nuovo.
Nulla, non funzionava. Era come se Shouyou fosse invisibile, come se non esistesse. La fotocamera non era in grado di ritrarlo.  
''Shouyou-kun,'' lo chiamò dunque Atsumu, sprofondando sul divano accanto a lui. ''Perché non riesco a farti una foto?''
''I vampiri non compaiono nelle foto,'' rispose l’altro prontamente, senza mettere in pausa. ''I vampiri non possono neanche vedere il proprio riflesso allo specchio, sai? Infatti non so come sono fatto.''
''Non sai come sei?''
''No,'' disse Shouyou, annuendo. ''Cioè, mi hanno fatto dei ritratti, perciò a grandi linee un’idea ce l’ho. Però non mi sono mai visto.''
''Ma prima non eri umano?''
''Sì, ma non ricordo nulla di quel tempo.''
''Oh.''
Atsumu gli cucì gli occhi sulle guance, sulle labbra sottili serrate per la concentrazione, sul naso appuntito e sulle orecchie minute, seminascoste dalle ciocche rosse.
''Sei bellissimo,'' gli disse dunque, senza riflettere.
Shouyou distese le labbra in un sorriso morbido come un girasole, mise in pausa il gioco e si voltò a guardarlo.
''Grazie, Atsumu-san. Anche tu sei bellissimo.''
Poi poggiò il joystick sul pavimento e si avvicinò. E Atsumu vide i suoi denti scintillare maliziosi sotto la luce dell'abat jour, le ciglia ramate tanto vicine da poterle leccare. Gli venne voglia di mettersi a ululare per cantare a Shouyou una serenata esattamente come faceva con la luna. E quando percepì il suo respiro amalgamarsi al proprio, quando le sue labbra furono a pochi millimetri dalle sue, il cellulare si mise a squillare.

''Tsumu.''
''Samu,'' sibilò Atsumu, tentando di non mettersi a piangere. ''Samu, porca puttana ladra, giuro che ti stacco le dita a morsi e poi le infilo negli onigiri come candeline prima di servirli ai tuoi clienti del cazzo.''
''Ho interrotto qualcosa?''
''Sparati in bocca. Che vuoi?''
''Mi mandi una foto?''
''Non posso, è un vampiro. Diciamo che non sono particolarmente fotogenici.''
''Allora vengo a cena.''
''Quando?''
''Adesso, oggi è il mio giorno libero.''
''No.''
''A tra poco.''
''No. Non esiste. No. Samu? SAMU!''

''Fottutissimo stronzo,'' ringhiò Atsumu, fissando con odio il cellulare.
Shouyou, di nuovo troppo lontano per i suoi gusti, inarcò le sopracciglia. ''Che succede?''
''Viene mio fratello a cena. Ti dispiace?''
''Scherzi? Voglio conoscerlo! È un lupo mannaro anche lui?''
''No, lui è un cuoco.''
Shouyou sospirò estasiato. ''Woah! Posso mangiarlo?''
''Shouyou-kun,'' gli disse Atsumu, il cuore imbevuto di adorazione. ''Tu puoi fare tutto quello che vuoi.''


Atsumu non avrebbe mai creduto che una sera si sarebbe ritrovato a cenare con suo fratello e un vampiro. E non avrebbe neanche mai creduto che una sera sarebbe stato geloso di lui, perché era palese che Shouyou stravedesse per Osamu e viceversa.
Osamu gli raccontò di come avesse aperto il ristorante, di cosa avesse imparato durante il corso di cucina, gli parlò di Kita che gli procurava il riso e dei giorni trascorsi a sperimentare varie ricette sino a trovare quella perfetta.
E Shouyou era tutto un cinguettio di esclamazioni meravigliate, e a Osamu brillavano gli occhi e aveva stampato in faccia un ghigno compiaciuto che Atsumu avrebbe tanto voluto soffiare via con un dritto ben piazzato.
Osamu mostrò a Shouyou le foto della cerimonia di inaugurazione, della cucina, del set professionale di coltelli che utilizzava per affettare il pesce, della fattoria e dei campi di riso.
Atsumu si limitò a ingoiare le salsicce senza neanche prendersi il disturbo di masticarle, fulminando la vicinanza fra i due che diveniva sempre più impalpabile.
''Puoi smetterla di ringhiare?'' domandò a un certo punto suo fratello, lanciandogli un’occhiata torva da sopra lo schermo del telefono.
''Non sto ringhiando,'' rispose Atsumu, ringhiando.
Shouyou si aggrappò alla sua manica. ''Posso venirti a trovare una sera? Anche se non mangerò nulla?''
''Quando vuoi, Shouyou-kun,'' rispose Osamu sorridendo.
Atsumu uggiolò, sconfitto.

Prima di andare via, Osamu riuscì a strappare a Shouyou il numero di telefono sulla porta di ingresso. A quel punto, Atsumu si chiuse nella propria stanza con la coda fra le gambe e si buttò sul letto, depresso.

*

Lo sconforto svanì il giorno seguente, soffiato via come se non fosse mai esistito. Atsumu non si sarebbe mai lasciato sconfiggere da suo fratello, perciò si lavò i denti, si rifece la tinta, indossò la sua camicia preferita porta fortuna, e attese che Shouyou si svegliasse. Quella sera, Atsumu avrebbe fatto le cose per bene. Sarebbe stato sincero e diretto, lo avrebbe baciato e gli avrebbe fatto urlare il suo nome così tante volte da costringerlo a dimenticare il proprio. Gli avrebbe regalato la scopata più fenomenale dei suoi centoventisette anni di vita. Poi si sarebbero acciambellati sul divano, e Atsumu gli avrebbe baciato i capelli e le guance mentre vedevano un film horror in cui le persone venivano crocifisse vive e i vampiri conquistavano il mondo.
Dopotutto, anche se erano un lupo mannaro e un vampiro, anche se uno viveva di giorno e l’altro di notte, anche se le bollette dell’elettricità lo stavano logorando e non aveva quasi più un centesimo, Atsumu era più che certo che avrebbero trovato un punto di incontro. Che avrebbe funzionato, fra loro.
Perciò attese che le ore scivolassero giocando alla playstation, sbocconcellando polpette di ragù tritato, insultando Becky.
Quando finalmente udì il rumore della porta di Shouyou che si schiudeva, Atsumu balzò in piedi e corse verso il corridoio.
''Shouyou-kun,'' gli disse, il coraggio che gli gonfiava il petto e il cuore che palpitava agitato. ''Io…''
''Atsumu-san!'' Shouyou lo interruppe con gli occhi sgranati, il tono di voce apprensivo, e un’espressione che trasudava panico. Atsumu non lo aveva mai visto così agitato. ''Ti prego ti prego ti prego, mi sistemi i capelli?''

Il piano dichiarazione era destinato al fallimento dal principio, almeno per quella sera. Atsumu scoprì che quel lurido bastardo di suo fratello non si era appropriato del numero di Shouyou solamente per fargli un dispetto, ma per offrirgli un posto di lavoro al ristorante come cameriere.
''Sai, per me è molto difficile trovare lavoro,'' gli spiegò Shouyou, con gli occhi luccicanti di gratitudine. ''Perché non posso assolutamente entrare in contatto con la luce. E beh, questo è un po’ difficile da spiegare alle persone durante un colloquio. Invece Osamu-san sa già tutto, perciò sa che posso lavorare solo di sera, quando il sole è tramontato. E gli sarò davvero per sempre grato, detesto rubare i soldi, e fare il parassita senza aiutarti in nessun modo era deprimente, soprattutto dopo aver visto le bollette della luce e...''
''Shouyou-kun,'' lo interruppe Atsumu, mentre gli pettinava i capelli all’indietro. ''Tu non sei un parassita. E non devi farlo per forza, se non ti va di farlo.''
Shouyou gli rivolse un sorriso che gli sciolse tutte le ossa, e scosse la testa. ''A me piace lavorare! E Osamu-san è una bravissima persona!''
Atsumu schioccò la lingua indispettito, poi gli sistemò dietro l’orecchio l’ultimo ricciolo ribelle con il gel.
''Ho finito.''
''Grazie mille, Atsumu-san! Come sto?''
Con la fronte scoperta, la forma grande e tondeggiante dei suoi occhi risaltava ancora di più.
''Sei più bello della luna,'' rispose Atsumu, senza pensare.
Shouyou schiuse le labbra dalla sorpresa e arrossì, e Atsumu avvampò con lui. Poi Shouyou andò verso la porta e Atsumu lo seguì come il cane che era.
''Allora a dopo!'' disse, infilandosi la giacca.
''Buon lavoro, Shouyou-kun. Cerca di non vampirizzare nessun cliente.''
Shouyou sorrise, poi gli cinse il viso fra le mani, si alzò in punta di piedi e gli stampò un bacio all’angolo della bocca.
Atsumu rimase imbambolato con gli occhi sbarrati, lo sguardo puntato sulla porta che si era appena richiusa, la camicia bianca che portava fortuna e la dichiarazione ancora incastrata in gola.  


Quando Shouyou imboccò la via di casa era esausto, ma soddisfatto. Osamu era placido e disponibile, lavorare con lui si era rivelato praticamente un toccasana. In più, quando non doveva succhiar loro via la vita, Shouyou adorava la compagnia degli esseri umani.
Infilò la chiave nella toppa e la girò dolcemente, per evitare di svegliare Atsumu dato che erano le tre passate.
Non appena mise un piede nell’appartamento, però, Shouyou venne letteralmente travolto.
''Shouyou kun!'' esclamò Atsumu al suo orecchio, sollevandolo da terra e facendogli fare un mezzo giro.
''Atsumu-san!'' rispose Shouyou ricambiando d’istinto l’abbraccio, sebbene fosse perplesso dall’inaspettato entusiasmo manifestato dall’altro.
Con il viso premuto contro il suo petto (ma era legale, un petto così largo?!), non poté che ispirare l’odore della sua pelle. Ponderò per qualche istante l’eventualità di conficcargli i denti nel collo e tracannare il suo sangue alla calata, ma poi l’immagine di Atsumu morto e rinsecchito gli provocò l'ennesima ondata di tristezza indicibile.
''Perché sei così contento?'' gli domandò dunque ridacchiando, mentre Atsumu continuava a strofinargli il viso contro i capelli. Sebbene fosse privo di coda, Shouyou poteva quasi vederlo scodinzolare al buio ebbro di gioia.
''Perché sei tornato a casa,'' rispose l’altro, praticamente in estasi.
Poi, come se avesse realizzato le proprie parole, Atsumu lo lasciò immediatamente andare e indietreggiò. Shouyou ne approfittò per richiudere la porta dell’ingresso, che era rimasta aperta, e accendere la luce.
''Cioè,'' balbettò, con gli occhi zuppi di imbarazzo. ''Sono felice che tu stia bene, ecco. Cioè, che tu sia tornato dal lavoro vivo e…''
Poi si portò una mano sul viso e sospirò affranto. ''Ma che cazzo sto dicendo?''
''Oh mio dio,'' esclamò Shouyou, colpito da una consapevolezza improvvisa. ''Atsumu-san, mi hai appena fatto le feste come fanno i cani?''
''Io… merda,'' sibilò. ''È più forte di me. Praticamente è istinto. Mi dispiace.''
''Non scusarti.'' Shouyou si sfilò la giacca, poi tese la mano e gli sfiorò lo zigomo. ''È una cosa molto dolce. Mi piace. Potrei abituarmi.''
Atsumu chiuse gli occhi e strofinò la guancia contro il suo palmo. L’aria divenne elettrica, satura di eccitazione e di aspettativa, perché erano le tre del mattino e nessuno, nessuno, avrebbe potuto interromperli a quell'ora. Shouyou pregustò la sua bocca, il sapore dolcesalato del sudore e della sua pelle. Immaginò di sbottonargli la camicia che lo fasciava alla perfezione, di leccargli le orecchie e le braccia nerborute e poi l’addome e…
Atsumu schiuse le labbra, e si infilò in bocca il suo pollice.
Non appena percepì la lingua calda sul proprio polpastrello gelido, Shouyou perse completamente il controllo. Si avventò su di lui, gli strofinò il naso contro la clavicola, inspirò profondamente l’odore impetuoso del mare e dolce come le ciliegie e finalmente, finalmente, gli affondò i denti nella curva del collo.

''Mi dispiace!'' disse Shouyou, premendo le garze sulla sua pelle, da cui continuava a sgorgare sangue. ''Dobbiamo… dobbiamo andare in ospedale.''
''No,'' biascicò Atsumu. ''Sono un lupo mannaro. Guarisco più in fretta dei normali esseri umani. Altrimenti, senza offesa, sarei già morto.''
''Mi dispiace,'' continuava a ripetere Shouyou. ''Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…''
''Shouyou-kun,'' lo interruppe Atsumu, con tono fermo. ''Non fa niente. E poi l’importante è che ti sia fermato. Cioè, se avessi continuato a succhiare allora sì che sarebbe stato un problema, però tu… cazzo, prendi un’altra garza.''
''Sono finite.''
''Allora prendi gli asciugamani! O le tovaglie, o-''
Shouyou corse in bagno, e Atsumu sospirò. Gli sembrava di fluttuare in una bolla fatta di nebbia, che saliva e saliva e saliva sempre più in alto, sempre più irraggiungibile, sempre più evanescente. Forse si trattava della sua anima. Forse stava per morire. Forse aveva davvero bisogno di andare in ospedale.
''Mi dispiace,'' gli disse di nuovo Shouyou, premendo un asciugamano morbido contro il suo collo.
''Se dici un’altra volta che ti dispiace, giuro che ti porto fuori al balcone e aspettiamo insieme che sorga il sole. Ma che… No, Shouyou-kun, ti prego, non piangere.''
Shouyou era un fiume in piena: singhiozzava con le labbra tremanti e il naso umido.
''No, smettila,'' ribadì Atsumu. ''Ti prego, sei… sei brutto quando piangi.''
E lo era davvero. Più che brutto, era terrificante. Invece delle lacrime trasparenti e acquose, una sostanza viscosa, rossa e densa gli rigava le guance, e la screzia dell’occhio era divenuta scura. Adesso sì che assomigliava a un vampiro uscito fuori direttamente da un film horror.
''Shouyou-kun, smettila. Se continui così moriremo dissanguati entrambi.''
Shouyou, testardo come al solito, continuò a piangere copiosamente finché il sangue della ferita di Atsumu non coagulò, per poi smettere di scorrere del tutto.
''Finalmente,'' mormorò, alzandosi dalla sedia. Lanciò uno sguardo al pavimento chiazzato di rosso, sospirò amareggiato e barcollando sprofondò sul divano. ''Puliamo domani.''
Shouyou lo guardò con gli occhioni sgranati di dolore. Era così... dolce. Perché era così dolce? Perché voleva fargli il solletico sebbene Shouyou avesse tentato di farlo fuori?
''Non fare quella faccia. Come hai fatto fino ad adesso a uccidere la gente, se poi stai così male?''
''Ma tu sei diverso dagli altri!''
Atsumu aveva perso troppo sangue, altrimenti sarebbe arrossito. ''È stato un incidente. Cioè, un mezzo incidente, okay? Sono ancora vivo.''
Per adesso, almeno.
''Perciò non farti venire in mente idee strane, tipo… tipo fare le valigie e andare via.''
Quindi si rannicchiò su un fianco, intenzionato a dormire per almeno due giorni.
''Non voglio svegliarmi con te che non ci sei più,'' aggiunse biascicando, prima di svenire.

Quando si svegliò, Atsumu non sapeva né che ore fossero, né quante fossero trascorse dal momento in cui era crollato. Aveva solo la sensazione di possedere degli aghi conficcati negli occhi, e un palo piantato nel cranio. Inveendo mentalmente contro il dolore atroce, pensò a Shouyou e sperò che non fosse fuggito nel cuore della notte agendo di testa propria.
A dispetto delle ciglia appiccicate fra loro che opposero resistenza, Atsumu riuscì ad aprire prima un occhio e poi l’altro. Era buio pesto, e non vedeva un accidente.
''Cazzo,'' sibilò.
''Atsumu-san?''
Shouyou-kun, sussurrò sollevato. ''Dove sei?''
''Qui,'' rispose l’altro, e Atsumu si sentì accarezzare il viso. Poi gli prese la mano e sprofondò nuovamente nel sonno.

''Ti ho fatto dei regali,'' gli disse Shouyou piazzandosi davanti a lui con due pacchetti infiocchettati. ''Per farmi perdonare.''
Atsumu, che stava giocando a Genshin Impact, abbaiò eccitato.
''Questo è il primo,'' gli disse, porgendogli un pacco sottile.
''Woah!'' esclamò Atsumu, scartandolo e tirando fuori una camicia nera.
''Sì, beh, volevo rimediare visto che l’altra l’hai dovuta buttare per colpa mia. E poi stai veramente bene con le camicie.''
Atsumu ghignò compiaciuto, poi Shouyou gli porse il secondo pacco, più compatto del primo e più pesante. ''Questo invece è per la tua versione can-lupo,'' si corresse immediatamente.
Atsumu scartò il pacco incuriosito. ''Ma sono giocattoli!'' esclamò più forte, balzando in piedi per la gioia incontenibile.
''Sì, la pallina dell’altra volta l’hai distrutta, perciò ne ho prese due nuove più grandi, poi ho preso una corda, un pollo di gomma…''
''Un pollo di gomma!'' ululó Atsumu ancora più forte, afferrando il collo del povero pollo con i denti e iniziando a scuotere violentemente la testa a destra e a sinistra. Shouyou rise.
''Quindi mi perdoni?''
Atsumu sputó il pollo sul pavimento. ''E per cosa? Te l’avevo detto da subito che non ero arrabbiato.''
''Sì, però…''
''Shouyou-kun,'' lo interruppe Atsumu, con gli occhi sgranati. ''Giochiamo?''
Shouyou annuì, prese il pollo e glielo lanciò in aria. Atsumu saltò, afferrandolo al volo, e ubbidiente glielo riconsegnó tutto sbavato.


*

''Che stai facendo?''
Shouyou sorrise e aprì un occhio. ''Medito. Vuoi farlo anche tu?''
Atsumu scrolló le spalle, poi si sedette accanto a lui sul pavimento a gambe incrociate.
''Tieni la schiena dritta e respira regolarmente. Pensa a qualcosa di bello,'' gli sussurrò Shouyou. ''A un posto che ti rilassa, o a qualcosa che ti permetta di tenere lontano lo stress.''
''Tipo la luna?''
''Sì, la luna è perfetta.''
Atsumu si quietó, e Shouyou tornó nella sua dimensione di idillio assoluto, balsamica per lo spirito e per il suo benessere psicofisico, una dimensione in cui aleggiava il dolciastro e metallico odore del sangue, in cui la gente urlava straziata vittima delle torture più disparate, in cui permanevano costantemente dolore fisico e agonia, mentre brandelli di carne schizzavano ovunque. Shouyou finalmente respirava placido al riparo da ogni pensiero negativo, galleggiando in quella sinfonia terrificante fatta di brividi e viscere e morte e...
''Shouyou-kun,'' gli domandò Atsumu, in un sussurro. ''Tu a cosa stai pensando?''
''Ai fiori, alle api e alla pace nel mondo,'' rispose con un sorriso beato.

*


Kenma apparteneva a quell’esiguo gruppo di esseri umani che aveva il privilegio di conoscere la sua vera natura senza correre il rischio di morire.
''Kenma,'' gli aveva detto un giorno Hinata, mentre lo osservava pescare un pesce balena ad Animal Crossing. ''Che ne pensi dei vampiri?''
''Centodiciassette punti attacco. Centonovantuno punti magia. Punti vita praticamente infiniti, ma troppo vulnerabili ai danni fisici. Sicuramente preferibili ai lupi mannari, comunque.''
''Bene. Perché io sono un vampiro.''
Kenma non si era disturbato a sollevare gli occhi dallo schermo. ''Figo. Se vuoi cenare, Kuroo arriva fra dieci minuti con le pizze. Io prendo le pizze.''
Shouyou adorava Kenma. Non aveva bisogno di indossare alcuna maschera quando erano insieme, e guardarlo giocare lo faceva sentire normale, lo faceva sentire parte di quella corrente dentro cui gli umani brulicavano come formiche, totalmente ignari dell’esistenza di creature sovrannaturali come lui, o come Atsumu.
A proposito di Atsumu...
''Atsumu-san!'' lo chiamò Shouyou, bussando alla sua porta. ''Stasera viene Kenma!''
Udì un ringhio basso seguito da qualche imprecazione, e infine con un tonfo sordo Atsumu spalancò la porta.
''Il tizio dei videogame?''
''Sì, Kenma. Sii gentile con lui, è il mio migliore amico.''
''Lo so, ma non mi piace. Per niente.''
''Perché?''
''Perché mi ricorda un gatto. Mi ricorda Becky. E io non mi fido di Becky.''
''Sai, Becky è una gatta davvero adorabile. E suuuper soffice.''
Atsumu strabuzzò gli occhi. ''Tu… tu hai accarezzato Becky? Quando?''
''Quando sono andato a buttare la spazzatura ieri sera, l’ho trovata che dormiva sul muretto.''
''Shouyou-kun, se mi avessi ucciso l’altra volta avrei sofferto di meno.''
Shouyou sorrise, scoprendo i canini. ''Possiamo rimediare adesso, Atsumu-san.''
Poi distese il braccio e gli accarezzò lo zigomo con il pollice. Atsumu, che alle coccole era vulnerabile esattamente quanto lo era Shouyou all’aglio, smise di ringhiare e socchiuse gli occhi, beato.
''Hai paura di lui?''
''Non ho paura!'' ribatté Atsumu, punto sul vivo. ''È solo che...  lo sai. I gatti. Li odio.''
Shouyou imbastì il sorriso più lascivo che possedeva, e iniziò a massaggiargli la guancia vellutata tracciando dei cerchietti con il polpastrello. ''Forse vuoi solo proteggere il tuo padrone.''
Le orecchie di Atsumu avvamparono. Shouyou avrebbe voluto sgranocchiarle come patatine per la tenerezza. Intingerle in un bicchiere di sangue come i biscotti inzuppati in una tazza di latte.
''Fammi ricaricare un po’,'' aggiunse avvicinandosi e premendo la testa contro il suo petto tiepido. Rimase in silenzio ad ascoltare il ritmo regolare del suo cuore che batteva, che pompava sangue e ossigeno e vita, mentre Atsumu gli accarezzava la testa.
''Non ti fa senso il fatto che io non abbia un cuore?''
''Certo che hai un cuore.''
''No,'' rispose Shouyou. ''No, non ce l’ho. Perché sono morto.''
Una delle prime cose che Shouyou aveva notato di Atsumu, oltre al gruppo sanguigno, era la temperatura. Il suo corpo era perennemente caldo, anche quando fioccava la neve che spolverava i marciapiedi come zucchero a velo. Atsumu era bollente, sudava spesso, e ogni volta in cui Shouyou si avvicinava a lui percepiva la differenza abissale fra quello che erano. Non un vampiro e un lupo mannaro, quanto piuttosto un morto e un vivo. E delle volte, quando l’oggettività aveva la meglio sull’egoismo, si domandava se fosse giusto.  
''A me sembri decisamente pieno di vita,'' osservò Atsumu, indicandosi i due fori sul collo. ''Pure troppo.''
Shouyou incurvò le labbra, sollevato. Pensò che forse, quello fosse un ottimo momento per baciarlo senza tentare di ammazzarlo. Ma non appena gli allacciò le braccia attorno alla schiena, bussarono alla porta e Atsumu lanciò un’occhiata omicida verso l’ingresso.
''Se fai il bravo dopo ti do una ricompensa,'' sussurrò quindi Shouyou, tentando di rincuorarlo.
''Che genere di ricompensa?''
Ma Shouyou si limitò a sorridere enigmatico e ad affrettarsi verso l’ingresso, custodendo per se stesso i dettagli del piccolo regalo che gli aveva preparato.
''Kenma!'' esclamò aprendo la porta, mentre una felicità spumeggiante si diffuse sotto pelle.
''Ciao Shouyou,'' rispose l’altro pacato, lasciandosi abbracciare. Poi notò Atsumu e lo squadrò beffardo.
''Oh,'' disse, inarcando le sopracciglia. ''C’è anche il chihuahua.''
Atsumu ringhiò.


Dopo quattro ore e trentasette minuti, Atsumu acquisì l’assoluta certezza che Kenma non era un essere umano. Kenma era un gatto mefistofelico che aveva trovato il modo per intromettersi nella sua vita e fargliela pagare. Kenma incarnava il vero male assoluto, Becky in confronto assomigliava a un cucciolo di yorkshire terrier. Gli fece lo sgambetto quattro volte, gli rovesciò l’acqua addosso, lanciò il pollo di gomma dalla finestra mentre Shouyou era in bagno, lo stracciò a Mario Kart dodici volte su dodici, tenne il braccio intorno alle spalle di Shouyou per tutta la durata del film che videro - Atsumu fu costretto a sedersi per terra, perché sul divano non c’era abbastanza spazio per tutti e tre.
Quando finalmente andò via, gli dolevano le palpebre per tutte le occhiate torve e inviperite che aveva lanciato.
''Mi ha buttato il pollo di gomma dalla finestra!'' si lamentò Atsumu, con gli occhi lucidi. Shouyou rise. ''Impossibile, non lo farebbe mai. Hai visto sotto al diva-''
''Shouyou-kun, l’ha lanciato dalla finestra! Lo giuro! È perfido!''
''Ne dubito fortemente, Atsumu-san. Ma non ti preoccupare, te ne comprerò un altro! Grosso il doppio.''
Atsumu uggiolò, depresso.  
''E poi adesso è l’ora della ricompensa. Te n’eri dimenticato?''
Atsumu abbaiò, nuovamente entusiasta.
''Chiudi gli occhi.''
Da bravo lupo ubbidiente, Atsumu serrò le palpebre. Adesso mi bacia, pensò elettrizzato.
Ma Shouyou non lo fece. Anzi, Atsumu udì il rumore dei suoi passi che si allontanavano per prendere qualcosa, prima di tornare davanti a lui.
''Okay, ora puoi aprirli.''
Quando Atsumu comprese cosa conteneva la scatola che Shouyou stringeva fra le mani, iniziò a ululare per l’entusiasmo incontenibile che iniziò a sprizzare da ogni millimetro di pelle.
''I biscotti per cani aromatizzati alla vaniglia!'' esclamò, fuori di sé dalla gioia. Atsumu adorava i biscotti aromatizzati alla vaniglia, soprattutto quelli a forma di osso. Erano gustosi quanto il gelato al cioccolato, ma almeno non gli distruggevano lo stomaco.
Dilaniò la scatola facendo volare striscioline di cartone ovunque, come una nuvola di coriandoli, e vorace se ne ficcò uno in bocca.
''Cazzo,'' biascicò estasiato, quando il sapore gli esplose sotto al palato. ''Caaazzo.''
Che mix di sapori deliziosi, un vortice di gusto sopraffino, aveva i fuochi d’artificio che luccicavano dietro le palpebre.
Poi avvampò, incrociando lo sguardo divertito di Shouyou.
''Scusa,'' gli disse. ''Ti fa schifo?''
''Perché dovrebbe?''
''Beh, perchè sono letteralmente biscotti per cani? E soprattutto perché sto sbavando?''
''Atsumu-san, tu mi guardi bere il sangue rubato dai centri di trasfusione! A me non fa schifo niente di quello che sei.''
E d’improvviso, Atsumu fu stordito dalla consapevolezza della fortuna di quello che aveva, della straordinarietà del rapporto che c’era fra loro. Quanti lupi mannari potevano permettersi di essere loro stessi? Quanti come lui avevano la libertà, il privilegio, di esprimersi nella più totale tranquillità, comprensione e rispetto, senza il timore del giudizio e della malignità insiti nella natura della maggior parte delle persone?
''Figo,'' rispose dunque, temendo di scoppiare a piangere. ''Figo. Ne… ne vuoi uno?''
''No, grazie. Ci vediamo un film?''
Atsumu annuì.

''Shouyou-kun,'' gli disse più tardi, sfiorandogli il dorso della mano mentre erano rannicchiati sul divano e il protagonista del film veniva scuoiato vivo. ''Neanche a me fa schifo qualcosa di te. Perciò non dirlo mai più, che non hai un cuore.''

*

''Atsumu-san, vogliamo andare a fare un gir-''
Shouyou non riuscì a terminare la frase, ché Atsumu si catapultò all’ingresso e iniziò a grattare la porta saltellando e guaendo. Shouyou rise, si infilò le chiavi in tasca, e uscirono.
Mentre camminavano, Shouyou provò il desiderio bruciante di prendergli la mano e di nasconderla nella tasca della giacca. E probabilmente l’avrebbe anche fatto, se Atsumu non si fosse fermato nel bel mezzo del marciapiede con gli occhi sgranati di terrore.
''Che succede?'' domandò Shouyou, intimorito. Seguì la direzione del suo sguardo, e non appena vide a cosa stava puntando, esalò un sospiro costernato.
''Atsumu-san,'' gli disse con tono fermo, piazzandosi di fronte a lui. ''Guardami.''
Atsumu, riluttante, si costrinse a spostare l’attenzione sul suo viso. Le ciglia sfarfallavano agitate, le pupille erano dilatate. Shouyou gli afferrò le mani calde, nonostante il freddo dell’inverno.
''Puoi farcela,'' lo incoraggiò, e ci credeva per davvero. ''Non cedere. Tu sei più forte di questo.''
Atsumu serrò le labbra e gli tremò il mento, straziato dal dissidio interiore. Shouyou vide nei suoi occhi la razionalità combattere contro l’istinto, finché l’arrendevolezza non gli sbocciò nelle iridi spazzando via le briciole residue di perseveranza e disciplina.
''Mi dispiace,'' sussurrò dunque con un ultimo sguardo colpevole, come se stesse per pugnalarlo.
Infine sfuggì dalla sua presa e corse come un pazzo verso il gatto persiano dal pelo folto che stava beatamente acciambellato sopra un muretto.
Povera Becky, pensò Shouyou.

*

Shouyou aveva un debole per i fiori. Atsumu lo scoprì la sera precedente, quando gli mostrò l’ultimo servizio fotografico in cui i fiori erano l’elemento caratterizzante di ogni scatto.
''Sarebbe bello avere la casa pieeena di piante!'' gli disse Shouyou, entusiasta.
E siccome Atsumu era un inguaribile romantico, e per Shouyou avrebbe mangiato spinaci per una settimana, quel giorno, dopo lavoro, si recò dal fioraio e comprò due piantine di ciclamini, vermigli come il sangue.
Quando tornò a casa, gongolante per la brillante idea che aveva avuto, trovò Shouyou già sveglio seduto in cucina, intento a sorseggiare due dita di sangue.
''Atsumu-san!'' esclamò non appena lo vide, e nella foga fece una bolla di sangue e saliva che scoppiò macchiandogli il naso. Shouyou se lo pulì strofinandolo con la manica del pigiama, e Atsumu provò il desiderio viscerale di saltargli addosso e di leccargli la faccia mentre scodinzolava.
''Ma hai comprato dei fiori!'' aggiunse poi, notando i due vasi nelle buste. ''E li hai presi rossi!''
Poi schiuse le labbra, le sopracciglia ramate si curvarono in due cupole perfette, e Atsumu ebbe voglia di strappargli le guance lentigginose a morsi.
''Li hai presi per me?''
''No, per il tizio del piano di sopra,'' rispose ironico, rigirando gli occhi.
Fu come se un proiettile l’avesse improvvisamente trapassato. Atsumu sentì un dolore fra le costole che gli mozzò il respiro, un dolore vivo e bruciante tanto quanto le iridi di Shouyou, in cui luccicavano zampilli di lava e furia liquida.
Non ebbe neanche il tempo di aprire la bocca, che i ciclamini vellutati gli appassirono fra le braccia.


''Dovevi dirmelo che stavi scherzando!'' esclamò Shouyou, versando un bicchiere d’acqua nei due vasi.
''Non ho avuto tempo!'' ribatté Atsumu, scoppiando a ridere. ''E poi certo che erano per te, per chi altro avrei mai potuto comprarli?! Non so neanche se ci sia davvero qualcuno sopra di noi!''
Shouyou si morse le labbra frustrato, poi deglutì. ''Mi dispiace. Ho ucciso i ciclamini. Sono un assassino di fiori. Dici che si riprenderanno?''
Atsumu osservo gli steli secchi come la carta crespa. Sfiorò un petalo, e quello si sbriciolò sotto il suo tocco. No, decisamente non si sarebbero mai più ripresi.
''Proviamo a metterli al sole,'' propose dunque, per non abbattere definitivamente le speranze di Shouyou che sembrava estremamente amareggiato. ''Tirati indietro.''
Shouyou si rannicchiò contro il muro, e Atsumu aprì la persiana di uno spiraglio, sistemando i due vasi sul balcone.
''Mi dispiace,'' soffiò Shouyou, non appena la cucina piombò nuovamente nell’ombra. Si avvicinò e gli allacciò le braccia intorno al collo. ''Ma forse posso farmi perdonare.''
''Ah sì?'' disse Atsumu, la voce improvvisamente più alta di un’ottava. ''E come?''
Shouyou sorrise malizioso e si alzò in punta di piedi, soffiandogli sul naso. Atsumu scoprì di non aver mai visto niente di più tenero e adorabile di un vampiro con centoventisette anni di omicidi alle spalle in punta di piedi e con un pigiama celeste. E avrebbe voluto baciargli gli occhi, tracciare con le labbra il contorno violaceo delle occhiaie, mordergli le orecchie minute come se fossero fatte di gomma, affondargli le unghie nella pelle fredda delle braccia e poi strapparla e poi ricucirla al suo posto.
Shouyou affondò il viso nella curva del suo collo. Atsumu percepì il suo respiro che somigliava più un gemito disperato, e la sua schiena divenne tremolante come la superficie dell’acqua, dilaniata dalle scariche feroci del desiderio, dal bisogno impellente di sentire le sue dita addosso, in bocca, in gola, dalla voglia conturbante di predominare e di scoparlo e di farsi scopare a sua volta inerme come una bambola di pezza.
Quando Shouyou gli baciò lascivo la clavicola, e la sua lingua percorse il contorno dell’osso come se stesse disegnando sul suo corpo col carboncino, qualcosa dentro Atsumu esplose senza che le loro labbra si fossero ancora incontrate. Il carico di eccitazione che saturava l’aria divenne incontenibile, straripante. Stelle filanti gli sbocciarono dietro le palpebre, quindi ringhiò e infilò le mani sotto la sua maglia, aggrappandosi alle sue scapole pensando solo a quanto volesse spogliarlo, sentirlo nudo e morderlo e leccarlo ovunque, iniziando dal petto e scendendo lungo l’addome e...
Atsumu balzò all’indietro con gli occhi sgranati. Shouyou lo fissava famelico, i canini scoperti e appuntiti, pronti a perforarlo.
''Niente morsi!'' sbottò, con il cuore che palpitava. ‘’Non ci tengo a fare la fine dell’altra volta, grazie!’’
''Solo un pochino!'' lo supplicò Shouyou, avvicinandosi. Atsumu iniziò a correre intorno al tavolo e Shouyou lo inseguì.
''Solo un pochino il cazzo! Non ti sai controllare!''
''Per favore! Per favore, sto morendo di fame…''
''Hai appena mangiato!''
''Ma tu sei più buono!'' esclamò frustrato. ''Il tuo sangue è la cosa più buona che abbia mai provato! Ti prego ti prego ti prego, solo un assaggio!''
''No,'' ribatté Atsumu ferreo, ma Shouyou era testardo. E oltre a essere testardo, era evidente che fosse nel bel mezzo di una crisi di astinenza, perché spalancò le fauci e gli tagliò la strada balzando sul tavolo. Atsumu indietreggiò e tentò di immobilizzarlo afferrandogli i polsi, mentre l’altro allungava il collo e mordeva alla cieca.
Atsumu, essendo un lupo mannaro, era forte. Ma anche Shouyou possedeva potenza nelle braccia, nonostante apparisse svantaggiato a causa della differenza di altezza.
E mentre combattevano, mentre Shouyou mirava alla sua carotide e lui tentava di salvarsi la vita come poteva, pensò che non esistesse niente di più eccitante di quello che stava vivendo in quel momento. Infine, riuscì a bloccarlo stringendogli forte il viso fra le mani. Pregando la luna che Shouyou non gli staccasse via le labbra, si chinò in avanti e finalmente, finalmente, lo baciò.

''Shouyou-kun,'' sussurrò Atsumu, facendo scorrere l’indice lungo la sua spina dorsale - nuda, fresca, perfetta. ''Secondo i tuoi, uh, cento anni di esperienza, sono andato bene?''
''Sei andato decisamente alla grande,'' rispose Shouyou beato, con la fronte premuta contro il suo petto. Atsumu rabbrividì. Era così bello poterlo finalmente abbracciare nel suo letto. E anche un po' spaventoso.
''Alla grande nel senso che mi metti al primo posto?''
''Beh, primo posto forse no…''
''Fra i primi cinque?''
''Uhm...''
''Okay, okay. Lo capisco, è normale, hai più di cento anni. Primi dieci?''
''…''
''Shouyou-kun, ma con quante persone hai scopato?''
''Sicuramente l’ho fatto con tutti quelli che mi sono mangiato,'' rispose l'altro.
''Non è molto rassicurante.''
Shouyou rise e lo baciò sul mento. ''Vedila così, sarai la prima persona con cui lo farò una seconda volta.''
''Figo,'' rispose Atsumu. ''Senti, mi metti al primo posto se lo facciamo nella bara?''

*

Mentre tornavano a casa, Atsumu fu fermato da una ragazza che passeggiava con un labrador.
''Scusami, ma tu sei Atsumu Miya?''
Atsumu annuì, e sorrise al suo cinguettio estasiato.
''Possiamo farci una foto insieme?'' domandò, tirando fuori il telefono dalla tasca. Atsumu si avvicinò, sorrise sghembo, e la ragazza scattò la foto. Poi chinò il capo ringraziandolo, salutó Shouyou e proseguì la passeggiata con il labrador che scodinzolava allegro, condividendo l'entusiasmo della padrona.
''Odio i guinzagli,'' borbottó Atsumu quando ripresero a camminare.
''Senza guinzaglio i cani finirebbero tutti sotto le macchine. E poi non sapevo che fossi così famoso!'' osservò Shouyou, divertito.
Atsumu aprì la bocca per rispondergli, poi aggrottò le sopracciglia e da tracotante la sua espressione divenne perplessa. ''Shouyou-kun, tutto bene?''
''Certo, perché?''
''Hai… hai fatto appassire tutta la siepe.''
Shouyou si voltò sorpreso quanto lui e vide che il tratto di siepe che aveva appena superato si era rinsecchito completamente.
''Merda,'' soffiò. ''Non l'ho fatto di proposito. Povera siepe.''
''Sei geloso?''
''No,'' rispose Shouyou. Perché avrebbe dovuto? ''Sì,'' aggiunse poi, perché mentire non gli piaceva proprio. 
''Ma non è come pensi. È solo che noi una foto insieme non possiamo farcela, giusto? E tu sei bellissimo. Cioè, lo vedo che sei bellissimo. E io invece non so come sono, perché non ho mai visto il mio riflesso, perciò… non lo so, sono bello abbastanza?''
Atsumu lo fissò allibito e schiuse la bocca più volte come un pesce rosso.
''Ma certo che sei bello abbastanza. Porco cazzo, tu sei perfetto.''
Shouyou arrossì, e sorrise grato. Poi però si rabbuió di nuovo. ''È solo che,'' aggiunse boccheggiando, prima di afferrargli la manica del cappotto come se fosse un bambino sperduto, ''è solo che io posso uscire solo quando non c’è il sole. E se continuassimo a stare insieme, non potrai più aprire le finestre quando è primavera. E di giorno non potremo andare nè al mare nè in montagna, non potremo visitare un museo o fare colazione al bar o-''
''Shouyou-kun, non mi importa un accidente di queste cose. Cioè, sono un lupo. La luna c'è di notte, mica di giorno.''
''Molto poetico,'' osservó Shouyou, ammirato. ''Però ho tentato di ucciderti due volte, non ho un cuore, e sono letteralmente un cadavere ambulante freddo come l'obitorio. Tu invece sei caldo. Sei reale.''
Atsumu si fermò e poi si osservó intorno circospetto, prima di continuare. ''Shouyou-kun, ascolta. Io corro dietro ai piccioni quando usciamo. Una volta al mese mi trasformo e devi portarmi a spasso e raccogliere la merda che faccio altrimenti ti multano. Litigo con i gatti e la mattina abbaio al postino nascosto sotto la finestra perché mi fa paura, sbavo tutte le palline e ti strappo i vestiti quando mi arrabbio. Ti ho accidentalmente dato fuoco quattro volte, e probabilmente lo farò ancora.''
''Cinque volte.''
''No, la quinta non era per sbaglio.''
Poi Atsumu si avvicinò, gli strinse le guance fra le dita affusolate lo baciò con tutta la dolcezza, l'amore di cui era fatto.
E Shouyou percepì il tepore delle sue labbra. E si sentì felice.
''E poi, a me questo è sembrato abbastanza reale,'' osservò Atsumu. ''Molto reale.'' Poi sorrise, e Shouyou sorrise con lui.
''Se avessi bevuto del sangue arrossirei."
"Forse posso darti una ricompensa appena arriviamo a casa. Giusto un assaggio," gli disse Atsumu ammiccando, prima di prenderlo per mano.
Continuando a camminare, Shouyou pensò che Atsumu, oltre a essere bellissimo e caldo, riusciva sempre (sempre, sempre, sempre) a metterlo di buon umore.
Atsumu assomigliava tanto al sole che fino a quel momento non aveva mai avuto il privilegio di percepire. Un tepore brillante che gli inzuppava il cuore e la pelle, senza bruciarlo.

*

Quando Shouyou uscì per andare a lavorare al ristorante di Osamu, Atsumu inspirò profondamente racimolando tutto il suo coraggio, pronto a dare una svolta decisiva al proprio stile di vita. Quindi afferrò la scopa e la paletta e inizió a pulire casa. Dopo aver riempito tre sacchi di polvere, dopo aver nascosto tutte le palline rotte per evitare che Shouyou le buttasse, si recò nella camera di quest'ultimo. Spolveró con cura il coperchio della bara in mogano, cambiò le lenzuola e la federa del cuscino, infine si alzò in piedi e iniziò a spazzare il pavimento. Fu proprio mentre toglieva la polvere dalla scrivania, che vide una piccola agenda.
Ora, è necessario specificare che Atsumu, sebbene occasionalmente fosse geloso, non era un ficcanaso. Ci teneva a rispettare la privacy di Shouyou, perché sapeva che l’altro avrebbe fatto lo stesso nei suoi confronti. Il rispetto e la reciproca fiducia erano due pilastri portanti della loro relazione - oltre al perdonarsi quando rischiavano di uccidersi per sbaglio. Perciò, a sua discolpa, il narratore deve momentaneamente intervenire nella storia e puntualizzare che l’agenda era già aperta. A meno che Atsumu non avesse chiuso gli occhi, sarebbe stato impossibile non leggere ciò che c’era scritto. E Atsumu, ovviamente, gli occhi non li chiuse.
Mangiarlo, pro e contro, c’era scritto su una pagina, con una calligrafia disordinata.
Uscire con lui, pro e contro, recitava quella seguente.
''Cazzo,'' sibilò Atsumu.


''Mangiarlo o uscire con lui?'' domandò Atsumu sbigottito, sventolandogli davanti il quaderno con gli appunti. ''Fai sul serio?''
Shouyou scoppiò a ridere. ''E quello come l’hai trovato?''
''Pulendo! Stavo togliendo la polvere dalla tua stanza e l'ho visto! Shouyou-kun, non è divertente!''
''Credimi, la tua faccia lo è eccome… beh, comunque non è importante! Alla fine mica ti ho mangiato, no?''
''Non è importante? Per me è parecchio importante, grazie! Soprattutto perché i pro di mangiarmi sono il doppio di quelli di uscire insieme!''
''Senti,'' lo interruppe Shouyou, afferrandolo per i polsi e spingendolo sul divano. ''Se avessi voluto sbranarti,'' e qui lo baciò,  ''l’avrei già fatto!,'' e qui lo baciò di nuovo. ''Dormiamo insieme, hai idea di quante occasioni abbia avuto per strapparti via la carotide dal collo? E non solo quella?''
Atsumu esalò un sospiro frustrato. ''Spero che almeno tu non abbia più dubbi su quale sia la cosa giusta da fare.''
''Ogni tanto ho qualche ripensamento,'' rispose Shouyou, beffardo.
''Devo preoccuparmi? Sto per morire sbranato da un vampiro?''
''Non stai per morire, non potrei mai ucciderti! Mi piaci troppo per ammazzarti.''
''Ti piaccio soltanto?''
Shouyou arrossì. ''Mi piaci moltiiiissimo.''
Atsumu ghignò. ''Ti piaccio moltiiissimo oppure mi am-''
Shouyou lo zittì con un morso e poi glielo sussurrò all’orecchio.
Con il viso nascosto nella curva del suo collo, si sentì a casa.



Note d'autore
Boh mi dispiace. Però a mia discolpa posso dire che nell'ultima storia ho fatto morire Atsumu, perciò ho controbilanciato il dramma con questa stronzata apocalittica. E poi girano troppe fanart in cui Atsumu scodinzola, e il mio cervello doveva fare qualcosa a riguardo, era proprio un'impellenza. Poi, IMPORTANTISSIMO: questa storia è ispirata alla graphic novel Fangs, di Sarah Andersen. Grazie per aver letto, spero che vi abbia fatto trascorrere qualche minuto in pace!!! See ya! ♥
  
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