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Autore: I_love_villains    07/06/2021    0 recensioni
Raccolta di racconti horror. Spero di riuscire a provocarvi qualche brivido.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Michael “Il Leone” Price era un diciassettenne grande, grosso e forte, cosa che gli aveva permesso di diventare il miglior giocatore di rugby del suo liceo, lo Shirley Jackson, che aveva come mascotte proprio un leone. I suoi capelli erano biondo miele e lui li portava lunghi fino alle spalle e spettinati, dandogli un effetto criniera. Gli occhi erano leggermente a mandorla, tanto scuri da sembrare neri. I lineamenti del viso gli conferivano un’aria perennemente seccata. L’insieme di queste qualità, unite al fatto che il secondo giorno del suo primo anno aveva fatto saltare un dente all’ex miglior giocatore di rugby del liceo, avevano fatto sì che Michael fosse considerato dagli studenti il bullo più pericoloso del paese. Michael aveva accettato passivamente la nomina: saputo qual era il suo ruolo nella società, ci si era adeguato quasi con sollievo.
Sempre Michael aveva goduto dei privilegi che la sua fama da bullo gli procurava: non fare alcun genere di fila nei luoghi frequentati dai coetanei; ricevere i compiti già fatti dai secchioni della classe; avere una cerchia di ragazzi grandi e grossi, la maggior parte dei quali costituiva la squadra di rugby, che lo trattavano da capoccia; poter spintonare gente e dare ordini a chiunque senza sentire nemmeno uno squittio come lamentela. Michael era convinto che la sua vita fosse perfetta, a parte diverse insufficienze. Era sicuro di essere un bullo fortunato, con una scuola in pugno ed un sacco di tempo extrascolastico dedicato essenzialmente a divertirsi.
Ma… prima o poi c’è sempre un ma…
Il suo era arrivato mentre stava tornando a casa dopo un intenso allenamento. Aveva appena imboccato una stradina secondaria quando qualcuno aveva sbattuto contro di lui, nei pressi dello sterno o giù di lì. Un qualcuno che, usandolo come sostegno, stava vomitando.
Dopo un primo attimo di spaesamento, il biondo si era scostato pronto a ruggire, eppure un semplice sguardo nei grandi occhi da cerbiatta della ragazza lo aveva ammutolito completamente.
Era bassina, non un fuscello ma nemmeno fuori forma. I capelli corvini erano legati in un’alta coda trattenuta da un elastico rosa annesso di pompon. La bocca piena era piegata all’ingiù, il nasino fremeva e gli occhi castani e lucidi erano puntati ansiosamente nei suoi, quasi che fosse stato lui a sentirsi male.
Michael la stava fissando a bocca aperta, certo di avere un’espressione da ebete ma incapace di reagire in qualche modo. Aveva l’impressione che la ragazzina fosse frutto della sua immaginazione. Era troppo rosa, troppo zuccherosa per essere vera.
“Scusa” disse lei con una voce melodiosa e fresca. “Ho mangiato un panino con tonno avariato. O forse era la maionese ad essere scaduta. Appena arrivo a casa mi sbarazzo del colpevole. Non ti ho sporcato vero? Pare di no. Forse è meglio se ci allontaniamo, o rischio di sentirmi di nuovo male.”
Il biondo si costrinse ad accettare come reale la creatura che gli stava di fronte e che lo stava delicatamente tirando per un braccio. Gli sembrò di respirare meglio ora che quegli occhi destabilizzanti non lo stavano fissando. Azzardò un’occhiata al viso di lei, pallido e rotondo.
“Io… tu… cioè, non ti ho mai vista” farfugliò Michael guardandosi i piedi.
“Sono nuova. Sono arrivata a Lonely Peaks solo da tre settimane. Tu sei nato qui?”
“Sì...”
“È una bella cittadina. Da cartolina, sai. Spero che continuerò a trovarla affascinante anche dopo essermi ambientata.”
“Non è granché. Cioè…” s’impappinò Michael quando lei gli sorrise, ascoltando con interesse. “Non ci passerei la vita qui. È noioso.”
“Capisco, credo. Forse mi annoierò anche io un giorno. Ora ho proprio bisogno di stendermi… Willow Street è di là?”
“Sì. Io abito due strade dopo, posso accompagnarti.”
“Grazie! Questi quartieri sono tutti uguali! Ho appeso una lanterna in giardino per trovare la casa giusta.”
La ragazzina rise e Michael sorrise di riflesso. Si limitò ad annuire ogni tanto per il resto del discorso, o meglio del soliloquio della sua nuova conoscenza. Infatti mentre la accompagnava a casa si stava scervellando per trovare una soluzione al problema. Aveva capito subito che una cerbiattina come quella non rientrava nel campo di amicizie di un leone. Il problema stava nel fatto che dopo appena dieci minuti di conversazione non poteva più fare a meno di starla ad ascoltare! Aveva una voce così limpida, degli occhi così sinceri, ed era così dolce e carina! Michael deglutì a vuoto ed arrossì. Che scusa poteva trovare per non allontanarla? Gli venne in mente la favola del topo e del leone. Ma certo! Dopotutto la stava aiutando, lei era in debito! Questo concetto sarebbe stato evidente anche ai suoi coetanei: i leoni devono essere clementi ogni tanto, per poi riscuotere la loro benevolenza in seguito.
“Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua? Ti ho chiesto come ti chiami” fece la ragazzina sventolandogli una mano davanti agli occhi.
“Michael Price, ma mi chiamano tutti Il Leone.”
Rispondere gli era costato un bello sforzo, perché il profumo fruttato di lei gli era salito al cervello rischiando di causargli un cortocircuito.
“Il Leone” ponderò la giovane divertita. “Non male. Io sono Eleanor Wilson, ma mi chiamano tutti Ellie.”
“Come la mammut” scappò detto al biondo, a cui vennero le farfalle nello stomaco quando Ellie rise.
“Sì, anche se non credo di essere così grassa o pelosa.”
“No, tu… insomma…”
“Ti inviterei dentro, ma devo riposare o mia madre mi sgrida quando torna.”
“Sì, va bene, capito.”
“Se vai al Jackson domani possiamo fare la strada assieme.”
Stavolta Michael non poté fare a meno che guardarla negli occhi. Erano tersi, fiduciosi e carichi di aspettativa. E simpatia anche, la stessa che lui aveva istintivamente provato per lei.
“Non ci sono problemi. Sei in quarta?”
“In terza. Così tu hai diciassette anni?”
“Sì.”
“E giochi a rugby. Bella divisa a proposito. E sto ancora qui a parlare invece di riposare. A domani Mike, grazie!”
Il ragazzo fece appena in tempo a salutarla prima che Ellie chiudesse la porta. Si incamminò verso casa sua frastornato e sorridendo senza accorgersene. Quel pomeriggio anche lui trovò Lonely Peaks affascinante.

Un venerdì, molto teso e molto rosso, Michael bussò alla porta di casa Wilson augurandosi che non gli aprissero altri membri della famiglia. Fu accontentato; a quanto pareva erano in casa solo loro due. Ellie lo fece accomodare, servì da bere e mangiare, intavolò una conversazione semi-seria sulla scuola, insomma riuscì a metterlo a proprio agio. Con nessun altro essere vivente Michael si era sentito tanto in sintonia e libero di essere se stesso. Incredibile come si fosse affezionato in fretta a quella ragazzina. Si augurava che anche per lei lui fosse importante.
Lo scoprì poco dopo. La moretta gli domandò a bruciapelo: “Ti piaccio, Mike?”
Il ragazzo non si sognò nemmeno di glissare su una domanda così diretta, soprattutto perché lei lo stava guardando ed era molto difficile non dire altro che la verità. Diventando più rosso di un peperone, impossibilitato a parlare a causa di un’improvvisa balbuzie, annuì.
Ellie sorrise soddisfatta. Scandì lentamente, attenta a mantenere il contatto visivo: “A volte le domande sono complicate e le risposte sono semplici. Mike, ti farò alcune domande difficili; rispondi sinceramente a tutte, senza pensarci troppo, con un sì o un no. Va bene?”
“Sì” rispose il biondo. Si rischiarò la gola rinsecchita, sentendosi stranamente calmo e rilassato.
“Perfetto. Mi ami, Mike?”
“Sì.”
“Ti eri mai innamorato prima?”
“No.”
“Eppure sei sicuro al cento per cento che si tratta di vero amore, giusto?”
“Sì.”
“Mi amerai anche se sono diversa da come mi hai conosciuta? Profondamente diversa?”
“Sì.”
“E se io non ti amassi, cambierebbe qualcosa?”
“No.”
“Dunque mi doni il tuo cuore sebbene io per te non provi nulla?”
“Sì…”
“Ti ringrazio, Michael. Ti sono grata come può esserlo un leone che pasteggia con una cerbiatta…”
Michael si sentiva completamente anestetizzato tanto nel corpo quanto nella mente. Il suo sguardo vacuo si sgranò appena quando Eleanor si avvicinò a lui con un coltellaccio tra le mani. Era talmente diversa senza il solito dolce sorriso, con quegli occhi di colpo impazienti e famelici ed il tono privo di calore umano, che se il ragazzo non fosse stato ipnotizzato non sarebbe riuscito comunque a muoversi o parlare tanta era l’incredulità che provava.
“Sono una Ammit, Mike. Saprai che i vampiri hanno bisogno di chiedere il permesso per entrare in casa delle loro vittime. Ebbene, noi invece abbiamo bisogno di essere amate per divorare il cuore delle nostre. Sei stato un piacevole passatempo Mike, ma nulla di più. Addio…”
Michael, sopraffatto da un dolore che può comprendere soltanto chi ha ricevuto una bruciante delusione d’amore, la fissò disperato. Il desiderio che Ellie provasse almeno un briciolo di affetto per lui rimase inesaudito. Infatti, la Ammit non gli concesse nemmeno uno sguardo benevolo, una parola di consolazione durante i suoi ultimi istanti di vita. Una volta estratto l’organo che aveva crudelmente infranto, lo inghiottì e si dimenticò dell’esistenza di Michael “Il Leone” Price.



***Angolo Autrice***

Scritta per san Valentino 2020. In un massimo di 1500 parole, bisognava inserire la frase "a volte le domande sono complicate e le risposte sono semplici". E ho scelto il team cuori infranti XD
Ammit fa parte della mitologia egizia: divorava i cuori dei defunti che risultavano essere più pesanti di una piuma, sulla bilancia di Anubi. Ho deciso di associare il suo nome ad una nuova specie di creature horror. Spero che il risultato sia gradito =)
   
 
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