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Autore: heliodor    08/06/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Abbiamo un accordo
 
Steso sulle pietre del selciato, Gryf fissò il cielo pieno di stelle. Avvertiva ancora sulla pelle il tocco violento delle fiamme, ma quella sensazione stava passando.
Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasto disteso lì a terra a fissare il cielo, ma doveva esserne passato abbastanza da consentire ai cavalieri di Falgan di raggiungere il cancello che avevano conquistato.
Il viso di Phelia fece capolino tra due costellazioni di cui ignorava i nomi e lo fissò incuriosita.
“Stai solo riposando o stavi dormendo?”
Gryf grugnì qualcosa e si alzò a sedere. La testa gli doleva nel punto in cui l’aveva battuta contro la pavimentazione della strada. “Ho fatto un volo, credo.” Guardò verso la torre. Un fumo nero e denso usciva dalla porta divelta e dalle feritoie. “Che cosa è successo?”
Phelia guardò la torre. “Qualcuno deve aver usato una sfera infuocata in un luogo chiuso.” Scosse la testa. “Non è una cosa saggia da fare.”
Jeli? Si chiese Gryf. Era nella torre quando c’è stata l’esplosione.
“Dammi una mano.”
Phelia l’aiutò ad alzarsi. Girando la testa vide i mantelli al servizio di Falgan muoversi per creare una cintura che andava da una torre all’altra.
“L’attacco è iniziato” disse Phelia. “Dobbiamo andare.”
“Aspetta” disse lottando per restare in piedi. “Devo sapere che cosa è successo a Jeli, prima.”
“Era nella torre?”
Gryf annuì.
“Allora non sarà uno spettacolo piacevole da vedere. Siamo già entrati e c’erano solo corpi ridotti in cenere.”
Gryf scosse la testa. “Mi aveva invitato a bere del vino nella sua tenda.”
Phelia scrollò le spalle. “Potrai bere tutto il vino che desideri, dopo. Ora dobbiamo andare.”
“Dove?”
“A palazzo. Prima che Falgan e i suoi diano l’assalto e lo radano al suolo.”
Dalla porta arrivò il rumore di guerrieri che marciavano.
Sono già qui, si disse sorpreso. Quanto tempo sono rimasto svenuto?
Il pensiero che chiunque, passando di lì, avrebbe potuto fare di lui ciò che voleva lo atterrì e gli fece desiderare di correre via il più lontano possibile.
Phelia invece si era già avviata in direzione di una strada che si diramava dalla piccola piazza circolare antistante la torre.
“Aspetta” le disse. “Conosci la strada?”
“No” rispose lei. Indicò un plotone di cinquanta soldati che si stava radunando al comando di un guerriero che gridava ordini. “Ma ci basterà seguire loro. Falgan ha ordinato di prendere il palazzo come primo obiettivo e poi pensare al resto della città. Dobbiamo sbrigarci.”
Gryf sospirò e la seguì.
Le vie di Ferrador erano tranquille e la maggior parte delle luci spente. Solo qualche finestra era illuminata e da una di esse si affacciò una donna dal viso grinzoso. “Voi due” disse rivolta a loro. “Che succede? Dove ve ne andate in giro a quest’ora?”
Gryf non aveva una risposta e decise di ignorarla.
Dalle case stavano uscendo uomini e donne dai visi assonnati. Si scambiavano occhiate spaesate, come se non avessero idea di cosa stava per accadere.
“Ho sentito un boato provenire dalla porta occidentale” stava dicendo una donna.
“Mio marito è stato svegliato nel sonno ed è quasi caduto dal letto.”
Quella frase sollevò qualche risata che si spense subito quando qualcuno urlò: “Attaccano la porta occidentale. Ci sono dei soldati in città.”
Gryf scivolò al fianco di Phelia. “Dobbiamo andare via subito” le sussurrò.
“Le guardie si stanno dirigendo verso la porta” gridò qualcun altro. “Li ho visti marciare. E ci sono anche dei mantelli. Mio cugino li ha visti che si stavano radunando.”
“Il cancello era aperto” disse un uomo con tono sgomento.
“Mio figlio è di guardia al portone meridionale” disse un uomo. “Forse dovrei andare da lui.”
“Gryf” disse Phelia a bassa voce. “Tra poco la maggior parte di quelle persone morirà o perderà tutto.”
“Te ne rendi conto solo adesso?” le domandò con tono accusatorio.
La ragazza rimase in silenzio. “L’idea è stata mia.”
“Se ti può sollevare, all’assalto che ha aperto il cancello ho partecipato io. E ho convinto io Falgan, non tu. Non devi assumerti tutte le responsabilità.”
Era la prima volta che vedeva Phelia turbata dalle sue azioni.
Dannazione, ha ucciso senza esitare uno stregone e adesso si preoccupa di quella gente? Si chiese. Chi sei davvero, Phelia Rowlan?
“Gryf” disse mentre si infilavano in un vicolo male illuminato.
“Che c’è ancora?”
“Quando troveremo Simm Keltel, lascialo a me per favore.”
“Con piacere” rispose.
“Grazie.”
Non mi ringraziare, si disse. Te lo lascio con piacere.
Il pensiero di Jeli morta carbonizzata insieme a tutti quelli che erano entrati insieme a lei si stava facendo strada nella sua mente.
Potevo esserci anche io con loro, pensò. E in effetti ero proprio lì e solo per caso non sono morto in quella dannata torre.
Guardò Phelia che camminava al suo fianco e si guardava attorno con espressione serena.
Come fa a restare così calma? Si chiese. Forse dipende dal fatto che ha i poteri? Streghe e stregoni riescono a mantenere la calma in qualsiasi situazione?
La ragazza indicò un punto in alto. “Guarda” disse.
Gryf guardò nella stessa direzione e vide le fiamme alzarsi nel cielo. “Qualcosa sta bruciando. Falgan ha dato inizio all’attacco.”
“Prima di attaccare ci hanno fatto consultare una mappa della città” disse Phelia. “Lì dovrebbe esserci il palazzo della governatrice.”
In tal caso, Falgan ci starebbe facendo un favore, pensò Gryf. A quest’ora Simm Keltel potrebbe essere già morto nell’incendio.
Phelia accelerò il passo. “Dobbiamo arrivare prima che bruci tutto.”
“È inutile, non ce la faremo mai.”
Lei sembrò sbandare.
“Hai un potere che ti protegge dalle fiamme?”
“Il mio scudo magico può funzionare, per un po’.”
“Lascia fare a Falgan e i suoi mantelli. Noi abbiamo già fatto abbastanza per stanotte.”
“Ma io devo sapere” disse Phelia marciando decisa.
Gryf la seguì controvoglia. “Aspetta, dannazione.” Le afferrò il braccio e la costrinse a voltarsi. “Hai davvero così tanta voglia di morire?”
“Non sarò io a morire” rispose lei divincolandosi con uno strattone. “Ma Simm Keltel.”
“Sarà già morto nell’incendio.”
“Non lo puoi sapere.”
Gryf ragionò in fretta. “Ho visto anche io le mappe della città. Keltel è un fabbro, no? È partito per lavorare nella forgia, Falgan stesso l’ha confermato quando gliel’hai chiesto. La forgia è vicina al palazzo della governatrice e questo vuol dire…”
“Non puoi dirlo con certezza” disse Phelia. “Magari è fuggito prima che iniziasse l’attacco.”
“In questo caso sarebbe inutile cercarlo lì, non credi?”
Phelia sembrò esitare, poi scosse la testa. “Io devo sapere. Se non vuoi venire resta qui.”
“Dannazione” esclamò Gryf seguendola.
Quando giunsero nei pressi del palazzo Gryf rimase a bocca aperta. Non c’era traccia di incendi né di crolli o danni.
Era la forgia a bruciare. Lingue di fuoco alte quanto gli edifici stessi si levavano nell’aria arroventandola. Un vento caldo spirava verso di loro riscaldandoli.
“Che ti avevo detto?” fece Phelia dirigendosi verso il cortile.
“Dobbiamo essere prudenti” disse Gryf raggiungendola. “Potrebbe essere pieno di guardie.”
“Guarda” disse Phelia indicando il portone spalancato del palazzo. Un paio di uomini ne stavano uscendo con delle sedie caricate sulle spalle. Poco più indietro un terzo si stava trascinando dietro un lenzuolo nel quale aveva gettato delle coppe e dei candelabri. Quando videro Phelia e Gryf si fermarono.
“Saccheggiatori” disse Phelia evocando i dardi magici.
Uno degli uomini alzò le mani. “Prendiamo solo qualcosa” disse. “Prima che bruci tutto.”
“Giusto” fece un altro. “Tanto sono andati via tutti.”
“Dove?” chiese Gryf.
“Non lo sappiamo. La governatrice ha abbandonato la città con la sua armata e tutta la corte” disse l’uomo. “A palazzo non ci viveva più nessuno, solo alcune serve e delle guardie, ma sono scappati quando è iniziato l’attacco.”
“E la forgia?” chiese Phelia. “Quelli che ci lavoravano dove sono andati?”
“Non lo sappiamo” disse l’uomo. Riprese a trascinare le cose raccolte nel lenzuolo.
“Li lasciamo andare?” chiese Phelia.
Gryf scrollò le spalle.
Mentre i tre si allontanavano Phelia si diresse al portone spalancato.
“Non li hai sentiti?” fece Gryf esasperato. “Sono andati via tutti.”
“Non puoi saperlo. Forse Keltel si è nascosto qui dentro.”
“Se fosse uno stupido lo farebbe.”
“Non puoi saperlo.”
“Phelia” iniziò a dire.
“Gryf, io devo sapere” fece lei con tono supplice. “Puoi aspettarmi qui, non ti costringerò a venire. Se Keltel non è nel palazzo, lo cancellerò dalla lista e passerò al nome successivo.”
Gryf si guardò attorno. “Falgan potrebbe dare l’ordine di bruciare tutto in qualsiasi momento.”
“Io vado” disse Phelia dirigendosi verso il portone.
Gryf la seguì all’interno del palazzo. L’ingresso era disseminato di coppe, cocci di vetro e di ceramiche, vasi distrutti e vassoi sparpagliati sul pavimento. A ogni passo sentiva qualcosa infrangersi sotto gli stivali.
“Qui hanno già portato via tutto” disse Gryf. “Nessuno si nasconderebbe in queste sale. Ho visto altri saccheggi e di solito ai razziatori non piace lasciarsi dietro dei testimoni.”
Phelia si guardò attorno. “Tu dove ti nasconderesti, Gryf?”
“Chi ti dice che mi nasconderei? Io proverei a scappare.”
“Ma se ti dovessi nascondere da qualcuno?”
“I sotterranei” disse. “Tutti i grandi palazzi ne hanno almeno uno o due livelli.”
Phelia annuì. “Iniziamo da lì.”
Una rampa di scale portava al livello inferiore e a sale ampie collegate tra di loro da archi a volta. Ogni sala era occupata da tavoli di legno o erano vuote. Sulle pareti erano esposti stendardi, scudi e armi assicurate con dei ganci.
“È la sala dei trofei” disse Phelia. “Ce n’è una anche a Talmist, ma è molto più grande di questa.”
“Nessuno si nasconderebbe qui. Dobbiamo scendere ancora.”
La seconda rampa di scale conduceva a un ambiente del tutto diverso. Al posto delle sale trovarono cunicoli stretti e bassi scavati nella roccia.
“È buio” si lamentò.
Phelia evocò una lumosfera. L’incantesimo fluttuava sopra la sua testa spandendo una luce fredda e bianca attorno a loro.
“Da questa parte” disse Gryf avanzando per primo. “E tieni pronti i tuoi incantesimi.”
“Sono sempre pronti” sussurrò Phelia.
Dietro il primo angolo partiva un secondo passaggio più lungo. La luce della lumosfera illuminò una dozzina di porte d’acciaio spalancate verso l’esterno.
Si avvicinarono a una delle porte e Gryf gettò una rapida occhiata oltre di essa. Una cella larga cinque o sei passi per lato era occupata da un giaciglio e un secchio rovesciato. Nell’angolo opposto giaceva un corpo riverso sulla schiena, gli occhi spalancati e la gola recisa.
“Chi ci tenevano qui dentro?” chiese Phelia.
“Persone sgradite alla governatrice” disse Gryf avanzando fino alla cella successiva.
“Li hanno uccisi.”
“Sempre meglio che bruciare vivi o morire seppelliti in un crollo” disse Gryf.
Le altre celle erano simili alla prima. All’interno vi era un cadavere con la gola tagliata.
“Il tuo Keltel non è qui” disse Gryf. “E se ci è passato, puoi toglierlo pure dalla tua lista.”
“Vediamo le altre celle.”
“Phelia.”
“Per favore” disse lei. “Per me è importante.”
Gryf sospirò rassegnato e indicò la parte opposta del cunicolo. “Lì c’è una porta chiusa” disse.
Si avvicinarono con cautela e quando si ritrovarono di fronte alla porta Gryf aprì lo spioncino e gettò un’occhiata all’interno.
Una figura era seduta con la schiena appoggiata alla parete e le gambe raccolte contro il ventre.
“Sei ancora vivo?” chiese a bassa voce. “Tu nella cella, dico a te.”
La testa della figura si mosse e due occhi lo fissarono dall’oscurità. “Ti ho sentito” disse con voce roca.
“Come ti chiami?”
“Chi me lo sta chiedendo?”
“Faccio io le domande o me ne vado e ti lascio qui.”
“Chiedigli di Keltel” disse Phelia. “Domandagli se lo conosce. Se l’ha visto.”
Gryf le rivolse un’occhiataccia. “Lascia parlare me, intesi?” Tornò a guardare nella cella. “Come ti chiami, prigioniero?”
“Ferg” rispose con voce appena udibile.
“Che hai fatto di così terribile per essere messo qui sotto?”
“Ho aiutato un’amica.”
“Di questi tempi aiutare gli altri può metterti nei guai. Perché non ti hanno tagliato la gola?”
Ferg ridacchiò. “Credo che Hylana abbia ordinato di lasciarmi morire nella maniera più lenta e dolorosa.” Ridacchiò di nuovo. “Non so nemmeno se sei vero o solo un’altra allucinazione.”
“Sono reale” disse Gryf. “Conosci un certo Keltel?”
Il prigioniero sollevò la testa. “Ne conoscevo un paio, tempo fa.”
“A noi interessa quello di nome Simm.”
“Sì” rispose Ferg. “Lo conosco.”
“Sapresti indicarcelo?”
“Credo di sì.”
Phelia si aggrappò al suo braccio ma lui l’allontanò e le fece cenno di fare silenzio. Tornò a rivolgersi al prigioniero. “Vogliamo proporti un accordo, Ferg.”
“Un accordo” ripeté lui.
“Esatto. Un accordo molto vantaggioso per te.”
“Ti ascolto.”
Gryf si umettò le labbra. “Se ti facciamo uscire, tu ci aiuterai a trovare Simm Keltel e quanto lo avremo trovato, potrai andare per la tua strada.”
“È molto poco quello che chiedi in cambio della mia vita” disse Ferg.
“Sono una persona umile, mi accontento di poco. Ci aiuterai o no?”
“Credo di sì” disse Ferg. “Vi aiuterò a trovare Simm Keltel. Vi aiuterò a trovare qualsiasi Keltel se mi farete uscire da questa cella.”
“Allora abbiamo un accordo” disse Gryf.
 
  
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