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Autore: Memel    09/06/2021    16 recensioni
Ci sono storie che non possono essere cambiate, o aggiustate.
Non importa il numero di cancellature e riscritture, per quanto possiamo impegnarci il finale non cambia.
In questi casi la cosa migliore da fare è abbandonarle, accettare la sconfitta e ricominciare.
Ci sarà sempre una nuova pagina bianca ad attenderci, l’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova storia.
~
Tratto dal prologo:
Fu soprattutto Bokuto ad attirare completamente la sua attenzione: imprimeva in ogni azione tutta la potenza che il suo corpo gli permetteva, e la sua passione traboccava da ogni sguardo ed esclamazione durante il gioco.
Sembrava davvero la persona più felice del mondo, intento a fare ciò che più amava e per cui era portato.
Era davvero al posto giusto, nel momento giusto.

[Characters Study / IC / OCxCanon + SideBokuAka]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L U G L I O

文月


 tracks n°14-15-16-17  
chapter pics;

Nori 1 ; 2 ; 3 

 

L’aria della palestra quella mattina era pesante e afosa, irrespirabile. Kaori aprì tutte le finestre per far arieggiare il campo mentre i ragazzi erano fuori per il riscaldamento. L’impianto di ventilazione infatti aveva dato qualche problema nelle ultime settimane, e a questo si era unita l’umidità tipica della stagione delle piogge, fattori che avevano contribuito non poco a rendere gli allenamenti di quei giorni più stancanti e stressanti del solito. 

Avevano tutti bisogno di staccare la spina e cambiare letteralmente aria per un po’, ma la settimana del ritiro annuale della squadra sembrava comunque lontana. 

“Ancora non ci credo che non ci sarai, Nori-chan” disse Yukie, avvicinandosi alla ragazza che stava allineando le borracce appena riempite sulla panchina di fronte a lei

“Già, ci tenevo tanto a venire. Ma mio padre è libero proprio l’ultima settimana di luglio e la prima di agosto, e non me la sentivo di rifiutare dopo tutti i tentativi di mia madre di venirgli incontro” le rispose, ripensando a come sarebbe stato strano ritornare in Canada anche se per poco tempo

Dopo il divorzio dei suoi aveva sentito suo padre solo in poche occasioni, ma si era comunque impegnata a tenerlo informato sulla sua vita scolastica, e ora era arrivato il fatidico momento di rivederlo. 

Non era sicura di come si sentisse al riguardo, non era mai stata una persona che serbava rancore in fondo: non era mai arrivata ad odiarlo davvero per quello che era successo, ma si era invece semplicemente limitata a prendere le distanze da lui dopo il suo ritiro dalla squadra. Per questo la decisione di mettere un oceano tra loro le era sembrata la soluzione migliore per lasciarsi alle spalle lui, il suo passato e tutto quello che era determinata a dimenticare.

Persa nei suoi pensieri non si accorse del piccolo lago che aveva creato ai suoi piedi mentre era intenta a riempire le ultime borracce per la squadra.

“Nori-chan ultimamente sei più sbadata del solito!” esclamò Yukie porgendole un asciugamano “A cosa pensi? O meglio, a chi pensi?” aggiunse maliziosa

Shikako la ignorò, come aveva ignorato tutti i commenti e le frecciatine con cui l’aveva tempestata da quando era tornata dalla gita a Kyoto. Non capiva proprio dove volesse andare a parare.

Il vociare dei ragazzi le fece voltare: erano tornati dai giri di riscaldamento, boccheggiando già per il caldo afoso. 

“Bokuto ha detto che vuole correre ancora un po’, ci raggiunge tra qualche minuto” disse Akaashi afferrando la borraccia che Nori gli porgeva

Si scambiarono un veloce sguardo d’intesa: sapevano entrambi il perché di quel comportamento.

“Tra il caldo e l’umidità non penso che oggi mi rimarranno ancora forze per tollerare i capricci di quell’idiota” sospirò Yukie, esternando quello che pensavano tutti i presenti

Keiji si passò l’asciugamano fresco sulla faccia bollente e sudata, e dopo averne afferrato un altro si diresse da Kotaro, deciso a sacrificarsi, come sempre, per il bene della squadra.

Lo trovò vicino alle fontanelle, la testa china sotto il getto d’acqua ghiacciata, che rialzò con uno scatto improvviso inondandolo di goccioline. 

“Ti stiamo aspettando per iniziare con le battute, vieni?” 

“Uhm” sospirò Bokuto, afferrando al volo l’asciugamano lanciatogli

“Ti avverto che oggi non sei l’unico ad essere nervoso, con questo caldo sono tutti stanchi e tesi”

“Non sono nervoso” disse, cercando di trattenersi dall’imbronciarsi come suo solito

Non era colpa sua se si sentiva così, gli dispiaceva passare sempre per il bambino fastidioso e bisognoso di attenzioni, ma non era proprio capace di fingere, di tenersi dentro quello che gli passava per la testa, quello che sentiva di provare.

“Akaashiii, come fai?”

“A fare cosa?”

“A rimanere sempre così tranquillo, a non perdere mai la calma insomma!”

Keiji lo guardò, soppesando le parole con cui poter rispondere a quella domanda.
 “Non sono calmo, semplicemente riesco a nascondere meglio di te quello che penso. A volte riflettere prima di agire e lasciarsi scivolare addosso le cose può andar bene, ma prima o poi bisogna passare all’azione o si finisce per rimane intrappolati nei propri pensieri. Molte volte vorrei essere più impulsivo, come te Bokuto-san” 

Kotaro sgranò gli occhi non riuscendo a immaginarsi una versione di Akaashi diversa da quella che stava di fronte a lui in quel momento, da quella a cui era ormai abituato da tempo.

Era lui che semmai lo invidiava molte volte: il suo sangue freddo, il suo modo di capire le persone e metterle a loro agio, la sua capacità di adattarsi ad ogni situazione. Se solo fosse stato un po’ più come lui ora non si sarebbe sentito così, preda di una frustrazione e tensione che sembravano non abbandonarlo mai ultimamente. 

Alla fine decise di provarci, di tentare di dire a parole quello che sentiva, perché se c’era qualcuno che poteva capirlo ed aiutarlo quello era Akaashi.

“Non è giusto che Nori non venga al ritiro, non lo accetto!”

“Questo lo hai già detto abbastanza in questi giorn-“

“E non capisco perché mi dia così fastidio…. lo so che deve tornare da suo padre per le vacanze… ma non riesco comunque a farmelo andare giù!”

Keiji lo osservò: l’espressione concentrata e tesa, i pugni chiusi, le guance arrossate e imperlate di sudore. Sapeva benissimo perché non riusciva ad accettare la cosa, e forse anche Bokuto era giunto a quella conclusione, o ci sarebbe arrivato presto. 

Ma ormai era inutile continuare a rinviare quella discussione. 

Era finalmente arrivato il momento di metterlo di fronte ai fatti, di fargli capire quello che stava succedendo.

“Bokuto-san, penso che tu abbia una cotta per Nori” disse, alzando la testa per incontrare il suo sguardo, curioso di vedere la sua reazione 

Kotaro sgranò gli occhi di fronte alla solita schiettezza e brutale onestà di Akaashi, che lo colpì come uno schiaffo in pieno volto. 

Ma aveva davvero colto nel segno? 

Non poté fare a meno di pensare a Shikako, e di tornare con la mente ai momenti che avevano passato insieme negli ultimi mesi: i primi allenamenti in palestra, dove si era impegnato per farla sentire a suo agio, vedendola impacciata e sulle sue; la prima uscita assieme durante il pic-nic a cui si era autoinvitato, e in cui aveva cominciato a conoscerla al di fuori del club; la loro avventura, a tratti disavventura, a Nara, che li aveva in qualche modo portati ad avvicinarsi e che aveva coinciso con l’inizio dei suoi strani comportamenti, a cui non aveva saputo dare una spiegazione; poi la gita a Kyoto, in cui non aveva fatto altro che tornarle in mente, un pensiero fisso che aveva accompagnato quei pochi giorni trascorsi lontani. 

E nel mezzo: tutte le giornate e le ore passate insieme con la squadra; le emozioni e le tensioni condivise durante le amichevoli e ad ogni partita ufficiale; gli allenamenti la mattina presto e il pomeriggio dopo scuola, che si concludevano sempre tardi, e che terminavano spesso davanti al konbini più vicino, dove si dividevano un panino alla yakisoba o un nikuman bollente.

Quindi era per questo che si sentiva e si comportava così

Era per questo che aveva sempre voglia di vederla, di parlarle, di tormentarla giocherellando con i suoi capelli e affibbiandole strani e buffi nomignoli? 

Era questo il motivo che lo portava a temere il momento in cui dovevano salutarsi a fine giornata, tanto da portarlo a supplicarla di fargli compagnia fino a tardi in palestra, così da avere una scusa per accompagnarla a casa?

Akaashi sembrò leggergli nel pensiero, tanto che annuì di fronte a quella muta domanda e allo sguardo perso e stranito di Kotaro.

Bokuto, in fondo, non aveva mai davvero riflettuto su queste cose, e nemmeno si era mai preso seriamente una cotta in vita sua, se si escludeva qualche leggera infatuazione per l’idol o il personaggio di un’anime di turno quando era più piccolo. E anche quando Kuroo o Konoha gli facevano notare le ragazze carine che c’erano a scuola, o che facevano il tifo per lui alle partite, si era sempre limitato ad annuire compiaciuto e a sorridere tronfio, imitandoli. 

Ma il pensiero di una ragazza non l’aveva mai sfiorato tanto a lungo da portarlo a comportarsi così, e per questo non capiva perché ora fosse successo.

La frase di prima lo aveva davvero scosso, forse anche troppo, si ritrovò a pensare Keiji.

Era il caso di intervenire, altrimenti Bokuto sarebbe stato capace di passare l’intera mattinata a rimuginarci su, perché quando si fissava su qualcosa finiva sempre per dimenticare tutto il resto, perdendo di vista tutto ciò che lo circondava.

 

*

 

Mi stiracchiai, appoggiandomi stancamente alla porta semi-aperta della palestra, da cui usciva un flebile soffio di aria fresca. Allungai uno sguardo sulla squadra stremata: si erano sdraiati a terra per rinfrescarsi un po’ durante un momento di pausa, in attesa del ritorno di Kaori che era corsa al konbini a fare rifornimento di ghiaccioli garigari kun, i preferiti di Yukie.

Mi voltai sentendomi osservata e incontrai lo sguardo concentrato di Bokuto, che per tutto il giorno non aveva messo di scrutarmi, come se mi stesse studiando. Avevo anche provato a chiedergli più volte il motivo del suo, ancor più strano del solito, comportamento, ma ogni volta che provavo ad avvicinarmi a lui indietreggiava o trovava una scusa per piantarmi in asso e svignarsela.

Proprio non lo capivo, ma stranezze del genere erano all’ordine del giorno ormai e faceva troppo caldo anche solo per provare a pensare, conclusi, socchiudendo gli occhi per qualche secondo.

Li riaprii qualche istante dopo, quando sentii qualcosa di ghiacciato e bagnato appoggiarsi sulla mia guancia.

“Ehi pigrona, vedo che batti la fiacca!” disse Yukie togliendomi il ghiacciolo dal viso e addentandolo 

La guardai malissimo e mi diressi sbuffando verso il sacchetto del konbini in cui stava frugando Sarukui. 

“Coosaa?! Hai un appuntamento per Tanabata?! Con una ragazza?!” esclamò Komi, fissando sorpreso Konoha

“Gli piacerebbe! Deve accompagnare sua sorella!” gli rispose Saru, scoppiando a ridere di fronte all’imbarazzo dell’amico

“Aoi-chan si è fatta grande… va alle medie giusto? Potrebbero scambiarla davvero per la tua ragazza!”

“Smettila Komi, non mi pare che qui nessuno sia uscito dal club dei single o sbaglio?”

“Parla per te, io ho una mezza cosa in sospeso con una kohai del primo anno!”
 “Stai parlando di Nanase? Quella con il caschetto in classe con Onaga? Toglitela dalla testa Saru, è troppo per te!”

Decisi di allontanarmi, sentendomi d’impiccio, lasciandoli così ai loro battibecchi. 

Mi ero completamente dimenticata di Tanabata! E pensare che quando ero piccola adoravo la storia d’amore di Orihime e Hikoboshi e me la facevo raccontare ogni estate da mia nonna, e spesso arrivavo anche ad obbligare mia mamma a comprare qualche ramoscello di bambù, che riempivo di cartoncini colorati, carichi dei desideri più strampalati. Il pensiero che per la prima volta avrei potuto festeggiarlo per davvero, andando magari ad un matsuri a vedere uno spettacolo di fuochi d’artificio, mi sollevò subito il morale.

Avrei chiesto a Yukie e Kaori se erano libere e magari avrei tirato fuori lo yukata che mi aveva regalato nonna un paio di anni fa, sempre se ci entravo ancora.

Trotterellai verso le ragazze sedute sulla panchina, eccitata da quella prospettiva. 

 

*

 

“Bokuto-san, stai evitando Shikako per caso?” la voce di Akaashi destò Kotaro dai suoi pensieri, facendolo sussultare

“N-no, perché?” gli rispose, evitando il suo sguardo indagatore

Invece l’aveva ignorata eccome, o almeno ci aveva provato. 

L’affermazione di Keiji si era davvero insinuata nella sua testa come un tarlo, senza dargli tregua. Aveva finito per passare l’intera giornata nel tentativo di dare una risposta alle domande che gli erano sorte spontanee: Perché Nori? Perché ora? Perché io

Ma più si forzava di pensarci più le cose sembravano non avere senso, e sentiva la testa ormai sul punto di scoppiargli.

Intravide Akaashi sedersi sulla panca accanto a lui e guardarlo assorto come era solito fare prima di prendere una decisione, fuori e dentro al campo.

“Bokuto-san, non penso che arrovellarti sul perché di questa situazione sia la mossa migliore. Certe cose accadono senza che ce ne accorgiamo, e spesso non possono essere controllate o fermate. Non credi?”

Kotaro annui leggermente, ritrovandosi nella saggezza e nella verità di quelle parole.

Eppure di una cosa credeva di essere certo: non era stato un colpo di fulmine, come quello che aveva visto spesso nei film. No, quando aveva incontrato Nori per la prima volta non aveva provato altro che curiosità ed entusiasmo, e l’aveva trattata come un qualsiasi nuovo membro della squadra che non vedeva l’ora di conoscere. Poi, notando il suo interesse verso la pallavolo, il modo in cui prendeva appunti e studiava gli schemi delle partite, si era fatto l’idea di aver trovato un’appassionata come lui, con cui poter parlare liberamente senza temere di risultare pesante. 

Ma era stato il vederla fuori da scuola, in un contesto diverso, a farla diventare ancora più interessante ai suoi occhi: gli piaceva la sua compostezza nel non lasciarsi davvero abbattere da nessun problema; la sua pazienza nel sopportarlo senza farglielo pesare; la sua curiosità verso tutto ciò che la circondava, che si impegnava a catturare con la sua fidata fotocamera; il fatto che conoscesse tanti libri e film, di cui lui ignorava completamente l’esistenza, e si ricordasse sempre di consigliargliene qualcuno, anche se lui se ne dimenticava puntualmente; e poi la sua dolcezza, che trattava al pari di una debolezza, e che si impegnava a tenere nascosta; il suo sorriso, che a volte sembrava celare i suoi veri pensieri e altre, invece, sembrava capace di sciogliere ogni nodo e tensione; la sincera preoccupazione che trapelava dai suoi occhi quando lo vedeva abbattersi o disperarsi per ogni sciocchezza. 

Queste erano le cose che gli venivano in mente quando pensava a lei e che in quel momento, al solo immaginare, gli facevano attorcigliare lo stomaco, facendolo sentire strano e confuso.

“E ora che cosa dovrei fare Akaashi?” disse ad alta voce, quasi più a sé stesso che all’amico seduto accanto a lui

“Bè, non che sia un esperto in queste cose, ma di norma il passo successivo è la dichiarazion-“

“Dovrei dirgli che mi piace?!” strepitò Kotaro, sentendo il panico montare

Keiji lo guardò allarmato, grato del fatto che fossero rimasti soli nello spogliatoio.

Non sapeva bene come rispondergli, conoscendolo qualsiasi cosa gli avesse detto avrebbe potuto portare a conseguenze catastrofiche, e non solo per lui ma per tutta la squadra. 

Non era qualcosa da poter prendere alla leggera, anzi.

Gli scenari possibili erano tre, rifletté. 

Il primo: Bokuto confessa i suoi sentimenti a Nori e lei li accetta, ricambiandolo. Questa era l’unica delle tre opzioni che avrebbe potuto avere dei risvolti positivi, visto che se Bokuto si fosse davvero messo con Shikako i suoi sbalzi d’umore si sarebbero potuti ridurre significativamente. 

Secondo scenario: Kotaro si confessa ma Nori non ricambia i suoi sentimenti, ergo Bokuto cade nel peggior crollo emotivo a cui la squadra avesse mai assistito e addio ritiro estivo, visto che con ogni probabilità Kuroo che non lo avrebbe lasciato solo un secondo, punzecchiandolo e tormentandolo giorno e notte. 

Infine, terzo scenario: Bokuto non fa nulla e aspetta a dichiararsi, scelta saggia ma che avrebbe portato Kotaro a diventare sempre più impaziente e intrattabile. 

Però il ritiro all’orizzonte poteva essere l’occasione perfetta per lui per distrarsi e calmarsi, almeno per un po’.

“Forse dovresti aspettare a dirglielo. In fondo c’è sempre la possibilità che lei non provi la stessa cos-“

“Stai dicendo che io non le piaccio?!” 

“Sto dicendo che potresti piacerle solo come amico

La faccia che fece Bokuto si sarebbe potuta inserire in un dizionario sotto la voce friendzone, convenne Akaashi, sforzandosi di rimanere serio.

“Non è possibile…“ biascicò Kotaro, accasciandosi melodrammaticamente sulla panca

“Non lo sappiamo ancora con certezza. In ogni caso, per ora la scelta più saggia è aspettare e tastare il terreno… fare piccoli passi in poche parole” disse Keiji, non sapendo cos’altro aggiungere

In fondo nemmeno lui era tanto più esperto di Bokuto in fatto di ragazze. 

Per quanto analizzasse sempre le persone che gli stavano attorno, per Akaashi l’universo femminile risultava ancora di difficile comprensione. I suoi compagni di classe, i membri della squadra, e soprattutto il suo capitano, erano di facile lettura per lui, perché le loro azioni rispecchiavano quasi sempre i loro pensieri. 

Mentre le ragazze… beh per loro valeva un discorso diverso, ammise. 

“Piccoli passi hai detto? Quanto piccoli?” bofonchiò Kotaro, il viso nascosto nella felpa

Akaashi sospirò: si prospettavano settimane lunghe e impegnative.

 

*

 

Posai la penna, esausta, socchiudendo gli occhi stanchi di fronte ai fogli fitti di appunti e schizzi. Avevo ancora alcuni esercizi di algebra da finire, ma almeno ero riuscita a mettermi in pari con gli schemi e le note prese durante le ultime partite di qualificazione per l’Interhigh e i Nazionali del mese scorso. 

Il fatto che svolgere le attività del club, come rimanere agli allenamenti fino a tardi e alzarmi presto la mattina per i riscaldamenti, mi pesasse sempre meno, mi aveva dato modo di riflettere su quanto erano cambiate le cose negli ultimi mesi, e su quanto ero cambiata io. Certo, ero sempre la stessa pigrona che aspettava il weekend per recuperare le ore di sonno arretrate e che passava nottate intere a vedere un film dopo l’altro appena ne aveva il tempo, ma quando si trattava della pallavolo non sentivo più lo stress e la tensione che avevano accompagnato i miei anni da giocatrice. 

Forse stare troppo a contatto con Bokuto e la sua inesauribile energia e passione mi stava influenzando davvero.  

Sentii il collo teso e dolorante, così mi allungai verso la borsa del club per prendere la crema per le contratture che portavo sempre agli allenamenti, quando il telefono abbandonato sul letto cominciò a vibrare.

“Pronto?“ dissi senza neanche controllare chi fosse, avevo già i miei sospetti in fondo

“Hey, hey, hey, Nori-chaaan!” la voce di Kotaro rimbombò per la stanza, tanto che controllai di non aver messo il vivavoce per sbaglio

“Bokuto-san sono le 11, lo sai questo vero?” gli risposi, sdraiandomi sul letto, curiosa di sapere quale fosse il problema stavolta

Aveva di nuovo finito per rivedere le ultime partite del Campionato della V. League e ora non riusciva a dormire perché era troppo su di giri? Oppure si era messo a guardare qualcuno dei film che gli avevo suggerito, e dopo 10 minuti aveva cominciato a non capirci più niente e voleva che gli spiegassi la storia? O invece-

“Fai qualcosa per Tanabata?” 

“Cosa?” quella richiesta mi prese completamente in contropiede “Bè, in realtà io, Yukie e Kaori pensavamo di andare allo Shitamachi matsuri ad Asakusa, e credo che anche il resto della squadra bazzicherà lì quella sera… in ogni caso avevo intenzione di proporlo anche a te e Akaashi” ammisi

In effetti mi ero completamento dimenticata di avvertire entrambi, la solita sbadata.

“Oh ok…” lo sentii borbottare, il tono distante, come sovrappensiero

“Allora che fai? Vieni?”

“Certo che vengo!”

 

*

 

L’aria profumava dei tanti banchetti di cibo che costeggiavano le strade brulicanti di persone, lanterne e decorazioni colorate, mentre il rumore dei tamburi e le grida festanti degli artisti di strada coprivano ogni altro suono, trasformando il quartiere di Asakusa in una sorta di antico villaggio dell’epoca Edo, nonostante bastasse alzare lo sguardo sui palazzi e i fili elettrici intrecciati tra le antenne e i pali della luce per rendersi conto di essere ancora nella moderna Tokyo.

Nori si appoggiò alla fredda parete alle sue spalle per cercare di non essere trasportata via dalla folla, mentre con una mano lisciò lo yukata nuovo. Alla fine quello che le aveva regalato sua nonna un paio di anni prima le stava corto e leggermente stretto sui fianchi, così aveva chiesto a sua madre di accompagnarla a comprarne un altro, e lei, amante dello shopping qual era, non se l’era fatto ripetere due volte.

“Nori-chan! Ti abbiamo trovata per fortuna!” la voce di Kaori la fece voltare

“Per fortuna ci hai mandato la posizione, con questa calca stasera sarà impossibile ritrovarci tutti” aggiunse Yukie, addentando uno spiedino di odango dalle tinte pastello

“Ehi, potevi aspettarmi! Avevamo deciso che avremmo fatto un tour dei banchetti assieme!” protestò Shikako

“Mmm mi spiace ma questi dolcetti sembravano chiamarmi, non ho saputo resistere!”

“Nori per caso hai sentito tu Akaashi e Bokuto?” le chiese Kaori, intenta a farsi aria con un piccolo ventaglio di carta decorato con motivi floreali

“Sì, mi hanno detto che sarebbero arrivati a momenti“

“Oh, credo di vederli! Sono loro?” esclamò Yukie, indicando due ragazzi poco più avanti

Keiji le intravide e fece loro un cenno, avvicinandosi, mentre Kotaro si sbracciò, aumentando il passo per raggiungerle.

“Akaashi-kun non ti avrei fatto tipo da yukata!” disse Kaori, ammirando la veste blu scuro da lui indossata

“L’ho costretto io! Hai visto come sta bene, Kaorin?”

“Concordo, state entrambi benissimo!” disse Nori sorridendo e tirando fuori dalla piccola sacca di seta stretta al polso il cellulare “Sarebbe un peccato non scattarvi una foto!” aggiunse, gli occhi che le brillavano. 

Anni e anni di drama storici, una passione tramandatagli da sua nonna, l’avevano resa un po’ una fanatica degli abiti tradizionali, soprattutto di quelli maschili, e per questo motivo non poteva certo lasciarsi scappare un’occasione simile.  

Bokuto a quella richiesta si voltò verso di lei, bloccandosi qualche secondo per osservarla meglio. Aveva sempre avuto un debole per le ragazze in yukata e vederla indossarne uno lo fece imbambolare per qualche istante: i capelli leggermente raccolti sulla nuca lasciavano il collo scoperto, e sembrava avere qualcosa di diverso anche in viso, le guance erano più rosee e le sue labbra…

“Ehi Nori, hai mangiato i takoyaki? Hai le labbra tutte lucide e appiccicose!“

“Che idiota, si chiama lucidalabbra, Bokuto-san!” disse Yukie, ridendo divertita 

Nori si inumidì le labbra, pensando di averne messo troppo, e poi li fece mettere in posa, nascondendo il sorriso che le era nato spontaneo dietro lo schermo.

Erano venuti bene, pensò guardando lo scatto, pochi istanti prima di sentirsi afferrare per le spalle da Kotaro, che la trascinò verso di loro, prendendole il telefono di mano e cominciando a scattare un selfie dietro l’altro, mentre lei borbottava contrariata. Ma dopo poco si arrese, decisa a stare al gioco pur di farlo contento.

“Oh, mi ha appena scritto Saru, ha detto che lui e Komi si sono fermati ad un banchetto di yakitori e si stanno ingozzando di spiedini, volete che li raggiungiamo?“ chiese Kaori, guardandoli in attesa

“Penso che sia una domanda abbastanza retorica” disse Akaashi, indicando le facce eccitate di Bokuto e Yukie

 

*

 

Ero piena come non lo ero mai stata. Uscire con non uno, ma ben due persone con un stomaco senza fondo voleva davvero dire fermarsi ad ogni singolo stand di street food possibile. Solo la vista di altre mele caramellate e banane ricoperte di cioccolato, o l’odore dell’olio che sfrigolava nelle griglie strabordanti di spiedini e polpette, mi faceva salire la nausea.

Spostai dal viso la maschera da volpe che mi ero comprata e che mi oscurava la visuale, rendendomi solo allora conto di essere rimasta sola. Come avevo fatto a perdere di vista gli altri?

Mi guardai intorno, forse erano ancora nei paraggi, ma l’unica cosa che notai furono i capelli di Bokuto che spuntavano da un gruppo di bambini accovacciati vicino ad una bancarella di giochi a premi.

Per fortuna non ero l’unica ad essere rimasta indietro, pensai sollevata, raggiungendolo.

Kotaro era inginocchiato su una vasca ricolma di pesciolini che guizzavano come saette colorate, e che sfuggivano puntualmente ai suoi movimenti bruschi e ai suoi tentativi di cattura avventati.

“Così li farai solo scappare” dissi, chinandomi su di lui

“Oya? Nori-chin!” esclamò, alzando il viso per guardarmi felice “Allora non mi sono perso!”

Sorrisi, sentendomi subito più tranquilla per averlo trovato.

“Dai qua” dissi sfilandogli di mano il retino di carta di riso che era sul punto di rompersi “Mia nonna è stata una campionessa di karuta al liceo, e quando ero piccola mi ha insegnato un po’ a giocare, soprattutto a prendere le carte con un movimento secco ma morbido, come se dovessi sfiorarle” aggiunsi, facendogli cenno di avvicinare la piccola ciotola che teneva in mano, dove feci scivolare un pesce di un arancione acceso

“Wooow! Nori-chan sei fantastica!!!” esclamò, guardando quel piccolo premio con aria entusiasta 

Mi rialzai, lisciando lo yukata, provando un’insolita riconoscenza verso gli interminabili pomeriggi estivi passati a tentare, inutilmente, di battere sul tempo mia nonna.

“È merito tuo no?” disse Bokuto, porgendomi il sacchetto di plastica ricolmo d’acqua dove il venditore aveva messo il pesce vinto

“Sei sicuro? Non sono molto brava con gli animali domestici” risposi, guardandolo preoccupata per la responsabilità che mi stava affidando

“Bè, sei sai badare a me e alla squadra forse non te la cavi tanto male!” esclamò, sorridendomi

Ricambiai il sorriso, prendendo tra le mani quel piccolo premio e infilandolo nella pochette stretta al polso, e nel farlo urtai il cellulare.

“Che strano, non ho nessuna chiamata persa… possibile che gli altri non si siano accorti della nostra assenza?” dissi, guardando stupita lo schermo privo di nuove notifiche “Provo a chiamarli…”

Niente, né Yukie né Kaori sembravano sentire la mia chiamata, forse c’era troppa confusione. 

Non restava che tentare con Akaas-

“Akaashi non mi risponde!” esclamò Bokuto, aggrottando le sopracciglia

Non sapevo proprio come avremmo potuto rintracciarli, e mancava anche meno di mezz’ora all’inizio dello spettacolo pirotecnico, che non volevo assolutamente perdermi!

“Nori-chin non dovrebbero cominciare tra poco i primi fuochi d’artificio?”

“Sì esatto, perché?”

“Allora sarà meglio che troviamo al più presto un posto da dove vederli, appena inizieranno diventerà praticamente impossibile muoversi e da qui non vedremmo un bel niente!”

Non aveva tutti i torti, ma non conoscendo bene il quartiere non avevo la minima idea di dove saremmo potuti andare.

“Lascia fare a me, vieni!” esclamò, prendendomi per mano e guidandomi con sicurezza tra la folla

 

*

 

“Sei sicura che abbiamo fatto bene a lasciare Nori da sola con Bokuto?” chiese Kaori, voltandosi per guardare preoccupata Yukie

“Certo! Quei due sono davvero due pesci lessi, ma sono certa che se messi assieme qualcosa di buono potrebbe uscirne” le rispose, soddisfatta della decisione presa “In fondo non c’era bisogno che Akaashi ci rivelasse della cotta di Bokuto, avevo già intuito da settimane che quel baka stava covando qualcosa”

Keiji le osservò, sollevando un sopracciglio, perplesso: non sapeva ancora perché avesse acconsentito allo strano piano proposto da Yukie, ma sperò in cuor suo che Bokuto non combinasse l’ennesimo disastro, almeno per quella sera.

 

*

 

Lanciai una veloce occhiata allo schermo, l’unica luce visibile nel buio in cui eravamo immersi, e notai che mancava solo un quarto d’ora all’inizio dei primi fuochi. Cercai di rilassarmi, anche se dentro di me sentivo crescere una certa tensione che non sapevo spiegare. 

Mi guardai attorno, cercando di scorgere nell’oscurità che ci avvolgeva il profilo illuminato del tempio Senso-ji e, poco più in basso, le bancarelle e le vie decorate a festa dove eravamo stati fino a qualche minuto prima, ora semplici puntini colorati come le persone che le affollavano.

Ero felice di dove mi trovavo in quel momento, non solo quella stessa sera, ma anche nella mia vita. Percepivo finalmente quel senso di spensieratezza e leggerezza che avevo provato così poco negli ultimi anni. 

Eppure sentivo qualcos’altro agitarsi dentro di me: era malinconia o paura?

Erano questi i sentimenti che provavo quando tornavo con la mente al viaggio in Canada che mi attendeva da lì a poche settimane. 

L’unica nuvola grigia in una giornata assolata. 

Ma non potevo fare a meno di notarla, non potevo chiudere gli occhi o cercare di dimenticarne l’esistenza. 

Dovevo affrontare la cosa, era finalmente arrivato il momento.

“Nori-chan, va tutto bene?” mi chiese Bokuto, agitandomi una mano davanti agli occhi per attirare la mia attenzione

“Sì, scusami ero sovrappensiero”

Lui mi guardò poco convinto, inclinando la testa per studiarmi con aria preoccupata.

“Non sono molto bravo con le parole ma se ti va puoi parlarmene!”

Lo fissai indecisa, consapevole che una parte di me voleva davvero potersi liberare di quei pensieri e condividerli con qualcuno. 

Ma ero sicura di voler affidare proprio a lui questo peso, che mi portavo dietro da mesi e che ero riuscita a tenere nascosto fino a quel momento? 

Sapevo che di Bokuto mi potevo fidare ma non volevo farlo preoccupare, e non ero nemmeno sicura di come avrebbe potuto reagire. 

Ma la voglia egoistica di scoprirlo fu più forte di ogni incertezza, e decisi di raccontargli tutto.

Del mio passato come giocatrice in Canada, di mio padre, del suo desiderio di spingermi sempre più in alto, fino a superare i miei limiti, per sfruttare un talento che alla fine non possedevo, e che invece mi aveva portato a vedere la pallavolo non come una passione, quella che leggevo negli sguardi dei miei attuali compagni di squadra quando scendevano in campo, ma come un mero dovere, un compito che non avevo mai sentito mio ma che avevo dovuto portare a termine. Ad ogni costo.

Di fronte alla sua faccia sempre più sorpresa e colpita sentii il bisogno di giustificarmi, di aggiungere ogni dettaglio possibile, per poter fargli capire quello che davvero avevo provato, e provavo ancora in parte.

“Non so perché non te l'ho detto prima, né perché adesso non sento più alcuna voglia di tornare in campo… ma di una cosa credo di essere sicura. Quando ti ho visto giocare per la prima volta ho sentito un'emozione molto simile a quella che provavo quando le cose andavano bene in squadra, quando i miei colpi andavano a segno. È stata una sensazione anche più forte, come se finalmente la pallavolo mi avesse presa davvero. Ho sentito dentro di me un interesse che non pensavo di poter possedere” dissi, cercando di controllare il tremolio nella mia voce “E ora che ci rifletto davvero credo di sapere il perché. Tu e il resto della squadra mi avete dato la possibilità di vedere e vivere la pallavolo sotto un punto di vista che non avevo mai conosciuto, nè credevo possibile. Come una passione vera, non contaminata dalla paura, che vive nel presente. Quello che pensavo di essere arrivata ad odiare oggi mi piace, mi fa stare bene, anche se non gioco più. Vedo finalmente la pallavolo come una delle mie passioni più grandi, non più come l’unica strada da percorrere o come l’unico destino assegnatomi. Perché penso che si possa amare una cosa in modi diversi e con punti di vista differenti, senza doverne sminuirne alcuno. So che per te è difficile da capire, perché tu pensi che bisogna sempre dare il 100% e non hai vie di mezzo. Ma non può andare bene per tutti questo discorso. L’amore, la passione per qualcosa o qualcuno, possono avere sfumature più o meno intense, non è sempre tutto bianco o tutto nero. Capisci cosa voglio dire?”

Bokuto mi guardò socchiudendo gli occhi, perso nel mio ragionamento, a tratti forse troppo contorto.

Avevo la gola secca da quanto avevo parlato, ma sentivo di non riuscire più a fermarmi, come se avessi atteso quel momento da sempre: l’occasione giusta per potermi finalmente liberare di tutte le parole e i pensieri che avevo inghiottito e sepolto nella mia memoria negli ultimi anni.

“Quello che voglio dire…“

“Credo di capire quello che intendi. La passione può avere forme diverse, è vero, e nessuno può giudicarti per come decidi di viverla. Sei stata onesta con te stessa e questo non è da tutti. Ma su una cosa ti sbagli. Parli come se tu non ti fossi mai impegnata, ma in realtà sei arrivata a raggiungere i tuoi limiti, anzi, quasi a superarli! Non ti sei arresa fino alla fine, non hai semplicemente detto che non faceva per te, ma al contrario non ti sei tirata indietro finché non hai dato il 100%, anzi, il 120%!” disse con tono concitato, guardandomi negli occhi “Se il tuo momento con la pallavolo è arrivato solo ora devi afferrarlo e assaporarlo senza farti altre domande, senza chiederti come sarebbe stato se fosse arrivato prima. Non importa il numero di partite vinte o perse ma solo schiacciare l’avversario che abbiamo davanti! E penso che tu lo abbia fatto. Accettando di diventare manager, hai davvero dimostrato fegato e coraggio da vendere, arrivando a disintegrare i dubbi e le paure che ti portavi dietro da tempo, ho ragione?”

Annuii, sentendo gli occhi pizzicare, la vista sfocata.

“L’unica cosa importante ora è andare avanti, non rimpiangere o rivangare il passato. Solo vivere e pensare a quello che puoi fare adesso!” proseguì, senza smettere di sorridermi

“Hai ragione. A volte penso ancora a quello che sarebbe potuto succedere e a quello che avrei potuto dare in condizioni migliori, con un atteggiamento diverso e più libertà. Ma ciò che sono diventata, la persona che sono oggi, mi piace e quindi se tutto quello che ho vissuto mi ha portato qui, in questo esatto momento, allora mi va bene così. Ora voglio solo andare avanti”

Cercai di sorridere anch’io e alzai lo sguardo per ricacciare indietro le lacrime e allontanare quel velo di malinconia che era sceso su di noi.

Sentii Bokuto prendere la mia mano e stringerla, una stretta tiepida, simile ad una scossa, che mi fece voltare verso di lui, decisa a cercare il suo sguardo nonostante l'oscurità in cui eravamo immersi.

Ma in quel momento la scintilla iniziale di un timido fuoco d'artificio rischiarò il suo volto, e notai le guance arrossate e i suoi occhi dorati, che si fissarono nei miei per un secondo che mi sembrò interminabile. 

Il rumore dello spettacolo pirotecnico che andava aumentando, tra le grida emozionate delle persone in lontananza, mi destò, facendomi abbassare lo sguardo. 

Sentii la sua mano sudata nella mia, ma non la lasciai andare. 

Alzai lo sguardo un'altra volta, incontrando i mille colori del cielo sopra di noi e perdendomi nel momento che stavo assaporando, ignorando le domande che pian piano si sollevavano e si accumulavano nella mia mente, lasciandomi investire dalle nuove emozioni che si irradiavano nel mio corpo come cariche elettriche.

"Anche a me piace la Nori di adesso. La Nori che ho incontrato tre mesi fa e ho visto sorridere per la prima volta senza che ancora la conoscessi. E ancora di più mi piace quella seduta qui vicino a me e che mi sorride ora"

Avvampai, presa in contropiede. Ero abituata alla sua schiettezza ma sentirmi dire quelle parole mi colpì lo stesso, lasciandomi incapace di rispondergli.

Strinsi la sua mano nella mia, annuendo, cercando di scacciare ogni traccia di imbarazzo e nervosismo dalla mia voce.

"Grazie, Kotaro"

Avrei voluto aggiungere qualcos'altro, ma i pensieri che si accavallavano nella mia testa erano confusi, indefiniti. 

Anche io ero felice di averlo incontrato, come lo ero di aver conosciuto Yukie, Kaori, Akaashi, Konoha, Saru, Komi e il resto della squadra. 

Ma con lui era diverso. Sentivo di non poterlo mettere sullo stesso piano degli altri, su questo dovevo essere sincera con me stessa e ammetterlo. Ma non sapevo ancora come inquadrarlo. 

Era davvero solo un semplice compagno di squadra e amico? 

A volte sentivo come se gli stessi affidando, giorno dopo giorno, pezzi e parti di me. 

E lui, allo stesso tempo, mi dava la possibilità di cogliere sempre nuove sfumature di sé. 

Non vedevo più solo il capitano della squadra, l'asso della Fukurodani, un giocatore forte e ambizioso, uno studente rumoroso e sbadato, un compagno di scuola lunatico ed emotivo. 

Lui era tutto questo ma anche molto di più, perché ogni giorno una sua frase o gesto me ne rivelavano un lato nuovo: la sua spensierata sincerità, la sua acerba dolcezza, la sua ingenuità a tratti infantile, l'entusiasmo che metteva in ogni cosa che faceva, la curiosità per il mondo e coloro che lo circondavano, la voglia di superarsi sempre, spesso scambiata per egoismo e boria, ma che altro non era che il desiderio di diventare ogni giorno la sua versione migliore.

Per ora non ero in grado di mettere nero su bianco i tanti pensieri che affollavano la mia mente, ancora non potevo aggiungere altro a quel semplice ma sincero grazie

Avrei messo da parte queste emozioni, le avrei fatte crescere e maturare, aspettando il momento giusto, il giorno in cui avrei saputo riconoscerle e chiamarle per nome.

E nel frattempo avrei assaporato questo momento di pace, in cui mi sentivo così leggera e svuotata, finalmente consapevole di non essere più incapace di reagire o cambiare, decisa a crescere e a trovare la mia strada, il mio posto nel mondo. Pronta a vivere il presente in attesa del domani.

"Nori-chan, se vuoi puoi chiamarmi anche Kocchan…"

Sospirai, scuotendo la testa.

Il momento di pace non era destinato a durare a lungo a quanto pareva, pensai, trattenendo una risata.

 

*

 

La mensa dello Shinzen High era piuttosto silenziosa quella mattina: tutte e cinque le squadre riunite per il ritiro estivo stavano finalmente cominciando ad accusare un po’ di stanchezza dopo i primi giorni di amichevoli.

Bokuto sbadigliò sonoramente, allungando le braccia sul tavolo per spostare il vassoio della colazione ormai vuoto, sentendo le palpebre pesanti.

“Dovevi proprio allenarti fino a tardi ieri sera? Se continui a perdere ore di sonno finirai per indebolirti” disse Akaashi, seduto di fianco a lui

“Non è colpa mia Akaaaashiii! È quel ragazzo alto del Karasuno, Megane-kun! Dovevo metterlo un po’ in riga e mostrargli come si gioca seriamente!” borbottò stancamente

“Uhm, se quello per te era giocare seriamente…” lo punzecchiò Kuroo, stiracchiandosi sulla sedia vicino a lui “Mi hai lasciato bloccare ogni attacco”

“Te l’ho concesso solo perché volevo metterlo alla prova, mi sono semplicemente trattenuto! Ricordati che ieri vi ho stracciati!”

“Se vincere per tre punti lo chiami stracciare…”

“Vorrà dire che oggi vi batteremo ancora!”

“Te lo lascerò credere”

“Bokuto-san, Kuroo-san, Akaashi-san, buongiorno!” esclamò Hinata Shoyo, studente del primo anno del liceo Karasuno, prendendo posto di fronte a loro

“Ehi, Chibi-chan!” 

Bokuto lanciò l’ennesima occhiata spazientita verso il cellulare appoggiato di fianco a lui, cosa che non passò inosservata a Keiji, che conosceva bene il motivo dietro a quel gesto.

In quel momento lo schermò si illuminò, facendo saltare sulla sedia Kotaro per l’emozione.

“Yattaaa!! Nori-chin mi ha finalmente risposto, cominciavo a preoccuparmi!” esclamò felice

“Bokuto-san ti ricordo che ci sono 17 ore di fuso orario, forse Nori-san stava ancora dormendo” gli ripeté Akaashi per l’ennesima volta, ma lui parve ignorarlo, troppo preso a risponderle

“Oi, oi, oi non dirmi che stai importunando Nori-chan?” chiese Kuroo, un sorriso malizioso in viso

Nori-chan? È la tua fidanzata, Bokuto-san?” chiese ingenuamente Hinata, tra un boccone di riso e l’altro

Akaashi per poco non si strozzò con la zuppa di miso che aveva appena buttato giù, mentre Kuroo iniziò a sghignazzare senza ritegno di fronte alla faccia pallida e abbattuta di Kotaro.

“Gli piacerebbe!” disse Tetsuro, dandogli una pacca sulla schiena

“È una delle nostre manager che non è potuta partecipare al ritiro, tutto qui” spiegò Keiji a Hinata, che li osservava confuso

“Non demolitemi così!” protestò Kotaro, per poi alzarsi in cerca di un po’ di privacy, lontano dallo sguardo inflessibile di Akaashi e dalle battute provocatorie di Kuroo

 

*

 

Il vibrare del telefono che tenevo in mano mi fece sussultare e rigirare nel letto.

Aprii il messaggio per leggere la risposta di Bokuto, che come al solito non si era fatta attendere molto, trattenendo uno sbadiglio nonostante le 12 ore di sonno alle spalle. 

Dovevo ricordare a Yukie di sequestrargli per un po’ il telefono vista la velocità con cui mi rispondeva sempre, pensai, mentre scorrevo la chat carica di foto e di messaggi chilometrici, zeppi dei racconti esaustivi di tutte le partite vinte finora durante il ritiro, oltre che dei commenti su tutte le nuove leve delle altre quattro squadre, in particolare sui primini del Karasuno.

Finalmente arrivai alla fine, e lessi la sua risposta al mio buongiorno e in bocca al lupo: Nori-chin qui manchi tantissimo a tutti, soprattutto a me! Vedi di tornare presto!! Ti aspetto!!!

Sempre il solito esagerato: non si ricordava che sarei tornata tra poco più di una settimana? Neanche mancassi da mesi!

Ma in fondo le sue parole mi avevano fatto piacere, ammisi a me stessa sorridendo, sentendo le guance stranamente calde.

Sarà sicuramente il calore delle coperte, conclusi prima di chiudere gli occhi, lasciandomi cullare dal ricordo di un sorriso tronfio che conoscevo molto bene e di cui sentivo davvero la mancanza. 
 
 

 

 

 

- - -
 
N O T E
 

Grazie come sempre per essere arrivati fin qui!
Vi confesso che sono un po’ tesa, un po’ come Nori in questo capitolo, perché ora le cose, come potete aver intuito, prenderanno una certa piega e vi anticipo che i prossimi due capitoli porteranno al climax e poi alla seconda parte della storia, ma credetemi se vi dico che questa è solo la punta dell’iceberg XD Spero di essere riuscita a tratteggiare bene le diverse emozioni di Shikako e Bokuto (e per quanto riguarda Kotaro di essere rimasta IC). Ho adorato scrivere di Akaashi e Bokuto e amo la loro dinamica basata sull’essere l’uno la spalla dell’altro! Da multishipper adoro tantissimo la bokuaka ma credo anche che non ogni ship debba essere romantica e che ci sono così tante sfumature nelle relazioni che è riduttivo ridurre sempre tutto all’amore. Rispetto, amicizia, fratellanza, ammirazione, sono solo alcune sfumature che mi piace vedere in loro e che vedrete approfondite nei prossimi capitoli. Ovviamente questi sono solo i miei 2 cents, nulla di più XD (e io continuo a leggerli e shipparli comunque a livello fanon eh sia chiaro <3)

Grazie di cuore per il vostro supporto, visibile o invisibile (ma se volete metterlo per iscritto mi fate felicissima!) e vi aspetto per il prossimo capitolo. Parole chiave? Gufo, Karaoke, Compleanno!

   
 
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